BastaBugie n�13 del 25 gennaio 2008

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1 L'OLTRAGGIO A BENEDETTO XVI E IL FUTURO DELLA CHIESA

Autore: Roberto de Mattei - Fonte:
2 L’ORGOGLIO LAICO DI SAPER ASCOLTARE IL PONTEFICE

Autore: Massimo Introvigne - Fonte:
3 IL SALUTO AGLI UNIVERSITARI IN PIAZZA SAN PIETRO
Dopo L'Angelus in Piazza San Pietro
Autore: Benedetto XVI - Fonte: vatican.va
4 IL PAPA, L'ANGELUS E LA POLITICA
Altroché se quell’angelus e’ politica
Autore: Antonio Socci - Fonte:
5 LA MODA ESALTA IL GENDER

Autore: Lucetta Scaraffia - Fonte:
6 LA “MORATORIA SULL’ABORTO”

Autore: Mario Palmaro - Fonte:
7 DIECI MITI DELL’ARCHITETTURA ECCLESIASTICA CONTEMPORANEA

Autore: Duncan Stroik - Fonte:

1 - L'OLTRAGGIO A BENEDETTO XVI E IL FUTURO DELLA CHIESA

Autore: Roberto de Mattei - Fonte:

Ciò che è accaduto a Roma il 15 gennaio 2008 è l’offesa più grave rivolta a un Papa da oltre un secolo. Ciò che rende più grave l’oltraggio è che questo sia avvenuto a Roma, sede bimillenaria del Papato e città “sacra” alla Cristianità, almeno fino al 18 febbraio 1985, data in cui il nuovo Concordato tra la Santa Sede e il Governo italiano cancellò l’art. I dei Patti Lateranensi che stabiliva che “in considerazione del carattere sacro della Città eterna, sede vescovile del Sommo Pontefice, centro del mondo cattolico e meta di pellegrinaggi, il Governo italiano avrà cura di impedire in Roma tutto ciò che possa essere in contrasto con detto carattere”.
Riassumiamo i fatti. Il Rettore dell’Università “La Sapienza” ha invitato Benedetto XVI a partecipare, il 17 gennaio, alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico. L’Università romana è stata fondata da Papa Bonifacio VIII nel 1303 e, per oltre cinque secoli, fino al 20 settembre 1870, è stata l’università della Santa Sede. Oggi è una Università di prestigio mondiale in cui, uno sparuto gruppo di docenti (67 su 4.500) e di studenti (poche centinaia su 135.000) è riuscito a imporre, secondo la più pura tradizione giacobina, l’annullamento della visita papale.
Le complicità della classe politica italiana, immersa nell’indifferenza e nel silenzio fino al 15 gennaio, sono evidenti. Il Presidente del Consiglio Romano Prodi piange lacrime di coccodrillo, esprimendo “tristezza” e “rammarico” per l’accaduto, ma il governo italiano nulla ha fatto per evitare che si giungesse a questa prevedibile conclusione. Tra i leader politici che hanno perso la voce nei giorni precedenti, c’è anche il capo dell’opposizione Silvio Berlusconi, che tardivamente oggi afferma che “la sinistra ha ferito l’Italia”.
Il Papa, che esercita la sua sovranità sulla Città del Vaticano, non è un qualunque capo di Stato, con cui la Repubblica italiana mantiene relazioni diplomatiche, ma è considerato, non solo dai cattolici, la più alta autorità spirituale e morale del mondo intero, e viene invitato nelle più grandi assisi internazionali. L’Università è tradizionalmente luogo di ricerca, foro di discussione, sede di confronto intellettuale, ma nega la parola al Vicario di Cristo che adempie la sua missione. Benedetto XVI viene ricevuto ovunque, ma non può parlare in quella stessa Diocesi di cui è Vescovo e in cui nel 2000, anno del Giubileo, si è potuto impunemente svolgere un oltraggioso “Gay Pride”.
Le ragioni dell’accaduto sono squisitamente ideologiche. Il cosiddetto “postcomunismo” non si è liberato dal marxleninismo, ma solo della dimensione utopica di questo pensiero, continuando a farne propria la carica distruttiva. Il nucleo del marxismo, come di ogni forma di pensiero rivoluzionario, è infatti un evoluzionismo dialettico che si traduce in un radicale relativismo culturale e morale e nell’odio viscerale verso ogni istituzione familiare, politica e religiosa. L’avversione per la Chiesa e per le radici cristiane dell’Occidente è la vera molla propulsiva di chi ha voluto cacciare Benedetto XVI dall’Università di Roma.
L’eco data dai “media” di tutto il mondo alla vicenda dimostra però l’importanza che la Chiesa ancora oggi riveste e il crescente ruolo che essa svolge nello spazio pubblico. Le profezie antireligiose dei marxisti e dei laicisti si dissolvono come neve al sole: il Papa resta protagonista per eccellenza della scena internazionale e proprio per questo resta il bersaglio delle forze anticristiane di ogni tipo.
Rossana Rossanda nell’editoriale del 16 gennaio su “il manifesto”, “quotidiano comunista”, come ancora si legge nella sua testata, esordisce con queste parole: “Due giorni fa Joseph Ratzinger ha celebrato la messa nella cappella Sistina dando le spalle ai fedeli. Liturgia che il Vaticano II aveva sostituito con la celebrazione faccia a faccia perché non fosse un dialogo del sacerdote con dio (n.d.r: il “d” è minuscolo sul quotidiano), e i fedeli dietro, ma una celebrazione in comune. Ora si ritorna indietro. Da quando è papa ha riaperto ai lefebvriani, ha chiuso con il dialogo ecumenico all’interno stesso dell’area cristiana, ha negato nel non casuale lapsus culturale a Ratisbona, qualsiasi spiritualità all’islam, ha messo un alt all’avanzata del sacerdozio femminile, ha ribadito l’obbligo del celibato per i sacerdoti, ha negato i sacramenti ai divorziati che si risposino, ha respinto nelle tenebre gli omosessuali, ha condannato non solo aborto e eutanasia, ma ogni forma di fecondazione assistita, ha interdetto la ricerca sugli embrioni, intervenendo ogni giorno direttamente o tramite i vescovi sulle politiche dello stato italiano. Tra un po’ risaremo al Sillabo”.
Tutti sanno che Benedetto XVI non è un Papa “tradizionalista”, almeno nel senso restrittivo che i mass-media, e in questo caso “il manifesto”, attribuiscono al termine, ma un mite Pastore che, difendendo l’ortodossia dei principi, cerca innanzitutto la strada del dialogo. Quale sarebbe il cruento destino dei cattolici, a Roma e nel mondo intero, se veramente il Papa volesse percorrere fino in fondo la via della Tradizione, facendo del Sillabo del Beato Pio IX e della Pascendi di san Pio X la sua bandiera?


2 - L’ORGOGLIO LAICO DI SAPER ASCOLTARE IL PONTEFICE

Autore: Massimo Introvigne - Fonte:

Colpisce come molti non credenti - non solo in Italia ma negli Stati Uniti, in Francia e perfino in Cina - abbiano aderito all’appello del cardinale Ruini per esprimere a Piazza San Pietro solidarietà a Benedetto XVI. E molti fanno riferimento al magnifico discorso, diffuso dalla Santa Sede, che al Papa è stato impedito di pronunciare alla Sapienza.
La linea che percorre tutto il magistero di Benedetto XVI è che oggi non è in crisi soltanto la fede, ma anche la ragione. Ai credenti nelle varie religioni - specie a quelli, come i musulmani, da qualche secolo sospettosi nei confronti della ragione - il Papa ricorda il necessario dialogo fra fede e ragione. Ai non credenti Benedetto XVI parla in nome della ragione, che sola può costruire quella che il Papa chiama una grammatica comune della vita sociale che s’imponga ai cattolici come agli atei, ai cristiani come ai musulmani e ai buddhisti, e consenta loro di vivere in pace.
Mentre altre voci tacciono, quella del Papa si leva alta e forte per difendere l’esistenza della verità, la capacità della ragione umana di conoscerla - sia pure mai in modo completo e perfetto - e di trarne regole comuni su temi come la libertà, la giustizia, la vita, la famiglia.
Nel discorso che avrebbe voluto pronunciare alla Sapienza Benedetto XVI affronta le due principali obiezioni che gli sono rivolte su questo punto. C’è, anzitutto, chi sostiene - come Vattimo e altri teorici del relativismo - che la verità non esiste. Ciascuno ha la sua verità, e nessuna è più vera delle altre. Il Papa risponde, con il filosofo non credente Jürgen Habermas, che questa è una posizione che nel 2008 semplicemente non ci possiamo permettere. Se la verità di chi difende la libertà e la giustizia è considerata moralmente uguale alla verità di Hitler o di Bin Laden rimaniamo disarmati di fronte al nazista o al terrorista. La stessa democrazia, scrive Habermas, può oggi essere difesa solo con argomenti «sensibili all’idea di verità».
Secondo: anche tra chi non nega il valore della ragione, c’è chi sostiene che il Papa in realtà «trae i suoi giudizi dalla fede» e poi li spaccia come razionali. Bene, risponde Benedetto XVI: giudicate i miei argomenti in modo laico, sulla base del vostro esercizio della ragione e del buon senso. Il Papa cita un altro filosofo non cattolico, John Rawls, il quale sosteneva che i giudizi proposti dalla Chiesa in nome della ragione non devono essere considerati a priori più veri di quelli esposti da altri; ma neanche pregiudizialmente meno veri solo perché è la Chiesa a proporli. Anzi, la Chiesa per Rawls ha dalla sua una lunga «tradizione responsabile e motivata», per cui va semmai ascoltata con più attenzione dell’ultimo sofista.
È perché vedono in lui, contro un relativismo che disarma l’Occidente nei confronti dei suoi avversari, un testimone appassionato della ragione e della libertà, che tanti non credenti sono oggi in piazza a fianco del Papa.


3 - IL SALUTO AGLI UNIVERSITARI IN PIAZZA SAN PIETRO
Dopo L'Angelus in Piazza San Pietro
Autore: Benedetto XVI - Fonte: vatican.va, 20 gennaio 2008

Desidero anzitutto salutare i giovani universitari, i professori e voi tutti che siete venuti oggi così numerosi in Piazza San Pietro per partecipare alla preghiera dell’Angelus e per esprimermi la vostra solidarietà; un pensiero di saluto va anche ai molti altri che si uniscono a noi spiritualmente. Vi ringrazio di cuore, cari amici; ringrazio il Cardinale Vicario che si è fatto promotore di questo momento di incontro. Come sapete, avevo accolto molto volentieri il cortese invito che mi era stato rivolto ad intervenire giovedì scorso all’inaugurazione dell’anno accademico della "Sapienza – Università di Roma". Conosco bene questo Ateneo, lo stimo e sono affezionato agli studenti che lo frequentano: ogni anno in più occasioni molti di essi vengono ad incontrarmi in Vaticano, insieme ai colleghi delle altre Università. Purtroppo, com’è noto, il clima che si era creato ha reso inopportuna la mia presenza alla cerimonia. Ho soprasseduto mio malgrado, ma ho voluto comunque inviare il testo da me preparato per l’occasione. All’ambiente universitario, che per lunghi anni è stato il mio mondo, mi legano l’amore per la ricerca della verità, per il confronto, per il dialogo franco e rispettoso delle reciproche posizioni. Tutto ciò è anche missione della Chiesa, impegnata a seguire fedelmente Gesù, Maestro di vita, di verità e di amore. Come professore, per così dire, emerito che ha incontrato tanti studenti nella sua vita, vi incoraggio tutti, cari universitari, ad essere sempre rispettosi delle opinioni altrui e a ricercare, con spirito libero e responsabile, la verità e il bene. A tutti e a ciascuno rinnovo l’espressione della mia gratitudine, assicurando il mio affetto e la mia preghiera.
Saluto ora i responsabili, dirigenti, docenti, genitori e alunni delle scuole cattoliche, convenuti in occasione della Giornata della scuola cattolica, che la Diocesi di Roma celebra quest’oggi. Nell’educazione alla fede dei ragazzi e dei giovani, un compito importante è affidato anche alla scuola cattolica: vi incoraggio, pertanto, a continuare nel vostro lavoro che pone al centro il Vangelo, con un progetto educativo che punta alla formazione integrale della persona umana. Nonostante le difficoltà che incontrate, proseguite dunque con coraggio e fiducia in questa vostra missione, coltivando una costante passione educativa e un generoso impegno a servizio delle nuove generazioni.

Fonte: vatican.va, 20 gennaio 2008

4 - IL PAPA, L'ANGELUS E LA POLITICA
Altroché se quell’angelus e’ politica
Autore: Antonio Socci - Fonte:

Politica viene da “polis”, significa “città” e l’Angelus è l’annuncio decisivo: sta per entrare nella città degli uomini il Re dell’universo…
 
La preghiera dell’Angelus (che ricorda l’Annunciazione, il “sì” di Maria e l’incarnazione di Dio) è politica con la P maiuscola. Politica vera, non politichetta. E’ la politica di Dio: annuncia il ribaltamento del potere nel mondo, l’annientamento di tutti i poteri, l’inizio della loro fine (anche il presuntuoso potere degli intellettuali di cui Dio si infischia). E’ l’unica vera rivoluzione ed ha un bel volto di fanciulla: è la rivoluzione della tenerezza e dello stupore.

Nessun potere può sentirsi più sicuro da quell’attimo in cui, alla periferia dell’Impero romano (e di tutti gli imperi della storia), una bellissima fanciulla quindicenne, inerme e indifesa, ma coraggiosissima e decisa a tutto per il Signore, ha detto il suo “sì” a Dio. E’ da quel “sì” che Dio volle domandare e a cui volle sottoporsi, che tutte le donne, considerate fino ad allora nulla in quelle civiltà, acquistarono il diritto, nella storia, di poter dire “sì” o “no”, come creature libere.
v Grazie a quel “sì” è entrato nella storia l’unico vero Potente, l’unico vero Re. Pochi giorni dopo il suo sì, Maria, col cuore che scoppiava di felicità, cantando e danzando, ha svelato alla cugina Elisabetta cosa sarebbe accaduto. E’ la sua profezia: “(Dio) ha spiegato la potenza del suo braccio/ ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore/ ha rovesciato i potenti dai troni/ ha innalzato gli umili”.

Ha rovesciato i potenti dai troni? Ha innalzato gli umili? Ma quando e dove? La nostra generazione ha visto come il più vasto, duraturo e disumano degli Imperi del Male, quello che aveva provocato il più oceanico macello di cristiani della storia (più di 100 milioni di vittime), quello che si estendeva da Trieste all’Alaska e che nessuno immaginava di poter mai abbattere, in una notte si è totalmente disintegrato. Afflosciato su se stesso. La bandiera rossa è stata ammainata dal Cremlino il 25 dicembre del 1991, il giorno di Natale, quando nasce il Leone di Giuda, il vero Re. E la fine dell’Unione Sovietica era stata decretata l’8 dicembre 1991.

Vi dice niente questa data? L’8 dicembre è la festa liturgica dell’Immacolata concezione che ci porta a Fatima. Dove la Madonna apparve ai tre bambini portoghesi, proprio nel 1917, preannunciando la rivoluzione bolscevica in Russia che infatti si sarebbe perpetrata di lì a poche settimane. E, dopo aver messo in guardia da immani persecuzioni, la Vergine concluse il suo drammatico messaggio così: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”. E così è stato l’8 dicembre ‘91, festa dell’Immacolata. Contro qualunque immaginazione umana o calcolo politico, sorprendendo tutti. Il crollo del potere più granitico e orrendo porta il segno dell’Immacolata.

Questo è l’evento a cui ha assistito la nostra generazione. Ma da duemila anni, da quel “sì” pronunciato da una ragazzina ignota a tutti in terra, tutta la storia umana è stata ribaltata. Perché prima dominavano le tenebre più disumane e barbare. Tutti gli imperi e tutte le religioni della storia – come ha insegnato il grande René Girard - si fondavano sui sacrifici umani. Non solo quelli agli dèi, a migliaia, ma quelli decretati da re e imperatori per lotte e conquiste. Tutta la struttura sociale e civile si fondava sulla schiavizzazione di interi popoli, sull’arbitrio del potente sul debole. Donne, bambini e ammalati valevano meno di niente e la loro vita era di norma violata e soppressa.

Non a caso nel Vangelo, nell’episodio delle tentazioni, Satana dice a Gesù (e rivela a noi: è un grande scoop politico) che tutti i regni della terra sono nelle sue mani. Tutti i poteri (anche quello che ciascuno di noi impone nella dinamica dei rapporti quotidiani). E’ per spazzar via questo crudele padrone che il Re è venuto. E ha vinto. Non con la forza, ma con l’amore. Non uccidendo, ma lasciandosi uccidere. E mostrando – come ripete sempre Benedetto XVI – che a vincere nella storia non sono i crocifissori, ma i crocifissi.

A vincere oltrecortina non è stato il feroce Stalin che sembrava onnipotente e che oggi è polvere, ma i tanti inermi martiri, macellati in odio a Cristo. Alla fine il loro amore e la loro fede hanno aperto la strada alla potenza di Dio che domina la storia e vince. Per questo i cristiani sentono la preghiera dell’Angelus con tanta commozione.

Perché è l’annuncio che la notte è finita. La storia umana secondo Hegel è una immensa macelleria. Ebbene, da quel “sì” di Maria sulla notte della storia, che gronda sangue innocente e crudeltà, è esplosa l’alba, il volto di un Re potente e buono che vince. Dante, nella Divina Commedia, racchiude in una bellissima terzina l’attimo cruciale dell'Annunciazione come il momento in cui finalmente il Cielo si apre sul mondo, soccorre gli uomini e piove una pace nuova, sconosciuta alla storia umana: “L’angel che venne in terra col decreto/ de la molt’anni lagrimata pace,/ ch’aperse il ciel del suo lungo divieto”.

Per restare a Firenze, c’è un bellissimo filmato della Rai, in bianco e nero, dove compare Giorgio La Pira che si lancia in una vertiginosa lettura teologica del pianeta terra. Il sindaco santo è inquadrato davanti all’antico convento di San Marco, dove lui viveva, e dice col suo candido sorriso: “Firenze è il centro del mondo, San Marco è il centro di Firenze e l’Annunciazione del Beato Angelico (che è affrescata lì, nda) è il centro di San Marco. Quindi l’Annunciazione è il cuore della storia”.

Da quell’Annuncio nel mondo è entrata la luce. E – di conseguenza – tutto quello che nella nostra civiltà c’è di vero, di buono e di bello. In quella terra, l’Europa, che ha accolto l’annuncio cristiano è fiorita l’umanità. E’ sbocciata la pietà per gli ammalati e sono stati inventati gli ospedali, la passione per la conoscenza (e sono nate le università e la scienza), la sacralità di ogni persona umana ed è sorta la libertà dei popoli. E la passione per la bellezza che ha fatto fiorire di arte la nostra terra, soprattutto nel ricordo di quella ragazzina di Nazaret, la donna più rappresentata e amata, in ogni angolo d’Italia e d’Europa.

La preghiera dell’Angelus – che fu carissima a Giovanni Paolo II - forse è di origine francescana. E non stupisce, considerato l’amore di Francesco per la Madre di Gesù. La prima notizia infatti è datata 1269, quando san Bonaventura da Bagnoregio, generale dell’ordine, a un Capitolo prescrisse ai suoi frati di salutare ogni sera la Madonna col suono della campana e la recita di alcune Ave Maria in ricordo dell’Incarnazione di Dio.

Fece propria questa pratica anche fra’ Bonvesin de la Riva, grande letterato milanese (1240-1313), dell’Ordine degli Umiliati, cosicché nella città di Milano si cominciò ogni sera a suonare l'Ave Maria. Da Milano questa pratica dilagò. Accade perciò che Papa Giovanni XXII (1245-1334) ordina al suo Vicario che a Roma si suonino ogni giorno le campane affinché ciascuno “si ricordi” di recitare tre Ave Maria in memoria dell'Annunciazione. La preghiera si chiamerà popolarmente “il saluto dell'Angelo”. E dal 1400 si cominciò a recitarla anche al mattino, finché nel 1456 papa Callisto III ordinò che le campane suonassero l’Angelus anche a Mezzogiorno.

Il re di Francia, a quel suono, s’inginocchiava sulla nuda terra come il più umile dei suoi contadini. In ricordo di quel “sì” di Maria. Memorabile resta il quadro del pittore francese Jean François Millet (1814-1875), intitolato “Angelus”, dove un giovane contadino e la sua giovane donna, in un campo, al tramonto interrompono il lavoro e recitano, raccolti, quella preghiera. Perché dopo quell’ “Ave” (che è l’inverso di “Eva”), la Vergine, la nuova Eva, ci ha donato il Liberatore ed è iniziata la nuova storia del mondo, la nuova creazione. Non solo “un altro mondo è possibile”, ma c’è già.


5 - LA MODA ESALTA IL GENDER

Autore: Lucetta Scaraffia - Fonte:

L’ abbiamo visto tutti, sui giornali di questi giorni: i modelli (maschi) che sfilavano per «Prada» portavano dei vezzosi gonnellini, ma anche calzamaglie color carne, e giacche dal vitino di vespa.
  Erano vestiti, in sostanza, come delle ragazze: una realizzazione concreta, dunque, della teoria del «gender ». I modelli, ormai giovanissimi come le ragazze che sfilano per le grandi collezioni, sono magrissimi – anche fra i giovani maschi si sta diffondendo l’anoressia – e pallidi, esangui: ben lontani dall’immagine di maschio forte e vitale che un tempo i modelli, abbronzati e muscolosi, cercavano di trasmettere. Del resto, non è una sorpresa questa femminilizzazione dei maschi: da tempo esistono cosmetici per loro, il numero di uomini che si tinge i capelli è in crescita vertiginosa – ha cominciato la gente di spettacolo, poi i politici, per arrivare oggi ai maestri e ai sacerdoti – e l’ossessione di mantenersi in linea li ha totalmente contagiati.
  Sono spinti a questo modo di agire, che fino a pochi decenni fa sarebbe sembrato sconcertante, dalla moda. La moda, che costituisce la più potente agenzia di proposta culturale del mondo di oggi, impone la fine del modello tradizionale di donna e uomo adulti, ben definiti sessualmente, diversi tra di loro, potenziali madri e padri.
  Oggi ci sono solo modelli adolescenziali e androgini, così magri e indefiniti da rendere difficile cogliere la loro specificità sessuale.
  Anche la pubblicità – sia della moda che di altri prodotti, dagli aperitivi ai divani – sembra avere completamente logorato le tipologie sessuali classiche, quelle per cui si capiva subito se si trattava di un uomo o di una donna: per farsi guardare, tutto si gioca sull’ambiguità, se non viene addirittura presentata una festosa coppia o famiglia omosessuale. Senza parlare del cinema, dove ormai è difficile trovare un film, o uno sceneggiato televisivo, in cui non compare un omosessuale, o una coppia omosessuale.
  Ormai, la presenza di una coppia omosessuale diventa «necessaria» (forse per ottenere i finanziamenti ministeriali europei?) anche in film prodotti e ambientati in Paesi dove l’omosessualità non è certo vissuta così disinvoltamente, come nella Beirut di Caramel (finanziato dal ministero della Cultura francese). Mentre noi critichiamo l’ideologia del «gender », cercando di smascherare l’inganno epistemologico che sta dietro a un pensiero che nega la differenza fra donne e uomini, e con questo nega la fertilità umana, forze di persuasione di massa ben più potenti come la moda e la pubblicità stanno facendo passare lo stesso messaggio implicitamente, come suggello di stile e di modernità. Come aveva denunciato Foucault, il corpo diviene elemento fondante del sistema di dominazione perché entra a far parte del capitale simbolico su cui si fonda il potere culturale: dal momento che affonda nel biologico, il corpo diventa il luogo privilegiato di quella mistificazione della cultura dominante che consiste nel naturalizzare l’arbitrario, come ha scritto Bourdieu.


6 - LA “MORATORIA SULL’ABORTO”

Autore: Mario Palmaro - Fonte:

Verità e Vita segnala che il Foglio di Giuliano Ferrara ha dato alle stampe il primo volume dedicato alla “Moratoria sull’aborto”. Il libro raccoglie tutti gli articoli, gli interventi, le adesioni, le lettere sul tema dell’aborto, apparsi sul quotidiano di Ferrara a partire dal 19 dicembre 2007. Reca un titolo provocatorio – “Fate l’amore non l’aborto” – che meriterà qualche approfondimento critico, ma che ha il pregio della forza comunicativa. Ne consigliamo la lettura, perché si tratta di una documentazione preziosissima, nella quale ritroviamo i nomi di tantissimi amici della vita e per la vita.
 Ricordiamo che, per altro, Verità e Vita è stata la prima associazione ad aderire pubblicamente alla Moratoria, con una lettera inviata a Ferrara la mattina del 20 dicembre e pubblicata su il Foglio il giorno successivo. E’ possibile leggere l’adesione a pagina 26 del libro. Giuliano Ferrara è un laico che sta compiendo un percorso straordinario, focalizzato su un’affermazione “scandalosa”: con l’aborto si uccide.
 L’azione di Ferrara sta paradossalmente “trascinando” un mondo cattolico che – salvo eccezioni – da anni appare distratto, impaurito, confuso sui temi della vita minacciata. Pensiamo a quel mondo cattolico “seduto” sopra la presunta vittoria referendum del 2005, assestato su posizioni difensive (“la legge sull’aborto non potremo mai abrogarla, difendiamo piuttosto la legge 40”), e assillato dalla preoccupazione di ottenere risultati immediati in una battaglia che invece durerà per generazioni, e che non garantisce alcun tipo di vittoria concreta.

 Gioverà ricordare che l’adesione di Verità e Vita alla Moratoria poggia su alcune coordinate molto chiare e precise, che riassumiamo ancora una volta:

1. l’aborto volontario è l’uccisione di un essere umano innocente;
2. per questo motivo, la legalizzazione anche parziale e regolamentata dell’aborto è totalmente inaccettabile, perché coincide con la legalizzazione di una forma di omicidio;
3. essere contro la legalizzazione significa riconoscere la necessità che il delitto d’aborto sia contrastato con un adeguato apparato sanzionatorio; in questa materia, depenalizzare significa legalizzare; certo, la pena potrà essere diversa dal carcere, e dovrà essere conforme al dettato costituzionale: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato” (art. 27, comma III)
4. il giudizio che condanna la legalizzazione dell’aborto è formulabile dalla retta ragione di ogni uomo ben intenzionato, ed è per questo motivo che Verità e Vita rivendica e sottolinea la sua aconfessionalità. L’aborto è un tema che concerne innanzitutto il diritto alla vita, e come tale non merita di essere ricondotto e ridotto a una “strategia ecclesiale”, o peggio a una visione clericale del problema;
5. la conseguenza logica inevitabile di queste valutazioni è un giudizio inappellabile sulla legge 194: essa è una legge gravemente e intrinsecamente ingiusta, perché introduce nell’ordinamento giuridico l’aborto legale fondato sull’autodeterminazione della donna;
6. Le presunte “parti buone” della legge sono del tutto marginali e in realtà non sono oggettivamente buone nemmeno singolarmente considerate; auspicarne l’applicazione può essere legittimo, ma senza che ciò trasformi il giudizio totalmente negativo sulla legge 194;
7. il nostro compito è affermare pubblicamente tutta la verità sulla legge abortista, opportune et importune, senza silenzi e compromessi;
8. Verità e Vita è consapevole che quanto sopra affermato è oggi accettato da una minoranza dell’opinione pubblica: d’altra parte, non è un buon motivo per tacere, o addirittura per cambiare idea;
9. questa testimonianza non ostacola, ma semmai favorisce anche il conseguimento di risultati parziali, come ad esempio una modifica parziale della legge in senso migliorativo;
10. l’attività di concreto “salvataggio” di bambini sottratti all’aborto è non solo auspicabile ma necessaria, e non pochi membri di Verità e Vita hanno dedicato la loro vita a questa missione, anche se magari non fanno parte di Centri di aiuto alla Vita che nei giorni scorsi sono finiti sotto i riflettori dei mass media.
11. Tuttavia, Verità e Vita ritiene inaccettabile e sbagliato che questa azione di aiuto alla vita debba o possa essere disgiunta dalla pubblica e costante condanna della legge iniqua in vigore;
12. Verità e Vita si è assunta il compito di tenere viva la condanna della legalizzazione dell’aborto, in un clima nel quale si osservano due tendenze contrapposte: da un lato, la condanna sul piano morale dell’atto abortivo come ingiusto; dall’altro, la contestuale “stabilizzazione” delle leggi che lo consentono, ritenute di volta in volta “buone”, “necessarie”, “non modificabili”, “utili a evitare la piaga della clandestinità”.
13. Questa situazione alimenta confusione nell’opinione pubblica, fa diminuire il numero di persone che sono “contro l’aborto legale” e attribuisce un ruolo e uno spazio autorevole a intellettuali e pensatori che dicono alcune cose buone e interessanti, ma che rimangono su posizioni abortiste.

 Verità e Vita continuerà la sua azione – limitata dalla esiguità delle forze e delle capacità di ognuno di noi, e dal sistematico rifiuto da parte dei mass media - rimanendo fedele alla linea che è all’origine della nascita stessa del Comitato: dire la verità, sempre, come servizio alla causa della vita. Convinti che questo ruolo non ostacolerà, ma anzi favorirà la collaborazione fattiva e sincera con tutte le associazioni che operano per l’affermazione del diritto alla vita.


7 - DIECI MITI DELL’ARCHITETTURA ECCLESIASTICA CONTEMPORANEA

Autore: Duncan Stroik - Fonte:

1. Il Concilio Vaticano II ci richiede di rifiutare la tradizionale architettura ecclesiastica e di progettare le nuove chiese in uno stile moderno.

FALSO! Questo mito si fonda più su ciò che i cattolici hanno costruito negli ultimi trenta anni che su ciò che la Chiesa ha pensato. Anche da un punto di vista professionale, l’architettura ecclesiastica degli scorsi decenni è stata un completo disastro. Comunque le azioni parlano spesso più forte delle parole, e i fedeli sono stati spinti a credere che la Chiesa stessa richiedesse edifici che fossero astrazioni funzionali, poiché è esattamente ciò che abbiamo costruito. Nulla è più lontano dalle intenzioni dei padri conciliari i quali intendevano senza dubbio che l’eccellenza storica dell’architettura cattolica dovesse continuare. È molto importante ricordare che: «non si introducano innovazioni se non quando lo richieda una vera e accertata utilità della Chiesa, e con l'avvertenza che le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da quelle già esistenti» (Sacrosantum Concilium [n. 23])

Così come fare teologia cattolica significa imparare dal passato, allo stesso modo nel progettare edifici cattolici bisogna ispirarsi, ed anche citare, la tradizione e le forme di espressione dell’architettura ecclesiastica che hanno superato la prova dei secoli. Il Concilio Vaticano II lo sottolinea affermando che «La Chiesa non ha mai avuto come proprio un particolare stile artistico, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, nel corso dei secoli, un tesoro artistico da conservarsi con ogni cura. Anche l'arte del nostro tempo e di tutti i popoli e paesi abbia nella Chiesa libertà di espressione, purché serva con la dovuta riverenza e il dovuto onore alle esigenze degli edifici sacri e dei sacri riti. In tal modo essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concento di gloria che uomini eccelsi innalzarono nei secoli passati alla fede cattolica» [SC, n. 123].

2. Le nuove chiese [negli U.S.A., ndt] devono essere progettate sulla base del documento Environment and Art in Catholic Worship, pubblicato dalla Commissione Episcopale per la Liturgia nel 1977.

FALSO! In mancanza di alternative questo pamphlet è diventato la bibbia per tutte le chiese nuove e rinnovate. Questo documento che non fu mai votato dalla Conferenza dei Vescovi americani e non ha alcun peso canonico, è basato più sui principi dell’architettura modernista che sulla dottrina cattolica. Fra i suoi punti deboli c’è uno sbilanciamento eccessivo per una visione assembleare della Chiesa, un’ostilità contro storia e tradizione e una stridente iconoclastia. A causa della natura controversa del documento, la Commissione episcopale per la Liturgia sta attualmente lavorando ad una nuova e, speriamo, migliore versione.

3. È per noi impossibile costruire belle chiese attualmente.

FALSO! È un po’ come dire che è impossibile per noi avere santi al giorno d’oggi. Senza dubbio possiamo e dobbiamo costruire ancora belle chiese. Viviamo in un’epoca che ha mandato uomini sulla luna e sono state spese ingenti somme di denaro per musei e stadi. Dobbiamo pure essere capaci di costruire edifici al livello delle basiliche paleocristiane o delle cattedrali gotiche. Nella recente architettura profana stiamo assistendo ad un grande revival dell’architettura, artigianato e costruzione tradizionale. C’è un crescente numero di giovani talenti dell’architettura, che stanno progettando edifici secondo la tradizione classica (molti di loro sarebbero felici di progettare edifici sacri). Studenti dell’Università di Notre Dame, tutti formati nella tradizione classica, sono molto richiesti da imprese e clienti.

 D’altro canto c’è un certo numero di chiese costruite negli ultimi due decenni che incarnano i principi di durata nel tempo, convenienza e bellezza: San Giovanni da Capestrano in California, 1989; la cattedrale di Brentwood in Inghilterra, 1992; l’abbazia benedettina Sainte-Madeleine in France, 1989; la Chiesa dell’Immacolata Concezione in New Jersey, 1996; la chiesa di Azoia in Portogallo, 1995; St. Mary in Texas, 1997; la chiesa di Sant’Agnese a New York City, 1997; l’oratorio di Pittsburg, 1996, ecc.

4. Non possiamo permetterci di costruire chiese belle oggi. La Chiesa non ha il denaro che aveva in passato.

FALSO! In realtà i cattolici attualmente sono la maggiore denominazione nel paese. Abbiamo più CEO [Catholic Education Office] e leaders civici di qualsiasi altro gruppo religioso. Non siamo mai stati in passato più ricchi di ora, eppure non abbiamo mai costruito chiese a buon mercato. Questo riflette le priorità degli Americani: dal 1968 al 1995 la quota di reddito personale che i fedeli hanno dato alla Chiesa è diminuita del 21%. Il popolo di Dio ha bisogno di essere incoraggiato a sostenere generosamente la costruzione di luoghi di culto. Vescovi e diocesi devono essere incoraggiati a privilegiare la qualità piuttosto che porre un tetto sui costi di costruzione. I fedeli dovrebbero essere disposti a spendere più per la casa di Dio che per le loro case private, e costruirla di qualità superiore agli altri edifici pubblici. C’è una storia di grande dedizione dietro la chiesa dello Spirito Santo di Atlanta, che ha ricevuto una generosa somma di denaro da alcuni parrocchiani permettendo di costruire una chiesa romanica in mattoni davvero elegante nei primi anni ’90. Altre parrocchie, pur di  costruire chiese degne e belle, hanno atteso il tempo di raccogliere somme adeguate oppure hanno scelto di costruire in più fasi.

5. Il denaro speso per le chiese sarebbe impiegato meglio per servire i meno abbienti, nutrire gli affamati ed educare la gioventù.

FALSO! Se la chiesa fosse esclusivamente un luogo di ritrovo, tale punto di vista sarebbe legittimo. E comunque una chiesa bella è anche una casa per i poveri, un luogo di nutrimento spirituale, e un catechismo di pietra. La chiesa è un faro e una città posta sulla collina. Essa può evangelizzare proprio esprimendo la bellezza, la stabilità e la trascendenza del cristianesimo. Soprattutto, la chiesa-edificio è immagine del corpo [mistico] di nostro Signore, e costruendo un luogo di culto noi siamo come quella donna che unse il corpo di Cristo con olio prezioso (Mc 14,3-9)

6. La forma a ventaglio, in cui ciascuno può vedere tutta l’assemblea ed essere vicino all’altare, è la forma più appropriata per esprimere la piena, attiva e consapevole partecipazione al corpo di Cristo.

FALSO! Questo mito proviene dall’eccessiva visione dell’assemblea come simbolo principale della chiesa. Mentre la forma  a ventaglio è ottima per attività teatrali, di insegnamento, o governative, non è invece una forma appropriata per la liturgia. Curiosamente, l’argomentazione principale portata a favore di questa forma è incoraggiare la partecipazione, eppure la disposizione semicircolare deriva da luoghi di intrattenimento. La forma a ventaglio non deriva affatto dai testi del Concilio Vaticano II, bensì dal teatro greco e romano. Fino a tempi recenti essa non è mai stata presa a modello per le chiese cattoliche. Infatti le prime chiese “teatro” furono gli auditorium protestanti del XIX secolo, progettate per convergere sul predicatore.

7. Gli edifici ecclesiastici dovrebbero essere progettati con nobile semplicità. Cappelle devozionali e immagini di santi distolgono l’attenzione dalla liturgia.

FALSO! In base a questo principio sono state costruite e rinnovate le chiese secondo criteri estremamente iconoclasti. Lo storico dell’arte Winckelmann sin dal 1755 intendeva per “nobile semplicità” la genuina opera d’arte che combinava elementi sensibili e spirituali come il bene, il bello e gli ideali morali in una forma sublime – che per lui era incarnata dall’arte classica greca. Tale “nobile semplicità” non va confusa col mero funzionalismo, col minimalismo astratto o con la rozza banalità. La Sacrosantum Concilium stabilisce che l’arte sacra deve indirizzare religiosamente le menti degli uomini a Dio e che «nel promuovere e favorire una autentica arte sacra, gli ordinari procurino di ricercare piuttosto una nobile bellezza che una mera sontuosità» [n. 124]. L’Institutio Generalis Missalis Romani stabilisce che «L'arredamento della chiesa si ispiri a una nobile semplicità, piuttosto che al fasto» [n. 292].

La preoccupazione per le distrazioni deriva dall’avversione modernista per le immagini figurative e da una mentalità didattica piuttosto che simbolica. Eppure l’ IGMR stabilisce anche che «i luoghi sacri e le cose che servono al culto siano davvero degni, belli, segni e simboli delle realtà celesti» [288]. Il Concilio Vaticano II chiede che «Si mantenga l'uso di esporre nelle chiese le immagini sacre alla venerazione dei fedeli» [S.C., n. 125]. E l’ IGMR dispone che «secondo un' antichissima tradizione della Chiesa, negli edifici sacri si espongano alla venerazione dei fedeli le immagini del Signore, della beata Vergine Maria e dei Santi; lì siano disposte in modo che conducano i fedeli verso i misteri della fede che vi si celebrano» [n. 318]

8. Le chiese cattoliche dovrebbero essere gli edifici architettonici più all’avanguardia del proprio tempo, come è sempre stato nel corso della storia.

FALSO! Per oltre quindici secoli fino alla seconda guerra mondiale, la Chiesa cattolica è stata considerata il miglior promotore di arte e architettura. La Chiesa formava artisti e architetti cristiani che a loro volta influenzavano l’architettura secolare. Nell’ultimo mezzo secolo tuttavia c’è stata un’inversione dei ruoli, e la Chiesa ha inseguito gli orientamenti della cultura secolare e gli architetti formati in una concezione non cattolica. Se precedentemente lo sviluppo dell’architettura cattolica era ispirato dalla – e nella – continuità con le opere del passato, il concetto modernista di “avanguardia” indica un progresso mediante una continua rottura col passato.

I documenti della Chiesa chiedono ai vescovi di incoraggiare e privilegiare la vera arte sacra e di «formarli allo spirito dell’arte sacra e della sacra liturgia» [S.C., n. 127]. L’attuale ritorno di interesse da parte dei fedeli verso l’architettura liturgica indica che la Santa Madre Chiesa può riconquistare il suo legittimo posto di mecenate principale. In tale ruolo essa «si è sempre ritenuta a buon diritto come arbitra, scegliendo tra le opere degli artisti quelle che rispondevano alla fede, alla pietà e alle norme religiosamente tramandate e che risultavano adatte all'uso sacro» [S.C., n. 122]. Inoltre, «i vescovi abbiano ogni cura di allontanare dalla casa di Dio e dagli altri luoghi sacri quelle opere d'arte, che sono contrarie alla fede, ai costumi e alla pietà cristiana; che offendono il genuino senso religioso, o perché depravate nelle forme, o perché insufficienti, mediocri o false nell'espressione artistica» (Sacrosantum Concilium  [n. 124]).

9. In passato, la gente vedeva nell’edificio sacro la domus Dei o “casa di Dio”, ora invece siamo tornati all’originaria visione cristiana della chiesa come domus ecclesiae o “casa del popolo di Dio”.

FALSO! Il cattolicesimo, come è stato indicato, non è una religione del “questo o quello” ma del “sia questo, sia quello” [et…et…]. Al contrario, una concezione antinomica derivante dall’Illuminismo, afferma che una chiesa non può essere nello stesso tempo casa di Dio e casa del Suo popolo, cioè delle membra del Suo corpo. Quando la chiesa è pensata esclusivamente come casa del popolo di Dio essa viene progettata come una sala orizzontale o un auditorium. Questi due nomi storici, domus Dei e domus ecclesiae, esprimono due nature dell’edificio sacro distinte ma complementari, la presenza di Dio e la comunità convocata insieme da Dio. «Tali chiese visibili non sono semplici luoghi di riunione, ma significano e manifestano la Chiesa che vive in quel luogo, dimora di Dio con gli uomini riconciliati e uniti in Cristo» (Catechismo della Chiesa Cattolica  [n. 1180]).

10. Poiché Dio dimora ovunque, Egli è presente in un parcheggio così come lo è in una chiesa. Quindi le chiese non dovrebbero più essere considerate come luoghi particolarmente sacri.
FALSO! Questa è un’idea contemporanea molto attraente che ha a che fare più con la teologia popolare che con la tradizione cattolica. Sin dall’inizio Dio ha scelto di incontrare il suo popolo in luoghi sacri. Il “suolo sacro”del Monte Sinai fu trasferito nella tenda nel deserto e nel Tempio di Gerusalemme. Con l’avvento del Cristianesimo i credenti costruirono edifici specificamente dedicati alla divina liturgia che riflettessero il tempio celeste, la sala superiore e questi luoghi sacri. Nel Diritto Canonico «col nome di chiesa si intende un edificio sacro destinato al culto divino, ove i fedeli abbiano il diritto di entrare per esercitare soprattutto pubblicamente tale culto» [can. 1214]. In quanto «luogo solitario» [Lc 6, 31] deputato alla ricezione dei sacramenti, la chiesa stessa diventa un sacramentale, con il suo centro nel santuario, che significa un luogo santo. Sia le cerimonie, sia elementi come l’altare e l’ambone, e l’arte, tutto è riferito al «sacro» e in funzione di essi sono progettati gli edifici. Quindi tentare di eliminare la peculiarità della chiesa come luogo sacro per attività sacre, significa diminuire la nostra riverenza nei confronti di Dio, che gli edifici dovrebbero invece contribuire a generare.


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