BastaBugie n�20 del 14 marzo 2008

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1 CGIL E REPUBBLICA ALL'ATTACCO DI ESSELUNGA

Autore: Alessandro Montanari - Fonte:
2 LA FAVOLA INVENTATA DELL'8 MARZO
Si tratta di una mitologia indotta per dare corpo all'ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista
Autore: Alessandra Nucci - Fonte:
3 FISCO SANGUISUGA

Autore: Rino Cammilleri - Fonte:
4 DON DI NOTO, IL PRETE ANTI-PEDOFILIA
«Corpi da gioco»: in un libro l’accusa di don Di Noto. Il prete anti pedofilia: «Notti e giorni con i volontari a stanare l’inferno in internet. Anni fa nessuno mi credeva».
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte:
5 LONDRA: OSPEDALE CATTOLICO TORNA AD ESSERE TALE
Londra, aborto in clinica cattolica: vertici licenziati in difesa della vita. Il provvedimento dell’arcivescovo di Westminster O’ Connor, patrocinatore dell’ospedale, per il rifiuto dello staff sanitario di rispettare le regole etiche. È stato già scelto un nuovo presidente.
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte:
6 L'ITALIA E IL PACIFISMO POLITICAMENTE CORRETTO MA DISGUSTOSO
L'italian way of war (e le sue conseguenze)
Autore: Anna Bono - Fonte:
7 HITLER FUGGE PER NON PREMIARE IL NERO ALLE OLIMPIADI: FALSO!
Messori : ma Hitler omaggiò Owens, Roosevelt no Una delle storie olimpiche più 'deformate' dallo scarso senso della verità è quella di Jesse Owens.
Fonte:
8 QUANDO LO STATO AIUTA A ROTTAMARE E NON A FARE FIGLI
Perché i figli sono il bene della società
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte:
9 LA VITA È CERTAMENTE UNA QUESTIONE POLITICA
Dichiarazione del Vescovo Giampaolo Crepaldi
Autore: Mons. Giampaolo Crepaldi - Fonte:

1 - CGIL E REPUBBLICA ALL'ATTACCO DI ESSELUNGA

Autore: Alessandro Montanari - Fonte:

Gliela stanno facendo pagare. Questa, perlomeno, è la sensazione di Bernardo Caprotti, cui la sinistra starebbe facendo espiare la colpa imperdonabile di aver dato alle stampe “Falce&Carrello”, (www.falcecarrello.com) il vendutissimo pamphlet sui privilegi fiscali e gli appoggi politici di cui godono nel nostro Paese le cooperative rosse. Dopo l’uscita del volumetto, infatti, velenoso ma documentatissimo, nei punti vendita del Signor Esselunga si è improvvisamente scatenata la guerra sindacale. Una guerra sospetta, che riscuote poche adesioni tra i dipendenti ma molto “pompata” a livello mediatico. Così l’indomabile Caprotti si è deciso a comprare per l’ennesima volta paginate e paginate di giornale per spiegare, ai propri clienti e al Paese, la sua verità. Ecco il testo:

Sabato 1 marzo i sindacati hanno indetto uno sciopero con 'presidio' e picchettaggio nel supermarket di viale Papiniano a Milano, esteso a tutti i negozi dell'azienda. In viale Papiniano il 'presidio', sabato mattina, era costituito da circa una cinquantina di sindacalisti esterni al negozio, cui si sono unite due signore, rappresentanti sindacali di quel supermarket. Nessun altro dei dipendenti di viale Papiniano ha aderito. Nel tardo pomeriggio di sabato, 21 lavoratori hanno scioperato nel negozio di via del Gignoro a Firenze, e 11 nel negozio di Borgo San Vitale a Bologna". L'azienda sabato 1 marzo, ha funzionato regolarmente. La bagarre stile anni '70 falsamente raffigurata da organi di parte, non c'è stata. Esselunga sabato ha 'servito' 657.424 clienti. Pretesto per questa conclamata agitazione sarebbe un accadimento tutto da chiarire sul quale le Forze dell'Ordine - prontamente intervenute su nostra chiamata - e la Magistratura esperiranno le loro indagini. Attendiamo con fiducia. Repubblica ha dedicato all'evento due intere pagine nell'edizione di sabato, e due  in quella di domenica. Raitr e, televisione di Stato, ha dato all''agitazione' ed alla sua causa un grande rilievo. La bieca luce nella quale è stata posta Esselunga, dipinta come azienda reazionaria, arcigna e senza scrupoli, nuoce grandemente alla sua reputazione ed alla sua immagine di azienda moderna, aperta, amica. Il danno che ne nasce a tutti i livelli, umani, del lavoro, commerciali, politici (pubbliche amministrazioni locali) è enorme. Riteniamo giusto portare questa verità alla conoscenza del pubblico e denunciare il clima di intimidazione artatamente creato a nostro danno da taluni sindacalisti, politicanti e giornalisti. In un palese concerto. Accertata la realtà dei fatti, ci attiveremo in ogni modo nei confronti di Cgil, Uil, Repubblica e Rai per un risarcimento dell'ingente danno subito. Ringraziamo i nostri dipendenti, i clienti e quella larga fascia di pubblico che ha conservato la propria indipendenza di giudizio, per il supporto che ci vorranno dare.



DOSSIER "ESSELUNGA"
I soprusi della Coop contro Bernardo Caprotti

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2 - LA FAVOLA INVENTATA DELL'8 MARZO
Si tratta di una mitologia indotta per dare corpo all'ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista
Autore: Alessandra Nucci - Fonte:

La festa dell'8 marzo, che in Italia si tramanda di anno in anno con l'immutabilità delle leggende, narra della lotta di classe, dello sfruttamento capitalista, del diritto al lavoro e, immancabilmente, dell'iniquità della società americana. Si tratta però di una mitologia indotta, un misto di fatti veri e meno veri ricostruiti con fantasia dal movimento sindacale, in piena Guerra Fredda, per dare corpo all'ideologia marxista e incanalare le donne il più possibile verso rivendicazioni di stampo comunista. La storia vera infatti è molto più articolata della sola iniziativa che si vuole lanciata da Clara Zetkin a Copenhagen nel 1910. L'incendio della Triangle Shirtwaist Factory di New York fu tragedia vera e immane, ma non fu riconducibile né a scioperi né a serrate, fece vittime anche fra gli uomini e oltretutto avvenne nel 1911, un anno dopo il supposto "proclama". Nella minuziosa ricostruzione storica offerta dal libro "8 marzo. Storie, miti, riti della giornata internazionale della donna" di Tilde Capomazza e Marisa Ombra (ed. Utopia, Roma, 1991), si scopre che la data dell'8 marzo fu stabilita a Mosca nel 1921, durante la "Seconda conferenza delle donne comuniste". Svoltasi all'interno della III Internazionale comunista, la conferenza decise di stabilire quella data come "Giornata internazionale dell'operaia" in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo. La "Festa della donna" fu istituita quindi nel quadro ideologico e politico che vedeva i paesi comunisti di tutto il mondo uniti per la rivoluzione del proletariato, sotto la guida dell'Unione Sovietica. Perché allora questo fatto non viene tramandato ogni 8 marzo? Per capirlo bisogna andare alle radici del femminismo, che non nasce dalle lotte del proletariato ma dalle donne del ceto medio, che già dalla metà dell'800 avevano cominciato a mobilitarsi per il diritto di voto. Quando poi, al volgere del XX secolo, venne fondato il Partito Socialista internazionale, le sue donne si divisero fra quelle disposte ad allearsi con le femministe "borghesi", e quelle che invece ritenevano che, come scrisse nel 1910 «L'Avanti!», "il proletariato femminile non può schierarsi col femminismo delle donne borghesi [...] per ottenere quelle riforme civili e giuridiche che le tolgano alla tutela e alla dipendenza dall'uomo. Questa emancipazione di sesso non scuote e può piuttosto rafforzare i cardini della presente società economica: proprietà privata e sfruttamento di classe". In poche parole le donne di sinistra accusavano le borghesi di "non attaccare a fondo l'istituto familiare, luogo privilegiato di oppressione della donna". Questa divisione può spiegare la ricostruzione dell'8 marzo come iniziativa di protesta per il terribile incendio di New York, il cui taglio anti-americano risultava tanto più efficace quanto più ne rimaneva nascosta la radice sovietica. Questa versione fu riportata infatti per la prima volta in Italia dal settimanale «La lotta», edito dalla sezione bolognese del Partito Comunista Italiano. Era il 1952, e quell'anno l'Unione Donne Italiane, settore femminile della Cgil, distribuì alle sue iscritte una valanga di librettini minuscoli, 4 cm x 6, da attaccare agli abiti insieme a una mimosa. Nel libretto c'era un resoconto dell'incendio di New York. Due anni dopo, il settimanale della Cgil, «Il lavoro», perfezionò il racconto con un fotomontaggio che ritrae un signore arcigno in bombetta dal nome inventato che si fa largo fra masse di donne tenute indietro dalla polizia. Così la data dell'8 marzo si è diffusa a tappe alterne, soprattutto in Europa. In alcuni paesi è salita alla ribalta solo da pochi anni. Negli Stati Uniti, dove le manifestazioni delle donne hanno sempre incluso le più svariate associazioni femminili, le donne socialiste tenevano già una "Festa della donna" nel 1908, che però non è mai diventato un appuntamento diffuso. È da pochissimo che si tenta di far acquistare visibilità in USA all'"International Women's Day". Nonostante infatti la crescente pubblicistica degli studi femminili, presenti in tutti gli atenei, il livello di attenzione del pubblico per l'8 marzo continua ad essere quasi del tutto inesistente.

DOSSIER "FESTA DELLA DONNA"
L'ideologia dell'8 marzo

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3 - FISCO SANGUISUGA

Autore: Rino Cammilleri - Fonte:

I pensionati stanno ricevendo in questi giorni (febbraio 2008) una lettera dall’Inps: si rechino al Caf più vicino per dichiarazioni, verifiche etc. Tanto, i pensionati non hanno niente da fare. Anche quelli che sono vecchissimi, malatissimi e solissimi. 
E’ nel dna degli statalisti (tutta la sinistra, ma anche quella ex democristiana e gli ex missini) “lottare” contro l’evasione fiscale, che per loro è il peggiore crimine che mente umana possa concepire. Questo refrain della «lotta all’evasione» lo si sente da sempre, con un picco ossessivo al tempo di Craxi (ricordate lo slogan governativo «Io pago le tasse. E tu?»; allora come oggi bisognerebbe rispondere: «E tu, Stato, cosa ne fai di tutti i soldi che ti diamo?»). Tuttavia, gli studenti di ragioneria sanno che anche la «lotta» ha un costo.

E che, se questo costo supera il guadagno, la «lotta» non merita farla. Ecco perché con i cosiddetti «grandi evasori» (quelli in milioni di euro, quelli che hanno la residenza a Monaco o a Londra o in Svizzera o alle Cayman…) il Fisco «patteggia», contentandosi di una parte di quel che gli spetta (secondo le regole, va detto, che esso stesso ha posto). Sì, perché i ricchi, potendo pagarsi fior di avvocati e di fiscalisti, possono dare tanto di quel filo da torcere al Fisco da provocare la situazione di cui si diceva sopra: un costo, anche in ordine di tempo (che è denaro) molto vicino, se non pari, all’eventuale ricavo. Meglio un uovo oggi che una gallina (forse) domani.

E’ uno dei princìpi-base della scienza economica. Perciò, il Fisco, fatti due conti, realizza che sottraendo mezzo euro a testa a milioni e milioni di poveracci indifesi, incassa molto di più, e subito, rispetto alla caccia alle, tutto sommato poche, megatrasgressioni. Così, la cosiddetta «giustizia» si risolve in un pernacchio. Tuttavia, i soliti studenti di ragioneria sanno che c’è un altro mezzo per lottare contro l’evasione: renderla poco conveniente. Il che si realizza solo tenendo basse le imposte. I miei lettori utilizzino questo piccolo promemoria per distinguere, alle prossime elezioni, chi sta davvero «dalla parte del popolo».


4 - DON DI NOTO, IL PRETE ANTI-PEDOFILIA
«Corpi da gioco»: in un libro l’accusa di don Di Noto. Il prete anti pedofilia: «Notti e giorni con i volontari a stanare l’inferno in internet. Anni fa nessuno mi credeva».
Autore: Lucia Bellaspiga - Fonte:

Corpi da gioco: questo sono i bambini per i faccendieri del sesso pedofilo. E così titola il suo libro-intervista don Fortunato Di Noto, il prete grande e grosso che da Avola, nel sud del sud, sferra da molti anni la sua guerra contro lo sfruttamento sessuale dei piccoli. 'Un po’ don Camillo e tanto missionario', come lo definisce nella premessa il giornalista Antonino D’Anna, che nel libro dialoga con lui. In 'Corpi ... da gioco' (EdiArgo) don Di Noto racconta senza eufemismi e senza reticenze i diversi aspetti del vizio più abietto, in forte espansione in tutto il mondo, come dimostra la cronaca. E lo fa con la lucida competenza di chi ormai naviga nella Rete con la stessa destrezza dei pedopornografi, sapendo che per stanarli nei meandri incontrollati di Internet deve essere più bravo di loro.
Gli inizi. Quando il prete di Avola, oggi 44enne, cominciò la sua lotta, precorreva i tempi della giustizia, visto che il reato di pedopornografia non esisteva ancora, per il diritto italiano. 'Il primo processo che abbiamo vinto fu a Cologno Monzese nel 1997 - racconta nel libro - dopo la nostra denuncia di un provider che divulgava materiale pedopornografico. Fu la prima condanna, ma per atti osceni in luogo pubblico...'.
Sarà vero? I primi anni, come era già avvenuto per il fenomeno mafia, don Di Noto fece fatica a far passare l’idea che esistesse una cosa abnorme come la pedopornografia: 'All’inizio ci fu una grande solitudine, non c’era assolutamente attenzione nei confronti della tutela per l’infanzia, anche perché, devo dire la verità, non ci credeva nessuno. Ora da anni con la Polizia Postale ho un rapporto di proficua collaborazione: moltissime inchieste e operazioni nascono dalle nostre denunce'.
Senno di poi. Oggi la piaga della pedofilia è fin troppo evidente. C’è invece da combattere il tentativo costante di legittimarla: 'E quando c’è la legittimazione culturale c’è anche quella dell’abuso e dunque la normalizzazione di poter avere rapporti sessuali con bambini'.
L’inferno. Don Di Noto e i suoi volontari di 'Meter' si alternano giorno e notte al computer per combattere la piaga, la cui crudeltà cresce: 'Ricordo una giornalista che venne spavalda a provocarmi dicendo che non era vero nulla, che voleva vedere quei siti. Le risposi che erano immagini drammatiche, ma lei obiettò che aveva visto la guerra... L’accontentai. Poi l’abbiamo portata d’urgenza all’ospedale'.
Complicità. 'Il problema è che la violenza sessuale sui piccoli avviene in casa, al coperto. Per cui qualcuno può sempre chiedersi: ma è vero? Certo che lo è, anche se accade nell’intimità delle stanze, nei tuguri di tutto il mondo. Ciò dimostra come l’abuso sessuale avvenga nella complicità e nella corruzione'.
Tolleranza... In Italia non esiste il reato di pedofilia: 'Esiste solo il reato di abuso sessuale. La parola pedofilia non esiste nella legge: in fondo è vista ancora come tendenza, un orientamento sessuale che diventa reato quando c’è l’abuso del bambino'.
'Turismo'. Viaggiano, i pedofili italiani. Vanno in Cambogia, Vietnam, Africa... 'Anche in Italia. L’Italia, nella Guida Mondiale del sesso disponibile su Internet, è citata come una delle migliori località'.


5 - LONDRA: OSPEDALE CATTOLICO TORNA AD ESSERE TALE
Londra, aborto in clinica cattolica: vertici licenziati in difesa della vita. Il provvedimento dell’arcivescovo di Westminster O’ Connor, patrocinatore dell’ospedale, per il rifiuto dello staff sanitario di rispettare le regole etiche. È stato già scelto un nuovo presidente.
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte:

L’ arcivescovo di Westminster, Cormac Murphy -O’ Connor, ha costretto alle dimissioni il Consiglio di amministrazione di un prestigioso ospedale cattolico londinese, del quale è patrocinatore, e nominato un nuovo presidente, Lord Guthrie di Craigiebank, ex capo di Stato maggiore. Questo avrà ora il compito di nominare il nuovo Consiglio dopo che i membri di quello vecchio si erano rifiutati di adottare nuove misure etiche prescritte dall’alto pre- lato. Appena insediatosi nella carica, Lord Guthrie ha confermato che il St John and St. Elizabeth Hospital non sarà venduto, come temuto nei giorni scorsi, e dunque continuerà a essere guidato «dai valori cattolici».
  I medici dell’ospedale, spesso scelto dai Vip, non potranno prescrivere contraccettivi, effettuare o prescrivere aborti. Tutto lo staff dell’ospedale dovrà rispettare un codice che non sia in conflitto con gli insegnamenti cattolici. Tra le regole ci sarà quella di non offrire alle donne in attesa l’amniocentesi per individuare malattie come la sindrome Down e il trattamento di fecondazione in vitro. Il cardinale Murphy-O’Connor aveva ordinato una revisione del codice nel 2005, dopo che alcuni medici dell’ospedale avevano prescritto la pillola del giorno dopo e considerato l’aborto per alcune pazienti. Qualche giorno fa, uno dei chirurghi del St John and St. Elizabeth ha addirittura ammesso di aver effettuato un’operazione di cambiamento di sesso su una donna che desiderava diventare uomo. In una lettera a Robin Bridgeman, l’allora presidente dell’ospedale, il cardinale aveva chiesto più chiarezza perché «un ospedale cattolico con una visione chiara di ciò che rispetta la persona umana non può offrire ai suoi pazienti, cattolici o non cattolici, tutti i servizi che vengono regolarmente accettati dalla società».
  L’ospedale fu fondato nel 1856 dalle Sisters of Mercy che avevano lavorato assieme a Florence Nightingale nella guerra di Crimea. È un ospedale indipendente, finanziato dallo Stato, da contribuenti privati e dalla comunità cattolica, il che significa che i pazienti devono pagare. Nonostante sia da sempre un’istituzione cattolica, è aperto anche a pazienti di altre religioni e il suo reparto di maternità è spesso scelto dalle celebrità che vivono nei quartieri vicini come St John’s Wood, Hampstead e Primrose Hill. Le attrici Cate Blanchett e Emma Thompson hanno partorito qui, così come la modella Kate Moss e l’ex moglie di Paul McCartney Heather Mills.


6 - L'ITALIA E IL PACIFISMO POLITICAMENTE CORRETTO MA DISGUSTOSO
L'italian way of war (e le sue conseguenze)
Autore: Anna Bono - Fonte:

In Italia ormai anche la guerra deve essere ‘politicamente corretta’. Perciò si vorrebbe addirittura che la forza impiegata dai nostri soldati fosse proporzionata a quella di cui è dotato il nemico: come se, quando scoppia un conflitto, non ci fosse in gioco la vita di chi sta combattendo e come se l’obiettivo dei contendenti non fosse la sconfitta dell’avversario; e, perciò, si aprono inchieste giudiziarie per chiarire le condizioni in cui i militari italiani uccidono durante gli scontri a fuoco: dunque, siamo una nazione che non soltanto è incapace di sopportare delle perdite in battaglia, ma che non ammette neppure di infliggerne ai nemici.
Difatti, i nostri governi da anni negano che i contingenti italiani impegnati su fronti di guerra partecipino direttamente ad azioni offensive, cosa che in realtà avviene, e quasi a malincuore ne riconoscono il compito di supporto agli eserciti alleati durante gli attacchi condotti da questi ultimi. Si è arrivati persino al paradosso linguistico di parlare di guerra senza mai usare questo termine e usando al posto forme lessicali che includono tutte la parola ‘pace’, cioè il suo contrario: i nostri sono “soldati di pace” che svolgono “operazioni di pace” o, in alternativa, “missioni umanitarie”. Per dimostrarlo, si attua una costante selezione delle immagini e delle informazioni tesa a presentarli sempre intenti ad attività assistenziali a beneficio delle popolazioni locali. Conseguentemente, anche la parola ‘nemico’ è bandita dal vocabolario dei politici e dei vertici militari: nei comunicati stampa si preferiscono espressioni quali “uomini armati”, “elementi ostili”, “forze non identificate”.
Di questo singolare modo italiano di condurre la guerra, e delle sue conseguenze, parla 'Iraq-Afghanistan. Guerre di pace italiane', il libro del giornalista ed esperto di difesa Gianandrea Gaiani appena pubblicato dalla casa editrice Studio LT2. Come suggerisce il titolo, l’analisi verte soprattutto sulle modalità di svolgimento delle due missioni alle quali l’Italia ha partecipato dopo aver aderito, all’indomani degli attentati dell’11 settembre 2001, all’alleanza dei paesi minacciati dal terrorismo islamico. È infatti su queste due missioni che ha pesato maggiormente l’influenza dello schieramento antioccidentale sostenuto dai partiti di estrema sinistra e principale responsabile di questa atipica italian way of war: uno schieramento che, dopo l’11 settembre, è diventato un vero e proprio fronte interno, capace di convincere vasti strati dell’opinione pubblica e di incidere sulle scelte del governo italiano in materia di politica estera e di difesa.
Si devono al governo Berlusconi i primi caveat che hanno limitato l’operatività delle nostre truppe in Afghanistan, benché l’esecutivo di centro-destra certo non dubitasse dell’utilità di liberare Kabul dai talebani e ancor meno dell’appartenenza dell’Italia all’Occidente e della realtà della guerra dichiarata da al Qaeda alla nostra civiltà. Poi, con la vittoria nel 2006 della coalizione guidata da Romano Prodi, che ha portato al governo i portavoce delle formazioni antioccidentali e no global, la collocazione del nostro paese è diventata meno netta e si è accentuata la pericolosa posizione di faglia che l’Italia occupa a causa delle divisioni politiche e sociali che la caratterizzano.
Il consenso alla guerra contro il terrorismo islamico si è quindi ridotto con ulteriori ripercussioni negative sul piano militare, ben documentate nella precisa e dettagliata ricostruzione di Gianandrea Gaiani. Il quadro che ne risulta è estremamente allarmante: per vincere bisogna almeno sapere di essere in guerra; per vincere riducendo al minimo i costi umani ed economici, bisogna dotare i propri combattenti di tutto il potenziale offensivo disponibile e permettere che lo usino secondo necessità. Finora l’Italia non lo ha fatto.


7 - HITLER FUGGE PER NON PREMIARE IL NERO ALLE OLIMPIADI: FALSO!
Messori : ma Hitler omaggiò Owens, Roosevelt no Una delle storie olimpiche più 'deformate' dallo scarso senso della verità è quella di Jesse Owens.
articolo non firmato

Secondo un’agiografia spicciola e profondamente retorica, l’eroe 'nero' dei Giochi di Berlino del 1936 urtò la suscettibilità dell’'uomo nero' Adolf Hitler, il quale non solo rimase profondamente offeso dallo strapotere atletico dell’afroamericano (vincitore di 4 medaglie d’oro), ma addirittura perse le staffe e disertò la cerimonia di premiazione all’Olympiastadion. Un falso storico, che però come ogni leggenda metropolitana che ha una funzione semplificatrice degli eventi del secolo breve, si vende gratuitamente da settant’anni a questa parte. Ci uniamo pertanto all’indignazione critica di Vittorio Messori che in un articolo (Santi laici) sul mensile Il Timone, in mezzo a una seria di pseudomiti del mondo laico, ripropone la vera storia e il falso conflitto HitlerOwens. Messori lo fa con gli strumenti che dovrebbero essere alla base di ogni sana ricerca storica, le fonti e le citazioni autobiografiche dei protagonisti e in questo caso della presunta vittima, Owens. Hitler non lasciò la tribuna e assistette fino alla fine alla celebrazione delle vittorie, ricorda Messori, che cita le parole di Owens: «Penso che giornalisti e scrittori mostrarono cattivo gusto inventando poi un’ostilità che non ci fu affatto». E siccome poi la storia si nutre di gustosi, quando anche di amari paradossi, la 'parte del cattivo' rispetto a Owens, sottolinea ancora Messori , non venne recitata dal Führer, ma dal suo presidente Franklin Delano Roosevelt. Mentre la Germania nazista aveva tributato al campione olimpico tutti gli onori che meritava, negli Stati Uniti il suo ritorno venne salutato come quello del 'povero negro' che ce l’aveva fatta, ma solo dal suo popolo della Quinta Strada di New York. Mentre ogni yankee che si contraddistingueva nello sport aveva diritto all’incontro privato alla Casa Bianca con il presidente degli Stati Uniti, a Owens quell’onore venne negato e Roosevelt non gli strinse mai la mano. Pertanto fa bene Messori ad aggiornare la storia con la cruda verità di quel leggendario eroe olimpico che malinconicamente raccontava: «Almeno in quella occasione, i veri razzisti non furono i tedeschi, ma gli americani».


8 - QUANDO LO STATO AIUTA A ROTTAMARE E NON A FARE FIGLI
Perché i figli sono il bene della società
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte:

« Le famiglie italiane si rassegnino: la situazione di penalizzazione è identica in tutta Europa».
 Potrebbe essere questa la reazione rassegnata di fronte alla grandiosa raccolta di firme che il Forum delle famiglie ha promosso per un fisco equo e rispettoso del contributo fornito dalla famiglia al bene comune.
  In realtà, le cose stanno diversamente, perché la situazione italiana di penalizzazione fiscale della famiglia è una grave anomalia, per esempio rispetto a grandi Paesi come la Germania e la Francia.
  In Italia una famiglia composta da 4 persone con coniuge e 2 figli a carico e il cui reddito è di 25.000 euro paga 1.725 euro di tasse. Ebbene, lo stesso tipo di famiglia paga in Germania 628 euro e in Francia 52 euro.
  Facciamo un altro esempio e consideriamo lo stesso tipo di famiglia, ma con un reddito di 50.000 euro.
  Ebbene, questa famiglia in Italia paga 13.217 euro di tasse, in Germania ne paga 7.193 e in Francia ne paga 2.158.
  Come si vede da questi confronti le differenze sono abissali e la famiglia italiana è veramente tartassata in modo iniquo. La percezione dell’ingiustizia si acuisce se si raffronta la tassazione di cui è oggetto la famiglia con quella di cui è oggetto un single, perché, a parità di reddito, in Italia un single paga poco più di uomo che ha moglie e figli a carico.
  Eppure le spese che una famiglia sostiene per il mantenimento dei figli sono spese che vanno a beneficio della società, perché il primo e principale contributo al bene comune risiede nella procreazione, nel mantenimento e nell’educazione di nuovi esseri umani, senza i quali la società si estingue. Naturalmente stiamo parlando di spese ordinarie fatte per i figli, non di spese fatte per farli vivere nel lusso, nel superfluo, ed è per questo che il Forum delle famiglie propone di dedurre dal reddito imponibile il minimo vitale annuale necessario per ogni figlio.
 Attualmente, invece, il risparmio corrisposto per ogni figlio in Italia è irrisorio. Ad esempio, se un lavoratore ha un reddito di 25.000 euro e ne spende circa 15.000-16.000 per mantenere due figli, beneficia di un risparmio di imposta di 1.000 euro. L’assurdo è che se versa la medesima cifra per sostenere un partito, allora il risparmio si incrementa e sale a 3.000 euro. Se poi un lavoratore percepisce un reddito di 91.000 euro e ne spende 32.000 per mantenere 4 figli, non risparmia nulla al momento del pagamento delle tasse, mentre se versa la stessa cifra ad un partito ottiene un risparmio di 6.080 euro.
  Insomma, se si versano soldi ai partiti, se si ristrutturano gli immobili, se si rottamano le automobili lo Stato concede dei benefici; se si generano, educano e mantengono i figli invece quasi nessuno. È veramente importante firmare e invitare a firmare quante più persone sia possibile.


9 - LA VITA È CERTAMENTE UNA QUESTIONE POLITICA
Dichiarazione del Vescovo Giampaolo Crepaldi
Autore: Mons. Giampaolo Crepaldi - Fonte:

Su vita e morte il compromesso non c´è. Il discorso pubblico deve alzarsi di livello. Laici e cattolici definiscano forme nuove di iniziativa pubblica. Questo il messaggio centrale di una Dichiarazione di Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e Presidente del nostro Osservatorio pubblicata il  5 marzo. 

Nella campagna elettorale in corso in Italia è puntualmente riemersa la questione dei cattolici e dei laici. E purtroppo sembrano ancora prevalere visioni superate, che interpretano questo incontro politico tra laici e cattolici come un compromesso al ribasso, nel quale gli uni e gli altri debbano rinunciare a qualcosa. Davanti ai problemi cosiddetti etici, si dice, si dovrà discutere e trovare un punto di equilibrio. Solo che non si capisce in cosa possa consistere il compromesso davanti a problemi che riguardano la vita e la morte. Ci si metterà d’accordo sul numero di embrioni da sacrificare? Si troverà un compromesso sul numero di settimane entro cui si potrà abortire? O si eliminano i 10 comandamenti in politica e allora laici e cattolici non dialogano più, ma non per motivi di fede, bensì perché sono venute meno le basi razionali del confronto, oppure si prende atto che esiste una legge morale naturale (i 10 comandamenti appunto) che ci dà anche dei precetti assolutamente negativi, ossia da non fare mai e in nessuna situazione, come per esempio: non uccidere. Ora, su questi in cosa consisterebbe il confronto e il compromesso? Neanche l’argomento della distinzione tra etica e politica ha in questo caso un significato, perché esso non può valere per gli atti intrinsecamente negativi.
Bisognerebbe porre maggiore attenzione ad un fatto nuovo di ampia portata politica: la nascita di nuovi laici e nuovi cattolici che vogliono dialogare e intendersi non al ribasso ma al rialzo, non per mediare ma per fare proposte culturali positive alla società, non per trovare il compromesso e adattarsi a quanto avviene ma con il coraggio della ragione e della fede che si sanno incontrare per proporre cosa dovrebbe avvenire. Questi nuovi laici chiedono ai cattolici di essere pienamente se stessi, questi nuovi cattolici chiedono ai laici di “aprire la ragione”e nessuno chiede all’altro di scendere a compromessi.
Ha detto Benedetto XVI che democrazia non è sinonimo di compromesso e il bene comune non è il minor male possibile. E’ confronto di idee, è lotta culturale. Il suo sale è la capacità di proporre coraggiosi scenari non solo sulla riduzione dell’Ici, ma anche sulla difesa della vita, sui limiti della tecnica e su cosa proponiamo alle giovani generazioni: proponiamo loro di fare quello che già fanno o qualcosa di diverso e di più? “I temi etici non dovrebbero entrare in campagna elettorale?” – si dice. E perché mai? “Perché dividono laici e cattolici”. Ma laici e cattolici sono divisi dall’indifferenza reciproca che nasce dall’idea di essere disposti già fin da subito al compromesso al ribasso come destino.
I problemi politici di oggi sono inediti. Il papa ci ha ricordato che con l’inseminazione artificiale abbiamo superato la soglia della legge morale naturale. Vogliamo vivere senza questo orizzonte di valori e indicazioni? Vogliamo vivere anche senza i 10 comandamenti perché sarebbe integralismo proporli culturalmente e politicamente? Come ostacoleremo lo “spirito di tecnicità” che mira a fare dell’uomo (e della società) un prodotto? Alleando ragione e fede in una grande battaglia per l’uomo, oppure tenendo la fede nella propria coscienza perché con i “valori degli altri” si deve giungere a compromesso? Ma i valori degli altri li rispetto veramente quando coraggiosamente mi confronto con essi nel dialogo razionale, non quando metto da parte i miei per incontrare i loro ad un livello più basso.
Con la prospettiva di un compromesso al ribasso, il significato politico dei “valori non negoziabili” di cui ci ha parlato Benedetto XVI viene perduto. Con la prospettiva di un dialogo al rialzo esso appare in tutta la sua freschezza e novità.


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