BastaBugie n�227 del 13 gennaio 2012

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1 ARRIVA IN ITALIA LO ''SPETTACOLO'' BLASFEMO DI ROMEO CASTELLUCCI: ESCREMENTI CONTRO GESÙ CRISTO
Ecco il video del professor Roberto de Mattei che denuncia la situazione e lo spot in cui si richiede una mobilitazione di massa
Autore: Marco Bongi - Fonte: Pontifex Roma
2 GALILEO NON SUBI' NESSUNA TORTURA: EPPURE NE SONO CONVINTI IL 97% DEGLI STUDENTI DI SCIENZE!!!
Vi presentiamo il video con il servizio televisivo del Tg2 che svela le menzogne insegnate nei libri scolastici
Autore: Fabio Sansonna - Fonte: Journal of Medicine and the Person
3 IL BRUTTO AFFARE DELL'ABOLIZIONE DEL PRESEPE A RIETI: ECCO I RETROSCENA TRA DIETROFRONT E MEZZE VERITA'
La Curia dichiara ''Non è vero che è stato eliminato il presepe'', ma mentono (tentando di fare i furbetti)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
4 RICK SANTORUM: IL CANDIDATO CATTOLICO DEL PARTITO REPUBBLICANO CHE PARLA DELLA VERITA' ANCHE QUANDO E' IMPOPOLARE
Autore della legge che mise al bando l'aborto a nascita parziale, contrario al matrimonio gay, padre di 7 bambini, ha sorpreso tutti ed ha concrete possibilità di essere lo sfidante di Obama
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
5 DICIASSETTENNE, MALATA DI TUMORE, RIFIUTA LE CURE PER PORTARE A TERMINE LA GRAVIDANZA
Se aspetti un figlio, è normale che vuoi dargli tutta te stessa, vita compresa e infatti, come santa Gianna Beretta Molla, Jenni ha detto: ''Ho fatto quello che dovevo fare''
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
6 PREMIO 2011 A DUE VESCOVI CINESI: DI LORO NESSUNO PARLA E IL GOVERNO CINESE (MENTENDO) DICE CHE NON SA DOVE SIANO
Ultraottantenni con 40 e 51 anni passati in carcere: si teme che vengano uccisi sotto tortura, come è avvenuto per altri vescovi
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: AsiaNews
7 I DOVERI DEL PROPRIO STATO VENGONO PRIMA DI TUTTE LE SODDISFAZIONI (EGOISTICHE) TRAVESTITE DA ALTRUISMO O SPIRITUALITA'
Ad esempio una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
8 SQUADRE DI ISPETTORI A CORTINA D'AMPEZZO: MA I PARADISI FISCALI NON CI SAREBBERO SE NON CI FOSSERO GLI INFERNI FISCALI (COME L'ITALIA)
Ecco perché bisognerebbe fare l'esatto contrario di quello che sta facendo il governo Monti-Napolitano
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana
9 IL GOVERNO UNGHERESE (ELETTO A GRANDE MAGGIORANZA) TOGLIE AUTONOMIA ALLA BANCA CENTRALE SFIDANDO BCE E FMI
Disturba ai poteri forti europei che nella Costituzione si faccia riferimento a Dio e alle radici cristiane e che l'embrione venga considerato un essere umano sin dall'inizio... (e a noi in Italia ci tocca Napolitano presidente)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
10 ABOLIZIONE DELL'8 PER MILLE ALLA CHIESA? SIAMO D'ACCORDO... A PATTO PERO' CHE SI RENDA ALLA CHIESA CIO' CHE LE E' STATO RUBATO DALLO STATO IN 150 ANNI!
L'8 per mille non è un generoso regalo, ma l'indennizzo dello Stato per ciò che ha rubato con l'Unità d'Italia (ecco inoltre perché non ha senso darlo alle religioni diverse dalla cattolica)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana
11 FALCE E CARRELLO: TOLTA LA CENSURA AL LIBRO CHE SMASCHERA LO STRAPOTERE DELLE COOP
Torna di nuovo in vendita il libro di Caprotti, patron di Esselunga
Fonte: Avvenire
12 OMELIA II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Gv 1,35-42)
Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - ARRIVA IN ITALIA LO ''SPETTACOLO'' BLASFEMO DI ROMEO CASTELLUCCI: ESCREMENTI CONTRO GESÙ CRISTO
Ecco il video del professor Roberto de Mattei che denuncia la situazione e lo spot in cui si richiede una mobilitazione di massa
Autore: Marco Bongi - Fonte: Pontifex Roma, 20/12/2011

Sta per arrivare anche in Italia la rappresentazione teatrale, del regista romagnolo Romeo Castellucci, che ha determinato fortissime proteste in Francia nei mesi scorsi. Si tratta dello spettacolo, oggettivamente blasfemo, intitolato "Sul concetto di volto nel figlio di Dio" durante il quale appare in scena un lancio di pietre ed escrementi contro il famoso quadro di Antonello da Messina raffigurante Nostro Signore Gesù Cristo. L'opera, se così la si vuol definire, è in cartellone dal 24 al 28 gennaio 2012 presso il teatro "Parenti" di Milano. Difficilmente i cattolici italiani, così abituati da decenni al quieto vivere di stampo "democristiano", saranno in grado di manifestare raggiungendo i numeri d'oltralpe. Ciò nonostante varrebbe comunque la pena di organizzare qualcosa del genere o almeno qualche pubblica preghiera di riparazione contro l'ennesimo oltraggio perpetrato contro Dio e la Sua Religione. Se fossimo islamici, lo sappiamo bene, potremmo... contare certamente sulla solidarietà di tutta la stampa progressista e "moderata".
Quando è invece offeso il Cristianesimo, la musica cambia e forse neppure Avvenire o l'Osservatore Romano se la sentiranno di assumere una posizione ferma, senza "se" e senza "ma"...
In Francia però i tradizionalisti, con la loro generosa mobilitazione, sono riusciti, in qualche modo, a smuovere anche alcune curie sonnolente.
L'arcivescovo di Parigi è giunto sino al punto di guidare una veglia di preghiera in riparazione.
Cerchiamo allora, sul loro esempio, di muoverci anche nel nostro paese, culla del Cattolicesimo e sede del Vicario di Cristo!
Abbiamo un mese di tempo...
Non scoraggiamoci!

Nota di BastaBugie: vi invitiamo alla visione del filmato del prof. Roberto de Mattei con le sue riflessioni per una mobilitazione di massa contro lo spettacolo blasfemo di Castellucci
http://www.youtube.com/watch?v=CCZ35miAX24


Con il seguente video il Comitato San Carlo Borromeo invita a protestare contro lo spettacolo blasfemo di Castelluci "Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio", che verrà messo in scena il 28 Gennaio 2012 al Teatro Parenti di Milano:
http://youtu.be/ZlnP0UhArSM

Fonte: Pontifex Roma, 20/12/2011

2 - GALILEO NON SUBI' NESSUNA TORTURA: EPPURE NE SONO CONVINTI IL 97% DEGLI STUDENTI DI SCIENZE!!!
Vi presentiamo il video con il servizio televisivo del Tg2 che svela le menzogne insegnate nei libri scolastici
Autore: Fabio Sansonna - Fonte: Journal of Medicine and the Person, 20/03/2006

Rimango sempre un po' perplesso quando vengono date eccessive responsabilità alla Chiesa Cattolica sul caso Galileo. È chiaro che quello che era in gioco era l'unità del sapere e non l' astronomia, e la Chiesa da secoli garantiva quest'unità culturale.
Per S. Tommaso ogni oggetto esige un suo metodo (Summa Theologica II,II q.1), ma i diversi campi del sapere hanno un significato unico: non a caso la cultura cristiana medievale si esprime nell' università (un verso unico).
Con gli strumenti culturali e scientifici dell'epoca difficilmente la Chiesa Cattolica avrebbe potuto dare un giudizio diverso da quello che diede, ed è storicamente assurdo pretendere che potesse assumere quelle posizioni che assumeremmo noi oggi, ricchi del bagaglio culturale e scientifico di altri 400 anni. Il caso Galileo è una vicenda che nasce e si conclude all' interno della Chiesa, ma anticlericali e massoni hanno tutto l'interesse a mantenere la frattura tra fede e scienza usando Galileo contro la sua stessa fede, così eroicamente dimostrata quando per amore alla Chiesa scelse di pronunciare la sua abiura.
La Chiesa non poteva avere paura della scienza per il semplice motivo che quello che Galileo sosteneva all'epoca non era ancora scienza: la teoria tolemaica e aristotelica facevano scuola da due millenni, e la Chiesa riconosceva come scienza quello che tutti riconoscevano come tale.
Tuttavia già papa Paolo III° amava farsi mostrare da Copernico in visita a Roma i pianeti medicei, e restò aperto all'ipotesi dell'eliocentrismo tanto che lo scienziato polacco gli dedicò un suo libro.
Ecco quello che scrive San Roberto Bellarmino, il cardinale che per primo ebbe a che fare con Galileo, in una lettera del 12 aprile 1615: "Dire che la terra si muova ed il sole stia fermo è benissimo detto, e non v'ha pericolo alcuno. Quando ci fosse vera dimostrazione che il sole stia al centro del mondo, allora bisognerà andare con molta considerazione in esplicare le Scritture,… e dire piuttosto che lo intendiamo che dire che sia falso quello che si dimostra. Ma io non crederò che ci sia tale dimostrazione finchè non mi sia mostrata".
San Bellarmino dimostra quindi una notevole apertura alla possibilità presentata da Galileo, fino al punto di essere disposto a ridiscutere la lettura della Bibbia. In fondo però cosa chiede San Bellarmino a Galileo? le prove, quelle prove che Galileo non porterà mai. Infatti la conferma del moto della terra si avrà solo con Newton, ma prove precise si avranno solo con Bradley (1725), con la scoperta della parallasse stellare nel 1827 e infine con Foucald nel 1851.
Galileo pretendeva che tutto il mondo scientifico e la Chiesa si inchinassero davanti ad una sua intuizione che solo nei secoli successivi si dimostrerà giusta.
La sua era una pretesa che dal punto di vista scientifico sarebbe ritenuta anche oggi inaccettabile. Egli aveva contro tutto il mondo scientifico, da Cartesio a Keplero che contestava le prove(le maree) portate dallo scienziato pisano a favore dell'eliocentrismo, e perfino nel secolo successivo scienziati come Laplace e Poincaré ritenevano ancora che l'eliocentrismo fosse una pura ipotesi.
La Chiesa riconobbe con notevole anticipo rispetto alle conferme scientifiche la validità dell'ipotesi galileiana, già a metà del '700, e poi nel 1822 con Pio VII°, quando ancora mancavano alcuni elementi per le prove definitive: era impossibile pretendere che la Chiesa del XVII° secolo, contro tutto il mondo scientifico, riconoscesse per vero quello che Galileo affermava: per questo gli chiese di parlare per ipotesi ("ex suppositione").
Il card. Ratzinger nel 1992 citava il filosofo agnostico Feyerabend : "La Chiesa dell'epoca di Galileo si attenne alla ragione più che lo stesso Galileo, e prese in considerazione anche le conseguenze etiche e sociali della dottrina galileiana. La sua sentenza contro Galilei fu razionale e giusta, e solo per motivi di opportunità politica se ne può legittimare la revisione".
Infatti quello che successe in seguito non appartiene più al discorso scientifico: i discepoli di Galileo andavano tra la gente dicendo che la Bibbia sbagliava e andava corretta, affermando una verità parziale che poco serviva alla educazione del popolo. Galileo amava qualificarsi anche come filosofo, e forse avrebbe fatto meglio a limitarsi ad attaccare come puro scienziato il sistema scientifico tolemaico, anziché la Bibbia. Galileo, cattolico e padre di due monache, era stato difeso dal Sant'Uffizio anni prima sulla questione delle comete, ora Papa Urbano VIII° cercava paternamente di fargli capire che le sue ipotesi stavano sconfinando in un terreno diverso dalla scienza, e voleva anche evitare ulteriori fonti di rottura col mondo protestante, rigidamente anti-eliocentrico. Anche Giovanni Paolo II° nel suo discorso "riabilitativo" di Galileo del 1992 afferma: "Come la maggior parte dei suoi avversari Galileo non fa distinzione tra quello che è l'approccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura di ordine filosofico che esso generalmente richiama. È per questo che egli rifiutò il suggerimento che gli era stato dato di presentare come un'ipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non fosse confermato da prove irrefutabili".
Galileo pubblicherà ugualmente il Dialogo, in cui farà apparire Urbano VIII° come uno sciocco: è solo a questo punto che scatta il caso Galileo nella parzialità con cui ci è stato tramandato, a questo punto un caso politico interno alla Chiesa, e non più un caso scientifico : Galileo contravvenne a tutti i consigli del Papa, per questo venne condannato, come ben spiega Luigi Negri in Controstoria.
Nel frattempo il card. Bellarmino era morto, ed il processo venne condotto a termine da alcuni gesuiti, tra il dispiacere del Papa e la disapprovazione di molti nella Chiesa : è sbagliato dire che la Chiesa tutta di allora in quanto tale lo avrebbe condannato. Galileo abiurò per amore alla Chiesa e occorrerebbe lasciarsi interrogare da questo suo grande gesto. In seguito visse in una villa messa a disposizione da un ecclesiastico e sua figlia Suor Celeste fece per suo padre la "terribile" penitenza comminatagli dal S. Uffizio : recitare i salmi penitenziali.
La sua abiura non compromise il progresso scientifico successivo : scienziati come Ampère, A. Volta, l'abate G. Mendel e J. Von Neumann (padre dei computer) erano tutti cattolici. L'esito negativo del caso Galileo fu la contrapposizione tra mondo scientifico e religioso e la sistematica attribuzione di merito a Galileo di tutto quello che la scienza produceva, pur di avversare la concezione religiosa della vita. In realtà l'incomprensione fa parte da sempre della storia di ogni genio.
Un secolo prima il chirurgo francese A. Paré, il primo a usare fili di sutura per le ferite e a praticare la legatura delle arterie, fu deriso dai colleghi che lo chiamavano "il sartino", ma per fare queste scoperte non ebbe bisogno di conoscere il metodo galileiano, né di contrapporre scienza e fede, infatti creò il celebre motto "Je le pansai, Dieu le guérit".
Il mondo scientifico in seguito nella sua conquistata autonomia non dimostrò tuttavia meno rigidità dei gesuiti con Galileo: nel 1628 l'inglese Harvey scoprì la circolazione del sangue e venne condannato come pazzo, eppure in Inghilterra all'epoca la Chiesa Cattolica era del tutto inesistente da decenni: da dove arrivava allora questa ostilità verso la scienza?
Il medico francese Laennec, il primo a intuire l'origine batterica specifica della tubercolosi ed inventore dello stetoscopio e Mesmer, creatore della psicoterapia, vennero emarginati dal loro mondo scientifico, ma anche lì la Chiesa non c'entrava.
Ma l'esempio più clamoroso di emarginazione è quello dell'ungherese Ignazio Semmelweis che a Vienna ridusse la mortalità da sepsi puerperale dal 12% allo 0,5% in soli due anni, contro la mortalità del 33% del suo direttore Klein che con altri baroni universitari fece in modo che Semmelweis fosse licenziato, esposto alla pubblica derisione, perdendo la cattedra universitaria, finendo i suoi giorni in manicomio dove subì anche sevizie fisiche.
Rispetto a Galileo le differenze sono molte: innanzitutto in gioco c'era la vita concreta di donne che partorivano e non una semplice teoria astronomica senza incidenza diretta
sulla vita concreta della gente, quindi l'errore aveva conseguenze dirette sulle persone. Inoltre, Semmelweis aveva portato prove più che evidenti delle sue ipotesi, e aveva dalla sua parte almeno cinque grandi medici della Scuola Viennese (tra cui Herba, Rokitansky) che difendevano anche pubblicamente la sua teoria, mentre Galileo aveva contro tutto il mondo scientifico della sua epoca e quindi l'errore scientifico dei gesuiti è stato meno grave. L'errore degli avversari di Semmelweis invece continuò a permettere che donne concrete morissero nella loro "clinica della morte", mentre l'errore dei gesuiti non ha fatto mai morire nessuno, a conferma della principale preoccupazione della Chiesa che ancora oggi al di là delle possibili incoerenze non perde mai di vista l'essenziale e cioè il bene delle persone.

Nota di BastaBugie: al link seguente si trova l'approfondita conferenza di Rino Cammilleri tenuta a Staggia Senese sul processo a Galileo.
http://www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=51

Vi presentiamo inoltre un interessante servizio del Tg2 che svela alcune menzogne sul caso Galileo.
http://www.youtube.com/watch?v=oScCEBqIn3Q

Fonte: Journal of Medicine and the Person, 20/03/2006

3 - IL BRUTTO AFFARE DELL'ABOLIZIONE DEL PRESEPE A RIETI: ECCO I RETROSCENA TRA DIETROFRONT E MEZZE VERITA'
La Curia dichiara ''Non è vero che è stato eliminato il presepe'', ma mentono (tentando di fare i furbetti)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 04/01/2012

La nostra denuncia sull'eliminazione del presepe nella cattedrale di Rieti ha avuto una notevole eco nazionale, ma anche una sdegnata reazione della Curia di Rieti che accusa noi giornalisti di avere dato una notizia falsa e strumentalizzato la vicenda chissà per quali interessi. In altre parole - dicono in Curia - non è vero che è stato eliminato il presepe: semplicemente non si è fatto quello storico, tradizionalmente ubicato nella cappella di Santa Caterina ma se ne è proposto un altro, più semplice (un Presepino), sui gradini del presbiterio. E a dimostrazione della nostra cattiva informazione è stata messa su Internet una foto, prova inoppugnabile che il presepe nella cattedrale di Rieti c'è.
Così anche alcuni lettori de La Bussola Quotidiana ci hanno rimproverato per il cedimento "scandalistico" in cui saremmo caduti. Qualche errore si può sempre fare, è ovvio, ma in questo caso vorremmo rassicurare i nostri lettori che non c'è stato alcun errore o forzatura nella nostra denuncia. C'è invece qualcuno che a Rieti fa il furbetto e cerca di alzare un polverone per coprire le proprie scempiaggini che, però, sono tutte lì scritte e ognuno le può verificare di persona. Peraltro difendersi accusando altri di mancanza di professionalità - e sapendo di mentire – è profondamente disonesto.
Cerchiamo allora brevemente di chiarire come stanno le cose, e ci perdonerete la pignoleria ma viste le accuse vale la pena spiegarsi bene.
Allora: la Curia di Rieti, nel comunicato del 2 gennaio, afferma che si è scelta la realizzazione di un presepe più piccolo, essenziale, al posto di quello storico. Per cui ogni polemica è fuori luogo.
Ma la verità è un'altra: non era previsto alcun presepe, solo dopo le proteste di tanta gente si è deciso – alla viglia di Natale – di correre ai ripari e mettere quattro statue intorno al bambinello che nel progetto originario doveva restare lì da solo sui gradini del presbiterio, illuminato da una luce durante la Messa di mezzanotte.
Tale progetto, nei termini che abbiamo spiegato, era stato annunciato il 14 dicembre sul sito del settimanale diocesano (Frontiera) con un articolo firmato da Ileana Tozzi, mentre sul numero cartaceo del settimanale che porta la data del 17 dicembre non si fa alcuna menzione del presepe della Cattedrale.  Senonché si è levato immediatamente un coro di proteste non solo per la decisione di eliminare il presepe, ma anche per le assurde (e mi limito nel definirle) giustificazioni teologiche e pastorali che si davano, sia nell'articolo in questione sia nelle repliche della direzione del settimanale.
Eco di tali polemiche si coglie nel numero di Frontiera del 24 dicembre, dove vengono messe a confronto le opinioni di due sacerdoti, uno a favore e uno contro quella che l'articolo principale definisce nel titolo "Una scelta coraggiosa". E qui possiamo chiederci: ma se la scelta è solo fra due diversi allestimenti del presepe, che coraggio ci vuole?
Intanto, solo dopo le vibrate proteste della popolazione e di alcuni sacerdoti, con un post del 22 dicembre la direzione di Frontiera annuncia che un presepe ci sarà, anche se ridotto. Ed è infatti alla vigilia di Natale che le statue vengono piazzate sui gradini del presbiterio. Altro che scelta, si tratta di una retromarcia in extremis, che oltretutto si è voluto coprire in modo patetico, cercando di rimettere mano all'articolo originale di Ileana Tozzi, peraltro in modo così maldestro da fare tenerezza. Tra l'1 e il 2 gennaio infatti si è provveduto a cambiare il titolo che è diventato "Un presepe diverso in cattedrale. Un segno di sobrietà" (non provate a dire che non è vero: ho copia stampata del titolo originale). Peccato che l'articolo cominci invece ancora così: "Una scelta di sobrietà, un segno tangibile di condivisione, un richiamo ai valori più intimi del Santo Natale: tutto questo è sotteso al mancato allestimento del presepe in cattedrale". Non del presepe storico, ma del presepe.
Poi sono state inserite le foto del presepe attualmente visibile in cattedrale, che come si può vedere nelle foto 2 e 3 consta di poche figure. Ma la foto 1, più grande, proprio sotto il titolo, mostra un presepe molto più ricco che però non è quello allestito in fretta e furia in cattedrale. Una piccola furbizia.
Più avanti nell'articolo invece, dove la Tozzi spiega che ci sarà soltanto il Bambinello sui gradini del presbiterio, non potendo cambiare il testo (si rischia la denuncia) è stata inserita una nota del redattore che dice testualmente così: "L'articolo è stato redatto prima dell'allestimento del presepe e l'autrice non poteva prevedere esattamente attraverso quali scelte gli allestitori avrebbero interpretato la volontà del vescovo". Dunque, Ileana Tozzi, il 14 dicembre – quando in tutte le chiese del mondo i presepi sono già allestiti da tempo – non sapeva cosa aveva in serbo il vescovo, che evidentemente – questo ci fa capire la nota - deve essere un buontempone che ama fare i presepi a sorpresa alla viglia di Natale. Peraltro bisogna dire che anche il direttore di Frontiera era all'oscuro di quanto andava pfreparando il vescovo, altrimenti non avrebbe pubblicato un simile articolo, visto che la responsabilità di tutto quanto si pubblica è la sua. In realtà se si rilegge l'articolo della Tozzi, dalla descrizione puntuale dei particolari si ha invece la precisa sensazione che sia bene al corrente di tutto.
E a questo punto ci si permetta un moto di simpatia e umana solidarietà (lo dico senza ironia) per la povera Ileana Tozzi, su cui settimanale e Curia – in modo decisamente poco elegante, per non dire altro - hanno deciso di far ricadere tutte le responsabilità e abbandonare al suo destino, per salvare la propria faccia. Al punto che ormai tutti si saranno chiesti: ma chi è Ileana Tozzi? Secondo un articolo del 31 dicembre firmato da David Fabrizi "esprime idee personali" come qualsiasi altro redattore. Per la Curia vescovile, invece, si tratta di una "apprezzata erudita redattrice", che però nell'occasione si è lasciata andare a una  "semplificazione di ragioni e letture".
Speriamo allora di non fare una cattiva sorpresa ai rappresentanti della Curia reatina se riveliamo loro che Ileana Tozzi non è una passante che si è impadronita di un computer nella redazione di Frontiera per scrivere quello che le passava per la mente. Essa è invece una stimata professoressa, esperta d'arte, al punto che l'attuale vescovo, mons. Delio Lucarelli, l'ha voluta personalmente come direttore del Museo diocesano fin dal 2006 dopo che egli stesso ne aveva voluto l'ingrandimento e la valorizzazione. Sta scritto sul sito della Curia, dove c'è anche che la professoressa Tozzi è inoltre responsabile diocesana dei Beni culturali ecclesiastici. E' dunque persona bene al dentro della Curia e più che titolata a spiegare le scelte del vescovo in materia. Perché tentare di prenderci in giro?

Fonte: La Bussola Quotidiana, 04/01/2012

4 - RICK SANTORUM: IL CANDIDATO CATTOLICO DEL PARTITO REPUBBLICANO CHE PARLA DELLA VERITA' ANCHE QUANDO E' IMPOPOLARE
Autore della legge che mise al bando l'aborto a nascita parziale, contrario al matrimonio gay, padre di 7 bambini, ha sorpreso tutti ed ha concrete possibilità di essere lo sfidante di Obama
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 04/01/2012

Cattolico, ex senatore della Pennsylvania, sette figli, è conosciuto per le sue battaglie contro l'aborto e per la difesa di Terry Schiavo. Vuole detassare la famiglia, le imprese e riformare ancora la sanità. Ha conosciuto madre Teresa di Calcutta, che ha scritto la prefazione al libro della moglie Karen, e di lui Bono Vox ha detto: «Ha il vizio di dire sempre le cose impopolari»
Mai il risultato della prima consultazione per decidere il candidato repubblicano che sfiderà Barack Obama a novembre era rimasto così incerto fino all'ultima scheda: con oltre il 99 per cento dei suffragi, l'italo-americano Santorum era avanti di appena quattro voti (29.968 contro 29.964) al candidato di punta Romney, che a spoglio concluso lo ha preceduto di sole otto preferenze. Una scalata a sorpresa condotta negli ultimi tre giorni, quella del candidato Rick Santorum, rimasto in ombra per tutto il 2011. Ma chi è il candidato che, partito dal fondo senza grossi sostegni, ha raccolto consensi alla vecchia maniera, non mancando un comizio e racimolando voti uno a uno, fino a sfiorare la vetta?
Santorum viene di solito presentato come un fondamentalista, come quello dei valori cattolici contro tutti, anche contro la realtà. In effetti, l'ex senatore della Pennsylvania, oltre ad avere detto pochi giorni fa che «la prima cosa che farò, insieme alle molte altre che ci sono da fare, se venissi eletto, sarà impedire che anche un solo dollaro dei contribuenti venga speso per l'aborto», è anche l'autore della legge che il 7 dicembre 1996 vinse una battaglia storica sul fronte anti-abortista. Con 64 voti a favore e 34 contrari, il Senato statunitense mise al bando "l'aborto a nascita parziale", effettuato negli ultimi mesi di gestazione.
Ricandidatosi nel 2006 Santorum subì poi una dura sconfitta. E a quel punto fu considerato politicamente morto. Ma, come ha raccontato a un'emittente americana nel novembre scorso, «la nascita di mia figlia Isabella Maria (affetta dalla rara sindrome genetica di Turner, ndr) mi ha fatto capire che dovevo fare qualcosa per tutti i bambini come lei, perché abbiano un'assistenza sanitaria adeguata, anche quelli nati in famiglie più povere, che la riforma di Obama non tutela davvero».
Nonostante la decisione di correre per le presidenziali, l'avvocato negli ultimi mesi è sembrato comunque irrecuperabile. In questi giorni di comizi, però, anche quando ai suoi non si presentava nessuno, e pur essendosi dovuto assentare per la malattia della figlia, Santorum non ha rinunciato a parlare della «verità, come faccio sempre anche se è impopolare».
L'ex senatore fu attaccato nel 2006 anche per essersi scagliato contro la Corte suprema che aveva avallato la decisione del marito di Terry Schiavo di sospendere l'alimentazione e l'idratazione alla moglie in stato vegetativo. A far discutere è persino la sua politica fiscale a favore della famiglia e l'ostilità alla sua equiparazione legale con le coppie omosessuali. Sull'immigrazione Santorum ha espresso poi parole contro la clandestinità e «la politica del relativismo che accetta il fondamentalismo islamico senza combatterlo». La crisi per il candidato repubblicano va affrontata «nella sua radice morale e con un welfare leggero, abolendo i troppi regolamenti imposti alle imprese da Obama». Tutte posizioni discutibili, ma mai prive di sostanza, soprattutto se approfondite.
L'ex senatore della Pennsylvania non difende però idee o valori astratti. Bensì una vita che Santorum ha davvero vissuto. Scavando nella sua storia, oltre alla vicenda della figlia Isabella, ci sono altri aneddoti di cui in questi mesi sono emersi solo dei frammenti ma che fanno comprendere molto del personaggio. Figlio di immigrati italiani scappati dal fascismo, ricorda «il nonno che l'America accolse e di cui lui rispettò le leggi. Perciò, non si può accogliere chi non accetta di fare altrettanto». Padre di sette bambini, ha incentrato la sua politica di detassazione tenendo conto di ogni figlio a carico, con misure dettagliate presenti nel suo programma minuzioso. Vuole rivedere del tutto la riforma sanitaria e allargarla alle fasce meno abbienti, perché «so cosa significa provvedere a un malato. Devono poterlo fare tutti».
Forse qualcuno ricorda anche quando l'America intera seguì un'altra delle sue vicende personali. Era il 1995 e Santorum presentava il famoso disegno di legge contro "l'aborto a nascita parziale". I suoi avversari giustificavano quello tardivo puntando su casi estremi di feti malati a rischio. Qualche mese dopo, questa fu la sorte che toccò il figlio Gabriel di cui la moglie Karen era incinta. Da lì iniziarono incessanti richieste di preghiera.
Il piccolo nacque a fine gravidanza, davanti alla commozione di tutta l'America. «E anche se visse solo due ore – scrive la moglie in un libro commuovente, Lettere nell'attesa, pubblicato da Marietti nel 2010 – credo non sia una coincidenza che sia capitato contemporaneamente al dibattito sull'aborto che il papà ha guidato». Proprio nella stessa data di nascita di Gabriel, il 7 dicembre, precisamente a un anno dal lutto, il Senato vietava l'aborto a nascita parziale.
Tra gli amici dei Santorum spiccano infine una grande santa e un mostro sacro della musica. Madre Teresa di Calcutta, che ha omaggiato l'amore dei Santorum per il figlio Gabriel firmando la prefazione del libro scritto dalla moglie, e Bono. Il cantate degli U2, conosciuto durante una campagna contro l'Aids in Africa, disse di lui: «Ha il vizio di dire sempre le cose impopolari, ma in questa battaglia comune è uno dei difensori più esposti».

Fonte: Tempi, 04/01/2012

5 - DICIASSETTENNE, MALATA DI TUMORE, RIFIUTA LE CURE PER PORTARE A TERMINE LA GRAVIDANZA
Se aspetti un figlio, è normale che vuoi dargli tutta te stessa, vita compresa e infatti, come santa Gianna Beretta Molla, Jenni ha detto: ''Ho fatto quello che dovevo fare''
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 05-01-2012

Jenni è una ragazza americana morta di tumore a 17 anni. Jennifer Michelle Lake poteva curarsi ma non l'ha fatto perché aveva paura di provocare, anche se involontariamente, la morte del figlio che portava in sé. Niente radioterapia, niente chemio, per proteggere il piccolo Chad. Che infatti è nato sano come un pesce, ed è rimasto con la sua giovane mamma per 12 giorni. Poi Jenny è morta.
Una storia straziante e magnifica, che sta commuovendo un numero incalcolabile di persone, perché  gli ultimi mesi di vita della ragazza sono stati registrati dalla famiglia che ha creato su YouTube un canale dedicato, Jenni's Journey, e prima una omonima pagina Facebook per cercare di sovvenire alle sue necessità.
In un mondo che legittima l'aborto legale, gratuito e sicuro come un diritto irrinunciabile della donna; in un mondo che esalta la "scelta" della donna come buona in sé, a prescindere da quale sia; in un mondo in cui abortire o far nascere è ingannevolmente presentato come una scelta, occultando che sulla vita innocente nessuna scelta è possibile; in un mondo simile, l'esempio di Jenni sta toccando molti cuori. Una contraddizione che fa perfino rabbia, perché dimostra la deriva emotivista che opprime la civiltà in cui viviamo. La stessa persona è capace di tenere insieme ciò che non si potrebbe; e quindi, con la mente si votano leggi di morte e si condividono opinioni e mass media ferocemente abortisti; e con il cuore ci si commuove davanti al sacrificio estremo di una giovane mamma. Incredibile.
«Ho fatto quello che dovevo fare», ha sempre detto Jenni. C'è un abisso che divide questa vicenda dal mondo in cui è capitata; un mondo nel quale si calcola che ogni anno vengano abortiti volontariamente 40 milioni di innocenti. Un abisso infernale, se si pensa che la quasi totalità di questi delitti vengono consumati per motivazioni decisamente meno gravi rispetto al dilemma tragico che Jenni si è trovato davanti: per lei si trattava di scegliere fra la sua vita e quella del figlio. Di norma, oggigiorno si ricorre all'aborto per molto meno: per un figlio imprevisto, perché in casa manca una stanza in più, per non intralciare le scelte di vita e di carriera, perché si è troppo giovani, perché non è il momento, perché mancano soldi.
La condotta di Jenni surclassa l'atteggiamento mediamente diffuso tra i suoi coetanei o fra le donne che potrebbero esserle, per età, madri. Jenni ha testimoniato che, se aspetti un figlio, è normale che vuoi dargli tutta te stessa, vita compresa. Non sarà inutile notare che nel caso specifico Jenni avrebbe potuto invocare, sotto il profilo morale, il principio del duplice effetto; principio in base al quale si può tollerare un male temuto, a patto di non volerlo, di non avere alternative, di non usare questo male come mezzo per raggiungere il fine buono. Poteva provare a curarsi, accettando il rischio della morte del figlio: non si sarebbe trattato di un aborto volontario diretto. Ma Jenni ha voluto che la sua condotta fosse pienamente aderente a quello che Gesù insegna: non c'è amore più grande che dare la propria vita per i propri amici.
Del resto, la vera cultura pro-life è questa: da un lato, riconosce la sacralità di ogni essere umano innocente; dall'altro, sa che la vita è sacrificabile in un unico caso. E cioè, quando per amore e liberamente qualcuno offre sé stesso per la salvezza di chi ama. È questa, a pensarci bene, la più perfetta imitazione di Cristo.
 
Nota di BastaBugie: sono molte le mamme che scelgono la vita del figlio sacrificando la propria. Alcune sono note, come Santa Gianna Beretta Molla, altre non le conosciamo, altre ancora compaiono in un servizio televisivo come quello che vi proponiamo qui: "E' morta la donna di Pieve di Soligo che rifiuto' le cure antitumorali per far nascere il figlio che portava in grembo.Paola Breda, MADRE di 38 anni, si e' spenta ieri a Falze' di Piave, dove stava con il marito, il piccolo Nicola, che ora ha 17 mesi, e l'altra figlia Ilaria. Paola era incinta di 6 mesi quando le fu diagnosticato un tumore al seno e rifiuto' le cure che avrebbero potuto guarirla per far nascere il bimbo. I funerali si svolgeranno nel duomo di Pieve di Soligo".
http://www.youtube.com/watch?v=sVHd2urv9m0

Fonte: La Bussola Quotidiana, 05-01-2012

6 - PREMIO 2011 A DUE VESCOVI CINESI: DI LORO NESSUNO PARLA E IL GOVERNO CINESE (MENTENDO) DICE CHE NON SA DOVE SIANO
Ultraottantenni con 40 e 51 anni passati in carcere: si teme che vengano uccisi sotto tortura, come è avvenuto per altri vescovi
Autore: Bernardo Cervellera - Fonte: AsiaNews, 30/12/2011

Alla fine dell'anno molte riviste e siti web stilano una classifica dei personaggi più famosi del 2011, che si sono distinti in qualche opera o hanno determinato l'informazione mondiale.
Di solito sono personaggi della politica, della cultura, o un movimento intero, come è quest'anno per la rivista americana Time, che ha consacrato a "personaggio" (collettivo) del 2011 i giovani della "primavera araba" e a tutti i dimostranti del mondo.
Noi di AsiaNews vogliamo fare una scelta controcorrente: dare un premio a chi non è mai stato citato dai media, chi non ha avuto alcun riconoscimento pubblico, chi è dimenticato nonostante anni di lotta per la verità, la dignità e la giustizia: insomma un premio "all'illustre sconosciuto".
Come Time, anche noi vogliamo dedicare un premio "collettivo", a due grandi sconosciuti: due vescovi cinesi della comunità sotterranea che da decenni sono stati rapiti dalla polizia e dei quali nessuno sa più nulla.
Il primo è mons. Giacomo Su Zhimin, quasi 80 anni, vescovo di Baoding (Hebei), arrestato dalla polizia l'8 ottobre 1997.
Da allora nessuno conosce né l'accusa che ha causato l'arresto, né se vi sia stato un processo, né il suo luogo di detenzione.
Nel novembre 2003 è stato per caso scoperto in cura in un ospedale di Pechino, circondato da poliziotti della pubblica sicurezza. Dopo una breve e frettolosa visita dei parenti, la polizia lo ha fatto scomparire ancora fino ad oggi.
Il secondo è mons. Cosma Shi Enxiang, di 90 anni, vescovo di Yixian (Hebei), arrestato il 13 aprile 2001. Di lui non si sa davvero nulla, anche se i suoi parenti e fedeli continuano a domandare alla polizia almeno qualche notizia.
Essi meritano di essere ricordati accanto a famosi personaggi della dissidenza come il premio Nobel Liu Xiaobo o il grande Bao Tong perché come loro – e da molto più tempo – combattono per la libertà dell'individuo e per la loro fede.
In qualche modo essi sono i profeti della dissidenza: primi a subire persecuzione; primi a subire arresti e condanne; primi a lanciare appelli alla comunità internazionale; i primi ad essere dimenticati.
Prima dell'ultimo arresto, mons. Su Zhimin ha passato a fasi alterne almeno 26 anni in carcere o ai lavori forzati, bollato come "controrivoluzionario" solo perché , fin dagli anni '50, si è sempre rifiutato di aderire all'Associazione patriottica, che vuole edificare una chiesa nazionale staccata dal papa.
Nel '96 – da un luogo nascosto perché ricercato – era riuscito a diffondere una lettera aperta al governo cinese perché rispettasse i diritti umani e la libertà religiosa del popolo. In tutto ha già speso 40 anni in cattività.
Mons. Shi Enxiang è stato incarcerato ancora più a lungo: dal 1957 fino al 1980, costretto ai lavori forzati agricoli nell'Heilongjiang, fino a fare il minatore nelle miniere di carbone dello Shanxi.
È arrestato ancora per tre anni nel 1983, poi subisce tre anni di arresti domiciliari.
Nell'89 – alla costituzione della Conferenza episcopale dei vescovi sotterranei – viene ancora arrestato e rilasciato solo nel '93, fino al suo ultimo arresto nel 2001. In tutto egli ha passato già 51 anni in prigione.
Mentre in Cina crescono le rivolte sociali per la giustizia e la dignità degli operai e dei contadini, vale la pena ricordare questi campioni perché essi hanno lottato come loro e prima di loro per la verità, senza mai imbracciare le armi, spesso da soli, senza il conforto dei network di Facebook o di Twitter.
Vale la pena ricordarli anche perché c'è il timore che il regime cinese li faccia morire sotto le torture, come in passato è avvenuto per altri vescovi cinesi imprigionati (mons. Giuseppe Fan Xueyan nel '92; mons. Giovanni Gao Kexian nel 2006; mons. Giovanni Han Dingxian nel 2007).
Allo stesso tempo, vale la pena ricordarli per mostrare quanto è ridicolo il governo di Pechino, che davanti a richieste di personalità politiche internazionale sulla sorte dei due vescovi, si nasconde rispondendo: "Non sappiamo": dovremmo credere che il governo con un gigantesco apparato poliziesco, una superba rete spionistica e di controllo capillare sulla sua popolazione, ignora dove si trovino questi due anziani vescovi, che la cultura cinese imporrebbe di rispettare e onorare?
Il "non sappiamo" è anche la risposta che il Vaticano riceve quando – in incontri privatissimi con qualche burocrate cinese – osa levare la questione sui due prelati scomparsi.
Così, per il timore che la loro sorte peggiori, i loro nomi non vengono mai citati nemmeno nelle preghiere per i perseguitati.
La dolcezza vaticana, mostrata finora nel dialogo con le autorità cinesi, non è riuscita ancora a liberare questi vescovi, né le decine di sacerdoti sotterranei che languono nei laogai (lager) cinesi.
Il nostro augurio per la Commissione vaticana sulla Chiesa in Cina è che essa ponga la loro liberazione come condizione per far ripartire qualunque dialogo.
E la nostra richiesta a chiunque, cristiani e non, è ricordarsi di questi due anziani campioni della fede, della verità, della dignità dell'uomo.
A loro indiscutibilmente va il nostro premio e soprattutto la nostra gratitudine. Per questo vogliamo iniziare il 2012 con una campagna a loro favore.

Fonte: AsiaNews, 30/12/2011

7 - I DOVERI DEL PROPRIO STATO VENGONO PRIMA DI TUTTE LE SODDISFAZIONI (EGOISTICHE) TRAVESTITE DA ALTRUISMO O SPIRITUALITA'
Ad esempio una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 02/01/2012

E' segreta come la formula della Cherry Coke. Come la ricetta della Eight Hour di Elizabeth Arden. Non renderò nota per nessun motivo al mondo la mia lista dei buoni propositi per l'anno 2012 – che credo prenda il nome dal tacco 12 al quale è intitolato, per ricordare a tutte le donne dell'assoluta necessità di indossare scarpe che ne siano dotate, almeno quattro ore e un quarto ogni settimana – perché già so che riuscirò a realizzarne circa la quindicesima parte, ma solo a patto che elimini quel fastidioso problemuccio di dover ogni tanto appoggiare la testa su una qualsivoglia superficie, e chiudere gli occhi per due ore.
Sono in effetti piuttosto esigente con me stessa, e anche così poco umile – cioè realistica, come insegna santa Teresa d'Avila – da presumere di avere capacità e forze che non ho.
In questo momento scrivo dalla cameretta di quando ero ragazza, guardando i campi gelati che hanno fatto da spettatori, credo divertiti, a decine di liste come questa. Sono una veterana dei manifesti di inizio anno, e dovrei sapere che fine fanno ogni volta. [...]
Intanto, in molti anni di inutili buoni propositi, ho imparato un piccolo principio pratico della vita spirituale: è molto utile non aspettare che l'anno finisca, ma fare una revisione periodica, per esempio mensile, del proprio piano di vita.
Ma la cosa più importante che ho capito in anni di inutili liste di buoni propositi, è che senza lo Spirito Santo "nulla è nell'uomo, nulla senza colpa". Questo solo ci permette di non rimanere schiacciati guardando la sproporzione tra quello che vorremmo fare e quello che facciamo, tra come vorremmo essere e come siamo. Nella vita spirituale la comprensione, vera, sincera, leale, non affettata, della propria povertà è segno che si sta andando dalla parte giusta. Perché alla fine il perfezionismo, l'idea di poter aspirare a qualcosa che si avvicini anche di striscio alla perfezione altro non è che l'idea che l'uomo valga qualcosa da se stesso, e quindi possa fare a meno di Dio: l'idea madre di tutte le aberrazioni, il peccato, le eresie.
Al numero uno, dunque, quest'anno, forse sarebbe bene mettere la decisione di accogliere la realtà, la realtà che viene incontro e provoca con le sue richieste. A volte insopportabilmente esigenti, a volte solo faticose, a volte belle e basta.
A chi gli chiede come essere perfetto Gesù dice di amare il prossimo, e il prossimo è il samaritano che incontra il ferito, lo raccoglie e lo affida a un locandiere, pagandolo perché si occupi di lui. Non stravolge la sua vita, ma fa quello che può, con generosità e buon senso, deviando dal suo percorso ma mantenendo la sua rotta. Accogliere le occasioni di fare il bene, con senso di realtà e misura, sempre tenendo presenti e primi i propri doveri di stato: una madre non può aprire la sua casa ai barboni, un padre non può trascorrere tutte le sue sere tra ritiri, incontri ed eventi religiosi che gratificano, risultando una sorta di lussuria spirituale (più diffusa di quanto si pensi). E' più faticoso stare a casa, amare più "banalmente" i propri familiari, i parenti, i colleghi, quelli magari di cui in questi giorni di incontri per le feste ci siamo anche un po' lamentati. Anche nel banale pranzo coi parenti si può amare come Dio ci chiede di fare, soccorrere una povertà che nessuno vede, avvicinare una solitudine che nessuno sfiora. Io personalmente non ho mai messo questa forma banale e quotidiana, quasi "obbligata" di amore tra i buoni propositi di inizio anno.
C'è una piega di eterno possibile in ogni azione, perché non è quello che facciamo, ma lo Spirito Santo a rendere feconde e "senza colpa" le nostre opere. Quelle che compiamo sapendo che senza Gesù non possiamo fare nulla.
Domani è la festa del santo nome di Gesù, il nome che vuol dire Dio salva. Il nome al quale "ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra", e che ci rende figli di Dio; il nome di colui che ride ai nostri progetti e che raccoglie le nostre briciole per trasformarle in pane per il mondo.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 02/01/2012

8 - SQUADRE DI ISPETTORI A CORTINA D'AMPEZZO: MA I PARADISI FISCALI NON CI SAREBBERO SE NON CI FOSSERO GLI INFERNI FISCALI (COME L'ITALIA)
Ecco perché bisognerebbe fare l'esatto contrario di quello che sta facendo il governo Monti-Napolitano
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana, 06/01/2012

I paradisi fiscali non ci sarebbero se non ci fossero gli inferni fiscali: e l'Italia è uno di questi. I cittadini hanno il dovere di pagare le imposte, ma le istituzioni (nel caso italiano lo Stato, che continua a detenere ogni competenza in materia) hanno il corrispondente dovere di non depredare i cittadini, la società civile. E nel caso del nostro Paese senza dubbio di depredazione si deve parlare non soltanto per il prelievo fiscale che ormai si sta avvicinando al 50 per cento della produzione interna lorda, Pil, ma anche per le forme di usura che in vario modo lo caratterizzano: in primo luogo i cosiddetti acconti che, essendo vicini al 100 per cento del dovuto, si configurano come imposte sul reddito futuro, e poi penali spropositate per minimi ritardi sulle scadenze dei pagamenti (dei piccoli;  quando invece a evadere o a ritardare pure di anni i pagamenti sono grandi ricchi allora si arriva non di rado a concordati con enormi sconti).  
Quando dunque si richiama al dovere morale di pagare le imposte che incombe sui cittadini, sarebbe equo, opportuno e importante richiamare contemporaneamente lo Stato, e quindi il governo e il parlamento, al dovere morale di non porre sulle loro spalle un onere fiscale soffocante. Altrimenti si finisce, anche senza volerlo, di assegnare al potere politico una patente di innocenza a priori che non fa bene né a chi lo esercita né al Paese. L'attentato dello scorso 9 novembre al direttore generale di Equitalia e le lettere minatorie spedite a sedi di tale società in tutta Italia in questi ultimi giorni sono un campanello d'allarme da non trascurare. Si tratta ovviamente di un crimine e di intimidazioni assolutamente esecrabili. Ciò fermo restando, tali episodi sono però anche il sintomo, seppur estremo e patologico, di un disagio generale dell'intera società civile italiana: un disagio che sarebbe saggio non sottovalutare. In altre epoche e circostanze sarebbero stati presi altri settori della pubblica amministrazione o anche  realtà private. Questa volta invece è stato spedito un pacco bomba al gran capo dei dazieri. Sarebbe il caso di tenerne conto.
Anche in questa materia il governo Monti si sta dimostrando di una convenzionalità sconfortante. Se è vero come è vero che oggi soltanto una ripresa dell'economia ci può salvare da guai sempre maggiori, allora l'itinerario da percorrere  passa attraverso le tappe seguenti: taglio rapido e consistente della spesa dello Stato e riforma generale organica della sua macchina amministrativa, riduzione della pressione fiscale, abrogazione di leggi e norme amministrative che intralciano e rallentano le attività produttive. Viceversa di riforma dell'amministrazione statale nemmeno si parla; si ventilano tagli lineari che con l'amministrazione statale che abbiamo provocheranno tagli dei servizi senza affatto incidere sugli sprechi e le inefficienze dell'apparato; si aumentano le imposte fino a livelli che faranno dilagare sempre di più l'evasione fiscale.
L'esperienza dimostra che a un livello di pressione fiscale come quello che abbiamo in Italia l'evasione fiscale non scende comunque a livelli "fisiologici" mentre ogni ulteriore meccanismo di controllo non solo provoca ulteriori costi ma anche intralcia ulteriormente le attività produttive. In tale quadro i "blitz" di squadre di ispettori fiscali come quello dei giorni scorsi a Cortina d'Ampezzo sono in sostanza pura demagogia.
Le imposte non sono una norma, né tanto meno uno strumento di riforma sociale. Le imposte sono il prezzo dei servizi della pubblica amministrazione. Nelle circostanze attuali un governo che voglia davvero tirarci fuori dai guai deve innanzitutto impegnarsi a ridurre il costo e quindi il prezzo di tali servizi. In tempi brevi un governo così ampiamente sostenuto come quello attualmente in carica potrebbe e dovrebbe chiudere o accorpare ministeri, mettere sul mercato la Rai e tagliare una quantità di ingenti spese inutili, come ad esempio la massima parte delle missioni militari all'estero.
Siccome poi la storia ha ormai dimostrato in modo inoppugnabile che i prezzi scendono e restano al minimo solo all'interno di un regime di concorrenza, diventa urgente introdurre anche nel pubblico il principio di  concorrenza ovunque possibile. Invece di imboccare la strada di un ulteriore accentramento, come invece questo governo sta facendo, si tratterebbe dunque al contrario di spingere l'acceleratore sul federalismo attribuendo ad ogni livello di governo sub-statuale, competenze esclusive e adeguata piena responsabilità sul lato sia della spesa e sia (al di sotto di una soglia massima uguale per tutti) sul lato del prelievo, compreso il diritto di abbassare la pressione fiscale sul proprio territorio in concorrenza con altri per attirare su di esso investimenti. Non sono cose che stanno solo sulla luna. Se ne possono trovare ampi esempi in molti altri Paesi europei.

Fonte: La Bussola Quotidiana, 06/01/2012

9 - IL GOVERNO UNGHERESE (ELETTO A GRANDE MAGGIORANZA) TOGLIE AUTONOMIA ALLA BANCA CENTRALE SFIDANDO BCE E FMI
Disturba ai poteri forti europei che nella Costituzione si faccia riferimento a Dio e alle radici cristiane e che l'embrione venga considerato un essere umano sin dall'inizio... (e a noi in Italia ci tocca Napolitano presidente)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 05/01/2012

Non mi piace (e mi preoccupa) l'andazzo del governo di Victor Orban, in Ungheria: penso che il Partito popolare europeo (di cui Orban è vicepresidente) dovrebbe discuterne subito.
Ma vedendo che Corriere della sera e Repubblica già lanciano la crociata contro il governo di Budapest, eletto da una maggioranza di due terzi, mi chiedo: siamo sicuri che noi italiani possiamo permetterci il lusso di dare lezioni all'Ungheria?

COMPAGNO NAPOLITANO
Temo che gli ungheresi possano dirci: cari signori italiani che volete insegnarci il liberalismo, voi avete eletto presidente della Repubblica, dunque simbolo morale di tutta la vostra nazione, e tutti i giorni incensate sui giornali (a cominciare da Corriere, Repubblica e Stampa), un uomo politico che fu dirigente del Partito comunista di Togliatti e di Stalin.
L'on. Napolitano, nel 1956, quando i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il nostro popolo che chiedeva libertà, si pronunciò così: "L'intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l'Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione ma alla pace nel mondo".
Quell'invasione ("per la pace") massacrò 2700 ungheresi, oltre alla libertà e all'indipendenza di quel Paese. Congelando un'evoluzione che poteva iniziare allora e non nell'89.
Noi replicheremo che Napolitano ha poi riconosciuto l'errore.
Ci mancherebbe! Volete che quarant'anni dopo, a comunismo crollato – ci diranno gli ungheresi – esaltasse ancora l'invasione?
Ma il passato conta e non può essere cancellato. Specie se uno non si ritira in pensione, ma diventa presidente della Repubblica. E specie se volete dar lezioni di libertà a noi.
D'altra parte, bisogna ammettere che se si legge l' "autobiografia politica" di Napolitano intitolata "Dal Pci al socialismo europeo" (Laterza), uscita nel 2005, alla vigilia della sua elezione al Quirinale, la "revisione" sui fatti ungheresi sembra ancora il dibattito interno al Pci: dà ragione ad Antonio Giolitti e a Di Vittorio, riconosce che avevano ragione i dirigenti comunisti ungheresi che si opposero ai carri armati e furono spazzati via, ma non dà ragione agli anticomunisti.
Ed evita di fare i conti con tutta la verità storica.

RIVELAZIONI SU TOGLIATTI
Per esempio. Si era sempre scritto che il Pci avesse "solo" (sic!) applaudito sull'Unità i cingolati del tiranno e condannato gli operai che chiedevano pane e libertà come "controrivoluzionari", "teppisti" e "spregevoli provocatori".
Ma Togliatti non fece solo questo.  Lo si è scoperto alla fine del 1992, quando il presidente russo Eltsin consegnò al presidente ungherese i documenti riguardanti l'invasione dell'Ungheria che erano custoditi negli archivi segreti dell'ex Urss.
Da quella documentazione si è scoperto che il 30 ottobre 1956 il presidium del comitato centrale sovietico – in linea con la destalinizzazione di Kruscev – aveva deciso all'unanimità di evitare l'intervento armato in Ungheria. Invece il giorno dopo capovolse tutto e decise di "restaurare l'ordine in Ungheria".
A cosa fu dovuta questa retromarcia?
Si è ipotizzato che a modificare la prima decisione sovietica – scrivono Zaslavskj ed Aga-Rossi – "contribuirono le prese di posizione di alcuni rappresentanti del blocco comunista a favore di un intervento. A questo proposito rimane da approfondire il ruolo avuto dal telegramma di Togliatti" dove costui "definì gli avvenimenti ungheresi 'la rivolta controrivoluzionaria' e sollecitò il governo sovietico a prendere una posizione chiara, per evitare che assumessero una 'direzione reazionaria' ".
Questa è appunto la scoperta: una lettera (dura con gli ungheresi) di Togliatti spedita urgentemente, per telegramma, a Mosca proprio quel 30 ottobre tramite l'ambasciata sovietica.
Togliatti – essendo stato così vicino a Stalin – aveva allora un grosso peso nel mondo comunista internazionale, infatti "all'interno dell'Unione Sovietica la sua lettera fu utilizzata dall'apparato di propaganda per giustificare l'intervento" (Zaslavskj).
Dunque oggi si può dire che il ruolo del leader del Pci non fu solo quello di lodare i carri armati che invasero l'Ungheria per "sbarrare la strada al terrore bianco e schiacciare il fascismo nell'uovo".
Di tutto questo Victor Zaslavskj ha scritto in due volumi del 1997 e del 2004, ma Napolitano nel suo libro del 2005 non ne fa alcuna menzione. E continua a sostenere che l'errore del Pci fu solo "la giustificazione del sanguinoso intervento".  

E' ANCORA COMUNISTA?
Del resto tutta la revisione di Napolitano appare indulgente e "continuista". Mai una vera rottura.
Pur essendo approdato, come dice il titolo del libro, al "socialismo europeo", da nessuna parte egli scrive che avevano ragione gli anticomunisti (come il cardinale Mindszenty o come Luigi Gedda e Pio XII).
Non mi pare che scriva che fosse immorale e ingiustificabile sostenere le disumane tirannie comuniste e propagarne le stomachevoli menzogne.  
Anzi. Si legge talora una sorprendete apologia del Pci degli anni Quaranta, proprio il periodo di Stalin. Ci si aspettava che almeno nel 2005 Napolitano riconoscesse l'enorme merito storico della Dc, di avere letteralmente salvato la libertà e l'indipendenza dell'Italia dalla minaccia (anche militare) comunista.
E invece scrive testualmente che "dopo le elezioni del 18 aprile 1948, la Democrazia cristiana (…) intraprese coi suoi alleati di governo una politica che risultò oscurantista e perfino liberticida rispetto ai valori della laicità dello Stato, ai diritti costituzionali dell'opposizione, alle espressioni culturali e artistiche non gradite".
Poi sottolinea quanto fosse "persuasiva la strategia di opposizione del Pci" elogiando "il successo di una vigorosa e ben motivata azione politica del Pci, che lo qualificò come partito difensore della Costituzione repubblicana e della libertà della cultura, e che fu certamente benefica per il paese, per la democrazia italiana" (pagg. 16-17).
Dunque il Pci di Togliatti e di Stalin fu il salvatore della democrazia e della libertà, mentre la Dc di De Gasperi fu "liberticida" e "oscurantista". Scritto nel 2005, alla vigilia dell'elezione al Colle.
Vogliamo oggi dar lezioni all'Ungheria?

NOI NON SIAMO PIU' LIBERI
Bisognerebbe essere stati sempre liberaldemocratici e anticomunisti, come pure antifascisti (teniamo conto che questo Orban fu un oppositore del regime comunista ungherese). Ma in Italia pochi lo sono stati.
Fa bene il "Corriere" ad attaccare Orban  perché "la nuova Carta rende retroattivamente 'responsabili dei crimini comunisti' commessi fino al 1989 i dirigenti dell'attuale partito socialista (ex comunista)", ma noi siamo stati sempre netti nella condanna del comunismo, senza amnesie e reticenze?
E' sacrosanto criticare le decisioni del governo ungherese se limitano la libertà di stampa o altre libertà o i diritti delle minoranze. Ma perché condannare il riferimento a Dio nella Costituzione ("Dio benedica gli ungheresi"), un motto uguale a quello delle istituzioni americane o inglesi?
Il Corriere pone fra i capi di imputazione il fatto che la nuova Costituzione "stabilisce che l'embrione è un essere umano sin dall'inizio".
E' forse un crimine? Li condanniamo dall'alto di milioni di aborti legalizzati in Europa? Magari mentre digeriamo senza proteste la legge sugli aborti forzati in Cina che fa milioni di vittime?
Repubblica imputa a Orban di aver varato "una legge che toglie autonomia alla banca centrale, sfidando Bce e Fmi". Ma la sovranità spetta ai popoli o a Bce e Fmi?
Siamo più liberi e liberali noi italiani che abbiamo consegnato la nostra sovranità a un ente privato come la Bce o alla Bundesbank, facendoci dettare da loro il programma di governo e il nuovo governo?
Siamo più liberi noi, ormai costretti a lavorare gratis per lo stato fino ad agosto e a consegnare alle banche i nostri stipendi, senza più neanche il diritto di prelevare liberamente i nostri soldi dovendo giustificare prima allo stato come intendiamo spenderli? Sarebbe questa la libertà che vogliamo insegnare all'Ungheria?

DOSSIER "VIKTOR ORBAN"
Chi è il presidente dell'Ungheria

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Fonte: Libero, 05/01/2012

10 - ABOLIZIONE DELL'8 PER MILLE ALLA CHIESA? SIAMO D'ACCORDO... A PATTO PERO' CHE SI RENDA ALLA CHIESA CIO' CHE LE E' STATO RUBATO DALLO STATO IN 150 ANNI!
L'8 per mille non è un generoso regalo, ma l'indennizzo dello Stato per ciò che ha rubato con l'Unità d'Italia (ecco inoltre perché non ha senso darlo alle religioni diverse dalla cattolica)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana, 04/01/2012

E' davvero irritante il cinismo con cui, sull'onda emotiva dei sacrifici imposti dall'attuale situazione economica nazionale, vengono brandite contro la Chiesa Cattolica le armi spuntate del radicalismo anticlericale, agitando la (inesistente) questione dell'ICI e dell'8 per mille. Operazione di sciacallaggio mediatico quella che vuole strumentalizzare l'oggettiva difficoltà in cui si trovano gli italiani, per lanciare una campagna tanto demagogica quanto calunniosa.
E disonesti intellettualmente appaiono tutti coloro che a tale campagna si aggregano o che ad essa plaudono con la stessa cecità ideologica delle tricoteuses giacobine sotto i patiboli. Per quanto riguarda il primo tema, quello relativo alla richiesta di abolizione dell'asserita esenzione ICI, "Avvenire" ha documentalmente dimostrato per tabulas, attraverso la sua meritoria campagna, che trattasi di pura menzogna. Per cui la questione si può anche chiudere qui.
Per ciò che concerne, invece, il secondo tema, ovvero il trasferimento dei fondi dallo Stato italiano alla Chiesa cattolica attraverso il meccanismo dell'otto per mille del gettito fiscale, il discorso merita una considerazione. Approfittando, in perfetta mala fede, del rigore generale imposto dalla nuova politica di austerity, i soliti anticlericali hanno trovato spazio per amplificare il logoro refrain sull'«odiato privilegio» concesso alla Chiesa, che vanno ormai ripetendo, come un disco rotto, dal 1985. Sapendo di non poter vincere la guerra dell'abolizione, ora tentano almeno di vincere la battaglia della riduzione.
«Se il popolo deve fare sacrifici, li facciano anche i ricchi cardinali», sentivo giorni fa alla radio. E lo stesso Gustavo Raffi, Gran Maestro della potente obbedienza massonica del Grande Oriente d'Italia, dalla sontuosa villa romana Il Vascello, lo scorso dicembre così tuonava contro gli asseriti benefici fiscali in favore del clero cattolico: «Bisogna cancellare i privilegi, senza se e senza ma: anche la Chiesa paghi le tasse, perché nel momento in cui si chiedono lacrime e sangue ai pensionati e alle fasce sociali più deboli, non si possono mantenere feudali esenzioni per gli immobili commerciali di proprietà del clero».
Tutto ciò apparirebbe risibile se la drammaticità del momento non lo facesse apparire una farsa macabra. Di fronte ad una simile operazione mistificatoria, bisognerebbe trovare il coraggio di fare una proposta davvero radicale. Un coup de théâtre: accettare l'abolizione totale dell'otto per mille. Ad una sola condizione, però. Che lo Stato italiano restituisca tutto l'immenso patrimonio, costituito da chiese, conventi, monasteri, palazzi, biblioteche, terreni, opere d'arte, suppellettili sacre, ecc., illegittimamente sottratto alla Chiesa Cattolica, in violazione di ogni diritto, ivi compreso il diritto internazionale.
Sì, perché qualcuno ancora si ostina a dimenticare che l'otto per mille, dal punto di vista morale e giuridico, non rappresenta una generosa liberalità, ma l'indennizzo dello Stato a quell'illecito incameramento del patrimonio ecclesiastico, perpetrato a partire dal 1855, quando l'ex ministro Clemente Solaro della Margherita (autentico conservatore), prendendo la parola nel parlamento piemontese, definì le Leggi Siccardi un «sacrilego latrocinio».
Lo Stato italiano, ovviamente, non sarebbe in grado di restituire tutti i beni illecitamente sottratti alla Chiesa dal 1855 al 1875, e la proposta ha evidentemente il sapore di una provocazione. Si tratta però di una provocazione che dovrebbe far riflettere soprattutto i trisnipotini di Siccardi, Rattazzi, Ferraris. Oggi allo Stato italiano, proprio in concomitanza del 150° anniversario dell'unità, non conviene davvero riaprire quella dolorosa ferita, maldestramente coperta dalla mitologia risorgimentale anticattolica. Intelligenti pauca.

Fonte: Corrispondenza Romana, 04/01/2012

11 - FALCE E CARRELLO: TOLTA LA CENSURA AL LIBRO CHE SMASCHERA LO STRAPOTERE DELLE COOP
Torna di nuovo in vendita il libro di Caprotti, patron di Esselunga
Fonte Avvenire, 27/12/2011

Il libro 'Falce e carrello' di Bernardo Caprotti torna in vendita. A sdoganare il volume scritto tre anni fa dal patron di Esselunga per attaccare il sistema delle Coop è il giudice della prima sezione civile della Corte d'Appello di Milano, che ha accolto la richiesta di sospensiva presentata da Esselunga contro la sentenza che lo scorso settembre, nel condannare Caprotti per concorrenza sleale contro la Coop, aveva disposto il ritiro del libro. Con un'ordinanza del 21 dicembre la Corte d'Appello ha dunque ordinato la sospensione dell'esecutività della sentenza firmata tre mesi fa e che aveva sollevato una polemica, anche a livello mediatico, alimentata da alcuni esponenti del Pdl, area politica di riferimento di Caprotti. In attesa del giudizio di secondo grado il libro edito da Marsilio può dunque essere ora ristampato e distribuito. E viene sospeso anche il risarcimento da 300.000 euro a favore di Coop Italia disposto dallo stesso Tribunale di Milano sempre a metà settembre.
Nell'ordinanza, la Corte rileva tra l'altro che il ritiro delle copie e il divieto di pubblicazione ha «una sostanziale valenza di sequestro e censura». È un «provvedimento che quindi risulta adottato al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge», cioè quelli di stampa oscena, plagio, apologia del fascismo e scritti privi dei requisiti per individuare i responsabili.

DOSSIER "ESSELUNGA"
I soprusi della Coop contro Bernardo Caprotti

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Fonte: Avvenire, 27/12/2011

12 - OMELIA II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Gv 1,35-42)
Tu sei Simone, il figlio di Giovanni, sarai chiamato Cefa
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 15/01/2012)

Il tema centrale di questa seconda domenica del Tempo Ordinario è la vocazione. La vocazione è una chiamata particolare che Dio rivolge a qualche sua creatura, affinché essa sia tutta sua e si consacri a Lui nella vita sacerdotale o religiosa.
Già nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della vocazione di Samuele. Nella notte, Dio chiamò per tre volte il giovane Samuele e, per tutte e tre le volte, il giovane pensò che fosse stato il suo maestro Eli a chiamarlo. Alla fine Eli comprese che si trattava del Signore, e allora invitò il giovane a seguire questa chiamata di Dio. Così, quando per la quarta volta Samuele udì quella voce misteriosa che a lui si rivolgeva, così rispose: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10).
In questo brano colpisce molto la prontezza e la disponibilità di Samuele, il quale, appena si accorse che Dio lo chiamava si rese subito disponibile a compiere la sua Volontà. Sul suo esempio anche noi dobbiamo essere pronti ad eseguire la Volontà di Dio, a chiedere con insistenza che il Signore ci indichi ciò che Lui vuole da noi. Ogni volta che recitiamo il Padre nostro, tra le varie richieste, diciamo anche «sia fatta la Tua Volontà». Affinché queste non siano parole superficiali, da parte nostra ci deve essere tutta la disponibilità a uniformare la nostra volontà alla Volontà Divina. Dobbiamo essere sempre pronti a rinunciare al nostro punto di vista appena ci accorgiamo che il Signore vuole qualcos'altro da noi. In questa uniformità alla Volontà di Dio consiste la vera santità.
In questa prima lettura colpisce anche il fatto che fu Eli a far comprendere l'origine di questa chiamata. Così sarà anche per noi. È indispensabile la presenza di una guida spirituale che ci indichi con certezza ciò che il Signore vuole da noi. Su ciascuno di noi, Dio ha un progetto particolare e solo se riusciremo a realizzare questo piano troveremo la nostra felicità. Fino a che non riusciremo a compiere ciò, il nostro cuore sarà sempre insoddisfatto. Ma, per comprendere quella che è la nostra chiamata, c'è bisogno di una guida spirituale.
Questo vale per tutti i cristiani e vale soprattutto per quella che è la grande scelta della vita. Da alcuni Dio vuole una vocazione particolare, una consacrazione nella vita religiosa o sacerdotale. Secondo san Giovanni Bosco, che fu il Santo dei giovani, Dio chiama un ragazzo su tre. Si capisce allora quanto numerose dovrebbero essere le vocazioni. Purtroppo si assiste un po' ovunque al calo delle vocazioni. Ciò dipende dal fatto che molti giovani chiamati dal Signore non ascoltano o non vogliono seguire questa speciale vocazione. Non la ascoltano perché distratti da mille cose, e non la comprendono perché non sono guidati da nessuno.
È dunque importante pregare affinché molti giovani comprendano e rispondano come Samuele; ed è importante, per chi si pone questo interrogativo, trovare una buona guida spirituale che li possa aiutare.
Nel brano del Vangelo abbiamo invece la chiamata dei primi Discepoli da parte di Gesù. Sono loro a seguire il Maestro alle parole di Giovanni il Battista: «Ecco l'Agnello di Dio» (Gv 1,36). Colpisce profondamente il disinteresse del Precursore, il quale non raduna attorno a sé dei discepoli se non per indirizzarli a Gesù. Egli non ricercò la propria gloria, ma unicamente quella di Dio. E così Andrea, che prima era discepolo di Giovanni, da quel momento iniziò a seguire Gesù e indusse suo fratello Pietro a fare altrettanto. Già in questo brano del Vangelo possiamo vedere il primato dell'apostolo Pietro, per il fatto che Simone, il fratello di Andrea, fu l'unico Apostolo a cui fu cambiato il nome: «Sarai chiamato Cefa – che significa Pietro» (Gv 1,42).
Ai primi Discepoli che chiedevano qualcosa su di Lui, il Signore disse: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Così, a tutti quelli che, pur sentendo la chiamata di Dio, hanno paura di fare questo passo, Gesù dice: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Queste parole sono un invito a fidarsi di Lui, ad abbandonarsi giorno per giorno alla Divina Provvidenza, sicuri che Egli ci sosterrà ogni giorno della nostra vita.
Colpisce un ultimo particolare. Trovato il Messia, Andrea coinvolge subito il fratello Simone. Trovato il Signore, Andrea sentì l'ardente desiderio di farlo conoscere anche agli altri. E quello fu il suo primo apostolato. Se veramente ameremo il Signore, sentiremo anche noi il desiderio di farlo conoscere a chi ci sta intorno e a tutti quelli che incontreremo. Questa è una chiamata che Dio rivolge a tutti.
Infine, nella seconda lettura, l'apostolo san Paolo ci ricorda che noi apparteniamo a Dio e che, pertanto, dobbiamo stare lontani da ogni forma di impurità. «State lontani dall'impurità!» (1Cor 6,18), grida san Paolo, ricordandoci che il nostro corpo «è tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19). Spesso è proprio l'impurità che impedisce a tanti giovani di capire qual è la loro strada. Accecati dalla carne, essi non sentono la chiamata di Dio, il quale li invita a qualcosa di diverso e di immensamente superiore a qualsiasi gioia terrena. Se saremo puri di cuore comprenderemo sempre la Volontà di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 15/01/2012)

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