INDIA: LA TERRIBILE ESPERIENZA DI UN SACERDOTE CATTOLICO
Fonte: fonte non disponibile, 4 settembre 2008
Il sacerdote è stato picchiato per ore dagli integralisti: «Non ho odio né amarezza». Il modo con cui ci hanno picchiato, con bastoni, piedi di porco, lance, mostra che non ci considerano neppure degli essere umani….». La voce di padre Thomas Chellan trema mentre ripercorre quelle ore di agonia quando, lo scorso 26 agosto, un gruppo di estremisti indù l’ha aggredito con furia selvaggia. Lasciandolo in fin di vita. Il sacerdote, però, è riuscito a sopravvivere. E dall’ospedale in cui è stato ricoverato dopo il pestaggio, ha voluto raccontare la sua terribile esperienza a Nirmala Carvalho, corrispondente di AsiaNews a Mumbai. Perché il mondo possa conoscere il dramma che si sta consumando nel cuore dell’Orissa. Padre Thomas, direttore del centro pastorale di Kandhamal, è stata una delle prime vittime del pogrom anticristiano scatenato dai radicali del Vishva Hindu Parishad, dopo l’assassinio del leader Swami Laxamananda Saraswati, il 23 agosto scorso. Il giorno dopo l’omicidio una folla urlante si raduna intorno al cancello del centro pastorale di Kandhamal. All’interno, oltre a padre Thomas, c’è un altro confratello e una suora. I tre, intuendo il pericolo, scappano nella foresta. «Mentre fuggivamo abbiamo visto le fiamme e il fumo». I religiosi riparano in un villaggio vicino, Nuagaon, dove trascorrono la notte. La furia integralista, però, li raggiunge. Il 25 agosto, un gruppo di estremisti irrompe nella cittadina e incendia la chiesetta locale. Poi, inizia la “caccia al cristiano”. La prima ad essere scoperta è la suora, fuggita con padre Thomas. Poi viene preso il sacerdote, che aveva trovato rifugio nel retro di un edifico. «Hanno cominciato a picchiarmi da tutte le parti e mi hanno strappato la camicia. Domandavano: perché avete ucciso Swamiji? Quanti soldi avete dato agli uccisori? Perché fate sempre tante riunioni e incontri nel centro pastorale?», racconta il religioso. Inutile negare le accuse, inutile spiegare. Gli aggressori non vogliono dialogare. Vogliono solo sfogare la loro rabbia. Ai due religiosi viene versato addosso del kerosene, vorrebbero dar loro fuoco. Ma, per rendere più spettacolare il loro gesto decidono di compierlo a Nuagaon, a mezzo chilometro dal villaggio. Li legano e li trascinano sulla strada. «Mentre camminavamo piovevano colpi all’impazzata sui nostri corpi». Sulla strada il gruppo incrocia una pattuglia della polizia. Gli agenti vedono le violenze a cui sono sottoposti Padre Thomas e la religiosa, ma non intervengono. I due continuano ad essere picchiati brutalmente ma, forse la presenza della pattuglia, impedisce agli estremisti di portare a termine il piano omicida. «Poi, uno degli aggressori mi ha detto di andare insieme a uno degli ufficiali, che ci ha accompagnato alla sede della polizia». Lì i due ricevono le prime cure mentre, il giorno successivo, vengono trasferiti a Bhubaneshwar. L’incubo per loro è finito, ma per tanti cristiani l’agonia dura ancora. «Non c’è nemmeno un prete o una suora a Kadhamal. Tutti sono fuggiti, mentre dilagano le razzie e la caccia all’uomo – aggiunge padre Thomas –. Nella mia agonia prego per i cristiani nella foresta. Nemmeno quello è un rifugio sicuro». Poi, con un filo di voce, il sacerdote conclude: «Voglio tornare in Orissa. Insieme alle mie ferite, Cristo sta guarendo anche i miei sentimenti: non ho odio né amarezza. Sono pronto a servire anche coloro che mi hanno colpito».
Fonte: fonte non disponibile, 4 settembre 2008
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