BastaBugie n�145 del 18 giugno 2010

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1 CONSIGLIARONO ALLA MAMMA DI BOCELLI DI ABORTIRE PERCHE' SAREBBE NATO DISABILE, MA LEI NON LO FECE!
La rivelazione di Andrea durante un concerto: sarò di parte ma credo sia stata la scelta giusta
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista
2 L'ASSASSINIO DI MONS. LUIGI PADOVESE IN TURCHIA 1
Il gesto di un folle? Macché! Evitiamo il solito luogo comune già utilizzato per don Andrea Santoro
Fonte: Corrispondenza Romana
3 L'ASSASSINIO DI MONS. LUIGI PADOVESE IN TURCHIA 2
L'autista 26enne del vescovo ha gridato dopo l'assassinio Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!
Fonte: Corrispondenza Romana
4 LA FOTO DI RATZINGER CHE DA GIOVANE FA IL SALUTO HITLERIANO IN TONACA.
Ma è un falso: l’altro braccio è stato tagliato (era solo la consacrazione durante la Messa!)
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: Il Giornale
5 POPIEULSKO, IL CAPPELLANO DI SOLIDARNOSC, UCCISO DAL REGIME COMUNISTA E RECENTEMENTE PROCLAMATO SANTO
A 37 anni fu selvaggiamente picchiato e seviziato e con un masso ai piedi fu gettato ancora vivo in un fiume
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: ZENIT
6 BOOM PLANETARIO DELLE COLTURE OGM
Anche il nuovo governo britannico sta investendo sulle biotecnologie vegetali
Autore: Antonio Padovano - Fonte: L'Ottimista
7 LA RADICE DEL MALE E' INSITA IN UN ISLAM CHE E' FISIOLOGICAMENTE VIOLENTO E STORICAMENTE CONFLITTUALE
Lo sostiene Magdi Allam, nato al Cairo (Egitto) da genitori musulmani, poi convertito al cristianesimo
Fonte: Amici del Timone di Staggia Senese
8 GLI ANTIDOTI DI RINO CAMMILLERI CONTRO I VELENI DELLA CULTURA CONTEMPORANEA
Cristianofobia, eutanasia, multiculturale, pedofilia, sacerdozio, ecc.
Autore: Maurizio Schoepflin - Fonte: Avvenire
9 OMELIA PER LA XII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 9,28-36)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - CONSIGLIARONO ALLA MAMMA DI BOCELLI DI ABORTIRE PERCHE' SAREBBE NATO DISABILE, MA LEI NON LO FECE!
La rivelazione di Andrea durante un concerto: sarò di parte ma credo sia stata la scelta giusta
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista, 9 Giugno 2010

Una straordinaria testimonianza contro l'aborto è arrivata nei giorni scorsi da uno degli italiani più famosi nel mondo. Nel corso di un suo concerto, Andrea Bocelli, ha raccontato con toni struggenti i particolari della sua drammatica venuta alla luce. Accennando qualche nota di pianoforte, prima di iniziare una nuova canzone, Bocelli ha raccontato: “Una giovane sposa in stato interessante fu un giorno ricoverata in ospedale per un attacco di appendicite: i medici dovettero applicarle del ghiaccio sullo stomaco e, alla fine di questi trattamenti, le consigliarono di abortire il bambino: a loro parere si trattava della miglior soluzione, perché il bambino sarebbe nato con qualche disabilità”.
La giovane coraggiosa gestante è la madre di Bocelli. “Sarò di parte ma credo di poter dire che quella scelta sia stata la scelta giusta – ha aggiunto il cantante -. Spero che possa essere di incoraggiamento per tante madri che si trovino in situazioni difficili ma vogliano salvare la vita del loro bambino”.
Di seguito Bocelli attacca ad intonare un evergreen della canzone italiana: Voglio vivere così. Nessun motivo sembra essere più appropriato ad accompagnare una storia personale come quella raccontata da Bocelli: Voglio vivere così / col sole in fronte / e felice canto beatamente / Voglio vivere e goder / l'aria del monte / perché questo incanto / non costa niente. Versi che sono figli di un'epoca ben più autentica dell'attuale, in cui la felicità non è frutto di chissà quali conquiste edonistiche o di chissà quale prestigiosa immagine pubblica ma semplicemente del godimento dei doni e delle meraviglie che la vita e la natura ci offrono ogni giorno.
Il video, diffuso su Youtube con il titolo Bocelli tells a 'little story' about abortion, ha colpito in modo particolare il pubblico americano, da sempre il più sensibile rispetto ai temi della vita. Sul portale pro-life National Right to Life, Dave Andrusko ha commentato che “quando il tema è l'aborto, c'è quasi sempre una storia triste da raccontare. Non questa volta”.Quella di Bocelli è infatti una “bella, intensa notizia”. Erroneamente il video è stato da taluni definito "a fairy tale about abortion" (una favola sull'aborto) ma, come ha giustamente notato Andrusko, abbiamo a che fare con “una storia vera, la storia di Andrea Bocelli”.
Il cantante infatti non è cieco dalla nascita ma lo diventò a dodici anni a seguito di una pallonata ricevuta in testa, durante una partita di calcetto. A causa dei problemi sofferti dalla madre durante la gravidanza, Bocelli era nato affetto da un glaucoma congenito. Ciò non gli ha impedito di coltivare le sue doti canore e di divenire la voce italiana più conosciuta e venduta al mondo. Senza prediche di alcun tipo e senza la minima velleità autocelebrativa, Andrea Bocelli ha sintetizzato in pochissimi minuti un messaggio colmo di speranza. Impresa non da tutti in un mondo votato alla superficialità come quello dello spettacolo, in cui i valori artistici raramente sono premiati (figurarsi quelli umani...). Accogliere una vita è una scelta che paga sempre. Abortire, al contrario, è sopprimere non un feto ma un bambino, spesso un potenziale genio o benefattore dell'umanità. Ne vale la pena?

VIDEO DI BOCELLI (AUDIO IN ITALIANO)



https://www.youtube.com/watch?v=6QfKCGTfn3o

Fonte: L'Ottimista, 9 Giugno 2010

2 - L'ASSASSINIO DI MONS. LUIGI PADOVESE IN TURCHIA 1
Il gesto di un folle? Macché! Evitiamo il solito luogo comune già utilizzato per don Andrea Santoro
Fonte Corrispondenza Romana, 12/6/2010

Mons. Luigi Padovese, vescovo di Iskenderun, in Anatolia, è stato ucciso giovedì 3 giugno dal suo autista e aiutante musulmano. «Il gesto di un folle», «Nessun movente religioso», si è letto sui giornali. Come accadde nel 2006 per l’omicidio di don Andrea Santoro, il sacerdote ucciso nella sua chiesa di Santa Maria a Trabzon, in Turchia, sulla stampa nazionale ed estera si è cercato di gettare acqua sul fuoco per l’ennesima volta, minimizzando l’effettiva entità di un crimine che lascia trasparire quale sia il reale clima che i cristiani respirano ormai da qualche anno in Turchia.
Sebbene la sala stampa Vaticana, con il suo portavoce padre Federico Lombardi, si sia allineata con l’opinione comune – qualche voce fuori dal coro da parte cattolica non è tardata ad arrivare. L’ex nunzio apostolico in Turchia – il cardinale Sergio Sebastiani – in un’intervista rilasciata il 4 giugno a “La Stampa” ha esplicitamente fatto riferimento a come l’Islam, in Turchia, tenda ormai «maggiormente verso il fanatismo», collegando direttamente l’assassinio di mons. Padovese a quello di don Santoro, «ucciso […] da un assassino istigato e mandato avanti da fanatici».
Altro prelato a non credere alla versione ufficiale fornita dalle autorità turche è mons. Ruggero Franceschini, arcivescovo di Smirne. Come riportato da “Avvenire”, il presule crede che ritenere l’omicidio di Padovese esclusivamente come il gesto di un folle sia ormai un «luogo comune già utilizzato per don Andrea Santoro» e attribuisce invece delle precise responsabilità ai «focolai» di odio «fomentati anche dalla stampa». Un’accusa, quella alle campagne diffamatorie dei media turchi, già mossa in passato proprio da mons. Padovese durante la messa funebre per don Santoro.

Fonte: Corrispondenza Romana, 12/6/2010

3 - L'ASSASSINIO DI MONS. LUIGI PADOVESE IN TURCHIA 2
L'autista 26enne del vescovo ha gridato dopo l'assassinio Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!
Fonte Corrispondenza Romana, 12/6/2010

L’agenzia di informazioni “AsiaNews” del 7 giugno, bene informata, ha offerto questa attendibile ricostruzione dell’assassinio di mons. Padovese:
«Mentre i giorni passano, si aggiungono nuovi particolari alla vicenda dell’assassinio e alla presunta “insanità” dell’uccisore.
I medici che hanno effettuato l’autopsia hanno rilevato che mons. Padovese presentava coltellate in tutto il corpo, ma soprattutto dalla parte del cuore (almeno 8). La testa era quasi completamente staccata dal tronco, attaccata al corpo solo con la pelle della parte posteriore del collo. Anche la dinamica dell’uccisione è più chiara: il vescovo è stato accoltellato in casa. Egli è riuscito ad avere la forza di andare fuori, sulla soglia della casa, sanguinante e gridando aiuto e là avrebbe trovato la morte. Forse solo quando egli è caduto a terra, qualcuno gli ha tagliato la testa.
Testimoni affermano di aver sentito il vescovo gridare aiuto. Ma ancora più importante, è che essi hanno sentito le urla di Murat subito dopo l’assassinio. Secondo queste fonti, egli è salito sul tetto della casa è ha gridato: “Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!”.
Questo grido coincide perfettamente con l’idea della decapitazione, facendo intuire che essa è come un sacrificio rituale contro il male. Ciò mette in relazione l’assassinio con i gruppi ultranazionalisti e apparentemente fondamentalisti islamici che vogliono eliminare i cristiani dalla Turchia. Del resto, secondo un giornale turco, il Milliyet del 4 giugno, l’assassino avrebbe detto alla polizia di aver compiuto il gesto “per rivelazione divina”.
Davanti a questi nuovi e agghiaccianti particolari sono forse da rivedere le dichiarazioni del governo turco e le prime convinzioni espresse dal Vaticano, secondo cui l’uccisione non avrebbe risvolti politici e religiosi. Fermo restando che, come ha detto Benedetto XVI nell’aereo in viaggio per Cipro, questo assassinio “non può essere attribuito alla Turchia e ai turchi, e non deve oscurare il dialogo”.
Davanti alle giuste preoccupazioni del Pontefice, si assommano anche le richieste dei cattolici e di alcune ong turche, per i quali occorre che la polizia non fermi l’indagine alla sola spiegazione sulla “insanità” di Murat, ma proceda ed approfondisca i suoi possibili legami con organizzazioni dello “Stato profondo”, che sfuggono anche al governo turco.§
La presunta insanità del 26enne che da oltre quattro anni viveva a fianco del vescovo è ormai indifendibile. Ercan Eriþ, l’avvocato della Chiesa, sostiene che l’omicida non può essere diventato depresso in un giorno e che non esiste nessun rapporto sanitario che lo dichiari tale. Ormai é certo che il giovane è sano di mente. Non c’è alcun certificato medico che attesti la sua invalidità mentale. Negli ultimi tempi egli stesso diceva di essere depresso, ma ormai si pensa che questa fosse tutta una strategia per potersi difendere in seguito».

Fonte: Corrispondenza Romana, 12/6/2010

4 - LA FOTO DI RATZINGER CHE DA GIOVANE FA IL SALUTO HITLERIANO IN TONACA.
Ma è un falso: l’altro braccio è stato tagliato (era solo la consacrazione durante la Messa!)
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: Il Giornale, 12 giugno 2010

Quell’immagine un po’ inquietante viene esibita sul Web come la prova regina: Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, non è stato soltanto iscritto a forza nella Hitlerjugend, come lui stesso ha raccontato nella sua autobiografia, ma era così convinto dall’ideologia hitleriana da fare il saluto nazista persino mentre indossava i paramenti sacerdotali. La foto, ripresa da molti siti Internet e inserita in brevi filmati su Youtube, ritrae un Ratzinger giovanissimo, magro, con i capelli neri, con lo sguardo serio e compunto, mentre veste la stola sacerdotale e ciononostante alza convinto il braccio destro con la mano tesa. Una delle tante bufale antiratzingeriane, come se ne trovano a bizzeffe navigando in rete, ma che da qualche giorno ha ricevuto la sua consacrazione scritta nientemeno che in un «saggio documentatissimo e sconvolgente» - come si legge nella quarta di copertina – un libro-inchiesta scritto da Eric Frattini, «professore universitario, giornalista e scrittore eclettico, appassionato di storia e di politica», autore di una ventina di volumi, alcuni dei quali schierati contro il Vaticano. La sua ultima creatura è I papi e il sesso (ed. Ponte alle grazie).
Non è questo il luogo per citare le innumerevoli perle presenti nel testo, che denotano la scarsa conoscenza che l’autore ha della materia trattata, e ci riferiamo - ovviamente - alla storia della Chiesa, non a quella del sesso. Ad attirare l’attenzione, a pagina 377, è la citazione dell’esistenza di una foto «in cui si vede il futuro Papa vestito da sacerdote mentre fa il saluto nazista». Quale attinenza abbia l’argomento nazista con il tema portante del libro – il sesso – non è dato di saperlo, anche se appare piuttosto evidente che Frattini, non riuscendo a trovare nulla che possa accostare l’attuale Pontefice a qualcuno dei suoi lontani predecessori dai costumi non irreprensibili, abbia voluto presentarlo almeno come un nazista.
Frattini, essendo «professore universitario» nonché «appassionato di storia», come si legge nell’autobiografia all’inizio del volume, alla foto di Ratzinger che sembra fare «Heil Hitler!» ha voluto dedicare anche una nota in calce (numero 28, pag. 426) che recita: «L’autore non è riuscito a risalire alla persona che scattò questa seconda foto, in cui Ratzinger è ritratto vestito da sacerdote mentre fa il saluto nazista, né a verificare se si tratta di un fotomontaggio. La fotografia potrebbe essere stata realizzata tra il 1944 e il 1945, quando il futuro Papa aveva diciassette o diciotto anni».
In effetti, invece di cercare negli archivi l’autore della foto, sarebbe bastato navigare qualche minuto sul Web, per accorgersi della bufala, anzi del taglio tattico. Sarebbe bastata una Garzantina, il sito Internet della Santa Sede oppure Wikipedia per scoprire che l’attuale Pontefice è stato ordinato prete a Frisinga il 29 giugno 1951, dunque sei anni dopo la fine del Terzo Reich e della guerra. Qualche «clic» in più con il mouse, senza dover consultare polverosi archivi (basta digitare su un motore di ricerca le chiavi «Ratzinger» e «1951»), gli avrebbe permesso di scoprire che quella foto è stata scattata nei giorni immediatamente successivi all’ordinazione sacerdotale, quando Joseph Ratzinger, insieme al fratello maggiore Georg, anch’egli ordinato prete lo stesso giorno, e a un altro sacerdote novello originario del paese, Rupert Berger, celebrarono la loro prima messa a Traunstein, nella parrocchia di Sant’Osvaldo. La presunta foto nazista è in realtà un tarocco: nell’originale – reperibile facilmente sul Web – si vede benissimo Ratzinger, accanto al fratello, che impone entrambe le mani per benedire i fedeli. Dunque non faceva alcun saluto romano o nazista, peraltro fuori tempo massimo, ma semplicemente benediceva. Ovviamente rivestito della stola sacerdotale. Non c’è che da sottoscrivere almeno in parte la presentazione forse un tantino trionfale che l’editore ha posto in quarta di copertina: il volume di Frattini non è «documentatissimo» ma nemmeno documentato. Rimane, invece, inequivocabilmente «sconvolgente». Sì, che si continui a dar credito a certe bufale anticattoliche.

Fonte: Il Giornale, 12 giugno 2010

5 - POPIEULSKO, IL CAPPELLANO DI SOLIDARNOSC, UCCISO DAL REGIME COMUNISTA E RECENTEMENTE PROCLAMATO SANTO
A 37 anni fu selvaggiamente picchiato e seviziato e con un masso ai piedi fu gettato ancora vivo in un fiume
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: ZENIT, 30 maggio 2010

Un film straordinario, che racconta la storia di un eroe sconosciuto ai più, padre Jerzy Popiełuszko, testimone e martire di un popolo, quello polacco, che ha sconfitto la dittatura comunista con le armi dell'amore e del vangelo cristiano.
Venerdì 28 maggio alla Radio Vaticana è stato proiettato il film del regista polacco Rafał Wieczyński: "Popiełuszko. Non si può uccidere la speranza".
Il film racconta la storia di un santo, le cui qualità e vicende sono paradigma della virtù di un popolo, e il cui sacrificio supremo, così simile a quello di Cristo, è stato indicato dal Pontefice Giovanni Paolo II, come il tributo di sangue che ha salvato l'Europa.
Padre Jerzy Popieluszko nacque il 14 settembre 1947 a Okopy provincia di Bialystok. Fu ordinato sacerdote dal Cardinal Stefan Wyszynsky il 28 maggio 1972 a Varsavia. Oltre al lavoro parrocchiale, nella Chiesa di San Stanislao Kostka, svolgeva il suo ministero tra gli operai organizzando conferenze, incontri di preghiera anche per medici ed infermieri, assisteva gli ammalati, i poveri, i perseguitati.
Per il suo coraggio, la difesa dei diritti umani, la richiesta di libertà e giustizia, la capacità di amare anche i suoi persecutori, divenne subito una minaccia per il regime dittatoriale.
Padre Popieluszko aiutava tutti gli operai, dava loro coraggio, li educava all'amore fraterno, li invitava a non reagire quando venivano colpiti, li confessava, sosteneva le loro famiglie. Gli insegnava a rispondere con preghiere e canti sacri e patriottici alle minacce e alle aggressioni. Sosteneva Solidarnosc nelle sue battaglie per garantire migliori condizioni sociali, per la libertà, la giustizia, il progresso.
Tentarono in vario modo di minacciarlo e spaventarlo. Uccisero i figli e i parenti delle persone a lui più vicine. Qualcuno dei suoi collaboratori cedette alle minacce e divenne una spia dei servizi segreti. Ma padre Popieluszko, non cedette mai alle provocazioni. Mai si piegò al sentimento di odio. Nel film, in un momento molto duro, quando scopre di essere tradito e prossimo alla paura, quando i suoi amici non ne possono più dell'oppressione e del terrore, si riporta una sua frase: "combatto il peccato non le sue vittime".
Questa sua capacità eroica di amare tutti cristianamente, lo rendono libero e invincibile. Il regime non sa cosa fare. Cercano di screditarlo e di accusarlo di cospirazione politica, ma padre Popieluszko non parla mai di politica.
La situazione sta per precipitare e la Chiesa prova a convincerlo di riparare a Roma, ma padre Popieluszko è cosciente della sua missione e va avanti, fiducioso, ubbidiente e fedele a Cristo.
Così il 19 ottobre 1984 di ritorno da un servizio pastorale da Bydgosszcz a Gorsk vicino a Torun viene rapito da tre funzionari del Ministero dell'Interno, selvaggiamente picchiato e seviziato.
Pur legato dentro al cofano dell'auto cerca di fuggire. I persecutori lo braccano, lo colpiscono ancora più violentemente, lo sfigurano, lo legano tra bocca e gambe, in modo che non possa distendersi senza soffocare. Gli stringono un masso ai piedi e lo buttano ancora vivo in un fiume. Aveva 37 anni.
Il regime pensa di aver messo a tacere il più coraggioso dei suoi oppositori, e invece è il segno della sua fine. Da lì a poco non solo la Polonia sarà liberata, ma l'intero sistema comunista collasserà.
Nonostante le minacce e la violenza, oltre mezzo milione di persone sfilò al funerale di padre Popieluszko.
Tra i giovani che sfilarono oranti dietro a quella bara, c'era il regista del film Rafał Wieczyński, il quale ha rivelato a Radio Vaticana: "avevo 16 anni quando partecipai ai funerali di padre Popiełuszko. Insieme a 600 mila persone riuscivo a percepire i sentimenti della gente in quel periodo. E' diventato una sorta di maestro, una figura con la quale mi confrontavo e volevo che la nuova generazione provasse le sensazioni di quei tempi, quando la gente era unita fondandosi sui valori del Vangelo".
Da allora la tomba di padre Popiełuszko che si trova accanto alla chiesa di San Stanislao Kostka, a Varsavia, è meta continua di pellegrinaggi di fedeli provenienti dalla Polonia e dal mondo intero.
Il 14 giugno 1987 Papa Giovanni Paolo II ha pregato sulla sua tomba, senza avere la possibilità di gridare al regime e al mondo le virtù e la grandezza di padre Popieluszko.
A tutt'oggi oltre 18 milioni si sono soffermati sulla tomba di padre Popieluszko, e domenica 6 giugno verrà proclamato Beato.
Intervistato da ZENIT, il regista del film ha rivelato che in Polonia "il film è stato visto da un milione e trecentomila persone. Molto importante il fatto che sia stato visto nelle scuole da studenti che non hanno mai saputo che cosa è stata la dittatura comunista".
L'edizione italiana del film ha avuto poca pubblicità e solo in 15.000 lo hanno visto, ma l'edizione home video dell'opera sarà diffusa nelle edicole da venerdì 4 giugno.
Prima della proiezione che è avvenuta nella Radio Vaticana, Hanna Suchocka, già Primo Ministro Polacco, membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e attuale Ambasciatore presso la Santa Sede ha spiegato che "nella Chiesa non sono mancati uomini e donne, che hanno testimoniato Cristo fino alla fine". Ma la figura di padre Popiełuszko è tuttavia "eccezionale, perché è un eroe contemporaneo che ha testimoniato come si può vincere il male con il bene".
"Padre Jerzy Popiełuszko era soprattutto un testimone di Cristo - ha sottolineato la Suchocka, - un sacerdote che viveva e lavorava per gli uomini".
"Forse adesso, - ha aggiunto - quando ci avviciniamo alla conclusione dell'Anno Sacerdotale, vale la pena di ricordare la figura di Popiełuszko come esempio spirituale di chi, nonostante la fragile salute, è rimasto grande nella sua capacita di accettare la grazia di Dio".
L'Ambasciatore polacco ha voluto poi cogliere un altro aspetto della figura di padre Jerzy, affermando che "padre Popieluszko era una persona libera dentro, nonostante le pressioni che venivano esercitate nei suoi confronti dalle autorità, dal suo ambiente e dai suoi collaboratori".
"Forse è questa libertà che i suoi carnefici volevano soffocare - ha aggiunto -. Ma il suo sacrificio non è stato invano, la Polonia è stata liberata e il suo ricordo è rimasto vivo nella memoria e nei cuori dei Polacchi".
Nel film spezzoni di telegiornale in bianco e nero si alternano con le vicende di vita quotidiana. Pur non denunciando mai in forma esplicita la dittatura comunista, la pellicola è una delle testimonianze più forti circa la crudeltà e disumanità di quel regime.
Così, come il film "Schindler's list" ha denunciato l'orrore del regime nazista, il film "Popiełuszko. Non si può uccidere la speranza" mostra gli orrori dei regimi socialisti.
In entrambi i casi vince l'umanità che di fronte ai peggiori orrori della storia, riesce a sopravvivere credendo e confidando in Dio.

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Il seguente trailer è in spagnolo, ma il dvd è doppiato in italiano.


https://www.youtube.com/watch?v=zNrjxVoGwM4

Fonte: ZENIT, 30 maggio 2010

6 - BOOM PLANETARIO DELLE COLTURE OGM
Anche il nuovo governo britannico sta investendo sulle biotecnologie vegetali
Autore: Antonio Padovano - Fonte: L'Ottimista, 9 Giugno 2010

Nella sua prima intervista in qualità di Ministro dell’Ambiente del governo Cameron, Caroline Spelman ha illustrato l’impegno convinto del nuovo esecutivo britannico nell’incrementare la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzazione delle biotecnologie vegetali per difendere l’ambiente, migliorando ed aumentando le produzioni.
Nell'intervista, pubblicata dal quotidiano The Guardian il 4 di giugno, il Ministro del Dipartimento Ambiente, Alimentazione e Affari Rurali, si è chiaramente espresso a favore delle colture di prodotti geneticamente modificati.
La Spelman ha spiegato che i prodotti ogm portano benefici per tutti. Per i consumatori che possono acquistare prodotti di maggiore qualità a prezzi contenuti; per la ricerca, per la salute e per l’ambiente perché gli ogm riducono la quantità di antiparassitari utilizzati. “Inoltre – ha affermato il ministro - ci sono benefici per i paesi in via di sviluppo, come la resistenza alla siccità o la capacità di assorbire anche acqua con alto contenuto di sale”. “Se usate bene, le biotecnologie – ha aggiunto – dimostrano quanto può essere utile l’innovazione tecnologica”.
La presa di posizione del ministro britannico riflette le indicazioni che provengono dal mondo agricolo a livello mondiale. Secondo il rapporto diffuso dal Servizio Internazionale per l’acquisizione delle applicazioni agro-biotecnologiche (International Service for the Acquisition of Agri-biotech Applications, ISAAA), nel 2008 tre nuovi paesi e 1,3 milioni di nuovi agricoltori hanno coltivato piante geneticamente modificate. Inoltre la superficie coltivata con piante ogm è aumentata di 10,7 milioni di ettari dal 2008 al 2009. Per avere un'idea della superficie, si pensi che l’intera superficie agricola italiana è pari a 13 milioni di ettari.
I dati complessivi sono impressionanti. Sono 14 milioni gli agricoltori che utilizzano sementi ogm in 25 paesi per un totale di 134 milioni di ettari coltivati con piante ogm. È interessante scoprire che il 90% dei coltivatori di piante ogm appartiene a Paesi in via di sviluppo. Il Brasile è il secondo Stato che coltiva più organismi geneticamente modificati al mondo.
Nell’ultimo anno è stato significativo l'avanzamento dei paesi africani. Nel 2008 in Egitto sono stati piantati 700 ettari di mais biotech e nel Burkina Faso 8.500 di cotone biotech, raggiungendo così i livelli del Sud Africa che, dal 1998, beneficia della produzione di cotone, mais e soia biotecnologica. È sempre più diffuso il parere favorevole agli ogm nella comunità internazionale. Nel 2008 i leader del G8 hanno riconosciuto per la prima volta l’importanza delle colture biotecnologiche e hanno fatto appello affinché “si acceleri la ricerca e lo sviluppo e si favorisca l’accesso alle nuove tecnologie per incrementare la produzione agricola”. L’Unione Europea ha inoltre riconosciuto che le colture biotech “possono giocare un ruolo importante nel mitigare gli effetti della crisi alimentare”.
Il premier cinese Wen Jiabao ha dichiarato che “per risolvere il problema alimentare, dobbiamo affidarci alle grandi misure scientifiche e tecnologiche, contare sulle biotecnologie e sugli organismi geneticamente modificati”. É per questo che negli ultimi 12 anni la Cina ha stanziato ulteriori 3,5 miliardi di dollari nella ricerca e nello sviluppo delle biotecnologie. Da solo, il riso biotech, già sviluppato e testato sul campo in Cina, ha la potenzialità di aumentare la disponibilità di cibo e il reddito netto di 100 dollari per ettaro per circa 440 milioni di persone nel paese.
In Europa, altri sette paesi dell’Unione hanno aumentato le colture ogm del 21% per un totale di 100mila ettari, un record raggiunto per la prima volta nel 2007. I sette paesi europei per ordine di coltivazione di mais biotech sono la Spagna, la Repubblica Ceca, la Romania, il Portogallo, la Germania, la Polonia e la Slovacchia. Oltre a contribuire alla soluzione dei problemi legati alla sicurezza alimentare, le colture biotech giocano un ruolo importante nella diminuzione dell’impatto ambientale e nell’aumento della sostenibilità della produzione alimentare. Il riso resistente ai parassiti, ad esempio, potrebbe assicurare benefici a circa 1 miliardo di persone.
Le colture biotech contribuiscono ad aumentare la disponibilità e l’accesso al cibo, facendo crescere la produzione di 141 milioni di tonnellate negli ultimi 12 anni. Le colture biotech aiutano a preservare la biodiversità risparmiando superficie agricola. Per raggiungere la stessa produzione di 141 milioni di tonnellate ottenuta dalle colture biotech, sarebbero stati necessari altri 43 milioni di ettari di terra. Con il 70% della popolazione mondiale più povera (con un reddito inferiore a un dollaro al giorno) che dipende dall’agricoltura, le colture biotech possono contribuire alla sostenibilità economica e ad alleviare la povertà. Nei paesi in via di sviluppo e nelle economie in trasformazione, l’agricoltura è responsabile di una parte sostanziale del PIL. Gli aumenti nella produttività agricola ottenuti grazie al biotech sono evidenti: la ricerca in India, Cina, Sud Africa e Filippine mostra come le colture biotech hanno già aumentato le entrate passando da 115 a 250 dollari ad ettaro. Nel 2008, a livello globale, più di 12 milioni di agricoltori poveri hanno beneficiato delle colture ogm. Inoltre le colture biotech hanno già sostanzialmente diminuito l’impatto ambientale sull’agricoltura riducendo i pesticidi, risparmiando sull’uso del combustibile e diminuendo le emissioni di biossido di carbonio e le erosioni del terreno stimolate dalle frequenti arature. In particolare dal 1996 al 2007, le colture biotech hanno permesso di evitare l’uso di 359.000 tonnellate di pesticidi (ingrediente attivo). Lo sviluppo di colture resistenti alla siccità hanno anche un grande potenziale per incrementare i raccolti nelle zone dove l’acqua scarseggia. Circa il 70% dell’acqua pulita del pianeta viene utilizzata per scopi agricoli. Il mais resistente alla siccità sarà disponibile negli USA nel 2012, e nell’Africa Sub Sahariana entro il 2017. I benefici ambientali associati alle colture biotech hanno anche contribuito a ridurre i gas dell’effetto serra. Solo nel 2007, il risparmio di biossido di carbonio è stato di 14,2 miliardi di Kg, che equivalgono alla rimozione di 6,3 milioni di auto dalla strada.

Fonte: L'Ottimista, 9 Giugno 2010

7 - LA RADICE DEL MALE E' INSITA IN UN ISLAM CHE E' FISIOLOGICAMENTE VIOLENTO E STORICAMENTE CONFLITTUALE
Lo sostiene Magdi Allam, nato al Cairo (Egitto) da genitori musulmani, poi convertito al cristianesimo
Fonte Amici del Timone di Staggia Senese, 14 giugno 2010

Un lunghissimo applauso ha concluso la 40° conferenza organizzata il 13 maggio dal Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese che ha visto la partecipazione di Magdi Cristiano Allam.
Nato al Cairo, in Egitto, da genitori musulmani, Magdi Cristiano Allam studia in un collegio di suore comboniane prima e in un collegio salesiano poi. A 20 anni arriva in Italia per proseguire gli studi e diventa vice direttore ad personam del Corriere della Sera nel quale lavorerà fino a novembre del 2008. Il 22 marzo del 2008, durante la Veglia Pasquale in San Pietro, riceve il battesimo direttamente dal Santo Padre Benedetto XVI, abbandonando così l'islam per diventare cattolico. Attualmente è deputato al parlamento europeo.
La sua conversione è avvenuta in seguito a un percorso spirituale durato molti anni e poi ad una scelta di vita ben precisa. Egli ritiene molti degli avvenimenti della sua vita legati a quello che la maggior parte delle persone chiama caso ma che egli ritiene essere la mano della Divina Provvidenza. Durante la conferenza ha infatti spiegato come la frequentazione di scuole cattoliche, durata ben 14 anni, abbia inciso profondamente nella sua vita. Ciò che maggiormente lo aveva colpito era la dedizione con cui i religiosi e le religiose trasmettevano un'educazione che non era solo una trasmissione di conoscenze ma soprattutto una trasmissione di valori; e il dono totale che essi facevano di se stessi indipendentemente dalle persone che si trovavano di fronte, che erano di varie religioni e culture.
La loro testimonianza lo aveva portato da subito a coltivare una concezione etica della vita. Cioè a mettere al centro della propria morale il concetto di persona in modo da considerare ogni uomo, chiunque esso sia, non il mezzo, ma la ragione per cui la vita stessa vale la pena di essere vissuta. Ogni uomo infatti ha diritto alla sua dignità, avvalorata dalla libertà.
Una prima fase del percorso spirituale di Magdi Allam è stata caratterizzata dalla ricerca della verità. Il fatto di avere, da una parte, l'esempio di una madre fervente musulmana che donava tutta la sua vita per il figlio (era infatti molto povera e si era sacrificata per farlo studiare e fargli condurre una vita dignitosa) e, dall'altra, quello dei religiosi cattolici che donavano la loro vita per ragazzi di diverse nazionalità, lo avevano portato a domandarsi quale fosse, fra quella cattolica e quella islamica, la vera religione.
Nel domandarsi quale religione fosse quella vera ha compreso che la risposta non può prescindere dalla domanda sulla libertà. Essere liberi significa non essere sottomessi ad un'ideologia o schiavi di mistificazioni. Al giorno d'oggi la nozione di libertà è appiattita su piani materialistici e consumistici, quindi si è più liberi quanti più beni si posseggono, e l'apparire conta più dell'essere. Mentre per Magdi Allam la libertà è una condizione interiore e la si ha quanto più si riesce ad essere se stessi. Egli è sempre stato un appassionato ricercatore della verità salvaguardando la sua libertà. Solo essendo liberi si può giungere alla scoperta della verità; così come per essere liberi occorre conoscere la verità. Questo binomio indissolubile, che ha caratterizzato anche il suo percorso giornalistico, l'ha individuato e riscoperto in modo chiaro nel passo del Vangelo di San Giovanni: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".
Allam ha inoltre criticato fortemente il relativismo, che ha definito un male ideologico che mette in dubbio il concetto di verità e nega l'uso della ragione. Il relativismo impedisce di adoperare parametri valutativi e critici per mettere aprioristicamente sullo stesso piano tutte le religioni, le culture, i valori, le conoscenze. Parificando tutte le verità, di fatto il concetto stesso di verità viene negato. La contraddizione nel relativismo è evidente: nell'affermare che non esiste nessuna verità, in realtà sta affermando una verità. Ecco quindi che il relativismo va contro la retta ragione che pure dice di voler esaltare...
Ma l'incontro fondamentale che ha radicalmente cambiato la sua vita è stato quello con il pensiero e poi con la persona di Benedetto XVI, che lo ha fatto imbattere nel secondo binomio indissolubile: quello tra fede e ragione. Il Papa lo ha affascinato fin da quando era musulmano perché ha la capacità di interpellarci come persone attraverso la riflessione e la chiamata in causa della nostra ragione. L'evento che maggiormente l'ha interrogato è stato il discorso pronunciato dal Papa il 12 settembre del 2006 a Ratisbona in cui il Santo Padre rievocò le parole dell'imperatore bizantino Emanuele II paleologo, il quale aveva detto che l'islam si è diffuso con la spada, lasciando dietro di sé molti morti, sofferenze e ingiustizie. Si trattava della rievocazione di un fatto storico incontrovertibile e pertinente, dato che il Santo Padre si trovava in un contesto accademico, dove per di più in passato ha insegnato. Basta leggere testi storici anche in lingua araba per verificare date, guerre, morti, conquiste di popoli cristiani sottomessi e costretti con la forza ad essere musulmani. Prima delle conquiste musulmane, fino al VII secolo d.C. tutto il Mediterraneo era cristiano. Così il Papa voleva metterci in guardia dal pericolo di finire esattamente come quei popoli e anche Magdi Cristiano Allam ritiene che l'Europa rischia di fare la stessa fine se non si renderà conto delle cause per cui i cristiani dell'epoca furono facilmente sottomessi.
Le critiche che ricevette il Santo Padre, ad esempio quella di essere stato inopportuno, sono ingiuste secondo Allam, perché, quando la posta in gioco è la verità, questa va affermata anche se inopportuna. Se in una terra di democrazia e libertà come l'Europa, la verità va detta solo se non suscita reazioni e non urta la sensibilità altrui, noi non possiamo più essere noi stessi a casa nostra. Allam chiama questa forma di terrorismo islamico quello dei taglia-lingua, coloro cioè che ci fanno sopravvivere fisicamente, se diciamo ciò che ci consentono di dire e viviamo con la modalità da loro consentita. E' una forma di terrorismo più grave di quella dei taglia-gola che uccidono, perché, afferma Allam "in questo caso si muore una volta sola, mentre nel caso dei taglia-lingua si muore tutti i giorni".
Magdi Allam ha poi spiegato che nel Corano ci sono innumerevoli versetti che legittimano l'odio e la violenza verso i non musulmani e gli ebrei. E anche nella vita di Maometto, che era un guerriero, si trovano molti episodi di violenza. E' indicativo l'episodio del 628 d.C. in cui Maometto partecipò allo sgozzamento e alla decapitazione di 800 ebrei alle porte di Medina. Nel 2003 Abu Musab Al Zarqawi catturò un ebreo americano e nel filmato della sua decapitazione da lui registrato egli pronunciò queste parole: "Faccio a te ciò che Maometto fece agli ebrei". Questo fa capire quanto la storia di Maometto e il Corano legittimino le azioni degli estremisti islamici, dato che i musulmani stessi e la biografia ufficiale di Maometto riconoscono questi fatti storici come autentici.
Ecco perché Magdi Allam si è posto a un certo punto della sua vita la domanda sulle ragioni profonde dell'islam del quale ora dice: "La radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale". L'estremismo islamico che da sette anni lo minaccia di morte, dice di farlo nel nome del Corano.
Ciononostante Allam ritiene di dover tenere distinte la religione islamica dalle persone islamiche. Egli che è stato musulmano moderato per 50 anni ha spiegato che la moderazione si misura sulla base del rispetto per la persona, il riconoscimento dei diritti fondamentali, la condivisione dei valori non negoziabili come la fede nella sacralità della vita, nella dignità della persona come fulcro della società e nel riconoscimento della libertà personale di scelta. Non si possono, secondo Allam, trasferire automaticamente e in modo acritico i dogmi della religione alle persone che la professano, in quanto ogni persona ha una propria specificità che è sintesi di un percorso personale familiare, educativo, comunitario, economico oltre che religioso. Ma sarebbe un grave errore, di segno opposto, partire dall'amore verso i musulmani come persone, per poi arrivare alla legittimazione dell'islam come religione.
Magdi Allam, nei suoi innumerevoli interventi in convegni e conferenze che compie in tutta Italia, invita sempre e comunque alla prudenza nell'autorizzare la costruzione di nuove moschee in Italia, dato che anche nei paesi musulmani si nutrono preoccupazioni verso di esse. Le moschee, infatti, non sono solo un luogo di preghiera, come verrebbe di pensare comparandole con le nostre chiese, ma un luogo di aggregazione anche politico, dove si predica l'odio verso Israele e tutti i non musulmani.
In un mondo globalizzato per tutto ciò che riguarda i valori materiali, non c'è globalizzazione per quanto concerne i diritti fondamentali dell'uomo e i valori non negoziabili. Allam giudica l'Europa come un colosso di materialità che si vergogna delle proprie radici giudaiche-cristiane e che è incapace di dare soluzioni perché del tutto privo di spiritualità. Ecco perché il parlamento Europeo, dopo la sentenza della Corte Europea, è stato restio a intervenire nella questione dei crocifissi nelle scuole, ma ha ritenuto di dover intervenire a riguardo del referendum che in Svizzera ha bocciato la costruzione dei minareti.
Nel 2008 si è svolto a Bruxelles un convegno sul dialogo interreligioso organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso dove si trovava anche una delegazione di comunità islamiche di diversi paesi europei, compreso l'Italia. Nel documento conclusivo si afferma che i cristiani riconoscono a tutti (compresi i musulmani) il diritto alla libertà religiosa in Europa, mentre i musulmani si sono impegnati a rispettare la libertà religiosa in Europa. La reciprocità, che fino ad allora si intendeva come la libertà per i cristiani di professare la propria fede religiosa nei paesi musulmani e viceversa per i musulmani di professare la loro nei paesi cristiani, ora si è ridotta a chiedere il permesso ai musulmani di poter essere cristiani in terre cristiane.
Ecco i paradossi a cui si arriva quando un popolo come quello europeo perde di vista quello che diceva anche Robert Schuman, uno dei padri fondatori della Comunità Europea: "O l'Europa sarà cristiana o non ci sarà l'Europa". L'unica cosa che da sempre ha accomunato tutti i paesi europei è la cultura cristiana e se questo mezzo di unità verrà a mancare, qualunque altra cultura riuscirà a riempire il vuoto culturale lasciato.
Magdi Cristiano Allam ha concluso il suo intervento dicendo che c'è bisogno di testimoni capaci di essere pienamente se stessi, per affermare la verità che si trova solo in Gesù Cristo, la libertà, l'importanza della fede mai in contrasto con la ragione, i valori e le regole. Ha quindi ringraziato il Timone, rivista mensile di Apologetica, per l'opera che svolge come preziosa testimonianza a difesa delle radici cristiane e della fede cattolica.
Il prossimo appuntamento organizzato dal Centro Culturale "Amici del Timone" a Staggia Senese sarà il 2° Giorno del Timone della Toscana previsto per sabato 18 settembre con la partecipazione straordinaria di Massimo Introvigne e Antonino Zichichi.

Fonte: Amici del Timone di Staggia Senese, 14 giugno 2010

8 - GLI ANTIDOTI DI RINO CAMMILLERI CONTRO I VELENI DELLA CULTURA CONTEMPORANEA
Cristianofobia, eutanasia, multiculturale, pedofilia, sacerdozio, ecc.
Autore: Maurizio Schoepflin - Fonte: Avvenire, 9 giugno 2010

Da aborto a zarismo, passando attraverso cristianofobia, eutanasia, multiculturale, pedofilia, sacerdozio e molte altre voci ancora: ecco la raccolta degli antidoti proposti da Rino Cammilleri per non rimanere avvelenati dalla cultura e dalla mentalità contemporanee. Un ricettario composto volutamente alla luce della scorrettezza politica, come è nello stile dell’autore siciliano, che, ormai da tempo, ha fatto del politically correct il suo bersaglio preferito, considerandolo un atteggiamento mentale tanto pericoloso e pervasivo da non aver risparmiato neppure alcune zone della cattolicità, in vari casi diventata, agli occhi di Cammilleri, sin troppo timida ed esitante di fronte all’aggressività del mondo contemporaneo, che spesso sembra considerare l’attacco alla fede cattolica e alla Chiesa di Roma il suo sport preferito. Che dire – scrive l’autore – della semi insurrezione scoppiata fra i parlamentari europei avvertiti con un’ e-mail che l’indomani sarebbe stata celebrata una Santa Messa?
Questi signori, abituati a essere informati in merito alle più disparate iniziative – «riunioni pro gay o incontri di letteratura mongola o concerti di musicisti andini» –, protestarono vivacemente perché considerarono 'immondizia' l’annuncio di una celebrazione eucaristica apparso sugli schermi dei loro computer. «Eh – chiosa Cammilleri –, più che un cappellano, da quelle parti, ci vorrebbe un esorcista». Ci sono poi le insegnanti di religione che preferiscono non far dire la Messa all’inizio dell’anno scolastico in orario mattutino e consigliano di spostarla al pomeriggio per non disturbare la sensibilità di chicchessia; e magari ciò avviene in una scuola molto scrupolosa nel rispettare le prescrizioni alimentari islamiche e completamente disattenta quando qualche genitore chiede di evitare di servire carne nei venerdì di quaresima. Le stoccate si susseguono pagina dopo pagina: per esempio, contro gli ortodossi che accusano i cattolici di fare proselitismo, ma anche contro i tanti preti cattolici che, incuranti di ogni buona norma, pronunciano omelie che, sfiorando i trenta minuti, occupano tre quarti della Messa.
Caratterizzati da estrema concisione, gli antidoti di Rino Cammilleri assomigliano a iniezioni che procurano un brevissimo dolore, ma assicurano una ben più lunga immunità. Li sconsigliamo vivamente a tutti coloro che preferiscono il quieto vivere alla verità, la quale molte volte risulta un po’ urticante.
Rino Cammilleri - ANTIDOTI, Contro i veleni della cultura contemporanea -Lindau - Pagine 204 - Euro 16,50

Fonte: Avvenire, 9 giugno 2010

9 - OMELIA PER LA XII DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 9,28-36)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 20 giugno 2010)

Meditando il Vangelo di oggi vediamo chiaramente quanto la gente aveva una idea sbagliata di Gesù. Alcuni pensavano che Gesù fosse stato Giovanni il Battista, altri Elia e, altri ancora, uno degli antichi profeti che era risorto. Le folle erano entusiaste di Gesù. Esse in Lui vedevano solo un grande taumaturgo, ovvero un operatore di prodigi, che avrebbe di certo beneficato tutti. Molto probabilmente tutte quelle persone si attendevano da Gesù solo benefici materiali e ne è prova che, dopo aver moltiplicato i pani e i pesci, lo volevano fare loro re. Ben pochi vedevano in Lui il vero Liberatore che avrebbe liberato il popolo, non tanto dall’odiato dominio straniero, ma dal dominio ben più temibile del peccato. Anche gli Apostoli non erano di molto differenti. Pietro, illuminato dall’alto, fece una bellissima professione di fede. Quando Gesù chiese agli Apostoli: «Ma voi, chi dite che io sia?», egli rispose prontamente: «Il Cristo di Dio» (Lc 9,20). Con questa risposta, Pietro riconosceva chiaramente Gesù come il Messia atteso da Israele. Sappiamo però dal Vangelo, soprattutto dall’evangelista Matteo (cf Mt 16,21-23), che Pietro stesso si scandalizzò sapendo che Gesù avrebbe dovuto molto soffrire. Egli si attendeva un Messia vittorioso e non certo mite e sofferente. Gli Apostoli giunsero un po’ per volta a questa consapevolezza. Fu soprattutto con la Pentecoste che essi compresero pienamente la grande lezione che Gesù impartì loro quel giorno quando chiese loro cosa pensavano di Lui. Gesù disse: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (Lc 9,22). Lezione senza dubbio dura che sconvolgeva le aspettative degli Apostoli. Gesù però non fa nulla per mitigare il suo discorso. Non cerca il plauso umano ma intende unicamente insegnare la verità. Subito dopo continua la sua lezione affermando: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Lc 9,23-24). Con queste due affermazioni Gesù insegnò agli Apostoli che la strada che conduce al Cielo è quella che passa attraverso la croce. Non vi può essere altro cammino. Gesù parla della necessità di prendere «ogni giorno» la propria croce. Ciò significa che, nella nostra vita, non mancheranno mai le prove da superare. Gesù non è venuto per toglierci la croce ma per insegnarci e aiutarci a portarla. Questa è la condizione necessaria per seguire Gesù. Egli percorre la via del Calvario, la via che conduce alla gloria della risurrezione: noi tutti dobbiamo ricalcare le sue orme. Domandiamoci ora chi è Gesù per noi e che cosa ci attendiamo noi da Lui. Se da Lui ci aspettiamo solo benefici materiali, la nostra fede è ancora immatura. Se, al contrario, speriamo da Lui la grazia di diventare migliori, di essere dei buoni cristiani che sanno portare la propria croce, allora diamo prova di aver fatto ormai molta strada. Dalla Redenzione operata da Gesù è scaturita la salvezza per il mondo intero. Già la prima lettura di oggi ce lo fa intravedere. Il Signore, per bocca del profeta Zaccaria, ci dice: «Guarderanno a me, colui che hanno trafitto» (12,10). Questa profezia riguarda chiaramente Gesù, il cui Cuore è stato trafitto sulla Croce dalla lancia di Longino. Quel Cuore trafitto è la «sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità» (12,13), continua la profezia. Il Cuore trafitto di Gesù è la sorgente della grazia. In questo mese di giugno, consacrato in modo particolare al Sacro Cuore di Gesù, accostiamoci a questa sorgente, avviciniamoci di più all’Eucaristia: solo così la nostra sete di verità e d’amore sarà appagata.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 20 giugno 2010)

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