BastaBugie n�169 del 03 dicembre 2010
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LA BUSSOLA QUOTIDIANA: INIZIA L'8 DICEMBRE 2010 UN AMBIZIOSO PROGETTO DI CONTROINFORMAZIONE VIA INTERNET
Il direttore responsabile di BQ scrive ai lettori di BastaBugie
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: BastaBugie
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UNO DEGLI AUTORI DI VIENI VIA CON ME CAMUFFA LA REALTA' ROVESCIANDOLA E METTE IL SILENZIATORE AI MALATI E ALLE LORO FAMIGLIE
Michele Serra e compagni: vergogna!
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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IL PAPA, IL PRESERVATIVO E GLI IMBECILLI
Quando non si crede a Gesù e non ci si fida della Chiesa, si finisce non a non credere a niente, bensì a credere a tutto (perfino ai titoli dei giornali!)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: iltimone.org
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LA TURCHIA E' UN'ALLEATA DELL'IRAN E SOSTIENE GRUPPI TERRORISTICI
Finalmente gettata la maschera: la Turchia fa parte del mondo musulmano, ecco perché non può essere un Paese dell’Occidente
Fonte: Corrispondenza Romana
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IL REGIME CINESE ORDINA VESCOVO UN SUO BUROCRATE E LO VUOLE IMPORRE AI CATTOLICI, POI ACCUSA LA CHIESA DI LIMITARE LA LIBERTA' RELIGIOSA
Avranno pensato: invece di farsi massacrare e perseguitare in silenzio questi odiosi cattolici osano perfino lamentarsi!
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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LA CREMAZIONE E' AMMESSA DALLA CHIESA, MA SOLO SE NON SI METTE IN DUBBIO LA RISURREZIONE DEI CORPI (E COMUNQUE E' PREFERIBILE LA SEPOLTURA SULL'ESEMPIO DI CRISTO CHE FU SEPOLTO)
Per le ceneri è comunque proibita la dispersione in natura, la sepoltura in giardino e la conservazione in casa
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: Il Giornale
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ZAPATERO SDOGANA LE MAMME IN AFFITTO AGGIRANDO LA LEGGE: REGISTRATE LE NASCITE ALL’ESTERO
Interessati particolarmente i gay: entrambi i partner (a prescindere dal sesso) potranno registrarsi come progenitori del bambino
Autore: Michela Coricelli - Fonte: Avvenire
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UNA MAMMA DI REGGIO EMILIA HA DETTO NO ALLA CHEMIOTERAPIA: NON CURATEMI, IL MIO BAMBINO DEVE NASCERE
Si allunga l'elenco di donne che hanno fatto il loro dovere di mamme: Santa Gianna Beretta Molla (1962), Cristina Cella (1995), Rita Fedrizzi (2005), Anna Negri (2005), Tonia Accardo (2008)
Autore: Davide Parozzi - Fonte: Avvenire
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MOSCHEA A FIRENZE? SBAGLIA CHI PENSA CHE CRISTIANI E MUSULMANI PREGHINO LO STESSO DIO MA CON NOMI DIVERSI
Inoltre la storia dovrebbe insegnare che la religione islamica avanza nella misura in cui conquista un territorio
Fonte: Corrispondenza Romana
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IL NUOVO LIBRO LUCE DEL MONDO SVELA IL VERO BENEDETTO XVI
Un intellettuale lungimirante, dalla fede limpida ed entusiasta
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: L'Ottimista
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LETTERE ALLA REDAZIONE: E' GIUSTO AFFIDARE I FIGLI A GINECOLOGI E CONSULTORI? CI SI PUO' FIDARE CIECAMENTE?
Il ruolo educativo della famiglia e un sostegno spirituale reggono meglio alle sfide dei giovani
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE - ANNO A - (Lc 1,26-38)
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LA BUSSOLA QUOTIDIANA: INIZIA L'8 DICEMBRE 2010 UN AMBIZIOSO PROGETTO DI CONTROINFORMAZIONE VIA INTERNET
Il direttore responsabile di BQ scrive ai lettori di BastaBugie
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: BastaBugie, 1° dicembre 2010
Cari amici e lettori di BastaBugie, visto che apprezzate questo servizio alla verità grazie agli articoli che trovate qui raccolti ogni settimana, volevo informarvi che tra qualche giorno, per la precisione l'8 dicembre (una scelta non casuale, perché abbiamo voluto porre il nostro lavoro sotto la protezione di Maria Immacolata) partirà un nuovo quotidiano online di ispirazione cattolica, che spero vi possa piacere. Si potrà consultare gratis (www.labussolaquotidiana.it, ma non cliccatelo prima dell'8 dicembre perché la pagina non si aprirà se non quel giorno) e si chiamerà, appunto La Bussola quotidiana (BQ). Vogliamo tentare di offrire uno sguardo cattolico sulle notizie del giorno, intervenendo anche in tempo reale quando ci troviamo di fronte ad attacchi pretestuosi contro la Chiesa o a malevole interpretazioni del suo messaggio. Non abbiamo posizioni ideologiche da difendere, nel fluire quotidiano delle notizie vogliamo promuovere una concezione dell’uomo adeguata alla sua dignità. Per questo nessun aspetto della realtà ci sarà estraneo: dalla politica alle relazioni internazionali, dalle emergenze sociali all’economia, dalle espressioni culturali allo sport, tutto sarà giudicato cercando di cogliere nel particolare della cronaca il destino di ogni singolo uomo. Il nostro motto è la frase attribuita a Sant'Agostino: “In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas” (Unità nell’essenziale, libertà in ciò che è dubbio e discutibile, la carità in ogni cosa). Il nuovo giornale online nasce dall’amicizia di alcuni giornalisti cattolici consolidatasi intorno all’esperienza del mensile “Il Timone”. Il direttore editoriale della Bussola sarà Vittorio Messori, io il direttore responsabile, in redazione ci saranno come caporedattore Riccardo Cascioli e come redattori Marco Respinti e Antonio Giuliano. I collaboratori saranno i tanti già noti ai lettori del Timone e altri nuovi che porteranno il loro contributo per la loro esperienza in specifici settori. Tra questi citiamo: Ettore Gotti Tedeschi, Robi Ronza, Massimo Introvigne, Giorgio Torelli, Gianfranco Fabi, Rino Cammilleri, Vincenzo Sansonetti, Francesco Agnoli, Carlo Bellieni, Bernardo Cervellera, Mario Palmaro, Giacomo Samek Lodovici, Piero Gheddo, Giorgio Carbone, Roberto Marchesini, Gianni Valente. La Bussola quotidiana dal lunedì al venerdì avrà alcuni nuovi articoli nuovi inseriti ogni giorno per intervenire tempestivamente sui fatti di maggiore attualità o proponendo notizie e approfondimenti su fatti ignorati dai grandi mezzi di comunicazione. Accanto a questi articoli sono previste sette rubriche (tra cui l’Aperitivo quotidiano con Messori e l’Almanacco di Rino Cammilleri). Ci sarà poi un numero speciale per il fine settimana, che conterrà alcuni articoli di approfondimento (soprattutto di cultura) e alcune rubriche: dal prestigioso Prisma di Robi Ronza ai suggerimenti sulle cose da fare e da vedere (cinema, libri, arte, itinerari).
Nota di BastaBugie: la Bussola vivrà di donazioni libere. Per questo è stata costituita l’Associazione Sostenitori della Bussola (cc. presso la Banca Popolare di Intra (filiale di Ghemme), IBAN: IT 81 N 05035 45420 226570343021). Potete contribuire alla partenza di questo ambizioso e importante progetto.
Fonte: BastaBugie, 1° dicembre 2010
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UNO DEGLI AUTORI DI VIENI VIA CON ME CAMUFFA LA REALTA' ROVESCIANDOLA E METTE IL SILENZIATORE AI MALATI E ALLE LORO FAMIGLIE
Michele Serra e compagni: vergogna!
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 24 novembre 2010
Sul settimanale satirico “Cuore” c’era una volta la rubrica “Vergogniamoci per loro”, presentata come un “servizio di pubblica utilità per chi non è in grado di vergognarsi da solo”. Forse oggi dovremmo ricordare quella rubrica proprio a Michele Serra, il fondatore di “Cuore”. Chiedendogli se non crede di meritarla dopo il corsivo che ieri ha pubblicato sulla Repubblica. Io penso che gli esseri umani, seppure divisi da occasionali diversità di vedute, possano e debbano incontrarsi nell’universale pietà per il dolore che segna tragicamente la nostra condizione umana. Credo che Serra dovrebbe rifletterci seriamente. Purtroppo ieri, lui che è uno degli autori di “Vieni via con me”, ha liquidato col ditino alzato la richiesta di molte persone affette da gravi malattie, che lottano per vivere e per vivere in condizioni migliori, di potersi raccontare in quel programma così come, nello stesso programma, è stata raccontata la storia di Welby e degli Englaro. Da una settimana questi malati lo chiedono ogni giorno dalla prima pagina di “Avvenire”, denunciano che si sentono soli, silenziati e che vogliono continuare a vivere. Ma a quanto pare Serra, Saviano, Fazio e compagni, hanno decretato che costoro non hanno diritto di parola nella “loro” televisione. Certo la pietà verso il dolore degli altri esseri umani, visitati da malattie terribili, non è un dovere di legge. Ma quando si tratta di televisione pubblica è anche un problema collettivo. Il corsivo di Serra mi è parso alquanto infelice laddove definisce certi ammalati come coloro che “desiderano rimanere in vita a oltranza”. Con una vena di (spero involontaria) ironia. Serra è arrivato a sostenere che quanti li assistono hanno “un vantaggio oggettivo” (sic!), che sarebbe quello di “operare senza ostacoli giuridici e senza alcuna ostilità di tipo etico”. Mi auguro che chi scrive cose del genere non debba mai sperimentare direttamente, sulla propria pelle o su quella dei suoi cari, questo meraviglioso “vantaggio” di cui favoleggia. Spero che non conosca mai lo strazio disumano di vedere un giovane figlio in coma e di non sapere se si sveglierà e in quali condizioni. Se Serra uscisse dal suo salotto ideologico piccolo borghese, dove le parole stanno col culo al caldo come lui, e se andasse negli ospedali ad ascoltare chi vive quel dolore feroce, imparerebbe che alla tragedia – già insopportabile – dei nostri figli crocifissi (dalla Sla o dal coma o da altri orrori) ogni famiglia deve aggiungere l’umiliazione e la sofferenza di trovarsi pressoché sola, smarrita in un inferno, senza aiuti, senza mezzi, senza sostegno (tanto che spesso qualcuno – mamma o papà – è costretto addirittura a lasciare il lavoro). Ed è una beffa affermare che costoro non hanno ostacoli giuridici o etici. Sulla sua comoda amaca, Serra sembra non curarsi del grido di aiuto che sale da tante famiglie che letteralmente si svenano e si sfasciano per poter soccorrere i loro figli precipitati nel buio. Costoro non hanno diritto di raccontare la loro strenua lotta per la vita a “Vieni via con me”. Anzi. Serra arriva addirittura a definire i cattolici, che vogliono dar voce a questi malati e alle loro famiglie silenziate, come “i forti” che pretenderebbero di coartare i deboli, perché si permettono “di protestare dall’alto di una libertà riconosciuta” per chiedere di far parlare tutti. Ma che vuol dire? Serra scrive: “dall’alto di una libertà”. Ma di quale altezza e di quale libertà sta sproloquiando? E’ lui, Serra, che pontifica “dall’alto” della sua libertà di opinionista, sano (buon per lui) e autore televisivo. I nostri figli invece vivono nel baratro della malattia. Dove non hanno neanche la libertà di muovere una mano o di pronunciare una parola o di mangiare. Serra aggiunge un’altra espressione: “dall’alto di una libertà riconosciuta”. Quale “libertà riconosciuta” avrebbero un ragazzo crocifisso e i suoi genitori? Allude forse alla libertà di vivere? Dobbiamo forse considerare una graziosa concessione dello Stato o di lorsignori pensatori il fatto che una figlia ammalata viva? Non credo. Tale libertà non è una concessione di nessuno stato. Il problema è semmai rappresentato dalle tantissime libertà che questi malati non hanno. Praticamente non hanno nessuna libertà e – adesso – viene negata loro anche la libertà di gridare in televisione la loro richiesta di aiuto. Non è serio né giusto cambiare le carte in tavola. Questi malati, insieme ai cattolici – a dire di Serra – protestano “dall’alto di una libertà riconosciuta contro chi uguale libertà non ha. Forti che protestano contro deboli: non è neanche molto sportivo”. E’ un capovolgimento della verità scandaloso. Perché nessuno dei malati che ogni giorno Avvenire mette in prima pagina ha protestato “contro” Welby o Englaro. Nessuno di loro ha preteso di impedire che venisse raccontata di nuovo in tv la storia di Welby o Englaro. Semplicemente chiedono di poter raccontare pure la loro. I “forti” casomai sono Serra, Fazio e Saviano che da tv e giornali – a loro disposizione – teorizzano che questi non abbiano diritto di parola nel loro programma (dando evidentemente per scontato che la Rai sia cosa loro e non una televisione pubblica, pagata dai soldi di tutti). Questa logica dei forti contro i deboli si piega solo davanti ad altri forti, come il ministro dell’Interno che è riuscito a ottenere una replica, perché è un ministro potente. Ma ai deboli nulla sembra sia dovuto. Invece tutti abbiamo – o dovremmo avere – il dovere della pietà. E della solidarietà. Parole che forse non hanno (più) cittadinanza a sinistra.
Fonte: Libero, 24 novembre 2010
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IL PAPA, IL PRESERVATIVO E GLI IMBECILLI
Quando non si crede a Gesù e non ci si fida della Chiesa, si finisce non a non credere a niente, bensì a credere a tutto (perfino ai titoli dei giornali!)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: iltimone.org, 22-11-2010
In settimana, quando esce il libro-intervista del Papa, ne parleremo come merita. Oggi invece parliamo di imbecilli. Dalle associazioni gay a qualche cosiddetto tradizionalista, tutti a dire che il Papa ha cambiato la tradizionale dottrina cattolica sugli anticoncezionali. Titoli a nove colonne sulle prime pagine. Esultanza dell’ONU. Commentatori che ci spiegano come il Papa abbia ammesso che è meglio che le prostitute si proteggano con il preservativo da gravidanze indesiderate: e però, se si comincia con le prostitute, come non estendere il principio ad altre donne povere e non in grado di allevare figli, e poi via via a tutti? Peccato, però, che – come spesso capita – i commentatori si siano lasciati andare a commentare sulla base di lanci d’agenzia, senza leggere la pagina integrale sul tema dell’intervista di Benedetto XVI, che pure fa parte delle anticipazioni trasmesse ai giornalisti. Il Papa, in tema di lotta all’AIDS, afferma che la «fissazione assoluta sul preservativo implica una banalizzazione della sessualità», e che «la lotta contro la banalizzazione della sessualità è anche parte della lotta per garantire che la sessualità sia considerata come un valore positivo». Nel paragrafo successivo – traducendo correttamente dall’originale tedesco – Benedetto XVI continua: «Ci può essere un fondamento nel caso di alcuni individui, come quando un prostituto usi il preservativo (wenn etwa ein Prostituierter ein Kondom verwendet), e questo può essere un primo passo nella direzione di una moralizzazione, una prima assunzione di responsabilità, sulla strada del recupero della consapevolezza che non tutto è consentito e che non si può fare ciò che si vuole. Ma non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV. Questo può basarsi solo su di una umanizzazione della sessualità». Non so se il testo italiano che uscirà tradurrà correttamente «un prostituto», come da originale tedesco, o riporterà – come in alcune anticipazioni giornalistiche italiane - «una prostituta». «Prostituto», al maschile, è cattivo italiano ma è l’unica tradizione di «Prostituierter», e se si mette la parola al femminile l’intera frase del Papa non ha più senso. Infatti le prostitute donne ovviamente non «usano» il preservativo: al massimo lo fanno usare ai loro clienti. Il Papa ha in mente proprio la prostituzione maschile, dove spesso – come riporta la letteratura scientifica in materia – i clienti insistono perché i «prostituti» non usino il preservativo, e dove molti «prostituti» - clamoroso il caso di Haiti, a lungo un paradiso del turismo omosessuale – soffrono di AIDS e infettano centinaia di clienti, molti dei quali muoiono. Qualcuno potrebbe dire che «prostituto» si applica anche al gigolò eterosessuale che si accompagna a pagamento con donne: ma l’argomento sarebbe capzioso perché è tra i «prostituti» omosessuali che l’AIDS è notoriamente epidemico. Stabilito dunque che le gravidanze non c’entrano, perché dalla prostituzione omosessuale è un po’ difficile che nascano bambini, il Papa non dice nulla di rivoluzionario. Un «prostituto» che ha un rapporto mercenario con un omosessuale – per la verità, chiunque abbia un rapporto sessuale con una persona dello stesso sesso – commette dal punto di vista cattolico un peccato mortale. Se però, consapevole di avere l’AIDS, infetta il suo cliente sapendo d’infettarlo, oltre al peccato mortale contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché si tratta di omicidio, almeno tentato. Commettere un peccato mortale o due non è la stessa cosa, e anche nei peccati mortali. c’è una gradazione. L’immoralità è un peccato grave, ma l’immoralità unita all’omicidio lo è di più. Un «prostituto» omosessuale affetto da AIDS che infetta sistematicamente i suoi clienti è un peccatore insieme immorale e omicida. Se colto da scrupoli decide di fare quello che – a torto o a ragione (il problema dell’efficacia del preservativo nel rapporto omosessuale non è più morale ma scientifico) – gli sembra possa ridurre il rischio di commettere un omicidio non è improvvisamente diventato una brava persona, ma ha compiuto «un primo passo» - certo insufficiente e parzialissimo – verso la resipicenza. Di Barbablù (Gilles de Rais, 1404-1440) si dice che attirasse i bambini, avesse rapporti sessuali con loro e poi li uccidesse. Se a un certo punto avesse deciso di continuare a fare brutte cose con i bambini ma poi, anziché ucciderli, li avesse lasciati andare, questo «primo passo» non sarebbe stato assolutamente sufficiente a farlo diventare una persona morale. Ma possiamo dire che sarebbe stato assolutamente irrilevante? Certamente i genitori di quei bambini avrebbero preferito riaverli indietro vivi. Dunque se un «prostituto» assassino a un certo punto, restando «prostituto», decide di non essere più assassino, questo «può essere un primo passo». «Ma – come dice il Papa - questo non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV». Bisognerebbe piuttosto smettere di fare i «prostituti», e di trovare clienti. Dove stanno la novità e lo scandalo se non nella malizia di qualche commentatore? Al proposito, vince il premio per il titolo più imbecille il primo lancio della Associated Press, versione in lingua inglese (poi per fortuna corretto, ma lo trovate ancora indicizzato su Yahoo con questo titolo): «Il Papa: la prostituzione maschile è ammissibile, purché si usi il preservativo». Solo gli imbecilli scambiano il Papa con Marrazzo, anche se entrambi vivono a Roma.
Fonte: iltimone.org, 22-11-2010
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LA TURCHIA E' UN'ALLEATA DELL'IRAN E SOSTIENE GRUPPI TERRORISTICI
Finalmente gettata la maschera: la Turchia fa parte del mondo musulmano, ecco perché non può essere un Paese dell’Occidente
Fonte Corrispondenza Romana, 27/11/2010
Il Segretario alla Difesa USA, Robert Gates, ha accusato l’UE di spingere la Turchia verso l’Est rifiutandole l’adesione che la nazione reclama da tanti anni. Poiché certi Stati europei le negano questo «legame organico che cerca con l’Occidente», la Turchia assume il comportamento attuale. «L’Occidente rischia di perdere la Turchia», lamenta Gates (“Wall Street Journal Europe”, 10 giugno 2010) e, di fatto, una lettura superficiale degli ultimi eventi fa pensare questo. La Turchia oggi è un’alleata dell’Iran, Paese con il quale ha firmato un accordo per l’arricchimento del suo uranio; la Turchia si è pronunciata, con il Brasile, contro le nuove sanzioni votate recentemente dall’Onu contro l’Iran; la Turchia mantiene rapporti abbastanza discutibili con Hamas e altre organizzazioni vicine al terrorismo islamico, come hanno mostrato le ricerche che hanno seguito l’incidente della flotta di Gaza. L’IHH, la Fondazione per i Diritti Umani, le Libertà e l’Aiuto Umanitario, ha legami incontestabili con Hamas e Al-Qaeda. Secondo il giudice Bruguière, questa Ong farebbe da copertura al traffico di armi e di documenti falsi. I suoi membri hanno combattuto in Afghanistan, in Bosnia e in Cecenia (“Wall Street Journal Europe”, 4 giugno 2010). Le attività dell’IHH sono ben conosciute dal governo turco, che sapeva quindi esattamente che l’intenzione della flottiglia era quella di rompere il blocco di Gaza. Immediatamente si è pensato che l’incidente fosse intenzionale. Uno scontro di questo tipo permette al governo turco di accusare Israele e prendere le distanze dal suo ex alleato. Nelle sue dichiarazioni infervorate, il Primo ministro Erdogan non ha nascosto quali sono le sue preferenze e i suoi veri nemici. Si può di conseguenza capire il malcontento di Robert Gates. La Turchia possiede l’esercito più importante della Nato dopo quello degli Stati Uniti. La sua posizione strategica è ideale e il suo «passaggio al campo musulmano» priverebbe gli Stati Uniti di un grande asso nella manica. L’unico errore di questa lettura è che la Turchia non passa al mondo musulmano come se in precedenza fosse appartenuta all’Occidente; la Turchia fa naturalmente parte del mondo musulmano e non fa che ritornare a un comportamento normale. Solo l’ingenuità, la cattiva fede o l’interesse degli Stati Uniti e dell’Unione europea potevano far credere che la Turchia potesse essere un Paese dell’Occidente. Oggi questa nazione getta in parte la maschera e mostra il suo vero volto. Non si tratta di una perdita, neanche per la Nato di cui era un membro poco docile. È sempre una carta vincente sbarazzarsi di un falso alleato che in un momento critico avrebbe comunque tradito. Per l’Europa questi ultimi avvenimenti sono una fortuna poiché la Turchia perde credito anche tra i suoi più ardenti sostenitori. Quando sarà innegabile che la Turchia è un’alleata dell’Iran e sostiene gruppi considerati terroristici dall’Unione Europea, la sua adesione a quest’ultima non partirà con il piede giusto. Se la fedeltà europea della Turchia aveva potuto convincere gli Stati Uniti, gli eurocrati e alcuni uomini di affari che li spingono alle spalle, questo gioco diventerà sempre meno possibile quando la Turchia dichiarerà apertamente la sua doppia appartenenza all’Asia e all’Islam.
Fonte: Corrispondenza Romana, 27/11/2010
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IL REGIME CINESE ORDINA VESCOVO UN SUO BUROCRATE E LO VUOLE IMPORRE AI CATTOLICI, POI ACCUSA LA CHIESA DI LIMITARE LA LIBERTA' RELIGIOSA
Avranno pensato: invece di farsi massacrare e perseguitare in silenzio questi odiosi cattolici osano perfino lamentarsi!
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 28 novembre 2010
“Intolleranti!”. Così – testualmente – giovedì scorso il regime comunista cinese ha definito la Chiesa cattolica che protestava per l’ennesimo abuso di Pechino: il regime ha nominato vescovo un suo burocrate pretendendo di imporlo ai cattolici. Avete capito bene: i persecutori definiscono “intolleranti” i perseguitati. Non solo. I carnefici comunisti addirittura aggiungono che la vittima, cioè la Chiesa, “limita la libertà religiosa”. Testuale. In queste surreali e sfacciate dichiarazioni c’è tutta l’assurdità del nostro tempo. I comunisti cinesi hanno massacrato i cattolici costringendoli alle catacombe, hanno rinchiuso nei loro bestiali lager sacerdoti e vescovi, facendoli crepare, hanno torturato in ogni modo i credenti, pure imponendo loro dei burocrati di regime come vescovi, ma quando le vittime protestano i carnefici li definiscono “intolleranti”. Invece di farsi massacrare e perseguitare in silenzio questi odiosi cattolici osano perfino lamentarsi. Che pretese. I compagni cinesi fanno come il lupo di Fedro che accusava l’agnello di prepotenza. Ma il lupo di Fedro ha molti emuli anche in Italia, fra i compagni italiani e nella sinistra tv che fa “Vieni via con me”. L’altroieri per esempio sull’Unità Gianni Cuperlo, braccio destro di D’Alema e già leader dei giovani comunisti, occupandosi della richiesta del Cda della Rai di far parlare anche i malati che lottano per la vita a “Vieni via con me” (come hanno potuto farlo la Welby ed Englaro) ha testualmente scritto: “considero questo atto un grave errore di metodo e di principio”, addirittura “un precedente inquietante”. Cuperlo ha bollato questa richiesta di pluralismo e di libertà di parola come una minaccia alla “concezione aperta e laica del servizio pubblico”, una “violazione” di principio con un fondo “autoritario”. Sì, avete letto bene: autoritario non è chi usa servizio pubblico, pagato da tutti, infischiandosene perfino del consiglio di amministrazione, del presidente e del direttore generale, per imporre il proprio punto di vista come “pensiero unico”, senza tollerare storie e vite diverse. No, “autoritario” – secondo il comunista Cuperlo – sarebbe la dirigenza della Tv che invita far parlare anche i malati silenziati e soli (sono tremila famiglie che lottano per la vita), che chiedono una volta tanto di poter far sentire il proprio inno alla vita. Il prepotente sarebbe l’agnello. Un rovesciamento della frittata analogo a quello di Michele Serra anche lui proveniente dalla storia comunista (si è iscritto al Pci nel 1974, quando c’era Breznev, immaginate che scuola di sensibilità umana ha avuto…). Serra, uno degli autori del programma “Vieni via con me”, l’altro giorno sulla Repubblica è arrivato a scrivere – con tono che parrebbe ironico – che i malati che lottano per vivere, contro gravi malattie, sarebbero coloro che desiderano “rimanere in vita a oltranza” e, insieme ai cattolici che se ne fanno portavoce, li ha bollati come “forti che protestano contro deboli”. I forti sarebbero quelli oppressi dalla malattia e silenziati dalla Tv. Fra i “deboli” di cui parla Serra ci sarebbe la signora Welby, il cui caso in tv ha avuto da solo più spazio di tutte le tremila famiglie di ammalati che lottano “a oltranza” per la vita. Ebbene, la signora Welby è intervenuta sulla polemica relativa al pluralismo stabilendo che “non c’è bisogno di alcun contraddittorio” (Corriere della sera, 29/11). Ha parlato lei. Gli altri devono contentarsi di ascoltarla, ma “non c’è bisogno”, afferma la signora, che dicano la loro e raccontino a loro volta la loro storia, diversa dalla sua (che bell’esempio di tolleranza). Naturalmente anche “la coppia milionaria Fazio-Saviano”, come li chiama Luca Volonté, fa sapere al consiglio di amministrazione e ai vertici della Rai che loro se ne infischiano della richiesta di pluralismo arrivata appunto dal Cda, perché loro fanno come gli pare e piace e, usando la tv pubblica, si ritengono in diritto di discriminare chi vogliono, a partire dai più deboli e poveri, i malati. “Concedere” – dicono proprio così: concedere, come se la televisione fosse roba loro – il diritto di parola agli altri ammalati che incitano a lottare per la vita, è – a loro avviso – “inaccettabile”. Ne fanno addirittura “una ragione di principio”. Sì, perché è noto che loro amano i principi. Hanno perfino chiamato il (post) comunista e il (post) fascista a declamarli: infatti è da comunisti e fascisti che dobbiamo imparare… Il principio che Fazio e Saviano amano di più è quello per cui parlano solo loro e decidono loro chi ha diritto di parlare. Insieme ai principi amano le regole, ma per gli altri. Di quelle che richiedono pluralismo nel servizio pubblico televisivo non si danno pensiero. L’idea che le loro opinioni e i loro proclami senza contraddittorio siano sottoposti a un diritto di replica – affermano testualmente – “ci pare lesiva della libertà autorale, della libertà di scelta del Pubblico, e soprattutto della libertà di espressione”. Firmato: Fabio Fazio, Roberto Saviano e gli autori di “Vieniviaconme” Cioè, traduciamo: voi italiani pagate il canone e noi vi facciamo i nostri comizi a senso unico e se pretendete di dire la vostra o di sentire anche un punto di vista diverso ledete la nostra libertà di espressione. E addirittura “la libertà di scelta del Pubblico”. In realtà tutti i programmi del servizio pubblico sono tenuti a rispettare sempre il pluralismo, non solo politico, ma culturale. Dopo questi precedenti c’è il rischio che in Rai ognuno cominci a fare come gli pare e piace e ognuno si appropri di un pezzo di palinsesto. Fregandosene dei vertici aziendali. Pensate cosa accadrebbe se Rai 1 decidesse di portare al festival di Sanremo – davanti a dieci milioni di persone – un rappresentante del Movimento per la vita a fare un discorso in difesa della vita umana nascente… Dopo il precedente di “Vieni via con me” potrebbe benissimo farlo. E il Pd? E i radicali? E la sinistra tv? E i finiani? Scatenerebbero il finimondo. Perché solo loro possono pontificare e declamare i loro valori senza alcun contraddittorio e senza voci alternative. Una lettrice mi ha inviato questa divertente lettera: “Ieri per curiosità sono andata sul sito di ‘Vieni via con me’ ed ho cliccato sulla rubrica ‘i vostri elenchi’. Ho dato un’occhiata ai messaggi postati e c’era di tutto: elenco delle proprietà benefiche del peperoncino, elenco di quante puzzette in media fa una famiglia italiana all’anno e così via. Allora ho voluto lasciare anche io il mio contributo ed ho elencato gli otto motivi per cui non val la pena guardare la loro trasmissione. Alla sera sono andata a riguardarmi gli elenchi (io lo avevo inviato alle 17): c’era persino l’elenco postato due minuti prima ( 21.30), ma del mio nemmeno l’ombra… Eppure non c’era nemmeno una parolaccia! Perché allora censurare?”. La cosa tragicomica è che questi radical-chic ogni volta si fanno belli con la famosa frase che attribuiscono a Voltaire: “non condivido quello che dici, ma sono pronto a dare la vita perché tu possa continuare a dirlo”. A parole – per autocertificarsi tolleranti e di ampie vedute – fanno questa dichiarazione d’intenti. Dopodiché si fanno in quattro per occupare tutta la scena e silenziare o squalificare chi è diverso da loro. Post scriptum: vorrei informare questi signori (e anche il Corriere della sera che recentemente ha usato la citazione in una campagna pubblicitaria) che quella frase, in realtà, Voltaire non l’ha mai pronunciata. In effetti risale alla scrittrice inglese Evelyn Beatrice Hall, che la scrisse nel 1906 in “The Friends of Voltaire”. In compenso Voltaire ne disse un’altra: “écrasez l’infame!”. Che vuol dire “schiacciate l’infame”, laddove “infame” sarebbe il credente. Ecco, citino questa, che è davvero di Voltaire e che esprime decisamente meglio la cultura radical-chic.
Fonte: Libero, 28 novembre 2010
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LA CREMAZIONE E' AMMESSA DALLA CHIESA, MA SOLO SE NON SI METTE IN DUBBIO LA RISURREZIONE DEI CORPI (E COMUNQUE E' PREFERIBILE LA SEPOLTURA SULL'ESEMPIO DI CRISTO CHE FU SEPOLTO)
Per le ceneri è comunque proibita la dispersione in natura, la sepoltura in giardino e la conservazione in casa
Autore: Andrea Tornielli - Fonte: Il Giornale, 30 ottobre 2009
La Chiesa italiana «ha molti motivi per essere contraria» allo spargimento delle ceneri dopo la cremazione e alla conservazione «in luoghi diversi dal cimitero» delle urne con i resti dei defunti cremati. È quanto stabilisce il nuovo «Rito delle Esequie», che i vescovi italiani, riuniti in assemblea dal prossimo 9 novembre ad Assisi, dovranno esaminare e approvare. Per la prima volta dunque il rituale ufficiale delle esequie promulgato dalla Cei prende in esame la cremazione, ammessa dalla Chiesa fin dal 1963 e sancita dal Catechismo pubblicato nel 1992 «se non mette in questione la fede nella risurrezione dei corpi». Ma pone precisi paletti, manifestando contrarietà verso l’usanza di spargere le ceneri o di conservarle a casa o in giardino, secondo una consuetudine sempre più diffusa, nonostante resti assolutamente maggioritaria la tradizionale sepoltura in cimitero. «La prassi di spargere le ceneri in natura, oppure di conservarle in luoghi diversi dal cimitero, come ad esempio, nelle abitazioni private - si legge nella bozza che i vescovi dovranno approvare tra due settimane - solleva non poche domande e perplessità. La Chiesa ha molti motivi per essere contraria a simili scelte, che possono sottointendere concezioni panteistiche o naturalistiche». Soprattutto nel caso di spargimento delle ceneri o di «sepolture anonime», continua il documento dei vescovi, «si impedisce la possibilità di esprimere con riferimento a un luogo preciso il dolore personale e comunitario. Inoltre, si rende più difficile il ricordo dei morti, estinguendolo anzitempo». Per le generazioni successive, così, «la vita di coloro che le hanno precedute scompare senza lasciare tracce». Un successivo paragrafo del nuovo «Rito delle Esequie» - che sostituirà il vecchio pubblicato nel 1974, nel quale la pratica della cremazione non veniva citata - fa balenare la possibilità, in alcuni casi, di negare i funerali in chiesa: «Qualora il defunto - si legge al numero 7 - abbia espresso prima della morte la chiara volontà di far disperdere le proprie ceneri o conservare l’urna in un luogo diverso dal cimitero, si dovrà appurare se essa sottintenda il disprezzo della fede cristiana. In questo caso, non si potranno concedere le esequie ecclesiastiche». In questo senso si era già espresso il Codice di diritto canonico. Pur essendo la Chiesa contraria allo spargimento delle ceneri, il divieto delle esequie in chiesa è dunque previsto solo nel caso che la decisione del defunto manifesti «disprezzo» verso la fede nella resurrezione dei corpi. Ma non si esclude la possibilità che ad Assisi sia presentata una formulazione più decisa nel senso del divieto, anche perché in questo senso ha deliberato l’ultimo Consiglio permanente della Cei. Il nuovo rito dei funerali recepisce e rende normative le indicazioni contenute nel sussidio pastorale «Proclamiamo la tua risurrezione», pubblicato alla fine del 2007. Con il rituale che sta per essere approvato, sarà dunque possibile celebrare le esequie in presenza dell’urna cineraria, anche se la Chiesa preferisce che i funerali avvengano in presenza del corpo e dunque prima dell’eventuale cremazione. Molti teologi sono ormai convinti che la cremazione non contraddica la dottrina cristiana della resurrezione dei corpi, dato che questa accelera il processo naturale di ossidazione. La conservazione delle urne in casa, potrebbe però degenerare forme di feticismo o di idolatria verso i defunti. La dispersione delle ceneri, prevista come possibilità dalla legge italiana ma con precise regole, è ritenuta lontana dalla tradizione della Chiesa. Per la fede cristiana, infatti, anche dopo la morte, la persona umana conserva la propria identità e la propria individualità, non si «disperde» nell’universo. Attualmente in Italia le cremazioni corrispondono circa al dieci per cento dei decessi. L’uso della cremazione è diffuso soprattutto al Nord.
Fonte: Il Giornale, 30 ottobre 2009
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ZAPATERO SDOGANA LE MAMME IN AFFITTO AGGIRANDO LA LEGGE: REGISTRATE LE NASCITE ALL’ESTERO
Interessati particolarmente i gay: entrambi i partner (a prescindere dal sesso) potranno registrarsi come progenitori del bambino
Autore: Michela Coricelli - Fonte: Avvenire, 8 ottobre 2010
In Spagna no, all’estero sì. Il governo di Madrid iscriverà nel suo Registro Civile tutti i bambini nati da una «madre in affitto» in Paesi – come gli Usa, la Russia, la Gran Bretagna o l’Ucraina – dove questa pratica è legale. Per il ministero della Giustizia l’obiettivo è fare ordine fra i casi di bimbi spagnoli venuti a mondo ricorrendo all’“affitto” della gestante al di fuori dai confini nazionali. Ma il Foro della Famiglia avverte: questo passo può “aprire le porte” ad una futura legalizzazione delle “madri in affitto” anche nel Paese iberico. La decisione del governo di José Luis Rodriguez Zapatero preannuncia nuove polemiche in un terreno spinoso. La legge spagnola è chiara: secondo l’attuale legislazione nazionale, è “madre” solo la persona che dà alla luce un figlio. Lo sancisce la stessa Legge di riproduzione assistita, riformata nel 2006 dall’attuale esecutivo socialista. La norma, fra l’altro, considera “nullo” qualsiasi tipo di contratto (a pagamento o meno) che regoli la gestazione di una donna a favore di altri. Il ministero della Giustizia ha promulgato un decreto – apparso ieri sulla Gazzetta Ufficiale (il Boe spagnolo) – che permette ai piccoli venuti alla luce all’estero tramite una “madre in affitto”, di essere iscritti nel Registro Civile, purché uno dei due progenitori sia spagnolo e la mamma rinunci alla filiazione. La novità riguarda in modo particolare le coppie omosessuali. Finora poteva essere riconosciuto come genitore solo il padre biologico, mentre il partner – al di là del sesso (dato che in Spagna è stato regolarizzato il matrimonio gay) – doveva ricorrere all’adozione del bimbo. Da ora in poi, dunque, entrambi i partner (a prescindere dal sesso) potranno registrarsi come progenitori del bambino. La notizia ricorda una vicenda recente. Una coppia omosessuale di Valencia si era rivolta ad una “madre in affitto” in California per avere due gemelli. Una volta in Spagna, dopo una lunga storia burocratico-giudiziaria, un tribunale valenciano ha annullato l’iscrizione nel Registro Civile dei due uomini come “progenitori” dei due piccoli. La decisione del ministero della Giustizia è stata accolta con grande soddisfazione dalla Federazione nazionale dei gay, dei transessuali e delle lesbiche: la normativa risponderebbe ad una domanda sociale e metterebbe fine ad una «chiara discriminazione », sostiene l’organizzazione. Ma per una buona fetta dell’opinione pubblica spagnola si tratta dell’ennesimo “strappo” di Zapatero in un ambito – quello familiare – che richiede sensibilità e cautela. Per Benigno Blanco, presidente del Foro della Famiglia, le conseguenze del regolamento saranno molteplici. In primis si rischia di «incentivare» la ricerca di «madri in affitto» all’estero. Ma non solo. «Ben presto qualcuno comincerà a chiedersi perché si può fare all’estero e non in Spagna, e alla fine verrà legalizzato» anche qui, ha detto Blanco al quotidiano Abc. La nuova legge garantisce al piccolo il diritto di conoscere la madre biologica: il nome della donna verrà riportato nella sentenza giudiziaria del Paese d’origine, che dovrà essere presentata come condizione iniziale per l’iscrizione nel Registro spagnolo. L’atto giudiziario deve riconoscere che la madre gestante è d’accordo.
Fonte: Avvenire, 8 ottobre 2010
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UNA MAMMA DI REGGIO EMILIA HA DETTO NO ALLA CHEMIOTERAPIA: NON CURATEMI, IL MIO BAMBINO DEVE NASCERE
Si allunga l'elenco di donne che hanno fatto il loro dovere di mamme: Santa Gianna Beretta Molla (1962), Cristina Cella (1995), Rita Fedrizzi (2005), Anna Negri (2005), Tonia Accardo (2008)
Autore: Davide Parozzi - Fonte: Avvenire, 7 novembre 2010
«Quando ha saputo di essere ammalata e che l’alternativa erano le cure o la vita del bambino, mia moglie non ha avuto dubbi. Ha sospeso la chemioterapia e ha aspettato che il nostro piccolo venisse alla luce. Poi ha ricominciato a curarsi ma ormai era troppo tardi». Poche parole asciutte e dignitose come è costume della gente della montagna e poi la sobrietà di un silenzio che non nasconde il dolore: Adelmo Stefanelli, 66 anni, operaio in pensione, ha dato ieri l’ultimo saluto a sua moglie Malgorzata - Margherita -Burakowska, 39 anni polacca, nella chiesa di Castelnovo né Monti sulla montagna reggiana. La donna, nel 2008, ha rifiutato le cure per fare nascere il piccolo Gabriele che oggi ha 19 mesi e si è spenta stroncata da un tumore al seno. Una storia «di gente semplice e buona», spiega il parroco, don Evangelista Margini, della parrocchia della Resurrezione nella cittadina appenninica che con don Benedetto Usai e don William Neviani ha concelebrato la messa esequiale. Una vicenda, quella di Margherita e Adelmo che comincia quando i due si conoscono, alcuni anni fa a Ligonchio, un paese a poca distanza da Castelnovo ancora più abbarbicato sull’appennino, sulla strada che porta verso il Passo del Cerreto e la Toscana. Margherita faceva la badante presso alcune famiglie del paese per mantenere sé e un altro figlio - ora 15enne - avuto in patria. Quando Adelmo e Margherita si sposano lasciano Ligonchio per Castelnuovo e qui la donna quattro anni fa, si accorse di un nodulo al seno. Le analisi confermarono la malignità della neoplasia e così Margherita iniziò le cure e la chemioterapia. Un percorso interrotto nel 2008, quando la donna si rese conto di portare una nuova vita dentro di sé. Di fronte al medico che, con estrema chiarezza, le disse che se non avesse abortito e continuato la terapia la sua sorte era segnata, la donna non tentennò. «Mia moglie racconta Adelmo Stefanelli - non ebbe dubbi. Sospese subito ogni cura decisa a sacrificare se stessa per salvare il bimbo». La famiglia, spiega ancora don Margini, è stata aiutata ed accompagnata da altre della comunità che si sono strette in un abbraccio di affetto e amicizia mano a mano che la malattia avanzava. Poco più di un anno fa il battesimo del piccolo Gabriele e poi i mesi di lotta finale con il male che avanzava inesorabile. «Negli ultimi tempi anche le cure la facevano stare male racconta ancora Adelmo - . Mangiava pochissimo ed era sempre molto debole». Lunedi la crisi definitiva e martedì mattina, in ospedale, la fine. «Margherita – ha detto don Neviani nell’omelia del funerale – aveva fede nella vita e nella solidarietà. Ha sperato e ha creduto nel Signore che unisce e che ci dà la forza di andare avanti anche nelle difficoltà». Una fede semplice, ribadisce don Margini, ma profonda. «Margherita aveva voglia di vivere sul serio, ma ha scelto di difendere il diritto alla vita del suo bambino. Non era gente che veniva sempre in parrocchia – aggiunge il parroco di Castelnovo – ma aveva valori forti, tradizionali, comuni alla gente della nostra montagna». Quei valori su cui Margherita ha giocato la sua vita fino alla scelta del dono estremo.
Fonte: Avvenire, 7 novembre 2010
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MOSCHEA A FIRENZE? SBAGLIA CHI PENSA CHE CRISTIANI E MUSULMANI PREGHINO LO STESSO DIO MA CON NOMI DIVERSI
Inoltre la storia dovrebbe insegnare che la religione islamica avanza nella misura in cui conquista un territorio
Fonte Corrispondenza Romana, 13/11/2010
Riportiamo un nuovo intervento critico del padre Serafino Lanzetta dei Francescani dell’Immacolata, parroco della Chiesa di Ognissanti a Firenze, a proposito delle affermazioni del prof. Franco Cardini sulla costruzione di una moschea a Firenze. Un precedente intervento è stato pubblicato su CR n. 1164 del 30 ottobre 2010.
Da quando la Comunità islamica fiorentina ha presentato al Comune di Firenze un progetto per costruire una moschea in città, si è acceso un dibattito sull’opportunità o meno di un tempio islamico in una città così poliedrica come Firenze. Il sindaco è assolutamente favorevole ad una moschea, ed anche lo storico Franco Cardini, che in un articolo pubblicato su “Toscana Oggi” (26 settembre 2010, p. 18), offre tre ragioni per dire di sì a questo progetto. È proprio su queste ragioni offerte da Cardini che abbiamo qualcosa da dire ai tanti, che in nome del dialogo e della tolleranza religiosa, dimenticano però ciò che è essenziale nel tanto invocato dialogo con l’Islam. La prima ragione di Cardini è «l’equità»: se tutti hanno diritto a professare il proprio credo religioso a Firenze, non si vede perché solo i musulmani dovrebbero essere discriminati. Il fattore terrorismo non giustifica questa prevenzione, giustamente, perché non tutti i musulmani sono terroristi, benché quelli che lo sono, lo sono in ragione del Corano e non di un’idea di destra o di sinistra. Nelle altre due ragioni, in verità, si articola più chiaramente il pensiero di Cardini. La seconda ragione è «la fede». Lo “scontro di civiltà” è una messa in scena, ma la vera antitesi è tra chi ha una religione e chi non ce l’ha. In modo però veramente sorprendente leggiamo queste parole: «Lasciateci dunque esultare ogni volta che si apra un nuovo tempio nel quale si adora e si presenta la parola di Dio: sinagoga, chiesa e moschea che sia». Da leggersi in sinossi con quanto detto in precedenza: «Se cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei, induisti, buddhisti, liberi pensatori e atei hanno diritto a seguire liberamente la loro religione e a disporre di luoghi di culto...». Dicevamo in modo sorprendente (lasciando da parte il discorso interreligioso con le fedi non monoteiste), perché un tal modo di argomentare esprime un chiaro relativismo religioso: la Parola di Dio è la stessa, o che venga dalla Bibbia o dal Corano. Dunque, che cos’è la Parola di Dio? Se tutto è Rivelazione di Dio (una Parola suggellata da signa et verba) cosa sarà la Rivelazione, cosa è la verità? Qui si nasconde l’equivoco molto spesso ricorrente: per il fatto che il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam credono in un unico Dio, sono tre religioni uguali, hanno perciò pari valore salvifico. Questo argomento sarebbe valido, però, solo se si concepisse la Trinità delle Persone come “un’aggiunta cristiana” all’unità di Dio. Dio trino sarebbe perciò un modo di essere di Dio, una manifestazione dell’essere Padre, Figlio e Spirito Santo dell’unica natura. Così si incorre in un’antica eresia detta “modalismo” o “monarchismo”, risalente a Sabellio (III sec.), che relega la Trinità delle Persone a mera manifestazione in ragione della funzione salvifica di Dio. In realtà, Dio è trino perché uno e uno perché trino. L’unica sostanza di Dio è trina in un mistero accessibile solo alla fede. In parole povere, non c’è Dio senza il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che sono l’unico Signore Onnipotente. Pertanto, non è la stessa cosa se la Parola di Dio viene dalla Bibbia o dal Corano. L’Antico Testamento prepara la Rivelazione piena e definitiva del Dio Unitrino, che si compie nel N.T. Perciò solo la Rivelazione giudaico-cristiana è quella vera (su questo certo si può argomentare in modo razionale). Un cattolico si gloria di ascoltare solo quella vera. La terza ragione è «la fedeltà alla nostra tradizione identitaria». Con l’amaro in bocca leggiamo delle parole sprezzanti. Scrive Cardini: «Qui entra il principio della reciprocità, la trappola più infame e grossolana dei nostri giorni». Questa infamia deriverebbe dal fatto che siamo legati ancora ad una visione rigida che concederebbe una moschea in Italia solo se l’Islam concedesse una chiesa in Arabia Saudita. Fermo restando che i fiorentini che dicono di no alla moschea non si appellano a questa reciprocità (dato anche il grande indifferentismo religioso che regna), sembra che detto principio sia pensato però in modo surrettizio, tale da forzarne la scomparsa dall’immaginario apologetico. Così viene detto: «...ci si appella al sacrosanto principio giuridico della reciprocità: dimenticando tuttavia che tale principio vale solo fra soggetti rigorosamente omogenei». In realtà, più che di reciprocità bisognerebbe parlare di libertà religiosa, che in ultima analisi si radica nella libertà di coscienza: ogni uomo deve essere rispettato nella professione della sua fede, riconosciuta vera dalla sua coscienza, che mai può essere violentata con una costrizione esterna a rinnegarla o ad abbracciarne una diversa. La religione deve essere professata nella libertà. Questo principio (diciamolo pure della reciprocità) non vale solo tra omogenei (politici? religiosi?) ma vale per ogni uomo. È un diritto naturale radicato nel cuore di ogni essere umano. Precede la religione e allo stesso tempo la radica nel rispetto dell’altro in quanto uomo. Se si parla di «soggetti rigorosamente omogenei», facilmente il diritto scade in una visione positivista e il soggetto umano diventa un mezzo per il fine, che ormai è divenuto la legge. Proprio come accade nell’Islam, che non distinguendo tra natura umana e fede, tra libertà e religiosità, tra fede e ragione, omogeneizza gli uomini, fino ad imporre il Corano negando la libertà religiosa. Qui però dobbiamo aggiungere ancora qualche elemento, per chiarire questo principio della libertà religiosa, che spesso e in nome del Vaticano II, ha dato origine a non pochi fraintendimenti, quando non a veri sincretismi. Dal fatto che ogni uomo ha il diritto di professare la sua fede, non segue necessariamente che ogni uomo ha il dovere di riconoscere come vera ogni religione. Bisogna coniugare in modo preciso verità e libertà. Se devo rispettare sempre la libertà altrui, non posso però esimermi dal dire la verità e di riconoscerla come tale. Forte delle parole della Prima Lettera di Pietro 3,15, il cattolico è chiamato a dare ragione della sua speranza in Cristo, e perciò a dire a tutti la verità nella carità, mettendo in evidenza i limiti e le contraddizioni a cui porta una religione che rifiuta Cristo, che rifiuta la verità. Nella carità anche ai musulmani, nel rispetto della loro libertà, facendo uso della ragione, annuncio la verità del Vangelo. La libertà, in definitiva, non è un assoluto e così la libertà di coscienza e di religione. Ha un limite: la verità, Dio, che è poi ciò che dà eternità alla libertà. La libertà è piena solo nella verità, quando abbraccio la vera fede, il vero Dio. Il dialogo con l’Islam, auspicabile e nobile, non può però principiare dal permettere la costruzione di una moschea. Deve invece iniziare da valori condivisibili a livello naturale (che è ciò che veramente ci unisce, mentre le fedi ci separano), dai diritti naturali dell’uomo, dalla libertà religiosa, dalla pari dignità tra uomo e donna, dalla necessità di distinguere la sfera religiosa da quella politica, per non rischiare di scadere facilmente in un fondamentalismo politico ammantato di religiosità. Partire invece dalla moschea è come iniziare la costruzione di una casa dal tetto anziché dalle fondamenta. È questo che il Santo Padre auspicava nel suo discorso di Ratisbona: un sano illuminismo che aiutasse l’Islam a disfarsi di tante congetture troppo umane – Dio non diventa più grande se lo spingiamo in una dimensione impenetrabile e in un puro volontarismo –, per mettere al centro il vero culto di Dio che è Logos ed Amore e dare spazio ad un’immagine vera dell’uomo. Crediamo, infine, che una riflessione positiva che spinga al dialogo, non debba prescindere dal significato che una moschea riveste per la fede islamica. Un elemento architettonico tipico può aiutarci a riflettere: il mihrâb, una nicchia nella parete di fondo che indica la direzione della Mecca, la cosiddetta qiblah, verso cui pregano i musulmani. All’inizio i musulmani pregavano verso Gerusalemme. Nel 623 Maometto ebbe una rivelazione, secondo la quale era necessario rivolgersi verso la Moschea Sacra per eccellenza, quella della Mecca: «Ovunque siate, volgetevi i vostri visi» (Corano 2a, 144). Anche il Cristianesimo sin dall’inizio ha guardato versus orientem, luogo donde nasce la salvezza, il Cristo. Si badi però: mentre per il Cristianesimo l’oriente non è meramente un punto geografico ma il luogo teologico della salvezza, che ben presto è diventato il Crocifisso, per l’Islam l’oriente è la Mecca e precisamente la Moschea Sacra, prima moschea dell’Islam. Mentre il cristiano adora Dio «in spirito e verità» (Gv 4,23), senza legami ad alcun tempio in particolare, il musulmano si rivolge verso un luogo geografico, ed è legato al luogo geografico in ragione dell’identità coranica originaria tra religione e politica, tra religione e territorio. L’Islam non mira “all’evangelizzazione” per convertire ad Allah gli uomini infedeli, ma a conquistarli conquistando le terre in cui vivono. La religione islamica avanza nella misura in cui conquista un territorio: la storia in questo è magistra. I musulmani che pregherebbero nella moschea di Firenze, come in tutte le moschee, guarderebbero comunque al loro luogo originario, per adorare Allah, il Dio che ha fondato l’Islam (sic!), ma che abita nella Città Santa, che fu culla di Maometto: tutti in qualche modo sono portati in questo abbraccio pregante verso la Mecca. Ci sarà poi il tempo di spiegare che qui siamo a Firenze e che preferiamo adorare quel Dio che abita lì dove abita l’uomo, accanto alla sua casa, in un piccolo tabernacolo, per farsi vicino ad ogni uomo e così donargli quella libertà di rivolgersi ovunque e di dire Padre nostro?
Fonte: Corrispondenza Romana, 13/11/2010
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IL NUOVO LIBRO LUCE DEL MONDO SVELA IL VERO BENEDETTO XVI
Un intellettuale lungimirante, dalla fede limpida ed entusiasta
Autore: Antonio Gaspari - Fonte: L'Ottimista, 30 Novembre 2010
Hanno detto che è un libro che parla solo di profilattici e di un Papa che vuole dimettersi, in realtà si tratta di un libro straordinario, in cui il Pontefice parla con amore e saggezza a ogni lettore, rivelando aspetti inediti e rivoluzionari del suo pensiero. Luce del mondo, edito in italiano dalla Libreria Editrice Vaticana, dal 24 novembre nelle librerie, raccoglie la conversazione di Benedetto XVI con il giornalista e scrittore tedesco Peter Seewald e rispecchia un programma: “Il Papa, la Chiesa e i segni dei tempi”. Nell'introduzione Seewald, racconta che quando lo intervistò per la prima volta, l’allora cardinale Joseph Ratzinger gli spiegò che “la Chiesa non deve nascondersi, perché la fede deve essere spiegata e può essere spiegata in quanto ragionevole”. In quel momento Seewald, che era comunista ed aveva abbandonato la fede cattolica, rimase stupito da questo uomo “giovane e moderno, non uno che passa il tempo a girarsi i pollici, ma uno che audacemente osa”. Seewald aveva fondato un giornale di estrema sinistra, nutriva molti pregiudizi sul “Panzercardinal”, e quando gli chiesero di provare ad intervistarlo si rifiutò. Poi però ebbe modo di incontrarlo, ed è stata sintonia sin dal primo momento. Attraverso gli incontri con il cardinale Ratzinger, lo scrittore tedesco ha potuto rileggere la storia di una generazione, illusa dalle ideologie e che sta ora tornando ad apprezzare il messaggio rivoluzionario del cattolicesimo. Nel libro Luce del mondo, il pontefice Benedetto XVI rivela la sua umanità, dolce, semplice e intensa. Si tratta di un libro che stupirà soprattutto coloro che non hanno mai avuto l’occasione di incontrare e conoscere l’uomo Joseph Ratzinger. Il Papa, che viene sovente descritto come un teologo intollerante alla modernità e bacchettone, mostra invece la sua fede limpida e entusiasta. Un Papa ottimista che è certo di vincere la crisi di umanità riscoprendo e praticando la fede. Confessa l’uomo Ratzinger che quando è stato eletto pontefice ha detto: “Signore, cosa mi stai facendo? Ora la responsabilità è tua. Tu mi devi condurre. Io non ne sono capace. Se tu mi hai voluto, ora devi anche aiutarmi". La fede in Dio fa sì che il Pontefice Benedetto XVI non si spaventi davanti alla gravità dei problemi che assillano anche la Chiesa ma che cerchi di indicare il cammino necessario verso la verità per essere capaci di dare genuino progresso al mondo di oggi. Delle contraddizioni del mondo che viviamo Benedetto XVI dice “la modernità non consiste solo di negatività. Se così fosse non potrebbe durare a lungo. Essa ha in sé grandi valori morali che vengono proprio anche dal cristianesimo, che solo grazie al cristianesimo, in quanto valori, sono entrati nella coscienza dell'umanità. Là dove essi sono difesi - e devono essere difesi dal Papa - c'è adesione in aree molto vaste". E per riportare l’umanità su strade che portano verso verità, giustizia e bellezza, il Pontefice ribadisce che bisogna “rimettere Dio al primo posto”, perchè “la cosa importante oggi è che si veda di nuovo che Dio c'è, che Dio ci riguarda e che ci risponde. E che, al contrario, quando viene a mancare, tutto può essere razionale quanto si vuole, ma l'uomo perde la sua dignità e la sua specifica umanità e così crolla l'essenziale”. Il Papa nutre e alimenta speranza, pungolando e riformando la Chiesa a cui spetta l’amorevole compito di annunciare la buona novella. “Essere Papa – afferma Benedetto XVI - non significa porsi come sovrano colmo di gloria, quanto piuttosto rendere testimonianza a Colui che è stato crocifisso e disposto ad esercitare il proprio ministero anche in questa forma in unione con lui”. E aggiunge: “tutta la mia vita è stata attraversata da un filo conduttore, questo: il cristianesimo dà gioia, allarga gli orizzonti”. Su come saranno gli anni che verranno, Benedetto XVI dice: “Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo, forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l'opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova”. Conclude il Pontefice: “Siamo peccatori. Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda”.
Fonte: L'Ottimista, 30 Novembre 2010
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LETTERE ALLA REDAZIONE: E' GIUSTO AFFIDARE I FIGLI A GINECOLOGI E CONSULTORI? CI SI PUO' FIDARE CIECAMENTE?
Il ruolo educativo della famiglia e un sostegno spirituale reggono meglio alle sfide dei giovani
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 1° dicembre 2010
Gentile Redazione di BastaBugie, non sapendo a chi scrivere mi rivolgo a voi. Una mia amica ha portato sua figlia di 10 anni dal pediatra per la visita periodica. Il pediatra data l'età della bambina che si avvicina alla pre-adolescenza le ha proposto di presentare la bambina ad un operatore (cioè una ginecologa) del consultorio familiare della Asl. Non perché la bambina abbia problemi ma perché, essendo gli adolescenti un po' restii a confidarsi con i genitori su certi argomenti sarebbe opportuno che conoscessero e frequentassero questi consultori dove potrebbero trovare in futuro qualcuno con cui confidarsi soprattutto in materia di sessualità onde evitare di combinare pasticci. La mia amica è rimasta un po' perplessa e incerta se favorire quest'incontro con la ginecologa del consultorio. Infatti alcuni mesi prima trovandosi alla Asl per una visita si era trovata davanti ad un bel cartellone dove si indicavano i servizi svolti dal consultorio tra i quali c'erano quelli di aiutare gli adolescenti a parlare di amore, sessualità, stili di vita, conoscenza del corpo, assistenza alla procreazione responsabile e alla contraccezione. Al che ricordandosi ciò questa mamma si è domandata: perché mai devo mandare mia figlia di 10 anni a parlare di sesso con questa gente? Come si può parlare di amore in un consultorio quando si parla esplicitamente di assistenza alla contraccezione? Parleranno non di amore ma di profilattici, pillole e intrugli vari e magari di aborto terapeutico. La domanda me la sono posta pure io in questi termini: non dovrebbe spettare a mamma e papà parlare di procreazione responsabile, della bellezza dell'amore coniugale? Perché affidarsi a terzi per parlare di sessualità? Sinceramente sento che questo compito spetta a me come genitore, vorrei poter parlare io ai miei figli del valore alto della castità e di quanto è brutto buttare via la propria purezza nei rapporti prima del matrimonio. Io purtroppo ho molto sbagliato in questo campo e me ne sono pentita amaramente anche se il mio matrimonio è comunque saldo, ma questo è solo merito di Dio che ci ha tenuto una mano sulla testa. Detto questo non posso evitare che i miei figli facciano gli stessi errori, ma almeno avrò tentato di educarli secondo Dio, ripeto, dal basso dei miei peccati. D'altra parte però è vero che gli adolescenti sono spesso chiusi e ribelli verso la famiglia e poi apprendono tutto dalle amicizie nel modo sbagliato, banalizzando l'amore e quindi sarebbe importante che avessero altri punti di riferimento. Volgo a voi la domanda: è cosa buona oppure no portare i propri figli al consultorio della Asl? Voi cosa pensate di questi consultori? Forse sono troppo presuntuosa nel pensare di affrontare in famiglia certi discorsi? Giovanna
Cara Giovanna, il tuo purtroppo è un caso diffuso. Molti genitori si pongono la domanda se fidarsi o no di agenti esterni alla famiglia. In realtà i genitori hanno il diritto e il dovere di educare i propri figli su tutti i temi. E' quindi sbagliato dare una delega in bianco ad altri, soprattutto quando si hanno fondati dubbi sul tipo di educazione proposta. Ecco quindi che mi sembrano approriate le domande poste dalla tua amica: "Perché mai devo mandare mia figlia di 10 anni a parlare di sesso con questa gente? Come si può parlare di amore in un consultorio quando si parla esplicitamente di assistenza alla contraccezione? Parleranno non di amore ma di profilattici, pillole e intrugli vari e magari di aborto terapeutico". Credo che il modo migliore sia quello di un sereno dialogo con i figli su questi temi. Ovviamente bisogna avere i piedi per terra. A volte i figli fanno fatica a parlare di queste cose con i genitori ed a loro volta i genitori hanno difficoltà a farsi ascoltare dai figli, quando questi fanno quasi per ripicca esattamente il contrario di quello che gli dicono i genitori. E' il difficile momento dell'adolescenza. Ecco perché in questo caso non sarebbe male riscoprire quell'antica e saggia pratica di consigliare ai figli di trovarsi una guida spirituale, un sacerdote di cui ci fidiamo che possa accompagnarli nelle scelte pratiche della vita. So che qualcuno potrebbe storcere il naso di fronte a questa affermazione, ma mi chiedo: possibile che molti affidino i loro figli a ginecologi, medici o consultori senza porsi il problema di quale insegnamento sarà impartito, mentre se si cerca un sacerdote, si parla subito di indottrinamento, mancanza di libertà, oscuramento della coscienza? Nell'esperienza concreta della vita ho visto che i giovani con questo sostegno spirituale hanno affrontato meglio i problemi della vita anche nella loro concretezza. Al contrario, coloro che erano stati lasciati in balia di se stessi e delle strutture pubbliche hanno sperimentato solitudine ed errori. Ognuno faccia come crede, ma poi non si lamenti delle conseguenze.
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie, 1° dicembre 2010
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OMELIA PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE - ANNO A - (Lc 1,26-38)
Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 dicembre 2010)
Oggi è la Solennità dell’Immacolata Concezione. Dire che la Madonna è immacolata nella sua Concezione significa affermare che Ella, fin dal suo primissimo istante di esistenza, quando fu concepita dai suoi santi genitori Gioacchino ed Anna, era ripiena della Grazia di Dio. Mentre noi, quando abbiamo iniziato ad esistere nel grembo materno, eravamo privi della Grazia di Dio e abbiamo dovuto attendere il Battesimo per essere liberati dal peccato originale, la Madonna era la Tutta Santa fin dall’inizio. Questa Verità è stata proclamata dalla Chiesa in modo solenne con il papa beato Pio IX nel 1854. Prima di allora, riguardo a questa dottrina, c’era stata una lunga discussione teologica durata dei secoli. Sembrava infatti impossibile affermare che la Madonna era la Piena di Grazia fin dal suo Concepimento. Ciò sembrava contraddire la verità affermata dalla Scrittura che tutti hanno avuto bisogno della Redenzione. In poche parole, dire così sembrava affermare che la Madonna non aveva avuto bisogno della Salvezza operata da Gesù. Per questo motivo, anche dei grandi Santi del Medioevo non sono riusciti a comprendere questa dottrina che solo nel 1854 è stata proclamata Dogma di fede. La soluzione fu indicata da un teologo francescano del XIV secolo, dal beato Giovanni Duns Scoto, un’umile frate scozzese che all’inizio della sua vita francescana non sembrava brillare di una grande intelligenza. La Madonna però gli fece la grazia di riuscire bene negli studi e di diventare un valente teologo. C’era un motivo in tutto questo: quell’umile Fraticello doveva servire la Madonna e dimostrare teologicamente una verità tanto bella e tanto cara al Cuore di Maria, la verità del suo Immacolato Concepimento. Il beato Giovanni, in una disputa che rimase poi famosa, dimostrò che affermare l’Immacolato Concepimento di Maria non andava contro la verità secondo la quale tutti hanno avuto bisogno della Redenzione. Anche la Madonna ne ha avuto bisogno, nel modo però più perfetto, non nel senso di essere liberata dal peccato originale, ma in quello di essere preservata da questo peccato dei nostri Progenitori. In poche parole, la Madonna fu la Piena di Grazia fin dal suo Concepimento in vista dei meriti di Gesù in croce. Dunque, contemplando Maria Immacolata, noi ammiriamo la Redenzione più perfetta, il frutto più eccelso dell’Albero della Croce. Questa spiegazione convinse molti, finché si giunse nel 1854, come dicevo prima, alla proclamazione dogmatica che insegna la verità assoluta di tale dottrina.Questa Verità ha i suoi fondamenti nella Sacra Scrittura. Il primo fondamento è quello che troviamo nella prima lettura di oggi. Il testo della Genesi dice che dopo il peccato originale di Adamo ed Eva, Dio annunciò la futura Redenzione parlando di una donna la quale sarebbe stata la nemica del demonio. Il Testo dice così: «Io porrò inimicizia fra te e la donna, fra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno» (Gen 3,15). Chi è questa donna? È l’Immacolata! Per essere nemica del demonio, Ella doveva essere piena di Grazia fin dall’inizio. Se Ella fosse stata, anche solo per un istante, sotto il dominio del peccato, non poteva dirsi a pieno titolo “nemica del demonio”. Un altro fondamento lo troviamo nel testo del Vangelo. L’angelo Gabriele saluta Maria con queste parole: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28). Questa pienezza di Grazia è da intendersi fin dall’inizio della sua esistenza. “Piena di Grazia” è come il nome proprio di Maria, è la sua caratteristica più bella e più cara al Cuore di Dio. Questa Verità deve spingerci a fare due cose. La prima cosa è quella di pregare molto la Vergine Immacolata per attingere da questa pienezza di Grazia tutte le grazie di cui abbiamo bisogno. Ella è la Piena di Grazia non solamente per se stessa, ma anche per ciascuno di noi. Pregandola, riceveremo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, per l’anima e per il corpo. Preghiamola con il Rosario: non rimarremo mai a mani vuote. La seconda cosa da fare è quella di sforzarci di assomigliare sempre di più a Lei. San Paolo apostolo, nella seconda lettura, ci insegna che Dio «ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Essere devoti dell’Immacolata significherà essere “nemici del peccato”, significherà cercare in tutti i modi di evitarlo e di vivere sempre in Grazia di Dio. Quanto più ci avvicineremo all’ideale della santità, tanto più assomiglieremo alla nostra Madre Immacolata.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per l'8 dicembre 2010)
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