JOSEPH NICOLOSI CONTESTATO A BRESCIA DALLE ASSOCIAZIONI GAY
La tollerante cultura contemporanea non tollera che si mettano in discussione i suoi dogmi
Autore: Valerio Pece
Il 21 e il 22 maggio, a Brescia, il noto psicologo americano Joseph Nicolosi è stato protagonista di un importante convegno in cui ha illustrato le modalità (teoria e prassi) con cui aiutare le persone con pulsioni omosessuali indesiderate. Tema scomodo, problema enorme. Ad invitarlo, un cartello di diciannove associazioni: da Alleanza Cattolica a Scienza & Vita di Brescia e Milano, da Agapo (Associazione Genitori e Amici di Persone Omosessuali) a Nuove Onde, da Gruppo Lot a Medici Cattolici di Brescia. Credete che i giornali, dopo aver ospitato, quelli sì, i comunicati stampa di un'indignatissimo Arcigay, abbiano anche pensato ad approfondire, magari un pochino, un tema così serio? Certo che no. Guai. L'unica eccezione nel mare del conformismo a mezzo stampa è stata Tempi, settimanale cordialmente battagliero, che ha ospitato un'intervista di Marco Invernizzi a Joseph Nicolosi e un allarmante approfondimento del Presidente di Agapo, Michele Gastaldo. Eppure la notizia c'era tutta, sarebbe bastato soltanto leggere il depliant del convegno, un incredibile stato dell'arte sulla moderna educazione sessuale. "Secondo il pensiero 'gender' - si legge - non esiste il sesso inteso come differenza ontologica tra uomo e donna (...), gli stessi cinque generi (etero, omo, lesbo, bisessuale e trans) altro non sarebbero che espressioni convenzionali per indicare alcuni punti situati all'interno di un 'continuum identitario' ai cui estremi opposti vi sono la figura del cosiddetto maschio identitario e della cosiddetta femmina identitaria". Chiaro? "Un continuum", cioè un ribaltamento concettuale devastante nel quale, lo si voglia o no, siamo immersi visto che già oggi il "Gender Mainstreaming" rappresenta la politica ufficiale dell'Unione Europea. "In ossequio a questa linea - scrive su Tempi il presidente di Agapo - l'Unione Europea ha infatti cominciato a parlare di 'ruoli stereotipati' (tipicamente maschili, tipicamente femminili) e a penalizzarli". E aggiunge: "Dal momento che certe rivendicazioni del movimento gay non ottengono il consenso della maggioranza in un confronto democratico aperto, esse vengono fatte passare 'top-down', dall'alto verso il basso, attraverso campagne di immagine e leggi apparentemente innocue, o attraverso organismi internazionali del cui lavoro poche persone sono a conoscenza. Al tempo stesso si delegittimano le persone che esprimono dissenso come razziste o omofobe, si tenta di trasformarle in 'fuorilegge', rovesciando il concetto di tolleranza nel suo esatto contrario". Ma se la lobby gay si presenta sempre più orgogliosa e compatta, la realtà dei singoli è spesso un'altra: vite segnate da sofferenza e solitudine. Come spiegare altrimenti i Centri Narth fondati da Nicolosi sparsi ormai in tutto il mondo se non con l’arrivo di migliaia di richieste di aiuto? Eppure è stata completamente sottaciuta la vera posta in gioco: la libertà negata. La domanda è semplice: coloro che provano pulsioni omosessuali indesiderate (e non sono pochi) hanno o no il diritto di chiedere di essere aiutati a recuperare l'eterosessualità che desiderano? Questo è il punto, il resto sono divagazioni ideologiche. Peccato però che "per statuto" non possano esserci omosessuali infelici. Chi ha pulsioni omosessuali indesiderate semplicemente, come dire, non esiste. Non tornerebbero i conti, è la solita vecchia storia: se i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti. Viene in mente Pasolini con il suo terribile travaglio interiore. Una nota positiva: la Chiesa bresciana. Che, a differenza della stampa, si è mossa con sapienza, evitando note ufficiali ma di fatto appoggiando il simposio con l'invio strategico di schiere di catechisti pronti a familiarizzare con la "teoria ripartiva" di Nicolosi per riportarla nelle comunità parrocchiali. Magari prima che per legge non sia più possibile neanche parlarne. È che alla Chiesa l'uomo sta troppo a cuore perché possa riservarsi enclaves socio-culturali, gabbie dorate di silenzio, dentro cui, per paura del mondo, zittirsi. Non vuole averne, e questo è già uno scandalo.
Fonte: RMFonline, 14 giugno 2010
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