OMELIE PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO C
Veglia Pasquale e Messa del giorno
Autore: Giacomo Biffi
1) VEGLIA PASQUALE "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?"
Ci sentiamo, questa notte, quasi sopraffatti e come storditi da tutti gli eventi rievocati, da tutti i doni, da tutte le grandezze di Dio: la totalità dei misteri di salvezza si offre e si impone alla nostra contemplazione. Tutto ci sovrasta, tutto ci eccede, tutto supera i limiti, del resto molto angusti, delle nostre capacità di comprensione e della nostra corta pazienza. La Veglia pasquale e un po' il tentativo di far entrare l'eternità di Dio nelle ristrettezze del nostro tempo.
UNA STORIA SORPRENDENTE Abbiamo rivissuto la storia sorprendente di un Dio che ci vuole suoi, nonostante la nostra incomprensibile resistenza. È un Dio che si fa per noi, di volta in volta, creatore, compiendo il prodigio di trarci dall'abisso tenebroso del nulla: liberatore dalla schiavitù "egiziana", sempre di attualità, della colpa, dell'errore, dell'insipienza; nostro alleato, vincolato a noi da un patto eterno; nostro salvatore, in virtù del sacrificio di Cristo che si conforma dolorosamente alla volontà del Padre fino ad accettare liberamente la morte di croce. È un Dio rinnovatore di tutto, perché con la risurrezione del Signore Gesù ogni cosa, ogni cuore, ogni attesa, ogni prospettiva si rinnova e si trasfigura. Il sepolcro sigillato il venerdì sera è stato il segno della sconfitta dell'uomo e della sconfitta di Dio: dell'uomo, che la morte ghermisce e distrugge senza remissione; e di Dio, che nella tragedia del Golgota ci appare vinto, oscurato, estromesso, superato dal male. Il sepolcro scoperchiato e vuoto, che all'alba del terzo giorno si offre alle donne impaurite, è il segno della vittoria di Dio, che da qui comincia l'opera della restaurazione dell'universo, e insieme della vittoria dell'uomo. L'uomo Cristo Gesù, figlio di Dio e nostro fratello, oggi ritorna vivo tra i suoi, rassicurandoci che il baratro della morte non è l'ultimo atto del dramma umano: oltre ogni pena, oltre ogni vicenda, oltre la nebbia dei dubbi, delle confusioni, delle speranze infrante, oltre la morte, ci attende un destino di risurrezione, di gloria, di vita che non finisce.
PERCHÉ CERCATE TRA I MORTI COLUI CHE È VIVO? (Lc 24,5) Non cerchiamo Cristo tra i così detti grandi della storia: i grandi della storia sono tutti racchiusi nelle loro tombe polverose. Non cerchiamolo tra i cosi detti portatori di giustizia o tra i famosi maestri umani: essi non hanno avuto una sorte diversa da quella degli altri. Gesù solo è veramente vivo, e proprio per questo è per noi e per il mondo principio di vita. Il battesimo ci ha innestati in lui e ci ha resi partecipi della sua risurrezione. L'Eucaristia ci regala ogni giorno la linfa necessaria per alimentare questa stupenda e inesauribile vitalità. Proprio perché egli è vivo, da Cristo può partire l'unico vero rinnovamento degli uomini e delle loro condizioni di esistenza. ln lui noi siamo diventati uomini nuovi, da lui riceviamo la missione, la concreta possibilità, l'energia di rinnovare tutte le cose. L'augurio di buona Pasqua e l'augurio di una reale e sostanziale novità di vita, che prima conquisti i nostri cuori e poi, dai cuori rinnovati, si muova a conquistare pacificamente la terra.
2) MESSA DEL GIORNO DI PASQUA Matura nell'oscurità e nel silenzio una vittoria che irromperà in tutta la vicenda umana
Quando Maria di Magdala si recò di buon mattino al luogo dove il Crocifisso era stato deposto, con l'intenzione di rendere l'estremo omaggio al corpo inerte del Salvatore, trovò che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro (Gv 20,1) e il sepolcro era vuoto. Il sepolcro era vuoto: Dio aveva vinto: l'uomo - questo essere fragile, dalle aspirazioni sconfinate ma dal respiro breve e affannoso - in Cristo aveva debellato la morte, antica e implacabile nemica; la vita aveva trionfato. Questo è nella storia un evento tanto grande e decisivo che noi siamo qui ancora, dopo venti secoli, a commemorarlo e a riviverlo, così come ogni generazione cristiana ha sempre fatto in ogni Pasqua, anzi ogni domenica dell'anno.
IL SILENZIO DI UNA NOTTE E LA POTENZA DI DIO Maria di Magdala aveva visto Gesù nell'ora della morte, non l'ha potuto vedere nell'ora della risurrezione. Unita a lui aveva assaporato ai piedi della croce tutto l'amaro della sconfitta, aveva assistito nell'angoscia al tripudio delle forze del male; non ha avuto la consolazione di partecipare all'esperienza della rivincita, nel momento preciso in cui si compie. È una annotazione che deve far riflettere. Il Crocifisso aveva invocato a gran voce colui che poteva salvarlo. E il Padre allora non si era mosso: aspettava, per intervenire, il silenzio di una notte, quando ormai anche i più intimi dei discepoli erano lontani e senza fiducia. Dio usa così: sembra nascondersi quando lo si chiama; ma poi arriva con la sua potenza quando tutto pare perduto. Anche nel caso di Gesù, l'intervento divino giunge dopo, quando lo spasimo della passione si è consumato; ma, quando viene, si dimostra più grande di ogni attesa: non salverà un agonizzante dalla morte, ma addirittura ridonerà a un morto sull'orlo del disfacimento la pienezza della vita. L'istante della vittoria non ha spettatori. Dio ha consentito che fosse uno spettacolo il sacrificio del suo unico Figlio, immolato su una altura al cospetto della città; non ha voluto che fosse uno spettacolo l'esplosione della sua gloria. Gesù risorge quando tutto tace e non c'è occhio d'uomo a vedere. I soldati, i maligni, l'umanità ostile non avranno altra visione che quelle di un sepolcro scoperchiato; un sepolcro sul quale da secoli si vanno a infrangere tutte le ipotesi e i ragionamenti di chi non accetta di arrendersi alla luce della fede e di riconoscere la potenza di Dio
LA CHIESA, SEMPRE DEBOLE E SEMPRE APPARENTEMENTE SCONFITTA Anche noi - come persone singole e come comunità cristiana - dobbiamo tener conto di queste preferenze di Dio. La Chiesa deve attendersi, nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, i giorni della difficoltà, dell'incomprensione, della persecuzione; non deve attendersi che possa venire qui sulla terra l'ora del suo trionfo e della sua gloria. Essa è chiamata a vivere nel disagio e nella speranza. Non si meraviglia né di essere osteggiata dai vari principi di questo mondo in ogni epoca della sua storia, né di non ricevere subito da Dio i mezzi per affermarsi nella vicenda umana. Il suo Signore non le farà mancare mai, invece, né la fermezza della fede in mezzo al continuo turbinare delle varie incredulità, né il conforto della speranza di fronte alle voci falsamente allegre dei maestri di disperazione, né la sorgente di una inesauribile carità. E il suo Signore risuscitato dai morti - poiché è perennemente vivo e la morte non ha più potere su di lui (Rm 6,9) - le assicura altresì una indistruttibile vitalità: sempre debole e sempre apparentemente sconfitta, la Chiesa è la sola che non si estingue, mentre tutte le potenze mondane - dopo aver imperversato a turno per un tempo più o meno lungo - irrimediabilmente tramontano. I profeti del niente - cioè gli esaltatori dell'esistenza senza destinazione trascendente, della libertà senza contenuti, del piacere senza finalità - hanno come loro naturale e immancabile approdo l'annientamento.
GESÙ RISORTO E VIVO Le testimonianze pasquali però non ci parlano solo del sepolcro vuoto. Ci informano anche di Gesù risorto e vivo e dei suoi molteplici incontri. È da notare che il Risorto non va in cerca dei suoi nemici, ma solo di coloro che lo hanno amato. Il trionfatore della morte non ha il minimo pensiero di rivalsa né tanto meno di vendetta verso quello che lo hanno messo in croce. Egli va a trovare i suoi amici per rianimarli, per ridare loro la gioia, per riprendere con loro gli antichi discorsi sul Regno di Dio, per affidare ad essi il prolungamento della sua stessa missione di salvezza. Incontra Maria di Magdala, incontra Pietro, incontra i due discepoli di Emmaus, incontra una folla di cinquecento persone. A tutti si rivela come colui che è radicalmente mutato, perché vive, ormai nell'eternità, e dall'eternità può dominare tutto lo svolgimento del tempo, e ha perciò ogni potere in cielo e in terra. Al tempo stesso si preoccupa di rassicurare che è ancora lui: è ancora il Maestro di sempre, e non porta un Vangelo diverso, ma solo un Vangelo che è arrivato al suo compimento; è ancora l'amico che ama chiamare per nome, che ancora prende cibo in compagnia, che si piega ancora sulle tristezze umane e vuole asciugare le lacrime; è lo stesso che ha patito sulla croce, e reca ancora nelle sue carni i segni del suo tremendo martirio. A ogni Pasqua il Risorto viene anche a noi, che desideriamo essere suoi nella fedeltà e nella coerenza, e vuole incontrarci. Da questo incontro pasquale noi ripartiamo con una gioia rinnovata e riconquistata; la gioia di chi sa di aver già vinto e di essere già liberato dalla tirannia della morte. Certo questa vita di vittoria e di gioia è ancora senza splendore e nascosta. Ma è nascosta, come ci ha detto san Paolo, con Cristo in Dio (Col 3,3). E quando si manifesterà Cristo, nostra vita, allora noi saremo manifestati con lui nella gloria (cf. Col 3,4). Questa certezza è il più bel dono di questa annuale celebrazione della risurrezione del Signore.
Fonte: La rivincita del crocifisso, Edizioni Studio Domenicano
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