ANCHE GLI ADULTI CREDONO A BABBO NATALE, BASTA CHE LO DICA LA TELEVISIONE...
E così si può credere che: la pizza aiuta a prevenire il cancro, il rumore della strada rafforza la memoria dei bambini, il cambiamento climatico causerà desertificazione ed alluvioni, ecc.
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana
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ABOLIRE I SACCHETTI DI PLASTICA: UNA STUPIDATA CONTROPRODUCENTE!
Aboliamo invece i ministri e gli assessori inutili, ad esempio quelli per l'ambiente: lo esige la natura, quella vera!
Autore: Franco Battaglia - Fonte: Il Giornale
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NELL'AGENDA DELLA COMMISSIONE EUROPEA DIFFUSA IN MIGLIAIA DI SCUOLE NESSUN RIFERIMENTO ALLE FESTIVITA' CRISTIANE
E' la stessa Commissione che ha negato che si possano equiparare gli stermini comunisti a quelli nazisti
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: Il Giornale
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CORTE EUROPEA, SENTENZA AMBIGUA: SANCITO CON CHIAREZZA CHE NON ESISTE IL DIRITTO ALL'ABORTO, MA...
... poi si tenta di allargare le possibilità di abortire in paesi dove questo è vietato: il caso dell'Irlanda
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana
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OMOSESSUALI NON SI NASCE E SOPRATTUTTO SE NE PUO' USCIRE
La testimonianza di Luca Di Tolve: colui che ha ispirato la canzone di Povia arrivata seconda a Sanremo 2009
Autore: Andrea D’Ettorre - Fonte: L'Ottimista
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WALT DISNEY ERA MASSONE
Ma la sua affiliazione massonica non è penetrata nelle storie di Topolino, se non in una serie del 1938
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Avvenire
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QUELLO CHE IN ITALIA NON SI PUO' DIRE SUI PARTIGIANI COMUNISTI: CHI HA PER TRAGUARDO LA DITTATURA NON VA TANTO PER IL SOTTILE
La liquidazione di massa, da parte dei partigiani rossi, fu evitata solo grazie alle truppe americane e inglesi
Autore: Giampaolo Pansa - Fonte: Avvenire
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L'ULTIMO FILM DI HARRY POTTER E' POCO ADATTO AI RAGAZZI
''I doni della morte'' con le sue atmosfere cupe e le sue scene di violenza fa rimpiangere l'innocente maghetto degli esordi
Autore: Annarita Petrino - Fonte: L'Ottimista
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LA FEDE DEI PICCOLI: ELOGIO DELLA DEVOZIONE POPOLARE
Il fratello del Papa ricorda che ciò che è particolarmente bello nella fede cattolica sono gli elementi che ne sollecitano i sensi
Autore: Georg Ratzinger - Fonte: Avvenire
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OMELIA PER LA SOLENNITA' MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - ANNO A - (Lc 2,16-21)
I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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OMELIA PER LA II DOMENICA DI NATALE - ANNO A - (Gv 1,1-18)
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
Autore: Padre Gabriele Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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OMELIA DELLA SOLENNITA' DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO A - (Mt 2,1-12)
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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ANCHE GLI ADULTI CREDONO A BABBO NATALE, BASTA CHE LO DICA LA TELEVISIONE...
E così si può credere che: la pizza aiuta a prevenire il cancro, il rumore della strada rafforza la memoria dei bambini, il cambiamento climatico causerà desertificazione ed alluvioni, ecc.
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana, 27-12-2010
Chi ha detto che gli adulti non credono più a Babbo Natale? In realtà se andiamo a vedere tale credenza è molto più diffusa di quanto si pensi. Per capirlo, cerchiamo anzitutto di analizzare perché i bimbi credono che Babbo Natale esiste davvero: 1. Scrivono una letterina in cui sono riportati i regali che desiderano: in realtà non fanno altro che una previsione/pronostico/presagio/profezia di ciò che gli sarà portato la notte del 24 Dicembre; 2. Il 25 mattina verificano la coincidenza con ciò che hanno scritto e quello che hanno ricevuto. Risultato finale: se c'è coincidenza, Babbo Natale esiste. Questo accade ogni anno, quindi la stretta "correlazione" tra quanto richiesto e quanto ricevuto diventa, più o meno inconsapevolmente, la prova "scientifica" dell'esistenza di Babbo Natale. Anzi la convinzione è tale che spesso vengono trascurati molti dettagli che potrebbero indurre a diverse conclusioni. In realtà sappiamo bene tutti che la notte del 24 nessuno scende dal camino a portar doni. L'errore nasce dall'assuefazione ad un uso scorretto della statistica: la correlazione tra richiesta e doni ricevuti avrebbe senso e valore "scientifico" solo nel caso di rigetto dell'ipotesi, ovvero i doni e richieste non coincidono quindi "non esiste", mentre nel caso in cui ci sia un'alta correlazione nulla si dovrebbe dedurre. Statisticamente, infatti , questi tipi di test devono essere detti correttamente "test di reiezione", mentre purtroppo spesso sono conosciuti come di "correlazione". Questo perché l'osservazione che due fenomeni accadono in modo correlato avviene se, e solo se, uno è causa dell'altro; invece può esserci solo coincidenza (come il famoso "canto del gallo" con il sorgere del sole) o solo una condizione (come l'apertura della finestra con la luce in stanza). Due fenomeni che crescono vengono sempre correlati, come può essere l'aumento della temperatura globale con l'aumento della concentrazione dell'anidride carbonica. Ma la stessa temperatura potrebbe essere correlata con eccellenti risultati anche con il numero di lavatrici o TV vendute annualmente nell'ultimo secolo. Il professor Roberto Vacca in un suo testo dimostrò che la correlazione fra numero di malati di AIDS e numero di PC in Italia dal 1983 al 2004 è altissima, pari a 0,99, il che - secondo la vulgata corrente - dovrebbe significare che c'è una correlazione tra infezione da HIV e vendita di computer. In realtà la statistica è uno strumento utilissimo nella scienza, ma da sola non è scienza. In passato Francis Galton, con l'uso sbagliato della correlazione come dimostrazione scientifica, dette inizio all'eugenetica. Oggi sui quotidiani si possono leggere, con l'etichetta di scientifici, risultati del tipo "La pizza aiuta a prevenire il cancro", "Allevare mucche protegge dai tumori", "Tumore al seno: mancine attente rischiate il doppio", "Sorpresa: il rumore della strada fa bene ai bambini, rafforza la memoria", "Se sei alto ti pagano meglio". In alcuni casi sui mass media si è di fronte a previsioni in cui tutto è possibile: si può leggere che il cambiamento climatico causerà desertificazione ed alluvioni, onde di calore e "bolle fredde" artiche, siccità e tropicalizzazione del clima, uragani mediterranei e calme "mucillose", la diminuzione dei ghiacci dell'Artico e l'aumento di quelli dell'Antartico, la coltivazione dell'ulivo in Gran Bretagna ed il verificarsi d'inverni più freddi del secolo, etc. Tutti, prima o poi, saranno indotti a constatare "sperimentalmente" la correlazione tra quanto previsto e ciò che accade. Analogamente alla verifica del bimbo la notte di Natale i grandi potranno osservare che il "Babbo Natale climatico" esiste, in alcuni talk show questa sarà la "dimostrazione scientifica" che la catastrofe è arrivata. Invece l'eventuale "nesso di causalità" dovrebbe essere dimostrato in modo diverso e veramente scientifico. Il rischio è che, con gli stessi processi conoscitivi, i bimbi credono al Babbo Natale che porta doni un giorno l'anno, i grandi possono credere al Babbo Natale che porta risultati scientifici tutto l'anno.
DOSSIER "NATALE" Le verità dimenticate sulla nascita di Gesù Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: La Bussola Quotidiana, 27-12-2010
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ABOLIRE I SACCHETTI DI PLASTICA: UNA STUPIDATA CONTROPRODUCENTE!
Aboliamo invece i ministri e gli assessori inutili, ad esempio quelli per l'ambiente: lo esige la natura, quella vera!
Autore: Franco Battaglia - Fonte: Il Giornale, 27-12-2010
Mi propongo ministro all'Ambiente. E, per essere sicuro di non essere preso sul serio, con un unico punto in programma: chiudere il ministero omonimo. E chiudere, con esso, gli assessorati all'Ambiente di comuni, province e regioni. Centinaia di strutture che sono pleonastiche, se ci va bene. Ma troppo sovente ci va male, e così troppo sovente sono, quelle strutture, dannose. Ove c'è qualcuno che vorrebbe avviare un'attività produttiva, ecco che ti piomba il ministero o, come vuole il caso, l'assessorato, dell'Ambiente col preciso compito di renderla improduttiva. Accanto alle attività primarie, secondarie e terziarie (agricoltura, industria e servizi) cui la maggior parte di noi è dedita, vi sono le «attività quaternarie», il cui obbiettivo è uno solo: distruggere tutte le altre attività. Orbene, a differenza di tutti gli altri, che cercano di regolare attività produttive, i ministeri e assessorati all'Ambiente esistono per regolare le «attività quaternarie». La molla ufficiale delle loro azioni sarebbe la difesa dell'ambiente, ma difficilmente esse hanno avuto qualche influenza positiva, anche minima, sull'ambiente. Le influenze negative, invece, si sprecano. La regola che seguono per decidere quale azione intraprendere è questa: per affrontare un problema - spesso presunto - trovare e perseguire tenacemente la soluzione - si fa per dire - che richieda il massimo dei costi col minimo dei risultati. L'ultima che si sono inventata sarebbe di voler abolire le buste di plastica. Non chiedetemi quali, perché non l'ho capito. Quelle della spesa? Quelle del pattume? Non lo so, forse entrambe. Le associazioni ambientaliste tifano per le buste da spesa eco-compatibili perché sono riutilizzabili. Chissà mai perché non si possano riutilizzare quelle di plastica. E quanto alle buste per il pattume, una volta nell'inceneritore, quelle di plastica fanno la stessa fine di quelle ecologiche o presunte tali. Ammesso e non concesso che la fine che fanno le prime sia dannosa e che sia virtuosa la fine che fanno le seconde, quel che manca in queste proposte è la cognizione delle dimensioni dei problemi, in questo caso infime. In un sacco di 5 kg di pattume che va a finire nell'inceneritore, il sacco medesimo peserà - quanto? - 30 grammi. Una sola bottiglia in Pet dentro quel sacco vanificherebbe ogni sforzo a sostituire il contenitore non-eco (o presunto tale) con uno eco (o presunto tale). Insomma, possiamo dire che queste buste (presunte) eco sono quella cosa che con la quale o senza la quale si rimane tali e quali. Ci dicono che anche le bottiglie andrebbero sostituite. Non le vogliono di Pet ma di Pla. Entrambi polimeri, ottenuti dal petrolio il primo e da un processo agricolo il secondo. Ma siccome l'ignoranza ambientalista ha deciso che l'agricoltura è natura e che tutto ciò che è natura è buono per definizione, allora viva il Pla e abbasso il Pet. Se ci pensiamo bene, invece, non solo l'agricoltura non è natura, ma è il petrolio ad essere natura. Inoltre, non è neanche vero che tutto ciò che è natura è buono per definizione: anzi, di solito succede il contrario. L'agricoltura è una delle più fantastiche conquiste dell'ingegno umano, senza il quale alcun prodotto agricolo neanche esisterebbe. E il petrolio è una delle più fetide schifezze mai prodotte da madre natura, che solo l'ingegno umano ha saputo elevare a preziosa risorsa, grazie alla chimica, che è una benedizione dell'umanità. Ma, come ben sappiamo, tutte le benedizioni per l'umanità sono avversate dagli ambientalisti, i quali hanno l'umanità in uggia. Quando oltre 25 anni fa nacquero in Germania i primi Verdi, cominciarono subito a far danni, imponendo il bando del Pet a favore del vetro. Il pregiudizio su Pet e vetro era la riciclabità di questo ma non di quello, mentre è vero quasi il contrario. Dal vetro riciclato si produce vetro scuro, di commerciabilità limitata; mentre il Pet può riciclarsi quasi all'infinito con fantastica versatilità (da poche bottiglie di cola si può produrre una maglietta di pile) e, grazie all'elevato potere calorifico, in un inceneritore produce energia evitando di bruciare gas o petrolio. E, a questo proposito, va detto che se per produrre 1000 bottiglie in Pet occorrono 100 litri di petrolio, per produrre le stesse in vetro di litri di petrolio ne occorrono 250. Non a caso i tedeschi, negli anni, hanno soppresso quel bando. Insomma, ad essere ambientalisti virtuosi si dovrebbe preferire il Pet al vetro, contrariamente ai consigli dei ministeri e degli assessorati all'ambiente. Meglio chiuderli.
Fonte: Il Giornale, 27-12-2010
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NELL'AGENDA DELLA COMMISSIONE EUROPEA DIFFUSA IN MIGLIAIA DI SCUOLE NESSUN RIFERIMENTO ALLE FESTIVITA' CRISTIANE
E' la stessa Commissione che ha negato che si possano equiparare gli stermini comunisti a quelli nazisti
Autore: Marcello Veneziani - Fonte: Il Giornale, 27 dicembre 2010
Per l'Unione europea il Natale non esiste, la Pasqua nemmeno, e se uccidono i cristiani in Nigeria e nelle Filippine, come è accaduto nel giorno di Natale, chi se ne frega, la cosa non ci riguarda. I cristiani saranno una setta del posto. Noi europei ci occupiamo di misurare le banane, mica di religioni, superstizioni, stragi e amenità varie. Noi siamo civili, lavoriamo in banca, mica pensiamo alle festività religiose. E poi in questi giorni la Commissione europea non lavora, è in vacanza natalizia, anche se non si sa ufficialmente la ragione di queste festività, sarà l'anniversario dell'euro o l'onomastico di Babbo Natale... Non sto vaneggiando per overdose di spumanti e panettoni. È stata diffusa in milioni di copie e in migliaia di scuole, in tutta Europa e forse anche nei Paesi islamici, l'agenda ufficiale dell'Europa, firmata della Commissione europea. Nel diario europeo, che mi è capitato di vedere, c'è traccia delle più estrose festività relative alle più minoritarie religioni, ma non c'è alcun riferimento alle festività antiche, canoniche e ufficiali della cristianità europea. Non si sa perché festeggiamo Natale e le altre festività religiose, nulla è accennato sull'agenda che ricordi la Natività, la Resurrezione e tutto il resto, nulla che segni in rosso una santa festività. Ma quale Natale, Pasqua, Epifania, diceva Totò, a cui evidentemente si ispira l'Unione Europea. L'ha fatto notare, protestando, il ministro degli Esteri Frattini, ma in questi giorni l'Unione europea è chiusa per inventario merci (non esistendo il Santo Natale) e dunque la protesta affonda nel vuoto vacanziero di questa vuota Europa. A ragion veduta possiamo perciò accusare l'Unione europea di negazionismo. L'Unione europea è un'associazione vigliacca di smemorati banchieri fondata sul negazionismo. Nel giro di poche ore, l'Unione europea ha infatti negato le festività cristiane e dunque la sua tradizione principale ancora viva da cui proviene e nel cui nome ha un calendario e un sistema di festività. Ed ha pure negato ai Paesi dolorosamente usciti dal comunismo il diritto di considerare i loro milioni di vittime sullo stesso piano delle vittime del nazismo. Come sapete, la Commissione europea ha negato che si possano equiparare gli stermini comunisti a quelli nazisti e possa dunque scattare anche per loro il reato di negazionismo. Pur avendo commesso "atti orrendi", i regimi del gulag, secondo la Commissione europea, "non hanno preso di mira minoranze etniche". E che vuol dire, sterminare i borghesi o i contadini è meglio che sterminare gli appartenenti a una razza? Uccidere chi non la pensa come te è un crimine meno efferato che uccidere chi è di un'altra razza? Tra le fosse di Katyn, le foibe e le camere a gas di Dachau, qual è la differenza etica, giuridica ed umana? Tra chi nega gli stermini di popolazioni civili di Paesi invasi dal comunismo e chi nega gli stermini etnici, qual è la differenza? È ideologica, signori, puramente ideologica. Come ideologica è la negazione delle tradizioni cristiane più popolari. Non parliamo infatti del dogma trinitario o di altri quesiti teologici, qui parliamo di Natale e Pasqua, avete presente? Alla base dell'Europa c'è un negazionismo vigliacco e bugiardo, che non è solo quello di negare alcuni colossali orrori per riconoscere e perseguirne degli altri; ma negare l'Europa stessa, la sua vita, il calendario che scandisce i suoi giorni, la sua realtà e la sua verità, la sua tradizione e la sua storia. Il negazionismo dell'Unione europea è ancora più grave del negazionismo elevato a reato: perché non nega solo alcuni orrori, ma nega anche in positivo la storia, la provenienza, la vita europea. Del suo passato l'Unione resetta tutto, difende solo la memoria della Shoah, e poi cancella millenni di civiltà cristiana, millenni di natali e pasque, orrori del comunismo e di altre tirannidi. Che schifo. Io non ho ancora capito a che serve l'Unione europea fuori dall'ambito economico. Non è un soggetto politico che esprime posizioni unitarie, non ha un governo passato dal consenso del popolo europeo, la sua stessa unione non fu voluta o almeno ratificata da un referendum costitutivo del popolo sovrano. Non è un soggetto culturale e civile perché non fa nulla per affermare, difendere o valorizzare l'identità europea, anzi fa di tutto per negarla. Non ha una sua carta costituzionale dove declina le sue generalità storiche, le sue affinità ideali, i suoi principi, le sue provenienze civili e religiose. Non ha una sua politica estera unitaria o una strategia internazionale, e non si occupa di stragi dei cristiani, semmai si agita solo se c'è una donna condannata a morte per aver ucciso il marito in Iran. Insomma, l'Europa non è mai nata e ha paura pure della sua ombra. Esiste solo un sistema monetario unico, un sistema di dazi e di regole, di banche e di finanziamenti. È un ente economico, un istituto per il commercio. Per questo l'Unione europea non esiste, abbiamo ancora la Cee , la Comunità economica europea. Anzi non sprechiamo la parola comunità per un consorzio economico, torniamo al Mec, Mercato europeo comune. L'Europa è un morto che cammina.
Fonte: Il Giornale, 27 dicembre 2010
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CORTE EUROPEA, SENTENZA AMBIGUA: SANCITO CON CHIAREZZA CHE NON ESISTE IL DIRITTO ALL'ABORTO, MA...
... poi si tenta di allargare le possibilità di abortire in paesi dove questo è vietato: il caso dell'Irlanda
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana, 17-12-2010
La buona notizia è che ieri la Corte europea dei diritti dell'uomo ha finalmente e con chiarezza stabilito che nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali non esiste alcun diritto all'aborto. Quella meno buona è che contemporaneamente la Corte rimanda ai parlamenti nazionali degli Stati membri dell'Unione Europa ogni decisione legislativa sul punto. L'ambiguità sta tutta nel fatto che se, in teoria, il secondo provvedimento garantisce una misura di democrazia assolutamente necessaria dentro le istituzioni europee, salvaguardando il principio della sovranità nazionale, in pratica sposta solamente il problema quasi fingendo di non vedere quali siano gli orientamenti legislativi della stragrande maggioranza dei parlamenti degli Stati membri dell'Unione Europea in tema di diritto alla vita. Del resto, proprio una delle eccezioni storiche all'orientamento filoabortista della media delle legislazioni nazionali, l'Irlanda (lì l'aborto è vietato se non in casi rari e particolarissimi), è stato il casus belli. La sentenza di Strasburgo ha chiuso ieri il caso, noto come "ABC", aperto nel 2005 dal ricorso presentato da tre donne (due irlandesi e una lituana residente in Irlanda) contro la legislazione non-abortista del Paese accusato per questo motivo di violare l'articolo 8 della suddetta Convenzione europea (un trattato internazionale redatto dal Consiglio d'Europa ed entrato in vigore nel 1953), il quale tutela il «diritto al rispetto della vita privata e familiare». Per abortire le tre donne si recarono a suo tempo, come di triste prassi in questi casi, in Gran Bretagna. Una di esse era appena uscita dal cancro e chiedeva di abortire temendo che portare a termine la gravidanza indesiderata avrebbe causato una recrudescenza del male. A lei, solo a lei, la Corte di Strasburgo ha dato ragione, ravvisando una violazione del famoso art. 8 e quindi condannando l'Irlanda a risarcire la donna con 15mila euro. Ciò che però ha fatto ieri Strasburgo è stato solo riconoscere una violazione di quell'articolo della Convenzione, non il sostenere che esso contempli positivamente il diritto all'aborto. Certamente, nel caso concreto, l'art. 8 è stato strumentalmente utilizzato da "C" per sostenere il diritto all'aborto, ma di per sé la Convenzione non lo stabilisce, né in spirito né in lettera. Il crinale è sottile e la lotta serrata. Certe forze politiche e lobby culturali cercano d'introdurre a forza in Europa il diritto all'aborto là dove esso non esiste, invocando una sorta di "spirito dei trattati" europei "aleggiante" per "opinione comune" sopra i testi dei documenti stessi. Le autorità giuridiche custodi dell'"originalismo" dei trattati li smentiscono categoricamente e costantemente testi alla mano. Ma il limbo dell'interpretazione resta ancora troppo ampio. Quanto a "C", il caso che più si presta a valutazioni capziose, il PNCI, Parliamentary Network for Critical Issues (un coordinamento internazionale per la promozione e il rispetto della dignità della vita umana, diretto a Washington da Marie S. Smith), diffonde ora una importante dichiarazione di John Smeaton, direttore nazionale della Society for Protection of Unborn Children che ha sede a Londra. «La Corte», dice Smeaton, «ha frainteso la Costituzione irlandese, confondendo l'aborto con le cure mediche. La Costituzione d'Irlanda non prevede alcun diritto all'aborto, né il diritto alla vita dei bimbi non nati può in alcun modo essere ritenuto in concorrenza con il diritto alla vita delle madri. L'aborto non è una cura medica e l'Irlanda, dove l'aborto è vietato, offre alle madri le migliori cure sanitarie del mondo. Se diventerà legge, questa sentenza legalizzerà l'aborto per un ampio ventaglio di circostanze». Il pericolo, insomma, non è scongiurato. Resta però il fatto che la decisione di ieri è, dice il PNCI, una grande sconfitta della logica abortista, quella che sognava di trasformare il caso "ABC" nella legalizzazione dell'aborto "europeo" insinuando il dubbio che la legislazione irlandese sia incoerente rispetto ai parametri medi degli Stati membri.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 17-12-2010
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OMOSESSUALI NON SI NASCE E SOPRATTUTTO SE NE PUO' USCIRE
La testimonianza di Luca Di Tolve: colui che ha ispirato la canzone di Povia arrivata seconda a Sanremo 2009
Autore: Andrea D’Ettorre - Fonte: L'Ottimista, 17 Novembre 2010
Era gay, ora è sposato e sogna di avere un figlio. “Non ero felice e volevo capire il perché”. Racconta Luca: “Ci ho messo cinque anni per realizzare di avere sofferto dell’assenza di un padre, di aver idealizzato i maschi perché li sentivo più forti di me e per cominciare ad incuriosirmi dell’universo femminile”. Da almeno trent’anni nella società occidentale opera una potente lobby che vuole prepotentemente innestare nel sentore comune questa aberrante ideologia: l’omosessualità come “fatto normale”. Chiunque sostenga il contrario perde il diritto di parola e viene tacciato di essere un intollerante che discrimina gli omosessuali, insomma, è moralmente condannato per omofobia. Luca, di fronte alle speciose accuse dell’Arcigay di esser stato vittima di un lavaggio del cervello, replica: “Non ci sto. Sono una persona in grado di intendere e di volere come lo ero quando ero un gay. La vera violenza è dire che è impossibile uscire dall'omosessualità”. E insiste: “Basta con questa accusa di omofobia. Chi discrimina è chi pensa che gay si nasce. Non esiste certo un gene. La mia scelta ha richiesto coraggio, anche perché non ho dovuto lottare solamente contro le mie abitudini, praticare l'astinenza per un periodo, ma ho dovuto rinunciare anche ai privilegi di una società in cui essere gay è trendy, ti serve a trovare un lavoro più facilmente e a fare soldi più in fretta”. Non è la vita di un pericoloso soggetto affetto da schizofrenia quella che Luca ha deciso di raccontare, ma è una nuova vita. Luca di Tolve, oggi 39enne, racconta al settimanale Tempi: “I miei genitori si separarono quando ero piccolo, mio padre se ne andò di casa. Rimasi da solo con mia madre, in un ambiente tutto femminile. Giocavo con le bambole, avevo mutato il tono della voce, mi sentivo molto rassicurato quando stavo con le donne e spaventato, anche se attratto, dalle figure maschili - prosegue -. Avevo tredici anni e nessun padre che mi spingesse a entrare nel “gruppo dei maschi” da cui, invece, venivo respinto perché avevo interessi diversi, perché non ero dei “loro”, perché non giocavo a pallone come tutti. Questo mondo che pure mi attraeva, al tempo stesso mi spaventava, mi lasciava ai margini, solo. A quell’età questa mia infelicità e, al contempo, la necessità, come tutti, d’affetto, si manifestò in pulsioni omosessuali”. Da quegli innocenti anni dell’adolescenza, Luca ne aveva fatta di strada. Fino a qualche anno fa Luca curava le pubbliche relazioni per i locali omosex, era un attivista dell’Arcigay, si occupava di turismo e organizzava viaggi per la comunità: era un gay doc, un gay convinto. “Convinto sì, credevo che quella fosse la mia condizione, irreversibile. Ero un egocentrico, palestrato, schiavo dei locali notturni, ossessionato dai soldi, convinto di provare attrazione unicamente per i maschi e finito nel vortice del sesso compulsivo”. Autorevoli psicologi del calibro di Joseph Nicolosi e G. Van den Aardweg hanno chiarito che l’omosessuale prova attrazione per una persona dello stesso sesso perché cerca quello che vorrebbe essere, quello che non ha, in quanto è irretito nel tunnel di una personalità incompiuta. Il sentimento che prova è narcisistico ed egoistico. Egli cerca il partner ideale, ma dopo i primi momenti di intensa attrazione fisica, dopo la consumazione non gli resta che il nulla, una sconfinata sensazione di vuoto, perché anche quella persona che ha trovato non ha una identità correttamente definita. Questo spiega anche l’origine dell’elevato tasso di infedeltà e precarietà nei rapporti omosessuali. Gli omosessuali vivono un frenetico nomadismo sentimentale. Fanno sorridere le rivendicazioni di coloro che chiedono il matrimonio omosessuale: non può esistere stabilità e fedeltà nel mondo gay, perché quel che cercano è di per sé effimero. Confessa Luca: “Credevo di essere io lo sfortunato che non trovava l'anima gemella. Poi mi sono reso conto che attorno a me tutto era impostato in modo frivolo, superficiale, che ero circondato da persone infelici, molti delle quali ossessionate dalla pornografia e dal sesso. E poi la morte: l'ho vista consumarsi negli amici attorno a me e alla fine ho dovuto farci i conti anch'io dopo aver scoperto di essere sieropositivo”. L'incubo Hiv Luca lo ha scoperto sulla sua pelle. La malattia lo ha devastato. Eppure oggi è convinto che quella terribile malattia è stata una grazia poiché lo ha aiutato a riportare a galla quelle insopprimibili domande esistenziali che il vagabondare di quegli anni aveva sopito. Caduto in una depressione profondissima, un giorno Luca vede, appeso al contatore della luce all’interno del suo appartamento, un rosario cui si aggrappa fortemente ricordando quello che, lontano nel tempo, i suoi nonni e la sua mamma gli avevano insegnato. Sentiva che era la sua ultima opportunità. Mentre recitava il rosario, alla terza decina, si accascia improvvisamente e avverte una sensazione di pace, di serenità immensa, prima sconosciuta. Percepisce la presenza della Madonna che gli dona una forza ed una gioia indescrivibili. Luca intuisce che tutte quelle sofferenze, quella disgrazia, si stavano trasformando in grazia; allora continua a pregare giorno dopo giorno attingendo da quelle preghiere il sostentamento necessario per cambiare la sua vita. Per caso, leggendo degli appunti lasciati da un amico sulla propria scrivania, s’imbatte nella “terapia ripartiva” dell’americano Joseph Nicolosi www.narth.com. Da allora, dopo un percorso lungo cinque anni, grazie alla preghiera, all’aiuto di sacerdoti ed associazioni cattoliche esperti in materia, e grazie a quella buona psicologia che aiuta ad elaborare l’origine delle tendenze omosessuali ed a colmare quelle lacune identitarie che ne sono la causa, per Luca è arrivato il matrimonio con Teresa e la nascita di un gruppo di ispirazione cattolica “Gruppo Lot” da lui guidato www.gruppolot.it. Con questo gruppo “aiutiamo gli omosessuali a rifiorire – spiega Luca -. Certo che ci sono gay che vivono la loro condizione con naturalezza ed in tranquillità. Ma io voglio dire a tutti quelli che invece vivono il disagio che ho attraversato io che non devono vergognarsi, che possono rivolgersi a strutture che li aiutano e che alla fine possono trovare la felicità”. Se si vuole davvero aiutare gli omosessuali, è necessario riconoscere che in quella condizione essi vivono male, soffrono terribilmente. Anche quando sia apparentemente accettata con serenità, l'omosessualità non sarà mai compatibile con le esigenze più intime della persona e, proprio per questo, essa è un comportamento irragionevole: non porta alla felicità. La verità è che dall’omosessualità è possibile liberarsi. Certo, il primo passo di questo non facile cammino è riconoscersi bisognosi di aiuto, ed infrangere il luogo comune imposto dai media secondo cui, al contrario, bisognerebbe arrendersi al fatto che omosessuali si nasce. Nulla di più falso: il cambiamento è possibile.
Nota di BastaBugie: per vedere il video di Luca di Tolve che racconta la sua esperienza a cui si è ispirato Povia, per informazioni sulla teoria riparativa (per uscire dall'omosessualità) e molto altro, clicca qui!
VIDEO "LUCA ERA GAY"
http://www.youtube.com/watch?v=iRX32u3qANM
Fonte: L'Ottimista, 17 Novembre 2010
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WALT DISNEY ERA MASSONE
Ma la sua affiliazione massonica non è penetrata nelle storie di Topolino, se non in una serie del 1938
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Avvenire, 13 novembre 2010
Il numero 34 della collezione - preziosa per l'attenta ricostruzione filologica - Gli anni d'oro di Topolino, pubblicata dalla Rcs Quotidiani e intesa a ripresentare in italiano tutto il Topolino di Floyd Gottfredson (1905-1986), fa cenno, riproducendole la tavola iniziale, a una serie del tutto ignota in Italia. Si tratta di Mickey Mouse Chapter, realizzata a partire dal dicembre 1932 da un animatore e disegnatore della Walt Disney, Fred Spencer (1904-1938). La peculiarità di questa serie di Topolino è che è apparsa su una pubblicazione massonica, l'International DeMolay Cordon, e che in queste storie a fumetti il topo più famoso del mondo aderisce all'organizzazione giovanile della massoneria, anzi ne fonda una loggia. Che cosa era successo? La massoneria degli Stati Uniti si è preoccupata per tempo del reclutamento delle nuove leve, fondando nel 1919 a Kansas City l'Ordine Internazionale di DeMolay, aperto ai ragazzi dai 12 ai 21 anni, cui sono insegnati i principi massonici e che li prepara a un'eventuale adesione alla massoneria. Se la simbologia è patriottica e vagamente cavalleresca, profondamente massonico è il riferimento ai templari e al loro Gran Maestro Jacques de Molay (ca. 1240/1250-1314). Molti storici pensano che de Molay fosse in realtà un buon cattolico, ingiustamente calunniato e mandato a morire sul rogo dal re di Francia Filippo il Bello (1268-1314), che - forse bello, ma certamente squattrinato - voleva impadronirsi delle favolose ricchezze dei templari. Ma nella simbologia massonica settecentesca e ottocentesca de Molay diventa - in modo piuttosto anacronistico - un campione del libero pensiero, vittima dell'alleanza della monarchia di Francia e della Chiesa Cattolica, e i massoni s'impegnano a vendicarlo combattendo i troni e gli altari. Questi riferimenti mostrano come l'organizzazione giovanile della massoneria - che conta ancora oggi diciottomila membri, in cui si è formato per esempio Bill Clinton, e che ha una sua piccola filiale anche in Italia - non sia completamente innocua. È nota l'appartenenza massonica di Walt Disney (1901-1966). Meno noti sono l'entusiasmo con cui egli accompagnò le prime attività dell'Ordine DeMolay, e la sua amicizia con il fondatore di questa massoneria per ragazzi, l'imprenditore Frank Sherman Lang (1890-1959). Fino a quando compì quarant'anni, benché fosse ormai fuori età, Disney continuò a portare con orgoglio al dito l'anello dell'Ordine DeMolay. Assunse pure come animatore un altro ex-membro del DeMolay, appunto Fred Spencer, il quale - con l'approvazione dello stesso Disney - nel dicembre 1932 iniziò a disegnare tavole con Topolino, di specifico orientamento massonico, per l'International DeMolay Cordon, il quale, nonostante il nome pomposo, era poco più che un bollettino dell'Ordine. Qui comincia una sorta di mistero, perché - benché anche produzioni minori siano sempre state archiviate dalla Disney - di questa serie "segreta" non c'è traccia negli archivi della Walt Disney Company, e lo stesso Ordine DeMolay dichiara di non avere conservato la collezione del bollettino. Gli storici disneyani, che non sono pochi, sono stati in grado finora di recuperarne solo tre tavole. Nella prima Topolino con alcuni amici, fra cui Orazio, fonda un chapter ("capitolo", l'equivalente di quella che per gli adulti è una loggia), del DeMolay. Nella seconda e nella terza Pluto fa irruzione in una riunione di loggia, creando notevole scompiglio. S'ignora perfino quando la serie sia finita, probabilmente già molto prima della tragica morte di Spencer in un incidente stradale nel 1938. Sbaglierebbe chi da questo curioso episodio - e dalla dichiarata passione di Disney per la massoneria - volesse ricavare un giudizio su tutta la produzione disneyana come ispirata ai valori massonici. Da una parte, Disney si è limitato alla supervisione di prodotti confezionati da numerosi artisti, di diversissime sensibilità. Molti dei principali disegnatori e sceneggiatori disneyani non solo non erano massoni ma s'ispiravano a valori piuttosto conservatori e anche esplicitamente cristiani. Dall'altra, nella California dell'epoca in cui Disney diventa massone, negli anni 1920, i membri delle logge sfioravano i centomila. Questo significa che essere massoni - al di fuori dei cattolici, ben consapevoli della condanna della Chiesa - in California non era riservato a un'élite: era del tutto comune per i borghesi, e anche per i piccoli borghesi di successo. Una forma - lo hanno notato storici delle idee come Margaret Jacobs - di "sociabilità diffusa", pur sempre massonica come dimostrano i simboli scelti ma lontana dalla forte caratterizzazione ideologica delle logge italiane o francesi dell'epoca. Tranne che nella serie "sparita" di Fred Spencer Topolino, dunque, non è massone, e l'affiliazione massonica del suo creatore non è penetrata nelle storie, specie quelle delle origini, scritte da non massoni e ricche di valori morali, oltre che di delicatezza e di poesia. La serie DeMolay resta dunque solo una curiosità.
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Fonte: Avvenire, 13 novembre 2010
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QUELLO CHE IN ITALIA NON SI PUO' DIRE SUI PARTIGIANI COMUNISTI: CHI HA PER TRAGUARDO LA DITTATURA NON VA TANTO PER IL SOTTILE
La liquidazione di massa, da parte dei partigiani rossi, fu evitata solo grazie alle truppe americane e inglesi
Autore: Giampaolo Pansa - Fonte: Avvenire, 1° ottobre 2010
A partire dai primi mesi del 1944, soprattutto nell'Italia del Nord il Pci comincia a costituire bande partigiane in montagna o in territori di collina lontani dalle città. È una scelta quasi obbligata, imposta senza volerlo proprio dall'avversario. Le ripetute chiamate alle armi decise dalla Rsi causano un fenomeno sconosciuto nella storia d'Italia. È la renitenza massiccia delle reclute, il rifiuto di migliaia di giovani a vestire la divisa dell'esercito fascista. Dirà Parri: Mussolini ci ha regalato tanti bravi partigiani. In quel momento la politica militare del Pci si sdoppia. Restano attivi i Gap, che proseguono con accanimento nella strategia del terrorismo urbano. Ma accanto a loro comincia a emergere la rete delle brigate comuniste o a guida comunista, le Garibaldi. Sarà una costruzione lenta e non priva di errori. Lo rivela il disastro terribile della Benedicta che, nell'aprile 1944, segna la fine della 3ª Brigata Garibaldi Liguria. Il lettore lo vedrà rievocato in questo libro da una testimonianza eccezionale. È il racconto di una spia fascista inviata tra i partigiani di quel reparto, con lo scopo di raccogliere informazioni in vista di un grande rastrellamento, concluso con 147 fucilazioni. Ma anche sul terreno delle bande, la supremazia del Pci nei confronti degli altri partiti del Cln rimane intatta. Certo, esistono pure le formazioni di Giustizia e libertà, il braccio partigiano del Partito d'Azione. Nascono reparti militari autonomi, come quelli di Mauri nelle Langhe. Non mancano formazioni cattoliche e socialiste. Però la loro consistenza non è paragonabile, neppure alla lontana, a quella delle Garibaldi. Tanto che non è azzardato affermare che almeno il 70 per cento del movimento partigiano italiano risulterà comunista o guidato da comunisti. Chi non concorda con questa tesi, sostiene che anche nelle Garibaldi i partigiani comunisti erano una minoranza. Per un certo aspetto, all'inizio questo è vero. Del resto, i giovani che per i motivi più diversi decidono di "andare in banda" sono cresciuti nel regime fascista. E non sanno nulla della politica e dei partiti antifascisti. Molti di loro, tuttavia, nel corso della guerra partigiana diventeranno militanti del Pci. [...] Che cosa vogliono fare i comunisti una volta liberata l'Italia dai tedeschi e dai fascisti? La risposta è talmente ovvia da sembrare banale: vogliono conquistare il potere con le armi e fare del nostro paese uno Stato satellite dell'Unione sovietica. Non occorre essere docenti di Storia contemporanea per sapere che questa è la verità. Eppure le tante sinistre italiane, tutte figlie o nipoti del vecchio Pci, ancora nel 2010 continuano a negare l'evidenza. [...] Il primo degli storici revisionisti, il grande Renzo De Felice, ci ha spiegato gli obiettivi del Pci in alcune pagine del suo Mussolini l'alleato, l'ultimo volume della monumentale biografia del leader fascista, pubblicato da Einaudi nel 1997. I comunisti non volevano una democrazia parlamentare con più partiti, destinata a dopoguerra. Il loro traguardo era una democrazia popolare o progressiva, considerata come una fase transitoria per arrivare alla dittatura del proletariato, un mito irrinunciabile. È una strategia identica a quella di tutti gli altri partiti comunisti europei, a cominciare dal Pcf, il partito francese. L'aveva decisa Mosca e diventa la motivazione vera dell'impegno dei comunisti nelle guerre di liberazione dal fascismo e dal nazismo. Anche il Pci di Togliatti, ritornato dall'Urss alla fine del marzo 1944, guarda lontano, verso il passo successivo all'indomani della Liberazione. Secondo De Felice, questo fa del Pci un partito per niente riformista, ma neppure rivoluzionario in senso classico, bensì semplicemente staliniano. Questo connotato spiega molti aspetti della nostra guerra di liberazione che, di solito, vengono ignorati dagli storici di sinistra. Ne elenco alcuni. Prima di tutto, le divisioni all'interno dello schieramento antifascista. I partiti moderati, a cominciare dalla Dc e dai liberali, conoscono bene le reali intenzioni dei comunisti. E constatano con apprensione la voglia di egemonia del Pci. È un disegno mai dichiarato, ma perseguito con tenacia. Traspare dal lavoro svolto fuori dai Cln e impenetrabile a ogni controllo. Molte delle crepe profonde nel Cln centrale, quello dell'alta Italia, vengono da questa radicale diversità di orizzonti. Anche l'asprezza, e spesso la ferocia, dimostrata nella guerriglia da molte formazioni garibaldine ha origine nella natura staliniana del partito che le aveva costituite e fatte crescere. Chi ha per traguardo una dittatura rossa non va tanto per il sottile. Sopprimere i fascisti non significa solo togliere di mezzo un avversario nella guerriglia, ma prepara anche il terreno allo scontro futuro. Quello che inizierà dopo la fine del conflitto mondiale e la sconfitta del nazifascismo. Pure le numerose uccisioni di partigiani non comunisti, e comunque il tentativo di indebolirne la forza e il prestigio quando si tratta di comandanti, non sono mai incidenti di percorso nel clima concitato e instabile di una guerra interna. Questi delitti, e anche le tante morti misteriose, si spiegano con il proposito di mettere fuori gioco i possibili avversari della fase successiva alla lotta di liberazione, quella dove il Pci avrebbe tentato di conquistare il potere. [...] Se è stata evitata una liquidazione di massa, molto più pesante dei 20 mila uccisi dopo il 25 aprile 1945, lo dobbiamo soltanto alla presenza in Italia delle truppe americane e inglesi. Nel caso che al loro posto ci fossero stati i reparti sovietici o di Tito, come è avvenuto in altre aree dell'Europa, anche il nostro paese non avrebbe evitato un colossale bagno di sangue. E subito dopo ci sarebbe stato l'inizio di un regime autoritario comunista.
Fonte: Avvenire, 1° ottobre 2010
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L'ULTIMO FILM DI HARRY POTTER E' POCO ADATTO AI RAGAZZI
''I doni della morte'' con le sue atmosfere cupe e le sue scene di violenza fa rimpiangere l'innocente maghetto degli esordi
Autore: Annarita Petrino - Fonte: L'Ottimista, 22 Dicembre 2010
Il sapore di un libro si percepisce sin dalle prime righe. In quelli di Harry Potter, pur non essendoci un incipit vecchio stile, c’è tutta la valenza delle favole più belle. La sensazione che ha il lettore è quella di essere preso per mano, di diventare parte della storia e di vivere le avventure del piccolo mago che, nel primo dei sette libri da cui sono stati tratti gli omonimi film, aveva circa 11 anni. Chi, leggendo il libro o guardando il film, non si è affezionato al piccolo Harry, rimasto orfano quando era solo un neonato? Quale tra i giovani spettatori e lettori delle sue prime avventure non ha desiderato seguire anche solo una lezione o fare un giro nei corridoi di Hogwarts dove “alle scale piace cambiare”, i quadri sono animati, i corridoi pieni di fantasmi e gli insegnanti dei potentissimi maghi? Da quelle emozioni regalate dalle primissime pagine e dai primissimi istanti dei libri e dei film su Harry Potter sono passati circa dieci anni. Viene da chiedersi quanti tra i giovanissimi che sono andati a vedere l’ultimo film "I doni della morte" o il penultimo "Il principe mezzosangue", abbiano anche avuto modo di vedere il primo, La pietra filosofale, o La camera dei segreti. Quanti di loro conoscono il maghetto undicenne e occhialuto che si aggirava tra i corridoi di Hogwarts, chiuso nella sua timidezza e covando nel cuore il dolore per non aver mai conosciuto i suoi genitori, se non attraverso le foto animate o i racconti che girano nel suo mondo di maghi? Oppure quanti dei primi spettatori e lettori riescono ad associare il ragazzo spavaldo e il mago temerario di oggi con il bambino che respirava un’atmosfera familiare solo quando non era a casa dei suoi zii e che si faceva prendere in giro da questi ultimi e dall’odioso cugino? Quanti ragazzi sono effettivamente cresciuti insieme ad Harry? E quanti piuttosto vanno a vedere il nuovo film semplicemente perché loro o i genitori ne hanno sentito parlare di lui come di un film per ragazzi? "Mi ricordo benissimo dei miei undici anni: a quell’età si è del tutto impotenti. Ma i bambini hanno un mondo segreto che per gli adulti sarà sempre impenetrabile": così affermava J.K. Rowling all’epoca dell’uscita del primo libro di Harry Potter. Ma che cosa succede quando questo mondo segreto diventa un mondo più adulto che infantile, ovvero più comprensibile agli adulti che ai bambini? Che accade se le categorie di questo mondo segreto, che per il bambino dovrebbero essere categorie fantastiche e immaginifiche, diventano piuttosto oscure e ombratili come spesso è il mondo degli adulti? È quanto accade nell’ultimo film di Harry Potter e, dunque, nell’ultimo libro. Qualcosa è cambiato: le atmosfere non sono più le stesse da un pezzo, forse già dal terzo libro Il prigioniero di Hazkaban, dove gli scenari oscuri predominavano su quelli solari. Mano a mano che Harry cresce, entra sempre più a contatto con un mondo sinistro e violento, che è quello del suo nemico il cui nome nessuno pronuncia, il potente mago che ha ucciso i suoi genitori. Ci sono tradimenti, fughe, resistenze da organizzare, ma anche tanta violenza, il più delle volte gratuita. I toni non sono più quelli di un film o di un libro per ragazzi, ma divengono forzatamente tali. I cattivi torturano e uccidono davanti agli occhi degli spettatori, a un certo punto si assiste a un vero e proprio eccidio di maghi e babbani (esseri umani) con bollettini di guerra, che sembrano macabre imitazioni di quelli dati dalle radio durante la seconda guerra mondiale. Si sta scatenando un nuovo tipo di odio razziale, quello dei maghi di una certa casta verso i comuni esseri umani. L’odio razziale nella storia dell’umanità ha prodotto i più orrendi crimini: perché proporlo in un film per ragazzi? Come può l’odio razziale far parte di quel mondo segreto che appartiene solo ai bambini, quando essi, per loro stessa natura, non fanno alcuna distinzione di sesso, colore della pelle, religione o estrazione sociale? Queste ultime sono categorie "adulte" e fanno dell’ultimo Harry Potter un libro e un film per adulti. E se si pensava che in questo modo l’odio razziale potesse venire in qualche modo esorcizzato, che i giovani spettatori ne potessero avere una visione negativa e che dunque risultasse come qualcosa da evitare, forse l’argomento non è stato trattato con la dovuta delicatezza, necessaria quando ci si rivolge ad un pubblico giovane. I maghi cattivi e boriosi, che si credono superiori agli esseri umani sono belli, vestono bene, sono potenti, sanno fare magie spettacolari, sono famosi… mentre i babbani sono solo comuni mortali. A quale delle due categorie un pubblico giovane e suscettibile desidererebbe appartenere? C’era una volta Harry Potter, o semplicemente Harry, ma ora non c’è più. Lo ricordiamo con affetto, mentre ci conduce alla scoperta della scuola di magia più magica che ci sia!
Fonte: L'Ottimista, 22 Dicembre 2010
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LA FEDE DEI PICCOLI: ELOGIO DELLA DEVOZIONE POPOLARE
Il fratello del Papa ricorda che ciò che è particolarmente bello nella fede cattolica sono gli elementi che ne sollecitano i sensi
Autore: Georg Ratzinger - Fonte: Avvenire, 9 dicembre 2010
Pietà popolare e gioventù vanno d’accordo? I giovani, possono farsene ancora qualcosa della processione del Corpus Domini, dei pellegrinaggi mariani o della venerazione delle reliquie? Sì, possono! E c’è un bel libro, «La fede dei piccoli», che ne è la prova. L’autrice, Elisabeth von Thurn und Taxis, è una giovane donna moderna. Cresciuta a Ratisbona, è andata a scuola a Londra, ha studiato a Parigi e ha vissuto a New York: nel mondo è di casa. Tanto più positivo è il fatto che una come lei si occupi di pietà popolare. Infatti oggi si scri-ve ben poco su questo tema. E poi la pietà popolare è in certo qual modo messa ai margini dalla pietà liturgica. Quest’ultima è naturalmente molto importante. Ma la pietà liturgica ha bisogno di essere completata dalla pietà popolare alla quale alcuni guardano invece con una certa alterigia. Perché, invece, la devozione popolare appartiene in modo primario alla nostra fede? La risposta è molto semplice: ciò che è particolarmente bello nella fede cattolica sono gli elementi che ne sollecitano i sensi. La nostra fede non si limita alla preghiera, all’interiorità e alla razionalità. La nostra fede afferra l’uomo intero. Tutto l’uomo è chiamato alla santità, e così egli deve tendervi attivamente con tutti i suoi sensi. Molti sacerdoti aspirano ad essere 'moderni', 'al passo coi tempi ', per usare solo alcune tra le espressioni oggi più in voga. Credono che la pietà popolare sia qualcosa di superato e, passo dopo passo, la espellono dalla vita della Chiesa. Il protestantesimo ha già abbandonato questa forma di pietà. Per i cristiani evangelici la Chiesa è presente unicamente lì dove si prega e dove vengono amministrati i sacramenti. Ma così si dimentica che la Chiesa è una realtà sempre presente che riempie tutta la nostra vita e che aspira a coinvolgerla integralmente. Purtroppo una simile tendenza ha cominciato a prender piede anche tra noi cattolici. Ci accorgiamo, però, che lì dove viene praticata solo una 'religione razionale', la fede perde forza e, prima o poi, scompare del tutto. La fede non è un fatto solamente razionale; necessita anche di espressioni semplici e veraci, presenti sin dall’inizio e delle quali l’uomo avrà sempre bisogno. Proprio per noi cristiani esse sono fondamentali. La pietà popolare è un tesoro della Chiesa. Ed allora è tanto più importante opporsi in modo buono e appropriato alla sua rimozione. Dico questo pensando proprio ai giovani. Ben presto si accorgerebbero di cosa ha perso la nostra fede se non la si potesse più 'toccare con mano', se non coinvolgesse più l’uomo intero. In Baviera, la mia terra, la pietà popolare ha da sempre un ruolo importante. Ai bavaresi l’elemento puramente razionale importa meno. Per essi in primo piano sta ciò che è percepibile con i sensi. Per questo in Baviera la pietà popolare ha un posto particolare nella vita religiosa delle persone. Certo, oggi a causa della grande mobilità dei singoli diviene più difficile mantenere in vita tradizioni preziose. E tuttavia, più la vita diviene frenetica, più gli uomini hanno bisogno della loro patria, dei propri riti e usi. Per questo è tanto importante che la pietà popolare continui a essere curata e alimentata con entusiasmo, così che possano goderne anche le generazioni future. La fede rimane viva solo se si rivolge a tutto l’uomo. E questo è il messaggio che rivolgo ai giovani cristiani di oggi. E così sono particolarmente contento del fatto che una giovane donna moderna, una giovane scrittrice, la voglia far conoscere e amare proprio alla sua generazione, mostrando questo: la pietà popolare ci avvicina a Gesù Cristo.
Nota di BastaBugie: questo articolo è tratto dalla prefazione al libro "La fede dei piccoli" della Libreria Editrice Vaticana (2010)
Fonte: Avvenire, 9 dicembre 2010
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OMELIA PER LA SOLENNITA' MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO - ANNO A - (Lc 2,16-21)
I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° gennaio 2011)
Oggi è il primo giorno dell'anno e, come ogni anno, in questa giornata celebriamo la solennità di Maria Santissima Madre di Dio. Questa Festa è stata collocata dal papa Paolo VI otto giorni dopo la solennità del Natale. Secondo la legge d'Israele, otto giorni dopo la nascita di un bambino ci doveva essere il rito della circoncisione; per questo motivo il brano del Vangelo di oggi riporta anche il racconto di quell'avvenimento nella vita del piccolo Gesù. Provvidenzialmente questo ottavo giorno dopo il Natale coincide con il primo dell'anno, ed è cosa molto bella iniziare un nuovo anno nel Nome di Maria, celebrando una Festa che è tra le più belle in suo onore. Dire che la Madonna è Madre di Dio sembrava cosa troppo ardita, anzi, impossibile. Come può una creatura essere chiamata con il titolo di Madre di Dio? Ecco che nei primi secoli del Cristianesimo si discusse molto se era lecito o no usare un tale termine. La risposta definitiva venne con il Concilio di Efeso nel 431. Durante questo Concilio, i vescovi lì riuniti insegnarono che è Verità di fede affermare che la Madonna è Madre di Dio per il semplice fatto che Gesù è la Seconda Persona della Santissima Trinità che, nella pienezza dei tempi, si è incarnata, ha preso la nostra natura umana. Gesù, dunque, è vero Dio e vero uomo. È un'unica persona, la Seconda Persona della Santissima Trinità, in due nature: la natura divina preesistente e la natura umana. Dal momento che la persona è comunque divina, la Vergine Maria è Madre di Dio. Diventare Madre di Dio è il massimo a cui possa arrivare una persona umana. Per questo motivo, alcuni antichi teologi parlavano di Maria come il confine tra il creato e l'increato: al di là di questo confine vi è solo Dio. La Madonna non è solamente Madre di Dio ma è anche Madre nostra. Questa è una verità molto consolante. Diventando Madre di Gesù, Maria è diventata anche Madre nostra, di noi che siamo le membra del Corpo mistico di Cristo. Oggi, in questa bella Solennità, siamo chiamati a riflettere sull'importanza della devozione mariana. Il papa Paolo VI, in una predica, insegnava che non si può essere cristiani senza essere mariani, ovvero senza nutrire una tenera devozione alla Madonna. La devozione alla Madonna non è qualcosa di facoltativo, lasciato alla nostra libera decisione, ma è qualcosa di essenziale per il semplice fatto che siamo cristiani e Gesù vive in noi. Se vive in noi, Gesù ama in noi. Ama il suo Padre Celeste e ama la sua Madre Immacolata. Per questo motivo possiamo dire che la devozione mariana è come un segno bellissimo della presenza di Gesù in noi: non siamo noi ad amare l'Immacolata, ma è Gesù che la ama in noi. Tutti pertanto devono essere devoti alla Madonna e, quanto più lo saremo, tanto più assomiglieremo a Gesù. Una grande devozione alla Madonna è il modo più bello e più facile per giungere alla salvezza eterna. Diversi Santi ci assicurano che non si perderà colui che ama la Madonna e la prega con perseveranza. Sia questo dunque il nostro impegno nel nuovo anno che è appena iniziato: pregare con fiducia e perseveranza Colei che è la nostra Madre. Si racconta che san Bernardino da Siena, quando era ancora giovane, giunta la sera, usciva di casa e vi ritornava dopo diverso tempo. Una sua parente, temendo che il giovane Bernardino avesse trovato qualche brutta compagnia, una sera lo seguì di nascosto; ma fu grande la sua consolazione quando vide che egli, uscito dalla porta della città, si fermava davanti ad una immagine mariana che aveva "rapito il suo cuore", e lì pregava a lungo. Rassicurata da ciò, la parente tornò a casa in pace. Imitiamo questo esempio. Cerchiamo anche noi una immagine mariana che ci piaccia e che parli al nostro cuore; rechiamoci spesso a visitarla, e parliamole "con il cuore in mano". Saranno quelli i momenti più belli della giornata. Ella, la nostra Madre tenerissima, avrà sempre qualche nodo da scioglierci.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° gennaio 2011)
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OMELIA PER LA II DOMENICA DI NATALE - ANNO A - (Gv 1,1-18)
E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi
Autore: Padre Gabriele Pellettieri - Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 gennaio 2011)
La Liturgia di questa domenica è una prolungata riflessione sul mistero ineffabile della nascita di Gesù. La Chiesa oggi ci invita a tornare ancora una volta alla grotta di Betlemme per contemplare con occhi di fede il mistero mirabile di quel Bambino. Sotto i segni della sua umanità umile, fragile, povera, noi riconosciamo lo splendore della divinità del Figlio di Dio. Le letture bibliche della Messa esprimono senza equivoci la certezza che Gesù è realmente Figlio di Dio. L'apostolo Giovanni, nella splendida pagina del Vangelo odierno, presenta Gesù come il "Verbo" o la "Parola" del Padre. In una sintesi stupenda ma anche in modo profondo, afferma: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, il Verbo era Dio" (Gv 1,1). Il Verbo, dunque, è il Figlio di Dio, è Dio stesso, in tutto uguale al Padre; sempre presente nella sua mente, ne condivide in pienezza la sua divinità e in Lui trova tutta la compiacenza di amore e di vita. Dio ha compiuto ogni cosa per mezzo del suo Verbo e, nella pienezza dei tempi, compirà l'opera più grande: la Redenzione degli uomini. Con ispirate parole, così l'Apostolo prediletto di Gesù descrive il punto culminante del suo Vangelo e di tutta la storia della salvezza: "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (ivi, 14). Il Verbo, inviato dal Padre, entra finalmente nel tempo, viene ad abitare in mezzo a noi e assume la nostra natura umana per comunicare all'uomo l'intimità della sua natura divina. Oggi, però, sono in tanti a non credere nella divinità di Gesù. Anche tra i cristiani vi sono di quelli che affermano che Cristo è solo un uomo. Lo considerano un grande sapiente, un profeta che ha compiuto strepitosi prodigi, ma nulla di più. E' una tentazione sottile che oggi serpeggia nel cuore di molti. Questi non hanno ancora compreso che se Gesù fosse soltanto un uomo, non sarebbe diverso dai fondatori di altre religioni; non potrebbe essere, perciò, il fondatore della vera religione, né il nostro Salvatore. Un uomo, anche se il più sapiente di questo mondo, non può salvare l'uomo dai peccati, né garantirgli la vita eterna. Solo Gesù può salvarci, perché solo Lui è Dio. Dalla stupenda pagina del Vangelo odierno, l'apostolo san Giovanni ci offre una prova inconfutabile della divinità di Gesù. Egli è stato, insieme agli altri apostoli, un testimone oculare della vita pubblica di Gesù: ha condiviso con il Maestro divino fame, freddo, gioie, sofferenze; ha visto la potenza dei miracoli da Lui compiuti, la sapienza dei suoi insegnamenti, soprattutto le sue apparizioni da risorto e non esita a proclamarne la divinità. Oggi l'apostolo Paolo ci invita a pregare perché, come leggiamo oggi nella seconda lettura, "il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui" (Ef 1,17). Ma la rivelazione di questo grande mistero non si ferma sul piano della conoscenza, è bensì finalizzata a coinvolgere gli uomini a partecipare della stessa vita divina di Gesù. Ecco, in definitiva, la ragione ultima della venuta di Dio in mezzo a noi e di tutto il mistero della salvezza: rendere l'uomo figlio di Dio. E' questa l'incredibile realtà realizzata da Dio per amore dell'uomo! San Giovanni l'afferma chiaramente nel Vangelo di oggi: "A coloro però che l'hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio" (ivi, 12); ed è quanto anche l'apostolo Paolo asserisce, ricordandoci l'eccelsa vocazione e la sublime dignità a cui siamo stati chiamati: In Gesù "siamo stati scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù" (Ef 1,4-5). Molti cristiani, purtroppo, ignorano questa straordinaria realtà, non sanno di aver ricevuto da Gesù il grande dono di essere figli di Dio. E' nostro dovere, perciò, conoscere più a fondo questa verità, ricordandoci che non c'è al mondo dignità più sublime di questa, né Dio stesso poteva elevarci a una più grande. Anche san Pio da Pieitrelcina, in un suo scritto, ci parla della straordinaria grandezza e dignità che derivano dall'essere cristiani: "Sì, il cristiano nel battesimo risorge in Gesù, viene sollevato ad una vita soprannaturale, acquista la bella speranza di sedere glorioso sopra trono celeste. Quale dignità!" (Epistolario II, p.229). Esortati dalle parole del nostro Santo, impegniamoci non solo a riflettere spesso sull'eccelsa dignità di essere figli di Dio e, quindi, partecipi della sua vita divina ed eredi delle sue eterne promesse, ma soprattutto a vivere in maniera conforme a questa vocazione, aspirando continuamente alla Patria Celeste, tenendo il nostro cuore distaccato dalle realtà di questo mondo e rinunziando per sempre a ogni forma di peccato che avvilisce e distrugge la nostra dignità di figli di Dio.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 2 gennaio 2011)
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OMELIA DELLA SOLENNITA' DELLA EPIFANIA DEL SIGNORE - ANNO A - (Mt 2,1-12)
Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 gennaio 2011)
Oggi è la solennità dell'Epifania. La parola "Epifania" significa "manifestazione": in Cristo, luce del mondo, il Padre Celeste rivela ai popoli il mistero della salvezza. A Betlemme, quando Gesù nacque, accorsero gli umili pastori, avvisati dagli angeli del Cielo; ora, guidati da una stella misteriosa, giungono i Magi. La riflessione che viene spontanea è quella che Dio sceglie di preferenza gli ultimi. Prima scelse i pastori che erano le persone tra le più disprezzate dal popolo; dopo chiamò addirittura dei pagani, persone che comunque cercavano sinceramente la Verità. Tutti gli altri rimasero indifferenti a quella Nascita che segnò una svolta nella storia dell'umanità. Chi erano i Magi? Prima di tutto, bisogna dire che non erano dei re. Il testo del Vangelo non fa nessun riferimento a un loro eventuale potere regale. Antiche fonti storiche ci dicono che i Magi erano una casta di sapienti di origine persiana i quali, a motivo della loro sapienza, avevano comunque un ruolo importante nella religione e nella politica del loro antico paese. Non si sa quanti furono quelli che vennero a Betlemme. Il brano evangelico non ci dice che erano tre; si pensa che fossero stati tre in base ai doni che lasciarono al Bambino Gesù. I Magi furono condotti a Betlemme da una misteriosa stella sorta all'orizzonte. Secondo l'antica tradizione persiana, doveva venire in questo mondo un "Soccorritore", il quale avrebbe portato la definitiva perfezione. La sua venuta sarebbe stata indicata da un segno luminoso su nel cielo. Dio si servì di questo antico racconto, che si tramandava di generazione in generazione, per condurre quegli uomini saggi e retti a trovare finalmente la Verità che cercavano tanto ansiosamente. Il Signore, in qualche modo, si adattò alla loro mentalità e li ispirò interiormente ad intraprendere quel lungo viaggio. D'altra parte, c'è anche da dire che era ormai da secoli, dai tempi del re Ciro, che gli ebrei erano entrati in contatto con i persiani, ed era molto probabile che i Magi conoscessero le profezie riguardanti il Messia, in modo particolare quella della stella: «Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Nm 24,17). Giunti a Gerusalemme, i Magi chiesero dov'era Colui che era nato, il re dei Giudei. Il re Erode ne rimase turbato profondamente e si informò dai capi dei sacerdoti e dagli scribi ove doveva nascere il Messia. Saputo che Egli doveva nascere a Betlemme, vi mandò allora i Magi affinché si informassero accuratamente del Bambino. Il suo intento era quello di ucciderlo, ma, pur di conoscerlo, finse di volergli rendere onore. Ignari di questo inganno, i Magi si recarono a Betlemme guidati dalla misteriosa stella. Il Vangelo dice che, al vedere la stella, i Magi «provarono una gioia grandissima». È la gioia che provano tutti quelli che, nella loro vita, trovano Gesù. Solo Lui ci può rendere felici. Tutto il resto ci lascerà sempre con il cuore arido, riarso dalla sete. I Magi trovarono Gesù «con Maria sua madre». Ed è sempre così: chi trova Maria, trova Gesù. È più facile dividere la luce dal calore, piuttosto che separare la Madre dal Figlio. Lei è la stella che guida i nostri passi incontro al Signore. Seguendo Lei non possiamo sbagliare e giungeremo al porto sospirato della salvezza. Il grande san Bernardo paragona la Madonna a una stella, e così scrive in una sua celebre Omelia: «O tu che nelle vicissitudini della vita, più che di camminare per terra hai l'impressione di essere sballottato tra tempeste e uragani, se non vuoi finire travolto dall'infuriare dei flutti, non distogliere lo sguardo dal chiarore di questa stella! Se insorgono i venti delle tentazioni, se ti imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca Maria». I Magi allora, entrati nella casa, adorarono il Bambino Gesù e gli donarono «oro, incenso e mirra». Questi sono doni profetici. L'oro simboleggia la Regalità di Gesù, l'incenso la sua Divinità, e la mirra la sua Passione dolorosa per mezzo della quale sarebbe poi culminata la salvezza del mondo. Anche noi, in qualche modo, dobbiamo offrire a Gesù questi tre doni. L'oro simboleggerà la nostra carità; l'incenso la nostra preghiera; infine, la mirra rappresenterà l'offerta dei nostri sacrifici quotidiani, dei nostri fioretti.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 gennaio 2011)
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