BastaBugie n�660 del 15 aprile 2020

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COME E' NATA L'USANZA DEL PESCE D'APRILE?
Gli scherzi del primo d'aprile hanno origini cristiane: festa dell'Annunciazione e calendario gregoriano
Fonte: I Tre Sentieri, 31 marzo 2020

Come è nata l'usanza del pesce d'aprile? Forse, rispondendo a questa domanda, si possono fare delle considerazioni importanti. Proviamoci.
Prima di tutto rispondiamo alla domanda su come sia nata l'usanza.
Abbiamo avuto già modo di dire, parlando dell'Annunciazione, che questa ricorrenza è talmente importante (e lì che cambiò la Storia) che nel medioevo si soleva utilizzare proprio questa data per segnare l'inizio dell'anno. Se la storia è cambiata lì, vuol dire che tutto deve iniziare lì. Ebbene, in Francia questa usanza di far iniziare l'anno il 25 marzo si protrasse anche dopo il medioevo, addirittura fino al XVI secolo.
In Francia i festeggiamenti per il nuovo anno, che appunto iniziavano il 25 marzo, si protraevano fino al 1° aprile, cioè per una settimana esatta. Ma nel 1564, re Carlo IX decise di adottare il Calendario Gregoriano e quindi di spostare l'inizio dell'anno al 1° gennaio.
La scelta però non fu ben accetta da parte di molti. Ci fu chi fece resistenza, ma inutilmente. E così, per deridere coloro che volevano si conservasse quell'antica usanza, in occasione del 1° aprile si utilizzarono burle e finanche inviti a feste "fantasma". Insomma, come si suol dire, oltre al danno anche la beffa.

MA PERCHÉ IL SIMBOLO DEL PESCE?
Dal momento che in quel periodo dell'anno il sole abbandona il segno zodiacale dei pesci, le povere vittime degli scherzi furono chiamati non solo "sciocchi di aprile", ma anche "pesci d'aprile".
Dunque, questa storia, che pochi conoscono, richiama una verità sacrosanta: l'importanza dell'Annunciazione.
Ma richiama anche un'altra verità, che possiamo definire spirituale, cioè attinente alla vita spirituale. Ed è quella secondo cui il cristiano deve essere un uomo "serio", ma non "serioso".
La serietà è vivere secondo il rispetto del vero e conformandosi al vero.
La serietà è il dominio di sé.
La serietà è capire che per ogni azione, per ogni gesto si dovrà rendere conto a Dio e al suo infallibile giudizio.
La seriosità è invece un'altra cosa. E' una deformazione della serietà.
La seriosità è l'incapacità di cogliere la saggezza del gioire, del dare spazio all'allegria, di farsi conquistare e modellare dalla letizia. E' la voluta scelta di non farsi testimone della gioia.
Giustamente san Tommaso nella sua Summa (secunda secundae, questione 68) fa capire che bisogna diffidare dell'uomo che non sa ridere, perché con ogni probabilità nasconde un vizio. E altrettanto giustamente san Paolo dice che bisogna essere sempre lieti nel Signore (Filippesi 4).
Anche nelle prove più dure, la letizia non deve mai sparire. Mai è esistito e mai esisterà un santo triste. Tant'è che san Francesco di Sales giustamente diceva che "un santo triste... è un triste santo".
La tristezza, il magone - appunto: la seriosità - sono propri degli eretici. Non a caso furono tratti distintivi del pessimismo giansenista con la sua negativa e irrecuperabilmente pessimistica concezione della natura umana.
La Verità Cattolica no. La Verità Cattolica è la bellezza della gioia.
La Verità Cattolica è la centralità della croce... ma della Croce che si esprime nella speranza di colui che sulla Croce è stato sì inchiodato, ma che per questo ha vinto tutto... ed è il Signore di tutto.

SAN FRANCESCO E LA GIOIA SPIRITUALE
Certo, i temperamenti sono diversi. C'è chi è più portato a mostrare allegria, chi meno. Ma lo sforzo deve esserci. Si prenda un grande, grandissimo santo come Francesco d'Assisi. Pochi sanno che questi aveva un temperamento malinconico, tendente alla tristezza, eppure, con la grazia, ha tanto lavorato su di sé da passare alla storia come il santo della letizia. Egli non solo si sforzava di essere sempre allegro, ma rimproverava chi non facesse questo sforzo. Racconta fra Tommaso da Celano (La vita di San Francesco d'Assisi e Trattato dei Miracoli, Vita Seconda, II, LXXXVIII): "Sicurissimo rimedio contro le mille insidie e astuzie del nemico il nostro Santo affermava essere la letizia spirituale. Infatti diceva: 'Il diavolo fa grande tripudio quando può togliere la gioia dello spirito ad un servo di Dio. Egli porta una polvere con la quale, appena può gettarla per qualche spiraglio nella coscienza, insudicia il candore della mente e la purezza della vita. Ma quando invece i cuori sono pieni di spirituale letizia invano il serpente schizza fuori il suo mortale veleno." E si legge nella Vita di San Francesco dell'Anonimo Perugino (paragrafo 97): "(...) la prima e massima preoccupazione (di san Francesco d'Assisi) è stata il possedere e conservare sempre all'interno e all'esterno la gioia spirituale. Egli affermava che se il servo di Dio si sforza di possedere e di conservare la gioia spirituale interiore ed esteriore che procede dalla purezza del cuore, non potranno fargli alcun male i demoni, costretti a riconoscere: 'Poiché quel servo di Dio conserva la sua pace nella tribolazione quanto nella prosperità, non possiamo trovare nessun accesso per nuocere alla sua anima.' Un giorno, egli rimproverò un suo compagno che aveva un'aria triste e il viso malinconico: 'Perché manifestare così la tristezza e il dolore che provi a causa dei tuoi peccati? Questo tocca Dio e te. Pregalo di renderti, per la sua bontà, la gioia di essere salvato (Salmo 50,14). Davanti a me e davanti agli altri, sforzati di mostrarti sempre lieto, perché non conviene che un servo di Dio si faccia con il viso triste e accigliato."
San Giovanni Bosco (che di verità cattolica se ne intendeva!) diceva ai suoi ragazzi di divertirsi, senza mai peccare. Appunto: essere seri (non peccare), ma non essere seriosi (divertirsi).
E allora buon 1° aprile... e andiamoci piano con gli scherzi!

Titolo originale: Si può fare apologetica con il pesce d'aprile? Sì... e non è uno scherzo!
Fonte: I Tre Sentieri, 31 marzo 2020

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