L'ESTREMA UNZIONE E IL VIATICO (LA COMUNIONE IN PUNTO DI MORTE) SONO OBBLIGATORI
Cerchiamo di capire l'importanza di dare a un malato grave l'Unzione degli infermi, che molti sottovalutano o non conoscono
Autore: Gelsomino Del Guercio
Prima di morire [...] non è una formalità garantire un sacramento a una persona. Ma dovrebbe essere dovere di ogni cristiano. E vi spieghiamo perché. Come si legge in "Le più efficaci preghiere in suffragio dei defunti" a cura di Don Marcello Stanzione (edizioni Segno), la morte non è qualcosa di spaventoso per il cristiano. "Vita mutatur non tollitur" (la vita è cambiata non è tolta) ci fa recitare la Liturgia (Prefazio della messa dei defunti); dopo la morte la nostra anima continua a vivere, per chi muore in stato di grazia; essa entra in una vita migliore, nell'attesa di ritrovare il suo corpo il giorno del giudizio universale per farlo partecipare alla felicità eterna. Un tempo, si legge nel libro di Stanzione, riguardo ai deceduti si diceva: "Ha ricevuto i sacramenti? Si è confessato? Ha perdonato?". Oggi invece si dice: "Ha sofferto?". Così spesso si nasconde ai malati la vicinanza della morte o per ignoranza (perché non si conoscono gli effetti dei sacramenti) o per mancanza di fede e di spirito cristiano. Purtroppo non si ha una concezione cristiana della morte e si pensa: "come reagirà il malato se si fa venire il sacerdote? Avrà paura, si dispererà?". Queste obiezioni purtroppo sono correnti. Per confutarle Stanzione cita, il dottor Pierre Barbet, che fece il resoconto di una lunga esperienza: «Vi sono nella malattia, nelle sofferenze, delle grazie particolari delle quali noi medici constatiamo gli effetti, esse mettono per bontà divina i malati gravi e moribondi in uno stato migliore che non si può supporre e al quale non pensano ordinariamente le loro famiglie. E' un fatto sul quale occorre insistere perché è poco conosciuto e il fatto di non conoscerlo comporta ad ogni istante dei malintesi spaventosi, mentre facilita moltissimo tutti gli interventi dei parenti: il malato grave, il morente ha quasi sempre un desiderio segreto del sacerdote e dei soccorsi della religione».
QUANDO DARE L'UNZIONE DEGLI INFERMI L'autore del libro fa una sollecitazione ai lettori: domandate fin da adesso ai vostri cari che abbiano il coraggio di avvertirvi quando la morte sarà vicina o di farvi avvertire da un sacerdote. Certamente occorrerà farlo sempre con delicatezza e prudenza. Va ricordato che a Chiesa raccomanda di ricevere i sacramenti quando si è ancora sani di mente e con qualche speranza di vita. Infatti il Catechismo del Concilio di Trento, al paragrafo 269, afferma: "Ricordiamo che cadono in grave colpa coloro i quali sogliono ungere i malati solo quando, svanita ogni speranza di guarigione, cominciano a perdere i sensi e la vita. Invece è certo che a conseguire più abbondante la grazia sacramentale, giova moltissimo che al malato sia applicato l'olio santo quando ancora conserva lucide l'intelligenza, pronta la ragione e pia la volontà". Quanti malati gravi, purtroppo si lasciano nelle angosce e nelle prove, nascondendo loro che la morte si avvicina, privandoli così dei conforti della religione. L'Unzione degli infermi, che in passato era nota con il nome di «Estrema Unzione», si riceve mediante l'unzione con olio di oliva consacrato e la preghiera del sacerdote, la salute dell'anima e spesso anche quella del corpo. Ora cerchiamo di capire perché è così importante. Questo sacramento manifesta quanto è grande la bontà di Dio nei nostri riguardi, infatti con esso l'anima viene fortificata, perché col conferimento della grazia sacramentale, essa riceve le grazie attuali che l'aiutano a perseverare nel bene fino alla morte, rimette i peccati mortali che l'infermo pentito non potesse più confessare (purché l'infermo abbia almeno l'attrizione, cioè il dolore imperfetto dei propri peccati), e le pene dovute ai peccati; e se ciò è utile all'anima ottiene pure la guarigione del corpo.
CHI DEVE E CHI NON DEVE RICEVERLE QUESTO SACRAMENTO Anche Roberti e Palazzini nel loro Dizionario di Teologia morale, come tutti gli altri buoni testi, ci confermano che: "È evidente che l'estrema unzione non può essere amministrata a coloro che sono già morti. Siccome però non è da escludere la possibilità di uno stato di vita latente che, almeno in certi casi, si protrarrebbe per qualche tempo, dopo cessate le pulsazioni del cuore e la respirazione, la Chiesa, quale pia madre, permette di amministrare entro breve tempo da questa cessazione, sotto condizione, l'estrema unzione a coloro che ci appaiono morti, ed entro un tempo ancor più lungo, se sono stati colpiti da morte improvvisa". Il Codice di Diritto Canonico del 1917 al can. 940§1 riporta che per ricevere validamente l'Estrema Unzione è necessario che il soggetto sia in stato di viatore (cioè essere ancora in vita), sia stato battezzato abbia raggiunto l'uso di ragione, sia in pericolo di vita per causa di malattia o di debolezza senile e infine abbia l'intenzione di riceverla. Oggi, scrive ancora Stanzione in "Le più efficaci preghiere in suffragio dei defunti" vi è l'abitudine di amministrare questo sacramento alle persone anziane di una certa età, anche se sane. Dobbiamo però precisare che: "può ricevere l'estrema unzione il battezzato che ha raggiunto l'età della discrezione e che si trova in pericolo di vita a cagione di malattia, non colui il quale benché prossimo alla morte è ancora in buona salute. (can. 940 §I)". [...]
Titolo originale: Perché la Chiesa raccomanda i sacramenti a chi sta morendo? Fonte: Aleteia, 14/11/19
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