PRETE METTE ALLUCINOGENO NELLE OSTIE... IN CHIESA ACCADE UN PANDEMONIO: OVVIAMENTE E' TUTTO FALSO
La diocesi smentisce, ma ormai la notizia si è diffusa a macchia d'olio su internet: il confine tra vero e falso è saltato... ciò che conta è che la notizia sia attraente (e magari contro la Chiesa)
Autore: Umberto Folena - Fonte: Avvenire
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LE INQUIETANTI PAROLE DI MARIO MONTI NEGLI USA: ''VOGLIO CAMBIARE IL MODO DI VIVERE DEGLI ITALIANI''
La vicenda dell'ICI alle scuole paritarie (sollecitata dalla massoneria) è la dimostrazione che il governo tecnico è un'illusione perché non esistono materie neutre
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana
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MATRIX IN DIRETTA DA ATENE: L'ITALIA RISCHIA DI FARE LA FINE DELLA GRECIA, ECCO PERCHE'...
Univoche le testimonianze della gente: ''Quello che oggi sta accadendo a noi, accadrà a voi, perché chi provoca tutto questo ha le stesse identiche intenzioni nei confronti vostri, della Spagna, del Portogallo, dell'Irlanda, ecc.''
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Corrispondenza Romana
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ECCO COME IL GOVERNO TECNICO STA ANDANDO CONTRO GLI INTERESSI DI TUTTI: DESTRA, SINISTRA E CATTOLICI
Come nella ex Germania comunista è al potere una casta che pretende di cambiare il popolo, invece di avere un popolo sovrano cui si riconosce il diritto di cambiare chi comanda
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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IL GENERALE DEI BRIGANTI: LA FICTION DELLA RAI STRAVOLGE LA REALTA'
Il vero Crocco (che non parlava napoletano) incarnò le aspirazioni della povera gente grazie alle sue esaltanti vittorie contro il violento e oppressore esercito piemontese
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: La Bussola Quotidiana
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LA PRESIDENTE DEL BRASILE SCEGLIE UN'ABORTISTA COME MINISTRO DELLA POLITICA PER LE DONNE
Prima delle elezioni la Rousseff si era impegnata a non introdurre l'aborto libero, ma si temeva che fosse solo una balla per ingannare i cattolici... ora ne abbiamo la certezza
Autore: Gherardo Milanesi - Fonte: Avvenire
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PROTESTE CONTRO LA RAI: LICENZIARE UNA DONNA SOLO PERCHE' RIMANE INCINTA E' UNA VIGLIACCATA...
Ma il problema principale è che quando le madri iniziano a pensare che il lavoro sia più importante del figlio che portano nel loro ventre, allora è davvero la fine
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
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CLAMOROSO DIETROFRONT SCIENTIFICO: IL NEUTRINO NON E' PIU' VELOCE DELLA LUCE
Giornali e televisioni fanno divenire immediatamente clamorosi, eccezionali, argomenti da bar, notizie relative a probabili nuovi risultati sperimentali che vanno verificati per bene prima di essere divulgati al grande pubblico
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana
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IL NUOVO LIBRO DI DE MATTEI SUL BEATO PIO IX, UNO DEI PIU' GRANDI PONTEFICI DI TUTTI TEMPI
Il pontefice più longevo della storia, autore del Sillabo, sostenitore dell'infallibilità del Papa, personaggio chiave nel risorgimento, proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2000
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
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OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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PRETE METTE ALLUCINOGENO NELLE OSTIE... IN CHIESA ACCADE UN PANDEMONIO: OVVIAMENTE E' TUTTO FALSO
La diocesi smentisce, ma ormai la notizia si è diffusa a macchia d'olio su internet: il confine tra vero e falso è saltato... ciò che conta è che la notizia sia attraente (e magari contro la Chiesa)
Autore: Umberto Folena - Fonte: Avvenire, 24 febbraio 2012
La notizia era golosa e giocosa, ancor più di quella del prete beccato all'etilometro per aver celebrato troppe messe, meglio ma molto meglio delle due suore a duecento all'ora in Valle d'Aosta per correre dal Papa in vacanza. Abruzzo24ore.tv, dinamico quotidiano on line, riferisce che nella chiesa dello Spirito Santo a Campobasso il parroco don Achille ha distribuito ostie contaminate da segale cornuta, nota fin dall'antichità per provocare allucinazioni del tutto simili a quelle dell'Lsd. I presenti si sono letteralmente scatenati. La ricostruzione è un'insuperabile pagina di giornalismo creativo: «C'era chi sosteneva di vedere il proprio santo prediletto, chi in balia di visioni infernali abbracciava il crocifisso, chi rubava il calice del vino al prete, il povero don Achille, costretto a nascondersi in confessionale inseguito da due vecchine che lo prendevano a borsettate dandogli del demonio. Padre Achille, approfittando della bolgia, è riuscito poi a seminare le due donne e si è involato verso la sagrestia, dove ha chiamato le forze dell'ordine che sono riuscite a sgomberare l'edificio, nonostante le resistenze dei fedeli che hanno iniziato una guerriglia convinti fossero "cavalieri dell'apocalisse". "Mai visto niente del genere e sono stato al G8" ha dichiarato uno sconvolto poliziotto». Emilio Salgari non avrebbe saputo fare di meglio. La plasticità della cronaca, la ricchezza dei dettagli, tutto rendono la pagina credibile. O meglio: attraente. Una di quelle "notizie" a cui credere perché è bello crederci. Infatti la storiella veniva ripresa dalle edizioni on line di Sole24Ore, Messaggero, Mattino, Gazzettino e altri forum. Peccato, davvero peccato che fosse una colossale invenzione. Fosse stato ancora Carnevale, ma non lo era più; fosse stato il primo aprile, ma non lo era ancora. No, a Campobasso non esistono nessuna chiesa dello Spirito Santo né alcun parroco di nome don Achille. La diocesi smentiva ma ormai era fatta, la fandonia si era riprodotta geometricamente sul web, grazie alle infinite condivisioni dei social network, e nessuna rettifica poteva più fermare il big bang disinformativo. Naturalmente, la storiella è quel che è. Ovviamente, è la conferma che il confine tra vero e falso è del tutto saltato, esistono soltanto le storielle carine e le storielle noiosine e la tragica profezia di Ryszard Kapuscinsky («Nella seconda metà del XX secolo improvvisamente il grande mondo degli affari scopre che la verità non è importante, ciò che conta è l'attrazione. E, una volta che abbiamo creato l'informazione-attrazione, possiamo vendere questa informazione ovunque. Più l'informazione è attraente, più denaro possiamo guadagnare (...). Il passaggio dal criterio della verità a quello dell'attrattiva rappresenta la grande rivoluzione culturale di cui tutti siamo i testimoni, i partecipanti e, in parte, le vittime») si compie in tutto il suo parossismo. Ma perché sempre addosso alla Chiesa, come all'orso del Luna Park? Per ora ci scappa da ridere, ma non sarebbe l'ora di finirla? Piuttosto, e la segale cornuta? Dev'essersela pappata il giornalista abruzzese: onestamente, è l'unica spiegazione benevola.
Fonte: Avvenire, 24 febbraio 2012
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LE INQUIETANTI PAROLE DI MARIO MONTI NEGLI USA: ''VOGLIO CAMBIARE IL MODO DI VIVERE DEGLI ITALIANI''
La vicenda dell'ICI alle scuole paritarie (sollecitata dalla massoneria) è la dimostrazione che il governo tecnico è un'illusione perché non esistono materie neutre
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Bussola Quotidiana, 28-02-2012
Alla fine pare che anche la Conferenza Episcopale si sia resa conto che questo governo non è affatto ben disposto. Ci voleva il caso clamoroso dell'ICI/IMU imposta alle scuole paritarie, di cui abbiamo parlato ieri, per riconoscere che da parte di questo governo c'è una chiara ostilità – sebbene non dichiarata – verso la Chiesa e ciò che rappresenta nel nostro paese. E' stato un attacco gratuito, controproducente – visto il risparmio che le scuole paritarie generano per le casse dello Stato -, palesemente ideologico, visto che si è lasciato credere che fosse diretto esclusivamente contro la Chiesa quando a rimetterci è tutto il settore no profit. E come ciliegina sulla torta il presidente del Consiglio Mario Monti ha anche dichiarato che i soldi recuperati dall'ICI alla Chiesa sarebbero serviti per abbassare le tasse. Come dire: se le tasse sono alte è per pagare i privilegi delle istituzioni cattoliche. Una menzogna e una vigliaccata, che serve solo a convogliare l'odio sociale nei confronti della Chiesa. Monti si è fatto scudo con le richieste dell'Unione Europea, ma a pesare maggiormente è l'offensiva lanciata dal Gran Maestro dell'Oriente d'Italia Gustavo Raffi, che da mesi chiede a gran voce che sia "punita" la Chiesa cattolica sull'ICI). E' una situazione imbarazzante per i vertici dell'episcopato italiano che non solo avevano benedetto il governo Monti, ma avevano dato l'impressione di aver giocato un qualche ruolo nella sua formazione visto che nella compagine governativa figurano ben 3 ministri cattolici, protagonisti del famoso convegno di Todi (anche se fanno di tutto per non farsi notare). La dura reazione di numerosi parlamentari (oltre che della Cei) , sembra aver scongiurato la tassa ma non certo l'effetto dirompente che questa uscita ha avuto nella società civile. Alla fine l'immagine che è passata è quella di una legge sacrosanta (far pagare la Chiesa) che è stata rimangiata a causa del potere arrogante dei vescovi a cui il povero Monti si è dovuto piegare (ma su questo torneremo). In ogni caso la chiarificazione sull'emendamento non può cambiare il giudizio su questo esecutivo, perché il capitolo ICI è solo un episodio. Vale la pena ricordare l'attivismo del ministro Fornero nel promuovere i diritti gay e l'annunciato progetto di portare già nelle scuole dell'infanzia programmi che "educano" i bambini a considerare normale l'omosessualità (negli asili comunali milanesi è già una realtà). E in questo clima anche i parlamentari vanno in ordine sparso, al punto che è stato un deputato del Pdl a promuovere e far approvare in commissione il disegno di legge sul divorzio breve (sarebbe stato impensabile pochi mesi fa). E su questo fronte c'è da attendersi ancora altro. Educazione e famiglia, dunque, colpiti duramente da un governo che a parole parla di crescita ma poi spara sugli unici fondamenti possibili da cui poter ripartire. E' un'ulteriore dimostrazione dell'inganno alla base della formazione di un governo "tecnico". Non esistono materie "neutre", e anche riportare i conti in ordine non è un fatto meramente "tecnico". E' come in una famiglia: se entrano mille euro, si deve fare in modo che le uscite non superino quella cifra (fattore tecnico), ma come usare i mille euro è una scelta "politica": c'è chi consumerà maggiormente in cibo, chi in vacanze, chi tenderà a risparmiare il più possibile e così via. Così è per il governo: dove tagliare, cosa incentivare è una scelta politica, non tecnica. Dietro il paravento del governo tecnico stanno passando cambiamenti sociali importanti ("Voglio cambiare il modo di vivere degli italiani", le inquietanti parole pronunciate da Monti in occasione del suo recente viaggio negli Usa): la vicenda ICI-scuole paritarie non è un incidente involontario né casuale, i prossimi mesi ce lo confermeranno.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 28-02-2012
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MATRIX IN DIRETTA DA ATENE: L'ITALIA RISCHIA DI FARE LA FINE DELLA GRECIA, ECCO PERCHE'...
Univoche le testimonianze della gente: ''Quello che oggi sta accadendo a noi, accadrà a voi, perché chi provoca tutto questo ha le stesse identiche intenzioni nei confronti vostri, della Spagna, del Portogallo, dell'Irlanda, ecc.''
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Corrispondenza Romana, 22/02/2012
La trasmissione Matrix di giovedì 16 febbraio 2012 si è svolta in uno scenario differente dal solito. Il conduttore, Alessio Vinci, era con i suoi ospiti in una bella terrazza a Piazza Sintagma ad Atene. Sullo sfondo, illuminati, il Parlamento greco e lo spettacolo del Partenone. Ogni tanto, si trasmettevano i disordini e le violenze di popolo che erano avvenute o stavano ancora avvenendo dall'altra parte della immensa piazza. Gli ospiti erano in parte italiani (fra cui anche Tremonti), in parte politici, giornalisti e imprenditori greci che si alternavano, il tutto arricchito da tante interviste a persone comuni. Fin qui tutto potrebbe sembrare abbastanza normale, anche la decisione di trasferirsi in Grecia, visto quello che sta accadendo lì. Ma è proprio questo il punto: quello che sta accadendo in Grecia, e di cui non abbiamo (come sempre) corretta notizia. Dalla trasmissione è emerso infatti chiaramente che la situazione è incredibilmente più tragica di quello che sappiamo: da decine di migliaia di famiglie (tutte dell'ex ceto medio) senza più lavoro, a chi guadagnava mediamente 1200-1500 euro al mese e ormai (e sono la maggioranza) ne guadagna fra i 300 e 500 (un intervistato, alla domanda "come fate a sopravvivere?", ha testualmente risposto: "semplice: non pago più nulla, eccetto il cibo di ogni giorno"); dai prossimi licenziamenti di statali (decine di migliaia) al fatto – da noi del tutto oscurato – che le banche hanno bloccato i bancomat e imposto un tetto per i prelievi (in pratica, i greci hanno perso l'utilizzo dei loro risparmi). Quando si domandava agli intervistati di chi fosse la colpa di tutto questo, la risposta era univoca: della UE e in particolare della Germania, il cui scopo è la conquista economica del continente, preambolo al controllo politico. Poi molti apportavano un'aggiunta, il cui concetto di fondo era il seguente: "non vi illudete voi italiani, quello che oggi sta accadendo a noi, accadrà a voi, perché chi provoca tutto questo ha le stesse identiche intenzioni nei confronti vostri, della Spagna, del Portogallo, dell'Irlanda, ecc.". Questa, che potrebbe sembrare una polemica "qualunquista" di gente arrabbiata, nel dibattito animato da Vinci è diventata in realtà la nota di fondo della serata. Vinci ha avuto il merito di non lasciarla cadere in omaggio al politicamente corretto, ma in realtà, con molto stile, l'ha tenuta al centro dell'attenzione. E, ciò che è maggiormente interessante (e, ahinoi, sconcertante), fra gli ospiti nessuno ha negato tale eventualità, a partire da Tremonti (il quale, libero ora dagli incarichi politici, sembra aver riacquistato un poco la schiettezza del passato), che anzi ha rilanciato attaccando pubblicamente Mario Monti, ricordando che questi ebbe a dichiarare a settembre che l'Euro è una benedizione per l'Europa in quanto sta costringendo la Grecia a ritornare alla ricchezza reale! Solo il giornalista Fubini del Corriere della Sera ha costantemente difeso Monti, la UE e in pratica i poteri forti (incolpando i greci della loro rovina), e ha cercato di smussare il fatto che vi sia questo pericolo per l'Italia. Ma la realtà è che alla fine questo senso di frustrazione generale, di consapevole paura di un "rischio Italia", di sensazione della palese incapacità di gestione degli eventi (in quanto eterodiretti da forze che nessuno realmente controlla) ha dominato l'intera serata. Pertanto, il messaggio che ne è passato è tanto "sotterraneo" quanto chiaro nella sua drammaticità: non solo non si può escludere, ma è realisticamente possibile, che anche in Italia, nei prossimi tempi, potrebbero avvenire licenziamenti di massa, riduzione a percentuali stratosferiche degli stipendi, e, chissà, magari… il blocco dei bancomat, come in Grecia. Cosa succederà nei prossimi mesi? Ci aspetta la Grecia? E, se c'è questo pericolo, come rimanere inerti ad attendere la catastrofe, anestetizzati dai nostri parlamentari nullafacenti, burattini o burattinai che siano?
Fonte: Corrispondenza Romana, 22/02/2012
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ECCO COME IL GOVERNO TECNICO STA ANDANDO CONTRO GLI INTERESSI DI TUTTI: DESTRA, SINISTRA E CATTOLICI
Come nella ex Germania comunista è al potere una casta che pretende di cambiare il popolo, invece di avere un popolo sovrano cui si riconosce il diritto di cambiare chi comanda
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 26/02/2012
Appena fu dato l’incarico a Monti io, da queste colonne, gli detti fiducia. Non avevo pregiudizi. Ma mi ricredetti quasi subito. E avvertii che per molti la luna di miele con i "tecnici" sarebbe diventata una luna di fiele (come già mostrano i fischi a Napolitano). In effetti a cento giorni dalla sua nascita tutti i sostenitori del governo (a partire da PD e PDL) si accorgono di aver ottenuto l’opposto esatto di quanto avevano sempre voluto o promesso agli italiani. Comincio dai cattolici che si fecero usare, col convegno di Todi, per instaurare il nuovo potere: ora si beccano la reintroduzione dell’Imu, forse perfino per asili e scuole ("è il tracollo dell’istruzione cattolica", dicono i salesiani). Eppure il giornale della Cei, "Avvenire", che è stato il più entusiasta nel sostenere Monti, aveva sempre negato che vi fossero motivi per rivedere le norme (la Chiesa già pagava dove non c’erano attività di culto o assistenziali). Adesso il governo allarga i casi di tassazione con la scusa di dover eliminare gli "aiuti di stato". L’asilo parrocchiale deve pagare l’Imu altrimenti è aiuto di stato. Però non sono ritenuti "aiuto di stato" quelli di cui hanno scritto Alesina e Giavazzi, "i circa 30 miliardi di sussidi pubblici alle imprese" (Corriere della sera, 11 dicembre 2011). Perché – chiedono i due economisti – tutti quei miliardi "sono intoccabili" e nessuno ne parla? Ancor più curiosa è stata, venerdì 24 febbraio, la nota furbesca della Presidenza del Consiglio con cui si annunciava che le maggiori entrate dall’Imu della Chiesa sarebbero state destinate ad alleggerire la pressione fiscale. Promessa odiosetta perché alimenta lo sciocco sospetto che se siamo tartassati è colpa della Chiesa. La trovata serviva a coprire la vera notizia di quelle ore: infatti il governo si stava rimangiando la promessa di abbassare le tasse col gettito recuperato dalla lotta all’evasione. Quindi per la Chiesa c’è un doppio danno e la beffa. Ma a parte l’Imu e le scuole cattoliche c’è molto altro nelle politiche di questo governo che va contro i cattolici. C’è il bombardamento delle famiglie (con la reintroduzione dell’Imu sulla prima casa, l’aumento di Iva, affitti, tasse e benzina) e c’è l’insensibilità verso gli ultimi e la solidarietà dimostrata fra l’altro dalla cancellazione dell’Agenzia per il terzo settore, dall’inserimento delle donazioni alle onlus nel redditometro e dalla politica verso i disabili (lo slogan della loro manifestazione del 21 febbraio era: "no allo sterminio dei nostri diritti"). La scure che si abbatte sulla solidarietà e l’assistenza ai più poveri e bisognosi, lascia invece indisturbato, in gran parte, l’enorme spreco dell’acquisto dei cacciabombardieri F35 a cui la Chiesa è contraria. Il bilancio insomma per i cattolici è disastroso. Oltretutto per loro, che si fecero usare a Todi come liquidatori del governo di centrodestra, è finito il dialogo privilegiato con quest’area sui temi eticamente sensibili: ne sono un segno il blocco della legge sulle dat e il varo alla Camera del divorzio breve. E già, certe dichiarazioni ministeriali sui cosiddetti "diritti civili", hanno fatto suonare un campanello di allarme sui media cattolici. Anche il Pd è rimasto "fregato" dal governo Monti. Per anni – in odio a Berlusconi – hanno invocato "una destra normale, europea, moderna". Eccoli accontentati: una vera destra moderna, di banchieri e tecnocrati che se ne infischiano sia degli elettori che dei lavoratori e dei sindacati, che spazzano via le "intoccabili" pensioni di anzianità, alzano l’età della pensione e diminuiscono i soldi. Tecnocrati che vogliono spazzar via il "sacro" articolo 18 sui licenziamenti e perfino sostituire la cassa integrazione straordinaria con un temporaneo sussidio di disoccupazione. Bastava uno solo di questi provvedimenti, fino a ottobre, per scatenare la rivolta di piazza. E oggi la sinistra non solo deve digerirli, ma perfino votarli e applaudirli. Con un governo che irride la speranza del posto fisso dei giovani precari. Addirittura Draghi – uno dei sostenitori, con Napolitano, del governo Monti – annuncia trionfante la morte del "modello sociale europeo". Ecco "la destra" che volevano. E’ arrivata e sta spazzando via il famoso "stato sociale", con trent’anni di conquiste sociali. Grazie ai voti del centrosinistra. Dieci anni fa gli apprendisti stregoni – dagli Usa all’Europa – spalancarono le porte del commercio mondiale alla Cina, fregandosene della concorrenza sleale di quel sistema semischiavistico: dicevano che così avrebbero "occidentalizzato" la Cina, invece hanno "cinesizzato" l’Occidente e ora tutti rischiamo di diventare sudditi senza diritti. Stessa sorte del Pd è toccata al Pdl. Il centrodestra da sempre si è identificato con una precisa mission politica: meno tasse per tutti e meno stato, meno dirigismo, meno leggi e burocrazie asfissianti (ovvero più libertà). Bene. Stanno dandoci l’esatto opposto. Stiamo diventando il popolo più tartassato d’Europa e stiamo diventando così sudditi che non solo il popolo ha perso la sovranità (elettorale e politica), ma è ormai in libertà vigilata perfino quando va a prelevare i suoi risparmi dal proprio conto corrente, dovendo giustificare allo stato poliziesco come intende spenderli. E non si venga a dire che questo serve a combattere l’evasione, perché è una balla ridicola. Non serve che a vessare. Se davvero volessero eliminare di colpo l’evasione fiscale – abbassando per tutti le tasse – basterebbe rendere detraibile per tutti l’Iva per ciascun acquisto. Perfino le cosiddette liberalizzazioni – come ha dimostrato Piero Ostellino – sono il contrario esatto: un caso di dirigismo. E – a proposito di sistema liberaldemocratico – con un premier che frequenta più le Borse che le Camere ormai il Parlamento pare ridotto a un orpello inutile, tanto che Napolitano può intimargli di smetterla con gli emendamenti. Votino e zitti. Perfino "Repubblica" sta suonando l’allarme. Ieri è stata pubblicata un’intervista a Zagrebelsky che arriva a preoccuparsi per la nostra perdita di sovranità nazionale. Era ora. Ormai qualunque organizzazione internazionale pretende di dare ordini all’Italia: l’ultima arrivata è l’Ocse, dopo che l’hanno fatto la Bce, il Fmi, la Bundesbank, Obama, la Merkel, Sarkozy e i famosi mercati. Si dirà che però nel 2013 avremo il pareggio di bilancio. In realtà il 70 per cento dei provvedimenti che portano a questo risultato è dovuto alle stangate del precedente governo. Inoltre conseguiamo questo risultato a prezzo di una dura recessione (col Pil a – 1 per cento), di una disoccupazione che cresce, di tre declassamenti (da parte delle famose agenzie di rating) e di un aumento generale della povertà. Da professori che si presentavano come sapientoni ci aspettavamo che finalmente costituissero la tanto studiata società per mettere a reddito l’enorme patrimonio immobiliare pubblico (anche se – come dice oscar Giannino – la cosa non farebbe piacere alle banche). E’ quella la chiave per abbattere il debito pubblico, le tasse e rilanciare la crescita. Ma non si è visto niente del genere. Solo aumento delle tasse, della benzina e dell’Iva, con la diminuzione di stipendi, assistenza e pensioni: il solito, eterno, insopportabile tartassamento del cittadino che vorrebbero pure di "rieducare" col ditino alzato. Come nella ex Germania comunista è al potere una casta che pretende di cambiare il popolo, invece di avere un popolo sovrano cui si riconosce il diritto di cambiare chi comanda e le sue politiche. In Italia oggi gli unici soddisfatti sono i banchieri. La gente si rassegna a subire Monti solo perché i partiti sarebbero perfino peggio. Non si parli dunque di consenso: è disperazione. Naturalmente Monti ha fatto pure qualcosa di buono: ha bocciato le Olimpiadi. Ma per questo non era necessario sospendere la vita democratica e fare un governo di scienziati, bastava il buon senso di mia nonna.
Nota di BastaBugie: Vi proponiamo un divertente cartone animato su Mario Monti (anche se ci resta il dubbio se ridere o piangere...)
Fonte: Libero, 26/02/2012
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IL GENERALE DEI BRIGANTI: LA FICTION DELLA RAI STRAVOLGE LA REALTA'
Il vero Crocco (che non parlava napoletano) incarnò le aspirazioni della povera gente grazie alle sue esaltanti vittorie contro il violento e oppressore esercito piemontese
Autore: Antonio Giuliano - Fonte: La Bussola Quotidiana, 20/02/2012
I briganti son tornati. Dopo anni di silenzio sembra godere di maggiore interesse un capitolo della nostra storia a lungo ignorato: il brigantaggio. Un fenomeno spesso falsato o minimizzato dai libri scolastici, finito ai margini della recente sbornia celebrativa dell’Unità d’Italia, eppure un nodo della storia nazionale imprescindibile per capire gli attuali problemi del Mezzogiorno. Nuovi studi e iniziative di rievocazione storica (come quella imponente che si svolge ogni anno in Basilicata "La storia bandita"), fino alla fiction andata in onda sulla Rai, "Il generale dei briganti", dedicata al leggendario capopopolo lucano Carmine Crocco (1830-1905). «Ma è stata un’occasione perduta – tuona lo storico Francesco Pappalardo, autore di diversi studi sul brigantaggio, confluiti anche nell’ultimo L’unità d’Italia e il Risorgimento (D’Ettoris 2010), e risorgimentali, come Il mito di Garibaldi. Una religione civile per una nuova Italia (Sugarco 2010). Troppe le falsità storiche. È inaccettabile che la Rai, servizio pubblico, mandi in onda simili falsificazioni».
AL DI LÀ DI QUELL’IMPROPONIBILE ACCENTO NAPOLETANO MESSO IN BOCCA AI BRIGANTI LUCANI QUALI ALTRE GROSSOLANITÀ HA PRESENTATO LA FICTION? È vero che nei titoli di coda era specificato che la storia raccontata fosse frutto di fantasia. Ma si è andati oltre, perdendo un’occasione per far luce sul brigantaggio e sui problemi post-unitari. Non c’è quasi niente di realmente accaduto in questa fiction, che assomiglia più a un fogliettone infarcito di intrighi sentimentali e di personaggi inventati. Senza dubbio Crocco non parlava napoletano. Ma gli stessi episodi della sua vita sono stati falsati: quel don Ferdinando che lui uccide per aver importunato la sorella in realtà era suo benefattore. Ma soprattutto si passa direttamente dal 1860 al 1864: mancano gli anni cruciali del brigantaggio, quelli combattuti per ripristinare la dinastia borbonica. Grave infatti è l’assenza nel film del generale José Borges, inviato dal re Borbone per coordinare l’insurrezione, il principale collaboratore di Crocco. Fu l’anima politica della rivolta, anche se poi Crocco l’abbandonò per proseguire la sua battaglia personale.
SU CROCCO È USCITO DI RECENTE ANCHE UN LIBRO IL BRIGANTE CHE SI FECE GENERALE (PUBBLICATO DALL’EDITORE CAPONE DA TEMPO ATTENTO AL FENOMENO DEL BRIGANTAGGIO). UN VOLUME CHE RACCOGLIE I MEMORIALI ATTRIBUITI AL BRIGANTE LUCANO E UNA CONTRO-BIOGRAFIA CRITICA SU QUESTO PERSONAGGIO. MA CHI ERA DAVVERO CROCCO? Non è un personaggio nobilissimo che va esaltato troppo. È stato un assassino, ha ucciso un commilitone, ha cambiato bandiera. È stato garibaldino per convenienza a un certo punto. Ma quando gli è stata negata l’amnistia promessa è ritornato filo-Borbone. La fiction fa vedere solo la parte iniziale in cui per salvarsi si schiera con Garibaldi. Quindi lo spettatore sprovveduto può pensare che sia stato garibaldino, quando invece ha combattuto per quattro lunghi anni, dal 1860 al 1864, contro la rivoluzione sabauda beccandosi la condanna a morte e poi l’ergastolo. Per anni incarnò le aspirazioni della povera gente e divenne famoso grazie alle sue esaltanti vittorie contro i reparti sabaudi. Allo studio univa delle doti eccezionali di condottiero, guidò anche un esercito di 2-3 mila uomini. E divenne il più noto dei briganti anche perché fino alla fine non fu ucciso.
DALLA FICTION SEMBRA CI SIA STATA UNA LOTTA DI CLASSE TRA CROCCO E I COSIDETTI GALANTUOMINI. Sì, ma non è andata così. Le aspirazioni della popolazione non erano soltanto sociali, come hanno scritto gli storici di sinistra. Ma c’era un progetto politico di restaurazione dei Borboni. Il primo a parlare di lotta di classe è stato lo storico Franco Molfese, autore di Storia del brigantaggio dopo l’Unità (Nuovo Meridiano), il volume più documentato sul tema, sebbene di impostazione marxista. Poi però Molfese si è pentito, ammettendo che i contadini non sapevano neppure che cosa significasse lotta di classe. In realtà le giuste rivendicazioni della povera gente erano contro quei cosiddetti galantuomini che dopo la rivoluzione francese si erano impadroniti con metodi spesso illeciti delle terre e delle proprietà ecclesiastiche espropriate. I Borboni invece avevano cercato di restituire i terreni ai contadini e per questo si erano inimicati i galantuomini, la nuova borghesia, che difatti aiutarono Garibaldi e beneficiarono del nuovo contesto unitario. Per la gente invece era l’ennesima sconfitta, per questo invoca il ritorno della dinastia borbonica come garante dei suoi diritti.
PERÒ NELLA VULGATA I BRIGANTI SON PASSATI SOLO COME UN GRUPPO DI CRIMINALI O CAFONI. Bisogna ritornare alle origini del fenomeno. Quando nel 1860 Francesco II di Borbone abbandona Napoli tutte le popolazioni di Campania e Abruzzo reagiscono contro i Savoia e i garibaldini. È una vera guerra civile. Nel 1861 trenta comuni campani inalberano la bandiera borbonica: sono intere municipalità. L’esercito sabaudo diventato italiano risponde con la distruzione di interi paesi e il massacro delle popolazioni come a Pontelandolfo e a Casalduni (Benevento). A questo punto i rivoltosi si danno alla macchia e salgono in montagna: è l’inizio del brigantaggio "classico". Tra questi ci sono contadini e comandanti politici, una parte amplissima della popolazione. La legge Pica del 1863 proclama lo stato d’assedio in tutte le province del Regno delle Due Sicilie, eccetto Napoli e Reggio Calabria. L’epicentro della protesta fu in Basilicata perché i luoghi si prestavano ai nascondigli, ma anche perché erano lucani i capi più autorevoli come Crocco e Ninco Nanco. La resistenza armata fu l’aspetto più evidente, ma la popolazione respingeva il nuovo ordine, unitario rifiutando di andare a votare o di prestare servizio militare.
QUANDO TERMINÒ IL BRIGANTAGGIO? Di fatto nel 1866. Dopo la terza guerra d’indipendenza contro l’Impero d’Austria, vengono meno le condizioni per una restaurazione: Francesco II scioglie il governo borbonico in esilio e rinuncia a tornare. Poi la macchina repressiva aveva esaurito il suo compito: i grandi capi erano stati eliminate e le bande disperse. Quando cade l’obiettivo politico, tra i briganti prevalgono gli aspetti delinquenziali e sociali. Ma le popolazioni avevano resistito in nome dell’attaccamento a a un regno, quello di Napoli, che durava da oltre 700 anni: difesero con fierezza una patria che sentivano calpestata dalla Rivoluzione.
QUALI FURONO GLI ERRORI COMMESSI DAL NUOVO STATO UNITARIO? Oltre alla sottovalutazione dell’attaccamento del Meridione al regno borbonico, anche l’incomprensione totale di un mondo diverso. Quando i rappresentanti dei Savoia arrivarono in Molise, commentarono: «Questa è Africa, questi son beduini». Poi l’imposizione di uno Stato al Sud sconosciuto: centralista e burocratico. Le nuove tasse erano molto più alte e l’obbligo del servizio militare sottraeva braccia all’agricoltura. Ecco perché anche nella fiction si dice: "O briganti o migranti". Quelli che non volevano prendere le armi erano costretti a fuggire e ci fu un’emigrazione spaventosa, mai vista prima. Nacque lì la questione meridionale. E si spiega anche la nascita delle organizzazioni criminali (mafia, camorra, ecc). Lo Stato veniva visto soltanto come il carabiniere, l’esattore delle tasse, quello che ti faceva partire il figlio. Poi non dimentichiamo che lo Stato unitario fu immediatamente repressivo nei confronti della Chiesa: oltre 100 vescovi cacciati, proprietà ecclesiastiche requisite e vendute ai soliti notabili, aggravando le condizioni dei contadini. Se non altro, i Borboni avevano capito la matrice anti-cattolica sia della rivoluzione napoleonica che del Risorgimento. Anche nella fiction si mostra Francesco II insidiato, perché cattolico, dalla Gran Bretagna che stravedeva invece per Garibaldi, l’eroe in grado di cacciare il Papa.
PER UNIFICARE L’ITALIA C'ERA UN'ALTERNATIVA ALLA CONQUISTA MILITARE E ALLA SOPPRESSIONE DEL REGNO DELLE DUE SICILIE? Prendiamo la Germania. Si è unificata federalmente. Fino alla prima guerra mondiale il re di Baviera era ancora sul suo trono. Tutti i principi tedeschi dipendevano dall’imperatore (Guglielmo II). Non vedo perché Vittorio Emanuele II non potesse diventare imperatore d’Italia lasciando sul trono altri sovrani. E invece si è puntato su un modello di stato che non ha tenuto conto delle specificità locali. Non si tratta di essere filo-borbonici, ma di considerare un regno quello meridionale, diverso per cultura e costumi. E che in 700 anni aveva dato un’identità alla popolazione.
I BRIGANTI ERANO DAVVERO DEVOTI COME APPARE NELLA FICTION? È un discorso pericoloso perché anche i mafiosi sono spesso "devoti". Certo il brigante medio aveva una forte connotazione religiosa e nutriva una forte devozione per i santi e per la Madonna, tipica del Sud. E anche se la componente politica era prevalente nella loro lotta, non era estranea la difesa dell’identità religiosa. Frati e sacerdoti furono fucilati perché aiutarono i briganti. Anche perché il clero veniva perseguitato brutalmente dallo Stato unitario.
C’È UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA SUL FENOMENO DEL BRIGANTAGGIO? Permane tra gli storici un filone "unitario" che considera ancora i briganti alla stregua di delinquenti. E un filone marxista duro a morire che ripresenta il brigante come il cafone che prende le armi perché oppresso socialmente. Eppure anche uno storico come Giuseppe Galasso, che non è certamente filo-borbonico, insiste molto sulla componente dinastica: se nel 1799 ci fu una controrivoluzione per difendere la religione, dal 1860 ce ne fu una per difendere il regno. Certo libri, come "Terroni" di Pino Aprile, non aiutano svolgere a un ragionamento articolato: si semplifica e si banalizza troppo etichettando il Nord come predone del Sud. Non è che i piemontesi fossero cattivi. C’è stato un ceto dirigente che ha imposto uno Stato unitario anti-cattolico, non rispettoso delle altre entità statali della penisola, diverse per storia, costumi e cultura. La questione meridionale nacque allora, così pure quella cattolica e quella federale. È un processo storico che merita di essere riconsiderato. Ci sono anche lodevoli iniziative culturali, per esempio a Gaeta e in Basilicata. Ma attenzione a fare del folklore. Altrimenti si finisce come con lo sceneggiato.
Nota di BastaBugie: Vi proponiamo un divertente cartone animato sull'Unità d'Italia (ovviamente ha il solo scopo di intrattenere per qualche sana risata)
Fonte: La Bussola Quotidiana, 20/02/2012
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LA PRESIDENTE DEL BRASILE SCEGLIE UN'ABORTISTA COME MINISTRO DELLA POLITICA PER LE DONNE
Prima delle elezioni la Rousseff si era impegnata a non introdurre l'aborto libero, ma si temeva che fosse solo una balla per ingannare i cattolici... ora ne abbiamo la certezza
Autore: Gherardo Milanesi - Fonte: Avvenire, 19/02/2012
Cambio della guardia polemico al ministero della Politica per le Donne, l'equivalente del dicastero per le Pari Opportunità italiano. Esce la moderata Iriny Lopes ed entra l'irriducibile femminista Eleonora Menicucci, 67 anni, ex militante di sinistra durante la dittatura militare, compagna di cella della "presidenta" Rousseff e sociologa con post dottorato all'Università degli Studi di Milano. Dilma – come la chiamano i brasiliani – ha detto che l'insediamento della Menicucci, conosciuta per le sua determinazione a favore dell'aborto, segnerà una svolta importante. «Eleonora diventerà parte del governo più femminile della storia del Brasile –ha enfatizzato la leader –, non solo perché alla presidenza per la prima volta è stata eletta una donna, ma perché ben dieci ministri del governo sono donne». Dieci sono anche i ministri che, in 11 mesi, Dilma ha fatto fuori o che hanno lasciato il governo in grande maggioranza per motivi di corruzione. Il cambio della guardia al ministero della Politica per le Donne, sembra, però, causato solo dalla decisione strategica di rafforzare la posizione del governo su alcune politiche che favoriscono le donne, non ultima quella legata all'aborto. La Menicucci, subito interrogata dai rappresentanti dei cattolici in Parlamento, ha evitato di rivelare quali saranno i suoi primi passi sulla delicata questione. E ha chiarito diplomaticamente: «La mia posizione personale a favore dell'aborto è nota. Ma assumendo questo incarico mi adeguerò alla politica e alle decisioni del governo». Durante la campagna elettorale, Dilma Rousseff aveva recepito le preoccupazioni della Chiesa brasiliana. Ex guerrigliera di estrema sinistra, ex capo di gabinetto del presidente Lula, Dilma Rousseff aveva messo nero su bianco la sua promessa di non presentare nessuna legge che legalizzasse l'aborto o il matrimonio tra omosessuali. «Se sarò eletta presidente della Repubblica – si era addirittura impegnata per iscritto davanti ai cristiani di tutto il Brasile –, non prenderò iniziative per modificare l'attuale legislazione che vieta l'aborto e protegge la famiglia». Una smentita delle posizioni espresse dalla leader nel passato. Solo due anni prima di essere eletta, Dilma dichiarava ai giornali che «la depenalizzazione dell'interruzione volontaria di gravidanza è una necessità», per combattere la piaga degli aborti clandestini. È un dato di fatto, tuttavia, che una parte considerevole della coalizione al governo ritenga l'articolo 124 del codice penale antiquato e lo voglia emendare per flessibilizzare la pratica dell'aborto nel Paese. Ma è altrettanto vero che l'interruzione di gravidanza sia malvista da una grande maggioranza di brasiliani, soprattutto donne. Eleonora Menicucci, nella sua prima intervista da neo ministro, non ha lasciato spazio ad interpretazioni: «L'aborto per me è una questione di sanità pubblica e non ideologica. È un problema come la droga, l'Hiv o il dengue (infezione grave tropicale provocata dalla puntura della zanzare, ndr ). Gli aborti clandestini rappresentano la quarta causa di morte nel nostro Paese». Oggi sono al vaglio delle Camere diverse proposte di legge ed emendamenti legati al tema dell'aborto. Ma la più importante, quella che prevede la depenalizzazione della pratica, ha subito diverse sconfitte e appare ora congelata. A questo proposito la Menicucci ha comunque elogiato gli sforzi compiuti finora: «Presentando una proposta di legge per depenalizzare l'interruzione volontaria di gravidanza entro la dodicesima settimana, il governo ha fatto la sua parte. L'approvazione ora dipende però esclusivamente dalla capacità dei parlamentari di capirne l'importanza ». Un richiamo ancora sfumato a riaprire un dibattito che era stato politicamente dimenticato in un cassetto.
Fonte: Avvenire, 19/02/2012
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PROTESTE CONTRO LA RAI: LICENZIARE UNA DONNA SOLO PERCHE' RIMANE INCINTA E' UNA VIGLIACCATA...
Ma il problema principale è che quando le madri iniziano a pensare che il lavoro sia più importante del figlio che portano nel loro ventre, allora è davvero la fine
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 23/02/2012
Licenziare una donna solo perché rimane incinta è una vigliaccata. Per questo, la notizia circolata in questi giorni - e cioè che la Rai avrebbe in vigore delle clausole che permetterebbero di rescindere contratti professionali nel caso di donne in dolce attesa – ha destato un coro di reazioni negative e levate di scudi unanimi nel mondo dei mass media. Trasformare una gravidanza in una causa di interruzione del rapporto professionale significa esercitare la legge del più forte, colpendo contemporaneamente due soggetti deboli, la madre e il nascituro. La donna, che quando scopre di essere diventata mamma è per certi versi più vulnerabile sotto il profilo psicologico; e il non ancora nato, che fragile lo è sotto tutti i punti di vista, e che rischia di pagare, con la vita, per colpa degli adulti. Dunque, non si può che rallegrarsi di questa diffusa sensibilità degli opinion leader verso il gentil sesso e nei confronti delle ragioni della maternità. A patto però di mettere alcuni puntini sulle i, per evitare di scivolare in una facile retorica. Correndo il rischio, paradossalmente, di nuocere piuttosto che giovare a madre, bambino e in generale, alle ragioni della famiglia. La prima constatazione è che la normativa italiana sulla maternità delle lavoratrici è fra le più protettive al mondo. Questo fatto produce conseguenze contraddittorie fra loro; da un lato, protegge la singola donna che, già entrata nel mondo del lavoro come dipendente a tempo indeterminato, gode delle relative garanzie. D'altra parte, l'esistenza di queste stesse garanzie, e il fatto notorio per cui le donne giovani possono, ogni tanto, restare incinte, mette gli imprenditori in una condizione di "scelta orientata" al momento di selezionare il personale per le assunzioni. E' inutile nascondersi – a che servirebbe? – che una gravidanza di una lavoratrice inserita in una struttura di pochi dipendenti rappresenta un vero e proprio choc economico e organizzativo per l'azienda e per il datore di lavoro. Certo, si obietterà, ciò non giustifica il licenziamento o l'aggiramento del divieto attraverso la pratica di farsi consegnare lettere di dimissioni preventivamente, per poterle usare quando fa più comodo. Ma il problema è reale: il "costo" della maternità, fatto ricadere in modo rilevante sul singolo datore di lavoro, produce più danni che benefici all'occupazione femminile. Lo hanno dimostrato alcuni studi molto seri, ripresi da una ricercatrice originale e politicamente scorretta come Paola Liberace, nel suo "Contro gli asili nido" (Rubbettino, 2009). Inoltre, il sistema pubblico non ce la fa più a pagare questi lussi, e rende necessario sacrificare qualche cosa sulla bilancia, rendendo obbligatorio per il futuro scegliere fra mantenimento del posto di lavoro e conservazione del salario, essendo impossibile conservare entrambi. La seconda osservazione è di natura antropologica: per quanto la società intervenga a sostegno dell'occupazione femminile, sarà bene ricordarsi sempre che la specificità dell'identità femminile non può essere azzerata, e che la gravidanza e la maternità costituiscono, all'interno di un più ampio ventaglio di "colori" della femminilità, elementi ineludibili e peculiari. Come osservava acutamente in questi giorni una giornalista di orientamento laico come Giovanna Maglie, la vita è fatta di scelte, e le scelte comportano sempre la rinuncia a fare qualcosa: chi sceglie di essere idraulico, rinuncia a essere falegname. Nel caso della maternità e del lavoro, la vita permette soluzioni intermedie, offre strade più sfumate, che consentono magari alle due vocazioni di convivere. Ma detto questo, usciamo dall'equivoco secondo cui il compito dello stato dovrebbe essere quello di costruire un sistema di welfare nel quale la maternità e la gravidanza sono a "impatto zero" sulla vita delle donne. Questa è una mistificazione, e il solo tentativo di realizzare un simile modello costituisce, fra l'altro, un colossale sperpero di risorse pubbliche e private. Come uscirne? Ripensare il lavoro: questa è la scelta obbligata. Superare la logica della presenza e dell'orario fisso e prolungato, e stimolare nuove forme di attività professionale, che permettano soprattutto alle mamme e alle mogli di mettere figli e famiglia al posto d'onore. Ma per fare questa rivoluzione, occorre buttare nella spazzatura decenni di femminismo arrabbiato e di sindacalismo egualitario, che vuole condizioni contrattuali identiche per tutti. E occorre, al contempo, mettere in crisi gli schemi del liberalismo nichilista, che interpreta la vita come un grande coacervo di relazioni individuali regolate da contratti; logica nella quale la gravidanza è un affare privato della contraente, ed è problema suo e solo suo trovare una "soluzione". La terza e ultima osservazione, forse sorprendente ma necessaria, è di ordine morale: per quanto sia ingiusta una società che sfavorisce una lavoratrice incinta, e per quanto le leggi e la politica debbano battersi contro simile ingiustizia, rimane un fatto: che l'amore per la vita sbocciata nel proprio grembo non dovrebbe mai essere "barattata", e messa in discussione, anche solo per un minuto, con un posto di lavoro e uno stipendio. Quando le madri iniziano a pensare che il lavoro sia più importante del figlio che portano nel loro ventre, allora è davvero la fine.
Fonte: La Bussola Quotidiana, 23/02/2012
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CLAMOROSO DIETROFRONT SCIENTIFICO: IL NEUTRINO NON E' PIU' VELOCE DELLA LUCE
Giornali e televisioni fanno divenire immediatamente clamorosi, eccezionali, argomenti da bar, notizie relative a probabili nuovi risultati sperimentali che vanno verificati per bene prima di essere divulgati al grande pubblico
Autore: Fabio Spina - Fonte: La Bussola Quotidiana, 24/02/2012
Il neutrino non è più veloce della luce. Questa è almeno l'ipotesi attuale, comunicata dallo stesso team scientifico che a settembre scorso aveva reso noto il clamoroso risultato dell'esperimento Opera dell'acceleratore di particelle Lhc del Cern di Ginevra. Allora, il 29 settembre, scrivevamo così a proposito del neutrino-Superman: "Il risultato dell'esperimento, nonostante l'autorevolezza del gruppo di ricerca e la grande pubblicità già data alla notizia, è ancora in corso di verifica. Viste la ridotta differenza all'arrivo e le alte velocità dei "concorrenti", ci potrebbero ancora essere dell'incertezze tali da inficiare il risultato. Queste possono essere dovute ad errori relativamente piccoli dei quali il gruppo può involontariamente non aver tenuto conto, per esempio in seguito a minime imprecisioni sulla misura del tempo alla partenza ed arrivo, alla sincronizzazione dei due cronometri, alla misura della distanza tra i laboratori di partenza ed arrivo". Puntuale ora da parte degli scienziati è giunta la smentita, non ancora definitiva, sull'esistenza del neutrino-Superman. Un interruttore né acceso né spento e un orologio atomico non perfettamente calibrato, sembra abbiano inficiato le misure che esattamente cinque mesi fa, il 23 settembre 2011, facevano battere ai neutrini la velocità della luce. Se una parte del mondo scientifico, la rivista Science in testa, non esita a parlare di "errore", le cose sono in realtà molto più complesse e la vicenda è tutt'altro che chiusa. "Come abbiamo avuto i nostri dubbi all'inizio, li abbiamo ancora. Abbiamo lavorato intensamente per cercare la causa di questa anomalia", ha detto il fisico Antonio Ereditato, coordinatore della collaborazione Opera presso i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Da parte di Ereditato e del suo gruppo di ricerca non c'è mai stata alcuna forzatura: "Nella totale e responsabile trasparenza e onestà – ha detto – presentiamo questi nuovi dati con lo stesso livello di dubbio con cui nel settembre scorso avevamo annunciato l'anomalia nella misura della velocità dei neutrini. Bisogna mantenere la calma perché nemmeno adesso abbiamo la certezza". Una posizione condivisa dal direttore scientifico del Cern, Sergio Bertolucci, per il quale "la situazione resta aperta finché non ci saranno nuove misure indipendenti". Anche per il presidente dell'Infn, Fernando Ferroni, già in settembre i ricercatori "avevano detto che la misura rilevata era un'anomalia e che avrebbero cercato di capire se qualcosa non andava. Il fatto che adesso l'abbiano trovata va tutto a loro vantaggio: hanno mantenuto la parola". A dire l'ultima saranno però ancora una volta i dati sperimentali. La prima cosa che i ricercatori hanno fatto è stato quindi chiedere al Cern la disponibilità di ripetere l'esperimento. Sono previsti nel prossimo maggio nuovi test per misurare la velocità del fascio di neutrini dal Cern di Ginevra ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). E'normale che il cammino della conoscenza tramite il metodo scientifico proceda tra successi ed insuccessi essendo costellato di teorie, principi, costanti universali e "falsificazioni"/scoperte sperimentali. Negli ultimi anni i mass-media hanno fatto divenire immediatamente clamorosi, eccezionali, argomenti da bar, molte notizie relative a probabili nuovi risultati sperimentali o nuove teorie, che una volta sarebbero stati argomento di discussione tra esperti durante i convegni e sulle riviste specializzate. Ciò avviene perché il sistema comunicativo tende ad amplificare e semplificare, talvolta eccessivamente, i possibili effetti della scoperta sulla vita delle persone. Il fiasco recente forse più famoso forse fu quello della fusione fredda con il Palladio. Dopo il clamore provocato nel 1989 dagli esperimenti di Martin Fleischmann e Stanley Pons dell'Università di Salt Lake City nello Utah, gli stessi scienziati riconobbero alcuni errori nella misura dell'energia rilasciata dalla cella elettrolitica, e soprattutto nella misura del flusso di neutroni che sarebbero stati prodotti dalla reazione. E quante volte è stata data notizia della scoperta della medicina, del metodo diagnostico, dell'identificazione del gene, che renderà possibile la cura dei tumori? Chi non ricorda ad esempio il caso Di Bella? Oppure quante volte sono state scoperte scientificamente le famose tracce di vita nell'universo o prodotta la vita in laboratorio dal nulla? Quasi ogni giorno sui quotidiani c'è una ricerca "storica" che dimostra con certezza la colpevolezza dell'uomo nei cambiamenti climatici, senza che ormai ci sorprendiamo quando il giorno successivo è pubblicata un'altra che identifica con certezza altri responsabili. Non stiamo parlando delle note "bugie della scienza" in cui alcuni scienziati ricorsero a dati falsi per evidenziare risultati scientifici ragguardevoli: la normalità è che non si può più ritenere le verità della scienza certezze immutabili nel tempo come creduto durante l'epoca positivista. Alla verità "si arriva" asintoticamente per approssimazioni successive, con esperimenti divenuti talmente complessi in cui persone di altissimo livello possono effettuare errori in buona fede. Tale consapevolezza non sminuisce il lavoro ed i risultati dei tanti seri uomini di scienza. A tal proposito come non ricordare le parole del discorso di Papa Giovanni Paolo II il 10 giugno 1997 in occasione del 600° anniversario dell'Università Jagellonica: "Se oggi, come Papa, sono qui con voi, uomini di scienza, è per dirvi che l'uomo di oggi ha bisogno di voi. Ha bisogno della vostra curiosità scientifica, della vostra perspicacia nel porre le domande e della vostra onestà nel cercarne le risposte. Ha bisogno anche di quella specifica trascendenza che è propria delle Università. La ricerca della verità, anche quando riguarda una realtà limitata del mondo o dell'uomo, non termina mai, rinvia sempre verso qualcosa che è al di sopra dell'immediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono l'accesso al Mistero. Come è importante che il pensiero umano non si chiuda alla realtà del Mistero, che non manchi all'uomo la sensibilità al Mistero, che non gli manchi il coraggio di scendere nel profondo!". Nel riconoscere l'importanza della scienza, l'uomo di buona volontà non deve nel contempo dimenticare - ha scritto papa Benedetto XVI - che "Francesco Bacone e gli aderenti alla corrente di pensiero dell'età moderna a lui ispirata, nel ritenere che l'uomo sarebbe stato redento mediante la scienza, sbagliavano. Con una tale attesa si chiede troppo alla scienza; questa specie di speranza è fallace. La scienza può contribuire molto all'umanizzazione del mondo e dell'umanità. Essa però può anche distruggere l'uomo e il mondo, se non viene orientata da forze che si trovano al di fuori di essa. D'altra parte, dobbiamo anche constatare che il cristianesimo moderno, di fronte ai successi della scienza nella progressiva strutturazione del mondo, si era in gran parte concentrato soltanto sull'individuo e sulla sua salvezza. Con ciò ha ristretto l'orizzonte della sua speranza e non ha neppure riconosciuto sufficientemente la grandezza del suo compito – anche se resta grande ciò che ha continuato a fare nella formazione dell'uomo e nella cura dei deboli e dei sofferenti. (...) Non è la scienza che redime l'uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore".
Fonte: La Bussola Quotidiana, 24/02/2012
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IL NUOVO LIBRO DI DE MATTEI SUL BEATO PIO IX, UNO DEI PIU' GRANDI PONTEFICI DI TUTTI TEMPI
Il pontefice più longevo della storia, autore del Sillabo, sostenitore dell'infallibilità del Papa, personaggio chiave nel risorgimento, proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2000
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, n. 62 - Febb/Marzo 2011
Il ruolo di Pio IX negli anni tumultuosi che videro la formazione del Regno d'Italia e la caduta del potere temporale pontificio è stato generalmente visto dalla storiografia "in negativo", al contrario di quello dei "padri della Patria": Vittorio Emanuele III, Cavour, Garibaldi e Mazzini. Con lo svanire dell'oleografia risorgimentale quelli che apparivano protagonisti appaiono oggi, con l'eccezione del solo Cavour, appariscenti comparse, mentre lo sconfitto di ieri, Pio IX si delinea come il principale protagonista dell'Ottocento italiano, manifestando una grandezza spirituale e politica che la stessa storiografia cattolica del XX secolo, tranne eccezioni, non gli ha mai riconosciuto.
PAPA RIFORMATORE E NON LIBERALE Giovanni Maria Mastai Ferretti successe a Gregorio XVI sul trono di Pietro il 17 giugno 1846, assumendo il nome di Pio IX. Egli apri il suo pontificato con una serie di rilevanti riforme politiche, sociali e amministrative. Tra la amnistia ai detenuti e agli esuli politici del 16 luglio 1846, primo atto del pontificato, e la concessione dello Statuto fondamentale per il governo temporale degli Stati della Chiesa, il 14 marzo 1848, si situano l'introduzione del Comitato per la riforma della pubblica amministrazione, la creazione della Consulta per la revisione della procedura e del codice, l'istituzione della Consulta di Stato, costituita da due corpi legislativi elettivi, la concessione di una più ampia libertà di stampa, e così via. Nessuno di questi atti, preso in sé, poteva considerarsi rivoluzionario, nel senso di determinare un radicale sovvertimento dello Stato Pontificio. Nelle intenzioni del Pontefice, tali provvedimenti erano motivati da un sincero desiderio di migliorare le condizioni materiali e morali dei suoi Stati, accogliendo le istanze politiche e sociali che da più parti gli venivano rivolte. Posti uno accanto all'altro e strumentalizzati, esso vennero però a inserirsi in un processo il cui esito fu un'autentica rivoluzione. Il "partito" che Pio IX si trovò di fronte nel primo biennio del suo pontificato fu quello che, secondo la nota formula leninista, potrebbe essere definito dei "rivoluzionari di professione". Era il partito della Carboneria e della Massoneria e delle numerose società segrete che pullulavano nello Stato Pontificio. Queste sette costituivano a Roma, come negli altri Stati italiani, una minoranza organizzata che, secondo le parole di un noto storico "laico" come Luigi Salvatorelli, dirigeva l'agitazione popolare «prendendo occasione dalle concessioni di Pio IX, ingrandendole, cambiandone il significato, facendo pressioni per ottenerne sempre di nuove». Nelle intenzioni del "partito della Rivoluzione", le riforme pontificie erano tappe per giungere in maniera graduale ma rapida alla sostituzione dello Stato della Chiesa con una "Repubblica romana" che avrebbe dovuto costituire il centro promotore della repubblicanizzazione e della comunistizzazione di tutta la penisola. Questo piano fu evidente a Pio IX fin dalle prime settimane del 1848, come egli stesso ci ricorda nella enciclica Quibus, quantisque del 20 aprile 1849, rievocando i giorni dell'elargizione dello Statuto con queste parole: «Ci proposero di proclamare non una Costituzione, ma una Repubblica, come unico scampo e difesa della salvezza sia Nostra, sia dello Stato della Chiesa. Abbiamo ancora presente nella memoria quella notte, ed abbiamo ancora davanti agli occhi alcuni, che miseramente illusi ed affascinati dagli orditori di frodi, non dubitavano di patrocinare in ciò la loro causa e di proporci la proclamazione stessa dalla Repubblica. (...) Offerta certamente insidiosissima, fattaCi sia a voce, sia per iscritto: offerta non solo a Noi sommamente ingiuriosa, ma anche fatalissima all'Italia, di volere cioè presiedere al governo di una certa Repubblica Italiana. Ed invero per singolare divina misericordia procurammo di compiere il gravissimo incarico impostoCi da Dio stesso di parlare, di ammonire, di esortare, e perciò confidiamo che non Ci si possa rimproverare quel detto d'Isaia "Guai a me perché tacqui"». "Guai a me perché tacqui". Il Pontefice decise di rompere il silenzio, gli indugi, le esitazioni, di rompere con il "partito della Rivoluzione", scegliendo una via che sarà inevitabilmente quella della Croce. Nel suo animo la svolta, o almeno l'inizio di essa, avvenne in concomitanza con la concessione dello Statuto, quando egli comprese che Statuto significava Repubblica e che l'esito ultimo della Repubblica era la comunistizzazione della società. In quelle settimane che vanno tra la concessione dello Statuto e la allocuzione del 29 aprile, egli comprese che tra la Chiesa e la Rivoluzione, tra l'istituzione divina fondata da Gesù Cristo e l'utopia della Repubblica universale non c'era possibilità di dialogo e di compromesso.
PIO IX E IL RISORGIMENTO Pio IX si rese conto di come il partito della Rivoluzione tentasse di dare un indebito significato ideologico alle sue riforme, snaturandone l'essenza. Le riforme erano provvedimenti concreti, privi, nelle intenzioni del Pontefice, di significato politico; la Rivoluzione si presentava invece come un principio, o meglio come un'ideologia, opposta, in radice, alla concezione cristiana dell'uomo e della società: essa, secondo le parole di un autore che ebbe l'affettuosa confidenza del Pontefice, mons. Gaston de Ségur, «è la rivolta elevata a principio e a diritto», è «la consacrazione legale dello stesso principio di rivolta». Nella visione cristiana infatti, l'uomo, vulnerato dal peccato originale, necessita per raggiungere il suo fine che è eminentemente soprannaturale, della Redenzione di Cristo e dell'opera della Chiesa. L'ideologia rivoluzionaria, al contrario, negava, con il peccato, la missione salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, postulando la autoredenzione dell'umanità sul piano politico e sociale. Papa Mastai avvertì come gli attacchi al potere temporale della Chiesa rientrassero in una prospettiva immanentista e secolarista. All'indomani della costituzione del Regno di Italia, nella enciclica Jamdudum cernimus, del 18 marzo 1861, egli affermava che l'offensiva contro il Pontificato romano mirava non solo a espropriare il Pontefice del suo principato civile, ma a dissolvere, se possibile, ogni influenza della Religione sulla società, «e perciò anche l'opera stessa di Dio, il frutto della Redenzione e quella santissima fede che è la preziosissima eredità a noi pervenuta dall'ineffabile sacrificio consumato sul Golgota». La difesa del potere temporale coincise per lui con la lotta contro quel processo di secolarizzazione e di immanentizzazione della società che avrebbe caratterizzato la storia d'Italia, coprendo nel secolo successivo all'Unificazione realtà politiche diverse come il risorgimento, il fascismo, l'antifascismo. Pio IX – che, non bisogna dimenticarlo, non fu un aggressore, ma un aggredito – avversò il risorgimento non per i suoi ideali unitari, ma per i suoi presupposti ideologici. Fece appello a volontari cattolici da tutta Europa per difendere lo Stato pontificio dagli invasori, ma condusse la sua battaglia in difesa dei diritti della Chiesa minacciata dal liberalismo anticristiano soprattutto con le armi di un limpido e coerente Magistero.
IL MAGISTERO DI UN GRANDE PONTEFICE Il suo Magistero si riassume in tre atti di grande importanza datati tutti 8 dicembre. 1) l'8 dicembre 1854 la definizione solenne della dottrina secondo cui Maria, «nel primo istante della sua concezione per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, ed in vista dei meriti di Gesù Cristo salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di colpa originale». 2) l'8 dicembre 1864 la promulgazione dell'enciclica Quanta cura e il Sillabo ossia la condanna dei principali errori che corrompono la cultura e la società moderna. 3) l'8 dicembre 1869, la convocazione del Concilio Vaticano I che nella costituzione Pastor Aeternus definì l'infallibilità del Papa in materia di fede e di morale e il Primato del Romano Pontefice che consiste nel pieno potere di pascere, reggere e governare tutta la Chiesa. In coerenza con il suo Magistero, Pio IX difese l'educazione cattolica nelle scuole e nei seminari; restaurò la gerarchia in Olanda e in Scozia, costituì il patriarcato latino di Gerusalemme, eresse, tra il 1846 e il 1878, 206 nuove diocesi, prefetture e delegazioni apostoliche. Brilla in particolare la ricostituzione della gerarchia episcopale in Inghilterra, a capo della quale Pio IX pose il cardinale Wiseman, artefice, con i cardinali Newman e Manning, del grande movimento di rinascita del cattolicesimo in Inghilterra nel XIX secolo. Nominò inoltre il primo cardinale dell'America settentrionale, favorì i riti e le tradizioni della Chiesa orientale e diede nuovo impulso alle missioni in tutto il mondo. Tra il 1855 e il 1866, mentre i suoi Stati erano invasi dall'esercito piemontese, Papa Mastai inviò missionari fra gli esquimesi e i lapponi del Polo Nord, in India, in Birmania, in Cina e in Giappone. Fondò moltissimi seminari, sia a Roma sia in tutto il mondo, fra cui il Seminario Pio, costruito a sue spese. Il 2 maggio 1868 con il Breve pontificio Dum filii Belial, approvò la fondazione della Gioventù Cattolica Italiana, promossa da Giovanni Acquaderni e Mario Fani. A Papa Mastai si deve la nascita dell'Azione cattolica, con la creazione dell'Opera dei Congressi. Qualcuno ha criticato il non expedit, con cui Pio IX proibiva la partecipazione dei cattolici alla vita politica italiana; in realtà, si trattò di una scelta lungimirante perché avrebbe permesso al cattolicesimo italiano di non compromettersi col nascente Stato unitario, ma di puntare sull'inserimento nella società prima che alla partecipazione attiva alla vita dei partiti. Nel separatismo liberale egli intravide quella divaricazione tra politica e morale che sarebbe stata all'origine delle grandi catastrofi totalitarie del secolo XX. È in questa prospettiva che a mio avviso occorre riconsiderare tutta la sua opera che, prima di essere quella politica e sociale di un sovrano temporale, fu innanzitutto quella religiosa e morale del Vicario di Cristo. Quel Cristo, come scrisse Pio IX nella encliclica Amantissimus Humani dell'8 aprile 1862, «Redentore e signore, Figlio Unigenito di Dio, che volendo liberare tutti gli uomini dalla schiavitù del demonio e dal giogo del peccato, formò e istituì la Chiesa cattolica, conquistata col il suo sangue, come la sola dimora del Dio vivo (Ad Tim. III), il solo regno dei cieli (Matt. XIII), la sola città posta sul monte e dotò la Chiesa di reggitori da lui nominati e scelti e stabilì che essa, così da lui creata e istituita, perdurasse finché il mondo non crolli e perisca».
Nota di BastaBugie: il libro uscirà a marzo 2012: Roberto De Mattei, "Pio IX e la rivoluzione italiana", Cantagalli 2012, pp. 300 - euro 16
Vi invitiamo a vedere la conferenza del prof. De Mattei dal titolo "Pio IX e l'Unità d'Italia" (cliccare sul triangolino in basso a sinistra)
Fonte: Radici Cristiane, n. 62 - Febb/Marzo 2011
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OMELIA II DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO B - (Mc 9,2-10)
Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/03/2012)
La seconda domenica di Quaresima ci propone la meditazione del mistero della Trasfigurazione. Gesù conduce alcuni Discepoli sul monte Tabor e, davanti a loro, rivela lo splendore della sua gloria divina. Gli Apostoli vivevano accanto a Gesù, ne ascoltavano la parola, vedevano i miracoli da Lui operati, ma rimanevano ancora deboli ed incerti. Dopo poco tempo, avrebbero dovuto affrontare un'esperienza molto difficile, quella del Calvario, e avevano bisogno di una prova evidente che Gesù era il Figlio di Dio. E questo avvenne proprio con la Trasfigurazione. La Trasfigurazione di Gesù è stata una manifestazione della sua divinità e una anticipazione della gloria futura. Si udì una voce dal cielo, la voce del Padre che disse: «Questi è il Figlio mio, l'amato: ascoltatelo!» (Mc 9,7). Quell'indimenticabile esperienza fece pregustare agli Apostoli la beatitudine eterna, tanto che Pietro, a nome di tutti, disse: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia» (Mc 9,5). Non riuscivano più a staccarsi da quella visione e desideravano rimanere lì, su quel monte, per sempre. Ma ciò non era possibile. L'Evangelista dice chiaramente che Pietro «non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati» (Mc 9,6). Non si trattava di paura, ma del timore che prende la creatura di fronte alle manifestazioni divine. Quell'esperienza fu importante per fortificare gli Apostoli nell'imminenza della Passione di Gesù. Il Signore opera con noi in modo simile. Per fortificare il nostro spirito, affinché sia in grado di affrontare le inevitabili prove della vita, Dio invita anche noi sul monte Tabor, il monte della preghiera. Ogni giorno dobbiamo salire questo monte per attingere luce e forza, per poi ridiscendere alle occupazioni di ogni giorno, familiari e lavorative. Senza questa salita al monte Tabor, la nostra vita diventerà molto più faticosa e noi non riusciremo a portare la croce quotidiana dietro al nostro Maestro Divino. Gesù salì sul monte a pregare. Impariamo da questo quanto sia importante la preghiera. Non se ne può fare a meno. La preghiera è la cosa più necessaria, al punto che i monasteri possono essere considerati come le sorgenti nascoste che danno vita a tutta la Chiesa, mentre i contemplativi si possono definire come i più grandi benefattori dell'umanità. Nella vita di san Francesco e di santa Chiara si legge un episodio molto bello, riguardante lo splendore delle anime pure che amano Dio con tutto il loro cuore, che già su questa terra sperimentano la trasfigurazione dell'Amore di Dio. Un giorno san Francesco, nei pressi della chiesetta di Santa Maria degli Angeli, parlò a santa Chiara, e ad altri figli spirituali, di Dio e delle realtà celesti. Parlò così devotamente che discese sopra di loro l'abbondanza della divina grazia e tutti furono rapiti in Dio. Gli abitanti di Assisi videro un chiarore e si precipitarono, pensando a un incendio. Quando giunsero, essi si accorsero che non c'era alcun incendio, ma che tutti erano immersi nella contemplazione (cf FF 1844). Gli abitanti di Assisi considerarono allora la presenza di quelle anime sante come una grazia molto grande concessa da Dio alla loro città e come la migliore garanzia di protezione divina. Il Vangelo di oggi ci insegna inoltre che la Gloria passa per la Croce. Chi vuole entrarvi deve passare attraverso la Croce. Tutti vogliono andare in Paradiso, ma pochi sono quelli disposti a passare per il mistero della Passione. Il mistero della Croce era già prefigurato nell'Antico Testamento, precisamente nella prima lettura che abbiamo ascoltato. Dio disse ad Abramo: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami [...] e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò» (Gen 22,2). Dal racconto biblico sappiamo che Abramo obbedì alla voce di Dio, che costruì l'altare, collocò la legna e che, con lo strazio nel cuore, stava per immolare il figlio Isacco. Ma l'angelo del Signore lo bloccò; e, al posto di Isacco, Abramo immolò un ariete. Questo sacrificio preannunciava l'immolazione di Gesù sul Calvario. Egli, il Figlio unigenito del Padre, discendente da Abramo secondo la carne, venne realmente sacrificato sul legno della Croce. Ma da questa morte venne la salvezza per il mondo intero, secondo la promessa che Dio fece al santo Patriarca: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra» (Gen 22,18). Questo discendente è Gesù, il Figlio di Maria, il Redentore del mondo. Il brano del Vangelo odierno si conclude con le parole del Padre Celeste che invita tutti ad ascoltare Gesù. È Lui il nostro Maestro, e noi tutti gli dobbiamo ubbidienza. Gesù ci parla nel suo Vangelo, e noi dobbiamo leggerlo e meditarlo; Gesù ci parla attraverso i suoi rappresentanti qui in terra: il Papa e i vescovi. Ascoltando loro, e in modo particolare il Sommo Pontefice, non potremo sbagliare e saremo certi di ascoltare Gesù.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 04/03/2012)
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