LA SAGA DELLE CANTONATE
Autore: Umberto Folena
Sul quotidiano romano un'altra puntata di veleni e fantasie. Nessun argomento serio, né tantomeno nuovo, ma solo una lunga serie di stucchevoli invenzioni Con un titolo rutilante, "Gli alberghi dei santi alla crociata dell'Ici", e il fiato sempre più corto, Repubblica - il giornale di Carlo De Benedetti - dedicava ieri altre due pagine alla novela (inchiesta pare eccessivo) sui "Soldi del vescovo", inaugurata il 28 settembre e proseguita il 3 ottobre. Notizie nuove, zero. E un tono dimesso: nessun annuncio in prima, segno che le sparate precedenti non si sono rivelate l'auspicato brodino capace di rinvigorire le vendite. L'autore stesso rimane da solo con il cerino in mano, mollato dai due collaboratori delle puntate precedenti. In mancanza di argomenti nuovi e seri, le due pagine abbondano in effetti speciali, nella fattispecie la visita alla Casa delle Brigidine in piazza Farnese, alla quale fanno una pubblicità entusiasmante. Pur sapendo di scrivere cose che i nostri lettori conoscono a menadito, ripercorriamo i passaggi salienti della puntata.
Gli alberghi pagano A Roma "La Casa di Santa Brigida", dallo "sterminato terrazzo", "non paga una lira di Ici". Facciamo un euro. Ma guardiamo al positivo. Repubblica ha imparato a viaggiare in Internet e dopo aver ignorato il sito ufficiale www.8xmille.it, dove avrebbe trovato tutti i dati denunciati come "nascosti", e nonostante non sia arrivata a www.avvenire.it dove nella home page avrebbe trovato un intero dossier sull'Ici, ha scoperto www.chiesacattolica.it. Ancora non ci spiega come abbia potuto scrivere che la Cei tiene nascosti i rendiconti dell'otto per mille, che lo stesso giornale di De Benedetti pubblica a pagamento ogni anno (se non è una menzogna, che cos'è?). In compenso annuncia che la Chiesa strangola i comuni italiani. L'abbiamo già detto e ridetto: gli alberghi pagano, e se ciò non avviene, paghino: senza alcuna incertezza. Gli alberghi però, ossia le strutture aperte a tutti, con continuità d'esercizio e che applicano prezzi di mercato. Ma le case parrocchiali usate un paio di mesi all'anno per i campi-scuola, devono pagare? Le stanze messe a disposizione per i familiari dei degenti in ospedale? Ma è anche e soprattutto lì che interviene la Chiesa, a beneficio di tutti.
Una collaborazione più che leale Sembra essere d'accordo con noi il presidente dell'Anci, Leonardo Domenici, sindaco di Firenze, che a Repubblica dichiara: "Nessuno pretende l'Ici dal bar o dal cinema dell'oratorio". Domenici stesso, in occasione del suo matrimonio, chiese di tenere il suo rinfresco alla Calza (Oltrarno Meeting Center), struttura della diocesi che per la parte alberghiera paga regolarmente l'Ici. Ma il giornale commenta: "Una leale collaborazione per separare (…) il culto dal commercio, da parte delle curie, non c'è". Non è vero, tra Cei e vertici dell'Anci i rapporti sono cordiali. E rappresentanti della Chiesa cattolica partecipano, insieme a quelli dell'Anci, alla Commissione istituita allo scopo presso il Ministero dell'economia. Secondo calcoli attribuiti da Repubblica all'Anci, i comuni italiani avrebbero perso "oltre 400 milioni di euro a causa di un'esenzione fiscale illegittima". Un calcolo impossibile e un'affermazione arbitraria, a cominciare dal verbo "perdere". Sembra quasi che tra comuni e curie sia in corso una guerra fredda… Repubblica parla di "immobili considerati unilateralmente esenti". Unilateralmente? Assurdo: sarebbe come se ciascuno di noi, persona fisica, decidesse di ritenersi "unilateralmente esente" dall'Irpef e così non pagasse le tasse. L'Ici è un'imposta comunale. Ai Comuni spetta accertare chi ne è soggetto e, in caso di resistenza, ingiungere il pagamento. Repubblica non riporta cifre sui contenziosi tra comuni ed enti ecclesiastici. Forse perché il numero è talmente esiguo, dal 1992 a oggi, anche dopo le sentenze della Cassazione del 2004, da dimostrare che la questione è gonfiata.
Il turismo paga le tasse Sostenere che da parte della Cassazione ci sia stata una "correzione" alla legge denota una notevole ignoranza giuridica: è il Parlamento a fare ed eventualmente modificare le leggi; le sentenze della Cassazione valgono per il singolo caso, ma "fanno giurisprudenza", cioè orientano l'interpretazione della legge da parte dei tribunali inferiori. Secondo Repubblica, la Cei l'avrebbe definita "una sentenza folle", tra virgolette. Sarebbe interessante sapere in quale documento o intervento ufficiale la Cei (non un commercialista o un giornalista) ha usato il termine "folle". Non lo sapremo mai perché non c'è da nessuna parte, è un'invenzione del giornale di De Benedetti. Né è vero che l'attività turistica gestita dall'Opera romana pellegrinaggi o da altre organizzazioni analoghe "è in larga parte esentasse". È vero semmai il contrario: il turismo religioso costituisce una risorsa economica di grande importanza per il Paese, crea posti di lavoro e valorizza il nostro patrimonio storico-artistico, pagando Iva e Irap, come tutti. La Chiesa, sembra di capire, non può svolgere attività turistiche. Ma perché mai, se rispetta la legge e se paga tutto quello che c'è da pagare, consentendo a chi lo desidera di arricchirsi spiritualmente e culturalmente?
Brindisi e veleni Sempre a proposito di turismo, Repubblica parla di "cin cin" di festeggiamenti, nel 2005, quando il governo anticipò alla Cei "l'abolizione dell'Ici" (abolizione?). Lascia credere che alla Cei si siano stappate bottiglie. Grottesco e falso. La battuta è prelevata dalla relazione che Aurelio Curina, un commercialista di Roma che segue parecchi enti religiosi, ha tenuto al Convegno sulle case per ferie, organizzato il 13-14 marzo 2007 dall'Ufficio Nazionale Cei per la pastorale del turismo (www.chiesacattolica.it/turismo). Curina, serio e preparato, non suggerisce né scorciatoie né trucchi; Repubblica, non trovandoli, riduce tutto a una battuta, togliendola dal contesto e attribuendola alla Cei. Complimenti.
Meglio di Dan Brown Niente di nuovo, qualche veleno, abili taglia-e-cuci, silenzio profondo sulle cantonate prese nelle due puntate precedenti e da noi smascherate. Vien da chiedersi: qual è dunque il senso dell'operazione? Alla fine, batti e ribatti, resta l'immagine di una Chiesa avida, in malafede, doppiogiochista. L'intento biecamente ideologico, tutto tranne che laico, Repubblica se lo lascia scappare in chiusura, quando straparla di "quattro miliardi" (quattro?) di otto per mille che "in parte più cospicua" vanno "dentro una macchina di potere che influenza e condiziona l'economia, la politica, la vita democratica e a volte l'esercizio dei diritti costituzionali, fra i quali la libertà di stampa". Dan Brown, al confronto, è un dilettante.
Fonte: Avvenire
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