BastaBugie n�175 del 14 gennaio 2011
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NEGLI USA S'INSEDIA IL NUOVO CONGRESSO FEDERALE: IL PRESIDENTE DELLA CAMERA, JOHN BOHNER, E' UN CATTOLICO TUTTO D'UN PEZZO
Indeboliti i democratici (che appoggiano Obama), rafforzati i repubblicani e in special modo quelli conservatori (grazie all'ascesa del Tea Party)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana
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OBAMA FA DIETROFRONT SULL'EUTANASIA DI STATO
Eliminata la norma che prevedeva per gli anziani un colloquio con un medico, pagato con soldi pubblici, per spingere verso l'eutanasia
Autore: Lorenzo Schoepflin - Fonte: Avvenire
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NAPOLITANO INTERVIENE SUL CASO-BATTISTI E, COME SEMPRE, FA UNA PESSIMA FIGURA
Cesare Battisti militava nei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) ed è stato protetto da chi amava Marx, Lenin, Mao Tse Tung, Chou En Lai e Pol Pot.
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
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IL REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA DEL SUD DEL SUDAN FINALMENTE BLOCCHERA' IL PROCESSO DI ISLAMIZZAZIONE FORZATA
Nel più esteso stato africano l'imposizione della sharia ha causato la riduzione in macerie di città e villaggi, razzìa di raccolti, beni e mandrie, sterminio degli uomini adulti (oltre due milioni di morti) e la riduzione in schiavitù di donne e bambini
Autore: Anna Bono - Fonte: La Bussola Quotidiana
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I CATTOLICI PERSEGUITATI IN CINA E NEL MONDO: FEDELTA' CHE RESISTE
La storia insegna che i regimi persecutori dei cattolici sono crollati: del resto siamo sicuri che il male non prevarrà perché Cristo guida e protegge sempre la sua Chiesa
Autore: Carlo Cardia - Fonte: Avvenire
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IL TRIBUNALE CHE INTRODUSSE L'ABORTO IN AMERICA LO FECE PER AUTORIZZARE UNA DONNA CHE ERA STATA STUPRATA IN GRUPPO: MA ERA FALSO, NON ERA STATA STUPRATA, NE' VOLEVA ABORTIRE
Il suo bambino nacque e in seguito è diventata cristiana e poi cattolica: oggi conduce le battaglie contro l'aborto e a favore della vita
Autore: Virginia Lalli - Fonte: BastaBugie
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LA FECONDAZIONE IN VITRO COMPORTA GRAVI RISCHI: LO CONFERMA UNO STUDIO SCIENTIFICO SU OLTRE 13.000 BAMBINI
Resta da capire perché sui mass media la fecondazione artificiale venga tanto lodata visto che esiste un'età naturale per far figli (data dalla fisiologia delle ovaie)
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: La Bussola Quotidiana
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L'UOMO CHE SI AFFIDA ALLA PROVVIDENZA NON HA PAURA DEL FUTURO: VEDIAMO L'ESEMPIO DI FRODO NEL SIGNORE DEGLI ANELLI
L'uomo senza Fede, invece, è spaventato ed ha paura di tutto: di sposarsi, delle difficoltà, della malattia, ecc.
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio
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QUELLO CHE VITTORIO MESSORI SI E' DIMENTICATO DI DIRE SUL CORRIERE DELLA SERA
L'irrisolto rapporto dell'Islam con la violenza ha orrende ricadute sui rapporti dei musulmani con tutte le altre religioni e civiltà
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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SCOOP IN AMERICA: META' DEGLI SCANDALI DEI PRETI E' FALSA
Ovviamente anche un solo fatto vero, sarebbe un fatto di troppo, ma quella dei preti pedofili in parte forse è una gran bufala
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana
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PUO' UN CATTOLICO IMPEGNATO IN POLITICA AGIRE INDIPENDENTEMENTE DALLA SUA FEDE? NO!
La Fede esalta, nobilita e nutre l'azione politica
Autore: Alessio Tommasi Baldi - Fonte: La Compagnia di San Galgano
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IL 2011 CI RISERVERA' INCESTO O CANNIBALISMO? LE ULTIME MOSTRUOSITA' BIOETICHE FANNO DIVENTARE NORMALI E ACCETTATE QUELLE PRECEDENTI
E noi dietro a correre ai ripari: la vera novità sarebbe se iniziassimo a dire ''Basta!'' e passassimo all'attacco culturale
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: La Bussola Quotidiana
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BENEDETTO XVI HA CONVOCATO A OTTOBRE 2011 I LEADER DELLE RELIGIONI MONDIALI AD ASSISI
Appello affinchè non si ripeta il rischio, presente purtroppo nelle precedenti edizioni, di considerare le religioni tutte uguali
Fonte: Il Foglio
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OMELIA PER LA II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Gv 1,29-34)
Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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NEGLI USA S'INSEDIA IL NUOVO CONGRESSO FEDERALE: IL PRESIDENTE DELLA CAMERA, JOHN BOHNER, E' UN CATTOLICO TUTTO D'UN PEZZO
Indeboliti i democratici (che appoggiano Obama), rafforzati i repubblicani e in special modo quelli conservatori (grazie all'ascesa del Tea Party)
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-01-2011
Oggi, a Washington, s'insedia il nuovo Congresso federale, il 112°, eletto il 2 novembre dell'anno scorso. La novità è che il Partito Democratico, alleato fedelissimo del presidente Barack Obama, non ha più la maggioranza pigliatutto in entrambi i rami del "parlamento" statunitense. Le elezioni "di medio termine" hanno infatti scompaginato completamente gli assetti interni all'organo legislativo del Paese (che in alcuni ambiti conta ben di più della Casa Bianca stessa), non solo perché hanno consegnato la maggioranza della Camera al Partito Repubblicano, ma perché lo hanno fatto con numeri che non si vedevano da più di 70 anni e perché in controluce quel voto rivela pure un successo Repubblicano soddisfacente al Senato (che avrebbe potuto essere maggiore, persino una vittoria ai punti, se in novembre la "lotteria" costituzionale che fa votare gli americani ogni due anni solo per un terzo dei senatori federali avesse disegnato una mappa più simile alla geografia del successo Repubblicano alla Camera). In più i Repubblicani l'hanno spuntata anche in numerose assemblee legislative di singoli Stati e il saldo finale nel conto dei governatori ora arride nettamente loro. Ciò significa che i due anni che separano gli Stati Uniti dall'elezione del presidente e del vicepresidente federali prossimi, il 6 novembre 2012, saranno di grande battaglia legislativa. Quel che resta della fu granitica maggioranza Democratica al Congresso e una Casa Bianca malconcia dovranno vedersela con un avversario temibile: non semplicemente i Repubblicani, ma i Repubblicani spesso e volentieri conservatori (che non è lo stesso), forti di una vasto consenso di popolo non solo ma anche rappresentato dal movimento dei "Tea Party". Due anni, cioè, di dibattito sicuramente acceso su spesa pubblica, pressione fiscale, invadenza della burocrazia ed elefantiasi dello Stato, ma sempre anche, se non soprattutto, sulle questioni "eticamente sensibili". Nel 2008 Obama iniziò l'avventura presidenziale promettendo di cancellare una serie di provvisioni di legge varate dalla precedente Amministrazione e riguardanti l'aborto, il finanziamento con soldi pubblici della ricerca sulle cellule staminali embrionali, l'eutanasia, la questione omosessuale, il rinnovo dell'appoggio economico a quelle organizzazioni internazionali a cui George W. Bush jr. fece mancare i preziosi denari americani poiché fautrici nel mondo di politiche contrarie al diritto alla vita e alla dignità della persona umana. Il Congresso a maggioranza Democratica, il 111°, quello che oggi esce di scena, gli ha dato man forte e così la Casa Bianca qualche significativo passo in quella direzione, fortunatamente non tutti, lo ha compiuto (per esempio sul fine-vita). Ma da oggi sarà sempre più difficile muovere passi ulteriori, e forse gli ostacoli si riveleranno insormontabili. Uno, grosso, ha nome John Bohner, il presidente della Camera che oggi s'insedia e le cui lacrime di commozione per la vittoria del 2 novembre fecero il giro del mondo. È stato detto, è opportuno ricordarlo. Bohner, 60 anni, deputato dell'Ohio, è un cattolico tutto d'un pezzo e un noto pro-lifer. Un avversario frontale per il "change", in peggio, di Obama. Non solo. Sarà il primo presidente cattolico della Camera federale degli Stati Uniti espresso dal Partito Repubblicano. Ce ne sono cioè stati altri, ma tutti Democratici. E questo, con buona pace della par condicio, ha sempre regolarmente significato lo sfacelo, e in più lo scandalo. Il primo, lo sfacelo, perché quei cattolici si sono sempre comportanti in modo più che transigente proprio sulle questioni dove invece un cattolico in politica deve mostrare intransigenza. Il secondo, lo scandalo, perché che a tollerare e talora a promuovere leggi e iniziative contro il diritto alla vita e la dignità della persona umane erano appunto dei cattolici. Basta citare, per intendersi, il caso del presidente uscente della Camera, Nancy Pelosi, esempio eclatante di '"effetto John F. Kennedy": quel primo (e unico) presidente cattolico degli Stati Uniti non fece in tempo a essere eletto che subito si schernì dicendo che la sua appartenenza religiosa non avrebbe influenzato di uno iota il suo agire politico. Una costante dei Democratici liberal, questa, arrivata fino all'altro JFK cattolico di stazza (avrebbe voluto) presidenziale. Davanti a John F. Kerry, nel 2004, Papa Benedetto XVI scrisse ai vescovi statunitensi una nota riservata (ma divenuta pubblica) con cui negava la comunione a uomini politici cattolici pubblicamente favorevoli all'aborto. La questione si è del resto ripresentata con Joe Biden, il vicepresidente cattolico di Obama. Di passaggio è invece significativo ricordare la conversione di un ex. Vale a dire di Newt Gingrich, presidente Repubblicano della Camera nel 104° Congresso eletto nel 1994. Era protestante battista sin dagli anni del liceo, dal 29 marzo 2009 è cattolico praticante. L'ondata dei "Tea Party" lo ha riportato imperiosamente sulla scena politica. Di lui oggi si è tornato a parlare molto. Forse addirittura come candidato alla Casa Bianca.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-01-2011
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OBAMA FA DIETROFRONT SULL'EUTANASIA DI STATO
Eliminata la norma che prevedeva per gli anziani un colloquio con un medico, pagato con soldi pubblici, per spingere verso l'eutanasia
Autore: Lorenzo Schoepflin - Fonte: Avvenire, 8 gennaio 2011
«Death panels» era stata ribattezzata dai critici la misura contenuta nella riforma sanitaria voluta da Obama che prevedeva la possibilità per gli ultra sessantacinquenni di avere un colloquio informativo riguardo alle scelte di fine vita con un medico pagato con soldi pubblici. Una sorta di testamento biologico finanziato dai contribuenti americani, se è vero che il paziente avrebbe potuto esprimere, nell'occasione, precise volontà circa eventuali trattamenti medici. Il contrasto stridente tra quel «death» (morte) e il «care» (prendersi cura) tanto caro ad Obama, così attento a garantire assistenza medica a tutti i cittadini, è sufficiente a spiegare la forte opposizione manifestatasi a livello politico e di opinione pubblica negli ambienti prolife americani. Un'opposizione che ha sortito l'effetto desiderato, stando a quanto riportato dal New York Times in un recente articolo, dove si dava notizia della «repentina marcia indietro dell'Amministrazione Obama in merito alle disposizioni sul fine vita». In pratica il provvedimento è stato ritirato. La decisione è per molti aspetti sorprendente anche in considerazione del fatto che le novità erano entrate in vigore con l'avvento del 2011. Funzionari della Casa Bianca hanno giustificato l'inversione di rotta con motivi procedurali: non sarebbero stati rispettati i tempi necessari al recepimento delle osservazioni delle parti interessate dalle nuove disposizioni. Ma è lo stesso New York Times ad affermare che sicuramente esistono anche ragioni politiche. La riforma è infatti finita nel mirino della nuova maggioranza repubblicana alla Camera e quello dell'"Annual wellness visit" – "visita annuale per il benessere", questa la rassicurante espressione con la quale veniva chiamato il colloquio tra i medici e gli anziani – avrebbe potuto rivelarsi un argomento capace di esasperare lo scontro. I provvedimenti riguardanti il "fine vita" avevano suscitato immediate polemiche poiché non erano contenuti nel testo sottoposto al voto parlamentare, ma furono introdotti con un regolamento solo in un secondo momento. Già nell'estate 2009 Sarah Palin, candidata alla vicepresidenza alle elezioni che videro il trionfo di Obama, lanciò l'allarme su possibili misure che avrebbero portato a decidere chi sarebbe stato degno di cure e chi no. John Boehner, oggi nuovo speaker repubblicano alla Camera, aveva parlato di una pericolosa deriva verso l'eutanasia incoraggiata dal governo. Adesso non manca chi, come il bioeticista e commentatore Wesley Smith, parla di un segnale di debolezza da parte della Casa Bianca. E che i repubblicani facciano sul serio lo dimostra il voto tenutosi ieri proprio alla Camera, che ha visto compiersi il primo passo verso l'abrogazione della riforma: 236 i favorevoli – tra cui 4 democratici – a fronte di 181 contrari in merito all'opportunità di inserire nell'agenda parlamentare il voto sulla cancellazione totale dell' "Obamacare", previsto per il 12 gennaio prossimo. Un segnale dal valore esclusivamente politico, vista la già dichiarata intenzione dei Democratici di stoppare il cammino repubblicano al Senato, che giunge però in un momento in cui è proprio la Casa Bianca a mostrare incertezze significative.
Fonte: Avvenire, 8 gennaio 2011
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NAPOLITANO INTERVIENE SUL CASO-BATTISTI E, COME SEMPRE, FA UNA PESSIMA FIGURA
Cesare Battisti militava nei PAC (Proletari Armati per il Comunismo) ed è stato protetto da chi amava Marx, Lenin, Mao Tse Tung, Chou En Lai e Pol Pot.
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 10-01-2011
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è intervenuto sul caso-Battisti, spiegando che «alla nostra politica e alla nostra cultura è mancato qualcosa per trasmettere, e far capire davvero, il senso di ciò che accadde in quegli anni tormentosi del terrorismo». Secondo Napolitano «anche a paesi amici non siamo riusciti a far comprendere la gravità del terrorismo». Il Capo dello Stato ha sollevato due questioni interessanti. Cominciamo dalla prima, la più corposa: ai giovani – sostiene il Presidente – non è stata raccontata la stagione del terrorismo. Le parole di Giorgio Napolitano dicono bene, ma non dicono tutto. Non ci dicono perché, in Italia, gli anni di piombo sono avvolti da un velo di ignoranza. La ragione è molto semplice, ma anche molto imbarazzante: una parte importante della cultura e della politica contemporanea ha scheletri negli armadi che risalgono proprio a quel periodo. Stiamo parlando soprattutto di quella parte politica che, con sfumature diverse, negli anni del terrorismo era "di sinistra". Che tale ancora si definisca, o che si qualifichi come "democratica" e "progressista", poco importa: in entrambe i casi, essa ha le sue radici inequivocabilmente in quel territorio della politica che trent'anni fa amava Marx, Lenin, Mao Tse Tung, Chou En Lai e Pol Pot. I sessantottini furono i turbolenti nipotini di quella generazione di comunisti che li aveva preceduti e generati, e che aveva lo stomaco abbastanza robusto per digerirsi un carro armato sovietico, fosse quello a Budapest 1956, o a Praga 1968. Quella classe dirigente, organica al vecchio Pci, non palpitava per il tricolore ma per l'Internazionale socialista, e non pareva assillata dalla preoccupazione per l'unità nazionale e l'amor di patria. Se i nostri giovani non sanno nulla del terrorismo, è perché ancora oggi il nostro Paese è largamente popolato da dirigenti politici, intellettuali, giornalisti, direttori di giornali e di telegiornali, storici e filosofi, attori e registi che negli anni Settanta marciavano compatti nelle piazze avvolti nella falce e martello. E già che c'erano, inneggiavano alla Cina, all'Unione Sovietica, alla Cambogia dei Khmer rossi, al Vietnam comunista, al Patto di Varsavia. In alcuni casi, la saldatura di questo coté culturale con il terrorismo e con la violenza ha avuto i contorni di una vera e propria correità penale. Colpe talvolta accertate dalla giustizia ordinaria, più spesso occultate sotto il tappeto della nuova borghesia radical chic pervenuta al potere: meglio non far sapere ai ragazzi del terzo millennio che il parlamentare in grisaglie lanciava le molotov, okkupava l'aula magna e sprangava i "nemici". Più spesso, però, la connivenza è stata di carattere morale: niente azioni da codice penale, ma parole più velenose del piombo, secondo un cliché ben ricostruito da Michele Brambilla nel suo L'eskimo in redazione. Le Brigate Rosse venivano definite dai quotidiani degli Anni Settanta "sedicenti", perché secondo la cultura marxista egemone la violenza non poteva che essere "di destra e fascista". Erano anni, quelli che secondo Napolitano dovremmo conoscere meglio, in cui si sottoscrivevano manifesti per definire il commissario Calabresi un "torturatore", accusandolo della morte di Pinelli. E basta rileggersi il lunghissimo elenco dei firmatari di quel vergognoso atto di condanna civile – da tribunale del popolo della Cina comunista – per rendersi conto del perché gli anni del terrorismo rimangano tabù per i nostri giovani. La seconda tesi di Napolitano è che non avremmo spiegato a sufficienza la "gravità del terrorismo" al Brasile. Difficile capire il senso di queste parole: Battisti è inseguito dalla nostra giustizia non per "sistemare i conti" con il terrorismo, ma semplicemente per eseguire delle condanne penali per omicidio. Se Napolitano intende dire che la vicenda di Battisti ha anche implicazioni politiche, allora siamo d'accordo. Ma torniamo punto e a capo: siamo ostaggi di un pregiudizio ideologico di origine marxista, e bastano poche righe per dimostrarlo. Cesare Battisti militava infatti nei PAC, i Proletari Armati per il Comunismo. Si sa che la violenza, esercitata da quella parte, è un po' meno violenza. Intendiamoci: oggi ogni "sincero democratico" prende le distanze dagli anni di piombo e dal terrorismo rosso. Però lo fa senza scaldarsi troppo. Tanto è vero che, se per ipotesi, Battisti fosse stato un terrorista "nero" apriti cielo: manifestazioni, sit-in, scioperi della fame, raccolte di firme, fiaccolate di preghiera, trasmissioni monografiche sulla Rai si sarebbero susseguiti in un irresistibile crescendo, per documentare lo sdegno delle mai dome forze democratiche e antifasciste. Le stesse che non vogliono saperne di guardare dentro agli anni di piombo. Per paura di vedersi, come in uno specchio. Senza scordare che Battisti stava in Francia. Che in Francia ci sono stati molti par suoi, terroristi rossi, accolti come rifugiati politici, coccolati e vezzeggiati, talora messi persino in cattedra, comunque sempre salvaguardati nella loro libertà eversiva di opinione di condurre la lotta armata. E che in Francia lo hanno lasciato riparare in Brasile.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 10-01-2011
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IL REFERENDUM PER L'INDIPENDENZA DEL SUD DEL SUDAN FINALMENTE BLOCCHERA' IL PROCESSO DI ISLAMIZZAZIONE FORZATA
Nel più esteso stato africano l'imposizione della sharia ha causato la riduzione in macerie di città e villaggi, razzìa di raccolti, beni e mandrie, sterminio degli uomini adulti (oltre due milioni di morti) e la riduzione in schiavitù di donne e bambini
Autore: Anna Bono - Fonte: La Bussola Quotidiana, 05-01-2011
In Africa il 2011 si apre con un evento di portata continentale e storica: il referendum del 9 gennaio con cui il Sud Sudan deciderà se continuare a far parte del paese, nell'attuale regime di semi-autonomia, oppure dar vita a un'entità politica del tutto autonoma. Sei anni fa, nel 2005, il consenso del governo di Khartoum all'autodeterminazione delle popolazioni meridionali è stato uno dei punti fondanti dell'accordo di pace con cui si è conclusa la guerra tra Nord e Sud, uno dei più lunghi e cruenti conflitti civili africani, iniziato nel 1956 all'indomani dell'indipendenza dalla Gran Bretagna. Lo scontro, religioso oltre che tribale poiché il Nord è musulmano e il Sud è in prevalenza cristiano, si era aggravato nel 1983 con l'ascesa al potere di un governo islamico, che aveva imposto la legge coranica anche alle popolazioni animiste e cristiane, e con la nascita al Sud dell'Spla, Sudan People Liberation Army, il movimento armato indipendentista poi ribattezzato Splm a cui, con gli accordi di pace, è stato affidato il governo dei territori meridionali. Ma il peggio è iniziato nel 1989 quando l'attuale presidente, Omar Hassan el Bashir, ha preso il potere con un colpo di stato e ha avviato un processo di arabizzazione che nel Sud è costato la vita a circa due milioni di persone, in gran parte morte di fame nei periodi in cui el Bashir negava l'apertura di corridoi umanitari per prestar loro soccorso, e ne ha costrette all'esodo il doppio. Per 15 anni truppe governative e ribelli hanno ridotto in macerie città e villaggi, razziato raccolti, beni e mandrie, sterminando gli uomini adulti e impadronendosi di donne e bambini. Quelli catturati dall'esercito di Khartoum venivano trasferiti al nord e venduti come schiavi, l'Spla reclutava gli altri come combattenti. Con la scoperta dei giacimenti di petrolio situati nel sud e nel centro del paese, il controllo delle regioni meridionali ha assunto ulteriore importanza per el Bashir e per l'Splm. Ci sono voluti anni di trattative, con la mediazione internazionale, perché si raggiungesse un'intesa sulla spartizione dei proventi del petrolio che tuttavia neanche la pace del 2005 ha del tutto definito. Ora per Khartoum si prospetta una perdita enorme di risorse, poiché è prevedibile la vittoria del si alla secessione, e il mondo si domanda se sarà disposto ad accettarla. Se anche così fosse, ed el Bashir se ne proclama garante, resterebbe da affrontare la questione tutt'altro che semplice di Abyei, la regione centrale ricchissima di giacimenti di cui un altro referendum avrebbe dovuto decidere la collocazione, nel Nord o nel Sud, ma che per ora è stato impossibile organizzare. Petrolio a parte, il processo di arabizzazione avviato dalla leadership sudanese in questi decenni è stato devastante non soltanto per i cristiani. Nel Darfur, una regione occidentale costituita da tre stati popolati da etnie di religione islamica, ha portato al conflitto tuttora irrisolto esploso nel 2003 quando Khartoum ha deciso di armare le tribù di origine araba contro quelle africane. Qui i morti si contano a decine, forse a centinaia di migliaia e due milioni di persone, un terzo degli abitanti della regione, si sono dati alla fuga cercando scampo e salvezza nei campi per profughi allestiti nel paese e nel vicino Ciad. Per le stragi e le violenze compiute in Darfur la Corte Penale Internazionale due anni fa ha accusato il presidente el Bashir di crimini di guerra, genocidio e crimini contro l'umanità e ha spiccato contro di lui un peraltro inutile mandato di cattura internazionale che, anzi, ha indignato mezzo mondo e in particolare l'Unione Africana. In realtà a quelle per il Darfur andrebbero piuttosto aggiunte le responsabilità di el Bashir per il massacro dei Nuba del Sud Kordofan, anch'essi minacciati dalle etnie di origine araba. Oggi, a distanza di sei anni dalla fine della guerra, il 90% della popolazione meridionale del Sudan vive con meno di un dollaro al giorno e l'85% è analfabeta. Bastano questi dati per capire l'enormità dei problemi che il nuovo stato, se mai nascerà, dovrà affrontare. Prima ancora, sono dati che spiegano le perplessità di chi si domanda se sia possibile che una consultazione, in queste condizioni, traduca realmente le intenzioni di chi vi partecipa. D'altra parte il fatto che però si sia iscritto alle liste elettorali il 96% degli aventi diritto fa sperare in un voto motivato e consapevole. Come si è detto il referendum è un evento di portata storica e continentale. Quasi sicuramente segna la nascita di un nuovo stato, in realtà di due perché il Sudan del nord può assumere un assetto molto diverso dall'attuale con la secessione: ad esempio, se si accentua la forza della sua componente islamica fondamentalista. Non si dimentichi che fino al 1996 il governo filo iraniano di el Bashir ospitava Osama bin Laden e le sue scuole di addestramento al terrorismo. Ne risentirebbero gli equilibri dell'intera regione del Corno d'Africa dove l'islam fondamentalista gioca da anni una partita importante. Inoltre la portata storica del referendum va considerata in relazione ad altre rivendicazioni secessioniste avanzate nel continente africano: dalla Casamance in Senegal alla Kabinda in Angola. Il precedente dell'Eritrea, indipendente dall'Etiopia dal 1993 grazie a un referendum popolare, e dopo una lotta armata durata 30 anni, non è esaltante. Per gli eritrei il prezzo della secessione è una dittatura, quella di Isaias Afewerki, considerata tra le peggiori del pianeta.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 05-01-2011
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I CATTOLICI PERSEGUITATI IN CINA E NEL MONDO: FEDELTA' CHE RESISTE
La storia insegna che i regimi persecutori dei cattolici sono crollati: del resto siamo sicuri che il male non prevarrà perché Cristo guida e protegge sempre la sua Chiesa
Autore: Carlo Cardia - Fonte: Avvenire, 28 dicembre 2010
Tra le persecuzioni che il cristianesimo ha subito storicamente, e che si rinnovano nell'epoca moderna, una delle più subdole è quella dello Stato che vuole privare la Chiesa della sua libertà e autonomia, svuotarla dall'interno, mettersi al suo posto, costringere i suoi ministri a fare qualcosa che tradisca, o non corrisponda, ai fini originari. Si manifesta così l'inimicizia di Cesare verso Dio, che si traduce in disegni di sottomissione o di stravolgimento della struttura ecclesiastica. Quanto sta avvenendo da tempo in Cina, dove si è coartata la libertà dei cristiani, ha numerosi precedenti storici, e ricorda i pericoli che i credenti devono affrontare. Un tempo erano gli imperatori che creavano antipapi e patriarchi, riuscendovi almeno temporaneamente, perché questi agissero secondo i loro interessi e desideri. Altre volte sono state grandi eresie che hanno attaccato la struttura della Chiesa per stravolgerla, e disperdere così il popolo di Dio, oppure i sovrani nazionali che volevano separare i cattolici da Roma e farsi una Chiesa a propria immagine per meglio dominarla e asservirla. Nella modernità, le ideologie totalitarie hanno tentato di dar vita a chiese fittizie, per sottometterle, allontanare i fedeli dai pastori, colpire la Chiesa nelle sue strutture visibili. Il primo disegno organico è stato quello della rivoluzione francese che con la constitution civile du clergé voleva imporre alla Chiesa vescovi e clero eletti dalla popolazione, anche non cattolica, ed è finito con terribili stragi di preti (i cosiddetti refrattari) che restavano fedeli al proprio ministero. Il disegno si presenta di nuovo con la Loi de séparation del 1905, nella seconda grande ondata laicista, ma fallisce per l'opposizione di Roma e dei cattolici europei. Nel XX secolo, si riaffacciano le persecuzioni violente da parte dei totalitarismi, con l'annientamento di intere comunità cristiane nella Russia staliniana, l'organizzazione di Chiese patriottiche in alcuni Paesi dell'orbita sovietica. Particolarmente dolorosa l'esperienza della Cecoslovacchia dove si blandiscono ecclesiastici sottomessi al regime, ma dove splendide figure di vescovi resistono guidando il popolo di Dio nel deserto dell'imposizione ateistica, solo con la forza della fede. Ultimo esempio di queste chiese patriottiche lo ritroviamo nella Cina di oggi, dove da anni vengono ordinati illecitamente dei vescovi, e dove nonostante la volontà conciliatrice di Benedetto XVI, che con la Lettera apostolica del 2009 ha cercato di aprire un dialogo con Pechino per un progetto di pacificazione, il regime ha indurito la propria posizione, tornando a gesti e scelte di aperta violazione della libertà religiosa. Ha dato luogo a ordinazioni illecite, è giunto al punto di costringere fedeli e presuli, tra i quali monsignor Feng Xinmao, vescovo di Hengshui, a partecipare a Pechino all'Assemblea dell'Associazione patriottica, un organismo voluto dal regime in contrasto con la Chiesa di Roma. Per noi europei sembra la ripetizione di un film già visto nei regimi comunisti sconfitti dalla storia, ma è ancor più doloroso perché contrasta con i segnali di apertura che la Cina ha dato su altri terreni politici ed economici. I cristiani, sanno riconoscere quando Cesare è nemico a Dio e vuol coartare le coscienze dei fedeli. C'è, però, una cosa che accomuna questi tentativi anticattolici, e anticristiani, ed è che sono sempre falliti, insieme con il fallimento delle ideologie totalitarie che li hanno generati, e non sono riusciti a piegare le comunità di credenti. La fede nella Parola di Dio, nella promessa che il male non prevarrà, ha sorretto per secoli la Chiesa. Per i cattolici, la fedeltà al Vescovo di Roma offre una garanzia maggiore, perché la voce del Papa è l'unica voce universale che non si piega a interessi particolari, proclama quei princìpi che sono validi per tutti gli uomini che cercano risposte alle domande fondamentali della vita e chiedono rispetto per i propri diritti e la dignità della persona.
Fonte: Avvenire, 28 dicembre 2010
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IL TRIBUNALE CHE INTRODUSSE L'ABORTO IN AMERICA LO FECE PER AUTORIZZARE UNA DONNA CHE ERA STATA STUPRATA IN GRUPPO: MA ERA FALSO, NON ERA STATA STUPRATA, NE' VOLEVA ABORTIRE
Il suo bambino nacque e in seguito è diventata cristiana e poi cattolica: oggi conduce le battaglie contro l'aborto e a favore della vita
Autore: Virginia Lalli - Fonte: BastaBugie, 25 dicembre 2010
Il 22 gennaio 1973 con la sentenza Roe vs Wade la Corte Suprema degli Stati Uniti dichiarò incostituzionale la legge del Texas che vietava l’aborto. Secondo la sentenza la maggior parte delle leggi contro l’aborto negli Stati Uniti violavano il diritto alla privacy garantito dal Quattordicesimo Emendamento della Costituzione. Questa decisione ribaltò tutte le leggi statali e federali che proibivano o restringevano la possibilità di abortire in alcuni casi ben precisi. La Corte stabilì così la possibilità di abortire durante il primo trimestre di gravidanza (termine che venne stabilito convenzionalmente) per qualsiasi motivo e in caso di pericolo per la salute della donna anche oltre tale soglia. Il caso portato alla Corte Suprema riguardava la difficile situazione di Norma Mc Corvey incinta della terza figlia. Norma proveniente da una famiglia disagiata non arriva a concludere le scuole medie, trascorre parte della sua adolescenza in un riformatorio texano, abusa di alcol e droga, ha rapporti sessuali disordinati con partner di entrambi i sessi. A 16 anni si sposa con un violento dal quale ha due figlie date in adozione. Giunta nel 1969 alla terza gravidanza, Norma, in cerca di aiuto, si rivolge a due giovani avvocatesse di Dallas, Sarah Weddington e Linda Coffee, che portano il suo caso in tribunale al fine di creare il precedente che introdurrà l’aborto libero negli Stati Uniti: per ottenere lo scopo la Weddington non esita a inventare che “Jane Roe” (questo lo pseudonimo legale) è rimasta incinta a seguito di uno stupro di gruppo. Il 22 gennaio 1973 viene emessa la storica sentenza “Roe vs Wade” (Henry Wade è il nome del procuratore distrettuale di Dallas), che apre i battenti ai circa 50 milioni di aborti legali eseguiti negli Stati Uniti da quel giorno ad oggi. Nel frattempo Norma Mc Corvey partorisce la terza bambina che affida in adozione mentre la sua vita prosegue come prima, tra alcolismo, lavori saltuari e una relazione lesbica. Nel 1989 Norma viene rintracciata da un’altra avvocatessa, Gloria Allred che la porta alla ribalta e decide quindi di sostenere pubblicamente i movimenti abortisti. Tiene un discorso a Capitol Hill davanti a migliaia di persone e viaggia in giro per gli Stati Uniti per promuovere i diritti alla salute riproduttiva delle donne. «La rete televisiva Nbc girò anche una miniserie sulla mia storia. Sarah Weddington ebbe un contratto di consulente, io non vidi un centesimo». Per anni la McCorvey è vissuta di piccoli espedienti finché non le fu offerto di aprire una clinica per gli aborti col nome di “Jane Roe”. «Accettai in cambio di sei dollari l’ora divenni la segretaria tuttofare: prendevo appuntamenti, spiegavo alle clienti che non era un bambino ma solo “una mestruazione mancata”. Spesso mentivamo sulla durata della gravidanza perché oltre le dieci settimane le pazienti dovevano pagare il doppio. Facevano aborti anche nel secondo trimestre di gravidanza. Un giorno una ragazza alzò la testa, vide il piedino del bimbo e si mise a urlare. «Dovetti dirle che si sbagliava, ma mentre stava pagando mi puntò gli occhi arrossati in faccia: “Lo sa benissimo cos’ho visto. Mi avevate detto che non era ancora un bimbo”. Il lavoro presso la clinica cominciò a diventare psicologicamente sempre più gravoso. “Quando andavo nella cella frigorifera e vedevo i pezzi, le gambe e le teste dei feti conficcati a quattro o cinque in un contenitore, tornavo a casa e mi ubriacavo”. Nel 1993 alla festa per il ventennale della sentenza Roe vs Wade tenutasi alla Casa Bianca, Norma non venne neanche invitata. Agli attivisti abortisti serviva solo un nome, quello di Jane Roe. Nel 1994, esce l’autobiografia Io sono Roe, la mia vita, Roe vs Wade e la libertà di scelta. Proprio durante una presentazione del libro avviene il primo incontro con l’attivista pro-life Philip “Flip” Benham, pastore metodista, che in quell’occasione accusa Norma McCorvey di essere “responsabile delle morti di più di 33 milioni di bambini” (quelli uccisi dalla sentenza del 1973 fino ad allora) e di profanare il loro sangue con la vendita del libro. Intanto nella clinica cominciarono ad accadere cose misteriose. “I miei colleghi iniziarono a sentire il rumore di bambini che correvano lungo il corridoio. Una mattina ho sentito ridere un bambino. Ho cercato il bambino ma non l’ho trovato. Alzai gli occhi al cielo e disse: "Va bene, Dio, io non so quello che stai facendo lassù, ma mi auguro che finisca. Non è divertente". La mia preghiera spontanea mi sorprese come la risata del bambino che avevo sentito. Non avevo mai parlato con Dio. Non aveva alcun motivo per farlo. Egli era una sorta di nemico, dopo tutto. Allora, cosa ci facevo a parlare con lui adesso? Tornai a casa e trascorsi il resto della giornata seduta. Quando la mia convivente, tornò a casa e mi chiese: "Stai bene?" Ho risposto: "Sto bene. Penso di stare perdendo la testa, ma sto bene". Nel marzo 1995 il Rev. Philip Benham trasferisce la sede di Operation Rescue, la sua organizzazione antiabortista, in un locale adiacente alla clinica di Norma che viene molto colpita dalla serenità e dalla dedizione degli attivisti pro-life ai princìpi del cristianesimo. Racconta Norma: «Marciavano davanti alle mie finestre con slogan come “L’aborto ferma un cuore che batte”, “L’aborto è l’olocausto americano”, «È un figlio non una scelta”. Accadde che Norma strinse amicizia con Ronda Mackey che lavorava per Operation Rescue erano su fronti opposti ma divennero amiche. Ronda aveva una figlia, Emily, di sette anni. «La invitai a giocare nel mio ufficio, in clinica. Lei mi chiese di andare con loro in chiesa. La fede della bambina apre il suo cuore. E nel corso del tempo, Norma inizia a personificare la questione dell'aborto soprattutto quando Ronda le rivela che era sul punto di abortire Emily. Ronda prese l'aborto in seria considerazione a causa delle pressioni dei familiari ma i suoi ricordi circa la devastazione emotiva di un’amica delle scuole superiori a seguito di un aborto convinse Ronda a lasciar vivere Emily. “Poco tempo dopo mentre camminavo con Ronda ho visto che portava un adesivo con scritto: "L'aborto ferma un cuore che batte", con un cuore vivido rosso sul lato. Tutto un tratto, ho visto il cuore di Emily in quella vignetta, e mi sono resa conto che "la mia legge" aveva quasi spento la giovane vita di Emily. Questa esperienza mi aveva profondamente cambiata. L'aborto non era più un "diritto astratto". Aveva una faccia ora, in una bambina di nome Emily. E con la fede di una bambina, Emily continuava a chiedermi se sarei andata con lei in chiesa. Infine, ho detto di sì poiché sentivo un improvviso bisogno di Dio nella mia vita. Il Pastore Morris Sheats ha concluso la sua omelia con un invito evangelistico ispirato al versetto Giovanni 3,16 chiedendo: "C'è qualcuno qui stanco di vivere una vita da peccatore?" Come potevo dire di no? Ero stanca da anni, ma era l'unica vita che conoscevo e ho alzato la mano. Quando ho raggiunto il Pastore Sheats, ho visto Gesù negli occhi. Mi ha fatto sentire così incredibilmente dispiaciuta per tutti i miei peccati, specialmente per il ruolo che avevo avuto nel legalizzare l'aborto. Continuavo a ripetere più e più volte, "Voglio solo annullare tutto il male che ho fatto in questo mondo. Ho dovuto affrontare la terribile realtà. L'aborto non riguarda 'prodotti del concepimento ma bambini uccisi nel grembo della madre'. Niente più primo trimestre, secondo trimestre, terzo trimestre. L’ Aborto - in qualsiasi momento – è sbagliato. E' stato così dolorosamente evidente”. Norma McCorvey comprende di avere sbagliato tutto e decide di cambiare vita, abbandonando i vizi e convertendosi alla religione cristiana con una cerimonia battesimale officiata dallo stesso Benham in una piscina, al cospetto delle telecamere, l’8 agosto 1995 (il cammino di Norma verso la verità conoscerà alcuni anni dopo un’ulteriore e definitiva svolta, con l’abbandono del metodismo e l’ingresso nella Chiesa cattolica). Nel 1998 esce un nuovo libro di Norma, Won by Love (“Vinta dall’Amore”), il cui frontespizio recita: “Questo libro è dedicato a tutti i bambini che sono stati fatti a pezzi con l’aborto. Vi chiedo scusa perché non siete più qui, ma ora siete in Paradiso con nostro Padre. E a tutte le donne che, a causa dell’aborto, hanno avuto le loro vite cambiate. La Grazia meravigliosa può guarire il vostro cuore e anche voi potete essere vinte dall’amore”. E ancora “Io sono cento per cento di Gesù e cento per cento pro-life. Nessuna eccezione, nessun compromesso” . Oggi Norma McCorvey ha quasi sessant’anni ed è una delle più note militanti antiabortiste degli Stati Uniti. E’ stata arrestata più volte nel corso di manifestazioni contro le politiche abortiste. Nel 2004, con il ricorso Roe vs Hill, Norma Mc Corvey ha impugnato la sentenza Roe vs Wade e ne ha chiesto il rovesciamento in considerazione delle conoscenze scientifiche attuali quanto alle conseguenze psicologiche e fisiche conseguenti all’aborto e presentando un migliaio di dichiarazioni giurate di donne che avendo abortito, sostengono di esserne state danneggiate. Inoltre invitando a considerare che la scienza e la medicina prenatale hanno scoperto che il bambino sviluppa sensibilità agli stimoli esterni e al dolore molto prima di quanto nel 1973 si credeva. Il ricorso è stato respinto con la motivazione che dopo trenta anni sono scaduti i termini per impugnare. “Una delle confessioni che devo fare è che nel 1973 ho mentito, dichiarando di essere rimasta incinta dopo essere stata violentata da una banda. Sarah Weddington ci basò buona parte della mozione, sapendo che gli americani sarebbero certo stati a favore dell´interruzione di gravidanza per una donna stuprata. Ma non era vero. Avevo mentito. La legge che ha ucciso milioni di vite era nata da una bugia».
Fonte: BastaBugie, 25 dicembre 2010
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LA FECONDAZIONE IN VITRO COMPORTA GRAVI RISCHI: LO CONFERMA UNO STUDIO SCIENTIFICO SU OLTRE 13.000 BAMBINI
Resta da capire perché sui mass media la fecondazione artificiale venga tanto lodata visto che esiste un'età naturale per far figli (data dalla fisiologia delle ovaie)
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: La Bussola Quotidiana, 29-12-2010
Esce sull'ultimo numero di Human Reproduction uno studio dal significativo titolo: "Conseguenze ostetriche della fecondazione in vitro dopo trasferimento di un solo embrione o di due embrioni". Lo studio è stato fatto da un'equipe svedese che ha studiato oltre 13.000 bambini nati da fecondazione in vitro. Le conclusioni sono preoccupanti: «I bambini nati da FIV hanno conseguenze ostetriche peggiori rispetto alla popolazione generale. I nati singoli, indipendentemente se nati dopo trasferimento di un solo embrione o di due embrioni, hanno anch'essi conseguenze ostetriche peggiori, con tassi maggiori di prematurità e di basso peso alla nascita». Questo articolo non è il primo a trarre queste conclusioni: il Lancet di recente ha fatto un'analisi della letteratura scientifica e ha notato dati simili, con in più dati riguardanti le malformazioni e alcune malattie genetiche rare. Quello che è importante sottolineare è che la fecondazione in vitro comporta dei rischi per il bambino, perché nascere sottopeso o prematuro non è indifferente per la salute successiva; certo, non è automatico – fortunatamente - che chi ha queste condizioni abbia poi problemi, ma il rischio è maggiore rispetto a chi nasce a 40 settimane di gravidanza e con un peso adeguato. Questo dovrebbe essere fatto conoscere, perché le coppie che hanno problemi di sterilità prendano delle decisioni consapevoli. E soprattutto bisognerebbe far capire che evidentemente non è solo il fatto di nascere "gemelli" che genera rischi. Certo, in tutto il mondo da FIV nascono più gemelli che nella popolazione normale. In Italia si dà la colpa alla "cattiva" legge 40, che in realtà non impone a nessuno di impiantare 3 embrioni, ma anzi mette dei limiti per non arrivare ad eccessi. Certamente nella FIV la raccomandazione generale è di non generare gemellarità, ma evidentemente il problema, eliminata la gemellarità, sussiste: nascono prematuri e sottopeso in misura maggiore anche se si impianta un solo embrione. La riflessione etica allora si impone: è un rischio che si può correre, considerato che, prima che i genitori, il rischio lo corre il bimbo stesso? Per molti evidentemente la risposta è positiva. Ma resta da capire perché sui mass media la fecondazione in vitro venga banalizzata, i rischi quasi sottaciuti o perlomeno espressi con molta meno enfasi rispetto alle lodi, tanto da dare l'impressione di poter rimandare la gravidanza a data indefinita, senza soppesare i rischi genetici che aumentano con l'età, e anche l'efficacia della FIV stessa che con l'età invece diminuisce. Ci piacerebbe che a tanto sforzo per diffondere e magnificare la fecondazione in vitro corrispondesse altrettanto impegno per sconfiggere davvero la sterilità, mettendo in atto quelle norme di salute pubblica, di rispetto della lavoratrice e del lavoratore che la prevengono, e soprattutto spiegando chiaramente che esiste un'età fisiologica per far figli che non è data da una rivelazione soprannaturale ma dalla fisiologia delle ovaie, e che lo stato deve aiutare a rispettarla, e la pubblicità e i media non devono irriderla. Pena la sofferenza di migliaia di persone.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 29-12-2010
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L'UOMO CHE SI AFFIDA ALLA PROVVIDENZA NON HA PAURA DEL FUTURO: VEDIAMO L'ESEMPIO DI FRODO NEL SIGNORE DEGLI ANELLI
L'uomo senza Fede, invece, è spaventato ed ha paura di tutto: di sposarsi, delle difficoltà, della malattia, ecc.
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio, 30/12/2010
La Fede, spiegavano Machiavelli, Marx e tanti altri, è un freno all'azione terrena, impone una visione rassegnata dell'esistenza, perché rimanda tutto all'eternità. Credere nell'aldilà, insomma, impedirebbe all'uomo di essere protagonista nell'aldiquà. Mi sembra che le cose non stiano così. Cercherò di spiegarlo ricorrendo ad un personaggio de "Il Signore degli Anelli": il piccolo Frodo. Egli decide di assumersi un compito molto più grande di lui: prendere l'anello del potere, bramato dal Signore del male, e portarlo là dove può essere distrutto. "Prenderò io l'anello,- afferma - solo non conosco la strada". Mi è sembrato subito, leggendo questa frase, di trovarvi la risposta di uno scrittore cristiano come Tolkien all'obiezione proposta all'inizio. "Prenderò io l'anello": Frodo decide di assumere su di sé un compito, un fardello, pur conoscendo quanto questo sia difficile. Sa di dover affrontare il male stesso, la sua immensa potenza, ma, pur temendo, non dispera. Quante volte noi, ogni giorno, sentiamo che c'è nella nostra vita una decisione da prendere: magari una malattia da affrontare, un imprevisto cui far fronte, un perdono da chiedere o da concedere, un bene da abbracciare o un male da respingere... Di fronte a ciò, la ragione indaga: ma è poi la nostra volontà, la nostra libertà che decide. Frodo sceglie di prendere l'anello perché pensa che questo sia il suo "compito". La Fede è anzitutto questo: vedere in ogni circostanza della vita un compito, cioè qualcosa che ci è richiesto, anche se non viene da noi. Ritenere che tutto ciò che accade abbia un significato. Sapere che ogni prova che è permessa, non è superiore alle nostre forze, che non siamo soli, ma accompagnati dall'Amore di Cristo. Perché se questo è vero, il non conoscere la strada è secondario: qualunque essa sia, sarà possibile percorrerla. Frodo, l'uomo che ha veramente Fede, dice dunque "prenderò l'anello", e solo dopo si informa, senza angoscia, con umiltà, sul cammino che lo aspetta. E' dunque pienamente protagonista, nella misura in cui tutto ciò che accade nella realtà non lo può confondere e sconfortare, in ultima analisi, in modo definitivo. Credere nella Provvidenza, vuole dire credere che ogni realtà sia da vivere, sia possibile, sia il tuo compito di quel momento. Al contrario, l'atteggiamento di chi non crede nel senso dell'esistenza è diverso, perché è improntato anzitutto alla paura: "Ditemi la strada, e poi, forse, prenderò l'anello". L'uomo che non crede vuole sapere cosa lo aspetta, vuole essere certo, sicuro, perché teme gli imprevisti, la realtà, le sue mille circostanze. Ma la sicurezza non è di questo mondo. Le religioni antiche, prima del cristianesimo, praticavano svariate forme di divinazione: lettura del volo degli uccelli, delle viscere degli animali, delle pagliuzze gettate nell'acqua, delle carte, della mano, dei sogni... oracoli, sibille, tarocchi, profezie... Gli antichi romani erano soliti interrogare gli almanacchi prima di contrarre matrimoni, di costruire casa, di fare affari... e similmente gli altri popoli pagani. Per questo la predicazione di primi cristiani è spesso indirizzata proprio contro la divinazione, contro la volontà di conoscere prima, contro la paura del futuro. La fede, quella vera, profonda, infatti, non teme nulla, non conosce la paura che paralizza, ma solo la fragilità umana redenta. Il fardello è pesante, sproporzionato? Dio mi aiuterà. "Non chiedo di vedere lontano, scriveva il cardinale Newman, un passo è abbastanza per me...". Non ti chiedo, o Dio, di sapere quale sarà la mia croce di domani; conosco quella di oggi, e so che "ad ogni giorno basta la sua pena". Non temo per come vestirò, o cosa mangerò, perché gli uccelli del cielo "non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre"... La fede è così grande che sposta le montagne, abbatte ogni ostacolo, vince ogni terrena difficoltà: pensiamo ai martiri, uccisi per la fede; a tanti missionari, che hanno affrontato infinite difficoltà, disagi, spesso la tortura e la morte; ai santi fondatori di ospedali, che hanno sfidato la lebbra, la peste, la sifilide, nel corso dei secoli, mettendo la loro vita nelle mani di Dio, per i fratelli; agli sposi che si scambiano l'anello, con fede l'uno nell'altro e non si chiedono cosa ci sarà domani, perché tutto, domani, può accadere, ma tutto è possibile superare, fidando "in Colui che ci dà forza" L'uomo senza Fede nella Vita, invece, torna ad essere come l'uomo antico, un uomo spaventato. Lo vediamo ogni giorno. Si ha paura di sposarsi, e si fanno i matrimoni a tempo; si ha paura delle difficoltà, e si disfa in breve ciò che si è costruito; si ha paura della malattia, al punto che si vorrebbe decidere oggi, che si sta bene, come affrontare, o meglio non affrontare la malattia, domani; si ha terrore, di un figlio malato, e si cercano mille modi per eliminarlo anzitempo... Frodo non è così. Vive al massimo il presente, perché non ha paura del futuro. Tutto è nelle sue mani, nelle sue possibilità, perché è nella mani di Dio. Non conosce la strada, come non la conoscono gli altri: ma decide di percorrerla tutta, sino in fondo. Cosa ci porterà il nuovo anno? Speriamo ogni bene, ma soprattutto la forza per vivere con Fiducia ogni circostanza, come Frodo.
Fonte: Il Foglio, 30/12/2010
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QUELLO CHE VITTORIO MESSORI SI E' DIMENTICATO DI DIRE SUL CORRIERE DELLA SERA
L'irrisolto rapporto dell'Islam con la violenza ha orrende ricadute sui rapporti dei musulmani con tutte le altre religioni e civiltà
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 8 gennaio 2011
Non desidero polemizzare con Vittorio Messori, nutrendo per lui amicizia e stima. Purtroppo però a volte nella polemica si è trascinati nostro malgrado, per un dovere di testimonianza alla verità: così anni fa insorsi per i giudizi (che ritenni non generosi) espressi da Messori su Giovanni Paolo II, subito dopo la sua morte. E oggi mi sento costretto a farlo per il dovere di verità che abbiamo verso i martiri cristiani che sono stati massacrati anche in questi giorni. "Amor mi mosse che mi fa parlare": l'articolo di Vittorio uscito ieri sul Corriere della sera davvero fa un pessimo servizio ai cristiani. Ma soprattutto fa un pessimo servizio alla verità storica. Lasciamo perdere le discutibilissime escursioni nel VII secolo, sull'invasione araba dell'Egitto e del Nord Africa. Ho cercato ansiosamente nel testo messoriano almeno una frase che mettesse in rilievo il cuore del problema (come benissimo lo enunciò il Papa a Ratisbona), cioè l'irrisolto rapporto dell'Islam con la violenza, questione certamente nota a Messori, questione che ha orrende ricadute non solo sui cristiani, ma sui rapporti dei musulmani con tutte le altre religioni e civiltà, oltreché su varie questioni sociali (penso alle condizioni delle donne). Ma purtroppo questa frase non l'ho trovata. Una condanna senza appello si trova nell'articolo, ma non è rivolta contro l'irrisolta commistione fra Islam e violenza. No. La condanna sembra toccare al "sionismo" (accusato di "violenta intrusione"), sionismo che non c'entra assolutamente niente con l'attentato alla cattedrale cristiana di Alessandria (forse Messori qui intendeva descrivere l'ideologia islamista, ma non sembra dissociarsi da quel giudizio sul sionismo). Fra i cattivi senza attenuanti Messori cita pure il solito Bush (con gli amerikani). Anche i cristiani sono da lui rappresentati in modo tutt'altro che lusinghiero. Quello con cui invece l'intellettuale cattolico concorda è il Grande Imam del Cairo, Al Tayyeb, secondo cui l'attentato "non è un attacco ai cristiani, ma all'Egitto intero". Ora, questo Ahmed Al Tayyeb è il tipo che ha accusato il Papa di "ingerenza" negli affari interni egiziani quando il Pontefice ha condannato la strage di cristiani alla messa del 1° gennaio. Questo Grande Imam è anche il tipo che sempre all'indomani della strage, intervistato dal Corriere della sera, di nuovo – come ha notato Ippolito sullo stesso Corriere – "si è sentito in dovere di rimbeccare il Papa che chiedeva protezione per i fedeli in Oriente", sostenendo testualmente che tale "appello del Pontefice alla difesa dei fedeli può creare malintesi". Il Grande Imam è arrivato fino al punto di esigere dal Papa "un gesto distensivo verso i musulmani, come se sull'altra sponda del Mediterraneo a essere minacciati fossero i seguaci del Corano". Questi rilievi critici sono sempre di Ippolito. E stupisce che non si trovino invece nell'editoriale di Messori uscito ieri. Egli non fa alcun riferimento critico a quelle incredibili dichiarazioni del Grande Imam. Anzi, lo cita per dire che in quella frase (sull'attentato come attacco all'Egitto) "non ha torto". Personalmente invece ritengo anche quella una frase molto ambigua. Par di capire che, secondo Al Tayyeb, l'Islam, anche egiziano, sarebbe una meraviglia e i terroristi sarebbero un corpo estraneo che viene a far traballare questo idilliaco mondo musulmano e lo stato egiziano. E da cosa sarebbe provocata la violenza di tali terroristi? Ecco la risposta che Messori dà (assai condivisa fra i musulmani) dopo aver avallato la frase dell'Imam: "Tutti i governi di tutte le nazioni islamiche sono sotto lo tsunami che ha avuto come detonatore l'intrusione violenta del sionismo che è giunto a porre la sua capitale a Gerusalemme, città santa per i credenti quasi pari alla Mecca. Ira, umiliazione, senso di impotenza hanno dato avvio a un panislamismo che intende demolire le frontiere e i regimi attuali per giungere a un blocco comune e ferreo di fedeli nel Corano. Una sorta di superpotenza che possa sfidare persino gli Stati Uniti, padrini di Israele". A chiunque appare evidente che il teorema di Messori non sta in piedi: se il problema fosse davvero il sionismo, perché massacrano i copti che sono cittadini egiziani sempre stati fedeli allo stato egiziano? Se il problema fosse davvero la fondazione dello stato di Israele, nel 1948, perché da quattordici secoli l'Islam cerca di conquistare e sottomettere i paesi cristiani (sono arrivati fino a Vienna, fino alla Sicilia e fino ai Pirenei, prima di essere respinti)? E' noto del resto che certi gruppi islamisti si sentono orfani della Palestina tanto quanto si sentono defraudati dell'Andalusia e magari domani della Sicilia: che facciamo, gliele ridiamo? Chiedo ancora: perché il genocidio turco degli armeni cristiani (il primo del Novecento) avvenne decenni prima della nascita di Israele? E perché, infine, i "Fratelli musulmani" esistono dal 1928-1929? E perché sono riemersi con fanatismo solo negli anni Ottanta anziché nel 1948? E potrebbe spiegare, Messori, come e perché il regime islamista di Karthoum, in Sudan, per venti anni, dal 1980, ha massacrato i cristiani e gli animisti neri del Sud, provocando una strage di due milioni di vittime? Glielo dico io: perché rifiutavano l'imposizione della sharia, non perché – migliaia di chilometri lontano da loro – esisteva lo Stato di Israele. E perché, all'altro capo del mondo, il regime indonesiano ha invaso Timor est e ha massacrato un'enorme porzione della popolazione cristiana di Timor est, senza che nessuno – né Indonesia, né abitanti di Timor est, si fossero mai interessati a Israele e Palestina? La verità è ben altra. Sentiamola da due storici (peraltro non cattolici). "Per quasi mille anni" ha scritto Bernard Lewis "dal primo sbarco moresco in Spagna al secondo assedio turco di Vienna, l'Europa è stata sotto la costante minaccia dell'Islam". Samuel Huntington ha ricordato inoltre che "l'Islam è l'unica civiltà ad aver messo in serio pericolo e per ben due volte, la sopravvivenza dell'Occidente". Stante questa duratura utopia imperialistica dell'Islam, dove religione e politica sono una cosa sola, il grande trauma del mondo islamico è stato rappresentato dalla fine dell'Impero Ottomano, dopo la prima guerra mondiale. Quello è stato il detonatore. Poi, dalla decolonizzazione, le élites arabe hanno puntato su movimenti politici laici, di ideologia socialista e/o nazionalista. Questi regimi sono stati i primi ad affossare la possibilità di uno stato palestinese e, con l'ideologia panaraba e antisionista, si sono lanciati in una serie di guerre per l'eliminazione di Israele uscendone a pezzi. Così i loro regimi illiberali, spesso corrotti e perlopiù fallimentari – per cercare un nemico esterno da additare alle folle fanatizzate – hanno alimentato l'odio anti-israeliano e anti-occidentale, ancor più forte quanto più il nostro modello di vita e di benessere è da quei popoli agognato. Odio che – dopo la rivoluzione sciita iraniana degli anni Settanta – si è espresso in una rinascita dell'islamismo fondamentalista. Il vero problema è il mancato appuntamento dei paesi arabi e islamici con la democrazia e il riconoscimento dei diritti dell'uomo. E il mancato appuntamento dell'Islam con il ripudio di ogni violenza. L'invito del Papa ad Assisi è l'altra faccia di Ratisbona: il tentativo da parte dei cristiani di aiutare chi vuole liberare il sentimento religioso, che si esprime nelle varie religioni, dalla violenza e dall'intolleranza. Un'ultima nota: il titolo dell'articolo di Messori era "Le radici dell'odio contro i cristiani". Ma i cristiani sono stati odiati, perseguitati e massacrati, negli ultimi duecento anni, sotto tutti i regimi e le ideologie. E lo sono tuttora, per esempio in tutti i regimi comunisti. Dunque la "radice dell'odio" non può essere nell'esistenza di Israele. E Messori lo sa. Allora perché non dirlo? Perché scrivere editoriali di quel genere?
Fonte: Libero, 8 gennaio 2011
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SCOOP IN AMERICA: META' DEGLI SCANDALI DEI PRETI E' FALSA
Ovviamente anche un solo fatto vero, sarebbe un fatto di troppo, ma quella dei preti pedofili in parte forse è una gran bufala
Autore: Marco Respinti - Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-01-2011
Quella dei preti pedofili americani potrebbe essere in gran parte una bufala. In un memoria di dieci pagine prodotta a fine novembre presso la Corte Superiore (tribunale di seconda istanza) della contea di Los Angeles, e ufficialmente depositata a metà dicembre, l'avvocato della difesa Donald H. Steier contesta la veridicità di numerose accuse di molestie sessuali a danni di minori rivolte a sacerdoti cattolici appartenenti soprattutto dell'importante diocesi californiana. Chi ne da notizia è David F. Pierre jr., direttore del sito di controinformazione cattolica TheMediaReport.com, opinionista sul blog antiprogressista NewsBusters (strumento acuminato del conservatore Media Research Center di Alexandria, Virginia) e autore del fortunato libro, Double Standard: Abuse Scandals and the Attack on the Catholic Church (CreateSpace, Scotts Valley [California] 2010). La documentazione fornita dall'avvocato Steier si fonda su più di cento indagini condotte attraverso un ex agente dell'FBI, il quale afferma che, a suo parere, «circa la METÀ [maiuscolo di Steier] delle accuse rivolte a rappresentanti del clero è interamente falsa o enormemente esagerata». In parecchi casi, prosegue Steier, «le mie indagini producono informazioni obiettive che non si conciliano con i contenuti delle denunce soggettive. In altre parole, in molti casi i fatti riscontrabili hanno dimostrato che le accuse sono false». La notizia è clamorosa, soprattutto perché, stando alle dichiarazioni dell'avvocato, la prova dei raggiri è tanto evidente che a tutti dovrebbe risultare chiara la natura fraudolenta di gran parte della vicenda. Ma così non è. Per l'opinionista Pierre, che costantemente si occupa di mettere in luce le calunnie anticattoliche diffuse a mezzo stampa (e di prassi "generose" quando si tratta di questioni di natura sessuale), non è poi di una così grande novità, anche se, suggerisce, basterebbe a volte molto poco per iniziare almeno a sollevare qualche dubbio, se non altro legittimo in questioni tanto delicate. E cita, Pierre, l'unico, virtuoso, caso del giornalista Vincent Carroll di The Denver Post (e già autore di Christianity on Trial: Arguments Against Anti-Religious Bigotry, Encounter Books, New York 2001), che già il 10 ottobre osservava: «Quando si scrive degli scandali che coinvolgono la Chiesa le accuse fraudolente o comunque altamente dubbie sono più comuni di quanto si dice, anche se la cosa non dovrebbe sorprendere viste le transazioni con cifre astronomiche che le varie diocesi hanno sottoscritto negli anni». La pedofilia, insomma, è un crimine orrendo, soprattutto quando coinvolge dei sacerdoti; ma è pure una gallina dalle uova d'oro, che proprio per la scabrosità dell'argomento spalanca ampie zone grigie che vengono subito frequentate da figure più che losche. Le ricerche di Steier presentate al tribunale parlano del resto chiaro. Ecco alcune delle notazioni fatte ufficialmente presenti dall'avvocato alla Corte superiore della contea di Los Angeles e rese note da Pierre: 1) «Alcuni sacerdoti accusati che sono miei clienti sono stati sottoposti a test della verità condotti da personale esperto già operante accanto a forze dell'ordine quali la polizia di Los Angeles, il dipartimento dello Sceriffo e l'FBI. In molti casi i test hanno mostrato che le dichiarazioni d'innocenza pronunciate dai miei clienti erano veritiere; in quei casi mi sono dunque offerto di scrivere agli accusatori per chiedere che anch'essi si sottoponessero a prove analoghe. In tutti i casi gli accusatori si sono rifiutati di far verificare le proprie affermazioni da strumenti investigativi come quelli, che sono comunemente impiegati dalle agenzie d'intelligence». 2) «So di diversi casi in cui la parte lesa ha testimoniato di essersi resa conto di aver subito abusi solamente dopo aver saputo che altri – talvolta dei parenti – avevano ricevuto indennizzi economici dall'arcidiocesi o da altre istituzioni cattoliche». 3) «Al termine di numerose indagini, ho notato che i racconti di alcuni accusatori possono variare significativamente nel tempo, a volte alterando gli anni, i luoghi e gli atti denunciati; in ogni caso, le variazioni sembrano aver reso possibili oppure ingigantito le accuse rivolte ai miei clienti, oppure aver aumentato drasticamente i danni denunciati». 4) «So che si possono impiantare o creare ricordi falsi attraverso procedimenti psicologici che includono pure l'opera di terapeuti definibili "difensori d'ufficio delle vittime di abusi sessuali" se non addirittura perfetti ciarlatani». 5) «La maggior parte dei circa 700 "Certificati di merito" psichiatrici depositati nei processi contro sacerdoti, così come richiesto dal Codice di procedura civile della California al § 340.1 [indispensabili per poter aprire una causa per abusi, sono rilasciati da un professionista dell'igiene mentale], sono stati firmati dal medesimo terapeuta». Parole forti? Tanto quanto forti sono le accuse ai sacerdoti, non sempre – pare – vere. Ora tutto è nelle mani del tribunale, il cui compito è fare luce. Di oscurità i media ne hanno sparsa già abbastanza.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 06-01-2011
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PUO' UN CATTOLICO IMPEGNATO IN POLITICA AGIRE INDIPENDENTEMENTE DALLA SUA FEDE? NO!
La Fede esalta, nobilita e nutre l'azione politica
Autore: Alessio Tommasi Baldi - Fonte: La Compagnia di San Galgano, 2 Gennaio 2011
Nella recente esperienza del nostro Paese si sono verificate, con frequenza incalzante, sia vicende legate ai rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose, sia momenti di attrito che hanno visto esponenti politici sposare opzioni di matrice etica. Inoltre, la maggiore consapevolezza dei propri diritti ed il processo di globalizzazione, intesa come l'idea di una società universale le cui componenti sono sempre più indirizzate verso un futuro comune, conducono (o almeno rischiano di condurre) ogni punto di vista a perdere il carattere di assolutezza che quei confini hanno saputo fino ad oggi garantire, per perdersi nel mare della relatività. Si presentano quindi nuove questioni e quelle vecchie cambiano abito; per fare qualche esempio di attualità, basti ricordare le discussioni a proposito della presenza di simboli religiosi in luoghi pubblici, dei Patti Civili di Solidarietà (PACS) e del matrimonio tra persone dello stesso sesso; dell'insegnamento religioso nelle scuole, della procreazione assistita, della pillola abortiva, del testamento biologico (o eutanasia), della ricerca genetica. (...) Tutto questo dibattito spessissimo ormai nasce da una parola: "laicità" dello Stato! «principio supremo» dell'ordinamento costituzionale. Ovvero il concetto secondo cui lo Stato debba orientare le sue leggi distaccando se stesso da ciò che scaturisce dalla Fede, la quale, essendo nel luogo della coscienza umana deve restare nell'intimo di ciascuno e quasi professata tra le mura della propria abitazione. Due domande nascono contemporaneamente. (...) La prima: è necessario e perfino giusto che la Fede sia tenuta separata dalla politica? La seconda: è davvero possibile tale separazione per l'uomo e, in particolare, per un cattolico? (...) La politica è la più alta espressione di servizio che l'uomo possa concepire, la più rilevante e proficua forma di volontariato. Se lascio tra le mura di casa i miei ideali, le mie convinzioni, la mia capacità di discernimento tra bene e male, riduco questo servizio ad amministrazione del potere al fine di preservarlo per me stesso ed il mio privilegio personale. Ecco dunque che non soltanto la politica non deve essere esercitata senza la Fede, ma è anzi la Fede che esalta, nobilita e nutre la missione politica. E' ad essa necessaria come linfa vitale, e ciò è, evidentemente, anche giusto! Ma anche considerando errato quanto sopra detto, è davvero possibile separare la coscienza dell'uomo dal suo agire? E per un cattolico questa separazione cosa comporta? Abbiamo visto come gli atti di ciascuno di noi nascono e si compiono attraverso un percorso che, per dirla alla don Giussani, passa da tre diversi livelli: l'esperienza, il giudizio, l'azione. Ciascuno di noi, infatti, si forma una coscienza propria attraverso l'esperienza concreta della propria vita, ma attraverso questa esperienza diviene anche in grado di esprimere un giudizio. E' su questo giudizio che impostiamo la nostra vita, grazie a questo "prendiamo posizione", compiamo scelte, prendiamo decisioni! La fede è una delle nostre esperienze più significative perché forma drasticamente e profondamente la nostra intimità più profonda. Chiedere a qualcuno di distaccarsi dalla propria coscienza nel prendere decisioni è come chiedergli di tagliarsi la testa! La fede forgia le coscienze e penetra in ogni nostro processo decisionale, è dunque impossibile separare da noi questa realtà fondante senza rischiare il crollo dell'intero processo decisionale e, persino, dell'individuo stesso. Un cattolico, in particolare, crede nella prospettiva e nella possibilità di iniziare l'esperienza del Paradiso sulla terra, costruendola attraverso l'esperienza e la conoscenza che ha fatto del Figlio di Dio e dei Suoi insegnamenti. Egli sa che Cristo ha chiesto la nostra collaborazione (andate e predicate il mio Vangelo). In più occasioni Gesù ci esorta all'applicazione pratica dei Suoi insegnamenti: "Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile ad un uomo stolto che costruisce la sua casa sulla sabbia, … e la sua rovina fu grande." (Mt 7,26-27) ed anche "io vi mando come pecore tra i lupi" (Mt 10,16). L'obiezione più comunemente citata è la famosa frase di Gesù "date a Cesare ciò che è di Cesare"… ma Egli prosegue: "e a Dio ciò che è di Dio". Dunque Gesù (e la Chiesa con Lui) lascia sì legittima autonomia alle realtà terrene, ma ciò non esclude affatto che queste non debbano essere illuminate con la luce del Vangelo, tutt'altro! I laici che collaborano allo sviluppo della società sono tenuti ad infondervi un autentico senso cristiano. Nella "Populorum Progressio" si legge "se l'ufficio della gerarchia è di insegnare e di interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta ai laici, … di penetrare di spirito cristiano la mentalità ed i costumi, le leggi e le strutture della loro comunità di vita." D'altro canto se, come Cristo stesso ci dice, siamo "il sale della terra" e "la luce del mondo" non dobbiamo perdere il nostro "sapore" e non possiamo tenere la "luce sotto il moggio". Tutto ciò NON è una scelta, ma un precipuo dovere di ogni cristiano, dovere del quale verrà chiesto conto. Tocca a noi, dunque, continuare a manifestare senza ambiguità tutta la dottrina di Cristo, senza indulgere alle false cautele umane o alla paura delle conseguenze. Egli stesso ci esorta dicendo "non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna" (Lc 12,4). Infine, la polemica della cosiddetta "imposizione" dei valori cristiani anche ai non cristiani. Molto si potrebbe scrivere su tale questione, ma basti semplicemente dire che ogni parte politica, ogni gruppo di persone convinto che le proprie idee e la propria filosofia sia quella corretta compie atti politici in linea con esse e cerca di impostare la vita del Paese secondo tali idee. Un socialista ricercherà il socialismo, un liberale il liberalismo e così via. Risulta assai anomalo che tutti godano del rispetto degli avversari per il solo fatto che compiono scelte coerenti, mentre lo stesso rispetto non lo si applichi anche ai cattolici. Di più! lasciare libertà di scelta a chi non la pensa come noi è una facile quanto sciocca affermazione. Forse lasciamo libertà al ladro di rubare? O al pedofilo di circuire bambini? O allo spacciatore di vendere droga? Eppure al cristiano viene chiesto di farsi da parte persino quando l'omicida vuole uccidere (eutanasia o aborto). Se un atto è sbagliato e soprattutto quando lo è in se stesso, come l'omicidio, il furto, la selezione eugenica, questo non può essere ammesso solo e neanche perché una maggioranza lo chiede. Il male è male e resta tale anche quando lo si vuole "democraticamente" definire "bene". Se un uomo, dunque, non può distaccare il suo io interiore dagli atti che compie perché ne è sostanzialmente incapace, un cattolico questo non deve mai farlo. La ragione, infatti, è la fonte delle parole le quali sono vuote se non si esprimono in atti di vita concreta. Tali atti si specchiano in esse che traggano forza dalla ragione. Se omettessimo di "fare il bene" tradiremmo il mandato che Dio stesso ci ha affidato. E se le nostre parole, mediate dall'opportunismo e dalla ragion politica, contraddicessero il nostro pensiero diverremmo banderuole segnavento. Il cattolico, infatti, sa bene che se lo facesse, dovrebbe poi rendere conto del male provocato attraverso i suoi pensieri, parole, opere ed omissioni, perché "con la misura con il quale giudicate, sarete giudicati". Concludo con una considerazione: si può affermare che la cultura occidentale entra in crisi proprio quando si diffonde l'idea che i diritti dell'uomo sono stabiliti positivamente dalle istituzioni statali. Se si svolgesse una riflessione serie e scevra da pregiudizi, ci si renderebbe conto che in realtà esistono diritti che precedono gli Stati e precedono anche la persona. Trasformando il desiderio in diritto, si genera una perversione: la tentazione antichissima nella storia dell'uomo, al quale si fa credere di poter diventare come Dio e si fa ignorare che il peccato esiste e che nella sua accezione più corretta si chiama male. Come sempre, la Chiesa ispirata dallo Spirito Santo ci aiuta a capire e ci illumina. Si legge, infatti, nell'Enciclica "Evangelium Vitae": "Urge dunque, per l'avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l'esistenza di valori umani e morali essenzialmente nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell'essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere."
Fonte: La Compagnia di San Galgano, 2 Gennaio 2011
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IL 2011 CI RISERVERA' INCESTO O CANNIBALISMO? LE ULTIME MOSTRUOSITA' BIOETICHE FANNO DIVENTARE NORMALI E ACCETTATE QUELLE PRECEDENTI
E noi dietro a correre ai ripari: la vera novità sarebbe se iniziassimo a dire ''Basta!'' e passassimo all'attacco culturale
Autore: Carlo Bellieni - Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-01-2011
La bioetica per il 2011 ci prepara delle sfide importanti. Ma purtroppo ci ha abituati a vedere un mondo pro-life affannato a rincorrere le ultime novità "progressiste"; e un mondo progressista impegnato ad inventarsene sempre di nuove, per far diventare "normali" e accettate quelle precedenti. Ed è molto probabile che così continuerà. Chi ormai si scandalizza per un divorzio? Chi mai entra in un ospedale e si fa prendere dai crampi perché sicuramente in quella stessa mattina e magari proprio in quel minuto nella stanza accanto stanno abortendo un bambino? E ora aborto, divorzio, fecondazione in vitro con strage di embrioni sono diventati routine in tante parti del mondo e nessuno ci fa più caso, perché appena si inizia a discutere subito i giornali sono riempiti della successiva "sfida", e tutti a correre dietro a questa, come le oche che si gettano dietro al tozzo di pane che gli buttiamo che le fa dimenticare di quello che stavano beccando un attimo prima. E tante "cartucce" sono pronte per farci dimenticare la passata "indignazione", proprio come se, giustamente indignati per la pillola del giorno dopo, molti si fossero dimenticati che l'aborto si faceva anche senza di essa (ma questo certo non diminuisce per noi la inaccettabilità etica della pillola). Dietro l'angolo infatti intravediamo la richiesta della legalizzazione della marijuana in termini sempre più forti ed espliciti, prima come "rimedio medico" (nonostante sia sconsigliato dai medici dell' American Academy of Pediatrics), poi semplicemente come svago (aperta la porta...), ma intravediamo anche il rischio della liberalizzazione dell'incesto, già richiesta in Germania, dato che nulla può vietare quello che due adulti consenzienti scelgono anche se molti non lo approvano (ma lo approveranno presto); intravediamo anche la possibile depenalizzazione del cannibalismo, che già è entrato nelle sale cinematografiche con vari film (ad es. Cannibal o Rohtemburg, a Grimm love story) ispirati al caso di cronaca di due uomini tedeschi che nella città di Rhotemburg fecero il patto l'uno di uccidere e mangiare l'altro (si noti il termine "love story" del titolo del film, che potrebbe sembrare fuori posto invece c'è finito non a caso); e intravediamo anche la pedofilia come diritto civile reclamato: certo non immediatamente, ma il partito olandese che la reclama non vede l'ora di farla diventare apertamente legale per legge, anche sulla scia dei libri che la giustificano che si trovano su internet. E pensate che presto anche l'anoressia non sarà depennata dal novero delle "malattie", se qualcuno dirà che invece si tratta di una "libera scelta"? Tante sfide nuove per farci dimenticare le precedenti. E noi dietro a correre ai ripari. La vera novità sarebbe se iniziassimo a dire "Basta!" e passassimo all'attacco culturale. Come? Semplicemente mostrando la bellezza laddove la vogliono nascondere, ad esempio nella vita fetale, nell'amore indissolubile, nella morte del vecchio nel proprio letto e non col veleno dell'eutanasia. Semplicemente con la bellezza della ricerca scientifica, della ricerca della cura per le malattie rare, della forza e del coraggio dei disabili, della normalità della persona malata che non deve apparire in TV solo per fare audience. Ma la bellezza bisogna saperla raccontare, e non bisogna essere pedanti, noiosi, didascalici, predicatori. Altrimenti è meglio star zitti. La vera novità sarebbe riprendere a fare cultura tra la gente, e non mancano gli argomenti, anzi stupisce che chi propaganda il relativismo etico abbia solo due o tre cose da dire ma riempie i giornali, mentre chi ama la dignità della vita umana ha mille argomenti e non lo vede nessuno. Anche perché sarebbe bene iniziare a raccontare le conseguenze infauste di tante "novità etiche" sulla salute (vedi marijuana e company) e sulla libertà della donna (vedi gli screening genetici prenatali oggi sempre più routine che pesa e condiziona la libera scelta). Sarebbe bello vedere un'inversione di tendenza. Dipende dai poteri forti che gestiscono i mass media, certo; ma anche dalla nostra determinazione e insistenza.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 03-01-2011
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BENEDETTO XVI HA CONVOCATO A OTTOBRE 2011 I LEADER DELLE RELIGIONI MONDIALI AD ASSISI
Appello affinchè non si ripeta il rischio, presente purtroppo nelle precedenti edizioni, di considerare le religioni tutte uguali
Fonte Il Foglio, 11/01/2011
Santo Padre Benedetto XVI, siamo alcuni cattolici gratissimi dell'opera da Lei compiuta come pastore della Chiesa universale in questi anni; riconoscenti per la sua grande valutazione della ragione umana, per la concessione del motu proprio "Summorum pontificum", per il Suo proficuo rapporto con gli Anglicani che ritornano all'unità, e per molto altro ancora. Abbiamo preso il coraggio di scriverle dopo aver sentito, proprio nei giorni del massacro dei cristiani copti in Egitto, dell' intenzione di convocare ad Assisi, per il mese di ottobre, un grande raduno interreligioso, venticinque anni dopo "Assisi 1986". Tutti noi ricordiamo quell'evento di tanti anni fa. Un evento anche mediatico come pochi, che, a prescindere dalle intenzioni e dalle dichiarazioni di chi lo convocò, ebbe un contraccolpo innegabile, rilanciando, proprio nel mondo cattolico, l'indifferentismo ed il relativismo religioso. Proprio da quell'avvenimento prese vigore presso il popolo cristiano l'idea che l'insegnamento secolare della Chiesa, "una, santa cattolica e apostolica", sull'unicità del Salvatore, fosse in qualche modo da archiviare. Tutti noi ricordiamo rappresentanti di tutte le religioni in un tempio cattolico, la chiesa di Santa Maria degli Angeli, allineati con in mano un ramoscello di ulivo: quasi a significare che la pace non passa da Cristo ma, indistintamente, da tutti i fondatori di un credo, quale che esso sia (Maometto, Budda, Confucio, Kalì, Cristo...). Ricordiamo la preghiera dei mussulmani in Assisi, cioè nella città di un santo che aveva fatto della conversione degli islamici uno dei suoi obiettivi. Rammentiamo la preghiera degli animisti, la loro invocazione degli spiriti elementali, e quella di altri credenti o di rappresentanti di religioni atee come il giainismo. Quel pregare "insieme", qualsiasi fosse il fine, volenti o nolenti ebbe l'effetto di far credere a molti che tutti pregassero "lo stesso Dio", solo con nomi diversi. Invece le Sacre Scritture parlano chiaro: "Non avrai altro Dio all'infuori di me" (I comandamento); "Io sono la Via, la Verità e la Vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Gv 14, 6). Chi scrive non nega certamente il dialogo, con ogni persona, di qualsiasi religione essa sia. Viviamo nel mondo, e tutti i giorni parliamo, discutiamo, amiamo, anche chi non è cristiano, perché ateo, incerto, o di altre religioni. Ma questo non ci impedisce di credere che Dio stesso sia venuto sulla terra, e si sia fatto uccidere, per insegnarci, appunto, la Via e la Verità, e non solo una delle tante e possibili vie e verità. Cristo è per noi cristiani il Salvatore: l'Unico Salvatore del mondo. Ricordiamo dunque con sgomento, tornando a quell'avvenimento di venticinque anni fa, i polli sgozzati sull'altare di santa Chiara secondo riti tribali e la teca con una statua di Budda posta sopra l'altare della chiesa di san Pietro, sopra le reliquie del martire Vittorino, ammazzato, 400 anni dopo Cristo, per testimoniare la sua fede. Ricordiamo i sacerdoti cattolici che si sottoposero a riti iniziatici di altre religioni: una scena raccapricciante, dal momento che, se è "sciocco" battezzare nella fede cattolica una persona adulta che non vi crede, altrettanto assurdo è il fatto che un sacerdote cattolico si sottoponga a un rito cui non riconosce alcuna validità né utilità. Così facendo si finisce infatti solo per far passare una idea: che i riti, tutti, non siano altro che vuoti gesti umani. Che tutte le concezioni del divino si equivalgano. Che tutte le morali, che da ogni religione promanano, siano intercambiabili. Ecco, quello "spirito di Assisi", su cui poi i media e i settori della Chiesa più relativisti ricamarono a lungo, gettò confusione. Ci sembrò estraneo al Vangelo e alla Chiesa di Cristo, che mai, in duemila anni, aveva scelto di fare altrettanto. Avremmo voluto riscrivere, allora, queste ironiche osservazioni di un giornalista francese: "In presenza di tante religioni, si crederà più facilmente o che esse sono tutte valide o che sono tutte indifferenti; vedendo così tanti dei, ci si chiederà se tutti non si equivalgono o se ce n'è uno solo vero. Il parigino beffardo (scettico ed ateo, ndr) imiterà quel collezionista scettico, il cui amico aveva appena fatto cadere un idolo da una mensa: 'Ah! Disgraziato, poteva essere il Dio vero'". Trovammo conforto, allora, alle nostre perplessità, in tantissime dichiarazioni di pontefici che avevano sempre condannato un siffatto "dialogo". Un Congresso di tutte le religioni era stato già organizzato, infatti, a Chicago, nel 1893, e a Parigi, nel 1900. Ma papa Leone XIII era intervenuto a vietare qualsiasi partecipazione cattolica. Lo stesso atteggiamento tenne Pio XI, il papa che condannò l'ateismo comunista e quello nazionalsocialista, ma che deplorò nel contempo il tentativo di unire gli uomini in nome di un vago e indistinto senso religioso, senza Cristo. Scriveva quel papa nella sua "Mortalium animos" (Epifania del 1928), proprio a riguardo dei congressi ecumenici: "Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l'approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all'ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell'inganno e nell'errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l'ateismo...". Col senno di poi, possiamo dire che Pio XI aveva ragione, anche solo sul piano della mera opportunità: quale è stato, infatti, l'effetto di "Assisi 1986", nonostante le giuste dichiarazioni di papa Giovanni Paolo II, volte ad impedirne una simile interpretazione? Qual è il messaggio che hanno rilanciato talvolta gli stessi organizzatori, i media, ed anche non pochi ecclesiastici modernisti, ansiosi di ribaltare la Tradizione della Chiesa? Ciò che è passato, presso moltissimi cristiani, tramite le immagini, che sono sempre le più evocative, e tramite i giornali e le tv, è molto chiaro: il relativismo religioso, che è poi l'equivalente dell'ateismo. Se tutti pregano "insieme", hanno concluso in tanti, allora le religioni sono tutte "uguali": ma se così è, significa che nessuna di esse è quella vera. A quell'epoca, Lei, cardinale e prefetto della Congregazione della Fede, insieme al cardinal Giacomo Biffi e a tanti altri, fu tra coloro che espressero forti perplessità. Per questo, negli anni successivi, non partecipò mai alle repliche proposte ogni anno dalla Comunità di Sant'Egidio. Infatti, come Lei ha scritto in "Fede, verità e tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo" (Cantagalli, 2005), proprio criticando l'ecumenismo indifferentista, al cattolico "deve risultare nettamente che non esistono 'le religioni' in generale, che non esiste una comune idea di Dio e una comune fede in Lui, che la differenza non tocca unicamente l'ambito della immagini e delle forme concettuali mutevoli, ma le stesse scelte ultime..". Lei concorda perfettamente, dunque, con Leone XIII e con Pio XI sul pericolo di contribuire, con gesti come quelli di "Assisi 1986", al sincretismo ed all'indifferentismo religioso. Rischio messo in luce anche dai padri conciliari del Vaticano II, che in Unitatis Redintegratio, a proposito, si badi bene, dell'ecumenismo non con le altre religioni, ma con gli altri "cristiani", invitavano alla prudenza: "Tuttavia la comunicazione nelle cose sacre non la si deve considerare come un mezzo da usarsi indiscriminatamente per il ristabilimento dell'unità dei cristiani...". Lei ha insegnato, in questi anni, non sempre compreso neppure dai cattolici, che il dialogo avviene e può avvenire non tra diverse teologie, ma tra diverse culture; non tra le Fedi, ma tra gli uomini, alla luce di ciò che tutti ci contraddistingue: la ragione umana. Senza ricreare l'antico Pantheon pagano; senza che l'integrità della Fede venga messa a repentaglio dall'amore per il compromesso teologico; senza che la Rivelazione, che non è nostra, venga rimaneggiata dagli uomini e dai teologi intenti a conciliare l'inconciliabile; senza che Cristo, "segno di contraddizione", debba essere messo sullo stesso piano di Budda o di Confucio, che tra il resto non dissero mai di essere Dio. Per questo siamo qui a esporLe la nostra preoccupazione. Temiamo che qualsiasi cosa Lei dirà, tv, giornali e tanti cattolici interpreteranno alla luce del passato e dell'indifferentismo imperante; che qualsiasi cosa affermerà, l'evento sarà letto come la continuazione della manipolazione della figura di Francesco, trasformato, dagli ecumenismi odierni, in un irenista e in un sincretista senza fede. Sta già succedendo... Abbiamo paura che qualsiasi cosa Lei dirà, per fare chiarezza, i fedeli semplici, come siamo anche noi, in tutto il mondo non vedranno (e non gli sarà fatto vedere, ad esempio in tv) altro che un fatto: il vicario di Cristo non che parla, discute, dialoga con i rappresentanti di altre religioni, ma che prega con loro. Come se il modo e l'obiettivo della preghiera fossero indifferenti. E molti, sbagliando, penseranno che anche la Chiesa ormai ha capitolato, ed ha riconosciuto, in sintonia con la mentalità new age, che pregare Cristo, Allah, Budda o Manitù sia la stessa cosa. Che la poligamia islamica e animista, le caste induiste o lo spiritismo politeista animista... possano stare insieme alla monogamia cristiana, alla legge dell'amore e del perdono ed al Dio Uno e Trino. Ma come ha scritto sempre Lei, nel libro citato: "Con l'indifferenziazione delle religioni e con l'idea che esse siano tutte sì distinguibili, e tuttavia propriamente uguali, non si avanza". Santo Padre, noi pensiamo che con una nuova "Assisi 1986" nessun cristiano in terre d'Oriente verrà salvato: né nella Cina comunista, né in Corea del nord, né in Pakistan o in Iraq... tanti fedeli, invece, non capiranno più perché proprio in quei paesi c'è ancora oggi chi muore martire per non rinnegare il suo incontro non con una religione, ma con Cristo. Come sono morti gli stessi apostoli. Di fronte alla persecuzione, ci sono vie politiche, diplomatiche, dialoghi personali e di Stato: si seguano tutte, nel modo migliore possibile. Con la Sua amorevolezza e il Suo desiderio di pace per tutti gli uomini. Ma senza che sia possibile a chi vuole confondere le acque e rilanciare il relativismo religioso, anticamera di ogni relativismo, una opportunità, anche mediatica, così ghiotta come la "riedizione" di "Assisi 1986". Con devozione filiale Francesco Agnoli, Lorenzo Bertocchi, Roberto de Mattei, Corrado Gnerre, Alessandro Gnocchi, Camillo Langone, Mario Palmaro, Luisella Scrosati, Katharina Stolz
Fonte: Il Foglio, 11/01/2011
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OMELIA PER LA II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A - (Gv 1,29-34)
Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 16 gennaio 2011)
È ormai terminato il Tempo del Natale e, con questa domenica, siamo entrati nel Tempo Ordinario. Il brano del Vangelo di oggi ci presenta Giovanni il Battista che sta predicando. Anche se l'Evangelista non lo dice espressamente, molto probabilmente l'episodio si riferisce a quando Gesù si sottopose al battesimo di Giovanni. Questo si può intuire dal fatto che il Battista vide «Gesù venire verso di lui» (Gv 1,29). L'evangelista Giovanni, che non descrive la scena del Battesimo, riporta però un particolare molto importante che, in poche parole, descrive quella che è la missione di Gesù, il motivo per cui è nato nel tempo ed è venuto fino a noi. Il Battista, infatti, a quanti lo seguono entusiasti, dice indicando Gesù: «Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29). Nell'uso biblico, l'agnello è simbolo di innocenza e di sacrificio. Nell'Antico Testamento si parla infatti dell'agnello immolato due volte al giorno nel tempio e dell'agnello pasquale il cui sangue salvò i primogeniti degli ebrei (cf Es 12,3-28). Il Battista indica chiaramente in questo modo che Gesù, nel quale non vi è peccato, è venuto a togliere i peccati. La prima lettura di oggi, inoltre, parla del "Servo di Dio" che il profeta Isaia descrive come una pecora condotta al macello e nel quale Dio fa pesare l'iniquità di tutti noi. Inoltre, il profeta Isaia scrive che Egli è venuto nel mondo per essere luce e salvezza del popolo di Dio. Gesù, dunque, è venuto per redimerci dal peccato. Ai giorni d'oggi molti sono quelli che parlano di Gesù. Si parla del suo amore per i poveri, lo si vede quasi come un rivoluzionario e tutti, in qualche modo, verrebbero "dargli la loro tessera". Pochi sono però quelli che comprendono Gesù per quello che è in realtà, per essere l'Agnello di Dio, ovvero Colui che ci ha salvati dal peccato e dalla morte eterna. Dire che Gesù è l'Agnello di Dio significa affermare due cose: che noi siamo peccatori bisognosi di salvezza, e che Gesù è il Redentore, vittima per la nostra salvezza. In poche parole, significa dire che siamo stati noi a metterlo in croce. È proprio su questi due punti che dobbiamo soffermare la nostra riflessione. Prima di tutto bisogna riconoscere i nostri peccati; subito dopo bisogna invocare la Misericordia di Gesù. Al giorno d'oggi, purtroppo, si è perso il senso del peccato: si calpestano i Comandamenti di Dio e non si sentono più i rimorsi di coscienza. Penso che questa sia la più grande disgrazia che ci possa capitare. Se abbiamo perso questa sensibilità, supplichiamo il Signore che voglia creare in noi un cuore nuovo, che tolga da noi il cuore di pietra e ci doni un cuore sensibile ai suoi richiami d'amore e ai rimorsi di coscienza. Il libro dell'Imitazione di Cristo insegna che Dio parla al nostro cuore in due modi: o incoraggiandoci per il bene che stiamo compiendo, oppure attraverso i rimorsi di coscienza. Se non riusciamo ad avvertire questa voce, o se la percepiamo molto debolmente, intensifichiamo le nostre suppliche: quanto più ci avvicineremo alla luce di Dio, tanto più ci accorgeremo della deformità dei nostri peccati e la voce della coscienza si farà sentire sempre più forte. Gesù, l'Agnello di Dio, è venuto per togliere i peccati del mondo e continua a toglierli nel sacramento della Confessione. Accostiamoci a questo Sacramento con cuore contrito, accusando sinceramente i nostri peccati. La Chiesa fa obbligo ad ogni cristiano di confessarsi perlomeno una volta all'anno. Si capisce però che quanto più ci confesseremo tanto più la nostra anima sarà splendente di grazia. Pertanto, il consiglio, anzi, la calda raccomandazione è quella di confessare i nostri peccati ogni mese, meglio ancora ogni settimana. Ogni giorno pecchiamo e abbiamo un bisogno continuo del perdono di Gesù. San Pio da Pietrelcina esigeva dai suoi figli spirituali proprio la Confessione settimanale o, perlomeno, ogni dieci giorni. Personalmente egli si confessava anche ogni giorno. Questo poteva apparire come eccessivo a qualcuno. Ma il Santo, che tanto era vicino a Dio e viveva nella sua luce, vedeva anche la più piccola mancanza e la vedeva in tutta la sua deformità. Chiediamo a Dio questa sensibilità di coscienza e confessiamoci spesso: quando un peccatore si accusa, Dio lo scusa.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 16 gennaio 2011)
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