BastaBugie n�38 del 11 luglio 2008
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IL CANDIDATO NERO PER GLI STATI UNITI BARACK OBAMA: NON SI DEVONO VIETARE LE UNIONI GAY
Il democratico contro il referendum della California per bandire le nozze omosessuali
Fonte: fonte non disponibile
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FAMIGLIA CRISTIANA CONTRO IL GOVERNO: ECCO L'INTERVISTA ALL'ARCIVESCOVO DI CROTONE
Monsignor Domenico Graziani non condivide la linea del settimanale paolino sulle impronte digitali: Il classico buonismo cattolico autolesionista. Io invece sono favorevole...
Fonte: fonte non disponibile
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PAZIENTE PRONTO PER DONARE GLI ORGANI SI RISVEGLIA IN SALA OPERATORIA
Fonte: fonte non disponibile
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LA MOSCHEA NON È UNA CHIESA MUSULMANA: TRA POCO UN DOCUMENTO DEI VESCOVI ITALIANI
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FUNERALI DEL COMUNISMO? MA I COMUNISTI SONO ANCORA VIVISSIMI!
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile
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ERESIA, UNA PAROLA CHE NON SI USA PIU': MA DAVVERO SONO SPARITI GLI ERETICI?
Autore: Andrea Galli - Fonte: fonte non disponibile
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INDIFFERENZA E SUPERFICIALITÀ VERSO L'IMMIGRAZIONE: QUANDO LO STATO NON FA LO STATO
Autore: Claudio Risè - Fonte: fonte non disponibile
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LA MESSA NEL VECCHIO RITO NEOCATECUMENALE È FUORI LEGGE
Autore: Sandro Magister - Fonte: fonte non disponibile
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ERMANNO LO STORPIO, IL MONACO DISABILE CHE SCRISSE LA SALVE REGINA
Autore: Patrizia Solari - Fonte:
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IL CANDIDATO NERO PER GLI STATI UNITI BARACK OBAMA: NON SI DEVONO VIETARE LE UNIONI GAY
Il democratico contro il referendum della California per bandire le nozze omosessuali
Fonte fonte non disponibile, 2 luglio 2008
Barack Obama ha dichiarato la propria opposizione alla proposta, al centro di un referendum che la California terrà a novembre, di inserire nella costituzione dello Stato un divieto ai matrimoni gay. Il candidato dei democratici alla Casa Bianca è sceso così in campo su un tema da cui fino a ora si era tenuto alla larga e che potrebbe essere tra quelli di maggior attrito nella sfida con John McCain per la presidenza. In una lettera inviata alla leader di un’organizzazione di gay e lesbiche californiane, Obama ha affermato di essere a favore dell’estensione «di diritti e benefici pienamente uguali alle coppie dello stesso sesso, sia sotto la legge statale che sotto quella federale». Per questo motivo, il senatore ha detto di opporsi «agli sforzi discriminatori e divisivi di fare emendamenti alla costituzione della California, a quella degli Stati Uniti o a quella di altri Stati». Il 4 novembre, in concomitanza con i voti per la Casa Bianca e il Congresso, la California si pronuncerà su un referendum che chiede di vietare le nozze gay, che hanno preso il via nello Stato da un paio di settimane, sulla scia di una sentenza della Corte suprema locale. McCain ha preso posizione da alcuni giorni a favore del referendum, mentre Obama fino a ora sosteneva di non voler interferire con le scelte dei singoli Stati in materia. I repubblicani hanno approfittato della presa di posizione di Obama per accusarlo di essere un voltagabbana. «Su tutti i temi – ha detto Rick Gorka, un portavoce di McCain – dipende da quale giorno è e che ore sono durante la giornata, e Obama ha una posizione diversa».
Fonte: fonte non disponibile, 2 luglio 2008
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FAMIGLIA CRISTIANA CONTRO IL GOVERNO: ECCO L'INTERVISTA ALL'ARCIVESCOVO DI CROTONE
Monsignor Domenico Graziani non condivide la linea del settimanale paolino sulle impronte digitali: Il classico buonismo cattolico autolesionista. Io invece sono favorevole...
Fonte fonte non disponibile, 2008-07-05
Nella Chiesa c’è anche chi invita a non drammatizzare sulla vicenda delle impronte digitali che il Governo vuole prendere ai bambini rom. Come si ricorderà, nei giorni scorsi il settimanale dei Paolini Famiglia Cristiana, che ha inaugurato una stagione di nuovo protagonismo con i suoi editoriali politici, aveva criticato duramente l’intenzione del Governo di procedere con l’identificazione anche attraverso le impronte digitali dei piccoli rom presenti in Italia. Perplessità erano state espresse pure dalla fondazione Migrantes della Cei. Ora l’arcivescovo di Crotone, Domenico Graziani, alla guida di una Diocesi fortemente interessata dal fenomeno immigrazione, prende le distanze dal settimanale cattolico. «In linea teorica, ma solo teorica, spiega l’arcivescovo, Famiglia Cristiana parla bene. Ma che ne sanno loro? Nel loro servizio partono dal classico buonismo cattolico autolesionista che alla fine premia giochi o interessi criminali molto più forti e presenti. Il parlare chiaro mi impone di dire - aggiunge il prelato - che da tempo la sinistra cavalca la tigre dell’immigrazione clandestina come strumento di lotta politica e non è giusto speculare su drammi tanto forti e penosi». Alla domanda se sia d’accordo con l’iniziativa dell’identificazione a mezzo delle impronte digitali, monsignor Graziani risponde: «Nel concreto, sono favorevole. Ho parlato a lungo con le forze di polizia, con il Prefetto e mi sono fatto un’idea chiara. Le impronte servono per dare un’identità a bimbi che spesso non la hanno. Non possedendo dati documentali si prestano al commercio degli organi, a delitti su commissione da parte di bande di adulti senza scrupoli. Insomma, tutti noi chiediamo collaborazione alla polizia e alle forze dell’ordine, quando qualcuno si muove come ha fatto il governo, ecco le critiche. È necessario dare un’identità a questi bimbi proprio nel loro interesse e per stroncare traffici criminali». Nell’intervista l’arcivescovo parla anche dell’immigrazione clandestina. «Intanto - precisa Graziani - non mi sembra giusto definire gli immigrati “clandestini”, vanno chiamati “irregolari”. Ovvio che compito dei cattolici e della Chiesa è quello della solidarietà e dell’accoglienza. Quello dell’immigrazione è un fenomeno disumano, un vero business per pochi delinquenti. Credo che il problema vada risolto con la collaborazione dei Paesi rivieraschi, anche se esprimo la mia solidarietà alle forze di polizia. L’esodo ormai è una isteria di massa e produce guadagni spaventosi per pochissimi. Ne parlo con competenza di causa. Nella mia diocesi esiste un Centro di temporanea accoglienza divenuto ormai ingestibile e lancio l’allarme: è una vera bomba ad orologeria». Quanto alle iniziative concrete da prendere, il prelato conclude: «Bisogna coniugare solidarietà e accoglienza, ma ridurre al minimo i tempi di permanenza. Impopolare ma è cosi. Poi scattino i provvedimenti».
Fonte: fonte non disponibile, 2008-07-05
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PAZIENTE PRONTO PER DONARE GLI ORGANI SI RISVEGLIA IN SALA OPERATORIA
Fonte fonte non disponibile, 11 giugno 2008
Un donatore di organi si risveglia in sala operatoria poco prima che i medici procedano all’espianto: è quanto è successo all’inizio del 2008, a Parigi, ad un uomo di 45 anni che, colpito da un infarto del miocardio, dopo tutti i tentativi dei medici di rianimarlo, anche durante il trasporto in ambulanza, giunto in ospedale “a cuore fermo” è stato dichiarato un potenziale donatore di organi in quanto non cerebralmente morto ma non più rianimabile. Nell’attesa dell’arrivo dei chirurghi che dovevano operare su di lui per l’espianto, i quali tardavano, i colleghi hanno continuato le pratiche di rianimazione per un’ora e mezza, salvandogli inconsapevolmente la vita. Infatti il paziente, trasportato in sala operatoria all’arrivo dei chirurghi e preparato per l’operazione, ha ripreso a respirare ed ha cominciato a reagire agli stimoli dolorosi. Questo grazie al ritardo dell’operazione e quindi ad un massaggio cardiaco prolungato oltre i tempi consueti. I medici interpellati in proposito hanno affermato: «Pazienti dichiarati morti, che sopravvivono a manovre di rianimazione protratte ben oltre i tempi ragionevoli, sono da considerarsi eccezionali, ma possibili»
Fonte: fonte non disponibile, 11 giugno 2008
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LA MOSCHEA NON È UNA CHIESA MUSULMANA: TRA POCO UN DOCUMENTO DEI VESCOVI ITALIANI
Fonte fonte non disponibile, 3 luglio 2008
I vescovi italiani annunciano un documento sulla costruzione delle moschee in Italia. Chiese e parrocchie in Italia ben volentieri ospitano i riti degli ortodossi, confessione che oggi, nel nostro Paese, e' seconda per numero di presenze a quella cattolica. Ma la stessa disponibilita' non puo' essere utilizzata verso le comunita' musulmane, pur con tutto il rispetto che nutrono verso le loro esigenze di culto. Infatti in base alle consuetudini dell'Islam, quando un terreno viene utilizzato per la preghiera dei fedeli di Maometto, non e' piu' disponibile per altre religioni. ''Quando un parroco presta i locali della parrocchia deve sapere che in quel momento aliena quello spazio alla religione cattolica e lo affida per sempre all'Islam'', ha affermato mons. Giuseppe Betori, segretario generale della Cei, ricordando che ''le moschee non sono un luogo di culto, ma luoghi di preghiera e di formazione''. Per questo, la Conferenza Episcopale Italiana ha deciso di elaborare un documento per definire la posizione della Chiesa cattolica sulla questione della costruzione delle moschee in Italia. Sono sopratutto due i motivi per cui locali parrocchiali non possono essere dati a musulmani: "per il diritto e la visione religiosa islamica, lo spazio in cui prega la comunità musulmana diviene automaticamente di sua esclusiva pertinenza e possesso. Inoltre una risposta positiva rischia di venire letta come un atto di debolezza da parte dei cristiani e come un'evidente affermazione e prova della superiorità dell'islam sulle altre religioni". L'arcivescovo di Smirne (Turchia) ha esortato i vescovi a non concedere ai musulmani una chiesa cattolica per il loro culto, perchè questo ai loro occhi risulterebbe la prova più certa di apostasia. Samil Khalil Samir, gesuita, egiziano, docente alla Saint Joseph University di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, uno dei massimi esperti del mondo musulmano in campo cattolico, in una intervista al quotidiano Avvenire ha dichiarato: "Bisogna chiarire un equivoco che vedo molto diffuso anche da voi in Italia: la moschea non è una “chiesa musulmana”. Per il musulmano è molto di più che un luogo di culto, è un ambito di aggregazione sociale, di rafforzamento della comune identità, di giudizio sulla società e di rivisitazione di quanto accade alla luce del Corano, spesso anche di trasmissione di parole d’ordine di tipo politico. Studiando la storia dell’islam s’impara che nella moschea sono state prese importanti decisioni o sono partite alcune rivolte contro le autorità, e non è un caso che in molti Paesi le moschee vengano presidiate dalle forze dell’ordine in occasione della preghiera del venerdì. Né va dimenticato che secondo il pensiero islamico un luogo reso sacro non si può più sconsacrare: in Egitto è accaduto che gruppi di fondamentalisti si siano recati di buon mattino su alcuni terreni della Chiesa copta, abbiano steso il tappeto e pregato, rendendo di fatto impossibile l’edificazione di una chiesa su quell’area che con il loro gesto era stata resa sacra all’islam. Per questo un gesto che, magari in buona fede, è mosso dalla solidarietà o dall’altruismo, viene vissuto da parte musulmana come resa, tradimento, implicita ammissione della loro superiorità, ingenerando pericolosi equivoci” In Italia un documento episcopale serio su Islam e Cristianesimo già c'era, ed era stato elaborato nel 2000 dalla Conferenza Episcopale della Emilia Romagna. Nella introduzione ricordano anche le più evidenti incompatibilità a livello della convivenza civile: il diritto familiare islamico, la concezione della donna, la poligamia, l’identificazione della religione con la politica, ecc.
Fonte: fonte non disponibile, 3 luglio 2008
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FUNERALI DEL COMUNISMO? MA I COMUNISTI SONO ANCORA VIVISSIMI!
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: fonte non disponibile, 02-07-2008
Fra le tante cose che quotidianamente ricevo via internet mi è arrivato uno spiritosissimo necrologio che invita ai funerali del comunismo, espulso dal parlamento italiano dopo sessant’anni. Purtroppo, finito di sorridere, ho pensato che se il comunismo è morto i comunisti sono ancora vivissimi e l’esperienza insegna che sono sempre stati capaci di risorgere come la fenice. Con altro nome, con altre bandiere, con altri colori, addirittura con altra ideologia (sì, perché il marx-leninismo non è mai stato un’ideologia dai contorni definiti, bensì una perfetta dottrina per prendere il potere e non lasciarlo mai più). Ma liberarsene è praticamente impossibile, a meno di un miracolo (il crollo dell’Urss, infatti, si deve alla finalmente eseguita consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, così come chiesto dalla Vergine a Fatima). La differenza tra i comunisti e tutti gli altri sta nel fatto che i comunisti vivono religiosamente la loro fede, cosa che li rende disposti a tutto, anche al sacrificio personale (oltre a quello altrui, naturalmente). E’, la loro, una «religione politica», come l’islam. Ma atea, perciò il loro paradiso deve essere raggiunto qui, in questo mondo. Per tutti gli altri, cattolici compresi, la politica è solo una delle tante vie al benessere, magari un lavoro. Ma non è tutto. Perfino per gli islamici fondamentalisti la politica non è che un mezzo per sottomettere ogni cosa ad Allah, ma Allah rimane più importante della politica. Non così per i comunisti, che non hanno altro dio che la politica. Per questo sono più bravi di tutti gli altri. Ed è per questo che la “politica della mano tesa”, che l’attuale governo sembra tanto ansioso di inaugurare con l’opposizione, è per esso solo l’inizio del suicidio.
Fonte: fonte non disponibile, 02-07-2008
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ERESIA, UNA PAROLA CHE NON SI USA PIU': MA DAVVERO SONO SPARITI GLI ERETICI?
Autore: Andrea Galli - Fonte: fonte non disponibile, giugno 2008
La parola "eresia" è scomparsa dal vocabolario della predicazione cristiana. Con gravissimi danni: minore vigilanza sugli errori dottrinali e scarsa attitudine a contrastarli. Ma la vera carità intellettuale è innanzitutto amore per la Verità. Che va promossa ma anche difesa. «Ma l'ha letto l'ultimo libro di Mancuso? Io l'ho trovato splendido. Una lettura che bisognerebbe consigliare a tutti. Lì si capisce come la fede può, anzi deve dialogare con la scienza». Così, in un colloquio di fine gennaio, un insigne uomo di scienza cattolico, e invitato di tanto in tanto come conferenziere in consessi cattolici di alto livello, mentre si discuteva di altro comunicava al suo interlocutore, il sottoscritto, l'entusiasmo per l'ultimo acquisto librario: L'anima e il suo destino (Raffaello Cortina editore), il bestseller, appunto, di Vito Mancuso, docente di Teologia moderna e contemporanea presso la Facoltà di filosofia dell'Università San Raffaele di Milano. Non era troppo difficile controbattere su due piedi a tale fregola. Non serviva nemmeno una puntuale recensione come quella di padre Corrado Marucci - che sarebbe uscita di lì a pochi giorni sulla Civiltà Cattolica - per capire come il teologo milanese neghi alla radice, tra le altre cose, la creazione dell'anima direttamente da parte di Dio, il peccato originale, la distinzione tra spirito e materia, la resurrezione dei corpi, il purgatorio, l'eternità dell'inferno. Cioè, in sostanza, come liquidi la fede cattolica a favore di un personale impasto di «neoplatonismo, gnosticismo razionalista e scientismo» (Marucci). Bastava leggere il libro. Ma l'insigne scienziato, posta una certa superficialità in campo dottrinale, aveva in fondo delle attenuanti. Non è forse preceduto, il libro di Mancuso, da un'autorevole e calorosa, per quanto prudente, prefazione cardinalizia? E non è stato Mancuso, per alcuni anni, stimato come una promessa della teologia italiana, dopo aver già dato ampi segnali di una eterodossia di fondo? Attenuanti che si potrebbero estendere anche ai numerosi autori citati e presi a riferimento dal teologo milanese. Uno fra tutti, il gesuita e paleontologo francese Pierre Teilhard de Chardin, che, si sa, piace molto agli scienziati, oltre che alla solita intellettualità cattolica, la quale ama citarlo come esempio di pensatore in anticipo sui tempi, capace di coniugare fides et ratio e di profetizzare una "apertura della Chiesa al mondo" già ad inizio '900, nel pieno della polemica antimodernista. Mancuso ha un forte debito speculativo nei confronti di Teilhard (evidente anche ne L'anima e il suo destino) e al pensatore francese ha voluto rendere recentemente un piccolo ma significativo omaggio: gli ha dedicato l'ultima di una serie di lezioni radiofoniche tenute su Radio 3, durante il pomeriggio del Venerdì Santo. Alla fine di quella puntata, mentre Benedetto XVI officiava in San Pietro la liturgia della Passione del Signore, Mancuso leggeva un passo tratto da uno degli scritti più famosi di Teilhard: La Messe sur le monde, la Messa sul mondo. Scritto che molti anni or sono un valente teologo come Dom Georges Frénaud, monaco di Solesmes, commentava così: «In questa prospettiva semi-naturalistica del Mistero... il padre Teilhard arriva a incatenare tutti i misteri della fede con un legame di necessità in cui non si scorge più il posto per una libertà divina... Ma questa Cristologia rinnovata resta però quella della fede? Resta l'andamento amoroso e perfettamente gratuito di un Dio ricco di misericordia che si fa uomo per strapparci dall'abisso del peccato? Non è forse una nuova forma di gnosi, uno di quei molteplici tentativi sempre vani di razionalizzare il contenuto della fede e di farcelo penetrare non attraverso i principi primi della metafisica, ma, ciò che è peggio, attraverso i soli procedimenti delle scienze fisiche e naturali?». Queste considerazioni, che si potrebbero riferire in buona parte anche al Mancuso-pensiero, erano contenute in una disamina assai precisa, per quanto sintetica, della teologia e filosofia del gesuita francese, Gli errori di Teilhard de Chardin (Edizioni dell'Albero, 1963). Testo, però, reperibile oggi solamente fra gli scaffali polverosi di qualche biblioteca ecclesiastica. Finito nel dimenticatoio, insomma, come del resto è capitato a un documento ben più autorevole e importante: il monito del Sant'Uffizio, pubblicato il 30 giugno 1962, che invitava i vescovi, i superiori degli istituti religiosi, i rettori dei seminari e i presidi o rettori delle università (cattoliche si intende) a mettere in guardia i fedeli, soprattutto giovani, contro i pericoli derivanti dalle ambiguità e dagli errori filosofico-teologici contenuti nelle opere del padre Teilhard de Chardin. Monito mai "ritrattato" e da considerarsi, perciò, tuttora valido. I motivi che potevano, e possono indurre a inciampare in un testo pur palesemente eterodosso come L'anima e il suo destino sono quindi diversi: apertura di credito all'autore - se non vera e propria sponsorizzazione - fino a ieri da parte di personalità di rilievo del mondo ecclesiale; mancanza di analisi critiche della sua produzione precedente, da parte di chi era deputato a vagliarne l'ortodossia; e, più a monte, mancanza di rigorosi giudizi sull'opera, o singoli e problematici aspetti di essa, di autori a cui Mancuso si appoggia e a cui spesso rimanda: accanto al nome di Teilhard de Chardin si possono aggiungere, per esempio, quelli di Simone Weil, Dietrich Bonhoeffer e anche Hans Urs von Balthasar. Il caso Mancuso, per la sua portata e la sua chiarezza, può essere quindi lo spunto per meditare non solo, in generale, sulla diffusa confusione dottrinale, ai più svariati livelli, che resta una delle sfide più urgenti per la Chiesa di oggi. Ma per riflettere, più nello specifico, sulle conseguenze che ha avuto lo smarrimento, anche solo lessicale, di una categoria da sempre importantissima nella storia della Chiesa: quella di eresia. La parola, usatissima nel passato e ininterrottamente, dall'inizio della Chiesa fino alla metà del secolo scorso, è come scomparsa dal vocabolario della predicazione cristiana. Per motivi soprattutto psicologici, si può dire: per essersi essa caricata di connotazioni negative, derivanti dalla storia, che hanno profondamente segnato la sensibilità collettiva, tanto da lasciarvi un'istintiva diffidenza, se non repulsione nei suoi riguardi. E tuttavia, questa rimozione, seppur comprensibile per certi aspetti, ha avuto ripercussioni negative e pesanti: un affievolirsi generalizzato della vigilanza per quanto riguarda gli errori dottrinali, e una assai minore attitudine a contrastarli, a esercitare quella carità intellettuale che è innanzitutto amore per la Verità rivelata dal Signore e per il Magistero della Chiesa. Al problema ha recentemente dedicato un profondo e coraggioso studio - La questione dell'eresia oggi (Viverein edizioni) un domenicano di vaglia, Giovanni Cavalcoli, mettendo in luce il fondamento biblico - dall'Antico Testamento all'Apocalisse - della categoria di eresia, la sua importanza per i Padri della Chiesa e tutti i grandi Santi e la necessità di un suo urgente quanto equilibrato recupero per la difesa della Chiesa e il bene delle anime. Soprattutto le più indifese. Scrive Cavalcoli: «Ciascuno ha il dovere di curare la propria salute, di guardarsi da quanto gli può nuocere, di curare o provvedere alla salute di persone eventualmente affidate alle nostre cure, di procurare un medico a chi ne ha bisogno o di sollecitare il medico a prendersi cura di chi sta male. Quello che vale per la salute del corpo, vale analogamente e ancor più per la salute dell'anima». Compito ingrato, spesso, ma doveroso: «Soffrire e preoccuparsi per il diffondersi delle eresie, domandarsi angosciati con S. Domenico: "Che ne sarà dei peccatori?", esercitarsi nel discernerle, prepararsi a combatterle, sopportare freddezza e incomprensioni in questa fatica da parte degli stessi fratelli di fede, può certo apparire pesante e forse un lottare contro i mulini a vento, e invece ci fa sentire più che mai nel cuore della Chiesa e vicino al cuore di Cristo, sofferenti per le deviazioni di coloro che dovrebbero essere luce del mondo e, se pastori, tenere il lupo lontano dal gregge».
Fonte: fonte non disponibile, giugno 2008
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INDIFFERENZA E SUPERFICIALITÀ VERSO L'IMMIGRAZIONE: QUANDO LO STATO NON FA LO STATO
Autore: Claudio Risè - Fonte: fonte non disponibile, 22 maggio 2008
La menzogna dello Stato prepara la barbarie di domani. L'indifferenza e superficialità verso l'immigrazione, spacciata dallo Stato italiano per accoglienza e apertura, ha creato l'habitat ottimale per i raid anti immigrati di questi giorni a Ponticelli (Napoli), che domani potrebbero moltiplicarsi altrove. Far finta di niente e non proporre regole, da parte di chi ha per funzione l'attenzione e l'offerta di norme, come appunto lo Stato (o i genitori), tradisce la propria ragione di essere e abbandona gli altri che gli sono affidati. Nella vicenda dell'immigrazione, il non dare regole e il non applicarle ha tradito sia i cittadini dello Stato sia i migranti che vi si sono installati, al di fuori di norme, possibilità di vita e servizi adeguati alla loro sopravvivenza e convivenza con i cittadini residenti. La giovane rom che cerca di rubare la neonata mentre la madre è impegnata nelle faccende, scatenando così la reazione devastante degli abitanti di Ponticelli che cercano di cacciare gli immigrati col fuoco, illustra certo le tenebre che avvolgono (forse per buona parte della vita) il cuore dell'uomo. Ma è proprio per ridurre questa tenebra del cuore e delle menti e per far spazio alle possibilità di vita e di convivenza il più possibile civile, che nasce quell'ingombrante e costosa entità che è lo Stato. Il quale poi muore, nella sua legittimazione e nelle sue ragioni, quando un ministro (come Giuseppe Fioroni) denuncia un Comune (come quello di Milano) per non aver dato la precedenza nelle scuole ai figli di persone che non dovevano trovarsi sul suo territorio, gli immigrati clandestini. Un episodio tra mille, ma significativo di uno stile di menzogna e di violazione del diritto (sul quale lo Stato si fonda) che, nella storia, ha poi sempre prodotto violenza e imbarbarimento. La paura, il timore di non essere liberi perché l'altro, l'“irregolare”, ti può rubare il bambino o stuprare i figli, è un sentimento ancestrale, profondissimo, che quando viene risvegliato può avere le conseguenze devastanti che stiamo vedendo. Lo Stato viene costituito proprio per tenere sopiti quei sentimenti e quelle pulsioni, garantendo libertà e sicurezza. Certo che sugli “irregolari” vengono “proiettati” anche aspetti terrificanti della psiche di chi li attacca. Certo che il ragazzo di borgata che, volteggiando col motorino, lancia la molotov contro le baracche non è meglio dei loro abitanti. Anzi, in questo momento, è certamente peggiore, perché si sente in una posizione di forza e cerca di approfittarne, senza amore e senza pietà. Ma è proprio perché questo si sapeva già da prima che gli immigrati arrivassero, che i loro insediamenti andavano accuratamente monitorati misurandoli con la capacità di accoglimento del territorio. La demagogia, in politica, è essa stessa un atto di delinquenza, perché facendo mancare le condizioni per la libertà e la sicurezza all'interno della comunità fa uscire i lati peggiori di tutti, dei cittadini e dei migranti. Ministri e deputati che nulla rischiavano se non il posto (abbandonato poi del resto con lautissime rendite e pensioni) hanno distrutto per vanità e demagogia intere comunità. Ricordiamocelo, perché non si ripeta.
Fonte: fonte non disponibile, 22 maggio 2008
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LA MESSA NEL VECCHIO RITO NEOCATECUMENALE È FUORI LEGGE
Autore: Sandro Magister - Fonte: fonte non disponibile
Lo stabilisce il nuovo statuto delle comunità fondate da Kiko, imposto dalle autorità vaticane. È proibito fare la comunione seduti a tavola. Sono vietate anche le omelie dialogate. Il Cammino Neocatecumenale ha un nuovo e definitivo statuto. È stato approvato dalle autorità vaticane lo scorso 11 maggio, festa di Pentecoste, ed è stato ufficialmente consegnato dieci giorni fa dal cardinale Stanislaw Rylko, presidente del pontificio consiglio per i laici, all'équipe responsabile internazionale del Cammino, composta da Francisco José (Kiko) Gómez Argüello, Carmen Hernández e don Mario Pezzi. Il precedente statuto, datato 29 giugno 2002, era sperimentale e aveva una validità di cinque anni. Era quindi scaduto da quasi un anno quando il nuovo è stato approvato. Il motivo di questo ritardo lo si intuisce confrontando i due testi. Soprattutto all'articolo 13, dove le variazioni sono più evidenti. L'articolo 13 riguarda la celebrazione della messa. Che per i neocatecumenali è sempre stata la causa di più forte contrasto con l'insieme della Chiesa cattolica. Anzitutto per i tempi e i luoghi delle celebrazioni. I neocatecumenali usano celebrare le loro messe non la domenica ma il sabato sera, in piccoli gruppi, separati dall'insieme della comunità parrocchiale. E poiché ciascun gruppo neocatecumenale corrisponde a un particolare stadio del Cammino, ciascun gruppo ha la sua messa, in locali diversi. Poi per le modalità della celebrazione. I neocatecumenali usano celebrare la messa in forma di convito, attorno a una grande mensa quadrata, facendo la comunione seduti. Inoltre, in aggiunta all'omelia, danno largo spazio ai commenti spontanei dei presenti. Così, almeno, facevano fino a poco tempo fa. E in parte continuano a fare. Il 1 dicembre 2005 il cardinale Francis Arinze, prefetto della congregazione per il culto divino, li richiamò per lettera, a nome del Papa, a un'osservanza fedele delle regole liturgiche. E il successivo 12 gennaio Benedetto XVI in persona li esortò ad ubbidire. Ma di fatto questo doppio richiamo cadde quasi ovunque nel vuoto. Il 22 febbraio 2007, in un'udienza al clero di Roma, Benedetto XVI fece loro capire che i nuovi statuti non sarebbero stati approvati, se non avessero obbedito ai richiami. E alla fine le pressioni hanno avuto effetto. Il nuovo statuto approvato lo scorso 11 maggio obbliga i neocatecumenali a celebrare la messa seguendo le regole liturgiche generali del rito romano. La comunione dovranno riceverla in piedi. L'omelia non potrà più essere sostituita da una pluralità di interventi. Le loro messe del sabato sera saranno "parte della pastorale liturgica domenicale della parrocchia" e saranno "aperte anche ad altri fedeli". Uniche concessioni: la comunione potranno riceverla "restando al proprio posto" e il segno della pace potranno scambiarlo prima dell'offertorio invece che prima della comunione. Ma va notato che quest'ultima collocazione c'è già nel rito ambrosiano in uso nell'arcidiocesi di Milano. E in un prossimo futuro potrebbe entrare in uso anche nel rito romano, stando a ciò che ha fatto presagire lo stesso Benedetto XVI nell'esortazione postsinodale sull'Eucaristia "Sacramentum Caritatis". A norma del nuovo statuto, tutte le comunità neocatecumenali del mondo dovrebbero attenersi già oggi alle nuove regole, nel celebrare la messa. Il Cammino Neocatecumenale, nato in Spagna nel 1964, dichiara di essere presente in 107 paesi dei cinque continenti, con 19 mila comunità in 5.700 parrocchie di 1.200 diocesi. Nell'insieme, i suoi membri sono circa mezzo milione. Ha 60 seminari "Redemptoris Mater" in tutto il mondo. In Italia è attivo dal 1968 e conta 4.500 comunità in 200 diocesi, con circa 100 mila membri. Dopo il nuovo statuto, dovrebbero presto essere pubblicati anche gli "Orientamenti alle équipes dei catechisti", cioè i testi-guida dei fondatori Kiko e Carmen. Lungamente esaminati dalle autorità vaticane, usciranno in edizione corretta. Ecco qui di seguito il vecchio e il nuovo statuto a confronto, nell'articolo – con le relative note – che riguarda la celebrazione dell'Eucaristia: L'Eucaristia nel vecchio statuto del 2002... (le maiuscole sono a cura della redazione di BASTABUGIE) ART. 13 § 1. L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato postbattesimale, vissuto in piccola comunità (46). L’Eucaristia infatti completa l’iniziazione cristiana (47). § 2. I neocatecumeni celebrano l’Eucaristia nella piccola comunità per essere iniziati gradualmente alla piena, consapevole e attiva partecipazione ai divini misteri (48), anche secondo l’esempio di Cristo, che nella moltiplicazione dei pani fece sedere gli uomini "in gruppi di cinquanta" (Lc 9,14). Tale consuetudine, consolidata nella prassi ultra trentennale del Cammino, è feconda di frutti (49). § 3. In considerazione anche "di specifiche esigenze formative e pastorali, tenendo conto del bene di singoli o di gruppi, e specialmente dei frutti che possono derivarne all’intera comunità cristiana" (50), la piccola comunità neocatecumenale (51), con l’autorizzazione del Vescovo diocesano, celebra l’Eucaristia domenicale (52), aperta anche ad altri fedeli, dopo i primi vespri. § 4. Ogni celebrazione dell’Eucaristia è preparata, QUANDO POSSIBILE sotto la guida del Presbitero, da un gruppo della comunità neocatecumenale, a turno, che prepara brevi monizioni alle letture, sceglie i canti, provvede il pane, il vino, i fiori, e cura il decoro e la dignità dei segni liturgici. NOTE (46) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Epist. Ogniqualvolta, 30 agosto 1990: AAS 82 (1990) 1515: "Sono l’annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa"; IDEM, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: "Tutto ciò viene attuato in piccole comunità, nelle quali 'la riflessione sulla parola di Dio e la partecipazione all’Eucaristia... formano cellule vive della Chiesa, rinnovano la vitalità della Parrocchia mediante cristiani maturi capaci di testimoniare la verità con una fede radicalmente vissuta' (Messaggio ai Vescovi d’Europa riuniti a Vienna, 12 aprile 1993)". (47) Cfr. OICA [Ordo Initiationis Christianae Adultorum], 36, 368. (48) Cfr. CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 48; CONGREGAZIONE PER IL CLERO, Direttorio generale per la Catechesi, 85; S. LEONE MAGNO, Sermo 12, De passione: "La nostra partecipazione al corpo e al sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati". (49) In questo modo si viene incontro alle esigenze dell’uomo contemporaneo: si valorizza la domenica, evitando la dispersione propria del week end, si strappano i giovani dalle discoteche del sabato sera e dalla droga, si dà alla famiglia la possibilità di essere unita di domenica in una liturgia domestica – momento privilegiato nella trasmissione della fede ai figli – e si permette ai fratelli più formati di aiutare ad animare le messe domenicali parrocchiali; ma soprattutto l’intensità della partecipazione della piccola comunità alla sacra Eucaristia stimola e sorregge il cambiamento morale e il sorgere di molteplici vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa e missionaria. (50) GIOVANNI PAOLO II, Lett. apost. Dies Domini, 36; cfr. SACRA CONGREGAZIONE PER IL CULTO DIVINO, Instr. Actio Pastoralis de Missis pro coetibus particularibus: "Si esortano vivamente i pastori d’anime a voler considerare e approfondire il valore spirituale e formativo di queste celebrazioni". (51) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: "La vostra ormai pluriennale esperienza nel Cammino vi avrà certo insegnato che la piccola comunità, sostenuta dalla Parola di Dio e dall’Eucaristia domenicale, diventa luogo di comunione". (52) Cfr. Notificazione della Congregazione per il Culto Divino sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988: "La congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato Cammino possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, 'ad experimentum', il rito della pace dopo la preghiera universale". Seguendo quanto indicato nella Istruzione Ecclesia de mysterio (art. 3, § 3), PER PREPARARE L’ASSEMBLEA A MEGLIO ACCOGLIERE L’OMELIA, IL PRESBITERO, CON PRUDENZA, PUÒ DARE LA POSSIBILITÀ A QUALCUNO TRA I PRESENTI DI ESPRIMERE BREVEMENTE CIÒ CHE LA PAROLA PROCLAMATA HA DETTO ALLA SUA VITA. ... e nel nuovo statuto del 2008 ART. 13 § 1. L’Eucaristia è essenziale al Neocatecumenato, in quanto catecumenato post-battesimale, vissuto in piccola comunità (47). L’Eucaristia infatti completa l’iniziazione cristiana (48). § 2. I neocatecumeni celebrano l’Eucaristia domenicale nella piccola comunità, dopo i primi vespri della Domenica. Tale celebrazione ha luogo SECONDO LE DISPOSIZIONI DEL VESCOVO DIOCESANO. Le celebrazioni dell'Eucaristia delle comunità neocatecumenali al sabato sera FANNO PARTE DELLA PASTORALE LITURGICA DOMENICALE DELLA PARROCCHIA e sono aperte anche ad altri fedeli. § 3. Nella celebrazione dell'Eucaristia nelle piccole comunità SI SEGUONO I LIBRI LITURGICI APPROVATI DAL RITO ROMANO, fatta eccezione per le concessioni esplicite della Santa Sede (49). Per quanto concerne la distribuzione della Santa Comunione sotto le due specie, I NEOCATECUMENI LA RICEVONO IN PIEDI, restando al proprio posto. § 4. La celebrazione dell’Eucaristia nella piccola comunità è preparata SOTTO LA GUIDA DEL PRESBITERO, da un gruppo della comunità neocatecumenale, a turno, che prepara brevi monizioni alle letture, sceglie i canti, provvede il pane, il vino, i fiori, e cura il decoro e la dignità dei segni liturgici. NOTE (47) Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Epist. Ogniqualvolta, 30 agosto 1990: AAS 82 (1990) 1515: "Sono l’annuncio del Vangelo, la testimonianza in piccole comunità e la celebrazione eucaristica in gruppi (cfr. Notificazione sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale in L’Oss. Rom., 24 dicembre 1988) che permettono ai membri di porsi al servizio del rinnovamento della Chiesa"; IDEM, Discorso a 350 catechisti itineranti del Cammino Neocatecumenale, in L’Oss. Rom., 18 gennaio 1994: "Tutto ciò viene attuato in piccole comunità, nelle quali 'la riflessione sulla parola di Dio e la partecipazione all’Eucaristia... formano cellule vive della Chiesa, rinnovano la vitalità della Parrocchia mediante cristiani maturi capaci di testimoniare la verità con una fede radicalmente vissuta' (Messaggio ai Vescovi d’Europa riuniti a Vienna, 12 aprile 1993)". (48) Cfr. OICA [Ordo Initiationis Christianae Adultorum], 36, 368. (49) Cfr. Benedetto XVI, Discorso alle Comunità del Cammino Neocatecumenale del 12 gennaio 2006: Notitiae 41 (2005) 554-556; Congregazione per il Culto Divino, Lettera del 1 dicembre 2005: Notitiae 41 (2005) 563-565; Notificazione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sulle celebrazioni nei gruppi del Cammino Neocatecumenale, in L’Osservatore Romano, 24 dicembre 1988: "La congregazione consente che tra gli adattamenti previsti dall’istruzione Actio pastoralis, nn. 6-11, i gruppi del menzionato Cammino possano ricevere la comunione sotto le due specie, sempre con pane azzimo, e spostare, 'ad experimentum', il rito della pace dopo la Preghiera universale".
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ERMANNO LO STORPIO, IL MONACO DISABILE CHE SCRISSE LA SALVE REGINA
Autore: Patrizia Solari - Fonte:
Scorrendo un calendario in tedesco, mi imbatto, il 24 di settembre, in Hermann der Lahme, Ermanno lo storpio, che non penso molti conoscano. E' un monaco vissuto nella prima metà dell'XI secolo nel monastero di Reichenau, sul lago di Costanza, quasi certamente compositore del Salve Regina, e penso che sia bello offrire all'attenzione dei lettori questa figura che ci insegna come il dolore non sia necessariamente infelicità. Vediamo perché... "Il 18 luglio dell'anno 1013 Eltrude, sposa di Goffredo, conte di Altshausen in Svevia, diede alla luce un figlio maschio. Gli sposi appartenevano entrambi a nobilissime famiglie e nomi di gentiluomini, di crociati e di alti prelati si ripetono continuamente nei loro alberi genealogici. Eppure di nessuno di costoro si è serbata durevole memoria, salvo che del piccolo essere che venne al mondo orribilmente deforme. Fu soprannominato 'il Rattrappito', tanto era storto e contratto: non poteva star ritto, tanto meno camminare; stentava perfino a star seduto nella sedia che era stata fatta appositamente per lui; le sue dita stesse erano troppo deboli e rattratte per scrivere; le labbra e il palato erano deformati al punto che le sue parole uscivano stentate e difficili ad intendersi." Questo è l'inizio della storia, che evidentemente mi colpì molto quando, alla fine degli anni sessanta, ci fu proposta come riflessione in una vacanza di studio. Ma ancora di più, il seguito suscita stupore. "In un mondo pagano egli sarebbe stato, senza esitazione di sorta, lasciato morire all'atto stesso della nascita. I pagani d'oggi, soprattutto quando si dica loro che il piccolo Ermanno era uno dei quindici figli, dichiareranno che non avrebbe mai dovuto nascere; se poi diventano ancor più razionali, affermeranno che un simile aborto avrebbe dovuto essere eliminato senza dolore. E lo ripeterebbero con calore ancora maggiore quando aggiungerò che i competenti di novecento anni fa lo dichiararono anche‚ deficiente." Martindale scrive intorno al 1950. E noi cosa diremmo?..."Che cosa fecero quei poveretti ancor sommersi in quelle che abbiamo la faccia tosta di chiamare le 'tenebre del medioevo'? Lo mandarono in un monastero e pregarono per lui." La salvezza. Considerata con occhi superficiali, questa decisione sembrerebbe assurda, ma vediamo come prosegue la storia. Dobbiamo intanto tener presente che "erano stati i monasteri a raccogliere e a sviluppare tutto quanto era stato possibile dell'antica cultura. In Germania la cultura del passato veniva non soltanto dal sud latino, ma anche dall'Inghilterra e, certamente dall'Irlanda. Inoltre essa era largamente diffusa tra il popolo. (...) C'erano traduzioni in tedesco dei vangeli, nelle chiese si predicava in tedesco e si può dire che tutti i grandi nomi delle letterature latina e greca giungevano, attraverso il pulpito, all'orecchio di tutti. Le fonti erano sempre (occorre dirlo?) i monasteri, - quali San Gallo, Fulda, Reichenau, che raccoglievano grandi biblioteche, nonché le scuole che seguivano l'imperatore. (...) Fu in uno di tali monasteri che venne mandato il mostriciattolo deficiente." "Reichenau sorgeva in una deliziosa isoletta nel lago di Costanza, dove il Reno corre impetuoso verso le sue cateratte. Il monastero era stato fondato prima di Carlo Magno - esisteva cioè da più di duecento anni. Sulla strada maestra, sulla riva di fronte, transitavano continuamente viaggiatori italiani, greci, irlandesi e islandesi. Le sue mura ospitavano dotti famosi e una scuola di pittura. (...) Qui il ragazzo crebbe. Qui il ragazzo che poteva a mala pena biascicare poche parole con la sua lingua inceppata, trovò, chissà in virtù di quale psicoterapia religiosa, che la sua mente si apriva. Neppure per un solo istante, durante tutta la sua vita, egli può essersi sentito 'comodo' o, per lo meno, liberato da ogni dolore: quali sono tuttavia gli aggettivi che vediamo affollarsi intorno a lui nelle pagine degli antichi cronisti? Li traduco dalla biografia in latino: piacevole, amichevole, conversevole; sempre ridente; tollerante; gaio; sforzandosi in ogni occasione - ah, ecco una parola di difficile traduzione - di essere galantuomo con tutti, mi pare che sarebbe il nostro modo di esprimerci, oggi. Con il risultato che tutti gli volevano bene. Gli studi nel monastero: scienze... E frattanto quel coraggioso giovinetto - che, ricordate non era mai comodo, né seduto su una sedia, né sdraiato su un letto - imparò la matematica, il greco, il latino, l'arabo, l'astronomia e la musica. Scrisse un intero trattato sugli astrolabi (...) e nella prefazione scrisse: 'Ermanno, l'infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca (...) è stato indotto dalle preghiere di molti amici (già, tutti gli volevano bene!) a scrivere questo trattato scientifico'. Aveva sempre cercato di risparmiarsi lo sforzo, con ogni sorta di pretesto, ma, in realtà, soltanto a causa della sua 'massiccia pigrizia'; tuttavia finalmente poteva offrire, all'amico al quale il libro è dedicato, la teoria della cosa, e aggiungeva che, se l'amico l'avesse gradito, avrebbe cercato, in seguito di svilupparlo su linee pratiche e più particolareggiate. E, lo credereste, con quelle sue dita tutte rattrappite, l'indomabile giovane riuscì a fare astrolabi, e orologi e strumenti musicali. Mai vinto, mai ozioso! ...musica ... In quanto alla musica - magari i nostri coristi d'oggi leggessero le sue parole! - egli afferma che un buon musico dovrebbe essere capace di comporre un motivo passabile, o almeno di giudicarlo, e poi di cantarlo. In generale i cantori, egli dice, si curano del terzo punto soltanto, e non pensano mai. Essi cantano, o, per meglio dire, si sgolano, senza rendersi conto che nessuno può cantar bene se la sua mente non è in armonia con la sua voce. Per tali cantanti da strapazzo una voce forte è tutto ciò che conta. Il che è peggio di ciò che fanno i ciuchi i quali, dopotutto, fanno assai più rumore, ma non alterano mai un raglio con un muggito. Nessuno tollera, egli dice, gli errori di grammatica; tuttavia le regole della grammatica sono artificiali mentre 'la musica sgorga diritta dalla natura' e in essa non soltanto gli uomini non correggono gli errori che commettono, ma giungono fino al punto di sostenerli... Come si vede, l'allegro piccolo storpio sapeva, all'occorrenza, usare un linguaggio assai caustico! È peraltro quasi certo che egli fu il compositore dello stupendo inno Salve Regina (con quella sua caratteristica melodia in canto fermo che ancor oggi si canta in tutte le chiese cattoliche del mondo), dell'Alma Redemptoris e di alcuni altri. ... storia. Ma oltre a questo, Ermanno, dotato di un cervello straordinariamente attivo e vigoroso, e che era a conoscenza di tutte le tradizioni delle più importanti famiglie del suo tempo ed aveva accesso a molti libri antichi che noi non conosciamo a causa delle distruzioni che in anni successivi dispersero e rovinarono le biblioteche degli antichi monasteri, scrisse un Chronicon di storia del mondo, dalla nascita di Cristo al tempo suo. Si sa che l'opera si meritò le lodi dei competenti del tempo, che la giudicarono straordinariamente accurata, fondata naturalmente sulle tradizioni, ma tuttavia obiettiva e originale. Eccovi dunque il monacello storpio, chiuso nella sua cella, ma desto, vivo, con gli occhi spalancati a seguire la scena del mondo esterno eppure non mai cinico, non mai crudele (è così frequente il caso che la sofferenza generi crudeltà) e capace di tracciare un quadro completo delle correnti della vita in Europa." Ci avviamo verso la conclusione di questa sorprendente storia, che racchiude in sé il contrasto tra la concretezza e la sofferenza da una parte e la bellezza e l'apertura verso l'infinito dall'altra: una vita reale. Venne il momento di morire. Lascio al suo amico e biografo Bertoldo di parlarci di questo. 'Quando alfine l'amorevole benignità del Signore si degnò di liberare la sua santa anima dalla tediosa prigione del mondo, egli fu assalito dalla pleurite e trascorse quasi dieci giorni in continue e forti tribolazioni. Alfine un giorno, nelle prime ore del mattino, subito dopo la santa messa, io, che egli considerava il suo più intimo amico, mi recai da lui e gli chiesi se si sentisse un poco meglio. Riferisce poi il cronista che il paziente gli disse che la notte precedente gli era parso di essere intento a rileggere quel famoso Hortensius di Cicerone con le molte sagge osservazioni sul bene e sul male, e gli erano ripassate per la mente tutte le cose che egli stesso aveva avuto in animo di scrivere su quello stesso argomento. 'E sotto la forte ispirazione di quella lettura, tutto il mondo presente e tutto ciò che ad esso appartiene - questa stessa vita mortale era divenuta meschina e tediosa e, d'altra parte, "il mondo futuro, che non avrà termine, e quella vita eterna, sono divenuti indicibilmente desiderabili e cari, così che io considero tutte queste cose passeggere non più dell'impalpabile calugine del cardo. Sono stanco di vivere". All'udire queste parole di Ermanno, Bertoldo non seppe più trattenersi e, dice 'ruppi in grida scomposte e pianti! Ma Ermanno dopo un poco tutto indignato mi rimproverò, tremando un poco per l'ira e guardandomi di sottecchi con aria di meraviglia: "Amico del mio cuore, diss'egli, non piangere, non piangere per me!" Dopo di che chiese a Bertoldo di prendere le tavolette per scrivere onde annotare alcune ultime cose. "E, aggiunse il morente, ricordando ogni giorno che anche tu dovrai morire preparati con ogni energia per intraprendere lo stesso viaggio, poiché, in un giorno e in un'ora che tu noi sai, verrai con me - con me, il tuo caro, caro amico." E furono queste le sue ultime parole. Ermanno morì, circondato dagli amici, dopo aver ricevuto il corpo e il sangue di Cristo nella santa comunione, il 24 settembre del 1054 e fu seppellito - oscuro monacello ch'egli era stato - 'in mezzo a grandi lamenti' nei suoi possedimenti di Altshausen ai quali aveva rinunciato da così lungo tempo." E Martindale così conclude: "La prima volta che mi venne tra le mani questa sua Vita in un vecchio testo latino tutto accartocciato, nella biblioteca di Oxford, fu, per me, come se una ventata di aria purissima fosse penetrata a disperdere l'atmosfera stagnante della stanza (...). Poiché la Vita, come la scrisse Bertoldo, è così piena di vita pulsante, Ermanno ne esce veramente vivo! Non perché sapesse scrivere sulla teoria della musica e della matematica, né perché seppe compilare minuziose cronache storiche e leggere tante lingue diverse, ma per il suo coraggio, la bellezza dell'anima sua, la sua serenità nel dolore, la sua prontezza a scherzare e a fare a botta e risposta, la dolcezza dei suoi modi che lo resero 'amato da tutti'. (...) Senza dubbio allevare bene il corpo è cosa importante, tuttavia subordinata; l'educar bene la mente è la cosa principale - e questa educazione, credetemi, deve essere fondata su due elementi essenziali: l'amore e la religione - e le due cose sono strettamente unite. In questo povero, contorto ometto del medioevo, brilla il trionfo della fede che ispirò l'amore e dell'amore che fu leale alla fede professata. Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità". LE SUE PREGHIERE SONO DIVENTATE PATRIMONIO DELLA CHIESA UNIVERSALE SALVE REGINA Salve, Regína, mater misericórdiae, vita, dulcédo et spes nostra, salve. Ad te, clamámus éxsules fílii Hevae. Ad te suspirámus geméntes et flentes in hac lacrymárum valle Eia ergo, advocáta nostra, illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte Et Jesum benedíctum fructum ventris tui, nobis post hoc exílium osténde. O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria. Salve, o Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A te ricorriamo, noi esuli figli d'Eva; a te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù, dunque, Avvocata nostra rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del ventre tuo, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria ALMA REDEMPTORIS MATER Alma Redemptóris Mater quae pérvia coeli porta manes, et stella maris, succúrre cadénti, súrgere qui curat, pópulo: tu quæ genuísti, natura miránte, tuum sanctum Genitórem, Virgo prius ac postérius, Gabriélis ab ore Sumens illud Ave, peccatórum miserére. O santa Madre del Redentore, porta del cielo sempre aperta, stella del mare, soccorri un popolo decaduto, che desidera risorgere, tu, che nello stupore della natura, generasti il tuo Genitore, tu, vergine prima e dopo, che dalla bocca di Gabriele udisti quell'Ave, abbi pietà dei peccatori.
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