BastaBugie n�912 del 12 febbraio 2025

Stampa ArticoloStampa


10 FEBBRAIO: IL GIORNO DEL RICORDO, PER NON DIMENTICARE LE FOIBE
Malgrado gli stupri e le torture, e aver causato l'esodo di 300mila italiani, i comunisti non sono stati processati ed hanno percepito, fino alla morte, la pensione dell'INPS (e al dittatore Tito: medaglia al merito dell'Italia)
Autore: Roberto de Mattei

Il 10 febbraio di ogni anno si commemorano le vittime dei massacri delle foibe e dell'esodo della popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia. La "Giornata del ricordo", istituita con la legge 30 marzo 2004 n. 92, ha infatti stabilito questa data per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".
Le foibe nel loro significato geografico sono delle voragini, strette e profonde, che si aprono nei territori dell'Istria, della Dalmazia e del Friuli Venezia-Giulia, Ma sotto l'aspetto storico, la parola foibe indica le efferate violenze compiute in queste regioni dai partigiani comunisti jugoslavi, tra l'autunno del 1943 e il 1947, ben dopo la conclusione della guerra. Migliaia di italiani vennero "infoibati" ovvero gettati in queste orrende cavità, dopo essere stati assassinati, ma spesso ancora vivi, morendo tra atroci sofferenze.
Questo assassinio di massa faceva parte del progetto politico di Josip Brosz Tito, segretario generale del Partito Comunista di Jugoslavia, che, con l'aiuto della Russia sovietica, a partire dal 1941, si mise alla testa di un Esercito popolare di Liberazione contro le forze di occupazione italo-tedesche. Il maresciallo Tito fu poi capo della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia dal 1945 fino alla sua morte nel 1980.
Il piano di Tito prevedeva l'annessione della Venezia-Giulia e di altre terre allora italiane alla nuova Jugoslavia comunista, come in parte avvenne. Per raggiungere l'obiettivo era necessario eliminare fisicamente ogni possibile oppositore, indipendentemente dalle sue complicità con i tedeschi e il passato regime fascista. Si trattava soprattutto di distruggere la vecchia classe dirigente, come avveniva in tutti i paesi in cui il comunismo prendeva il potere. Furono prese di mira dunque anche personalità di orientamento moderato e antifascista, compresi alcuni cattolici e liberali che militavano nel Comitato di Liberazione Nazionale (CNL). Tutti coloro che venivano ritenuti contrari al progetto di espansione slavo-comunista venivano trucidati o avviati nei campi di concentramento.

IL MASSACRO
Gli storici stimano che oltre 10 mila persone furono gettate vive o morte nelle foibe, tra l'8 settembre 1943 e il 10 febbraio 1947, giorno della firma dei Trattati di Pace di Parigi, che assegnavano alla Jugoslavia, i territori, già italiani dell'Istria, del Quarnaro, della città di Zara con la sua provincia e della maggior parte della Venezia Giulia. L'occupazione jugoslava fu causa non solo del fenomeno delle foibe, ma anche di massicce deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi e dell'esodo di circa 300mila giuliani, istriani, fiumani e dalmati.
Il massacro ebbe inizio in Istria dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943. Nel momento in cui l'esercito italiano si sbandò, i partigiani di Tito, avviarono il terrore, con arresti, uccisioni, infoibamenti di italiani. Il 16 settembre fu arrestato dalle milizie comuniste il parroco di Villa di Rovigno Angelo Tarticchio. Dopo averlo torturato, i partigiani lo trascinarono presso Baksoti (Lindaro), dove assieme a 43 prigionieri, legati con filo spinato, venne ucciso con una raffica di mitragliatrice e gettato in una cava di bauxite. Quando un mese più tardi il corpo fu riesumato dai Vigili del Fuoco di Pola, lo si trovò nudo, con una corona di spine conficcata sulla testa e i genitali tagliati e conficcati nella bocca.
Pochi giorni dopo, il 25 settembre, venne catturata a Visinada, insieme ad altri membri della sua famiglia, Norma Cossetto, una giovane ventitreenne. Dopo essere stata sottoposta a brutali sevizie da parte dei suoi carcerieri, nella notte tra il 4 e il 5 ottobre 1943, la giovane fu gettata viva, legata a altre vittime, nella foiba di Villa Surani.
In Istria, nell'antico castello Montecuccoli di Pisino, era insediato un feroce tribunale rivoluzionario. I condannati venivano legati con filo di ferro spinato e trasportati sull'orlo delle foibe dove erano uccisi a colpi di mitra e di fucile. In molte occasioni, prima dell'esecuzione, i prigionieri erano obbligati a spogliarsi completamente in modo da cancellare ogni possibile traccia della loro identità.

FOIBA DI BASOVIZZA VANDALIZZATA DI RECENTE
La seconda ondata di infoibamenti avvenne nel 1945, quando l'esercito di Tito invase la Venezia Giulia, giungendo a Trieste prima delle forze Alleate. Simbolo di queste stragi è la cosiddetta "Foiba di Basovizza", un pozzo minerario che, nel maggio 1945, divenne un luogo di esecuzioni sommarie per prigionieri, militari, poliziotti e civili, arrestati dai partigiani comunisti. A Basovizza arrivavano gli autocarri della morte con il loro carico di disgraziati. Questi, con le mani straziate dal filo di ferro e spesso avvinti fra loro a catena, venivano sospinti a gruppi verso l'orlo dell'abisso. Una scarica di mitra ai primi faceva precipitare tutti nel baratro.
Il termine genocidio, con cui si intende definire il deliberato sterminio di un popolo o di una parte di esso, non è improprio per connotare questa "pulizia etnica". Bisogna ricordare però che la violenza dei partigiani di Tito non si limitò a colpire gli italiani, colpevoli di difendere la propria identità nazionale, ma si estese anche contro tutti quei militari e civili, sloveni e croati, che si opponevano all'instaurazione di una Repubblica comunista in Jugoslavia. La dimensione ideologica dell'eccidio era per certi versi più profonda di quella etnica e nelle foibe, italiani, tedeschi e slavi mischiarono spesso il loro sangue.
Il dramma delle foibe va inserito all'interno di un processo rivoluzionario che ha le sue origini in Francia nel 1789. Il primo genocidio sistematico dalla storia fu infatti quello del popolo vandeano, che tra il 1793 e il 1797 si oppose alla Rivoluzione francese. Il maresciallo Tito attuava i principi della Rivoluzione francese e di quella comunista, secondo cui tutti i nemici della libertà e dell'uguaglianza, anche se solo "sospetti", vanno drasticamente eliminati. I crimini contro l'umanità che ancora oggi insanguinano il mondo sono figli di questa filosofia rivoluzionaria. E la giornata della memoria dedicata alle foibe ci ricorda anche questo.

Nota di BastaBugie:
Lorenza Formicola nell'articolo seguente dal titolo "Foibe: oltraggio alle vittime, pensioni d'oro ai carnefici" parla di Tito, dittatore comunista e medaglia al merito della Repubblica Italiana, onorificenza mai revocata così come i vitalizi pagati dall'INPS ai suoi soldati che divennero i boia dei loro connazionali.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 10 febbraio 2025:

Sabato 8 febbraio, a quarantott'ore dal Giorno del Ricordo, e ottant'anni dall'inizio dei fatti, la foiba di Basovizza a Trieste è stata vandalizzata. Tre le frasi con l'inchiostro rosso: "Trieste è nostra", il motto usato dai comunisti; "Trieste è un pozzo", in riferimento alle foibe; "Morte al fascismo, libertà al popolo".
E poi il numero 161, che sta per AFA, il collettivo antifascista internazionale d'ispirazione comunista. Ma l'oltraggio alle vittime delle foibe viene anche dai riconoscimenti istituzionali e dalle pensioni elargite ai loro carnefici.
L'articolo 2 dello Statuto dell'Ordine «Al merito della Repubblica italiana», che disciplina il conferimento della più importante onorificenza del nostro Paese, prevede che il Presidente della Repubblica possa conferirla per «benemerenze di segnalato rilievo (...) e per ragioni di cortesia internazionale». La stessa «cortesia internazionale» che nell'ottobre 1969 (con il socialdemocratico Saragat al Quirinale e la Democrazia Cristiana al governo) consegnò la più alta delle onorificenze dello Stato italiano al dittatore Josip Broz, alias il maresciallo Tito, il dittatore comunista, assassino di nostri connazionali.
Cinquantasei anni dopo, quella medaglia al merito è ancora lì, in palese contraddizione con una legge dello Stato che nel 2004, grazie al presidente Berlusconi, istituiva il Giorno del Ricordo per mantenere viva la memoria dei 10.000 italiani infoibati, della pulizia etnica d'Istria, Fiume e Dalmazia e dell'esodo di 350.000 italiani costretti a scappare dalle loro case. Insomma, mentre ricordiamo la tragedia degli italiani del Nord-Est ancora celebriamo la memoria dell'assassino Tito che li ha infoibati e costretti alla fuga.
In questa legislatura ci sono due proposte di legge, alla Camera, primi firmatari Rizzetto (FdI) e Rampelli (FdI), e al Senato, primo firmatario Bizzotto (Lega), per revocarla post mortem. Sarebbe, infatti, un cavillo burocratico ad impedire di cancellare l'onorificenza di Tito: è morto. La legge già prevede di togliere l'onorificenza per «indegnità», come è stato fatto con al-Assad quando nel 2010 Napolitano gli aveva appuntato sul petto la stessa decorazione di Tito. Eppure, per un misterioso disegno, oltre che per ottusa burocrazia, da decenni, nessuno osa toccare quella medaglia che è un'offesa all'Italia.
La nostra Penisola ha persino strade dedicate al comunista Tito. Un po' come se a Berlino, o in qualsiasi altro angolo d'Europa, ci fosse qualche piazza dedicata ad Hitler e nel mentre si celebrasse comunque la Giornata della Memoria. Con l'aggravante che per sessant'anni, in Italia, di foibe non s'è parlato, anche se la storiografia aveva già fatto chiarezza.
Nella primavera del 1945 il problema di quale sarà il confine tra l'Italia e la nuova Jugoslavia è aperto. E le difficoltà a raggiungere un accordo fanno emergere con tutta evidenza la correlazione tra controllo politico e controllo militare. Tito e il gruppo jugoslavo hanno le idee chiare sin dall'autunno 1943: estendere alle città e alla fascia costiera il controllo che già esercitano in parte delle zone interne. Le indicazioni operative sono chiare: occupare per primi, bandiere slovene e jugoslave, non permettere manifestazioni italiane, rinforzare l'Ozna - la polizia politica partigiana jugoslava -, al grido: «Epurare subito». Sono tutti slavi a tenere il comando, con alcuni italiani di «provata fede comunista».
La pulizia etnica dura dall'inverno del 1943-44 alla fine degli anni Cinquanta. Gli italiani di Fiume, Istria e Dalmazia sono così costretti a lasciare le loro terre, le case in cui erano nati, perché passate sotto sovranità jugoslava, per lasciarsi alle spalle una terra politicamente epurata in nome dei principi dell'intolleranza nazionalista e del comunismo.
Chi non si sottomette, viene eliminato nelle foibe, quei crepacci naturali, imbuti che sprofondano come un grattacielo a testa in giù fino a 200 metri nelle buie voragini della terra.
Il modus operandi consiste nel prelevare gli italiani direttamente a casa, condurli in prossimità di una foiba, legarli a gruppi di dieci, a volte quindici, più spesso cinquanta, con un filo spinato ben stretto a stritolare i polsi, il primo della fila viene fucilato tirando giù con sé, per cento e poi duecento metri, gli altri della fila, che ancora vivi, moriranno di stenti dopo giorni di agonia, inghiottiti dalla terra.
Grazie soprattutto alla Chiesa cattolica in 350.000 riusciranno a non esser infoibati, ma a lasciare l'Italia o raggiungere altre regioni.
La Chiesa, divenuta il riferimento naturale in un clima di terrore ed incertezza, avrà anche la precedenza nell'essere perseguitata da Tito. Le chiese distrutte e i sacerdoti picchiati, seviziati, ammazzati e mandati nei campi di lavoro non si contano: la Chiesa partorirà tanti martiri in quegli anni.
Chi riuscirà a salvarsi, sarà perché quegli "uomini vestiti di nero" - come li chiamavano i comunisti in sprezzo della talare - creeranno, con i modesti mezzi del tempo, una rete capace di collegare le parrocchie di tutta Italia, e oltre i confini nazionali: saranno soprattutto gli Stati Uniti ad accogliere gli italiani epurati da Tito.
Malgrado fossero artefici di stupri, sevizie e torture, e dell'esodo di trecentomila italiani, i soldati di Tito non solo non sono mai stati processati, ma hanno percepito, fino alla morte, una pensione pagata dall'INPS.
Per inquadrare i termini del fenomeno delle «pensioni in regime internazionale» pagate nella ex Jugoslavia sono utili alcuni numeri: più di 50.000 le domande presentate, oltre 35.000 quelle accolte.
Pensioni erogate a soggetti che possono vantare un periodo di servizio militare - per alcuni di un solo giorno - sotto lo Stato italiano in quanto erano residenti, all'inizio della guerra, nei territori ceduti dall'Italia alla Jugoslavia in seguito al Trattato di pace: il fatto abnorme è che tutti questi pensionati siano cittadini ex jugoslavi, che, al servizio di Tito già nel 1943, sono stati i protagonisti del genocidio degli italiani dell'Istria, di Fiume, della Dalmazia e della parte strappata alle province di Trieste e Gorizia.
Per chiedere la revoca immediata di pensioni elargite ai boia degli italiani, dagli anni '90 sono state presentate interrogazioni, anche al parlamento europeo, e sollecitate inchieste parlamentari fino al 2019 - a dimostrazione che le pensioni d'oro, tra una reversibilità e l'altra, sono ancora dispensate.
Per sessant'anni una pagina di storia patria è stata strappata dai libri e dai circuiti della storiografia ufficiale per non infangare il mito della resistenza e dei partigiani liberatori. Eventi eliminati o giustificati. Infatti, per i partiti della sinistra, le vittime erano nient'altro che fascisti che non hanno accettato il comunismo reale jugoslavo.

Titolo originale: Le foibe: un genocidio comunista
Fonte: Radio Roma Libera, 9 febbraio 2025

Stampa ArticoloStampa


BastaBugie è una selezione di articoli per difendersi dalle bugie della cultura dominante: televisioni, giornali, internet, scuola, ecc. Non dipendiamo da partiti politici, né da lobby di potere. Soltanto vogliamo pensare con la nostra testa, senza paraocchi e senza pregiudizi! I titoli di tutti gli articoli sono redazionali, cioè ideati dalla redazione di BastaBugie per rendere più semplice e immediata la comprensione dell'argomento trattato. Possono essere copiati, ma è necessario citare BastaBugie come fonte. Il materiale che si trova in questo sito è pubblicato senza fini di lucro e a solo scopo di studio, commento didattico e ricerca. Eventuali violazioni di copyright segnalate dagli aventi diritto saranno celermente rimosse.