A BRESCELLO UNA DONNA PRESA A MARTELLATE E UCCISA DAL MARITO MOHAMED AL-ARYANI PERCHE' VOLEVA DIVENTARE CRISTIANA
Ecco i casi analoghi di conversioni punite con la morte: non è ammissibile che questo accada in Italia!
Autore: Valentina Colombo - Fonte: Corrispondenza Romana
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PUBBLICITA' BLASFEMA: GESU' CROCIFISSO PER VENDERE AURICOLARI BLUETOOTH
Clamoroso! L'Agcom archivia il caso: nessuna sanzione
Fonte: Avvenire
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BELLISSIMO VIDEO: QUANDO ARRIVA IL BRUTTO TEMPO, A COSA SERVE LAMENTARSI? CERCATI UN OMBRELLO... E SE NON LO TROVI, FATTELO!
Mario Melazzini (''di inguaribile c'è solo la mia voglia di vivere'') e Carlo Marongiu: due persone fantastiche che nella malattia hanno trovato il senso della vita e lo raccontano a noi sani
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
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PER SCONFIGGERE LA CULTURA DELLA MORTE E' NECESSARIO RICOSTRUIRE UNA CULTURA DELLA VITA
Ecco perché giustamente il neonatologo Carlo Bellieni ricorda ai cattolici l'importanza della militanza culturale
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: La Bussola Quotidiana
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PAURA DI ESSERE SEPOLTI VIVI? LA REGIONE VENETO PREVEDE 24 ORE DI VIGILANZA SUL MORTO
Sempre più numerosi i dubbi sulla morte cerebrale come criterio valido per decretare la morte
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
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LA COMUNIONE RICEVUTA SULLA LINGUA E IN GINOCCHIO
Dal 2008 Benedetto XVI ha ripreso l'antichissima tradizione per evitare al massimo la dispersione dei frammenti eucaristici e favorire la crescita della devozione dei fedeli verso la presenza reale di Cristo nel sacramento
Fonte: Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa
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NAPOLITANO SALVATORE DELLA PATRIA?
Ecco il Governo Monti e la cittadinanza agli stranieri
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
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LE SOCIETA' SEGRETE A CUI APPARTIENE MARIO MONTI: INSIEME A ENRICO LETTA E MARIO DRAGHI... E IN PASSATO BILL CLINTON E TONY BLAIR
Vi mostriamo inoltre il video shock dove Mario Monti spiega che gli stati devono cedere la propria sovranità all'Europa dei tecnocrati (VIDEO: Mario Monti spiega la cessione di sovranità)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Il Foglio
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CHI E' ANDREA RICCARDI E PERCHE' E' DIVENTATO MINISTRO NEL GOVERNO MONTI?
Ecco la biografia non autorizzata che nel 1998 svelò tutti i retroscena della Comunità di Sant'Egidio
Autore: Sandro Magister - Fonte: Settimo Cielo
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LA BONINO PRETENDE DI INSEGNARE IL VANGELO AL PAPA E SI CONSIDERA ANCHE ESPERTA DI STORIA DELLA CHIESA
Ripetuta ancora la falsa immagine di San Francesco pauperista, nemico dei beni temporali della Chiesa, un ribelle all'autorità ecclesiastica, quasi uno scismatico mancato
Autore: Luca Negri - Fonte: La Bussola Quotidiana
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LETTERE ALLA REDAZIONE
Pubblichiamo alcune mail che ci hanno inviato i nostri lettori
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA II DOMENICA DELL'AVVENTO - ANNO B - (Mc 1,1-8)
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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A BRESCELLO UNA DONNA PRESA A MARTELLATE E UCCISA DAL MARITO MOHAMED AL-ARYANI PERCHE' VOLEVA DIVENTARE CRISTIANA
Ecco i casi analoghi di conversioni punite con la morte: non è ammissibile che questo accada in Italia!
Autore: Valentina Colombo - Fonte: Corrispondenza Romana, 27 novembre 2011
Hina Salem, Sanaa Dafani, Begum Shnez e ora Rachida Radi, tutte uccise perché volevano semplicemente essere se stesse. Colpevoli di volere un fidanzato italiano, colpevoli di volere vivere "all'occidentale", colpevoli di togliersi il velo, colpevoli di lasciare il marito. L'ultima vittima in ordine di tempo è Rachida Razi, 35 anni, marocchina, che lo scorso 19 novembre, a Brescello in provincia di Reggio Emilia, è stata presa a martellate e uccisa dal marito, Mohamed al-Aryani. Rachida aveva deciso di separarsi dal marito che già in passato aveva denunciato per maltrattamenti. Rachida aveva anche iniziato a frequentare la parrocchia, dove per arrotondare faceva qualche lavoretto, ma dove soprattutto incontrava persone, incontrava il mondo esterno. Rachida si era tolta il velo, voleva imparare l'italiano e a detta dei volontari che lavorano in parrocchia aveva anche iniziato un "percorso verso una nuova vita", una nuova fede. In poche parole è stata brutalmente uccisa l'ennesima donna che voleva integrarsi nel paese che l'aveva accolta. Non è il primo cittadino marocchino che si avvicina alla nostra fede. L'islam popolare marocchino, con una forte devozione dei santi, è forse il più vicino alla spiritualità cristiana. Purtroppo, l'avvicinamento al cristianesimo, per non parlare della conversione da parte di un musulmano ha sempre il risvolto tragico: la condanna a morte. Se il Corano non è esplicito nella pena, le raccolte di detti di Maometto sono molto chiare. Nella raccolta di Bukhari (52, 260) che è considerata una raccolta di hadith puri e quindi è una delle fonti del diritto islamico. Sempre in Bukhari leggiamo: "L'Inviato di Dio non ha mai ucciso se non innanzi a una delle tre seguenti situazioni: 1. Una persona che ne aveva uccisa un'altra ingiustamente, fu uccisa; 2. Una persona sposata che ha commesso adulterio; 3. Un uomo che ha combattuto contro Dio e il Suo Inviato e che ha rinnegato l'islam per diventare un apostata" (83,37); "Chiunque apostati l'islam, uccidetelo" (84, 57); "Un uomo che abbraccia l'islam e che dopo ritorna all'ebraismo deve essere ucciso secondo il giudizio di Dio e del Suo Inviato" (89, 271); "L'Inviato di Dio ha detto: 'Negli ultimi giorni ci saranno dei giovani stupidi che parleranno bene, ma la cui fede non uscirà dal cuore e lasceranno la religione come una freccia che sbaglia mira. Allora ovunque li troviate, uccideteli, perché chiunque li uccide riceverà la giusta ricompensa nel Giorno del giudizio" (84, 64-65). Non a caso già nel 2007 a Vigevano in provincia di Pavia un marocchino convertito che aveva esposto la bandiera del Vaticano per accogliere il Pontefice era stato preso a sassate da un gruppo di egiziani. Nel 2009 Mohamed Echamali, 29 anni, raccontava la sua angoscia quotidiana in carcere, in quanto convertito e chiedeva disperatamente aiuto: "Adesso mi trovo nel carcere di Aosta ma fra pochi giorni sarò trasferito perché non posso più stare qui: i detenuti connazionali mi hanno picchiato con rabbia soltanto perché vado in chiesa e non ho fatto il Ramadan come tutti loro". Sempre nel 2009 Said Bouidra, un giovane di 22 anni immigrato dal Marocco, che voleva convertirsi al cattolicesimo si è impiccato a Civitavecchia. Il giovane stava vivendo un dramma personale in quanto era fortemente osteggiato dalla famiglia che era contraria alla sua conversione e già erano ricorsi a minacce e a percosse fisiche. Ci sono poi casi di conversioni, inizialmente tormentate, ma aiutate da un marito e da una cerchia di amici italiani. E' il caso di Rachida Kharraz che nel 2009 decide di battezzarsi pubblicamente, con l'orgoglio e la convinzione di chi è forte della propria fede e, come dice lei, con la forza della protezione della Madonna che sin da piccola sognava. Purtroppo a Rachida Radi un allontanamento dal marito e un avvicinamento alla parrocchia sono costati la vita. E' inaccettabile, insopportabile che questo accada in Italia, in Europa e che tutti noi ci risvegliamo solo innanzi a un atroce omicidio. Ogni volta si condanna, ma nulla cambia. Lo Stato dovrebbe prendere delle misure severe, nette al fine di evitare queste tragedie. Le donne immigrate sono le principali vittime. Bisognerebbe monitorare più attentamente le denunce sporte alla polizia e ai carabinieri, non trascurare nulla perché le donne immigrate non sono donne di seconda categoria. Bisognerebbe coinvolgerle sempre più nella vita quotidiana con corsi di lingua italiana, nel percorso scolastico dei figli obbligandole a recarsi ai colloqui con gli insegnanti, bisognerebbe sensibilizzare insegnanti, medici e istituzioni affinché denuncino casi sospetti laddove la donna non abbia il coraggio di ammettere una violenza. Solo Rachida sa cosa serbava in cuore, ma l'ipotesi di un'eventuale conversione diventa plausibile nel momento in cui nessuno della sua famiglia abbia ancora reclamato la salma accresce il sospetto che la donna stesse davvero iniziando un percorso di fede nuovo. Non è ammissibile il delitto d'onore, non è ammissibile la condanna a morte per apostasia, non è soprattutto ammissibile che tutto questo accada in Italia. Bisognerebbe prevedere una modifica del codice penale, ovvero introdurre l'aggravante per i reati commessi per ragioni o consuetudini etniche, religiose o culturali. Bisognerebbe fare in modo che nessuno possa essere privato della vita in nome della libertà né tantomeno in nome della religione. Bisognerebbe avviare un progetto a livello nazionale che protegga queste donne, che le faccia sentire al sicuro, affinché abbiano il coraggio di uscire allo scoperto, di denunciare e di vivere. Bisognerebbe avviare dei programmi di formazione che insegnino agli uomini immigrati che l'onore non si difende con l'omicidio, che non c'è giustificazione alcuna, né religiosa né culturale, alla morte. Bisognerebbe iniziare a punire severamente, senza alcuna attenuante culturale, non solo chiunque uccide, ma chiunque minacci, maltratti la propria moglie, la propria figlia, la propria sorella. Bisognerebbe prevedere una pena per chiunque minacci di morte un uomo o una donna perché ha intenzione di cambiare religione. E' giunto il momento di dimostrare che l'Italia non vuole più lo spargimento di altro sangue innocente né le nuove catacombe per i convertiti dall'islam.
Fonte: Corrispondenza Romana, 27 novembre 2011
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PUBBLICITA' BLASFEMA: GESU' CROCIFISSO PER VENDERE AURICOLARI BLUETOOTH
Clamoroso! L'Agcom archivia il caso: nessuna sanzione
Fonte Avvenire, 19/11/2011
Un ragazzotto muscoloso e barbuto è legato alla testata del letto in una posa ispirata all'iconografia della crocifissione di Gesù. E non ci sono più dubbi che sia proprio quel martirio il riferimento a cui si allude, quando una escort ben piantata e in abbigliamento sadomaso si avvicina armata di frustino: a quel punto, l'uomo alza gli occhi al cielo e chiede aiuto al Padre. Nell'orecchio ha un auricolare bluetooth: perché il filmato è una pubblicità di pessimo gusto degli articoli prodotti da Nodis, cuffie e - appunto - auricolari. Secondo l'Agicom, l'autorità per le garanzie nell comunicazioni, lo spot va bene così: quando la pubblicità apparve in televisione, l'Aiart presentò una denuncia alla Procura della Repubblica di Roma giudicando "offensivo il collegamento con icone e simboli propri del culto cristiano". L'Agcom ha esaminato il caso il 17 novembre scorso e ha deciso di archiviarlo senza alcuna sanzione. «Forse – afferma più preoccupato che indignato Luca Borgomeo, presidente dell'Aiart, l'associazione di telespettatori – è questo il primo effetto del decreto Romani che, com'è noto, non prevede più alcuna sanzione per la blasfemia in tivù». L'offesa, non sanzionata, al sentimento religioso dell'utente televisivo solleva parecchi – e inquietanti – interrogativi sulle garanzie e i diritti fondamentali dei cittadini e ancor di più sul livello etico e culturale di un'intera comunità: «Ed è motivo di preoccupazione – continua Borgomeo – il fatto che l'Agcom non abbia ritenuto dannoso lo spot blasfemo nemmeno per quanto riguarda la tutela dei minori, non solo quelli che hanno ricevuto una educazione cattolica, ma tutti i minori ai quali si trasmette un messaggio devastante. E cioè che offendere i sentimenti religiosi è cosa lecita».
Fonte: Avvenire, 19/11/2011
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BELLISSIMO VIDEO: QUANDO ARRIVA IL BRUTTO TEMPO, A COSA SERVE LAMENTARSI? CERCATI UN OMBRELLO... E SE NON LO TROVI, FATTELO!
Mario Melazzini (''di inguaribile c'è solo la mia voglia di vivere'') e Carlo Marongiu: due persone fantastiche che nella malattia hanno trovato il senso della vita e lo raccontano a noi sani
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 16/11/2011
Se potessi mangiare, per dire, cartoncino bristol, potrei fare la spesa una volta ogni due mesi, cucinare sempre meno e con gli avanzi fare i lavoretti di Natale. Purtroppo, infatti, ho la sensibilità gastronomica di una ruspa e il cibo per me è principalmente una massa da ingerire rapidamente per generare calorie con cui fare le cose e soprattutto curarmi delle persone che mi stanno a cuore. Questo a parte alcuni miracoli della natura come il salame, i canestrelli biellesi e il cheese cake della mia tata, che consumo a metri cubi, a camion direi. Lo so, sono una persona ignobile, tanto più che sono una madre di famiglia, e della mia inettitudine risentono i miei cari. E' chiaro che una persona tanto spregevole non può azzardarsi a parlare di Bengodi, il sontuoso nuovo libro di Camillo Langone, appena uscito per la Marsilio. Un libro scritto benissimo, e in più dal caro amico al quale devo la decisione di provare a mettere insieme Sposati e sii sottomessa. [...] Ma poiché Bengodi è un libro pieno di senso religioso, se religio prima di tutto significa scrupolosità, coscienziosità, aderenza alla realtà e solo poi rimanda al timore di Dio, la sua lettura mi ha richiamato al cuore altre due opere che come quella di Camillo raccontano dell'urgenza di vivere secondo religio. Di fare le cose, che sia mangiare, bere o vivere, bene e seriamente. Il primo è il documentario di Emmanuel Exitu su Mario Melazzini. Si chiama "Io sono qui" – titolo meraviglioso – e racconta la storia di questo primario di Pavia che un giorno andando in bicicletta si vide scivolare il piede dal pedale, e pensò semplicemente di avere i riflessi un po' annebbiati dalla stanchezza. Non capì subito di avere la Sla, una malattia terribile che porta alla paralisi progressiva e alla morte. Il documentario racconta una settimana nella vita combattiva di Melazzini, che dopo un periodo di ribellione e rabbia (ne ripercorre le tappe anche il libro che ha scritto con Marco Piazza per la Lindau) si è rimboccato le maniche e ha messo le sue gigantesche capacità di medico al servizio della lotta alla malattia, riuscendo a rallentarla per sé, e combattendo la stessa battaglia con tutti i malati che assiste dalla mattina alla sera, nonostante la sedia a rotelle e la fatica di respirare. La telecamera lo segue discretamente, senza mai essere invadente, niente musica melensa, niente frasi moraleggianti, solo la forza di una vita accettata e poi spesa per gli altri. "Io sono qui, dice Melazzini, e nonostante i limiti questa è una cosa meravigliosa. Noi apparteniamo a Qualcuno." Nel suo Diario, Anna Frank, alla mamma che le diceva "pensa a chi sta peggio di noi, e consolati", rispondeva che lei preferiva pensare piuttosto a chi era felice, ai campi assolati e fioriti, perché questo la rendeva più serena. Ecco, vedere il documentario mi ha ricordato quella caparbia voglia di vivere contro ogni circostanza sfavorevole, e di farlo bene. Anzi, meglio di prima: "prima io volevo guarire i miei pazienti, adesso li voglio curare", dice il medico. E poi, a un malato preso da scoramento, con la massima normalità aggiunge: "Basta tararsi di nuovo, fare i conti con la nuova situazione e piano piano ripartire". Ecco, bisogna vincere un po' di resistenza, avere il coraggio di pigiare play sul dvd: dopo non si avrà mai più la tentazione di fare una vita svaccata, al minimo. Alla sofferenza, questo mistero, ci si può ribellare. Oppure si può decidere, grazie a non so quali risorse segrete (spero che siano contenute anche nel salame, eventualmente), di stare docilmente sotto terra a farsi maciullare, per dare frutto. Io ho un'amica molto cara che a un certo punto si è resa docile alla sua malattia, ed è diventata una delle persone migliori che abbia mai conosciuto. Mi rimane solo il rammarico che adesso che sta portando frutto siamo tanto tanto lontane, mentre quando eravamo vicine io ero una ragazzina ottusa, e lei forse non era ancora così bella. Qualche tempo fa un amico mi ha mandato un altro libro scritto da un malato, sempre di Sla: un pompiere di Narbolia, in provincia di Oristano, che si chiamava Carlo Marongiu. Nel '97 gli viene diagnosticata la malattia, che racconta nel suo "Pensieri di uno spaventapasseri", un libro che meriterebbe il Pulitzer, se non altro per come è stato scritto: Carlo guardava le lettere su un foglio di carta e la moglie, Mirella Firinu, vedeva le le lettere indicate e componeva le frasi dettate dal marito. Un marito a cui dispiace disturbare tanto in casa ("devo sopportare tutto, perché un malato è già fastidioso di per sé, figurarsi quando si lamenta"), ma che nonostante tutto vuole vivere, anche solo per gioire per le Ave Maria sentite recitare in dialetto sardo dentro la grotta di Lourdes, per consigliare pazientemente i figli (sempre col faticoso metodo di guardare le lettere sul cartellone). Nella sua immobilità si sente simile a uno spaventapasseri. "Non pensiamo mai di chiedere qualcosa a Dio, neanche quando abbiamo bisogno e facciamo come se non esistesse. Quando andiamo nella sua casa non ci prepariamo all'incontro, e siamo sempre talmente distratti che ci dimentichiamo spesso persino di salutarlo. Penso decisamente che anche Dio più di una volta deve sentirsi uno spaventapasseri".
Nota di BastaBugie: per richiedere una o più copie del libro di Carlo Marongiu "Pensieri di uno spaventapasseri" (6 euro, pagine 157) occorre scrivere a Carlo Marongiu, viale Emilio Lussu 13, 09070 Narbolia (Or). Il ricavato della vendita andrà in beneficenza. Garantiamo che è veramente bello!
Inoltre consigliamo la visione del seguente filmato: http://www.youtube.com/watch?v=yH7q7K7iKNg
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PER SCONFIGGERE LA CULTURA DELLA MORTE E' NECESSARIO RICOSTRUIRE UNA CULTURA DELLA VITA
Ecco perché giustamente il neonatologo Carlo Bellieni ricorda ai cattolici l'importanza della militanza culturale
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25-11-2011
L'ottimo e coraggioso articolo di Carlo Bellieni sulla Bussola Quotidiana del 22 Novembre ha suscitato un discreto numero di polemiche. Questo accade ormai molto spesso nel mondo pro life italiano, ed è ben comprensibile. Quarant'anni di confusione, di ambiguità, di strani compromessi verbali e non solo, di confusione tra movimento e politica ecc., hanno generato sospetti, diffidenza, talora anche quando ciò non è né giusto né opportuno. Eppure l'articolo di Bellieni è importantissimo e non può essere lasciato cadere. Anzitutto per l'autore: un medico di fama, un vero pro life, che ci mette da anni impegno, passione e competenza. In secondo luogo per il contenuto, per capire il quale occorre fare uno sforzo: contestualizzare. Come occorre fare sempre. Proviamo a farlo. Carlo Bellieni è uno dei 5 membri del direttivo di Scienza a Vita. Ha scritto il suo articolo dopo l'ultimo convegno della sua Associazione, "Scienza e cura della vita: educazione alla democrazia", a cui hanno partecipato il cardinal Bagnasco, e vari politici italiani, più o meno vicini a certe tematiche (Maroni e Bersani, per esempio, sono lontanissimi dall'essere pro life...Maroni, anzi, è forse uno dei più lontani, all'interno della Lega, a differenza di Cota e Polledri, tanto per fare un esempio). Incontro con i politici significa parlare di leggi, ed in particolare, in questo momento, della legge di cui Bagnasco e Scienza e Vita sono stati tra i promotori: quella, molto ambigua, sul testamento biologico. Vera anticamera, per molti, dell'eutanasia. Ma non è questo di cui si vuole parlare. Parlare di leggi, ha scritto Bellieni, non basta: "Ora è il caso di domandarci se questo basta. Cioè se quello che davvero occorre alla gente è solo il dialogo con i vertici della politica. E se davvero basta fare "buone leggi" per fare crescere un popolo. Probabilmente c'è dell'altro. Certamente c'è dell'altro". Bellieni non ha dunque detto che non occorrono leggi giuste; non ha neppure scritto, ma certi sottintesi si possono intuire, che la legge in questione oggi, quella sul testamento biologico, non è poi così opportuna; neppure ha voluto dire che Bersani e compagnia, forse, non sono proprio i più adatti a parlare di certe cose... Ha solo detto: la legge non basta! Ovvio: occorre l'educazione! In una società profondamente corrotta, infatti, le leggi buone non sono applicabili; mentre in una società sana, certe leggi disumane non nascono. Pensiamo alla legge sull'aborto: non fu introdotta così, dall'alto, all'improvviso. Venne, come era inevitabile, dopo il 1968, la rivoluzione dei costumi, una cultura radicale e comunista che era ormai molto, molto diffusa (anche se non del tutto maggioritaria). I radicali hanno prima arato il terreno, poi seminato, e poi raccolto, anche in termini di leggi. Lo stesso hanno fatto sempre i cristiani: l'indissolubilità del matrimonio, per esempio, tanto cara alla Chiesa, non è stata imposta dagli imperatori cattolici, finché non è entrata nel costume della gente, nel suo cuore. Perché era stata insegnata, predicata, compresa... Così il rispetto per la vita dei bambini, sconosciuto nel mondo antico, non è nato con le leggi di Costantino, ma semmai è stato prima preparato da secoli di discussione, e poi aiutato, ma non del tutto raggiunto, dalle leggi suddette. Lo stesso per la schiavitù: chi conosce questa pagina di storia sa bene che la Chiesa ha estirpato questa pratica dall'Europa non anzitutto con le leggi, che sono venute molto molto tardi, ma insegnando all'uomo la dignità umana dei figli di Dio, la comune paternità del Creatore. Giustamente, dunque, Bellieni ha fatto notare che accanto al dialogo con certi politici, la Chiesa e il mondo pro life deve anzitutto, chè non lo hanno ancora fatto, "far crescere un popolo". Cioè rieducare a tutti quei valori senza i quali non potremmo mai sconfiggere, così, con una bacchetta magica, l'aborto legale: pudore, fedeltà, senso dell'onore, della responsabilità, della famiglia, del peccato.... Se la Chiesa e il mondo pro life non fanno questo, a nulla servono i convegni con i politici e a nulla servirebbe, persino, una bellissima legge contro l'eutanasia: perché se si continua in questa direzione culturale, una buona legge sull'eutanasia, quand'anche ci fosse, non servirebbe a nulla. Verrebbe distrutta e resa inapplicabile dalla cultura dominante, dai magistrati, dai medici, dalle persone stesse.... Cosa fanno i sostenitori dell'eutanasia? Scrivono libri, girano, fanno incontri, a tappeto...Beppino Englaro è portato in giro come la Madonna pellegrina, a destra e a manca, mentre i cattolici, per lo più, stanno a guardare. E noi pro life? Un incontro ogni tanto a Roma, con Bagnasco e qualche politico. Incontro in cui - qui parlo io, non Bellieni - si chiede alla politica una sorta di favore, una tantum, mentre nelle Chiese, ogni domenica, quasi nessuno parla della vita, dell'aborto, dell'eutanasia... Mentre la gran parte dei preti, dei catechisti sposano spesso posizioni eterodosse... mentre i cattolici sono sovente i primi a non credere ai valori non negoziabili... Iniziamo, cari vescovi della Cei, a rimotivare un popolo, a ricostruire una cultura della vita, a fare anche spiccia propaganda. Altrimenti con le tavole rotonde annuali, chiunque sia seduto al tavolo, non si ottiene nulla! L'esempio è sempre quello della Croazia: con la legge abortista comunista, invariata da anni, e con una martellante campagna di educazione e di propaganda pro life sulla vita del nascituro, sulla sua dignità, sul senso del matrimonio, ecc.., gli aborti sono diventati pochissimi. Senza toccare la legge, che un giorno, si spera, verrà abolita del tutto. Oggi un movimento pro life ha questo grande compito: non è oggi in grado di abrogare la 194, per esempio, con un referendum. L'abrogazione rimane certamente l'orizzonte verso cui muoversi, ma l'obiettivo va raggiunto sradicando la 194 dal cuore della gente, dai media, della cultura dominante... Come i voti si conquistano uno per uno, così le battaglie culturali non si vincono a buon mercato, chiedendo favori al politico di turno. Non arriverà mai se non il compromesso, o qualche piccola vittoria di Pirro. Grazie a Bellieni di avercelo ricordato.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 25-11-2011
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PAURA DI ESSERE SEPOLTI VIVI? LA REGIONE VENETO PREVEDE 24 ORE DI VIGILANZA SUL MORTO
Sempre più numerosi i dubbi sulla morte cerebrale come criterio valido per decretare la morte
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana, 22/11/2011
Stravagante delibera della giunta regionale veneta con cui viene reso obbligatorio l'uso di «apparecchiature di rilevazione e segnalazione a distanza per la sorveglianza del cadavere, anche ai fini del rilevamento di eventuali manifestazioni di vita», nelle «case funerarie» delle pompe funebri e nelle «sale del commiato» (gestite da privati ma anche da pubblici, come i Comuni). L'assessore alla sanità, Luca Coletto, spiega le ragioni del provvedimento: «la paura di essere sepolti vivi è un problema sociale e noi lo risolviamo, anche perché la legge nazionale prevede 24 ore di vigilanza dal momento della dichiarazione del decesso. Non costa nulla alle casse pubbliche, le dotazioni riguardano strutture private gestite dalle imprese funebri. E poi il monitoraggio serve pure a non sbagliare le misure della bara, che spesso non entra nel loculo perché per esempio le maniglie sono troppo grandi». Gino Mario De Faveri, tecnico del Dipartimento regionale di Prevenzione e componente del team di esperti consultato dalla giunta – aggiunge – «Abbiamo solo disciplinato il privato. Da sempre è previsto il monitoraggio del cadavere, che non deve essere necessariamente video, nella delibera non ne è indicato il tipo. Ogni gestore può scegliere il più idoneo, come il campanello. Dobbiamo salvaguardare eventuali manifestazioni di vita». Il curioso provvedimento ha scatenato la "sospetta" reazione indignata della classe medica e soprattutto degli anestesisti che attraverso il loro segretario nazionale fanno sapere che «Non vale la pena spendere soldi per queste cose, i medici che compilano il certificato di morte hanno la matematica certezza che sia avvenuta» (affaritaliani.it del 10 novembre 2011) Ma corrisponde al vero la perentoria affermazione del segretario nazionale degli anestesisti e – cioè che – «una volta compilato il certificato di morte da una equipe di medici possiamo avere la certezza matematica dell'avvenuto decesso del paziente?» In effetti, i segni inequivocabili della morte sono sempre stati individuati nell'arresto cardiocircolatorio e nel riscontro dell'inizio di processi putrefattivi nel cadavere (ad esempio il rigor mortis), tanto che un tempo erano obbligatorie almeno 24 ore di osservazione, da protrarsi fino a 48 nel caso di morte improvvisa o di dubbio di morte apparente. Tuttavia, l'utilizzo di un tale metodo di riscontro che può essere considerato certo ed oggettivo non è "compatibile" con l'espianto degli organi vitali, dal momento che in questo modo essi risultano irrimediabilmente compromessi (causa la mancata ossigenazione dei tessuti) e dunque inutilizzabili. Per tale motivo, nel 1968 un Comitato di scienziati istituito dalla Harward Medical School propose un nuovo metodo di accertamento della morte non più fondato sulla definitiva cessazione di tutte le funzioni vitali dell'organismo bensì solamente di quelle cerebrali: il cosiddetto "coma irreversibile". Da quel momento la morte cerebrale è divenuto il criterio di riferimento utilizzato in tutti i Paesi del mondo. Eppure, che tale criterio non sia né oggettivo né definitivo è dimostrato dal fatto che i complessi accertamenti neurologici che ne sono alla base possono variare da Stato a Stato: in alcuni Paesi si fa riferimento alle funzioni del solo tronco encefalico, in altri a quelle dell'intero encefalo. C'è da rilevare, inoltre, la presenza di numerosi casi di diagnosi sbagliate o "affrettate" (persone date per morte e uscite dal coma), benché tenuti ben nascosti oppure minimizzati dai mezzi di comunicazione di massa. Un altro dato invita alla riflessione: nell'intervento chirurgico d'asportazione degli organi viene somministrata la stessa anestesia generale che si impiega per qualsiasi altra operazione. È coerente e logico anestetizzare un morto e somministrargli farmaci paralizzanti, come è di prassi negli interventi di espianto? Il discorso è complesso e merita ben altro approfondimento, tuttavia è possibile affermare che i nuovi criteri di accertamento della morte sono evidentemente viziati dalla necessità di favorire gli espianti d'organi vitali e non poggiano su solide basi scientifiche. La reazione scomposta e sproporzionata della classe medica all'innocuo provvedimento della giunta veneta sta a testimoniare che gli interessi in gioco sono tali da non permettere che si devi in alcun modo dal sentiero tracciato e si vada così ad incrinare il mito della morte cerebrale che abbisogna di un consenso acritico e senza sbavature per sopravvivere ed autoalimentarsi.
Fonte: Corrispondenza Romana, 22/11/2011
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LA COMUNIONE RICEVUTA SULLA LINGUA E IN GINOCCHIO
Dal 2008 Benedetto XVI ha ripreso l'antichissima tradizione per evitare al massimo la dispersione dei frammenti eucaristici e favorire la crescita della devozione dei fedeli verso la presenza reale di Cristo nel sacramento
Fonte Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa
La più antica prassi di distribuzione della Comunione è stata, con tutta probabilità, quella di dare la Comunione ai fedeli sul palmo della mano. La storia della liturgia evidenzia, tuttavia, anche il processo, iniziato abbastanza presto, di trasformazione di tale prassi. Sin dall'epoca dei Padri, nasce e si consolida una tendenza a restringere sempre più la distribuzione della Comunione sulla mano e a favorire quella sulla lingua. Il motivo di questa preferenza è duplice: da una parte, evitare al massimo la dispersione dei frammenti eucaristici; dall'altra, favorire la crescita della devozione dei fedeli verso la presenza reale di Cristo nel sacramento. All'uso di ricevere la Comunione solo sulla lingua fa riferimento anche san Tommaso d'Aquino, il quale afferma che la distribuzione del Corpo del Signore appartiene al solo sacerdote ordinato. Ciò per diversi motivi, tra i quali l'Angelico cita anche il rispetto verso il sacramento, che «non viene toccato da nessuna cosa che non sia consacrata: e quindi sono consacrati il corporale, il calice e così pure le mani del sacerdote, per poter toccare questo sacramento. A nessun altro quindi è permesso toccarlo fuori di caso di necessità: se per esempio stesse per cadere per terra, o in altre contingenze simili» (Summa Theologiae, III, 82, 3). Lungo i secoli, la Chiesa ha sempre cercato di caratterizzare il momento della Comunione con sacralità e somma dignità, sforzandosi costantemente di sviluppare nel modo migliore gesti esterni che favorissero la comprensione del grande mistero sacramentale. Nel suo premuroso amore pastorale, la Chiesa contribuisce a che i fedeli possano ricevere l'Eucaristia con le dovute disposizioni, tra le quali figura il comprendere e considerare interiormente la presenza reale di Colui che si va a ricevere (cf. Catechismo di san Pio X, nn. 628 e 636). Tra i segni di devozione propri ai comunicandi, la Chiesa d'Occidente ha stabilito anche lo stare in ginocchio. Una celebre espressione di sant'Agostino, ripresa al n. 66 della Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI, insegna: «Nessuno mangi quella carne [il Corpo eucaristico], se prima non l'ha adorata. Peccheremmo se non l'adorassimo» (Enarrationes in Psalmos, 98,9). Stare in ginocchio indica e favorisce questa necessaria adorazione previa alla ricezione di Cristo eucaristico. In questa prospettiva, l'allora cardinale Ratzinger aveva assicurato che «la Comunione raggiunge la sua profondità solo quando è sostenuta e compresa dall'adorazione» (Introduzione allo spirito della liturgia, Cinisello Balsamo, San Paolo 2001, p. 86). Per questo, egli riteneva che «la pratica di inginocchiarsi per la santa Comunione ha a suo favore secoli di tradizione ed è un segno di adorazione particolarmente espressivo, del tutto appropriato alla luce della vera, reale e sostanziale presenza di Nostro Signore Gesù Cristo sotto le specie consacrate» (cit. nella Lettera This Congregation della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, del 1° luglio 2002: EV 21, n. 666). Giovanni Paolo II nella sua ultima enciclica, Ecclesia de Eucharistia, ha scritto al n. 61: «Dando all'Eucaristia tutto il rilievo che essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono. Ci invita a questo una tradizione ininterrotta, che fin dai primi secoli ha visto la comunità cristiana vigile nella custodia di questo "tesoro". [...] Non c'è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché "in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza"». In continuità con l'insegnamento del suo Predecessore, a partire dalla solennità del Corpus Domini del 2008, il Santo Padre Benedetto XVI ha iniziato a distribuire ai fedeli il Corpo del Signore, direttamente sulla lingua e stando inginocchiati.
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Fonte: Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Papa
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NAPOLITANO SALVATORE DELLA PATRIA?
Ecco il Governo Monti e la cittadinanza agli stranieri
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 24-11-2011
Che quella italiana da repubblica parlamentare si stesse trasformando in repubblica presidenziale era già evidente da tempo. Almeno sin dall'intervento irrituale del presidente Giorgio Napolitano che impedì al governo di emanare un decreto che avrebbe salvato la vita di Eluana Englaro. Da allora gli interventi di Napolitano – pareri preventivi, messaggi trasversali, richieste di chiarimenti, pressioni di vario genere - si sono fatti sempre più frequenti e hanno interferito notevolmente nelle attività di governo. Al punto che di fatto – anche se non nella forma – nessun atto del governo aveva possibilità di farcela se non era d'accordo Napolitano. Rovesciando in questo modo l'articolo 89 della Costituzione che prevede invece che siano i ministri a dare legittimità agli atti del presidente della Repubblica. A ciò hanno sicuramente contribuito anche i leader dell'opposizione – politica e sociale – e la grande stampa che invocavano a ogni piè sospinto l'intervento di Napolitano per bloccare le iniziative del governo. Peraltro negli ultimi tempi del governo Berlusconi l'appello a Napolitano era diventato uno sport di massa: lo ha fatto addirittura anche il Forum delle Associazioni familiari per chiedere una politica più equa nei confronti della famiglia, non rendendosi conto di avere a che fare con un signore che non ci penserebbe due volte a firmare una legge a favore delle unioni di fatto qualora gliela presentassero (e magari tra un po' la invocherà). Ma nelle ultime settimane questa tendenza si è definitivamente consolidata: dapprima con la formazione del governo Monti, che non a caso in molti hanno chiamato il "governo del Presidente", e poi l'altro giorno con l'invito a procedere speditamente per concedere la cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia. Quanto al governo, il capo dello Stato ha mostrato grande abilità nel vestire i panni del salvatore della Patria in un momento di grave crisi (e così l'ha descritto la grande stampa), ma in realtà egli è stato piuttosto il regista di una operazione che viene da lontano: ha lentamente ma inesorabilmente ingabbiato l'azione del governo – che peraltro riusciva benissimo già da solo a farsi del male – per poi pilotare il suo superamento con un altro governo. Tecnico, come a dire "neutro": in realtà, non solo ha fatto in modo che raccogliesse una maggioranza plebiscitaria, comunque ben diversa dall'indicazione emersa dalle urne tre anni fa; ma ha addirittura ispirato un ministero (quello della Coesione territoriale, un assoluto inedito in Italia) in aperto contrasto con quell'idea di federalismo che aveva contraddistinto il governo Berlusconi e per il quale – piaccia o no – era anche stato votato. Ma una volta insediato Monti, Napolitano ha pensato bene di avocare a sé anche la funzione legislativa – di cui ovviamente la Costituzione non fa cenno – affermando con forza la necessità che il Parlamento approvi in fretta una legge per concedere la cittadinanza ai figli di stranieri che nascono sul nostro territorio (anche questo punto in aperto contrasto con la maggioranza uscita dalle elezioni e che non è ancora decaduta). In questa sede, non importa sapere se la proposta di Napolitano sia o meno condivisibile (ne parleremo in un altro articolo), quello che va rilevata è l'assoluta inappropriatezza di interventi del genere: definire "follia" l'attuale legislazione in materia di cittadinanza non può rientrare in alcun modo nei compiti previsti del capo dello Stato. Allo stesso modo non si può tollerare che il capo dello Stato assuma poteri di indirizzo legislativo in qualsivoglia materia. E dovrebbero rendersene conto tutti quei giornali – anche non di sinistra – che incensano Napolitano a ogni pie' sospinto. Addirittura in questi giorni abbiamo assistito a una ulteriore esaltazione del capo dello Stato, con una gara fra diversi quotidiani per presentare brani del libro in uscita di Napolitano sui 150 anni d'Italia. E anche questa, a dire il vero, è una bella metafora: l'elezione a simbolo dell'unità d'Italia di un uomo, rispettabile e signorile quanto si voglia, che però ha costruito la sua carriera politica a servizio di una potenza straniera, e senza mai pronunciare neanche una parola di autocritica.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 24-11-2011
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LE SOCIETA' SEGRETE A CUI APPARTIENE MARIO MONTI: INSIEME A ENRICO LETTA E MARIO DRAGHI... E IN PASSATO BILL CLINTON E TONY BLAIR
Vi mostriamo inoltre il video shock dove Mario Monti spiega che gli stati devono cedere la propria sovranità all'Europa dei tecnocrati (VIDEO: Mario Monti spiega la cessione di sovranità)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Il Foglio, 24 novembre 2011
Nel suo stellare curriculum il Professor Mario Monti vanta anche studi esteri. Trascorre un anno presso la prestigiosa Università di Yale (U.S.A.), dove diventa allievo di James Tobin, Premio Nobel per l'economia nel 1981. Non abbiamo prove di una sua affiliazione alla Skull and Bones, la celeberrima e potente società segreta di ispirazione mondialista che dal 1832 ha sede presso quel prestigioso ateneo statunitense. Abbiamo però la prova che il professore varesino rappresenti un autentico apostolo del pensiero mondialista. Tre inequivocabili circostanze lo attestano. Mario Monti è membro del Bilderberg Group. La notizia è passata sui media con una certa nonchalance, dovuta più che altro alla non conoscenza, da parte del pubblico comune, della natura di tale sodalizio. Istituito nel 1954 presso castello olandese di Bilderberg, questo esclusivissimo club si ritrova segretamente ogni anno per decidere del futuro dell'umanità. Si tratta dei centrotrenta uomini più potenti e influenti del mondo riuniti in una stessa stanza, che guardie armate tengono lontana da occhi indiscreti. In più di cinquant'anni d'incontri è sempre stata vietata la presenza della stampa, non sono mai state rilasciate dichiarazioni sulle conclusioni degli intervenuti, e non è mai stato svelato l'ordine del giorno. A prescindere da cosa realmente accada in quel segreto consesso, il solo fatto di come si svolga e di chi lo componga lascia alquanto perplessi, e non risponde certo ad una logica di democrazia e trasparenza. Fino all'ultimo momento resta occulto il luogo degli incontri e si interviene solo su espresso invito, che non può essere pubblicamente divulgato, pena la mancata partecipazione Per comprendere meglio di cosa si tratti è sufficiente leggere quanto sul tema ha scritto William Vincent Shannon, non esattamente un paranoico complottista, ma un prestigioso giornalista, redattore del New York Times e ambasciatore degli Stati Uniti in Irlanda durante la Presidenza Carter (1977-1981): «I membri del Bilderberg stanno costruendo l'era del post-nazionalismo: quando non avremo più paesi, ma piuttosto regioni della terra circondate da valori universali. Sarebbe a dire, un'economia globale; un governo mondiale (selezionato piuttosto che eletto) e una religione universale. Per essere sicuri di raggiungere questi obiettivi, i Bilderbergers si concentrano su di un "approccio maggiormente tecnico" e su di una minore consapevolezza da parte del pubblico in generale». Del resto, lo stesso fondatore del Bilderberg Group, il principe Bernardo d'Olanda, sul punto era stato chiaro: «E' difficile rieducare gente allevata al nazionalismo all'idea di rinunciare a parte della loro egemonia a favore di un potere sopranazionale». Onesto, a suo modo, è stato pure David Rockfeller – altro Bilderberg di razza –, il quale ha lasciato scritto nelle sue Memorie (2002): «Alcuni credono che facciamo parte di una cabala segreta che manovra contro gli interessi degli Stati Uniti, definendo me e la mia famiglia come "internazionalisti", e di cospirare con altri nel mondo per costruire una più integrata struttura politico-economica globale, un nuovo mondo, se volete. Se questa è l'accusa, mi dichiaro colpevole, e sono orgoglioso di esserlo». Il giornale londinese The Times, che non può certo definirsi un foglio complottista, nel 1977 descrisse i membri del Bilderberg Group come «una congrega dei più ricchi, dei più economicamente e politicamente potenti e influenti uomini nel mondo occidentale, che si incontrano segretamente per pianificare eventi che poi sembrano accadere per caso». A conferma di quanto avesse ragione l'autorevole quotidiano britannico si possono elencare alcune singolari coincidenze (per citare i casi più noti e più recenti) dovute a fatti accaduti dopo gli incontri del Bilderberg. Bill Clinton partecipa al meeting del 1991; vince le primarie del Partito Democratico, e da oscuro governatore dell'Arkansas diventa Presidente degli Stati Uniti nel 1992. Tony Blair partecipa al meeting del 1993; diventa il leader del Partito Laburista nel luglio del 1994, e viene eletto Primo Ministro nel maggio del 1997. George Robertson partecipa al meeting del 1998; viene nominato Segretario Generale della NATO nell'agosto del 1999. Romano Prodi partecipa al meeting del 1999; riceve l'incarico di Presidente dell'Unione Europea nel settembre del 1999, ricoprendo tale incarico fino a gennaio 2005; nel 2006 viene eletto Presidente del Consiglio dei Ministri italiano. Sembra confermata ancora una volta la saggia conclusione del Barone Denis Winston Healey, ex Ministro britannico della Difesa (1964-1970) e delle Finanze (1974-1979): «Quel che accade nel mondo non avviene per caso; si tratta di eventi fatti succedere, sia che abbiano a che fare con questioni nazionali o commerciali, e la maggioranza di questi eventi sono inscenati da quelli che maneggiano la finanza». Per chi volesse saperne di più, consiglio la lettura di un ottimo testo intitolato The true story of the Bilderberg Group, di Daniel Estulin, un libro di 340 pagine – corredato da una preziosa documentazione – che raccoglie i risultati di una indagine durata anni sull'intoccabile gruppo elitario di cui la stampa ufficiale appare sempre reticente. La seconda prova dell'indole mondialista del nostro esimio professor Monti, risiede nel fatto che egli faccia anche parte della Trilateral Commission. Anzi, per essere precisi, ricopre la carica di Presidente per l'Europa nel triennio 2010-2012. Chi ha l'avventura di accedere al sito ufficiale di quella istituzione (www.trilateral.org), troverà, infatti, una lettera di presentazione sottoscritta da Mario Monti, quale European Chair, da Joseph S. Nye, Jr., quale North American Chair, e da Yotaro Kobayashi, quale Pacific Asian Chair, con tanto di fotografia. Ufficialmente si tratta di un think-tank fondato nel 1973 da David Rockfeller con forte impronta mondialista. Il Professor Piergiorgio Odifreddi (lontanissimo per idee da chi scrive) ha invece liquidato il prestigioso pensatoio internazionale definendolo, su Repubblica (9.11.2011), «una specie di massoneria ultraliberista statunitense, europea e nipponica ispirata da David Rockefeller e Henry Kissinger». Quella di Odifreddi non rappresenta, ovviamente, l'unica voce critica nei confronti della Trilateral. Nel 1979 l'ex governatore repubblicano Barry Goldwater la descriveva come «un abile e coordinato sforzo per prendere il controllo e consolidare i quattro centri di potere: politico, monetario, intellettuale ed ecclesiastico grazie alla creazione di una potenza economica mondiale superiore ai governi politici degli Stati coinvolti». Lo scrittore francese Jacques Bordiot, sosteneva, inoltre, che per far parte della Trilateral, era necessario che i candidati fossero «giudicati in grado di comprendere il grande disegno mondiale dell'organizzazione e di lavorare utilmente alla sua realizzazione», e precisava che il vero obiettivo della Trilaterale fosse quello «di esercitare una pressione politica concertata sui governi delle nazioni industrializzate, per portarle a sottomettersi alla loro strategia globale». Il canadese Gilbert Larochelle, professore di filosofia politica presso l'Università del Quebec, nel suo interessante saggio L'imaginaire technocratique, pubblicato a Montreal nel 1990, ha definito, più semplicemente, la Trilateral come una privilegiata elite tecnocratica: «La cittadella trilaterale è un luogo protetto dove la téchne è legge e dove sentinelle, dalle torri di guardia, vegliano e sorvegliano. Ricorrere alla competenza non è affatto un lusso, ma offre la possibilità di mettere la società di fronte a se stessa. Il maggiore benessere deriva solo dai migliori che, nella loro ispirata superiorità, elaborano criteri per poi inviarli verso il basso». Il connotato resta sempre il medesimo: poca democrazia e poca trasparenza. Piccolo inciso legato all'attualità della cronaca politica: un altro italiano membro della Trilateral è l'onorevole Enrico Letta, al centro di una polemica per uno strano biglietto inviato al consociato Professor Monti. La terza prova della visione mondialista di Super Mario sta nel fatto di essere un uomo Goldman Sachs, la celebre banca d'affari fondata nel 1869 da Marcus Goldman, un tedesco di origini ebraiche immigrato negli Stati Uniti, e dal genero Samuel Sachs. Per comprendere la reale natura di tale istituzione non occorre addentrarsi nei siti complottisti. E' sufficiente leggere un autorevole quotidiano come Le Monde del 16 novembre 2011 (proprio il giorno dell'investitura di Monti a Capo del Governo), ed in particolare l'articolo del giornalista Marc Roche, corrispondente da Londra, dal titolo sintomatico: La "franc-maçonnerie" européenne de Goldman Sachs. Si tratta di una vera e propria requisitoria contro la potente banca d'affari. [...] «Confratelli, maestri e gran maestri chiamati a "spandere nell'universo la verità acquisita nella loggia"». L'articolo merita la lettura. Per Le Monde, Goldman Sachs funziona come la massoneria, in cui ex dirigenti, consiglieri ma anche trader della banca d'affari americana si ritrovano oggi al potere nei Paesi europei chiave per la gestione della crisi finanziaria. In Europa Goldman Sachs si è fatta fautrice di una forma di "capitalismo delle relazioni", e punta a piazzare i suoi uomini senza mai lasciar cadere la maschera. Può sembrare esagerato il giudizio di Le Monde, ma forse non lo è se si pensa ad un'altra singolare coincidenza. Si tratta del fatto che l'omologo greco di Mario Monti, il professor Lucas Papademos (anch'egli studi statunitensi), già vice presidente della Banca Centrale Europea (dal 2002 al 2010), ed ora tecnocrate mandato a commissariare il governo ellenico, è un altro uomo Goldman Sachs. Oltre che – guarda caso – membro anche lui della Trilateral Commission. Il panorama si fa ancora più inquietante se si considera che l'uomo Goldman Sachs più potente in Europa è Mario Draghi, l'attuale Presidente della Banca Centrale Europea. Nonostante tutte queste sinistre coincidenze, faccio ancora fatica a cedere alle suggestioni complottiste. Confesso, però, che quando ho letto sul quotidiano economico Milano Finanza che è stata proprio Goldman Sachs a innescare l'ondata di vendite di Btp il 10 novembre scorso, un pensiero cattivo mi ha attraversato la mente. Sarà forse perché il giorno prima, 9 novembre, Mario Monti è stato nominato senatore a vita dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Una settimana dopo sarebbe diventato Premier sull'onda degli spread. Coincidenze.
Nota di BastaBugie: Vi mostriamo il video shock dove Mario Monti spiega che gli stati devono cedere la propria sovranità all'Europa dei tecnocrati
http://www.youtube.com/watch?v=HORaWaxi6io
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Fonte: Il Foglio, 24 novembre 2011
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CHI E' ANDREA RICCARDI E PERCHE' E' DIVENTATO MINISTRO NEL GOVERNO MONTI?
Ecco la biografia non autorizzata che nel 1998 svelò tutti i retroscena della Comunità di Sant'Egidio
Autore: Sandro Magister - Fonte: Settimo Cielo, 16 novembre 2011
Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio, è dal 16 novembre ministro. Non degli affari esteri, come lui stesso aveva sussurrato qua e là di desiderare, ma pur sempre della cooperazione internazionale, un incarico in rima con l'epiteto di "ONU di Trastevere" applicato ad arte alla sua comunità. [...] Di lui esistono ricche e radiose biografie. Ma ce n'è anche una non autorizzata, mai oggetto di alcuna smentita, la cui lettura è stata sempre proibita ai seguaci di Sant'Egidio. Propriamente, più che una biografia di Riccardi, è una storia della sua comunità, che però con lui fa tutt'uno. Quando uscì su "L'Espresso" era il 1998. Ma chi la rilegge oggi, scopre che anche ciò che allora veniva scritto al futuro si è puntualmente adempiuto:
SANT'EGIDIO STORY. IL GRANDE BLUFF (Da "L'Espresso" del 9 aprile 1998)
Hanno la loro cittadella a Roma Trastevere, in piazza Sant'Egidio, in un ex convento di monache carmelitane con la chiesa. Ma non tengono nessuna targa sul portoncino. Lì a fianco c'è una caffetteria snob, "Pane amore e fantasia", con l'insegna tipo pellicola da cinema e la foto di Gina Lollobrigida, ma non c'è scritto che è della comunità. Anche la loro messa del sabato sera è da qualche tempo clandestina. La dicono a porte chiuse dentro la vicina basilica di Santa Maria, che raggiungono attraverso un labirinto di locali e cortili interni. Perché ormai sia la basilica, sia quasi tutti gli edifici attigui sono loro dominio, compresi i due palazzi antichi sulla piazza grande. In uno c'è un mercatino di cose vecchie e curiose, "La soffitta". Anche di questo non c'è scritto che è della comunità. Sant'Egidio si vede e non si vede. Si sa che servono minestre calde ai barboni e aiutano i vecchi rimasti soli. Si sa che in Mozambico hanno messo d'accordo governo e guerriglieri e che nel Kosovo fanno la spola tra il despota serbo Slobodan Milosevic e gli albanesi maltrattati. La segretaria di Stato americana Madeleine Albright, quando all'inizio di marzo è passata da Roma, ha speso più tempo da loro che dal papa. E uscendo li ha beatificati: "Wonderful people", meravigliosi. Sono candidati al Nobel per la pace. Hanno un efficientissimo servizio di pubbliche relazioni e tutti ne dicono un gran bene.
TRA OPUS DEI E DALAI LAMA Ma per il resto sono come la leggendaria Opus Dei. Impenetrabili. Nemmeno in Vaticano sanno bene che cosa fanno quando sono tra loro. Neanche il papa lo sa, nonostante sia loro amico. Se sapesse che quelli di Sant'Egidio hanno praticamente abolito il sacramento della penitenza sostituendolo con i mea culpa pubblici nelle assemblee di gruppo, li redarguirebbe severo. Se conoscesse le loro stranezze in materia di matrimonio e procreazione, sobbalzerebbe sulla cattedra. Se sapesse che nelle loro messe l'omelia la tiene sempre Andrea Riccardi, il fondatore e capo, che prete non è e quindi non dovrebbe predicare (divieto assoluto ribadito di fresco da un'istruzione vaticana), li richiamerebbe subito all'obbedienza. Questioni interne di Chiesa? Sì e no. Perché quella che oggi è detta "l'Onu di Trastevere" non è un'organizzazione laica tipo "Médecins sans frontières", ma è nata come comunità cattolica integrale. E tuttora si presenta così: come cittadella di Dio in un mondo invaso dai barbari. È in forza di questa identità e della benedizione papale che Sant'Egidio si offre ´urbi et orbi´ come peacemaker sui fronti di guerra. Oltre che come ponte di dialogo tra le religioni. Sono stati quelli di Sant'Egidio a organizzare il meeting interreligioso del 1986 ad Assisi, con il papa in preghiera fianco a fianco col Dalai Lama, con metropoliti ortodossi, pastori protestanti, monaci buddisti, rabbini ebrei, muftì musulmani, guru e sciamani d'ogni credo. Da allora, Sant'Egidio replica il modello di Assisi ogni anno: l'ultima volta a Padova e Venezia, altre volte a Roma, Firenze, Milano, Bari, Varsavia, Bruxelles, Malta, Gerusalemme. Con un crescendo di coreografie spettacolari. Con cerimonie ritrasmesse in mondovisione. Con un roteare di ospiti insigni, chiamati dai cinque continenti, spesati, coccolati. Minimo mezzo milione di dollari per meeting, coperti da sovvenzioni governative e private. Con questi precedenti, Sant'Egidio non avrà rivali per il prossimo Giubileo. Sua sarà la regia dell'Assisi bis, questa volta di nuovo col papa, già annunciata dal Vaticano.
IN PRINCIPIO FU CL Eppure, nonostante queste credenziali e le sue suggestive liturgie, il profilo cattolico della comunità di Sant'Egidio resta sfuggente. I suoi percorsi tortuosi. La sua data di nascita ufficiale è il 7 febbraio 1968. Ma a quella data non succede proprio niente di nuovo. I futuri membri di Sant'Egidio fanno semplicemente parte di un raggio, di una cellula di Gs nel liceo Virgilio di Roma. Gs è la sigla di Gioventù Studentesca, l'organizzazione fondata da don Luigi Giussani che più tardi, passata la bufera del Sessantotto, prenderà il nome di Comunione e Liberazione. Riccardi vi si era avvicinato negli anni di ginnasio, a Rimini. Dopo di che, tornato a Roma, aveva legato con i ´giessini´ del Virgilio, del Dante, del Mamiani. Tra quei compagni di liceo c'è già il nocciolo duro di Sant'Egidio d'oggi. Ma con loro ci sono anche Rocco Buttiglione e la sua futura moglie Maria Pia Corbò, che rimarranno con don Giussani. Se il gruppone si disfà, tre, quattro anni dopo, è perché se ne va via il prete che l'aveva tenuto assieme, Luigi Iannaccone. È solo a quel punto, inizio 1972, che Riccardi e i suoi si mettono in proprio. Con astio nei confronti dei fratelli separati di Cl, che infatti spariranno per sempre, anche in memoria, dalle storie autorizzate di Sant'Egidio.
MONACI DEL NUOVO MILLENNIO Manca ancora una sede. E per un poco Riccardi e compagni, tutti di famiglia bene, meditano di traslocare in baracche di periferia. Ma poi per i poveri scelgono solo di lavorare, senza conviverci. Nel settembre del 1973 fissano finalmente il loro quartier generale a Sant'Egidio, a Roma Trastevere. Sparite le ultime monache, l'edificio era rimasto vuoto. È di proprietà del ministero degli Interni, che lo cede a loro in cambio d'un affitto di poche lire. Chiavi in mano compreso il restauro, eseguito prontamente a spese del ministero. Segue la fase monastica. Con una spruzzata d'orientalismo. In vacanza, quelli di Sant'Egidio vanno in Belgio, a Chevetogne, un monastero che celebra raffinate liturgie bizantine, e se ne innamorano. Di ritorno a Roma, arricchiscono le loro liturgie con tocchi orientali e alla loro vita comune danno un'impronta monastica. Anche per via della giovane età, nessuno di loro è sposato. E allora s'immaginano "celibi per il Regno dei cieli" e "monaci nel deserto della città". Danno ai loro capi i nomi di priore e priora, con i rispettivi vice. Abitano in piccoli gruppi divisi per sesso. Vestono tutti in modo austero, riconoscibile: gonne ampie e lunghe, maglioni abbondanti e colori castigati le donne; giaccone blu scuro i maschi; borsa di pelle a tracolla per tutti, modello Tolfa. Le giornate sono all'insegna dell'"ora et labora", dove il "labora" sono il pasto ai poveri, le pulizie ai vecchi, il doposcuola ai monelli di periferia.
LA SCOPERTA DEL SESSO Ma anche la fase monastica si spegne presto. Nell'estate del 1978, in un ritiro collettivo nelle Marche, nell'eremo di Macereto, un po' tutti svuotano il sacco. E confessano di condurre tra loro una vita sessuale sin troppo movimentata. Da lì in poi cade il silenzio sul "nuovo monachesimo" e prendono il via i primi matrimoni. Resta l'obbedienza assoluta a quello che era di fatto l'abate indiscusso, Riccardi. Il quale, intanto, s'è laureato in legge, ma si è subito dopo tuffato, da autodidatta, negli studi di storia, in particolare di storia della Chiesa, fino ad aggiudicarsi rapidamente una cattedra in università. Come per incanto, si danno agli studi di storia anche gli altri membri importanti della comunità, maschi. Ma quello che li distingue è che la storia non vogliono solo studiarla, ma farla. Specie la storia presente della Chiesa. Il 1978 è l'anno dei tre papi: muore Paolo VI e dopo l'interregno di papa Albino Luciani sale al trono Giovanni Paolo II. Nei due preconclavi, specie nel secondo, Sant'Egidio è tutto un via vai di cardinali d'ogni continente, di conciliaboli, di manovre elettorali. La comunità fa campagna per il cardinale vicario di Roma, Ugo Poletti. Ma il conclave li delude. A vincere è il polacco Karol Wojtyla, per loro uno sconosciuto. Bastano poche settimane per ribaltare la sconfitta. Quelli di Sant'Egidio studiano a puntino la mappa della prima uscita del nuovo papa, alla parrocchia romana della Garbatella. Sul tragitto c'è una scuola materna, con un'aula che dà proprio sulla strada. Per una settimana occupano quell'aula e insegnano ai bambini canti in polacco. Li tengono lì dentro a cantare anche la domenica, col papa che arriva. Finché il papa passa, sente, si ferma, entra, vuol sapere. L'idillio tra Giovanni Paolo II e Sant'Egidio sboccia così. L'innamoramento è l'estate dopo a Castelgandolfo, una sera di luglio, in giardino, con le lucciole. Cantano e ballano con lui. Fanno ´serpentone´ tra le aiuole. Non si lasceranno più.
ALLA CONQUISTA DELLA CHIESA Gli anni Ottanta sono la fase della conquista della Chiesa, posizione dopo posizione, fino ai più alti gradi. Il riconoscimento canonico Sant'Egidio l'ottiene nel 1986. Ma più importanti sono i legami diretti stabiliti con alcuni personaggi chiave del Vaticano. Tre di questi sono tuttora i più grossi sostenitori della comunità. Uno è il segretario personale di Giovanni Paolo II, Stanislaw Dziwisz, onnipotente factotum. Un altro è il cardinale Roger Etchegaray, ambasciatore volante del papa sui fronti caldi del globo. Il terzo è il cardinale Achille Silvestrini, curiale di prima grandezza. Anche le parentele pesano. Una nipote di Silvestrini, Angela, è dentro la comunità. Mentre altri due membri di spicco di Sant'Egidio, don Matteo Zuppi e Francesco Dante, sono a loro volta nipoti di due porporati defunti: rispettivamente dei cardinali Carlo Confalonieri ed Enrico Dante. Quanto a Riccardi, il suo albero di famiglia è ancor più dotato: ha come zio non un cardinale ma un beato "che fu maestro del futuro cardinale Ildefonso Schuster", un monaco di San Paolo fuori le Mura di nome Placido, elevato agli altari nel 1954. Ed è già lui stesso un santo in terra, per i suoi fan.
MARTINI FOLGORATO Altro cardinale protettore di Sant'Egidio è Carlo Maria Martini, gesuita e arcivescovo di Milano. Martini lo dicono addirittura loro membro onorario, perché nel 1975, quando era a Roma come rettore del Pontificio istituto biblico, li incontrò, ne restò folgorato e per quattro anni fece la sua parte nella comunità: accudiva a un vecchietto di Trastevere e andava a dir messa in un locale della borgata Alessandrina. Ad accompagnare Martini passo passo era stata incaricata una giovane della comunità, Gina Schilirò. Un'altra, Maura De Bernart, aveva a sua volta conquistato alla causa pochi anni prima un sacerdote, Vincenzo Paglia, che oggi è assistente ecclesiastico ufficiale di Sant'Egidio e aspirante vescovo. Sfortunatamente, sia Schilirò che De Bernart hanno poi avuto storie tormentate. La prima è uscita dalla comunità e poi rientrata con la cenere sul capo. La seconda, che all'inizio era leader di spicco, finì presto retrocessa con l'etichetta di donna traviata. "La nostra Maria Maddalena", la definivano i suoi censori.
IN GUERRA PER LA PACE C'è forte contrasto, in Sant'Egidio, tra il proscenio e il retroscena, tra le attività ´ad extra´ e la comunità ´ad intra´. Prendiamo le iniziative di pace, quelle degli anni Novanta, la fase geopolitica della storia della comunità. Sulla ribalta del mondo, Sant'Egidio si batte indiscutibilmente per la pace e la democrazia. Se una critica le viene fatta, è che sceglie i suoi teatri con fin troppa cura di sé. Sì in Burundi, in Algeria, in Sudan, anche a costo di contrariare le Chiese del luogo. No a Timor Est e nel Chiapas. Questione di concorrenza. Il Nobel per la pace assegnato nel 1996 al vescovo di Timor, Carlos Filipe Ximenes Belo, è stato per Sant'Egidio una doccia gelata. Quanto al Chiapas, tra i candidati rivali al Nobel c'è anche lì un vescovo star, quello di San Cristóbal de las Casas, Samuel Ruiz García. Ma la democrazia vale per quelli di fuori. Dentro la comunità non ce n'è ombra. "Perché anche la Chiesa dev'essere così, non democratica", teorizza con i suoi discepoli Riccardi. La gerarchia interna è rigidissima e in trent'anni di vita della comunità lui solo è sempre stato al comando. Ma rigide sono anche le divisioni per sesso: ai maschi la diplomazia, la geopolitica, il pulpito, la cattedra, l'altare; alle femmine il sociale, le mense, gli anziani, i bambini. E così le divisioni per generazione e per classe. La struttura della comunità di Sant'Egidio ha al culmine il gruppo dei fondatori, oggi tra i 40 e i 50 anni. Sono 120 circa, ma è come se fossero i dodici apostoli: un ´unicum´ cui nessuno può aggiungersi. Poi, in subordine, viene la seconda generazione. Che è a sua volta divisa in due rami: da una parte la Pentecoste, i borghesi, quelli che hanno fatto gli studi; dall'altra la Resurrezione, il popolino, quelli di borgata. Il reclutamento dei giovanissimi è anch'esso separato: per la Pentecoste nei licei, per la Resurrezione nelle scuole professionali di periferia.
LE SACRE GERARCHIE La messa del sabato sera, quella del top della comunità, è da sempre una fotografia perfetta delle gerarchie interne. Sull'altare c´è il gruppo dei fondatori, da una parte le donne, dall'altra i maschi, ciascuno al suo posto prefissato. Nella navata ci sono una rappresentanza scelta della Pentecoste più qualche elemento della Resurrezione e gli ospiti di riguardo. Riccardi è alla regia: non solo tiene la predica, ma comanda anche le luci da una piccola consolle. E chi nella comunità cade in disgrazia perde sia il suo ruolo nella messa che il suo posto in chiesa: Claudio Cottatellucci, uno dei capi della prima ora, che per anni aveva avuto l'onore di leggere dall'ambone l'Antico Testamento, si ritrovò di punto in bianco cacciato giù nella navata. La processione d'uscita al termine della messa è anch'essa un rito gerarchico. Tornati i preti in sacrestia, il primo ad alzarsi è Riccardi, seguito in fila indiana dagli altri maschi dell'altare, in ordine d'autorità. Poi ecco Cristina Marazzi, la numero uno delle donne, con le altre dietro in fila. Infine il rompete le righe per quelli della navata.
QUINTA COLONNA AL "CORRIERE DELLA SERA" Il terremoto più grosso, al vertice di Sant'Egidio, risale a sei anni fa. Riccardi annunciò che avrebbe lasciato a un altro la presidenza per dedicarsi con più libertà alla cura spirituale della comunità. Ma quando si arrivò al voto nel comitato centrale, la sua indicazione non cadde su Andrea Bartoli, che da sempre era stato il numero due e in gioventù era stato di Riccardi l'amico intimo, ma su Alessandro Zuccari. Di norma l'indicazione di Riccardi è legge. Non si discute, si esegue. Ma quella volta accadde l'inaudito: l'unanimità fu infranta. Zuccari fu eletto, ma anche Bartoli ebbe dei voti. E i suoi sostenitori uscirono allo scoperto: Agostino Giovagnoli, l'intellettuale fine del gruppo, quello a cui spettava tenere le omelie ogni volta che Riccardi era assente; sua moglie Milena, numero due delle donne; Paola Piscitelli, futura compagna dello stesso Bartoli; Roberto Zuccolini, giornalista al "Corriere della Sera", il primo quotidiano italiano. Questa fronda non chiedeva maggior democrazia dentro la comunità: perché quanto a dispotismo, Bartoli aveva fama di terribile maestro dei novizi. Il dissenso era di strategia. Bartoli e i suoi contestavano un chiodo fisso di Riccardi: l'idea che la comunità di Sant'Egidio dovesse restare marcatamente papalina e romana, anche nelle sue filiali estere d'Europa, d'Africa, d'Asia e d'America. Volevano più autonomia per le periferie della comunità. Mentre Riccardi era ed è un accentratore estremo.
LA GUERRA DEI DUE ANDREA La guerra tra i due Andrea durò per tutto il 1992, con i fautori di Riccardi che tenevano i loro conciliaboli al Caffè Settimiano, a Trastevere. E alla fine il gruppo antipartito fu sgominato. Bartoli fu spedito in esilio a New York, dove è tuttora. Suo fratello, Marco, fu cacciato dalla filiale di Napoli, di cui era il primo responsabile. Altre filiali a Genova e in Germania, che erano pro Bartoli, furono commissariate. A Giovagnoli furono tolti il pulpito e la cura delle relazioni con l'Asia. Zuccolini invece lo recuperarono: al "Corriere della Sera" era troppo prezioso e il partito di Riccardi ci teneva ad averlo dalla sua. Salirono così di grado, assieme a Zuccari, solo i fedelissimi del fondatore. Sono gli stessi che oggi compongono il gruppo dirigente, ciascuno con le sue mansioni: Marco Impagliazzo, Mario Giro e don Vittorio Ianari si occupano di Islam e mondo arabo, dall'Algeria al Sudan; Roberto Morozzo Della Rocca e don Paglia dei Balcani; don Marco Gnavi e Adriano Roccucci dell'Oriente ortodosso, dalla Serbia alla Russia; don Zuppi dell'Africa; Valeria Martano, moglie di Zuccolini, di Istanbul e dell'Asia; don Ambrogio Spreafico, che è anche diventato rettore della Pontificia Università Urbaniana, degli ebrei; Alberto Quattrucci e Claudio Betti degli annuali meeting interreligiosi sul modello del papa ad Assisi; Gianni La Bella di sponsor e sovvenzioni; Cristina Marazzi, intramontabile numero uno delle donne, di assistenza; Mario Marazziti, suo marito, di pubbliche relazioni. E i preti? Sant'Egidio ne ha oggi una dozzina. Tolti Paglia e Spreafico, venuti da fuori, gli altri sono cresciuti tutti in casa, senza passare per i seminari diocesani. A decidere chi deve diventare prete è la comunità, ossia Riccardi. E a consacrarli basta un vescovo amico, nell'attesa che vescovo lo diventi uno di loro. Paglia è il candidato. Fermo al palo da anni. Se in Vaticano esitano a dare il via libera alla sua ordinazione è perché c'è finora un solo, troppo discusso precedente di comunità con un suo vescovo speciale: l'Opus Dei. Il timore è che Sant'Egidio diventi un'altra Chiesa nella Chiesa. Ma la spunteranno. Quelli di Sant'Egidio sono pochi di numero. Faticano a reclutare nuovi seguaci e subiscono molti abbandoni. Ma si definiscono "la formica capace di imprese grandi con piccoli mezzi". Sono una lobby potente. Condizioneranno il conclave che eleggerà il prossimo papa. Nessun magnate di Chiesa li vuole avere nemici. Riccardi lo dice spesso ai suoi: "Dobbiamo apparire più di quello che siamo. È il nostro miracolo. Il grande bluff".
Fonte: Settimo Cielo, 16 novembre 2011
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LA BONINO PRETENDE DI INSEGNARE IL VANGELO AL PAPA E SI CONSIDERA ANCHE ESPERTA DI STORIA DELLA CHIESA
Ripetuta ancora la falsa immagine di San Francesco pauperista, nemico dei beni temporali della Chiesa, un ribelle all'autorità ecclesiastica, quasi uno scismatico mancato
Autore: Luca Negri - Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/09/2011
Che Emma Bonino parli molto di Chiesa è noto, ovviamente sempre per attaccarla. Ma che adesso si improvvisi anche teologa è davvero una novità. Lo ha fatto qualche giorno fa sul giornale online Il Post, all'interno di un articolo che, tanto per cambiare, aveva a tema i presunti privilegi fiscali della Chiesa. Secondo la Bonino quella radicale non è una battaglia da nemici della Chiesa, anzi veramente "anticristiano" è solo "l'uso del denaro a fini del potere. Quel potere che rende meno libera la stessa comunità religiosa rispetto alla sua reale vocazione. Se questo significa essere nemici della Chiesa, allora lo era anche San Francesco. Non a caso nessun Papa ha mai scelto di chiamarsi con il suo nome". Ecco, la Bonino pretende di insegnare il Vangelo al Papa e si considera anche esperta di Storia della Chiesa, lasciando intendere che nessun Papa abbia scelto il nome Francesco per indifferenza se non ostilità nei confronti del Serafico. Una sciocchezza che non merita nemmeno la smentita. Basterebbe ricordare che la tradizione vuole il nome pontificale scelto fra quelli dei primi successori di Pietro; tant'è vero che, secondo l'Arcivescovo di Cracovia Macharski, Wojtyla avrebbe voluto chiamarsi Stanislao I in omaggio al santo protettore della Polonia, ma i cardinali suggerirono di non infrangere la consuetudine. Inoltre sarebbe bizzarro accusare la Chiesa di scarsa simpatia nei confronti della filosofia tomista perché manca un papa Tommaso o di dubbi sulla distinzione fra Gerusalemme terrestre e celeste perché manca un papa Agostino. Ma più irritante ancora è la falsa immagine di San Francesco, come al solito presentato come un pauperista nemico dei beni temporali della Chiesa, un ribelle all'autorità ecclesiastica, quasi uno scismatico mancato. È noto che al poverello d'Assisi siano state appiccicate molte etichette, che in tanti lo tirano per il saio. Lo hanno trasformato in un pacifista (invece partecipò alla quinta crociata), in un ecumenista filo-islamico (invece cercò di convertire i musulmani e il sultano d'Egitto), in un ecologista (mentre lodava la Creazione per meglio lodare il Creatore e non idolatrava certo la pagana Madre Terra). Però la macchietta del San Francesco polemico con le ricchezze più o meno nascoste nei sotterranei del Vaticano è quella che ottiene sempre maggior successo. Per anni è stata un cavallo di battaglia dei comunisti e ci stupiamo un poco che venga riesumato da una convinta liberista come la Bonino. E allora chiariamo le cose, ancora una volta. Francesco sposò la povertà per sé e per l'ordine da lui fondato non per criticare i beni temporali di Roma e dare vita ad una anti-Chiesa ma per abbandonarsi totalmente alla Provvidenza, per fuggire ogni sicurezza mondana, ogni desiderio materiale. Non chiese mai che tutta la cristianità seguisse il suo esempio, sapeva che la specificità del suo ordine rientrava in un superiore equilibrio in cui ogni espressione della fede in Cristo, nel rispetto dei dogmi, è legittima. È una cosa difficile da far entrare in testa agli anticlericali, ma il cattolicesimo non è un'ideologia, bensì una realtà viva e grande al punto da potersi contraddire al suo interno: c'è posto per le sobrie cappelle romaniche dai muri grigi come per il fasto degli appartamenti Borgia e delle cattedrali barocche. Se la povertà simboleggia l'umile nascita di Gesù in una stalla, gli ori richiamano la sua gloriosa resurrezione e lo splendore del paradiso celeste. San Francesco non ebbe la pretesa di sostituirsi al papa, di essere più cristiano di lui, anzi esercitò sempre la più decisa obbedienza alle decisioni del trono di Pietro. Sfidiamo la Bonino e con lei tutti i radicali e tutti i cattocomunisti: trovino negli scritti francescani, nelle due Legende, nelle regole da lui dettate, nei Fioretti almeno una citazione per sostenere l'immagine del Francesco ribelle a Roma. Si mettano a leggere, avranno solo da imparare.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 14/09/2011
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LETTERE ALLA REDAZIONE
Pubblichiamo alcune mail che ci hanno inviato i nostri lettori
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 30 novembre 2011
Pubblichiamo alcune mail che ci hanno inviato i nostri lettori in merito a vari articoli pubblicati nell'edizione di BastaBugie n. 220 del 25 novembre 2011.
MANIFESTI BENETTON E L'IDEOLOGIA GAY
Cara Redazione, dopo aver letto l'articolo sul manifesto del Papa che bacia l'imam, ho fatto una riflessione. Dietro i manifesti di Benetton ci vedo anche un evidente dietrologia gay. Ho visto la gigantografia del finto bacio tra Obama e il presidente della Cina a Fontana di Trevi, piena di gente. Ho pensato anche a tutti i bambini che potevano vedere quell'immagine. Fa cultura gay dando un'immagine positiva di un bacio omosessuale. Peraltro non ci giurerei sull'etica lavorativa di Benetton. La produzione degli abiti, dalle etichette, è tutta delocalizzata. Virginia Lalli
CHIEDERE SCUSA PER LE CROCIATE? E PERCHE' MAI?
Caro BastaBugie, ho letto l'articolo da voi pubblicato che faceva notare che il Papa non ha chiesto scusa per le crociate, nonostante così abbiano riportato i giornali. Chiedere scusa per le crociate: questa poi! Chiedere scusa per aver difeso dall'incuria e dallo scempio islamici il sepolcro di Nostro Signore e tutti i luoghi di culto o meno cari a noi cristiani e descritti nelle sacre scritture. Si consideri solo il destino della Sacra Casa,dagli angeli portata a Loreto per evitare che cadesse nelle mani dei seguaci di Maometto. Una crociata ci vorrebbe oggi e proprio qui in casa nostra, in Europa. Comincio a pensare che i Paladini a Roncisvalle siano morti inutilmente visto che la Francia oggigiorno è pressoché invasa dai mori. E la battaglia di Lepanto a cosa è servita se l'entrata della Turchia in Europa è ormai solo questione di tempo? Mi si dirà che l'impero ottomano è finito da tempo; sicuro, non però la tendenza egemonica di occupazione e conquista tipica della mentalità islamica che non si ferma davanti a nulla e nessuno e non conosce dialogo con "l'altro" poiché solo chi condivide le loro idee e opinioni non viene considerato un infedele da convertire o al limite eliminare: Allah è grande mentre il Dio dei cristiani non merita nessuna considerazione. ma l'Islam non è una religione monoteista? O no?
L'UOMO CANCRO DEL PIANETA?
Cari amici, dopo aver letto l'articolo "Le false idee del catastrofismo ambientalista" ho pensato di scrivervi alcuni miei pensieri in libertà. Thomas Malthus era un economo il quale sosteneva che se nel mondo c'è fame e povertà, se ci stiamo avviando sempre di più verso il degrado ambientale ciò deriva dal fatto che siamo troppi sulla terra per cui occorrerebbe trovare il modo di abbassare la densità demografica. I grandi potentati economici hanno assunto e fatte proprie queste teorie e si sono adoperati a pilotare l'abbassamento demografico in modo subdolo o finanche coattivo - anzitutto attraverso l'aborto ma poi anche diffondendo nell'opinione pubblica delle idee e delle teorie volte a scoraggiare le famiglie dal fare figli come ad esempio le teorie di matrice climatica ed ecologia che spalleggiano ciò che sosteneva Malthus; In pratica queste teorie vorrebbero far sentire l'uomo come un tumore che rovina il pianeta terra ed è per questo che sono sempre così sproporzionatamente catastrofiche. [...] Non c'è niente da fare amici, le teorie Malthusiane più le penso e più mi convinco della loro inconsistenza: se infatti il malessere della popolazione e del pianeta dovrebbe essere consequenziale ad una forte densità demografica perché mai allora i paesi più popolosi sono spesso anche quelli più ricchi? (Come ad esempio è il caso dell'Inghilterra e soprattutto del Giappone) Mentre paesi a bassa densità di abitanti per chilometro quadrato come L'Africa giacciono in una povertà estrema? Francesco
RECIPROCITA' CON L'ISLAM? ECCO LE RISPOSTE
Cari amici di BastaBugie, vi offro alcune mie riflessioni. Reciprocità con l'Islam vuol dire: "se tu costruisci moschee nel mio paese consenti a me di costruire chiese nel tuo". Nel mio libro "Islam luce o buio?" ho parlato di questa problematica e successivamente in vari miei articoli, dicendo: "A che servirebbe? Provate ad immaginare cosa accadrebbe ad una giovane musulmana qualora cominciasse a frequentare la chiesa cattolica in un qualunque paese islamico?" Questa domanda l'ho anche posta più volte a vari amici musulmani e non ho mai avuto risposta, è troppo spinosa. Ebbene una chiara risposta l'abbiamo avuta nei giorni scorsi, e non in Arabia Saudita ma in casa nostra a Brescello, in provincia di Reggio Emilia. Qui Mohamed El Ayani, un marocchino di 39 anni, in Italia dal 1995, ha ucciso a martellate la moglie Rachida resasi colpevole proprio di questo reato: frequentava la parrocchia. Questo è l'Islam, pensare di cambiarlo è pura utopia. Adolfo Quintigliano
LA PREGHIERA PERCHE' CESSINO GLI ABORTI
Carissimi buon inizio d'Avvento! Ho visto il video da voi pubblicato la settimana scorsa che mostrava un aborto nudo e crudo. Alla S.Messa dopo la comunione dopo aver ringraziato Gesù per questo immenso dono (la Messa, appunto), l'ho pregato perché fermi l'aborto nel mondo; ho sentito forte nel cuore di fare la prossima novena all'Immacolata chiedendo al suo cuore questa grazia. Mi ha profondamente toccato nel cuore e mi sono scese le lacrime. Credo che più saremo a chiedere più sarà certo che il suo immacolato cuore trionfi. Un abbraccio in Cristo nostro Re. Paola
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DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie, 30 novembre 2011
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OMELIA II DOMENICA DELL'AVVENTO - ANNO B - (Mc 1,1-8)
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/12/2011)
In questa seconda domenica d'Avvento siamo invitati a preparare le vie per il Signore che deve venire. Il profeta Isaia grida: «Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati» (Is 40,3-4). Queste parole erano dirette al popolo d'Israele e preannunziavano il suo ritorno dall'esilio. Inoltre, queste parole sono rivolte anche a noi e si riferiscono alla liberazione dalla schiavitù del peccato. È Lui, il nostro Salvatore, «che fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul seno, e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40,11). Gesù è questo Buon Pastore che ama le sue pecorelle fino a dare la vita per loro. Il Profeta Isaia invita a diffondere il lieto annunzio della salvezza con queste ispirate parole: «Consolate, consolate il mio popolo [...] parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta» (Is 40,1). Con la venuta del Messia su questa terra è finita la schiavitù del peccato e noi siamo finalmente liberi. Questa realtà è motivo di grande consolazione. Da parte nostra, tuttavia, dobbiamo accogliere questo dono della salvezza, preparando le vie al Signore. L'amore ci deve spingere a migliorare la nostra vita, a diventare più buoni. Se davvero ameremo il Signore, sentiremo il desiderio di vivere secondo i suoi insegnamenti, evitando il male e compiendo sempre il bene. Questo proposito, per quanto forte, non potrà mai essere messo in pratica con le sole nostre forze. Da parte nostra sentiremo la necessità di evitare il peccato, ma avvertiremo anche tutta la nostra fragilità e incostanza. Dovremo pertanto invocare l'aiuto di Dio, senza il quale non riusciremo di certo a riordinare la nostra vita. Il profeta Isaia dice: «Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbassati» (Is 40,4). Siamo noi quel terreno accidentato, di cui parla il Profeta, che si deve trasformare in pianura (cf Is 40,4). Nel Vangelo di oggi il grido di Isaia è ripetuto da Giovanni Battista. Egli rivolge a noi questo appello: «Voce di uno che grida nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri» (Mc 1,3). Le folle rimanevano incantate dal Precursore di Gesù, e facevano penitenza. San Giovanni Battista «proclamava un battesimo di conversione» (Mc 1,4), «accorrevano da tutta la regione» (Mc 1,5), «e si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati» (ivi). Il Battesimo amministrato da san Giovanni Battista non era come quello istituito da Gesù Cristo, era un invito alla conversione, una esortazione a riconoscere i propri peccati, un incitamento a cambiare radicalmente vita. Questo invito vale anche per noi. In questo tempo d'Avvento dobbiamo trovare la forza di rivedere la nostra vita e di conformarla al Vangelo. La base di questo cambiamento è un atto d'umiltà: il riconoscimento del nostro peccato. Ecco perché, in questo periodo, sarà una cosa molto bella ricorrere al sacramento della Confessione, in modo da purificarci interiormente. San Giovanni Battista viveva in prima persona ciò che predicava agli altri. Innanzitutto conduceva una vita penitente, nel deserto; il suo vestito era fatto di peli di cammello, e il suo cibo era costituito da «cavallette e miele selvatico» (Mc 1,6). La sua condotta di vita confermava molto bene le infuocate parole che rivolgeva alle folle. San Giovanni Battista ci dà soprattutto un esempio di umiltà. Egli poteva approfittare facilmente della notorietà raggiunta, lasciando pensare alla gente che era lui il Messia atteso. Al contrario, egli proclama: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi e slegare i lacci dei suoi sandali» (Mc 1,7). Se vogliamo avvicinarci a Gesù, dobbiamo abbassarci con l'umiltà. Insegnava san Bonaventura che, come l'acqua tende al basso e confluisce alle valli, così la grazia divina si riversa sulle anime umili che si fanno piccole. Come san Giovanni Battista anche noi dobbiamo "diminuire", affinché "cresca" sempre di più in noi Gesù. Il tempo di Avvento è tempo di preparazione e di attesa. In questa attesa dobbiamo essere vigilanti, perché, come dice san Pietro nella seconda lettura, «il giorno del Signore verrà come un ladro» (2Pt 3,10). Il Principe degli Apostoli ci invita a vivere in santità, assidui nella preghiera; solo così, in quel giorno, saremo trovati preparati. L'Avvento è tempo anche di penitenza. San Francesco insegnava ai suoi frati di prepararsi al Natale con una speciale Quaresima che va dalla festa di Tutti i Santi fino alla Natività del Signore. Il Santo di Assisi trascorreva questa Quaresima nel digiuno e nella preghiera. San Francesco prese alla lettera l'invito di san Giovanni Battista e scrisse nel suo Testamento: «Il Signore concesse a me, frate Francesco, d'incominciare così a fare penitenza [...] e ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo» (FF 110). Tutto cominciò per lui con la penitenza e, grazie ad essa, tutto quello che prima era per lui causa di disgusto, come l'incontro con i lebbrosi, divenne poi amabile. La penitenza è come una medicina per l'anima. Impegniamoci anche noi, cerchiamo di essere generosi, offrendo qualche sacrificio, soprattutto se unito ad un'opera di carità. Così ci prepareremo nel modo migliore a celebrare il Natale ormai vicino.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/12/2011)
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