IL GOVERNO DEI TECNICI CALA LA MASCHERA E SVELA UN IMPORTANTE OBIETTIVO: RICONOSCERE LE UNIONI GAY
Il ministro del Welfare Elsa Fornero ha espresso con forza il suo impegno per omosessuali e transgender (discriminando così gli eterosessuali)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
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EDUCARE I FIGLI? I GENITORI OSCILLANO TRA IL DISINTERESSE E UN AMORE SOFFOCANTE E MORBOSO
I genitori di oggi non hanno né la voglia né il coraggio di imporre nessuna regola e così i figli diventano insicuri e insoddisfatti
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
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PROTESI DIFETTOSE, FACCIAMOCI UNA DOMANDA PRELIMINARE: E' IMMORALE RIFARSI IL SENO?
In quali casi etica e chirurgia estetica non sono in contrasto? E spingendoci nella fantascienza: perché saranno sempre immorali il trapianto di faccia o di cervello?
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana
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ECCO IL VIDEO DI GIANNA JESSEN, LA RAGAZZA SOPRAVVISSUTA ALL'ABORTO, INTERVISTATA SU RAI DUE
Inoltre ecco il testo delle testimonianze rilasciate nel 1996 e nel 2000 davanti al Sottocomitato Giudiziario del Congresso Americano sulla Costituzione
Autore: Gianna Jessen - Fonte: Sursum Corda
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IL CORRIERE DELLA SERA DICHIARA: ''LA MERKEL CONVINCE LA CINA A SOSTENERE L'EURO!'', MA DICIAMOLO SINCERAMENTE: SONO TUTTE BALLE!
Pechino già da tempo ha mandato a dire molto esplicitamente di non capire perché la Cina dovrebbe sostenere paesi europei che hanno un prodotto procapite pari da 6 a 8 volte quello cinese!
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana
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MONS. FRANCESCO MORAGLIA NOMINATO PATRIARCA DI VENEZIA: UN VESCOVO GIOVANE, CON LE IDEE CHIARE E IN COMUNIONE CON IL PAPA
Ecco l'omelia che fece qualche mese fa al Giorno del Timone della Toscana: ''È necessario che strumenti culturali come il Timone sboccino numerosi per stimolare la fede dei credenti''
Autore: Francesco Moraglia - Fonte: Amici del Timone di Staggia Senese
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CLAMOROSO: E' INVERNO E FA FREDDO
Giornali e televisioni riversano una serie di luoghi comuni, contraddittori fra di loro, e frasi di buon senso piazzate a caso senza un senso logico, figurarsi il valore scientifico
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana
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LETTERE ALLA REDAZIONE: AMARE CASTAMENTE E' POSSIBILE
La testimonianza di una coppia di fidanzati che ha deciso di vivere controcorrente il tempo della preparazione al matrimonio
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 1,40-45)
Lo voglio, sii purificato!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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IL GOVERNO DEI TECNICI CALA LA MASCHERA E SVELA UN IMPORTANTE OBIETTIVO: RICONOSCERE LE UNIONI GAY
Il ministro del Welfare Elsa Fornero ha espresso con forza il suo impegno per omosessuali e transgender (discriminando così gli eterosessuali)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/02/2012
Quando il presidente Napolitano partorì il "governo dei tecnici" noi dicemmo subito che era un inganno. Anche se un governo ha il compito principale di sistemare un problema – in questo caso l'economia – è ovvio che in due anni di mandato deve fare anche tutte le altre cose necessarie a gestire il paese, e per il quale sono necessarie scelte politiche. Non ci sono scelte neutre, a dire il vero neanche in economia, e per questo reputavamo grave il sostegno a un esecutivo che gli italiani non avevano scelto. L'ultima uscita del ministro del Welfare Elsa Fornero ci conferma più che mai nel nostro giudizio. Cosa ha fatto dunque il ministro Fornero? Parlando alla Commissione Affari Costituzionali e Lavoro della Camera, esponendo il suo programma per le pari opportunità, ha espresso con forza il suo impegno contro la discriminazione di omosessuali e transgender: "Un dato che è sotto gli occhi di tutti è il grave ritardo culturale, di apertura mentale, che il nostro Paese rappresenta in tema di pari opportunità... La diversità è un valore, deve essere tra le cose che i bambini imparano da piccoli. I semi si gettano tra bambini e soprattutto nelle scuole", e su questo ha parlato di collaborazione già avviata con il ministro dell'Istruzione Francesco Profumo: "Bisogna superare i ritardi culturali enormi, anche geografici", ha concluso. Dunque, questo governo ha deciso di mettere la questione omosessuale al centro della sua azione, e non – contrariamente a quanto si dice – per eliminare presunte discriminazioni, ma per imporre la "normalità" dell'unione omosessuale. In altre parole, non si tratta di intervenire legittimamente per evitare eventuali discriminazioni – che so – nell'accesso al lavoro: da nessuna parte infatti oggi in Italia si devono riempire formulari in cui si deve dichiarare il proprio orientamento sessuale, in base al quale si fanno poi delle scelte. Si tratta invece di riconoscere le unioni gay e parificarle a quelle tra uomo e donna, e tutte e due al matrimonio. Cioè si tratta di portare a compimento quella rivoluzione antropologica già iniziata in Occidente che, negando la legge naturale, vuole superare la divisione oggettiva in sessi (maschio e femmina) per affermare l'autodeterminazione dell'orientamento sessuale (mi sento maschio, femmina, trans, travestito a prescindere da ciò di cui la natura mi ha dotato). Come ognuno può capire non si tratta di questioni "tecniche" ma culturali e politiche. Ad onor del vero anche il precedente ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, era sulla stessa lunghezza d'onda ma la maggioranza in cui era stata eletta, e il doverne rispondere agli elettori che avevano votato per tutt'altro, aveva impedito che le intenzioni del ministro si traducessero in realtà. Così, ad esempio, fu bocciato il disegno di legge sull'omofobia, che ora possiamo immaginare verrà ripresentato, ovviamente dando anche dei "ritardati culturali" a coloro che vorranno continuare ad opporsi. Ricordiamo al proposito che la proposta di legge contro l'omofobia non combatte le discriminazioni ma crea una categoria di privilegiati, discriminando tutti gli altri. In particolare, tacciando di omofobia tutti coloro che ritengono il riconoscimento delle unioni omosessuali contrarie alla legge naturale, Papa in testa. Ma la Fornero va ben oltre e parla di educazione da impartire a scuola ai bambini, e già ci starebbe lavorando insieme al ministro dell'Istruzione. E' qui che la rivoluzione antropologica può davvero vincere: lo Stato si appropria dei bambini – tanto con il tempo pieno o prolungato già dall'infanzia spendono più tempo con maestre e assistenti che non con i genitori -, e fin dalla più tenera età insegna loro che essere attratti da persone di un altro sesso o dello stesso sesso non fa differenza, anzi una singola persona può essere diverse cose nella sua vita, si indossa il sesso così come si indossa un vestito. Vuoi mettere che bello poter scegliere tra tante opzioni diverse invece che essere costretto dalla nascita alla morte a un solo sesso, che ci troviamo addosso senza aver potuto neanche esprimere la propria opinione? La realtà è che mentre siamo tutti attenti a spread e pensioni, nel frattempo va avanti un altro programma, altre riforme che incideranno maggiormente sul nostro futuro, anche rispetto alle scelte economiche. Anzi, avranno tra l'altro la conseguenza di minare alla radice ogni serio tentativo di far ripartire l'economia di questo paese. Perché la promozione delle unioni gay, la loro equiparazione al matrimonio, la riduzione dell'amore a sentimento, costituisce la strada per il definitivo disfacimento della famiglia, come l'esperienza dei paesi scandinavi ci insegna. Se alla radice della crisi economica c'è il bassissimo tasso di fertilità, se la strada della ripresa passa dal rafforzamento della famiglia, è ovvio che quanto vuole realizzare la Fornero va esattamente nella direzione opposta. Sicuramente non sarà la Fornero a decidere da sola, pur essendo titolare di un ministero chiave. Per questo è urgente che gli altri ministri si pronuncino su questo punto, perché il silenzio in queste cose – si sa - vale come assenso, come dare il via libera, magari girandosi dall'altra parte facendo finta di non vedere. E in particolare è urgente che prendano posizione coloro che più dovrebbero avere familiarità con le nozioni di diritto naturale, visto che il Papa su questo punto sta intensificando i suoi interventi. A meno che non siano troppo distratti dai preparativi per creare il nuovo partito cristiano.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/02/2012
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EDUCARE I FIGLI? I GENITORI OSCILLANO TRA IL DISINTERESSE E UN AMORE SOFFOCANTE E MORBOSO
I genitori di oggi non hanno né la voglia né il coraggio di imporre nessuna regola e così i figli diventano insicuri e insoddisfatti
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/02/2012
Qualche sera fa guardavo la televisione. Seduta. Sul divano. Insieme a mio marito. Già tali affermazioni racchiudono diverse notizie notevoli, e infatti credo che ci siano stati diversi lanci di agenzia su questo. L'evento ha del sensazionale, da breaking news della Cnn come minimo, se contate, poi, che non dormivo. E così durante un filmetto western (indovinate chi teneva il telecomando) mi sono imbattuta in una grafica inquietante, con un rullo a scorrimento: "Avete un figlio tra i due e i dieci anni e siete ancora vivi? Telefonate allo 02…" Lì per lì ho pensato che fosse un'indagine sugli orfani (ho detto che ero sveglia, mica che sono intelligente). Poi ho capito – dopo una cigolante messa in moto dei neuroni – che era una battuta. Camila Raznovich stava cercando ospiti da invitare al suo programma sui genitori. L'ironia veniva dal fatto, se ho capito bene, che essere genitori sarebbe un'impresa devastante, e che sopravvivervi non è affatto scontato. Me lo confermano diverse interviste rilasciate da Camila, e la lettura sommaria che ho dato al suo libro, M'ammazza, in cui lei racconta come la sua vita sia stata sconvolta dall'arrivo della figlia Viola, che sembra a tratti l'unico essere umano al di sotto dei dieci chili mai comparso sulla faccia della terra (insomma, tanti particolari erano proprio così necessari? Andavano immortalati in un volume? E' davvero necessario sconvolgersi così tanto?). Mi dispiace, sarà che i miei bambini non sono più bebè, e ho già dato, ma io di questi blog, libri, siti, community che ironizzano e gigioneggiano e ricamano su quanto sia faticoso tirare su i figli non ne posso più. E trovo i figli degli altri noiosissimi (quello che gli altri pensano dei miei, chiaramente). Cioè, ci si può scherzare per qualche paginetta, sì, ma non è che se ne può fare argomento sempiterno di conversazione. Non è che essere genitori sia così devastante, così totalizzante, così impegnativo. Certo, è chiaro, nei primi mesi il bambino ha molto bisogno della presenza materna, (e neanche così tanto, sennò come farebbero le eroiche mamme che ne hanno avuti cinque, sei, sette, dieci?) ma comunque non è qualcosa che ti uccide, non se non sei tu a permetterlo, né una donna può essere mai totalmente definita dalla maternità. Confesso che non ho mai visto il programma di Camila, su la 7. Sarei anche curiosa, ma è alle 5 e qualcosa. Del pomeriggio, che se fosse mattina avrei qualche speranza (è l'ora in cui spengo il computer e vado a letto). Apriamo una parentesi: come cavolo si fa a mettere un programma per mamme, o comunque genitori, a quell'ora? A quell'ora se si ha la fortuna di non lavorare più, si sta con i bambini. Come cavolo si fa a guardare la televisione? Spero tra l'altro, non sono fatti miei ma non posso fare a meno di preoccuparmene, che la trasmissione sia registrata, altrimenti la conduttrice sarebbe costretta a lasciare sua figlia proprio nel momento in cui se è possibile di solito si sta a casa, tra merende, compiti, amici (o attività, per i più grandi). Io alle mie colleghe mamme promosse alle conduzioni dei tg del tardo pomeriggio o della sera faccio sempre le condoglianze, e loro mi guardano strano. Comunque, sempre fermo restando che la trasmissione in questione non l'ho vista, vorrei provare un po' a ragionare su questo modo di essere genitori che vediamo dilagare in Italia, legato credo in modo perverso al fatto che di bambini qui da noi se ne fanno meno che in tutti, proprio tutti gli altri paesi del mondo, fatto salvo il Giappone. Legato anche all'emergenza educativa che abbiamo tutti sotto gli occhi. I miei figli sono davvero normalissimi, ma a differenza di molti altri reagiscono agli stimoli esterni (vedo ragazzini ai quali le cose vengono ripetute quindici volte senza ottenere una minima risposta); sanno che se il padre dice una cosa non si discute (con la mamma ci si prova sempre); non andrebbero mai a scuola senza avere fatto tutti i compiti (pare una rarità). Il minimo sindacale, secondo me. Poi hanno talenti, qualità, settori in cui eccellono, altri in cui fanno un po' pena. Normali insomma. Ma il problema che affligge i ragazzini di oggi è che non ascoltano. Non rispettano le regole. Le discutono anche all'asilo. E' che i genitori non hanno né la voglia né il coraggio di imporre loro nessuna frustrazione. La voglia perché mettere regole è faticoso, in un primo momento. Richiede un ragionamento lucido, e uno sforzo nel momento iniziale (poi un bambino "regolato" sarà molto meno faticoso, ma ci vuole un investimento). Il coraggio perché per decidere quando e quali e quanti no dire bisogna avere un'idea della vita, da che parte si va e perché e per dove. Un'idea di vita basata sulla sensazione, sull'emozione, sull'opinione, difficilmente partorirà regole che non siano il capriccio o la disponibilità del momento (sono stanca, allora dico sì ai videogiochi così me ne sto a quattro di spade sul letto). E così si oscilla tra un amore soffocante e morboso, e il disinteresse. Senza mai responsabilizzare, chiedere ai ragazzi di caricarsi qualcosa sulle spalle. Non a caso, secondo me, la Ratznovich deve la sua notorietà a programmi sul sesso, nei quali per anni ha promosso ed esaltato in tutti i modi un'idea della sessualità vissuta nella massima libertà e autodeterminazione, senza limiti che non fossero autoimposti. Etero, omo, bi, trans (e tutte quelle altre etichette che mi confondo sempre, perché per me c'è solo maschio o femmina): ognuno fa come vuole. Questo il modo di pensare più diffuso, vincente, prevalente, dominante, e non è mica solo colpa della conduttrice, che tra l'altro mi è anche simpatica (e da bambina ha anche subito vicende dolorose) con cui me la sono presa oggi. Sarà che ho sonno e come i bambini faccio i capricci. Purtroppo non ho più otto anni, sennò avrei qualcuno che mi manderebbe a dormire con la forza. Era comodo essere bambini con dei grandi che sapevano bene da che parte andare (sbagliavano anche strada, prendevano delle belle tramvate, ma almeno con ferma decisione e indiscutibile autorevolezza).
Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/02/2012
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PROTESI DIFETTOSE, FACCIAMOCI UNA DOMANDA PRELIMINARE: E' IMMORALE RIFARSI IL SENO?
In quali casi etica e chirurgia estetica non sono in contrasto? E spingendoci nella fantascienza: perché saranno sempre immorali il trapianto di faccia o di cervello?
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Bussola Quotidiana, 01/02/2012
La notizia tiene ormai banco da qualche settimana: sarebbero intorno alle 4.000-4.300 le protesi al seno difettose di marca Pip (Poly Implants Prothesis) vendute in Italia. La vicenda fa sorgere una domanda di carattere generale e previa al brutto fattaccio di cronaca clinica. Il quesito si pone in questi termini: quando è lecito dal punto di vista morale intervenire sul nostro corpo per modificarlo? Le tracce che seguiremo per tentare di dare una risposta sono per lo più ipotesi che non sicuri assiomi veritativi. O meglio: alcune indicazioni sono certe altre ci paiono degne di maggiore riflessione futura. Scopo terapeutico. Se intervengo sul mio corpo al fine di curarlo l'azione è sicuramente buona. Lo scopo terapeutico può essere volto da una parte per salvare la vita: l'intervento potrà essere sia di tipo demolitivo (amputazione di un braccio per evitare che la cancrena investa organi vitali), sia di tipo additivo (impianto di un cuore artificiale a seguito a sua volta di un intervento demolitivo, come l'asportazione del cuore o parte di esso malato). Oppure la modificazione del mio corpo può essere mirata al fine di tutelare il bene salute: anche in questo caso l'intervento può essere di tipo demolitivo (togliere le tonsille) oppure additivo (poniamo mente alle protesi per eccellenza: gli occhiali). Quando c'è un'azione additiva per uno scopo terapeutico, l'azione in genere ripristina una funzione persa o messa in pericolo: pensiamo a cuori e arti artificiali, agli occhiali etc. Scopo estetico: ripristino della funzionalità estetica. Analizziamo ora il caso di intervento per ripristinare la completezza estetica di una persona. Il corpo umano ha una sua naturale e dunque fisiologica completezza, non solo quindi funzionale di tipo meccanico (come visto prima) ma anche estetico. Completezza che per quanto è possibile deve essere conservata oppure, ed è il caso che ci interessa, deve essere ripristinata. Tutti noi abbiamo due braccia, due occhi, un naso etc. Perderli o menomarli reca un danno alla completezza della persona, alla sua armonia estetica. Quindi nulla osta ad intervenire anche con protesi per ripristinare, non più la funzione meccanica ad esempio di un arto perso, bensì la funzione estetica naturale, cioè originaria, di una parte del nostro corpo ad esempio distrutta a seguito di un incidente (sfondamento della cavità orbitale dell'occhio) oppure a seguito di un'operazione chirurgica (mastectomia, cioè amputazione del seno ad esempio a causa di una neoplasia), oppure mancante dalla nascita. Quindi semaforo verde sul piano morale per la sostituzione dell'occhio ormai perso con uno artificiale e per le protesi mammarie dopo un intervento chirurgico per togliere un carcinoma al seno. In questi casi non si ripristina una funzionalità meccanica: l'occhio artificiale non permetterà al paziente di vedere, né il seno di secernere latte. Qui si ripristina una funzionalità estetica naturale. Scopo estetico: miglioramento dell'estetica. Qui la materia inizia a diventare insidiosa. Procediamo per gradi. Nel caso precedente abbiamo visto che l'intervento era volto a reintegrare una parte del corpo persa al fine di ricostruire un'armonia del corpo compromessa per incidenti, operazioni chirurgiche etc. Ora occupiamoci invece del caso in cui non si agisce per ripristinare esteticamente una parte del corpo persa, ma per migliorarne sempre dal punto di vista estetico una già esistente. Due sono i criteri di liceità sotto il profilo morale. Un primo oggettivo ed un secondo soggettivo. Dal punto di vista oggettivo vi sono imperfezioni fisiche che non compromettono la funzionalità degli organi o degli apparati ma che non rientrano in alcuni standard previsti dalla letteratura medica. Pensiamo ad una asimmetria tra le due orbite oculari (un occhio un poco più alto dell'altro) ed altre anomalie simili. Le funzionalità non sono compromesse e nemmeno si tratta di ripristinare parti del corpo andate distrutte o mancanti geneticamente. Qui si tratta di eliminare un difetto ritenuto tale dalla medicina attraverso la comparazione di parametri scientifici: l'imperfezione è oggettiva. In questi casi l'intervento è lecito dal punto di vista morale (ovviamente rispettando il divieto di accanimento terapeutico, cioè di sproporzione tra mezzi impiegati e risultati sperati). La questione diventa spinosa – ed interessa il caso delle protesi al seno "per sentirsi più belle" – quando il difetto è giudicato tale non più dalla medicina ma dalla persona medesima. Una prima di seno non è un'imperfezione fisica oggettiva, ma può essere percepita tale dalla donna. Quando allora è lecito intervenire per migliorare questi difetti ritenuti tali dal soggetto? Iniziamo ad eliminare criteri di giudizio erronei. C'è chi afferma che gli interventi di mastoplastica additiva, al di fuori dei casi menzionati prima, sono da rifiutare sul piano morale perché alterano artificialmente l'aspetto di una persona. Se è per questo anche il fondotinta e il rimmel lo alterano artificialmente. Anche lo sport e una sana dieta sono strumenti assai artificiali per modificare il nostro corpo. C'è chi aggiunge che gli interventi di modificazione dell'aspetto sono morali allorchè valorizzano la naturale bellezza della persona, non aggiungono nulla alla fisiologica bellezza umana, come invece fanno gli interventi al seno (che tra l'altro possono essere volti anche alla diminuzione del volume dello stesso). Ma sono due le obiezioni a tal proposito. La prima: anche il fondotinta, a rigore, aggiunge qualcosa – il materiale minerale di cui è fatto: titanium dioxide, mica, iron oxides, etc. – alla naturale bellezza della pelle. Che dire poi delle extension per capelli e ciglia? Sono sicuramente interventi additivi. A tal proposito è da rigettare anche la controreplica che un seno rifatto è per sempre e il fondotinta no. A parte il fatto che la donna potrebbe ad un certo punto decidere di eliminare la protesi, non si comprende il motivo per cui un intervento di modificazione perenne è di per sé immorale ed uno temporaneo è di per sé da accettare. Seconda obiezione: valorizzare significa, in questo ambito, o aggiungere un plus di bellezza ad una bellezza già esistente, cioè aggiungere un valore estetico. E allora la critica non ha ragione d'essere perché è autoconfutatoria. Oppure valorizzare significa svelare, scoprire, mettere in risalto una bellezza sì già esistente ma un poco velata. Ma allora perché così non potrebbe essere anche nel caso di un aumento di taglia del seno? Non potrebbe essere un modo per dare risalto alla bellezza di un seno naturale? Infatti non si aggiungerebbe un nuovo seno, sostituendolo ad uno precedente, ma si valorizzerebbe, aumentandone le dimensioni, quello già esistente. La strada per comprendere quando un'imperfezione fisica, percepita tale solo dal soggetto, può lecitamente indirizzare ad un intervento di modificazione del proprio corpo – che va dal rimmel ai seni rifatti – passa invece dalle motivazioni che spingono all'intervento stesso. Se queste non sono etiche allora anche l'intervento non lo sarà. Facciamo il caso di Tizio che ha un neo vistoso sulla punta del naso o le orecchie a sventola: la medicina gli dirà che ciò rientra nei canoni estetici. Ma la sua percezione sarà diversa: tutti appena lo guardano pensano a quel neo o a quelle orecchie così brutte. E' lecito l'intervento di miglioria? No, se è dettato da vanità, da insicurezza, da manie di perfezionismo estetico, etc. Sì, se è dettato dalla consapevolezza che ad esempio dal punto di vista sociale la vita di Tizio ne avrà un sicuro giovamento. No, se sarà un'ossessione: tutta la vita di Tizio dipende da quel neo. Sì se Tizio si dice: "Anche se me lo tenessi non sarebbe un dramma". Cioè dare al difetto il suo peso reale, seppur relativamente all'esistenza particolare di Tizio. Questo criterio però non deve essere inteso in senso assoluto. Le motivazioni – quindi i fini soggettivi perseguiti – che spingono all'intervento sono importanti, ma vi sono fini più importanti che hanno la precedenza nella vita di un uomo. Spieghiamoci meglio. Noi abbiamo il dovere morale di diventare sempre più belli. Una delle motivazioni è di carattere etico: tutti noi per natura tendiamo al totale e quindi anche fisico perfezionamento di noi stessi (tenuto ovviamente conto delle contingenze: età, sostanze economiche, luoghi e tempi dove si svolge la nostra esistenza etc.). Un'altra motivazione ha un suo fondamento escatologico-teologico: noi qui sulla terra dobbiamo già tendere alla condizione paradisiaca che vivremo – si spera – nell'Aldilà. In Paradiso diventeremo bellissimi anche fisicamente una volta che il nostro corpo risorgerà (alcuni di noi – ammettiamolo – saranno irriconoscibili). Nel Regno dei Cieli non ci sarà posto per i brutti (nel senso che là tutti diventeremo belli). Questo dovere morale però è contingente. Detto in parole povere tale obbligo non è da soddisfare sempre e comunque, costi quel che costi. Ci sono altri doveri più importanti che se entrano in conflitto con questo è bene privilegiare. Così, tornando a Tizio, se l'operazione di asportazione del neo sottraesse risorse economiche preziose ai suoi cari, dovrebbe rinunciare all'operazione oppure rimandarla. Se si incaponisse significherebbe che le sue motivazioni non sono limpide dal punto di vista etico. Quest'ultimo passaggio ci permette di argomentare intorno al problema della chirurgia estetica. Il più delle volte albergano nelle menti delle donne e degli uomini che si sottopongono a questi interventi motivazioni non eccelse: mancanza di accettazione di sé, disistima, vanità, immaturità, sindrome da fashion victim, superbia, classismo, etc. Le spese ingenti, il carattere di intrusività, la complessità dell'intervento, i rischi paventati sono tutti ostacoli i quali, se si vogliono superare, mettono in luce che le motivazioni soggiacenti sono per lo più non apprezzabili sotto il profilo morale. Insomma: ci si tiene troppo a questo seno rifatto, ergo, anche solo inconsciamente, si punta tutto su questo sperando una svolta significativa nella propria vita. Ma sappiamo bene che il problema si sposterà più in là: non è con un seno più grande che si diventerà più sicuri nelle relazioni con gli altri. Ed infatti dopo questa prima operazione poi ce ne saranno altre che interesseranno nasi, bocche, zigomi, etc. L'accettazione di sé germina non nel proprio seno ma sotto e sopra ad esso, cioè nel cuore e nella testa di ognuno di noi. Quindi in teoria l'intervento per rifarsi seno, bocche etc. di suo non è immorale, ma può diventarlo per le motivazioni che spingono ad esso. Questo rimane vero anche per quelle azioni meno intrusive sempre di carattere estetico: i trucchi per le donne, le tinte, i profumi etc. così anche per le attività sportive. Se diventano atti di idolatria di noi stessi anche questi semplici gesti non sono perfetti dal punto di vista morale. Un ultimo e suggestivo capitolo riguarda l'ipotesi fantascientifica – perché allo stato dell'arte di questo si tratta – di intervento per alterare geneticamente il nostro patrimonio cromosomico. Quando è lecito? Oltre che ovviamente per motivi terapeutici, anche per finalità funzionali ed estetiche di carattere migliorativo. Dal punto di vista funzionale: se per ipotesi si potesse intervenire geneticamente per essere più forti, più resistenti alle influenze, per avere una memoria più estesa ciò sarebbe lecito (così come lo è ora mangiando pesce). Dal punto di vista estetico: se, sempre pensando in modo futuribile, potessimo debellare la calvizie intervenendo sul nostro DNA ciò sarebbe ugualmente lecito. E quando non si tratta di migliorare una funzione o un tratto estetico ma di sostituirne una presente con un'altra equipollente? Non è un problema morale, nel rispetto dei criteri prima elencati, che le donne si tingano i capelli e che da uno scialbo castano ad esempio si passi ad un biondo platino, o che qualcuno si metta lenti a contatto colorate: non c'è un miglioramento oggettivo ma solo soggettivo, dunque semplicemente una sostituzione di un tratto particolare della nostra estetica con un altro ritenuto migliore. Ciò sarebbe ugualmente etico se intervenissimo sul DNA per cambiare ad esempio colore dei capelli o degli occhi? Il criterio del fine preposto è sempre quello scriminante: come prima accennato la complessità dell'intervento di alterazione genetica, i costi, i rischi, la probabile irreversibilità dell'operazione (forse), etc. fanno sospettare che le motivazioni addotte non siano delle migliori. Cioè ci sarebbe una sproporzione immotivata tra mezzi adoperati e fini perseguiti. Non così in genere ed invece in relazione ad una semplice tinta per capelli. Gli interventi genetici quindi, rispettando queste condizioni, sarebbero leciti, esclusi però quelli di modificazione dei tratti identitari della persona, costitutivi della sua unicità e specificità: mai sarebbe lecito ad esempio intervenire per cambiare sesso da XX a XY e viceversa. Mai per cambiare cancellare la nostra memoria o sostituirla con un'altra creata a tavolino, mai per cambiare radicalmente le fattezze del nostro viso e casi simili. Il Magistero infatti a questo proposito ha indicato che – ed utilizziamo l'argomento per valore analogico – il trapianto di cervello (semmai si riuscirà a compierlo) e di faccia sono illeciti dal punto di vista morale proprio perché aspetti distintivi ed unici di ciascuno di noi.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 01/02/2012
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ECCO IL VIDEO DI GIANNA JESSEN, LA RAGAZZA SOPRAVVISSUTA ALL'ABORTO, INTERVISTATA SU RAI DUE
Inoltre ecco il testo delle testimonianze rilasciate nel 1996 e nel 2000 davanti al Sottocomitato Giudiziario del Congresso Americano sulla Costituzione
Autore: Gianna Jessen - Fonte: Sursum Corda, 6 settembre 2010
Mi chiamo Gianna Jessen. Vorrei dirvi grazie per la possibilità di parlare oggi. Non è una piccola cosa dire la verità. Dipende unicamente dalla grazia di Dio il poterlo fare. Ho 23 anni. Sono stata abortita e non sono morta. La mia madre biologica era incinta di sette mesi quando andò da Planned Parenthood nella California del sud e le consigliarono di effettuare un aborto salino tardivo. Un aborto salino consiste nell'iniezione di una soluzione di sale nell'utero della madre. Il bambino inghiottisce la soluzione, che brucia il bambino dentro e fuori, e poi la madre partorisce un bambino morto entro 24 ore. Questo è capitato a me! Sono rimasta nella soluzione per circa 18 ore e sono stata partorita VIVA il 6 aprile 1977 alle 6 del mattino in una clinica per aborti della California. C'erano giovani donne nella stanza che avevano appena ricevuto le loro iniezioni ed aspettavano di partorire bambini morti. Quando mi videro, provarono l'orrore dell'omicidio. Un'infermiera chiamò un'ambulanza e mi fece trasferire all'ospedale. Fortunatamente per me il medico abortista non era alla clinica. Ero arrivata in anticipo, non si aspettavano la mia morte fino alle 9 del mattino, quando sarebbe probabilmente arrivato per il turno d'ufficio. Sono sicura che non sarei qui oggi se il medico abortista fosse stato alla clinica dato che il suo lavoro è togliere la vita, non sostenerla. Qualcuno ha detto che sono un "aborto mal riuscito", il risultato di un lavoro non ben fatto. Fui salvata dal puro potere di Gesù Cristo. Signore e Signori, dovrei essere cieca, bruciata... dovrei essere morta! E tuttavia, io vivo! Rimasi all'ospedale per circa tre mesi. Non c'era molta speranza per me all'inizio. Pesavo solo nove etti. Oggi, sono sopravvissuti bambini più piccoli di quanto lo ero io. Un medico una volta mi disse che avevo una gran voglia di vivere e che lottavo per la mia vita. Alla fine potei lasciare l'ospedale ed essere data in adozione. Per via di una mancanza di ossigeno durante l'aborto vivo con la paralisi cerebrale. Quando mi fu diagnosticata, tutto quello che potevo fare era stare sdraiata. Dissero alla mia madre adottiva che difficilmente avrei mai potuto gattonare o camminare. Non riuscivo a tirarmi su e mettermi a sedere da sola. Attraverso le preghiere e l'impegno della mia madre adottiva, e poi di tanta altra gente, alla fine ho imparato a sedere, a gattonare e stare in piedi. Camminavo con un girello e un apparecchio ortopedico alle gambe poco prima di compiere quattro anni. Fui adottata legalmente dalla figlia della mia madre adottiva, Diana De Paul, pochi mesi dopo che cominciai a camminare. Il Dipartimento dei Servizi Sociali non mi avrebbe rilasciato prima per essere adottata. Ho continuato la fisioterapia per la mia disabilità e, dopo in tutto quattro interventi chirurgici, ora posso camminare senza assistenza. Non è sempre facile. A volte cado, ma ho imparato a cadere con grazia dopo essere caduta per 19 anni. Sono così grata per la mia paralisi cerebrale. Mi permette di dipendere veramente solo da Gesù per ogni cosa. Sono felice di essere viva. Sono quasi morta. Ogni giorno ringrazio Dio per la vita. Non mi considero un sottoprodotto del concepimento, un pezzo di tessuto, o un altro dei titoli dati ad un bambino nell'utero. Non penso che nessuna persona concepita sia una di quelle cose. Ho incontrato altri sopravvissuti all'aborto. Sono tutti grati per la vita. Solo alcuni mesi fa ho incontrato un'altra sopravvissuta all'aborto. Si chiama Sarah. Ha due anni. Anche Sarah ha la paralisi cerebrale, ma la sua diagnosi non è buona. È cieca ed ha delle gravi crisi . L'abortista, oltre ad iniettare nella madre la soluzione salina, la inietta anche nelle piccole vittime. A Sarah l'ha iniettata nella testa. Ho visto il punto della sua testa dove l'ha fatto. Quando parlo, non parlo solo per me stessa, ma per gli altri sopravvissuti, come Sarah, ed anche per quelli che non possono parlare... Oggi, un bambino è un bambino, quando fa comodo. È un tessuto o qualcos'altro quando non è il momento giusto. Un bambino è un bambino quando c'è un aborto spontaneo a due, tre, quattro mesi. Un bambino è chiamato tessuto o massa di cellule quando l'aborto volontario avviene a due, tre, quattro mesi. Perché? Non vedo differenza. Che cosa vedete? Molti chiudono gli occhi... La cosa migliore che posso farvi vedere per difendere la vita è la mia vita. È stata un grande dono. Uccidere non è la risposta a nessuna domanda o situazione. Fatemi vedere come possa essere la risposta. C'è una frase incisa negli alti soffitti di uno degli edifici del parlamento del nostro stato [la California]. La frase dice: "Ciò che è moralmente sbagliato, non è corretto politicamente". L'aborto è moralmente sbagliato. Il nostro paese sta spargendo il sangue degli innocenti. L'America sta uccidendo il suo futuro. Tutta la vita ha valore. Tutta la vita è un dono del nostro Creatore. Dobbiamo ricevere e conservare i doni che ci sono dati. Dobbiamo onorare il diritto alla vita. Quando le libertà di un gruppo di cittadini indifesi sono violate, come per i nascituri, i neonati, i disabili e i cosiddetti "imperfetti", capiamo che le nostre libertà come NAZIONE e Individui sono in grande pericolo. Vengo oggi a parlare in favore di questa legge a favore della protezione della vita. Vengo a parlare per conto dei bimbi che sono morti e per quelli condannati a morte. Learned Hand, un giurista americano rispettato (del nostro secolo) disse: "Lo spirito della libertà è lo spirito che non è troppo sicuro di essere giusto; lo spirito della libertà è lo spirito che cerca di capire le opinioni degli altri uomini e donne; lo spirito della libertà è lo spirito che pesa i loro interessi insieme ai propri, senza pregiudizi; lo spirito della libertà ci ricorda che neanche un passero cade a terra inosservato; lo spirito della libertà è lo spirito di Colui che, circa 2000 anni fa, ha insegnato all'umanità la lezione che non ha mai imparato, ma non ha mai dimenticato; che c'è un regno dove gli ultimi saranno ascoltati e considerati accanto ai più grandi." Dov'è l'anima dell'America?! Voi membri di questo comitato: dov'è il VOSTRO cuore? Come potete trattare le questioni di una nazione senza esaminare la sua anima? Uno spirito omicida non si fermerà davanti a nulla finché non avrà divorato una nazione. Il Salmo 52,2-4 dice: "Lo stolto pensa: «Dio non esiste». Sono corrotti, fanno cose abominevoli, nessuno fa il bene. Dio dal cielo si china sui figli dell'uomo per vedere se c'è un uomo saggio che cerca Dio. Tutti hanno traviato, tutti sono corrotti; nessuno fa il bene; neppure uno." Adolf Hitler una volta disse: "L'abilità ricettiva delle grandi masse è solo molto limitata, la loro comprensione è piccola; d'altro lato la loro smemoratezza è grande. Essendo così, tutta la propaganda efficace deve essere limitata a pochissimi punti che a loro volta dovrebbero essere usati come slogan finché l'ultimo uomo sia capace di immaginare che cosa significhino tali parole". Gli slogan di oggi sono: "Il diritto di una donna di scegliere", "Libertà di scelta", eccetera. C'era una volta un uomo che parlava dall'inferno (ne parla il capitolo 16 di Luca) che disse: "Sono tormentato da questa fiamma". L'inferno è reale. Così lo è Satana, e lo stesso odio che crocifisse Gesù 2000 anni fa, ancora si trova nei cuori dei peccatori oggi. Perché pensate che questa intera aula tremi quando menziono il nome di Gesù Cristo? È così perché Egli è REALE! Egli può dare grazia per il pentimento e perdono a voi ed all'America. Noi siamo sotto il giudizio di Dio – ma possiamo essere salvati attraverso Cristo. Dice la Lettera ai Romani: 5,8-10: "Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perché, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. A maggior ragione ora, giustificati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo NEMICI, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita." La morte non ha prevalso su di me... ed io sono così grata!!!
Nota di BastaBugie: per vedere i video di Gianna Jessen che abbiamo pubblicato nei mesi scorsi con la sua testimonianza e il trailer del film che uscirà tra poco, clicca qui: https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=Gianna%20Jessen Ti invitiamo inoltre a vedere Gianna Jessen intervistata su rai due il 6 febbraio 2012 cliccando qui sotto: http://www.youtube.com/watch?v=gKogSkbMcJA
Fonte: Sursum Corda, 6 settembre 2010
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IL CORRIERE DELLA SERA DICHIARA: ''LA MERKEL CONVINCE LA CINA A SOSTENERE L'EURO!'', MA DICIAMOLO SINCERAMENTE: SONO TUTTE BALLE!
Pechino già da tempo ha mandato a dire molto esplicitamente di non capire perché la Cina dovrebbe sostenere paesi europei che hanno un prodotto procapite pari da 6 a 8 volte quello cinese!
Autore: Robi Ronza - Fonte: La Bussola Quotidiana, 04/02/2012
"Merkel convince Pechino / La Cina pensa di sostenere l'euro": così [l'altro ieri] lo scorso venerdì 3 febbraio titolava in prima pagina l'autorevole Corriere della Sera dando così autorevole conferma del fatto che la riduzione dei media al ruolo di ritrasmettitori acritici della "velina" che più svolazza nella giornata davvero non risparmia proprio più nessuno. Andandosi poi a leggere il servizio dell'inviato a Pechino per l'occasione (e chissà quanto avranno speso per mandarcelo) si leggeva infatti: "Per ora è solo una promessa. «La Cina – ha detto Wen Jiabao, seduto accanto alla tedesca Angela Merkel -- valuterà come sostenere l'Europa»". Ed è pronta a «studiare come sostenere il Fondo salva Stati, Efsf e il [futuro] Meccanismo Europeo di Stabilità". Ebbene non c'è bisogno di essere dei sinologi patentati, ma basta un minimo di conoscenza della materia per sapere che un cinese non ti dice mai apertamente "no" (sarebbe una scortesia imperdonabile) ma si rifugia in un cortese "ci penserò", "studierò come fare" o altre risposte del genere. Dunque la risposta della Cina ad Angela Merkel è stata un "no" su tutta la linea. Beninteso, il Corriere non è stato certo l'unico giornale o telegiornale italiano a riechieggiare compunto le "veline" dell'ufficio stampa della Cancelliera. Hanno fatto così anche tanti altri, il che la dice lunga sulla qualità della prima informazione che riceviamo ogni giorno anche a prescindere dalla mala fede o dalle eventuali pressioni dell'editore. D'altra parte la Cina già da tempo ha chiarito la propria posizione riguardo al problema della crisi del debito sovrano di diversi Paesi europei, e quindi della crisi dell'euro. Pechino ha mandato a dire molto esplicitamente di non capire perché un Paese come la Cina, che ha un prodotto lordo pro capite annuo solo di quasi 4400 dollari, dovrebbe mobilitarsi per togliere le castagne dal fuoco all'Unione Europea il cui analogo procapite è 24.500 euro, tra l'altro a causa del basso reddito dei Paesi dell'Est, ma i cui membri maggiori e più sviluppati hanno un prodotto procapite pari da 6 a 8 volte quello cinese. La Cina infatti -- giova ricordarlo al di là delle solite enfasi estemporanee -- è sì il Paese più popoloso del mondo ma, tanto per fare solo degli esempi europei, il suo tenore di vita procapite non raggiunge quello della Macedonia, ed è largamente inferiore a quello della Romania. E' vero infatti che molte decine di milioni di cinesi hanno un reddito paragonabile a quello degli abitanti dei Paesi europei più sviluppati, ma non meno di 800 milioni continuano a vivere in condizioni uguali o peggiori di quelle dei contadini dell'Africa Nera o delle regioni più povere dell'America Latina. Inoltre la Cina – che diversamente dall'India ha puntato a una crescita fondata non sul mercato interno bensì sull'esportazione di beni di consumo corrente – sta perciò subendo il contraccolpo della caduta dei consumi provocata dalla crisi in corso in Europa e negli Stati Uniti, che nel loro insieme costituiscono circa la metà dell'economia mondiale. Quindi ha anche i guai suoi; e tra le altre cose ha poi fatto sapere che comunque non muoverà un dito se l'Ue non le toglie l'embargo agli acquisti di armamenti in Europa, imposto nel 1989 a seguito della strage di piazza Tien-An-Men. Il tentativo di Angela Merkel di andare a cercare in Cina le risorse, che la Germania non vuol mettere di tasca propria in difesa dell'euro, è insomma fallito. E sarebbe stato strano il contrario. A questo punto per quanto tempo ancora la Germania di Angela Merkel potrà opporsi a che la BCE emetta dei suoi buoni (bond) e assuma il ruolo di garante di ultima istanza dei titoli di debito pubblico in euro? Ovvero, quanto riuscirebbe il suo governo a sopravvivere se la forza delle cose la costringesse a cedere su questo punto che è ormai divenuto la sua bandiera? E adesso che, dopo aver subito una sconfitta elettorale dopo l'altra in patria, è anche scesa in campo in Francia a sostegno della rielezione di Sarkozy che cosa accadrà se questi non dovesse venire rieletto o anche soltanto ci riuscisse per il rotto della cuffia? In questo quadro le ormai imminenti elezioni presidenziali francesi potrebbero cambiare totalmente la situazione sulla scena dell'Unione Europea. Non conviene perciò al nostro governo muoversi su tale scena facendo come se Merkel e Sarkozy fossero stabili e incrollabili nel ruolo dominante che si sono ritagliati più per carenze altrui che per meriti propri.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 04/02/2012
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MONS. FRANCESCO MORAGLIA NOMINATO PATRIARCA DI VENEZIA: UN VESCOVO GIOVANE, CON LE IDEE CHIARE E IN COMUNIONE CON IL PAPA
Ecco l'omelia che fece qualche mese fa al Giorno del Timone della Toscana: ''È necessario che strumenti culturali come il Timone sboccino numerosi per stimolare la fede dei credenti''
Autore: Francesco Moraglia - Fonte: Amici del Timone di Staggia Senese, 17/09/2011
Nelle navi, anche le più grandi, lo strumento più importante che permette di puntare alla meta è il timone; la rotta, anche nelle condizioni di navigazione più avverse, è garantita proprio da questo piccolo strumento; infatti, pur nella sua piccolezza, il timone è in grado di governare anche l'imbarcazione più grande. Il nome di una rivista esprime un progetto: Il timone, quindi, è denominazione eloquente. Abbiamo appena ascoltato la parabola del seminatore (Lc 8, 4-15) che esce e sparge il seme che si posa su diversi tipi di terreno: un po' cade sulla strada, un po' sulle pietre, parte, invece, finisce tra i rovi, infine, una parte sulla terra buona; i differenti terreni accolgono il seme sparso dal seminatore senza preferenze, senza distinzioni, senza calcolo; Dio non fa preferenze, non esclude nessuno. Qui viene alla mente ciò che in un'altra parabola il padrone della vigna dice all'operaio che, al termine della giornata, si lamenta perché quanti hanno lavorato meno di lui, sono trattati con grande generosità, in modo da non essere penalizzati rispetto a quanti - senza alcun merito - erano stati chiamati a lavorare fin dall'inizio della giornata. L'ultimo versetto della pericope evangelica appena letta dice: «terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» (Lc 8, 15). Ora domandiamoci: che cosa ci costituisce terra buona? La risposta è: la grazia che, sempre, interpella la libertà dell'uomo. All'inizio della nostra personale relazione con Dio c'è la risposta alla domanda che Lui, in modo misterioso ma realissimo, rivolge a ogni uomo; così è proprio nel bene o nel male che ci rapportiamo a Dio; alla fine, dinanzi a Dio, non è possibile alcuna comoda neutralità. La fede, infatti, è l'atto personale con cui l'uomo si consegna totalmente al Dio che salva; quindi é proprio attraverso l'atto di fede che l'uomo raggiunge il fine della sua esistenza, la pienezza del suo essere uomo. Così è proprio attraverso la fede che l'uomo raggiunge la completezza del suo progetto umano; infatti il rapporto con Dio non è per l'uomo un optional, ma qualcosa d'essenziale perché egli possa essere compiutamente tale. La dottrina sociale della Chiesa - come diremo - nasce dall'incontro tra ragione e fede. Comprendiamo, così, come l'atto di fede non possa bypassare la ragione dell'uomo, la sua storia e la sua natura, ma debba intercettarle, esprimerle pienamente e, se è il caso, correggendole, valorizzandole e portandole a compimento, costituendoci, così - ma non in modo astratto o fideistico - figli nel Figlio. In altre parole, l'adesione di fede assume e porta a compimento, in noi, tutte le potenzialità sia quelle creaturali, sia quelle filiali; così, l'uomo non può dire: "io credo", se non ha motivi sufficienti che rendano plausibile questa sua scelta sul piano umano e che, quindi, avalli il nostro abbandono in Dio. Insomma, l'atto di fede non può contrastare con la caratteristica specifica dell'uomo: la libertà che, in alcun modo, consiste in una fiducia acritica o in una specie di salto nel buio; infatti ciò significherebbe che, proprio nel momento in cui l'uomo raggiunge la pienezza del suo essere uomo, ossia della salvezza, ciò avverrebbe contraddicendo la caratteristica essenziale dell'uomo: la sua libertà. Benedetto XVI ribadisce - ed è una costante del suo Magistero - la necessità di "allargare" gli spazi della ragione; secondo molti filosofi sia moderni sia contemporanei la ragione, invece, non deve occuparsi né dell'etica, né della religione, tanto meno di Dio, poiché si afferma che non esiste un sapere degno di tale nome in grado di dare risposta a tali domande; ne consegue, così, che tutte le fedi religiose e i sistemi etici partecipano di tale comune irrazionalità. Nell'incontro con i rappresentati della scienza, svoltosi presso l'Università di Regensburg - il 12 settembre 2006 -, il Santo Padre così si esprimeva: «L'occidente, da molto tempo, è minacciato da questa avversione contro gli interrogativi fondamentali della sua ragione, e così potrebbe subire solo un grande danno. Il coraggio di aprirsi all'ampiezza della Ragione, non il rifiuto della sua grandezza… E' a questo grande Logos, a questa vastità della ragione, che invitiamo nel dialogo delle culture i nostri interlocutori» (Incontro con i rappresentanti della scienza, 12 settembre 2006, Regensburg). Nella nostra epoca - indicata un po' troppo frettolosamente come post-ideologica - assistiamo, in realtà, all'affermarsi di un nuovo tipo d'ideologia, il "riduzionismo". A differenza delle ideologie dell'ottocento e novecento, il "riduzionismo" non si pone come lettura onnicomprensiva della realtà - pensiamo, ad esempio, al comunismo e al nazismo - ma come sua suddivisione e separazione che, tuttavia, continuano a esser presentati come il tutto. Nel "riduzionismo" - dicevamo - si opera una suddivisione e separazione della realtà considerando, però, le singole parti ancora come il tutto. Ad esempio la procreazione è ridotta a riproduzione in laboratorio; la famiglia a un accordo tra le parti a prescindere dalla vocazione iscritta nell'essere dell'uomo e della donna; i diritti, poi, sono ridotti a desideri, il sapere dell'uomo a pura verifica sperimentale, la verità all'interesse di una parte, la veracità alla sincerità; gli esempi potrebbero continuare. La fede cristiana, però - giova ripeterlo -, non teme una ragione forte, anzi la auspica; piuttosto teme una ragione debole o che si pone in termini di assoluto, ossia in modo autoreferenziale, che si propone come criterio di verità; una ragione, insomma, che giudica tutto e tutti dimenticando che, come l'uomo, anche la ragione è realtà creata e quindi contingente e strutturalmente impossibilitata a divenire criterio assoluto di giudizio, come se fosse la ragione onnisciente e onnipotente di Dio. Pascal - il grande filosofo e scienziato francese del XVII secolo - ricorda che, da parte dell'uomo, è atto eminentemente ragionevole riconoscere che vi sono innumerevoli cose che superano la ragione umana. Ritorniamo al Vangelo del seminatore che sparge il buon seme e alla domanda: cosa vuol dire esser terra buona? La fede - atto con cui ci si apre a Dio - non solo non può contraddire la ragione, ma neppure prescinde da essa, anzi deve rispettare e portare a compimento la ragione. San Tommaso, in un passo della Somma Teologica, si serve di un'espressione che aiuta a comprendere come, per essere terra buona, si debba "stare"di fronte a Dio, con la totalità della propria persona: spirito, anima e corpo. San Tommaso così scrive: «Gratia supponit naturam et eam perficit» (I, q.1, art. 8), quindi anche la ragione, con tutto quanto si lega a essa sul piano naturale/creaturale, ha a che fare con l'atto di fede. La fede, innanzitutto, rimane opera della grazia, ma la grazia divina suppone e interpella sempre la libertà dell'uomo. Partendo da tale considerazione, siamo avvertiti che, per il cattolico che voglia essere consapevole della propria fede, è doveroso creare un clima culturale che permetta la costruzione di un cammino che consenta alla fede - nel rispetto della libertà di tutti - d'essere accolta. Per rimanere al linguaggio del Vangelo del seminatore, si tratta d'essere terra buona in cui il seme possa attecchire. Siamo tutti parte di una società segnata in modo forte dall'individualismo e dal relativismo; in essa la coscienza del singolo non viene più considerata come organo di giudizio a partire dall'ascolto della realtà, ma assurge a vero e proprio "oracolo" che, a suo gradimento, determina gli stessi fini dell'agire. Ci muoviamo all'interno di una società che, a ragione, è stata definita "liquida", poiché non in grado d'elaborare certezze di alcun tipo; in essa tutto muta così rapidamente da non riuscire a consolidarsi in abitudini e procedure. In una tale società o si finisce per non percepire più il relativismo imperante o, sempre più, si avverte la necessità di strumenti capaci di aiutare a ripensare - all'interno di una rinnovata capacità critica - la cultura o, meglio, le culture in cui, oggi, siamo chiamati a vivere dando il nostro contributo in vista del bene comune. Si dispiega qui - come già accennato - l'ampio versante della dottrina sociale della Chiesa che, come ha ricordato Benedetto XVI, si trova al punto d'incontro tra ragione e fede. E, in tale prospettiva, è essenziale che la cultura cattolica non disarmi e non abdichi a se stessa, ma persegua il potenziamento di strumenti culturali idonei: uno di questi è offerto dalle riviste di approfondimento. Il Timone si muove secondo tale logica e aiuta a conoscere - fuori dai luoghi comuni - quanto riguarda la fede, confrontandosi con la ragione, senza della quale tutto si riduce a sterile fideismo o vuota credulità. Così, in un mondo ampiamente secolarizzato, è decisivo che siano a disposizione questi strumenti che accompagnano, in maniera concreta, il credente verso una piena maturazione di fede. Credere, infatti - come insegna Benedetto XVI -, significa dare ragione della propria speranza/fede con pacatezza, bontà e mitezza ma, per fare questo, abbiamo bisogno di crescere nelle conoscenze, nella capacità di discernimento, riconoscendo che alla base di tutto ci sta Dio che si dona in Gesù Cristo e senza del quale diventa impossibile realizzarsi pienamente come uomini. Troppo spesso appaiono volontà personali e sociali che - errando - pensano di poter costruire un uomo e una città senza Dio, al di fuori di Dio o contro di Lui. Nell'enciclica Deus caritas est, Benedetto XVI parla di un necessario allargamento della ragione e assegna tale compito proprio alla ragione, mentre nell'enciclica Spe salvi lo attribuisce alla speranza. L'insegnamento sociale della Chiesa è il risultato dell'incontro tra "fede e ragione" o se preferiamo - ed è lo stesso - tra "grazia e natura", perché l'uomo, se vuol essere "terra buona", non può prescindere dalla fede e dalla ragione, dalla grazia e dalla natura. In questa prospettiva è necessario che strumenti culturali come Il Timone, espressioni di una fede amica della ragione, nel rispetto della totalità dell'uomo - grazia e natura -, sboccino numerosi per stimolare la fede del credente del nostro tempo. Il mensile Il Timone, quindi, come progetto culturale manifesta bene tale impegno che risulta, in modo evidente, nelle sue diverse proposte editoriali. E' proprio il seme sparso dal divino seminatore che, unitamente alla "buona terra", costituisce l'uomo nella sua totalità; un uomo che è in grado di dar ragione della propria speranza, evangelizzatore credibile, innanzitutto, perché credente.
Fonte: Amici del Timone di Staggia Senese, 17/09/2011
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CLAMOROSO: E' INVERNO E FA FREDDO
Giornali e televisioni riversano una serie di luoghi comuni, contraddittori fra di loro, e frasi di buon senso piazzate a caso senza un senso logico, figurarsi il valore scientifico
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/02/2012
Estate: "sempre eccezionale". Inverno:"sempre eccezionale (vedi estate)". Non vi preoccupate, non state leggendo le previsioni climatiche per fine secolo, si tratta di due voci del "Dizionario dei luoghi comuni" di Gustave Flaubert (1784-1880), un'enciclopedia del "pensiero banale" redatta con ironia pungente osservando la realtà del XIX secolo. Leggendo i quotidiani e seguendo i servizi televisivi di questi anni la situazione non sembra cambiata di molto: fa notizia il caldo ad agosto e l'arrivo del freddo in inverno, di volta in volta l'esperto di turno ci spiega che siamo davanti ad un evento eccezionale che però si è già verificato 5 o 10 o 30 o 100 anni fa. Nonostante che i fenomeni meteorologici "locali" non possano dirci nulla su cosa sta accadendo a livello globale, ci stanno abituando che essi, come le favole di una volta, hanno una morale per insegnarci che ormai l'uomo ha stravolto il clima globale e sta distruggendo Gaia. Anche l'arrivo dei venti gelidi da oriente e le relative nevicate di questi giorni, per di più in coincidenza con i tradizionali "giorni della merla", non sono una novità. Eppure anche stalvolta più di qualcuno ci racconta che siamo di fronte all'arrivo di un eccezionale raffreddamento dovuto ad un eccezionale riscaldamento globale (una mistificazione analoga ad affermare che tale evento da solo dimostra scientificamente l'inesistenza del "global warming"). Dante Alighieri nel XXX canto del Purgatorio (verso 85), ad esempio, quando descrive come il suo cuore sembra congelarsi alle parole di Beatrice, rappresenta benissimo l'effetto dei venti orientali: "Sì come neve tra le vive travi/ per lo dosso d'Italia si congela,/ soffiata e stretta da li venti schiavi, / poi, liquefatta, in sé stessa trapela,/ pur che la terra che perde ombra spiri, / sì che par foco fonder la candela;". Proprio come fa la neve sugli alberi (vive travi) dell'Appennino (lo dosso d'Italia) quando spirano i venti gelidi dalle terre slave (venti schiavi), quando la Bora o Burian o il Grecale scendono dalle lande congelate dell'Europa orientale. La neve soffiata e stretta si cristallizza sui rami degli alberi, sui faggi, sulle querce, sugli olmi dell'Appennino, proprio come ora il suo cuore. Finché il mite Scirocco, il vento che spira dall'Africa (la terra che perde ombra, dove cioè le ombre spariscono perché il Sole è vicino allo zenit), soffiando la fonde facendola gocciolare dai rami sul terreno (in sé stessa trapela), come fa il fuoco che fonde la candela. Se Dante, senza satelliti e computer, conosceva così bene l'effetto meteorologico dei venti da Est, si era sicuri che a fine gennaio il loro arrivo non si sarebbe mai potuto dirsi inatteso, viene in mente la domanda: "Se non ora, quando?". Le certezze però sono presto cadute, e gli interventi degli esperti in questi giorni ne sono una testimonianza imbarazzante. Un caso poi è addirittura da scuola: un articolo sull'imminente arrivo del freddo da est inizia con il sopratitolo sorprendente e cerchiobottista "I conti col freddo: un po' inatteso e un po' scontato". Ma che vorrà dire? Inatteso o scontato? Si tratta dell'intervento del meteorologo Francesco Laurenzi, pubblicato dal quotidiano Avvenire l'1 febbraio, dal titolo "Vortici polari e venti di buriana. Stavolta è veramente inverno". Del meteorologo col farfallino della RAI abbiamo già scritto in passato, ma ora andiamo a leggere con attenzione alcune affermazioni del noto meteorologo. Ecco la prima frase, vi prego di seguirla nella serie di affermazioni subito seguite da smentita: "Con meraviglia riscopriamo che alla fine di gennaio e all'inizio di febbraio può fare freddo e può anche nevicare. È strano, ma non troppo. È strano il nostro comportamento sempre pronto a meravigliarsi per una bella giornata di sole o per una candida nevicata. Altrettanto strano è il nostro tempo che non conosce mezze misure.[…] Eppure si sa che il tempo è vario e mutevole. Diceva Oliver Sutton, direttore del Servizio meteorologico britannico: «Una sola cosa è certa in meteorologia: il clima muta ed il tempo è variabile». Il tempo è mutevole e nessuna meraviglia se a un tratto riscopriamo l'inverno dopo aver vissuto una stagione avara di piogge con le cime delle montagne tutt'altro che imbiancate. Tutto normale? Direi di no. Siamo decisamente fuori dalle medie anche se non sembra che in questa circostanza si possano toccare punte e valori estremi da record, il tempo in inverno ha fatto ben di peggio (ad esempio, -23 a Firenze nel gennaio del 1985)." Sintetizziamo: il tempo è vario e mutevole, il clima muta, nonostante questo però dovremo meravigliarci se dopo il caldo arriva il freddo e dopo la siccità arriva la pioggia. Infatti tutto ciò non è normale perché siamo fuori media aritmetica, anche se poi si scrive che "il tempo in inverno ha fatto ben di peggio". Non nasce il dubbio in Laurenzi che l'errore è dare implicitamente per scontato che "normale" significa "essere nella media", un assurdo valido solo in quest'epoca? Non è che per avere un'idea dei fenomeni naturali sarebbe molto più significativo usare i valori estremi invece che le medie? Passiamo alla seconda parte dell'articolo, dopo la descrizione della configurazione barica Laurenzi scrive: "Ora toccherà all'Italia? In parte sì ed in parte no, perché siamo pur sempre in mezzo al mare ed il mare, si sa, ha un effetto mitigante. Il culmine del freddo si avrà tra sabato e domenica prossimi. Nel fine settimana le minime potrebbero scendere addirittura sotto i -10 su gran parte del Centro-Nord. A causa del ghiaccio e della neve (se ne prevedono quantitativi abbondanti, anche 40 cm) le prossime 4-5 giornate saranno impegnative, soprattutto sulle strade. Nevicherà su molte regioni, anche su quelle solitamente risparmiate dai fiocchi. Prepariamoci, con saggezza e senza eccessivi timori. Come da secoli l'uomo sa fare quando arriva l'inverno, quello vero." Rileggo: "Ora toccherà all'Italia? In parte sì ed in parte no". Intende una parte geografica? Tale interpretazione però poi è smentita dall'affermazione: "Nevicherà su molte regioni, anche su quelle solitamente risparmiate dai fiocchi". Oppure intende che la "sperimentazione" del freddo sarà fatta in parte? Però anche tale affermazione è subito dopo smentita da "a causa del ghiaccio e della neve le prossime 4-5 giornate saranno impegnative, soprattutto sulle strade". Rileggo la conclusione: "Prepariamoci, con saggezza e senza eccessivi timori. Come da secoli l'uomo sa fare quando arriva l'inverno, quello vero" ."Come da secoli l'uomo sa fare ", ma non era Laurenzi stesso che poche righe sopra aveva scritto:" Tutto normale? Direi di no. Siamo decisamente fuori dalle medie"? Insomma, una serie di luoghi comuni, contraddittori fra di loro, e frasi di buon senso che sembrano piazzate a caso senza un senso logico, figurarsi il valore scientifico. Si direbbe che lo scopo dell'autore fosse più che altro trovare un compromesso, accontentare tutti. Anche se su un giornale cattolico ci si aspetterebbe che si seguisse l'indicazione: "Il vostro parlare sia - sì, sì; no, no". Ed in alcuni casi, per la fisica dell'atmosfera, aggiungerei anche "non so".
Fonte: La Bussola Quotidiana, 02/02/2012
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LETTERE ALLA REDAZIONE: AMARE CASTAMENTE E' POSSIBILE
La testimonianza di una coppia di fidanzati che ha deciso di vivere controcorrente il tempo della preparazione al matrimonio
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
Gentile redazione di BastaBugie, sono un ragazzo di 22 anni, studio all'Università di Palermo e, come tutti i giovani della mia età, mi destreggio tra mille impegni e tante speranze. Scrivo questa mia testimonianza spinto dall'amore, da quell'amore che noi uomini abbiamo reso complicato e vuoto di ogni significato, da quell'amore tradito per riscattarlo. Il 18 dicembre del 2008 è una data molto importante per me, infatti quel giorno, dopo circa un mese che ci conoscevamo, in un modo molto semplice e privo di parole pronunciate con le labbra, ma ricco di speranze dettate dal cuore, io e la mia ragazza ci siamo fidanzati. Il modo in cui è iniziato il nostro amore credo che rispecchi molto bene la semplicità e la genuinità dell'amore vero, io e lei non ci siamo fatti mai chissà quali grandi discorsi, ma con poche parole, spesso solo con il modo di fare di entrambi, siamo cresciuti e il nostro rapporto si è sempre più completato e continua a completarsi di giorno in giorno. Il nostro rapporto è molto libero, stiamo quasi sempre insieme, studiamo insieme, ci divertiamo insieme. Amiamo moltissimo stare da soli in intimità e questo credo abbia reso molto più profondo il nostro rapporto e la nostra donazione reciproca. La donazione che ci siamo fatti l'un l'altro, che rinnoviamo ogni giorno, ci ha portato ad essere una coppia molto unita e ci ha fatto accorgere, quasi senza parlarne, di condividere progetti di vita e valori sublimi: tra questi la castità. Noi non avevamo mai discusso se avere o no dei rapporti sessuali prematrimoniali, non ne avevamo mai parlato, eppure fin dal primo giorno percepivo la purezza e l'infinita bellezza del nostro amore che non avrei osato mai macchiare rubando qualcosa che ancora non mi appartiene. Strada facendo ci siamo accorti di condividere questo desiderio, di voler sublimare il nostro amore fino al dono supremo di noi stessi nell'anima e anche nel corpo, senza bruciare le tappe ma vivendo il nostro cammino di fidanzati come opportunità. Opportunità di sperimentare il rispetto e la fedeltà reciproca, fedeltà che si esercita maggiormente nella castità, vista come conservazione del nostro corpo in vista di una donazione definitiva. Opportunità di diventare forti, di non lasciarci rendere schiavi dagli istinti ma di guidare questi nostri istinti con la ragione e di indirizzarli verso il completamento del nostro rapporto. La nostra scelta di non avere rapporti sessuali da fidanzati non è nata né dalla paura, che molti giovani purtroppo hanno, del fatto che la mia ragazza potesse rimanere incinta, né da una imposizione esterna, né tanto meno dall'assopimento dei nostri sensi, i quali restano in modo straordinario vivi e pulsanti, ma tale scelta nasce dalla consapevolezza della grandezza del nostro amore: dalla convinzione ferma che avere un rapporto sessuale significa fondersi in modo totale e definitivo, e ciò presuppone un'unione di anime che [...] soltanto il matrimonio potrà darci. La nostra castità dunque è frutto del nostro amore. I nostri tre anni di cammino di coppia mi hanno insegnato che non sarei stato capace di donarmi alla mia ragazza in maniera così totale se non avessimo vissuto la castità; se infatti avessimo avuto rapporti sessuali, specialmente per me che da uomo sono più proiettato verso una dimensione "epidermica" del rapporto, la mente e il cuore sarebbero stati annebbiati dal godimento fisico momentaneo e ciò mi avrebbe impedito di assaporare il piacere della donazione quotidiana alla mia amata nelle piccole scelte della vita che sempre comportano qualche sacrificio: sarebbe una finzione se a tali sacrifici si accompagnasse la "ricompensa" del sesso, non sarebbe più una scelta d'amore ma sarebbe solo una meschina scelta utilitaristica; per di più credo che senza la nostra castità il nostro rapporto sarebbe rimasto molto superficiale, le nostre anime non avrebbero potuto mai raggiungere quel grado di intimità spirituale che hanno. Quando le nostre anime saranno sigillate insieme dal sacramento allora sarà anche massima la predisposizione dei nostri corpi ad unirsi e donarsi, allora sarà veramente un'unione vera, autentica, pura, voluta, amata, eterna. Certamente da uomo non nascondo che vivere la castità non è una scelta facile: i sensi sono sempre attivi e vivi e, più il cammino va avanti, più cresce il nostro amore e più sento che il mio corpo è sempre più proiettato verso l'unione fisica con la mia amata; tuttavia continuare ad essere casti per me non è mai un "resistere". Resistere sarebbe una costrizione, una cosa artificiale, invece la nostra castità non è una costrizione, è un cammino di amore reciproco, ragione per cui non abbiamo "paura" del contatto, di stare insieme da soli di sera in macchina, di viaggiare insieme, di scambiarci i nostri teneri abbracci, non abbiamo paura di amarci fino in fondo: siamo infatti consapevoli della grandezza dell'Amore e questo ci dà la motivazione necessaria a non macchiarlo. Anche perché siamo fermamente convinti che la sostanza del nostro amore non sta nel rapporto fisico, e la scelta di camminare verso il matrimonio non nasce dall'esigenza di voler consumare il nostro rapporto al più presto, ma dalla volontà di donarci l'un l'altra ogni nostro istante, ogni nostro giorno, di vivere insieme la nostra quotidianità dirigendoci mano nella mano verso il Cielo, che vogliamo già anticipare sulla terrà costruendo una famiglia in cui regni l'Amore. Mirko
Caro Mirko, la tua bella testimonianza ricorda a tutti noi che un amore casto è possibile e soprattutto è più bello. Tempo fa abbiamo pubblicato il video doppiato in italiano della conferenza "SESSO, PERCHE' ASPETTARE? OVVERO: AMORE SENZA RIMORSO". Per vederlo si può cliccare qui sotto: https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1497 Le tue parole confermano quanto dicono Jason e Crystalina in questo stupendo filmato. Grazie e auguri a te e la tua fidanzata di proseguire questo bel cammino.
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 1,40-45)
Lo voglio, sii purificato!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12/02/2012)
Per paura del contagio, gli ebrei allontanavano dai centri abitati tutti quelli che erano stati colpiti dalla lebbra. Questi sventurati dovevano vivere appartati, lontani da tutti, e da tutti schivati. Il lebbroso veniva considerato come un essere pericoloso, condannato alla solitudine e all'abbandono. In caso di guarigione, il lebbroso doveva presentarsi dal sacerdote, il quale, constatato l'avvenuto risanamento, riammetteva il fratello nella società. I commentatori del Vangelo hanno sempre visto nel miracolo riportato nel brano di oggi un miracolo ancora più grande e importante: quello della nostra guarigione dal peccato. Come Gesù ha voluto guarire quel povero lebbroso, così, e ancora di più, vuole guarire anche noi dalla lebbra del peccato. Il peccato, come la lebbra, porta alla morte, non però del corpo, ma della vita spirituale. Vi è un particolare che accomuna la lebbra al peccato: la sua natura contagiosa. Il peccato tende sempre ad allargare la sua influenza, e non è raro il caso in cui l'uomo venga contagiato dal cattivo esempio degli altri. Di fronte al peccato, l'uomo ha solo una possibilità: ricorrere al Signore, con la fiducia di essere guarito, supplicando Gesù come il lebbroso del Vangelo: «Se vuoi, puoi purificarmi!» (Mc 1,40). Quando uno si pente sinceramente dei suoi peccati, Gesù subito lo perdona; ma, come al lebbroso del Vangelo, dice: «Va' a mostrati al sacerdote» (Mc 1,44). Il sacerdote doveva verificare l'avvenuta guarigione e riammettere il lebbroso sanato alla vita comunitaria. Anche se siamo sinceramente pentiti, se siamo consapevoli di aver peccato mortalmente, non possiamo ricevere la Comunione, dobbiamo prima presentarci al sacerdote per ricevere l'assoluzione sacramentale. Egli verificherà il nostro pentimento e, in Nome di Dio, ci donerà il perdono dei nostri peccati. Questa dottrina è stata da sempre insegnata dalla Chiesa, anche nell'ultimo Catechismo, e, con parole molto forti, dal papa Giovanni Paolo II. Il Papa, nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia, citava innanzitutto il Catechismo, quando dice: «Chi è consapevole di aver commesso un peccato grave, deve ricevere il sacramento della Riconciliazione prima di accedere alla Comunione» (CCC, n. 1385); inoltre, poco prima, citava san Giovanni Crisostomo, il quale, in una sua omelia, così scriveva: «Anch'io alzo la voce, supplico, prego e scongiuro di non accostarci a questa sacra Mensa con una coscienza macchiata e corrotta. Un tale accostamento, infatti, non potrà mai chiamarsi comunione, anche se tocchiamo mille volte il corpo del Signore, ma condanna, tormento e aumento di castighi». Ascoltando queste parole non possiamo rimanere indifferenti. Il messaggio di Giovanni Paolo II è stato molto chiaro. Con l'assoluzione sacramentale, quando il sacerdote pronuncia su di noi le parole di perdono, noi, come il povero lebbroso del Vangelo, entriamo in contatto con la misericordia stessa di Gesù e veniamo lavati nel suo Sangue Divino. Gesù continua a mandare i lebbrosi dal sacerdote, i lebbrosi piagati dal peccato. Le parole che il sacerdote pronuncia al termine della Confessione non sono una semplice dichiarazione dell'avvenuto perdono, ma compiono una autentica trasformazione. Il sacerdote, in quel momento, è Cristo stesso che perdona e guarisce interiormente, usando la formula in prima persona: Io ti assolvo dai tuoi peccati. Da questa riflessione deve nascere in noi una grande stima per questo Sacramento istituito per liberare l'uomo dal peccato. Per fare una buona Confessione dobbiamo fare nostro l'atteggiamento del lebbroso di cui parla il Vangelo, dobbiamo pertanto riconoscere il male che è dentro di noi. Non si va dal confessore per giustificarci o per dire i peccati degli altri, ma per manifestare semplicemente le colpe che abbiamo commesso. Ai giorni d'oggi, molto spesso, si è perso il senso del peccato, e ci si sente a posto davanti a Dio. Altre volte il nostro accecamento arriva al punto da non riconoscere l'autorità della Chiesa che ci richiama sulla gravità di alcuni peccati. Preghiamo che il Signore apra bene gli occhi del nostro cuore, affinché, con umiltà, riconosciamo la nostra miseria. Dio sarà subito pronto a perdonarci e ad innalzarci ancora più di prima. Ma, se manca questa umiltà, noi rimarremo sempre nel nostro accecamento e continueremo a vivere in questa illusione, la più pericolosa che ci possa essere.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12/02/2012)
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