BastaBugie n�193 del 20 maggio 2011

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1 GIOVANNI PAOLO II: ''LA DONNA NON DEVE APPROPRIARSI DELLE CARATTERISTICHE MASCHILI, CONTRO LA SUA PROPRIA ORIGINALITA' FEMMINILE''
Il neo beato non è sceso sul piano delle femministe, ma ha invitato le donne a non svendersi per una sessualità libera in cambio di una sterminata solitudine, dell'infecondità, della perdita di identità, dell'infelicità...
Autore: Costanza Miriano - Fonte: La Bussola Quotidiana
2 IL MINISTRO CARFAGNA SPONSORIZZA IL FESTIVAL OMOSESSUALISTA DI TORINO
Il presidente del Piemonte Roberto Cota invece non aveva dato il sostegno della regione alla manifestazione di gay, lesbiche, bisessuali e transgender
Fonte: Corrispondenza Romana
3 IL NON-TERREMOTO DI ROMA: ALCUNE SCANZONATE RIFLESSIONI
A flagello terraemotus libera nos, Domine
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 DOBBIAMO ROMPERE L'ASSEDIO ISLAMICO IN ITALIA
Subiamo ogni giorno gli abusi dei predicatori d'odio che si annidano nelle 900 ''moschee'' italiane: abbiamo il dovere di difendere la nostra cultura!
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Il Giornale
5 ESISTONO GLI ALIENI? LE UNICHE PROVE SONO I FILM DI FANTASCIENZA: WORLD INVASION (2011), INDEPENDENCE DAY (1996), 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO (1968)
Ecco come la cultura relativista, antirazionalista ed antiscientifica si è servita del mito degli extraterrestri trasformandolo in fenomeno di massa anticristiano
Autore: Claudio Siniscalchi - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 L'ABORTO CAUSA UN MASSACRO DI TIENANMEN QUOTIDIANO CENTO VOLTE SUPERIORE
L'unica donna tra i leader della protesta di Tienanmen, Chai Ling, convertita al cristianesimo, si batte per l'abolizione della legge sul figlio unico: ''Porterò l'amore di Dio in Cina''
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista
7 LA BELLA FIABA DELL'ARTICOLO 11: ''L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA''
Ancora una volta la Costituzione viene ignorata anche da quelle forze politiche che pretendono sia una specie di testo sacro (da piegare però quando e come fa comodo)
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana
8 SECONDO I MASS-MEDIA UN CATTOLICO NON PUO' ACCEDERE AGLI INCARICHI PUBBLICI: E' UN FONDAMENTALISTA AL PARI DI AHMADINEJAD
Nello spazio di un mese non c'è stata nessuna confutazione degli argomenti esposti dal professor De Mattei nelle sue trasmissioni, ma solo derisione, insulti e infine... la martellante richiesta di dimissioni (concluse con un nulla di fatto)
Fonte: Corrispondenza Romana
9 FINALMENTE PUBBLICATA L'ISTRUZIONE ''UNIVERSAE ECCLESIAE'' SULL’APPLICAZIONE DEL MOTU PROPRIO CHE HA LIBERALIZZATO L’USO DELLA LITURGIA ANTICA
Con l’approvazione esplicita di Benedetto XVI, il documento incoraggia una maggiore diffusione del rito antico e rimuove gli ostacoli che derivano da un’errata o maliziosa lettura del motu proprio del 2007
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana
10 ''IL POSTO PIU' PERICOLOSO E' IL GREMBO MATERNO'': POLEMICHE PER MANIFESTO ANTI-ABORTISTA A NEW YORK
Inoltre un bambino nel pancione della mamma sarà ascoltato in un'aula di tribunale in Ohio: testimonierà contro l'aborto
Fonte: Il Sussidiario
11 ANCHE L'ASSOCIAZIONE ''MEDICINA E PERSONA'' E' CONTRARIA AL TESTAMENTO BIOLOGICO: NON SERVE UNA LEGGE, NON SERVE NESSUNA LEGGE!
La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul territorio, negli ambulatori dice che non c'è posto per una legge sul testamento biologico o DAT o comunque la si voglia chiamare (nemmeno con la motivazione di salvare altre Eluana)
Autore: Clementina Isimbaldi - Fonte: Medicina e Persona
12 OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO A - (Gv 14,1-12)
Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - GIOVANNI PAOLO II: ''LA DONNA NON DEVE APPROPRIARSI DELLE CARATTERISTICHE MASCHILI, CONTRO LA SUA PROPRIA ORIGINALITA' FEMMINILE''
Il neo beato non è sceso sul piano delle femministe, ma ha invitato le donne a non svendersi per una sessualità libera in cambio di una sterminata solitudine, dell'infecondità, della perdita di identità, dell'infelicità...
Autore: Costanza Miriano - Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/05/2011

Quando Karol Wojtyla diventò Papa io avevo sette anni, ma l'età della ragione era di là da venire. Prima, prima che arrivasse la ragione, le balle sulla parità io e le mie coetanee ce le siamo bevute tutte. "Uomini e donne sono uguali, bisogna competere sugli stessi campi, niente ci è precluso, e anche se un giorno diventeremo mamme non saremo certo tenute a scegliere, e che diamine".
Ma non è tutta colpa mia. Che ne sapevo della vita, di come siamo fatti, di cosa davvero significhi il fatto che «maschio e femmina li creò, a sua immagine»? A mio discapito, signori della corte, vorrei ricordare che a una adolescente degli anni '80 bastava accendere Videomusic (ve la ricordate?) per vedere maschi alla David Bowie con una messa in piega che neanche mia zia, femmine androgine o all'altro estremo aggressivamente sessuate come Madonna. Spero che la corte la ritenga un'attenuante per quei miei guanti di pizzo nero che rimarranno negli annali dei capi di abbigliamento più inspiegabili della fine del secolo scorso.
Erano anni in cui noi donne pensavamo di saperla lunga. Noi, o meglio le nostre sorelle maggiori avevano rovesciato il maschilismo più becero ed egoista, conquistandoci il diritto al voto (le nostre nonne) e altri importanti passi in avanti. Nel rovesciare la logica del dominio, però, le donne l'hanno fatta propria, per quanto capovolta. A ben vedere, l'emancipazione femminile non è stata che un'applicazione della logica maschile del dominio, dall'altra parte. Io non voglio più esserti assoggettata, ma invece di esserti un'alleata, un aiuto, una compagnia leale e di uguale dignità, voglio finalmente imporre la mia voce fino a coprire la tua.
Ma di voci veramente diverse, in quegli anni, ne rimase una, alta, forte, sola. In una Chiesa quasi schiacciata, spaventata, un giovane vescovo divenne Papa, ed esordì nel suo luminoso pontificato invitando tutto il mondo a non avere paura, perché Cristo è il centro del cosmo e della storia. Lui, il Papa, per primo non ha avuto paura di proporre un modello esigente e alto alle donne e agli uomini. Non ha fatto sconti sulla Evangelium vitae, non ha aperto le porte al mondo sulla contraccezione (tanto meno sull'aborto, è ovvio), sul sesso fuori dal matrimonio. Non è sceso sul piano delle femministe, delle loro rivendicazioni, ma ha invitato loro, le donne, a salire più in alto, a non deprezzarsi, a non svendersi per così poco: una sessualità libera in cambio di una sterminata solitudine, dell'infecondità, della perdita di identità, dell'infelicità.
La Mulieris Dignitatem l'ho ricevuta nel 1989 per Natale. Non ricordo chi mi abbia fatto questo caritatevole dono, forse la mia amica Daniela. A quel punto avevo 19 anni, e della lettera apostolica mi innamorai, letteralmente. Come resistere a quella chiamata a un amore alto, sublime, tra l'uomo e la donna, figura dell'amore trinitario? Dio ha qualità anche femminili, perché la sua immagine è nell'uomo E ANCHE nella donna. Maschio e femmina, a sua immagine. Una scintilla di Dio è in entrambi, ma "la donna non può tendere ad appropriarsi delle caratteristiche maschili, contro la sua propria originalità femminile".
Attraverso le donne che Gesù incontra nel vangelo, e ancor più attraverso Maria, Wojtyla parla dello specifico femminile. E qui, sulla maternità, scrive parole commoventi sullo speciale debito che il mondo ha verso la donna, per la sua disposizione personale al dono. La donna si ritrova dandosi, «mediante un dono sincero di sé», dice il Papa, mostrando una conoscenza acutissima della mente femminile, che ha «una speciale comunione col mistero della vita». Per questa speciale chiamata a dare amore «la donna rappresenta un valore particolare come persona umana».
Quante sofferenze avrebbe potuto risparmiare a tante, tantissime donne che conosco la lettura e l'accoglienza della Mulieris Dignitatem. Purtroppo se ne propongo la lettura alle mie amiche, a ancor più se gliela avessi proposta quando avevamo 19 anni, me l'avrebbero tirata in testa (fortuna che è leggera).
Gli stessi concetti sei anni dopo animano la Lettera alle donne, scritta per la conferenza di Pechino: la donna, come dice la Genesi, è un aiuto dell'uomo. Un aiuto, scrive il Papa, non unilaterale ma reciproco.  
Si vede proprio che Giovanni Paolo II sul mistero del matrimonio ci si è rotto la testa, e già da quando, giovane sacerdote, seguiva gruppi di coppie. Allora la teologia considerava la vocazione alla vita coniugale "non un ostacolo" alla perfezione. Invece la via che tracciava lui per le sue famiglie era la via della santità più alta. Non dire ti amo, diceva ai fidanzati, ma  partecipo con te dell'amore di Dio, chiarendo subito che nel matrimonio cristiano gli sposi sono tre, lui, lei e Dio. E' lui l'unico che può indurci a dire una cosa così rischiosa e impensabile come "finché morte non ci separi", e anche ad avere almeno una vaga speranza di mantenere fede alla parola data.
E grazie a questa fedeltà, allo starci, al rimanere sulla croce del qui e ora (che davvero può essere una croce) nella famiglia, sotto gli occhi di Dio, si rinnova la faccia della terra. Un programmino niente male.
Wojtyla ha avuto anche una carissima amica, una donna, Wanda Poltawska, come lei ha raccontato nel Diario di un'amicizia  Lei era una donna sconvolta dall'esperienza dei lager.  Wojtyla, da giovane sacerdote incontrato "per caso" in un confessionale, la aiutò a dire ancora una volta sì alla vita, alla sua vocazione di donna e poi di sposa. Con lei, che lo chiamava fratello, tante volte si confrontò. Lei, che reclusa in un lager aveva visto bambini appena partoriti buttati vivi nei forni, e che faticò a liberarsi da quell'orrore, ha dedicato tutta la sua vita a difendere la famiglia e la vita nascente, e quest'impegno i due amici lo condivisero combattendo strenuamente, lei come medico psichiatra, dal suo consultorio in Polonia, lui dalla cattedra di Roma. Ma anche da Papa trovava il tempo per stare vicino alla sua amica carissima, tanto segnata dalla crudeltà nazista, leggendo le sue meditazioni spirituali, correggendole, annotandole a margine, facendole da padre spirituale, mostrando di conoscere la complicata mente femminile come pochi uomini. Io personalmente, che gli uomini non li capisco e avrei bisogno di un traduttore per farmi capire da loro, un amico così lo avrei voluto proprio ma proprio tanto.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/05/2011

2 - IL MINISTRO CARFAGNA SPONSORIZZA IL FESTIVAL OMOSESSUALISTA DI TORINO
Il presidente del Piemonte Roberto Cota invece non aveva dato il sostegno della regione alla manifestazione di gay, lesbiche, bisessuali e transgender
Fonte Corrispondenza Romana, 7/5/2011

Dopo che il neo presidente della Regione Piemonte Roberto Cota aveva fatto capire che non avrebbe dato nessun tipo di sostegno al 26° GLBT (l'acronimo che sta per Gay, Lesbiche, Bisessuali e Transgender) Film Festival di Torino che, fra le altre cose, quest'anno include il documentario autocelebrativo F.U.O.R.I.! Storia del primo movimento omosessuale in Italia (1971-2011), la manifestazione cinematografica del pride omosessualista ha ottenuto il placet del Ministro Mara Carfagna, che ha concesso il prestigioso patrocinio del Dicastero delle Pari Opportunità.
Carfagna non è nuova a tali iniziative: due anni fa era stata tra le proponenti del pericoloso progetto di legge contro l'omofobia, poi bocciato in Parlamento, denominato appunto Concia-Carfagna, l'anno scorso – sempre da Ministro delle Pari Opportunità – aveva investito due milioni di euro di soldi pubblici per una «campagna istituzionale contro le discriminazioni di genere» che con i suoi slogan fuorvianti era entrata nelle scuole e perfino sui mezzi pubblici di molte città italiane, quindi si era battuta, con successo, per la parificazione giuridica tra figli legittimi e "naturali", l'ultimo attacco inferto al matrimonio in Italia.
Il patrocinio al "festival" di Torino, oltretutto giunto proprio all'indomani del deciso diniego di Cota, è quindi soltanto l'ultima iniziativa di un percorso personale e politico "coerente", ma all'inverso. Quello che stupisce è che il Ministro Carfagna dovrebbe esprimere, almeno con i gesti pubblici che la sua carica richiede, l'orientamento maggioritario della coalizione che rappresenta e che, fra l'altro, è stata votata da non pochi elettori proprio per le posizioni di "garanzia" che offriva su temi eticamente rilevanti come i cd. princìpi non negoziabili in cui, è superfluo perfino sottolinearlo, la tutela e la promozione dell'istituto naturale della famiglia rivestono un importanza fondamentale.

Fonte: Corrispondenza Romana, 7/5/2011

3 - IL NON-TERREMOTO DI ROMA: ALCUNE SCANZONATE RIFLESSIONI
A flagello terraemotus libera nos, Domine
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-05-2011

Mentre scrivo, il paventato terremoto a Roma non si è ancora verificato (ma ci sono altre dieci ore di attesa...). In verità, più che una profezia di un defunto era una previsione basata su un certo allineamento dei pianeti. Astrologia, dunque? No, astronomia, sebbene il resto degli astronomi non confermi.
Al grido di "non ci credo ma non si sa mai", pare che una non disprezzabile fetta di negozianti romani abbia tenuto abbassate le saracinesche. C'è da capirli: l'azienda è azienda. A ben rifletterci, l'eventuale terremoto l'azienda la distruggerebbe, quindi è la vita che viene messa in cautela. Ma perché i negozianti sì e i cardinali no? Boh. Nemmeno i finti centurioni del Colosseo si sono messi al sicuro.
Fosse per me, salirei su uno di quei bus colorati che fanno il giro turistico dell'Urbe. Ma non uno qualsiasi. Uno di quelli che effettuano il tour patriottico con su scritto «Roma italiana». Scelglierei uno di questi, non uno di quelli con sopra scritto «Roma cristiana». Eh, sono stato di recente a Roma e ho visto che i secondi sono affollatissimi, mentre i primi hanno al massimo un passeggero. Sai com'è, in caso di fuga precipitosa, non vorrei finire schiacciato nella ressa del fuggi-fuggi. Perciò, poiché della Roma Risorgimentale non frega nulla a nessuno, saremmo solo io e l'autista, io che sto al sole del secondo piano e lui che sta al volante.
Mi chiedo, poiché il previsto terremoto è stato descritto come rovinoso (non so dirvi il grado, perché tra Mercalli e Richter mi confondo sempre, anche se preferisco Mercalli per affinità ideologiche: era un prete), non sarà che il Padreterno voglia commemorare il centocinquantenario dell'Unità d'Italia a modo suo? Ma no, sarebbe l'unico a cui importi qualcosa di Roma Italiana. E poi non vorrei fare la fine del buon Roberto De Mattei, richiesto di licenziamento a furor di popolo per aver detto che Dio talvolta permette le catastrofi naturali per punirci. A ben rifletterci, comunque, il licenziamento non lo temo, non essendo io funzionario di alcunché. E poi, Dio, quando decide di punire, di solito ricorre al diluvio. Niente, staremo a vedere.
A Roma ci sono le chiese più sacre della cristianità, c'è il Papa e il Vaticano, c'è la Madonna Salus Populi Romani che scongiurò persino i bombardamenti alleati. A Lei e alla sua intercessione è sufficiente un solo santuario. Come quello indiano di Vailankanny, che lo tsunami schivò di misura andando ad allagare tutto il territorio per mezzo chilometro oltre: chi stava in chiesa si salvò, icona vivente (è il caso di dirlo) della Protezione di Maria. Chi sta sotto il di Lei Manto non ha nulla da temere. Perciò i negozianti romani hanno ancora diverse ore di tempo per procurarsi un'immagine della Vergine, di quelle in cui ripara con il suo mantello la gente, appenderla nel negozio e riaprire bottega. Quanto agli altri, salgano su un bus Roma Cristiana e ripetano tre volte l'antica invocazione «A flagello terraemotus libera nos, Domine», dopodiché si godano il panorama.
Quanto a noi, aspetteremo fiduciosi l'anno venturo, quando scadrà la profezia maya. In fondo, a noi credenti la fine del mondo fa un piacere. Questa, per noi, è Valle di Lacrime, dove si lavora tutto l'anno e si riposa meno di un mese, per metà anno si sgobba per lo Stato e per mantenere Fiorello, Belèn e Santoro, la pensione la si restituisce tutta al servizio sanitario e i figli sono come l'uovo di pasqua: non sai mai cosa ne esce. Signore del cosmo e dei pianeti allineati, venga il tuo Regno. Una buona volta.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-05-2011

4 - DOBBIAMO ROMPERE L'ASSEDIO ISLAMICO IN ITALIA
Subiamo ogni giorno gli abusi dei predicatori d'odio che si annidano nelle 900 ''moschee'' italiane: abbiamo il dovere di difendere la nostra cultura!
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Il Giornale, 26/04/2011

Immaginate se un sacerdote diffondesse da un altoparlante issato sopra il campanile della chiesa il seguente appello per invitare i fedeli a prendere parte alla messa: «Testimonio che nostro Signore Gesù Cristo è l'unico vero Dio! Testimonio che il suo Vicario, il Papa, Sommo Pontefice della Santa Romana Chiesa Cattolica Apostolica, è l'unico custode della vera fede! Unitevi alla preghiera! Gesù Cristo è il nostro Signore! Non vi è altro Dio al di fuori di Gesù Cristo!».
Immaginate se duemila cristiani irrompessero nello spazio antistante la Grande moschea di Roma o di Milano Segrate dopo aver forzato il posto di blocco delle forze dell'ordine e ferito cinque agenti, si mettessero a recitare il rosario con l'intenzione dichiarata di salvare le anime dei musulmani in quanto eretici, intonassero degli inni che affermano l'assolutezza della verità in Cristo e dessero alle fiamme delle bandiere islamiche con la mezzaluna. Ebbene, io non ho alcun dubbio. Tutte le Procure d'Italia interverrebbero per aprire fascicoli su fascicoli denunciando l'arbitrio di un sacerdote che, oltre a violare la quiete pubblica, diffonde dei contenuti fortemente lesivi della libertà e della pluralità d'opinione sancita dalla nostra Costituzione; così come evidenzierebbero una serie di reati perpetrati dai manifestanti cristiani, dall'assembramento e occupazione di spazio pubblico senza autorizzazione, aggressione alle forze dell'ordine, incitamento all'odio razziale nei confronti dei musulmani, offesa a un simbolo religioso.
Tutto ciò è effettivamente accaduto a parti inverse, con i musulmani nel ruolo degli aggressori e noi italiani, al di là del nostro essere cristiani, credenti o praticanti, nei panni delle vittime. Ma, come era prevedibile, così come la Procura di Milano non intervenne quando il 3 gennaio 2009 gli islamici occuparono Piazza Duomo, almeno fino a questo momento la Procura di Milano- che è così solerte ad intervenire quando vuole - non ha aperto nessun fascicolo per appurare il fatto denunciato da Il Giornale nella domenica di Pasqua, 24 aprile, in un articolo dal titolo «Lo scandalo del minareto di Milano. Per la prima volta il muezzin invita alla preghiera di strada. E nessuno si indigna». Piaccia o meno, dobbiamo prendere atto che nel nostro stato di diritto ci sono due pesi e due misure a seconda se a violare la legge siamo noi o se sono i musulmani. I fatti stanno a indicare che la certezza del diritto e della pena vale solo per noi, mentre per i musulmani vale solo la certezza di un diritto assoluto che culminanell'arbitrio e nell'illegalità senza alcuna sanzione.
Ecco perché è arrivato il momento di opporci a questa auto-discriminazione che, da un lato, ci impedisce di beneficiare del principio secondo cui «la legge è uguale per tutti » e, dall'altro, ci trasforma in vittime della schiera di magistrati, politici, banchieri, imprenditori, massoni, intellettuali che, pur di scagliarsi contro la civiltà giudaico-cristiana che esprime valori non negoziabili e certezza delle regole, finiscono per trasformarci sempre più in sudditi dell'islam qui a casa nostra. È il momento di dire basta! Di chiedere quantomeno che i musulmani si attengano alle nostre leggi così come fanno gli ebrei, i cristiani o i buddhisti. Di esigere che le moschee operino con le stesse norme a cui sono sottoposte le sinagoghe, le chiese o qualsiasi tempio di culto eretto sul suolo italiano. Visto che la realtà delle nostre istituzioni è quella che abbiamo descritto, ebbene, è arrivato il momento di prendere noi cittadini italiani l'iniziativa, promuovendo una legge di iniziativa popolare, così come previsto dall'articolo 71, comma 2, della Costituzione, che consente ai cittadini italiani, attraverso una raccolta di almeno 50.000 firme, di presentare al Parlamento un progetto di legge, affinché questo sia poi discusso e votato.
Chiariamo subito che i principi che ci ispirano sono: 1) L'articolo 8 della Costituzione dove noi evidenziamo che «le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti», ma a condizione che «non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano ». Così come rileviamo che l'islam come religione, non avendo finora stipulato un'intesa con lo Stato per il profondo contrasto che persiste tra le associazioni islamiche, opera in un contesto di arbitrio giuridico non essendo stati definiti i rapporti con lo Stato. 2) La determinazione che qualsivoglia intesa tra lo Stato e le comunità religiose islamiche debba fondarsi sull'assoluto rispetto delle nostre leggi e delle regole fondanti della civile convivenza. Significa che le moschee devono essere delle case di vetro dove, al pari delle sinagoghe e delle chiese, si parla in italiano e si diffondono valori che ispirano alla vita, all'amore e alla pace, e dove chiunque possa entrare, sedersi, ascoltare e condividere una spiritualità comune al di là della fede diversa.
Questo non è affatto il caso dei predicatori d'odio, di violenza e di morte che si sono annidati in gran parte dei circa 900 luoghi di culto islamici presenti sul nostro territorio nazionale. Non possiamo più continuare a subire l'arbitrio degli islamici, il lassismo dei magistrati, la connivenza ideologica dei politici e degli intellettuali relativisti, laicisti, buonisti e islamicamente corretti che, odiando la civiltà giudaico-cristiana che tutela la loro vita, la loro dignità e la loro libertà, è come se odiassero se stessi. Siccome noi invece ci amiamo, non intendiamo rassegnarci.

Fonte: Il Giornale, 26/04/2011

5 - ESISTONO GLI ALIENI? LE UNICHE PROVE SONO I FILM DI FANTASCIENZA: WORLD INVASION (2011), INDEPENDENCE DAY (1996), 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO (1968)
Ecco come la cultura relativista, antirazionalista ed antiscientifica si è servita del mito degli extraterrestri trasformandolo in fenomeno di massa anticristiano
Autore: Claudio Siniscalchi - Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/05/2011

Esistono gli alieni? Diamine se esistono, anche se nessuno è mai riuscito a mostrarne uno. E la prova più lampante ed incontrovertibile della loro esistenza l'ha storicamente fornita il cinema di fantascienza americano. L'ultima puntata di questa saga commercialmente fortunata e praticamente inesauribile è World Invasion di Jonathan Liebesman. Storia da manuale. Arrivano gli alieni cattivi, davvero cattivi. Qualcuno dovrà pure fronteggiarli. Ad incaricarsi dell'ultima disperata difesa è il moderno «settimo cavalleggeri», cioè il corpo dei «marines» degli Stati Uniti.
Compito un tantino difficile, visto che la posta in gioco è la salvezza del pianeta. I nemici sono piovuti dal cielo come meteoriti e la battaglia sulla carta appare segnata. Con i «marines» in campo, però, mai dire mai. Finalmente gli alieni sono approdati sulla città degli angeli. Un'avvisaglia del loro imminente arrivo gli abitanti di Los Angeles la ebbero pochi mesi dopo l'attacco giapponese alla flotta statunitense di stanza a Pearl Harbor. Non si trattava di una burla di Orson Welles, tipo la finta radiocronaca dello sbarco dei marziani. Un'incursione dell'aviazione giapponese era data per certa, e si prevedeva avvenisse di notte. L'allarme partì. L'incubo dei cittadini fu pari alla prontezza dell'artiglieria antiaerea nello sparare cannonate all'indirizzo del cielo. Nessun nemico però volteggiava nell'alto.
Cosa era successo? Errore umano, precipitazione dettata dalla paura, o mistero? I giornali si scatenarono. Le vicende belliche tennero a freno la passioni per l'universo extraterrestre. Si scatenarono, inarrestabili, di lì a poco, dopo lo schianto di un disco volante (con tanto di passeggeri alieni) nei pressi di Roswell, New Mexico, nel luglio del 1947. Nella notte di Los Angeles la mobilitazione venne decretata per fronteggiare un'invasione extraterrestre. L'allarme fasullo, sostennero a guerra finita le autorità militari e governative, fu determinato da alcuni palloni meteorologici. Spiegazione alla quale gli ufologi non hanno mai prestato la minima fiducia.
Gli unici danni dell'invisibile (e inesistente) invasione giapponese (o aliena) furono causati dal «fuoco amico». Le vittime (tre) caddero non per attacco aereo (o da disco volante), ma per attacco cardiaco. La causa: choc emotivo da cannonate. L'apparizione degli alieni continua a tenere banco senza sosta. È di pochi giorni fa la rivelazione (l'ennesima) di documenti dell'FBI che accerterebbero l'esistenza di corpi extraterrestri e navicelle spaziali custoditi in gran segreto dalle autorità statunitensi. L'esistenza, come si ricorderà, veniva comunicata all'ignaro presidente americano (un giovane e atletico pilota da guerra) in Independence Day (1996) di Roland Emmerich, fra i successi più clamorosi al botteghino degli ultimi venti anni. E immediatamente, dovendo fronteggiare un attacco extraterrestre, chiedeva di recarsi nel deserto per prendere diretta visione dei mostruosi nemici. Insomma, il mito degli alieni non smette di affascinare e convincere.
Anche Stephen Hawking, dall'alto della cattedra a Cambridge ereditata addirittura da Isacco Newton, prima giurò, secondo scienza, che non esistevano. Poi ci ha ripensato: sempre secondo scienza ne ha sentenziato l'esistenza. Infine ha detto parole molto sensate: lasciamoli stare, non li stuzzichiamo. Se ci scoprono e sono come noi, potrebbe finire male. La questione attirò anche le riflessioni di Enrico Fermi. Il «papa» seduto a tavola affermò sicuro: abbiamo miliardi di mondi esistenti nella galassia, quindi non possiamo essere la sola forma di vita intelligente. Poi si rabbuiò, proseguendo perplesso: ma se siamo certi della loro esistenza, e il calcolo matematico conferma tale ipotesi, perché non si fanno vedere?
All'affascinante mistero delle realtà aliene è dedicato un interessante e chiarissimo saggio, Extraterresti. La radici occulte di un mito moderno, scritto da Enzo Pennetta e Gianluca Marletta (Rubbettino, p. 135, € 11,00). I due studiosi ricostruiscono con metodo esatta la costruzione del mito degli alieni. Un mito - uno dei tanti - anticristiano, mescolanza di scientismo materialista (figlio della cultura illuminista) e occultismo neospiritualista (affiorato con estrema forza tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento). Questo frullato di richiami scientifici e istanze neognostiche (teosofia, spiritismo, magia, satanismo, occultismo, poteri medianici) per un lungo tratto di tempo è rimasto appannaggio di un'élite di iniziati, spesso appartati. Poi, nel dopoguerra, con la diffusione pressoché planetaria della società dei consumi e dell'industria culturale, il mito degli extraterrestri si è trasformato in fenomeno di massa.
Negli anni Sessanta del Novecento, spinta sulle ali della controcultura americana, la cultura New Age, nel segno dell'età dell'Acquario, ha introdotto il concetto di  «cambiamento di paradigma»: si stava cioè passando dall'età dominata del cristianesimo a quella di una nuova spiritualità della divinizzazione dell'uomo. Manifesto visivo della nuova era si rivelò  2001: Odissea nello spazio, capolavoro cinematografico diretto da Stanley Kubrick nel 1968. Di quest'opera complessa, ambigua e affascinante, per molto tempo ne è stata esaltata soprattutto la natura «razionalista», ottimisticamente «progressista» e benevolmente favorevole nei confronti della potenza liberatrice della scienza. Il film è stato addirittura interpretato come un'opera dedicata al mistero di Dio, pur se gli autentici intendimenti di Kubrick erano ben diversi. Il geniale e trasgressivo regista americano non voleva realizzare, nel pieno della stagione della controcultura, un film «razionalista». In realtà voleva fare il contrario: un film in opposizione alla «razionalità» dominante.
Nel film apprendiamo come la ragione è trasmessa all'uomo da un misterioso e indefinibile monolite. La logica della scoperta non è scientifica e razionale, ma avviene a causa di una illuminazione. La ragione, pertanto, deve considerarsi extraumana ed è fonte di progresso non certo pacifico, ma distruttivo. Il film di Kubrick è l'illustrazione visiva del definitivo esaurimento della civiltà occidentale, della frantumazione del percorso della modernità, alla quale è intimamente connessa la razionalizzazione. Siamo davanti ad un mondo fuori controllo e minacciato proprio da quella ragione che doveva dominarlo e farlo crescere armoniosamente.
In estrema sintesi sono gli alieni (una civiltà superiore), e non Dio, ad occuparsi degli umani. Nella vastissima letteratura critica dedicata all'opera di Kubrick, il problema della presenza di forme extraterrestri è ritenuta marginale. Invece è l'essenza del film, come ben chiariscono le pagine di Enzo Pennetta e Gianluca Marletta. Kubrick era convinto dell'esistenza di forme extraterrestri dotate di intelligenza superiore. Con 2001: Odissea nello spazio di fatto si anticipava una cultura relativista, antirazionalista ed antiscientifica, che sarebbe dilagata nei decenni successivi, servitasi del genere della fantascienza. Con il suo film Kubrick fece breccia nel cuore della generazione venuta alla ribalta sul finire degli anni Sessanta; generazione psichedelica, desiderosa di avvicinare nuovi percorsi spirituali.
Il film, in sostanza, poteva considerarsi un processo visivo all'Occidente. Furono i figli dell'Età dell'Acquario a determinare il successo di 2001: Odissea nello spazio. I figli di McLuhan trovarono nei silenzi, nella maestosità e nella lentezza dell'opera di Kubrick un richiamo irresistibile. Un giovane spettatore, durante una proiezione, corse verso lo schermo e provò ad attraversarlo urlando: «vedo Dio!».
Ma quale Dio stava vedendo quel giovane rapito dalla forza persuasiva dell'immaginario kubrickiano? Uno dei tanti «figli dei fiori», magari con l'aiuto di stupefacenti, non resisteva al fascio di luce bianca che sullo schermo stava proiettando qualcosa di talmente divino da somigliare a Dio. Non si trattava certo del Dio della tradizione giudeo-cristiana, ma piuttosto del Dio già in voga tra gli adepti della Jesus Revolution californiana, impegnati ad accostare Gesù Cristo a Buddha e a Zoroastro, amalgamando il culto delle antiche religioni orientali del sole e gli extraterrestri, gli angeli e il potere terapeutico dei cristalli, la libertà sessuale e Satana, la musica rock e lo spiritismo, l'uso delle droghe e il cinema di fantascienza.
Il finale di  2001: Odissea nello spazio annunciava la nascita di un «nuovo uomo», l'«oltre uomo», l'«ultimo uomo», il «superuomo» tenuto a battesimo dalla benevolenza aliena. L'Anticristo evocato dalla follia filosofica di Nietzsche, finiva così per materializzarsi, dolcemente, sullo schermo, annunciando una prossima Apocalisse gnostica, liberatrice per l'uomo, finalmente sciolto dalle catene restrittive congiunte della materia degli scienziati e del Dio della Bibbia.
Dopo l'apparizione di 2001: Odissea nello spazio i cosmologi sono diventanti i nuovi teologi del tempo postmoderno. E ai registi della  fantascienza, come intuì Stanley Kubrick, sarebbe toccato il compito di divulgatori popolari delle idee che hanno ridisegnato la mappa cognitiva, culturale e religiosa dell'Occidente ricco e secolarizzato.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/05/2011

6 - L'ABORTO CAUSA UN MASSACRO DI TIENANMEN QUOTIDIANO CENTO VOLTE SUPERIORE
L'unica donna tra i leader della protesta di Tienanmen, Chai Ling, convertita al cristianesimo, si batte per l'abolizione della legge sul figlio unico: ''Porterò l'amore di Dio in Cina''
Autore: Clarence Green - Fonte: L'Ottimista, 02/03/2011

Ci sono paesi dove battersi per vita nascente è un reato penalmente perseguibile. Uno di questi è Cuba, dove è da anni in carcere il medico antiabortista Oscar Biscet. Il luogo dove il fenomeno raggiunge dimensioni spaventose è però la Cina. In quella che è ormai la seconda potenza economica mondiale, il regime post-comunista si ostina a conservare la legge sul figlio unico, emanata a fine anni '70 da Deng Xiao-Ping con finalità malthusiane. Già a quei tempi la popolazione cinese superava il miliardo di abitanti e il governo, preoccupato del boom demografico, ritenne di dover intervenire con la forza.
Tra i più fieri oppositori della legge sul figlio unico c'è il Premio Nobel, Liu Xiaobo, in carcere dal 2009. Chi però ne sta facendo una vera e propria ragione di vita è una coraggiosa 45enne di nome Chai Ling, unica donna tra i leader della protesta di piazza Tienanmen. Meno di un anno fa Chai Ling si è convertita al cristianesimo e ha ricevuto il battesimo. Non solo tra i cristiani cinesi è altissima la percentuale di dissidenti politici, ma spesso avviene anche il contrario: chi è dissidente non di rado si converte, in quanto trova nel Vangelo una perfetta corrispondenza con gli ideali di libertà per i quali lotta. "Quando abbiamo pensato a far nascere un movimento democratico – dice Chai Ling – gridavamo che tutti gli uomini nascono uguali. Ora so e posso dire con tutta la fiducia il perché: Dio li ha creati uguali, a immagine di Lui". Ciò avviene anche tra chi – ed è la maggior parte dei cinesi – è stato educato all'ateismo di stato e al disprezzo di qualunque fede religiosa. "Per i leader – ha raccontato Chai - 'Dio' era una cosa cattiva che i capitalisti usavano per il lavaggio del cervello del popolo. Come risultato, perfino l'amore di Dio era visto come una cosa che faceva paura. La società era piena di odio, sfiducia, paura".
Nel 1989 Chai era una 23enne studentessa di psicologia a Pechino, unica leader donna del movimento anti-governativo represso nel sangue a Tienanmen. Rifugiatasi negli USA si è laureata in economia ad Harvard e ha sposato l'americano Roberto Maggin jr, con il quale gestisce una compagnia di software. Nel suo paese, dove non è più tornata, è stimata tra le 21 personalità più eversive e pericolose per la stabilità del regime post-maoista, al punto di essere finita nel mirino dei servizi segreti cinesi.
La scorsa estate Chai ha fondato All Girls Allowed, una onlus internazionale, finalizzata a sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sulle atrocità della legge cinese sul figlio unico e sostenere, in tutti i modi possibili, le donne vittime dell'inumana normativa. Memore della tragedia dell'89 di cui era stata impotente testimone, Chai definisce gli aborti forzati in Cina come "un massacro di Tienanmen quotidiano, cento volte superiore e fatto alla luce del giorno".
Un abominio morale che sta procurando anche danni sociali ed economici al paese asiatico. In primo luogo è da riscontrare lo squilibrio demografico tra uomini e donne: il rapporto tra i primi e le seconde è di 5 a 4, a causa della preferenza di molte famiglie per il maschio. Con il risultato che almeno 40 milioni di giovani uomini cinesi sono destinati a rimanere scapoli. Negli ultimi trent'anni, quindi, sono stati circa 400 milioni gli aborti praticati in Cina, la maggior parte dei quali in ossequio alla suddetta legge. Le forze dell'ordine non vanno troppo per il sottile, quando si tratta di applicare le politiche demografiche: le donne che si rifiutano di abortire, vengono massacrate di botte e, qualora riescano a partorire, di solito, lo sventurato bimbo viene loro soppresso. L'alternativa, per le famiglie più "fortunate", è sottoporsi a salatissime sanzioni pecuniarie, per pagare le quali molti padri scendono in strada ad elemosinare lavoro. A ciò si aggiungono le negatività tipiche dell'Europa e di tutte le civiltà in calo demografico: a partire dal venir meno di una forza lavoro giovane in grado di contribuire alle spese pensionistiche per una popolazione sempre più anziana.
Lontana dal suo paese, Chai Ling continua a battersi per la giustizia in Cina: la libertà economica, ormai consolidata nella terra del dragone, non ha un vero senso, infatti, se non è suffragata dalla libertà politica, la quale, a sua volta, è moralmente preceduta dalla libertà religiosa e dal diritto alla vita, veri cardini di ogni civiltà degna di tal nome. Chai ha preso sul serio tutto ciò e ha intuito quella che lei descrive come la vocazione del Signore per lei: "Portare l'amore di Dio in Cina". Questo motto è l'alfa e l'omega di una vita vissuta controcorrente, ricca di ideali coraggiosi, cui solo la fede può dare una perseveranza e un significato profondo. Nel pensare alle ingiustizie del suo paese Chai ha chiara in mente l'immagine evangelica del Buon Ladrone, salvato da Gesù un istante prima di morire: "Se solo i leader cinesi ascoltassero la Notizia, qualunque cosa abbiano fatto o commesso, se solo si pentissero, riceverebbero lo stesso amore e lo stesso perdono che tutti riceviamo. Che grande dono sarebbe per loro! Libertà per loro stessi e per tutta la Cina, finalmente!".

Fonte: L'Ottimista, 02/03/2011

7 - LA BELLA FIABA DELL'ARTICOLO 11: ''L'ITALIA RIPUDIA LA GUERRA''
Ancora una volta la Costituzione viene ignorata anche da quelle forze politiche che pretendono sia una specie di testo sacro (da piegare però quando e come fa comodo)
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-05-2011

"L'Italia ripudia la guerra (...) come mezzo di soluzione delle controversie internazionali": questo principio, inequivocabilmente sancito dall'art. 11 della nostra Costituzione, avrebbe dovuto ispirare negli anni lo sviluppo di una filosofia e di una pratica dei rapporti internazionali conseguenti; quindi una politica estera principalmente basata sulla diplomazia preventiva.
Se ciò fosse stato fatto il nostro Paese sarebbe divenuto sulla scena internazionale un soggetto sempre più utile e importante mano a mano che la guerra, come Giovanni Paolo II previde acutamente e come i fatti hanno sempre più confermato è diventata sempre e comunque "un'avventura senza ritorno", qualcosa che non risolve mai i problemi sul terreno ma anzi li complica e li moltiplica.
Non si è fatto invece niente del genere: come di tanti altri articoli di questa Costituzione, spesso ignorata anche da quelle forze politiche che pretendono sia una specie di testo sacro, anche dell'art. 11 non si è tenuto conto alcuno. Esso è stato perciò ridotto a essere niente più che una norma da eludere quando un governo vuole malgrado tutto far entrare in guerra il nostro Paese. Il problema si pose per la prima volta in modo consistente nel 1991 all'epoca della prima guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein, poi quando la Nato attaccò la Serbia nel 1999 e di nuovo adesso con l'attacco alla Libia di Gheddafi.
In ciascuno di questi casi i governi in ballo erano di diversa matrice ma tutti quanti convinti, al di là del diverso orientamento, che quando gli Stati Uniti ci chiedono tramite la Nato di entrare in guerra non ci possiamo tirare indietro. Magari lo può fare la Germania, ma noi no.
Stando così le cose si va avanti, ma al prezzo di una vera e propria fiera dell'ipocrisia. I "nostri ragazzi" - chissà perché in queste circostanze i militari vengono idealmente rimessi in pantaloni corti - non vanno a fare la guerra ma opera di polizia internazionale (ma allora perché non ci mandano dei poliziotti veri, che sono gente del mestiere?). Non vanno per sparare ma a lavorare per la pace costruendo ponti, distribuendo quaderni e matite agli scolari, aiutando le vecchine ad attraversare la strada: tutte attività tra l'altro per le quali avere un fucile mitragliatore a tracolla è di grande impaccio. Quando poi ciononostante dei malintenzionati sparano contro di loro o fanno saltare in aria i blindati su cui si muovono quello non è un attacco militare ma si deve dire che è un "attentato", e via di questo passo.
In un caso come quello attuale della Libia, dove l'intervento è soltanto aereo, l'arrampicata sui vetri diventa ancora più ardua: un caso di sport estremo in cui sorprendentemente si cimentano pure le più alte cariche dello Stato, comprese quelle di età veneranda, quelle che a prima vista ci si immagina sarebbero già in grande difficoltà se dovessero salire su una semplice scala a pioli. Non si esita a sostenere che i nostri aerei vanno a bombardare in Libia "per difendere i civili" dalle aggressioni della polizia e dalle altre milizie di Gheddafi. Non resta che augurarsi di tutto cuore che, dopo la sperimentazione in Libia, non si pensi di applicare questa tecnica anche  a casa nostra.
Da noi, almeno fino ad oggi, i civili aggrediti non invocano il rapido intervento dell'Aeronautica bensì quello di una "volante" della Polizia o dei Carabinieri. Mai vorremmo che, agguerrito dall'esperienza libica, il governo desse disposizione che da adesso in avanti gli agenti, una volta arrivati sul posto, non devono agguantare gli aggressori bensì, tenendosi in disparte, chiedere via radio l'intervento dei Tornado di stanza nella base di Trapani/Birgi...

Fonte: La Bussola Quotidiana, 11-05-2011

8 - SECONDO I MASS-MEDIA UN CATTOLICO NON PUO' ACCEDERE AGLI INCARICHI PUBBLICI: E' UN FONDAMENTALISTA AL PARI DI AHMADINEJAD
Nello spazio di un mese non c'è stata nessuna confutazione degli argomenti esposti dal professor De Mattei nelle sue trasmissioni, ma solo derisione, insulti e infine... la martellante richiesta di dimissioni (concluse con un nulla di fatto)
Fonte Corrispondenza Romana, 30/04/2011

La campagna di disinformazione mediatica nei confronti del prof. de Mattei, partita dall'UAAR (cfr. CR 1186/02) dopo una trasmissione del prof. Roberto de Mattei a "Radio Maria", è stata amplificata dai mass-media per oltre un mese, con l'evidente obiettivo di screditare ogni cattolico che osasse ricordare pubblicamente le verità più "scomode" della nostra fede.
Massimo Gramellini su "La Stampa" ha definito, ad esempio, le convinzioni di de Mattei «farneticazioni offensive per qualsiasi credente dotato di un cervello e soprattutto di un cuore» ("La Stampa", 26 marzo), mentre per Francesco Peloso sono «macabre boutade» ("Il Secolo XIX", 29 marzo). Il Presidente dell'Accademia dei Lincei, Lamberto Maffei, ha affermato che «ci si aspetterebbe in ogni contesto un maggiore controllo nella libertà di dire castronaggini». L'opinionista del "Corriere della Sera", Pierluigi Battista, ha giudicato «spettacolo disgustoso questo fatuo cianciare ammantato di severità», definendo il Cristianesimo di de Mattei «senza pietas, privo di compassione, arcigno, feroce, crudele, vendicativo», invitando a «lasciare senza spettatori e uditorio l'esibizionismo macchiettisticamente cattivista del professor de Mattei» ("Corriere della Sera", 4 aprile). Più lapidariamente il radicale Valter Vecellio ha detto che «uno come questo fa rimpiangere che i manicomi siano stati aboliti» ("Notizie Radicali", 28 marzo).
Il 5 aprile l'UAAR ha scoperto che il prof. de Mattei avrebbe detto che «l'impero romano crollò per colpa dei gay». In realtà si trattava di una citazione di Salviano di Marsiglia (IV secolo) riferita al paragone di Benedetto XVI tra la crisi del nostro tempo e il declino dell'Impero romano. Ciò è bastato però per scatenare Marco Pasqua su "La Repubblica" (6 aprile) e, il giorno successivo, sulla stessa "Repubblica", Corrado Zunino, che ha attribuito a de Mattei una frase di Giuliano Amato, secondo cui l'Unione Europea è un ermafrodito.
Il 7 aprile la deputata PD Paola Concia, dopo aver definito de Mattei «un fondamentalista omofobo al pari di soggetti come il presidente iraniano Ahmadinejad», ha annunciato di aver presentato insieme ai colleghi Paolo Corsini, Gianni Cuperlo e Barbara Pollastrini un'interrogazione al ministro Gelmini per averlo nominato ai vertici di un ente pubblico nazionale ("ANSA", 7 aprile). Due giorni dopo anche il presidente dei deputati dell'IDV, Massimo Donaldi, ha annunciato un'interrogazione. Corrado Augias definisce «inverosimile» il fatto che un uomo del genere possa essere vicepresidente del CNR; «l'idea che possa prendere la parola in un consesso internazionale, diciamo la verità, dà i brividi» ("La Repubblica", 10 aprile); lo stesso Augias ha attaccato per tre volte de Mattei nello spazio di una settimana; mentre Antonio Gnoli, intervistandolo su "Repubblica" l'8 aprile, lo definisce «l'uomo che con le sue idee – professate in varie sedi e occasioni – ha vinto l'Oscar del ridicolo». «Inquietante macchietta» è de Mattei per Marco d'Eramo, che ne ricorda le «corbellerie omofobe» ("Il Manifesto", 12 aprile), mentre Michele Serra parla di «lettura sadomaso della storia umana» ("La Repubblica", 23 aprile), e Giancarlo Zizola lo accusa di impugnare come una spada «l'atroce e ripugnante dio greco».
Nello spazio di un mese non c'è stata nessuna confutazione degli argomenti esposti dal prof. de Mattei nelle sue trasmissioni, ma solo invettive e contumelie sui blog e scherno e dileggio sui media. Alla derisione, che è stata la parola d'ordine dei media, si è accompagnata la martellante richiesta di dimissioni, per sottolineare l'incompatibilità tra le «castronerie» cattoliche e lo svolgimento di un incarico pubblico. Le dimissioni non sono arrivate, mentre agli insulti più pesanti il prof. de Mattei ha risposto presentando, il 22 aprile, alla Procura della Repubblica, una serie di querele penali per ingiuria e diffamazione.

Fonte: Corrispondenza Romana, 30/04/2011

9 - FINALMENTE PUBBLICATA L'ISTRUZIONE ''UNIVERSAE ECCLESIAE'' SULL’APPLICAZIONE DEL MOTU PROPRIO CHE HA LIBERALIZZATO L’USO DELLA LITURGIA ANTICA
Con l’approvazione esplicita di Benedetto XVI, il documento incoraggia una maggiore diffusione del rito antico e rimuove gli ostacoli che derivano da un’errata o maliziosa lettura del motu proprio del 2007
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/05/2011

Il 13 maggio 2011 la Pontificia Commissione «Ecclesia Dei» ha pubblicato l’attesa Istruzione «Universae Ecclesiae» sull’applicazione della Lettera Apostolica Motu Proprio data «Summorum Pontificum» di S.S. Benedetto XVI. Come si ricorderà, tale lettera apostolica del 7 luglio 2007 liberalizzava l’uso della liturgia «antica», celebrata secondo il rito detto di san Pio V (1504-1572) e con l’uso del Messale del 1962 del beato Giovanni XXIII (1881-1963). L’Istruzione riporta l’approvazione esplicita di Benedetto XVI e porta la data formale del 30 aprile 2011, festa liturgica di san Pio V.
L’Istruzione interviene su una materia quanto mai controversa, e per comprenderne la portata è necessaria un po’ di storia. Dopo la riforma liturgica del 1969 del servo di Dio Paolo VI (1897-1978) – che non si limitava a passare dal latino alle lingue correnti, ma modificava profondamente la liturgia – si poneva il problema della sorte della liturgia precedente, la cosiddetta «Messa antica» o «Messa di san Pio V», spesso detta anche «Messa in latino», ma in modo impreciso perché anche la Messa secondo la riforma del 1969 può essere celebrata in lingua latina. Non poteva esistere nessun dubbio sulla volontà del servo di Dio Paolo VI di rendere la «nuova Messa» obbligatoria come rito ordinario della Chiesa latina, mentre le Chiese orientali conservavano le loro antiche liturgie. Qualcuno riteneva che la Messa antica fosse stata abrogata, e fosse vietata salvo speciali permessi o indulti concessi a singoli o congregazioni: un’obiezione che si fondava anche su commenti privati e interviste dello stesso servo di Dio Paolo VI.
In favore della Messa antica sorse un vasto movimento, che in parte accettò anche la nuova Messa accanto all’antica, in parte rifiutò la Messa nuova, andando nel secondo caso a confluire nella galassia di movimenti – il più noto dei quali è la Fraternità Sacerdotale San Pio X fondata da monsignor Marcel Lefebvre (1905-1991) – che contestavano anche tutti o alcuni dei documenti del Concilio Ecumenico Vaticano II. Per questi movimenti la Messa antica non era l’unica – e forse neppure la principale – ragione di dissenso con Roma, ma ne divenne in qualche modo la bandiera.
Proprio in occasione della scomunica di mons. Lefebvre nel 1988, come l’Istruzione Universae Ecclesiae ora ci ricorda, il beato Giovanni Paolo II (1920-2005), il quale «con lo speciale Indulto Quattuor abhinc annos, emanato nel 1984 dalla Sacra Congregazione per il Culto Divino, [aveva concesso] a determinate condizioni la facoltà di riprendere l’uso del Messale Romano promulgato dal Beato Papa Giovanni XXIII», «con il Motu Proprio "Ecclesia Dei" [appunto] del 1988, esortò i Vescovi perché fossero generosi nel concedere tale facoltà in favore di tutti i fedeli che lo richiedevano». In seguito a tale motu proprio nacquero anche gli istituti detti appunto «Ecclesia Dei» costituiti da sacerdoti e religiosi i quali intendevano preservare il rito antico e nello stesso tempo aderivano al Magistero conciliare e post-conciliare dei Pontefici, prendendo esplicitamente le distanze da mons. Lefebvre. Questi istituti, pur celebrando con il rito antico, s’impegnavano a non contestare non solo la validità – che non era contestata neppure da mons. Lefebvre, almeno in via generale – ma neppure la legittimità del nuovo rito.
Con il motu proprio Summorum Pontificum Benedetto XVI – dal momento che l’appello ai vescovi perché «fossero generosi», per usare un eufemismo, non sempre era stato accolto – fece un passo in più. Chiarì definitivamente che l’antico rito non era stato «mai abrogato» e che rito antico e rito nuovo sono «due usi dell’unico rito romano». Svincolò dall’approvazione previa dei vescovi le Messe private di singoli sacerdoti – cui peraltro, spiegò, «possono essere ammessi – osservate le norme del diritto – anche i fedeli che lo chiedessero di loro spontanea volontà», e quelle di ordini e società religiose, ordinando che potessero essere celebrate con il rito antico senza richiedere alcun permesso. Per le parrocchie e i santuari il Papa chiedeva ai parroci e rettori di «accogliere volentieri» le richieste di fedeli legati al rito antico e, qualora ci fossero problemi con  i parroci, invitava i fedeli a rivolgersi al vescovo, a sua volta – scriveva Benedetto XVI – «vivamente pregato di esaudire il loro desiderio». Se il vescovo «non può provvedere», aggiungeva il motu proprio, «la cosa venga riferita alla Commissione Pontificia "Ecclesia Dei"».
Trascorsi tre anni dal motu proprio del 2007, com’era stato annunciato, è stata promossa un’inchiesta tra i vescovi di rito latino, dei cui risultati si è tenuto conto per l’Istruzione Universae Ecclesiae. L’Istruzione sintetizza la triplice finalità del motu proprio del 2007, così articolandola: «a) offrire a tutti i fedeli la Liturgia Romana nell’usus antiquior, considerata tesoro prezioso da conservare; b) garantire e assicurare realmente, a quanti lo domandano, l’uso della forma extraordinaria; c) favorire la riconciliazione in seno alla Chiesa». Quanto al secondo punto, si sottolinea come tale facoltà «vada interpretata in un senso favorevole ai fedeli che ne sono i principali destinatari».
È impensabile che non si sia tenuto conto anche delle tante lamentele pervenute alla commissione «Ecclesia Dei» nei confronti di vescovi i quali non applicavano le norme del motu proprio, quando pure non lo criticavano esplicitamente o ne promuovevano una sorta di boicottaggio. Forse tenendo conto di questi problemi, la Universae Ecclesiae ribadisce anzitutto che «il Motu Proprio Summorum Pontificum costituisce una rilevante espressione del Magistero del Romano Pontefice e del munus a Lui proprio di regolare e ordinare la Sacra Liturgia della Chiesa e manifesta la Sua sollecitudine di Vicario di Cristo e Pastore della Chiesa Universale», formula particolarmente impegnativa e solenne per indicare un Magistero da cui dovrebbe essere impensabile che un vescovo cattolico si discosti.
Una parte centrale della Universae ecclesiae riguarda appunto il ruolo dei vescovi. Essi sono chiamati ad «adottare le misure necessarie per garantire il rispetto della forma extraordinaria del Rito Romano, a norma del Motu Proprio Summorum Pontificum». Adottare le «misure necessarie» per conseguire un certo scopo evidentemente esclude la messa in discussione o il boicottaggio di quello scopo. Certo, afferma l’Istruzione, i vescovi «devono vigilare in materia liturgica per garantire il bene comune e perché tutto si svolga degnamente, in pace e serenità nella loro Diocesi», ma questa vigilanza non può essere arbitraria. Al contrario, deve essere «sempre in accordo con la mens del Romano Pontefice chiaramente espressa dal Motu Proprio Summorum Pontificum». Detto in altre parole, ai vescovi non  spetta decidere se è opportuno affiancare al nuovo rito, che evidentemente mantiene il suo ruolo di rito ordinario, il rito antico come rito straordinario. Questo è già stato deciso dal Papa. Ai vescovi spetta semmai stabilire come possa essere introdotto o conservato nelle loro diocesi il rito antico, in stretta conformità non solo alla lettera ma anche alla mens, cioè allo spirito, del motu proprio, il cui scopo è favorire il rito antico e non ostacolarlo.
Dal momento che le controversie non saranno certo arrestate dalla Universae Ecclesiae, molto opportunamente l’Istruzione trasforma il semplice «riferimento» alla Commissione «Ecclesia Dei» del motu proprio in una vera e propria procedura giuridica di appello: «In caso di controversia o di dubbio fondato circa la celebrazione nella forma extraordinaria, giudicherà la Pontificia Commissione Ecclesia Dei».
L’Istruzione ribadisce che per le Messe private non è necessario chiedere alcun permesso, e che esigere tali permessi è un abuso. Precisa pure che «nel caso di un sacerdote che si presenti occasionalmente in una chiesa parrocchiale o in un oratorio con alcune persone ed intenda celebrare nella forma extraordinaria, come previsto dagli artt. 2 e 4 del Motu Proprio Summorum Pontificum, il parroco o il rettore di chiesa o il sacerdote responsabile di una chiesa, ammettano tale celebrazione, seppur nel rispetto delle esigenze di programmazione degli orari delle celebrazioni liturgiche della chiesa stessa». È dunque chiaro che se un gruppo di fedeli, accompagnato da un proprio sacerdote, si presenta in una chiesa per celebrare una Messa con il rito antico il parroco non può rispondere «Sono contrario alla Messa antica» oppure «Devo chiedere al vescovo». Se la Chiesa non è impegnata da altre celebrazioni, il parroco o rettore deve «ammettere tale celebrazione».
O meglio, la deve ammettere a meno che gli consti che le persone e i sacerdoti che la chiedono fanno parte di gruppi che rifiutano l’autorità del Papa, non solo in teoria ma anche in pratica – per esempio contestandone sistematicamente il Magistero –, ovvero di gruppi che, anche accettando in generale l’autorità del Pontefice, rifiutino la validità o la legittimità della nuova Messa. La formula è molto precisa: «I fedeli che chiedono la celebrazione della forma extraordinaria non devono in alcun modo sostenere o appartenere a gruppi che si manifestano contrari alla validità o legittimità della Santa Messa o dei Sacramenti celebrati nella forma ordinaria e/o al Romano Pontefice come Pastore Supremo della Chiesa universale».
Sono esclusi dai benefici della Universae Ecclesiae non solo i fedeli che «appartengano» ai gruppi che il Papa in altra occasione ha chiamato «anticonciliaristi» ma anche coloro, che pur senza «appartenervi», li «sostengano» con parole, scritti o offerte. Non solo coloro che contestano l’autorità del Papa ma anche quelli che contestano «solo» la nuova Messa. E per essere rubricati fra tali contestatori non è necessario mettere in dubbio la «validità» del nuovo rito; è sufficiente contestarne la «legittimità». I due concetti, canonicamente, non sono sinonimi, e la norma sembra scritta quasi apposta per descrivere la posizione della Fraternità Sacerdotale San Pio X, la quale afferma che – a certe condizioni – la nuova Messa è valida, ma afferma pure che non è «legittima», cioè non è una Messa cui i fedeli possano assistere senza mettere in pericolo la loro fede.
Per quanto riguarda le regolari celebrazioni nelle parrocchie e nei santuari, l’Istruzione offre precisazioni sulla questione del cosiddetto «gruppo stabile» (coetus fidelium stabiliter existens) che è titolato a richiederla. «Un coetus fidelium potrà dirsi stabiliter exsistens ai sensi dell’art. 5 § 1 del Motu Proprio Summorum Pontificum, quando è costituito da alcune persone di una determinata parrocchia che, anche dopo la pubblicazione del Motu Proprio, si siano unite in ragione della loro venerazione per la Liturgia nell’Usus Antiquior, le quali chiedono che questa sia celebrata nella chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella; tale coetus può essere anche costituito da persone che provengano da diverse parrocchie o Diocesi e che a tal fine si riuniscano in una determinata chiesa parrocchiale o in un oratorio o cappella». Non è dunque obbligatorio che tutti i membri del gruppo stabile siano della stessa parrocchia, anzi neppure della stessa diocesi.
Anche nel caso in cui non ci sia un «gruppo stabile» abbastanza numeroso, il vescovo non è autorizzato a chiudere la pratica magari tirando un sospiro di sollievo. Al contrario, spiega l’Istruzione, «nei casi di gruppi numericamente meno consistenti, ci si rivolgerà all’Ordinario del luogo per individuare una chiesa in cui questi fedeli possano riunirsi per ivi assistere a tali celebrazioni, in modo tale da assicurare una più facile partecipazione e una più degna celebrazione della Santa Messa». Anche qui, «individuare una chiesa» è cosa evidentemente diversa dal rispondere che non c’è nessuna chiesa disponibile.
Ci vuole, certo, un «sacerdote idoneo». Ma, precisa l’Istruzione, non c’è bisogno di un provetto liturgista o di un docente universitario di lingua latina. Per il latino, è sufficiente «una sua conoscenza basilare, che permetta di pronunciare le parole in modo corretto e di capirne il significato». Per «la conoscenza dello svolgimento del Rito, si presumono idonei i sacerdoti che si presentano spontaneamente a celebrare nella forma extraordinaria, e l’hanno usato precedentemente».
Certo, questo è un punto di partenza. La Chiesa vuole che la sua liturgia sia la più degna possibile e per questo «si chiede agli Ordinari di offrire al clero la possibilità di acquisire una preparazione adeguata alle celebrazioni nella forma extraordinaria. Ciò vale anche per i Seminari, dove si dovrà provvedere alla formazione conveniente dei futuri sacerdoti». Mancano perfino i sacerdoti in grado d’insegnare come si celebra con il vecchio rito? Risponde l’Istruzione che «nelle Diocesi dove non ci siano sacerdoti idonei, i Vescovi diocesani possono chiedere la collaborazione dei sacerdoti degli Istituti eretti dalla Pontificia Commissione Ecclesia Dei, sia in ordine alla celebrazione, sia in ordine all’eventuale apprendimento della stessa».
Altre norme precisano che nel Messale del 1962 in latino «potranno e dovranno essere inseriti nuovi santi e alcuni dei nuovi prefazi», secondo norme che saranno emanate in seguito; che i sacerdoti che lo desiderano possono usare il Breviario del 1962 in lingua latina; e che è confermata la facoltà di usare la formula antica per la Cresima, mentre per l’Ordine sacro l’antico rito può essere seguito solo negli istituti «Ecclesia Dei» «e in quelli dove si mantiene l’uso dei libri liturgici della forma extraordinaria», dunque non nelle diocesi, il che spiacerà a qualche sostenitore del rito antico.
Al di là di questo ultimo elemento, il senso generale dell’Istruzione è chiaro. Si tratta di un’Istruzione a favore della maggiore diffusione del rito antico, e intesa a rimuovere gli ostacoli che derivano da un’errata o maliziosa lettura del precedente motu proprio. Tutto questo – come Benedetto XVI ha precisato nel discorso del 6 maggio 2011 ai partecipanti al IX Congresso Internazionale di Liturgia, che La Bussola Quotidiana ha a suo tempo presentato e commentato – non per contrapporre riforma liturgica e rito antico, ma per integrarli e «riconciliarli». «Non poche volte – ha detto il Papa in quell’occasione – si contrappone in modo maldestro tradizione e progresso. In realtà, i due concetti si integrano: la tradizione è una realtà viva, include perciò in se stessa il principio dello sviluppo, del progresso. Come a dire che il fiume della tradizione porta in sé anche la sua sorgente e tende verso la foce». Il Papa chiede dunque insieme ossequio alla riforma liturgica del servo di Dio Paolo VI e al motu proprio del 2007: «piena fedeltà alla ricca e preziosa tradizione liturgica e alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II, secondo le linee maestre della [costituzione sulla liturgia del Vaticano II] Sacrosanctum Concilium e dei pronunciamenti del Magistero».

Fonte: La Bussola Quotidiana, 13/05/2011

10 - ''IL POSTO PIU' PERICOLOSO E' IL GREMBO MATERNO'': POLEMICHE PER MANIFESTO ANTI-ABORTISTA A NEW YORK
Inoltre un bambino nel pancione della mamma sarà ascoltato in un'aula di tribunale in Ohio: testimonierà contro l'aborto
Fonte Il Sussidiario, 02/03/2011

Il governatore dello Stato dell'Ohio, il repubblicano Lynn Watchmann, ha proposto una iniziativa legislativa destinata a scatenare le più dure polemiche tra abortisti e anti abortisti. Tema sempre caldissimo in America, nonostante uno dei paesi occidentali con la legislazione a favore dell'aborto di più lunga data. La proposta del governatore è stata battezzata "Heartbeat Bill", nome decisamente esplicativo del suo contenuto. Vuol dire Decreto legislativo "del battito di cuore". Perché? Perché fa riferimento a un fatto ben preciso: se un feto ha il cuore funzionante, è in grado cioè di rilasciare i battiti del suo cuore, tale feto non potrà essere abortito. Ed essendo che tale fatto si verifica all'incirca dopo 18 giorni dalla sua concezione, automaticamente sarà vietato per le donne abortire dopo il 18esimo giorno. "Ogni qualvolta il battito del cuore di un feto sarà identificato" ha detto il governatore alla stampa "quel bambino sarà protetto dall'aborto. Una cosa molto semplice. Dato che nel campo medico le tecnologie continuano a progredire, la protezione dei feti si avvicinerà sempre di più al momento stesso della concezione, cosa che per molti di noi è l'obiettivo finale nella difesa della vita".
UN FETO TESTIMONE
Per dare ancora più forza a questo decreto legislativo, in vista della sua approvazione, un gruppo pro life di appartenenza cristiana ha deciso di portare in tribunale un feto, in modo che il battito del suo cuore possa essere fatto sentire a tutti e serva come testimonianza a favore del decreto legislativo del governatore Watchmann. Ovviamente si sono subito accese le polemiche. Kellie Copeland del gruppo pro-choice (a favore dell'aborto) Naral, ha commentato: "Il comitato legislativo non vuole ascoltare nessuna donna che ha fatto la scelta di abortire. Coloro che hanno scritto questo decreto legislativo non vogliono ammettere che ogni decisione di una donna è diversa dalle altre. E' dunque inaccettabile che i legislatori anti aborto facciano di una decisione privata che appartiene a ogni donna e ai suoi dottori, un fatto pubblico imposto a tutti".
OBAMA
La posizione del presidente degli Stati Uniti Obama in materia aborto è sempre stata molto esplicita. Nel gennaio del 2009, appena eletto al suo incarico, propose di sbloccare i finanziamenti pubblici alla ricerca sulle cellule staminali. Non solo: promise un decreto per difendere il diritto all'aborto con un ordine esecutivo che potesse permettere di destinare fondi federali alle Ong che propongono l'aborto all'estero come pratica di pianificazione familiare.
PUBBLICITA' SHOCK
Che la battaglia pro e contro l'aborto sia una battaglia lunga, forse eterna, lo dimostra la recente iniziativa messa in atto da un gruppo anti abortista, il Life Always. Nel cuore di New York, nel centralissimo e alla moda quartiere di Soho, nei pressi di una delle cliniche specializzate in aborti (la Planned Parenthood) sono appesi grandi cartelloni pubblicitari . Nella pubblicità, una bambina di colore ha lo sguardo preoccupato. Sopra, una scritta: "Il posto più pericoloso per un afro-americano è il grembo materno" (...). In realtà le polemiche che sono scattate immediatamente non appena la pubblicità ha fatto la sua comparsa, erano più per il contenuto apparentemente razzista che per la dichiarazione contro l'aborto.

Fonte: Il Sussidiario, 02/03/2011

11 - ANCHE L'ASSOCIAZIONE ''MEDICINA E PERSONA'' E' CONTRARIA AL TESTAMENTO BIOLOGICO: NON SERVE UNA LEGGE, NON SERVE NESSUNA LEGGE!
La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul territorio, negli ambulatori dice che non c'è posto per una legge sul testamento biologico o DAT o comunque la si voglia chiamare (nemmeno con la motivazione di salvare altre Eluana)
Autore: Clementina Isimbaldi - Fonte: Medicina e Persona, 25/02/2011

La nostra esperienza quotidiana di medici negli ospedali, sul territorio, negli ambulatori e ovunque dice che nella nostra professione non c'è posto per una legge sul fine vita, comunque la si voglia chiamare: testamento biologico o DAT (che è pure peggio, perché anticipare è voler prevedere, predeterminare e infine autodeterminare il futuro di sé, cosa all'uomo proprio non possibile, erronea in partenza). (...)
I legislatori facciano pure: sappiano però che non c'è altro modo di salvare tante Eluana se non attraverso maestri che riprendano a formare medici amanti della propria professione perché capaci di amare il proprio destino e il destino di chi è loro affidato. Riconosca il Parlamento che non è in suo potere (e neanche nostro) di salvare altre Eluana. (...)
Se una legge "s'aveva da fare" era quella che già suggerimmo anni fa:  che vietasse chiaramente eutanasia passiva e attiva con sanzioni  penali per eventuali condotte mediche fuorilegge alla Riccio o alla Del Monte. Non si può protocollare per legge un atteggiamento che è del medico di fronte al suo malato, nemmeno con la motivazione di salvare altre Eluana.
Se nel nostro paese c'è ormai una mentalità che mette a rischio la vita di chi è fragile e indifeso, non la fermeremo sicuramente con una legge che sarà solo l'inizio di un contenzioso quotidiano, costante, tra chi assiste e cura e il fiduciario dell'assistito, con  una perdita di tempo enorme rispetto ai tempi che al malato sono dovuti. Ci sarà ancora qualcuno che avrà tempo per interessarsi realmente del suo paziente?  Non fermeremo questa mentalità con una legge: chi vorrà determinare la morte di sé o di un parente lo potrà fare comunque, attraverso giudici che modificheranno l'assetto della legge stessa, inevitabilmente. E gli altri che invece amano la vita continueranno a rispettarla, senza far ricorso a testamenti, fidandosi del proprio medico. Quanta fatica per nulla.
Alla fine possiamo dire che questa questione non ci interessa, non ci sta a cuore, perché fuori dalla nostra portata quotidiana. Noi vogliamo solo poter continuare a curare degnamente, a fare il nostro "mestiere". Con questa legge – con qualsiasi legge sul testamento biologico o DAT - c'è davvero il rischio che chi si affeziona al paziente si veda esautorato da un collegio di "esperti" quando richiesto dal fiduciario. E' medicina questa? No: è solo il modo per disamorare il medico dal suo lavoro. Noi vogliamo continuare a lavorare affezionandoci alle persone e nell'esclusivo interesse per il paziente, perché è questo che compie anche noi. Per questo non serve una legge, non serve nessuna legge.

Fonte: Medicina e Persona, 25/02/2011

12 - OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO A - (Gv 14,1-12)
Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 maggio 2011)

San Francesco, quando era alla ricerca della via da percorrere, quando voleva sapere cosa Dio voleva da lui, entrò nella chiesetta di San Damiano e pregò intensamente davanti ad un Crocifisso. Con tutto il suo cuore voleva sapere quella che era la volontà di Dio su di lui e, miracolosamente, Gesù parlò e disse: «Francesco, va', ripara la mia Casa, che, come vedi, va tutta in rovina» (FF 1334). San Francesco pensò che si trattasse della rovina materiale delle mura di quella chiesetta e, con tanta buona volontà, si mise a restaurarle. Poi si mise a restaurare altre due chiese, quella della Porziuncola e quella di San Pietro, nei pressi di Assisi. In seguito, san Francesco comprese che la missione a lui affidata da Dio era diversa, più profonda: era quella di restaurare la Chiesa di cui i cristiani sono le pietre vive. Allora egli non andò più in cerca di pietre materiali, ma si mise a predicare per città e villaggi, alternando periodi di ritiro negli eremi a periodi di intensa attività apostolica. In questo modo, san Francesco ricondusse molti a Cristo, risvegliando in altri il fervore che si era ormai spento. In poche parole, egli ridiede un volto cristiano a una società che si era allontanata dalla retta via.
Questo tema è messo in luce dalla seconda lettura di oggi. San Pietro lo afferma chiaramente: «Quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale» (1Pt 2,5). Gesù è la «pietra d'angolo» (1Pt 2,7), ovvero la pietra fondamentale per dare stabilità all'intera costruzione. Questa pietra era stata scartata dai costruttori ed ora è divenuta «sasso d'inciampo, pietra di scandalo» (1Pt 2,8) per tutti quelli che rifiutano il Vangelo. Per essere utilizzati nella costruzione di questo edificio, le pietre devono essere lavorate e ben squadrate. Questo lavoro è iniziato con il Battesimo, per mezzo di esso siamo divenuti pietre vive, e deve continuare durante tutta la nostra vita. Ogni giorno dobbiamo uniformarci a Gesù Cristo, dobbiamo assomigliargli sempre di più. Ogni pietra che non risponde a questi requisiti viene scartata: abbiamo tempo fino al termine della nostra vita.
Accogliendo la Parola di Dio e mettendola in pratica, noi siamo sempre più perfezionati e resi idonei ad essere utilizzati in questa costruzione. È necessaria la predicazione; per questo motivo, nella Chiesa primitiva, furono istituiti di Diaconi, i quali si impegnavano nel servizio della carità, dando così la possibilità agli Apostoli di dedicarsi interamente al servizio della Parola, ovvero alla predicazione, e alla preghiera. Furono scelti sette Diaconi. Gli Apostoli, vista la gran mole di lavoro che gravava sulle loro sole spalle, così dissero alla Comunità: «Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola» (At 6,1-7). Non è giusto che nella Chiesa vengano sacrificati gli aspetti della preghiera e della predicazione, che sono i più importanti, per una attività che rischia di diventare un "vuoto attivismo". Le parole che abbiamo ascoltate sono particolarmente valide ai nostri giorni, nei quali il valore della vita interiore non è molto compreso e, molto spesso, si apprezza solo l'attività sociale. Senza la preghiera, l'attività caritativa si trasforma in una promozione umana.
Nella Chiesa, la predicazione deve avere un obiettivo principale: quello di indicare al mondo Cristo che è l'unica via che conduce al Padre, è l'unica verità a cui aderire, ed è l'unica vita delle anime nostre. Gesù lo afferma chiaramente, dicendo ai suoi Apostoli: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,6). Seguendo i suoi esempi non possiamo sbagliare strada, giungeremo al posto che Egli, il nostro Salvatore, è andato a prepararci, secondo quanto ci dice nel Vangelo: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi» (Gv 14,3). La morale cristiana consiste nel seguire le orme di Gesù, nell'imitarlo, nel comportarci come Lui si è comportato. Osservando la morale cristiana, insegnata infallibilmente dalla Chiesa, noi siamo certi di arrivare alla Vita eterna. Il Signore verrà a prenderci, secondo la sua promessa, e ci condurrà dove è la nostra dimora eterna.
Gesù, inoltre, è l'unica verità a cui credere. Non ci sono diverse verità, come se ciò fosse solo una cosa soggettiva. Gesù dice a ciascuno di noi e a tutti gli uomini del mondo: «credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me» (Gv 14,11). Per essere cristiani non basta comportarsi bene, bisogna pure credere a tutto quello che la Chiesa ci insegna nel suo Magistero.
In questo modo, osservando la morale evangelica e credendo ai dogmi di fede, noi realizzeremo le parole che Gesù disse agli Apostoli: «chi crede in me, anch'egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre» (Gv 14,12). Sembra incredibile, ma Gesù dice chiaramente che faremo opere più grandi di quelle da Lui compiute su questa terra. Ciò si spiega per il fatto che Gesù è andato al Padre, ovvero è stato glorificato, e agisce per mezzo dei cristiani con la potenza della sua divinità. Questo significa che, con l'Ascensione al cielo, Gesù non ha diminuito il potere di operare su questa terra, ma lo ha di molto aumentato.
Prima dell'Ascensione, quando era su questa terra, la sua azione era circoscritta ad un solo popolo, quello Ebraico; ora, per mezzo della Chiesa, Gesù raggiunge e abbraccia il mondo intero. Egli rende partecipe la Chiesa di quelli che sono i suoi poteri, continua ad operare miracoli e, soprattutto, continua a convertire i cuori, servendosi del servizio dei suoi ministri.
Quanto più saremo simili a Gesù, tanto più si realizzeranno le parole che abbiamo udito nel Vangelo: «Chi ha visto me, ha visto il Padre» (Gv 14,9). Gesù è una sola cosa con il Padre, in quanto è il Figlio, della stessa sostanza del Padre, la seconda Persona della Santissima Trinità. Noi, creati ad immagine e somiglianza di Dio, rifletteremo la sua luce nella misura della nostra bontà. Un pellegrino che si era recato ad Ars per conoscere il parroco di quel paese che era san Giovanni Maria Vianney, dopo averlo incontrato, così esclamò: «Ho visto Dio in un uomo». Il Signore vuole che questo si possa dire anche di noi. Se saremo buoni di cuore, non mediocri ma santi cristiani, compiremo l'opera più bella ed importante: mostreremo Dio al mondo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 maggio 2011)

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