LE TRE OTTIME RAGIONI PER RESPINGERE I CLANDESTINI
Autore: Michele Boldrin
Tutti contro il governo sui respingimenti dei clandestini. Niente di male a criticare il governo – questo, quello precedente e anche il prossimo – ma va fatto con argomenti sensati. E per ora non ci siamo. Secondo i detrattori dell’esecutivo, non si possono rimandare indietro coloro che potrebbero chiedere asilo politico, i profughi potenziali che si celano fra le migliaia di clandestini. Ergo, si dovrebbe portare tutti a terra, scremare, e poi rimpatriare chi non ha diritto all’asilo. Respingere le imbarcazioni illegali è inumano, viola gli accordi internazionali di cui siamo firmatari. Tutto giusto, o quasi. Per tre ragioni: procedere nella maniera suggerita è praticamente impossibile; la pratica adottata dal governo italiano non è dissimile da quelle che tutti i paesi occidentali adottano in circostanze simili; è ipocrita mischiare la questione “profughi” con quella dell’immigrazione illegale di massa. Esaminiamo le tre ragioni in dettaglio. I costi dell’operazione “cernita” sarebbero altissimi e comunque questa non funzionerebbe. Immaginate: ogni imbarcazione a zonzo nel Mediterraneo andrebbe fermata, i passeggeri fatti salire a bordo di una nave militare, portati in territorio italiano, identificati ed esaminati uno ad uno, investigando se fra di essi vi siano dei profughi. Fatto tutto ciò – che già richiederebbe settimane di tempo e il lavoro a tempo pieno di decine di persone – occorrerebbe risolvere l’altro dettaglio: dove e come si rimandano indietro quelli che profughi non risultano essere? Chi li accoglie? Facile a dirsi, impossibile a farsi. E la politica si occupa del fattibile, non del dicibile, più adeguato al mondo delle fantasie. Il “così fan tutti”, spesso giustificazione di ignominie, questa volta si applica. E’ attraverso tale metodo che si determinano fra paesi le pratiche accettate a fronte di problemi nuovi, non considerati dai trattati pre-esistenti. Che fanno quei paesi che non hanno di fronte a sé il Mediterraneo a fare da passaggio fra l’Africa impoverita e il benessere? Controllano il proprio spazio aereo e i treni che arrivano dall’estero. Cosa succede se un aereo non identificato e non autorizzato entra nello spazio aereo tedesco, svedese o quel che volete voi? Una squadriglia di intercettatori militari si alza in volo per respingerlo. Immaginate ora un treno non autorizzato che attraversi nottetempo il valico del Brennero o del Sempione. Perché mai, allora, dovrebbe toccare all’Italia e alla Spagna, unite nel loro destino geografico, addossarsi l’onere di fare altrimenti? Perché gli aerei e i treni si possono respingere e le zattere no? Soltanto perché esiste un codice inadeguato alla situazione, redatto in tempi in cui l’uso massiccio di imbarcazioni per l’immigrazione illegale era impensabile, e che prevede solamente il dovere di soccorso? La legislazione internazionale in materia è inadeguata e andrebbe riformata. Forse che gli altri paesi si stanno offrendo di pagare la loro quota per allestire nel Mediterraneo l’operazione di polizia marittima, selezione e rimpatrio? Non ne ho sentito parlare. La terza ragione è dirimente: l’Italia deve essere il punto d’accoglienza per decine di milioni di africani che vorrebbero andarsene? Se la risposta è “sì”, occorre spiegare come si organizza l’operazione, che è complicata assai. Se la risposta è “no”, respingere sembra ragionevole. Per due motivi. La povertà non si cancella portando “qua” tutti gli indigenti del pianeta. Inoltre non si deve dimenticare che l’industria criminale del traffico clandestino gioca sulla pelle di questa povera gente. In definitiva, nel XXI secolo, una politica dell’immigrazione decente non può basarsi sull’idea che chiunque lo chieda può accomodarsi. E’ una questione di numeri: il mondo è popolato da tanta gente meno ricca degli occidentali e che vorrebbe, giustamente, vivere come questi ma non sa farlo in loco. Se si trasferiscono tutti il sistema crolla, quindi occorre agire perché apprendano a farlo lì dove sono nati. Certo, creare sviluppo è molto più difficile che predicarlo, ma è anche l’unica opzione disponibile. Vogliamo criticare il governo? Facciamolo su questo.
Fonte: 15 maggio 2009
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