LA QUOTIDIANA DIFFAMAZIONE CONTRO LA CHIESA
A Ferrara sembrerebbe negata la prima comunione a un bambino disabile mentale: ma, al solito, è una bufala montata ad arte (un po' per abitudine o forse un po' anche per dispetto...)
Autore: Giorgio Maria Carbone - Fonte: La Bussola Quotidiana
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HO CRITICATO IL FUNERALE DOVE SI CANTA LIGABUE CON CHITARRE E BATTIMANI, MA CORRIERE DELLA SERA E AVVENIRE MI ATTACCANO
Sempre a Bergamo, in un altro funerale è scoppiato un caso clamoroso: qui, al contrario delle canzoni di Ligabue, si chiedeva qualcosa permesso esplicitamente dalla Chiesa... eppure è stato rifiutato! Dov'erano i suddetti giornalisti?
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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QUEL CHE FA IL BABBO E' SEMPRE GIUSTO! ECCO LA FIABA CONSIGLIATA SPESSO DA COSTANZA MIRIANO
La famiglia vive in serenità e allegria quando la moglie riconosce e dichiara che quello che fa il babbo è sempre la cosa migliore
Autore: Hans Christian Andersen - Fonte: www.andersenstories.com
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UNIONE EUROPEA: NO ALLE CAVIE ANIMALI, MEGLIO QUELLE UMANE
E' sempre la stessa storia (da Hitler ieri alla Brambilla oggi): si combatte la vivisezione animale e si finisce con gli esperimenti sugli uomini
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Bussola Quotidiana
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STATI UNITI: IL CANDIDATO CATTOLICO RICK SANTORUM GETTA LA SPUGNA NEL MOMENTO DI MASSIMA GLORIA
Ecco un video del candidato che ha sorpreso tutti ottenendo ottimi risultati nelle primarie: tra quattro anni potrebbe vincerle...
Autore: Marco Respinti - Fonte: L'Occidentale
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INTERVISTA A MARIO PAOLO ROCCHI, COFONDATORE DEL PRIMO CAV E IDEATORE DEL PROGETTO GEMMA
''La marcia per la vita del 13 maggio 2012 segnerà una svolta nell'approccio che gli italiani hanno con l'aborto, definito 'delitto abominevole' dal Concilio Vaticano II''
Autore: Valerio Pece - Fonte: La Bussola Quotidiana
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PADRE BROWN FU INTERPRETATO DAL MIGLIOR RENATO RASCEL, QUELLO CHE GIORNALI E TV SI SONO DIMENTICATI DI CELEBRARE IN QUESTI GIORNI
''I racconti di padre Brown'' è uno sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI nel 1970 tratto dagli omonimi racconti dello scrittore cattolico inglese Chesterton
Autore: Marzia Platania - Fonte: CulturaCattolica
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LE CONTRADDIZIONI DI CHI CONDANNA I TIFOSI DEL GENOA CHE HANNO OBBLIGATO I CALCIATORI A RESTITUIRE LA MAGLIA DISONORATA
Senza giustificare la brutalità dei violenti, occorre però recuperare un po' di equilibrio e spegnere questo ennesimo incendio di demagogia mediatica
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana
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OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 15,1-8)
Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LA QUOTIDIANA DIFFAMAZIONE CONTRO LA CHIESA
A Ferrara sembrerebbe negata la prima comunione a un bambino disabile mentale: ma, al solito, è una bufala montata ad arte (un po' per abitudine o forse un po' anche per dispetto...)
Autore: Giorgio Maria Carbone - Fonte: La Bussola Quotidiana, 16/04/2012
A un disabile grave è stata rifiutata la prima comunione. Questa è la denuncia che circola su alcuni quotidiani e blog. Veniamo anzitutto ai fatti. A febbraio i genitori del bambino disabile mentale chiedono a un parroco - dell'arcidiocesi di Ferrara Comacchio, parroco di un paese diverso da quello della loro residenza – che il loro figlio possa ricevere la prima comunione insieme ai suoi compagni di classe, e cioè nel corso del prossimo giovedì santo - lo scorso 5 aprile. Inizia così il percorso di preparazione catechistica, evidentemente personalizzato per il bambino, con gradualità egli viene accolto nella parrocchia per renderlo partecipe delle varie attività. A Ferrara, nei primi giorni di aprile, il parroco incontra il bambino e i suoi genitori per un bilancio sulle settimane trascorse e offre al bambino una particola non consacrata. Ma il bambino la rifiuta. A questo punto il parroco con i genitori decide di posticipare la prima comunione del bambino. Il giovedì santo questi era seduto accanto ai suoi compagni, non ha ricevuto l'Eucaristia, ma è stato benedetto dal parroco in modo speciale. Questi i fatti. Poi iniziano a circolare altre notizie. La mamma rivela alle agenzie di stampa: «Siamo amareggiati, non ce lo aspettavamo». Sempre la mamma da mandato a due avvocati di fare un esposto alla Corte europea dei diritti dell'uomo «per violazione della libertà religiosa». Ma queste notizie presto si rivelano delle autentiche e grossolane bufale. Ma intanto hanno diffamato il parroco, la diocesi di Ferrara e la Chiesa in generale. Questa vicenda, ricostruita sopra con i pochi particolari certi a noi noti, ci dà lo spunto per riflettere su almeno due aspetti generali della patologia dell'informazione e due aspetti riguardanti il merito della vicenda.
LA QUOTIDIANA DIFFAMAZIONE CONTRO LA CHIESA CATTOLICA È sufficiente un abbozzo di notizia per montare un caso mediatico. Poi, non importa controllare le fonti, fare interviste, muoversi di persona per raccogliere testimonianze e informazioni. Il giornalista elabora di fantasia i pochi dati forniti dalle agenzie di stampa e confeziona la bufala davanti al video del suo pc. Non importa che quanto scrive sia vero, l'importante è che sia verosimile e soprattutto che sia una denuncia contro la Chiesa cattolica e i suoi sacerdoti. È decisivo mettere in piazza la loro ipocrisia: predicano anche cose buone, ma razzolano molto male. Insegnano pure che l'essere umano debole o malato va sempre accolto e amato, ma poi quando si passa ai fatti, a quelli che contano, gli negano un sacramento, l'Eucaristia.
UNA SCOPERTA SOPRENDENTE Certo questo è un fatto che conta: l'Eucaristia. Anche giornalisti atei dichiarati e ferocemente anticlericali si sono manifestati apertamente, hanno scritto che negare l'Eucaristia è una grave violazione. Scopriamo così che anche loro indirettamente credono quello che anche noi crediamo e cioè che l'Eucaristia, in ragione del fatto che è in modo reale e non simbolico il Corpo di Gesù Cristo, è il più eccellente dei sacramenti ed è il più grande tesoro della Chiesa. Paradossalmente, la vicenda mediatica li conduce a un approdo che mai avrebbero immaginato. Come nella vicenda degli uomini di età embrionale morti a causa dello scongelamento nell'Ospedale San Filippo di Roma: perché scaldarsi tanto e sprecare fiumi di parole e inchiostro se l'embrione è un grumo di cellule. E in modo analogo, se l'Eucaristia è semplice pane simbolico, perché tutta questa indignazione. Queste due vicende mediatiche indirettamente segnalano l'umanità degli embrioni congelati e la radicale importanza dell'Eucaristia nella vita umana, anche disabile. Ma, vendendo al merito della vicenda, emergono almeno alcune questioni - diciamo - singolari.
IL RITARDO E LA FRETTA Posto che il bambino disabile mentale abbia iniziato il percorso di catechesi personalizzato a febbraio, mentre i suoi coetanei, compagni di classe, da alcuni anni, perché ammetterlo alla comunione solo dopo soli due mesi? Dopo una "iscrizione" a catechismo in ritardo perché tanta fretta? O va preparato in modo graduale e proporzionato alle sue capacità. Oppure percorrerà l'iter insieme a tutti gli altri.
LA GRAZIA DI CRISTO E LA CAPACITÀ DI COMPRENSIONE Ma il problema più delicato - e le notizie fornite sono troppo scarne - riguarda la sua reale capacità di comprensione. Il fatto che all'inizio di aprile ha rifiutato la particola non consacrata come va interpretato? Ha rifiutato perché non riesce a deglutire? Perché in una situazione di forte disagio psichico? Perché semplicemente non capisce? Perché disprezza? Non conoscendo molti particolari, possiamo fare queste ipotesi. Data la decisione del parroco, concordata con i genitori, di rinviare la sua prima comunione, dobbiamo supporre che il bambino dia buone speranze di completare la sua formazione, di crescere nell'intelligenza della sua fede in modo proporzionato all'età e alla sua disabilità psichica. È la speranza nella sua crescita e l'attenzione premurosa verso di lui che fondano il posticipare la prima comunione. Altro che discriminazione o violazione della libertà religiosa. Certamente, se il bambino non desse queste speranze, non avrebbe senso rinviare la prima comunione. Cioè se la disabilità psichica fosse così grave da rendere la persona incapace di intendere e di volere e se questa persona ha ricevuto il battesimo, non c'è alcun serio motivo per negarle la comunione eucaristica. È stata battezzata nella fede della Chiesa e dei genitori, è stata battezzata nella sua condizione di disabilità che fa supporre l'inesistenza di ostacoli o rifiuti da parte sua, perciò in queste stesse condizioni (disabilità psichica che fa supporre a noi la non-esistenza di ostacoli o rifiuti volontari) può ricevere l'Eucaristia. Può riceverla, ma non è necessario per la sua salvezza. Può riceverla ed è bene che la riceva: ricevendo anche la cresima, completa i sacramenti dell'iniziazione a Cristo Signore. Ma non è strettamente necessario per la sua salvezza eterna: ricevendo il battesimo è stata introdotta nella vita divina, è stata assimilata a Cristo e, non essendo capace di intendere e di volere, non può rifiutare con un atto peccaminoso la vita divina e l'unione con Cristo (cosa che invece noi – che supponiamo essere capaci di intendere e di volere – di fatto facciamo quando pecchiamo gravemente, cioè mortalmente. In verità, nel rifiutare la nostra sincera assimilazione a Gesù Cristo diamo prova della nostra stupidità). Se poi la persona disabile avesse problemi di deglutizione, va ricordato che di fatto è possibile dare la comunione, non solo con il Corpo di Cristo, ma anche solo con il Sangue di Cristo. Sono sufficienti poche gocce, o anche una sola, del Sangue di Cristo per comunicare la realtà della sua presenza e della sua grazia. Il grande Tommaso d'Aquino scriveva nell'inno Adoro te devote «Me immundum munda tuo sanguine, cuius una stilla salvum facere totum mundum quit ab omni scelere» «Monda me immondo con il tuo sangue, una sola goccia del quale può salvare tutto il mondo da ogni peccato». Il Messale Romano, le norme liturgiche e la virtù dell'epicheia prevedono questo. Tutto ciò rende possibile realizzare quanto Benedetto XVI insegna con l'Esortazione Postsinodale Sacramentum Caritatis del 2007, n. 58: trattando dell'attiva partecipazione degli infermi all'Eucaristia e dei disabili in generale, scrive «venga assicurata anche la comunione eucaristica, per quanto possibile, ai disabili mentali, battezzati e cresimati: essi ricevono l'Eucaristia nella fede anche della famiglia o della comunità che li accompagna».
Fonte: La Bussola Quotidiana, 16/04/2012
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HO CRITICATO IL FUNERALE DOVE SI CANTA LIGABUE CON CHITARRE E BATTIMANI, MA CORRIERE DELLA SERA E AVVENIRE MI ATTACCANO
Sempre a Bergamo, in un altro funerale è scoppiato un caso clamoroso: qui, al contrario delle canzoni di Ligabue, si chiedeva qualcosa permesso esplicitamente dalla Chiesa... eppure è stato rifiutato! Dov'erano i suddetti giornalisti?
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 25/04/2012
Bach come Jovanotti? Ieri, sul Corriere della sera, il corsivista Alberto Melloni, campione di cattoprogressismo, per rispondere al mio articolo sui funerali di Morosini, stabiliva una sorprendente equivalenza, per la liturgia cattolica, fra le canzoni di Ligabue e la musica di Mozart. Dunque cantare in chiesa, a un funerale, la Messa da Requiem di Mozart è la stessa cosa che schitarrare – come hanno fatto a Bergamo – le canzonette di Ligabue (con queste memorabili parole: "quando questa merda intorno/ sempre merda resterà/ riconoscerai l'odore/ perché questa è la realtà"). Vorrei dire che, se Melloni detesta Mozart perché è amato da Ratzinger, provi a farsi spiegare la grandezza teologica del suo Agnus Dei da Karl Barth. In ogni caso equiparare Mozart a Ligabue significa che manca o l'abc del giudizio culturale o il senso del ridicolo o la pietà. O forse tutti e tre. Soprattutto manca la consapevolezza che la liturgia è la cosa più sacra della Chiesa e non se ne può disporre a piacimento, perché non è fatta da noi, non è il luogo delle nostre trovate, ma vi riaccade la passione e morte del Figlio di Dio. Stabilito che in chiesa un corale di Bach non è la stessa cosa di una canzonetta di Vasco Rossi, c'è poi il capitolo della musica sacra della tradizione e delle moderne canzonette religiose. Personalmente non ho pregiudizi, anche se la qualità dei testi e delle musiche va valutata. Ma quello che tracima dalla prosa di Melloni è soprattutto l'evidente disprezzo per la tradizione cattolica che lo induce a definire il gregoriano un "belare". E siccome Melloni sostiene che per avvicinarsi a Dio non c'è differenza fra "belare in gregoriano" e "quelle canzoni stile Pooh che riempiono le navate di tante parrocchie", voglio informarlo che invece la Chiesa stabilisce una rigorosa gerarchia. In particolare definisce il gregoriano come il canto proprio della Chiesa (poi viene la polifonia). Lo ha proclamato non in uno di quei Concili che i cattoprogressisti disprezzano, ma proprio in quel Concilio Vaticano II di cui Melloni si proclama esperto e si autonomina portabandiera. Infatti nella Costituzione "Sacrosantum Concilium" afferma che "la tradizione musicale di tutta la chiesa costituisce un tesoro di inestimabile valore, che eccelle tra le altre espressioni dell' arte, specialmente per il fatto che il canto sacro, unito alle parole, è parte necessaria ed integrale della liturgia solenne". Aggiunge: "Senza dubbio il canto sacro è stato lodato sia dalla sacra scrittura, sia dai padri e dai romani pontefici che recentemente, a cominciare da san Pio X, hanno sottolineato con insistenza il compito ministeriale della musica sacra nel servizio divino. Perciò la musica sacra sarà tanto più santa quanto più strettamente sarà unita all' azione liturgica". Il Concilio prescrive: "Si conservi e si incrementi con somma cura il patrimonio della musica sacra". E proclama: "La chiesa riconosce il canto gregoriano come proprio della liturgia romana: perciò, nelle azioni liturgiche, a parità di condizioni, gli si riservi il posto principale. Gli altri generi di musica sacra, e specialmente la polifonica, non si escludono affatto nella celebrazione dei divini uffici, purché rispondano allo spirito dell' azione liturgica, a norma dell' art. 30". Come si vede il Concilio Vaticano II è agli antipodi di chi boccia sprezzantemente il gregoriano come un "belare" e lo equipara all'inserimento nella liturgia sacra delle canzonette di Ligabue o di Vasco Rossi. Si comprende così che pure i tanti arbitri perpetrati nella liturgia non discendono affatto dal Concilio ed è grave sbandierarlo a sproposito. Già nel 1971 Ratzinger – che era stato un uomo del Concilio – denunciò la grande devastazione teologica che il progressismo stava perpetrando, per cui "anche a dei vescovi poteva sembrare 'imperativo dell'attualità' e 'inesorabile linea di tendenza', deridere i dogmi". Nel 1997, da prefetto dell'ex S. Uffizio, il cardinale Ratzinger scriverà: "sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo, dipende in gran parte dal crollo della liturgia". Accanto ai tanti abusi che si sono perpetrate nella liturgia, col post-Concilio, Ratzinger ha sottolineato pure la decadenza della musica liturgica: "E' divenuto sempre più percepibile il pauroso impoverimento che si manifesta dove si scaccia la bellezza... La Chiesa ha il dovere di essere anche 'città della gloria', luogo dove sono raccolte e portate all'orecchio di Dio le voci più profonde dell'umanità. La Chiesa non può appagarsi del solo ordinario, del solo usuale: deve ridestare la voce del Cosmo, glorificando il Creatore e svelando al Cosmo stesso la sua magnificenza, rendendolo bello, abitabile, umano". Poi, proprio Ratzinger, da Papa, ha cercato di riportare tutti alla retta dottrina anche riordinando la liturgia e ridando legittimità all'antico rito della Chiesa (che è il rito in cui si celebrava messa pure al Concilio Vaticano II). Sorprendente è l'opposizione che tanti vescovi e preti hanno fatto a questo Motu proprio "Summorum pontificum". Un caso clamoroso è scoppiato proprio nella stessa diocesi di Bergamo dove si è svolto il rito funebre di Piermario Morosini. E' stato denunciato dal collega Alessandro Gnocchi sul "Foglio" del 17 novembre scorso. Era morto il padre dello stesso Alessandro e la famiglia aveva chiesto di celebrare le esequie secondo il rito gregoriano a cui aveva ridato pieno accesso il Motu proprio del papa. Ma il parroco, dopo aver preso istruzioni in Curia, ha risposto di no. E' la stessa Curia che poi lascia cantare le canzoni di Ligabue durante la Messa per Morosini, canzoni – ripeto – con questi testi: "quando questa merda intorno/ sempre merda resterà/ riconoscerai l'odore/ perché questa è la realtà". Così tutta la tolleranza liturgica che i progressisti alla Melloni sbandierano per chi si vuole cimentare con Ligabue in chiesa, non deve più valere per chi chiede semplicemente il rito cattolico autorizzato dal Papa? La "pietà" di Melloni dov'era quando sui giornali è scoppiato questo caso? Anche il direttore di "Avvenire" Marco Tarquinio domenica mi ha criticato, richiamandomi alla necessità di fare – nel caso di Morosini – "un'eccezione alla regola, per puro amore e puro dolore" visto che "senza l'amore siamo solo cembali che tintinnano". Ma non sono io che posso autorizzare tali "eccezioni": Tarquinio chieda al Vaticano. Io, da parte mia, mi domando: perché il direttore di "Avvenire" non intervenne anche per difendere il diritto al rito gregoriano della famiglia Gnocchi, visto che in quel caso non si trattava neanche di "un'eccezione alla regola", ma di rispettare la regola data dal Papa? Perché Tarquinio non richiamò la Curia di Bergamo al dovere di carità nei confronti di quella famiglia e al dovere di obbedire al Papa? Il direttore di "Avvenire" recentemente ha difeso con accanimento lo scrittore Enzo Bianchi dalle legittime critiche rivolte a lui da alcuni teologi cattolici: sarebbe auspicabile che con altrettanto zelo difendesse anche un Motu proprio così caratterizzante del pontificato di Benedetto XVI come il "Summorum pontificum", da chi lo snobba. Sottolineo infine che il cuore del mio articolo sulle esequie del calciatore non erano tanto le canzoni di Ligabue, quanto la mancanza da parte dei pastori di una parola cristiana sulla necessità della preghiera per i defunti e soprattutto sulla vita eterna. E noto con tristezza che pure in tutto lo scritto del direttore di Avvenire (di 2887 battute) non c'è un solo richiamo a questo che è il cuore della dottrina cattolica. Nemmeno nell'articoletto di Melloni, ma di questo non mi sorprendo. Sconcerta però che i Novissimi (morte, giudizio, inferno e paradiso) siano scomparsi da gran parte della predicazione e della catechesi. Certo, parlare dell'inferno non è "progressista". Però è la più grande carità. E pregare per i defunti è la vera pietà.
Nota di BastaBugie: il video del funerale di Morosini dove si canta la canzone di Ligabue "Non è tempo per noi" con chitarre e battiti di mani è stato cancellato da YouTube. Vi proponiamo il video di Ligabue per immaginarvi l'effetto che ha fatto: molte emozioni, forse adeguate per un concerto in uno stadio... ma il funerale era in chiesa!
Fonte: Libero, 25/04/2012
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QUEL CHE FA IL BABBO E' SEMPRE GIUSTO! ECCO LA FIABA CONSIGLIATA SPESSO DA COSTANZA MIRIANO
La famiglia vive in serenità e allegria quando la moglie riconosce e dichiara che quello che fa il babbo è sempre la cosa migliore
Autore: Hans Christian Andersen - Fonte: www.andersenstories.com
Ora voglio raccontarti una storia che ho sentito quando ero piccolo, e da allora ogni volta che ci ho ripensato, mi è sembrata più bella; perché alle storie succede come a molti uomini: guadagnano con l'età, e questo è piacevole! Tu sei certo stato in campagna, e hai certamente visto una vecchia casa di contadini col tetto di paglia; muschio e erba ci crescono da soli e un nido di cicogne si trova proprio in cima. Della cicogna non si può fare a meno. Le pareti sono pencolanti, le finestre basse, anzi ce n'è una sola che si può aprire; il forno per cuocere il pane spunta in fuori come una pancia rotonda, e il cespuglio di sambuco si piega sopra la siepe verso una piccola pozza d'acqua con un'anatra e gli anatroccoli, proprio sotto il salice nodoso. Già, e poi c'è il cane alla catena, che abbaia a tutti. Proprio una casa simile si trovava in campagna, e lì viveva una coppia, un contadino con la moglie. Con quel poco che possedevano avrebbero potuto ben fare a meno di un cavallo che pascolava proprio vicino al fosso della strada maestra. Il contadino lo cavalcava per andare in città, i vicini lo prendevano in prestito e poi lo ricambiavano con qualcos'altro, ma per loro sarebbe certo stato meglio vendere quel cavallo o scambiarlo con qualche altra cosa che si sarebbe rivelata più utile. Ma che cosa? «Questo lo capisci meglio tu, babbo!» disse la moglie. «Adesso c'è il mercato in città, vai là col cavallo e vendilo in cambio di soldi o di qualcos'altro di buono. Quello che fai tu va sempre bene. Vai al mercato!» E così gli avvolse il fazzoletto intorno al collo, perché quello lo sapeva fare meglio di lui, anzi gli fece un nodo doppio, che era più elegante, poi gli pulì il cappello con il palmo della mano e lo baciò sulla bocca. Quindi lui partì sul cavallo che doveva vendere o scambiare; era un uomo: di lui ci si poteva fidare. Il sole bruciava e non c'era nessuna nuvola. La strada era piena di polvere; c'erano moltissime persone che andavano al mercato in carrozzella, a cavallo o addirittura a piedi. Faceva un caldo eccezionale e non c'era neppure un po' d'ombra sulla strada. Passò uno con una mucca, proprio graziosa come può essere una mucca. "Questa dà sicuramente dell'ottimo latte!" pensò il contadino, poteva essere un ottimo affare averla. «Ehi, tu con la mucca!» disse «noi due dobbiamo parlare. Vedi questo cavallo? credo che costi più di una mucca, ma per me è lo stesso. A me torna più utile la mucca. Li scambiamo?» «Certo!» disse l'uomo con la mucca, e così li scambiarono. Ormai era fatta e il contadino poteva benissimo tornarsene a casa: aveva ottenuto quello che voleva; ma avendo pensato di andare al mercato, volle andarci ugualmente, giusto per vederlo. Così s'incamminò con la mucca. Camminava spedito e la mucca con lui. Raggiunsero un uomo che conduceva una pecora. Era una bella pecora, grassa e con un bel mantello di lana. "Mi piacerebbe averla!" pensò il contadino. "Non le mancherebbe certo l'erba vicino al fosso e d'inverno potrebbe stare in casa con noi. In fondo sarebbe meglio per noi avere la pecora, che non la mucca." «La scambiamo?» «Sì!» Naturalmente l'uomo accettò subito. Così venne fatto il cambio e il contadino proseguì con la pecora lungo la strada maestra. Vicino a un muretto vide un uomo con una grande oca sotto al braccio. «È proprio pesante quello che hai lì!» disse il contadino «è bella grassa e piena di penne. Starebbe proprio bene, quando c'è bel tempo, vicino alla nostra pozza d'acqua. Così la mamma potrebbe conservare le bucce per qualcuno! Ha sempre detto: "Se solo avessimo un'oca!", ora potrebbe averla e l'avrà. Facciamo cambio? Io ti do la pecora in cambio dell'oca e in più ti ringrazio.» Figurarsi se l'altro non accettò; e così fecero cambio e il contadino ebbe l'oca. Vicino alla città il traffico si fece più intenso, era un vero viavai di persone e di bestie. La strada affiancava un fosso fino al campo di patate del gabelliere dove era legata la sua gallina perché non volasse via per la confusione. Era proprio una bella gallina, con gli occhi ammiccanti. "Coccodè!" diceva. Cosa volesse dire, non lo so, ma il contadino quando la vide pensò: "È la più bella gallina che io abbia mai vista, è molto più bella della chioccia del prete; mi piacerebbe proprio averla! Una gallina trova sempre un chicco, può pensare da sola a se stessa, sarebbe un ottimo affare se la ottenessi al posto dell'oca". «Facciamo cambio?» chiese. «Facciamolo» disse l'altro «non è una cattiva idea!» e così fecero cambio. Il gabelliere ricevette l'oca e il contadino la gallina. Aveva fatto proprio tanti affari andando in città; ora faceva caldo e era stanco, e aveva voglia di un'acquavite e di un pezzo di pane; così, passando vicino a un'osteria, volle entrare, ma il garzone ne stava uscendo con un sacco pieno di qualcosa e i due si scontrarono. «Che cos'hai lì?» chiese il contadino. «Mele marce» rispose il garzone. «Un sacco pieno per i maiali.» «E quante sono! Mi piacerebbe mostrarle alla mamma. L'anno scorso abbiamo ottenuto soltanto una mela dal vecchio albero vicino alla torbiera; l'abbiamo conservata e tenuta sulla dispensa finché non marcì. "Dà un'impressione di benessere!" diceva la mamma; qui potrebbe proprio vederlo il benessere! Già, vorrei mostrargliele.» «Che cosa offrite in cambio?» chiese il garzone. «Offrire? Ti do la mia gallina» e così fece, ebbe le mele, entrò nella locanda, si avvicinò al banco, mise vicino alla stufa accesa il sacco delle mele e non ci pensò più. C'erano molti stranieri nella locanda, vari sensali di cavalli e di buoi, e due inglesi così ricchi che avevano le tasche sfondate dalle monete d'oro. Agli inglesi piace scommettere, e ora state a sentire cosa accadde. Suss, Suss! che rumore proveniva dalla stufa? erano le mele che cominciavano a arrostire. «Che cos'è?» chiesero, e presto vennero a saperlo con tutta la storia del cavallo cambiato per una mucca, fino a arrivare alle mele marce. «Ah, le beccherai di certo da tua moglie quando tornerai a casa!» dissero gli inglesi. «Te ne darà tante.» «Mi darà baci, non botte» rispose il contadino. «La mamma dirà: "Quello che fa il babbo è sempre giusto!".» «Scommettiamo?» chiesero quelli. «Una montagna di monete d'oro: cento monete fanno un quintale e mezzo!» «Uno staio pieno!» disse il contadino. «Io posso riempirlo solo con le mele, e con me stesso e la mamma per colmare la misura.» «D'accordo!» dissero, e così scommisero. La carrozza dell'oste fu preparata, gli inglesi ci salirono, anche il contadino ci salì insieme alle sue mele marce, e così giunsero alla casa del contadino. «Buona sera, mamma!» «Buona sera a te, babbo!» «Ho fatto il cambio.» «Ah, bene!» disse la donna, e lo abbracciò dimenticando il sacco e i forestieri. «Ho cambiato il cavallo per una mucca.» «Ottimo per il latte!» commentò la donna. «Ora avremo latte, burro e formaggio in tavola: un ottimo cambio!» «Ma poi la mucca l'ho scambiata con una pecora!» «E questo è ancora meglio!» disse la donna «tu pensi sempre a tutto; abbiamo erba giusto per una pecora. Avremo così latte di pecora e formaggio pecorino e poi delle belle calze di lana, sì, addirittura delle camicie da notte di lana. E queste la mucca non le dà di certo! Le mucche perdono il pelo. Sei proprio pieno di attenzioni!» «Ma poi la pecora l'ho cambiata con un'oca!» «Così avremo finalmente l'oca arrosto per San Martino, babbo mio! Tu pensi sempre a farmi felice: è proprio carino da parte tua! L'oca può stare legata e diventerà ancora più grassa per San Martino!» «Sì, ma ho cambiato l'oca con una gallina!» continuò l'uomo. «Una gallina! proprio un buon cambio» commentò la moglie. «La gallina fa le uova, le cova, così avremo i pulcini, e potremo mettere su un intero pollaio: è quello che ho sempre desiderato!» «Sì, ma poi ho fatto cambio con un sacco pieno di mele marce!» «Adesso sì che ti do un bacio!» disse la donna. «Grazie, marito mio! Ora ti racconterò qualcosa. Quando eri via, ho pensato di farti una cena: frittata con cipolle. Avevo le uova ma mi mancavano le cipolle, allora andai alla casa del maestro; loro le hanno, lo so bene, ma la moglie è molto avara, poveretta! Le ho chiesto di prestarmele. "Prestarle?" ha detto lei "nel nostro giardino non cresce niente, neppure una mela marcia, neppure questa potrei prestarle!" Adesso potrò prestargliene dieci, un intero sacco! È proprio da ridere, babbo!» e così gli stampò un bacio sulla bocca. «È proprio bella» commentarono gli inglesi. «Peggio stanno e più sono felici. I nostri soldi sono spesi bene» e così diedero uno staio pieno di monete d'oro al contadino che aveva ricevuto baci e non botte. C'è sempre da guadagnare quando la moglie riconosce e dichiara che quello che fa il babbo è la cosa migliore. Vedi, questa è la storia! L'ho sentita quando ero piccolo e ora l'hai sentita anche tu; ora anche tu sai che quello che fa il babbo è sempre giusto.
Nota di BastaBugie: questa fiaba è tratta dal bel libro "Fiabe di H.C. Andersen", Ed. Oscar Mondadori 2004, pp. 576, € 10
Fonte: www.andersenstories.com
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UNIONE EUROPEA: NO ALLE CAVIE ANIMALI, MEGLIO QUELLE UMANE
E' sempre la stessa storia (da Hitler ieri alla Brambilla oggi): si combatte la vivisezione animale e si finisce con gli esperimenti sugli uomini
Autore: Giovanna Arcuri - Fonte: La Bussola Quotidiana, 05/04/2012
Nell'Unione Europea i nascituri correranno il rischio di fare la fine dei topi. Non è una metafora, né un'iperbole ma una triste realtà. Il dottor Jürgen Hescheler dell'istituto di Neurofisiologia dell'Università di Colonia ha messo a punto un programma che si chiama "Esnats", cioè "Nuove strategie di test alternativi basate sulle cellule staminali embrionali". Sul sito ufficiale esnats.eu si chiarisce di che cosa si tratta: «L'obiettivo del progetto Esnats è di sviluppare una nuova piattaforma di test di tossicità all in one fondata su cellule staminali embrionali, in particolare umane, per accelerare la realizzazione di farmaci, ridurre i costi di ricerca e sviluppo e proporre una potente alternativa ai test animali», ciò in conformità ad una direttiva UE che obbliga a trovare test alternativi a quelli animali quando ci sono. Il programma di ricerca si sviluppa intorno al principio delle "Tre R": 1) "Replacement": sostituzione dei metodi che prevedono l'uso di cavie animali con quelli senza l'uso di queste cavie 2) "Reduction": se ciò non fosse possibile tentare almeno di ridurre il numero di cavie animali utilizzate 3) "Refinement": migliorare le condizioni delle cavie e alleviare il dolore di queste il più possibile. Questo principio è stato enucleato in una pubblicazione del 1959, vera bibbia per chi fa ricerca, a firma del zoologo W.M.S. Russell e del microbiologo R.L. Burch, dal titolo assai significativo: "La rimozione della disumanità". A noi pare invece che sia disumano usare persone per esperimenti scientifici a posto di animali. Insomma il programma Esnats non fa mistero – e il pudore e la vergogna vengono messe da parte – del fatto che è meglio usare gli uomini e non le cavie animali per testare i nuovi farmaci. I motivi di questa scelta? Sono i più vari. Innanzitutto dato che si usa "materiale" umano i test acquisiscono maggior validità scientifica e i farmaci sono più sicuri per i pazienti. Molto meno sicuri questi test per gli embrioni dato che a motivo di ciò verranno soppressi. In secondo luogo si evitano inaccettabili sprechi. I curatori del progetto infatti hanno avuto la premura di precisare che, in ottemperanza delle normative europee, loro utilizzano solo embrioni soprannumerari, embrioni che definiscono "surplus". Cioè i figli di quelle coppie che hanno già avuto il loro figlio tramite Fivet e che non sanno cosa farsene di questi altri. Alcune di queste coppie, quelle più animate da un frainteso spirito di filantropia, hanno deciso di donare la propria progenie alla scienza sacrificandoli così sull'altare delle ricerca scientifica. Il progetto Esnats si è pure affidato non ad una qualsiasi commissione etica costituita ad hoc per risolvere alcuni aspetti un po' spinosi di tutto questo brutto affare, ma addirittura una vera e propria società di consulenza, la Edinethics Ltd. Il direttore è un certo dottor Donald Bruce, responsabile anche del progetto "Society, Religion and Technology", idea partorita dalla Chiesa Scozzese, un'organizzazione pseudo-cristiana dedita più alla salvezza della Terra che dei suoi abitanti. In un parere della Edinethics gli esperti bioeticisti della stessa affermano con spietato candore: "Se gli embrioni non fossero stati donati alla fine sarebbero andati distrutti". Insomma meglio uccisi dai tecnici di laboratorio che gettati nella spazzatura. La stessa Edinethics si pone poi il quesito dello "status morale" degli embrioni, cioè a dirla in modo più corretto, se questi embrioni siano esseri umani o solo un grumo di cellule. I cervelloni della società di consulenza non ne vengono a capo e nell'incertezza cosa propongono? Meglio la sperimentazione che lasciare gli embrioni nel freezer. E così l'uomo usando di un suo simile e non degli animali diventa lui stesso bestia. Il progetto Esnats raccoglie 27 partner tra università, centri di ricerca e organizzazioni europee. Per l'Italia c'è la società Avantea specializzata in zootecnica e biotecnologie. Gli ideatori del progetto non nascondono che possono attingere ad immense risorse provenienti dall'Unione Europea e fanno sapere che hanno a disposizione "un budget totale di 15,5 milioni di euro e un sostegno finanziario di 11,9 milioni di euro per 5 anni" soldi provenienti dal Settimo programma quadro dell'Unione europea per la ricerca e sviluppo tecnologico. Il futuro per questi ricercatori si presenta tanto roseo quanto oscuro per gli embrioni. Infatti in una bozza di documento della Commissione per Horizon 2020 – il nuovo programma quadro per gli anni 20124-2020 che andrà a gestire complessivamente 87 miliardi di euro - si legge: «Qualsiasi ricerca sulle cellule staminali umane, allo stato adulto ed embrionale può essere finanziata». La via è spianata. Tale fiducia nelle cellule staminali embrionali è poi senza fondamento. Infatti, anche a voler mettere da parte i rilievi di ordine morale, ad oggi i risultati ottenuti dall'uso delle staminali embrionali sono pressoché a quota zero e i pericoli connessi a queste pratiche sono molti: rigetto, tumori, etc. Le staminali adulte, il cui uso non comporta la distruzione di nessun embrione e quindi è eticamente lecito, invece hanno già curato molte persone e non presentano le controindicazioni terapeutiche delle embrionali. Ma una volta che si sono investite cifre enormi in brevetti come si fa a fare marcia indietro? Meglio tirar dritto e passare sui cadaveri di questi bambini che non vedranno mai la luce e che mai potranno protestare.
Nota di BastaBugie: che Hitler fosse un animalista può piacere o non piacere, ma è confermato dal fatto che con una delle sue prime leggi abbia proibito la vivisezione sugli animali. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna invece che ''si possono amare gli animali, ma non si devono far oggetto di quell'affetto che è dovuto soltanto alle persone''. Per approfondire: https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1932
Fonte: La Bussola Quotidiana, 05/04/2012
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STATI UNITI: IL CANDIDATO CATTOLICO RICK SANTORUM GETTA LA SPUGNA NEL MOMENTO DI MASSIMA GLORIA
Ecco un video del candidato che ha sorpreso tutti ottenendo ottimi risultati nelle primarie: tra quattro anni potrebbe vincerle...
Autore: Marco Respinti - Fonte: L'Occidentale, 12/04/2012
La corsa di Rick Santorum alla nomination presidenziale del Partito Repubblicano si ferma qui. L'annuncio ufficiale è giunto martedì 10 Aprile, nel mezzo della lunga "pausa" che le primarie stanno osservando dal 3 e fino al 24 di questo mese. Prima o poi doveva accadere. Molti commentatori si sono anzi chiesti come mai non sia accaduto prima. E la perseveranza con cui fino a oggi Santorum ha promesso ai propri elettori di tenere duro sino alla fine non è stata una bugia: è stato l'orgoglio necessario a mostrare a tutti che la sua candidatura non era affatto solo di bandiera. Solo che adesso le difficoltà da sormontare sono per lui maggiori delle possibilità di successo. Del resto, una volta divenuto inevitabile il ritiro, mai come ora il momento è propizio per ritirarsi. [...] Ritirandosi ora, Santorum sceglie di andarsene all'apice del successo, non rinnega uno iota di quanto fatto, lascia il migliore dei ricordi possibili, è ancora in tempo utile a "riciclarsi" e le sue armi migliori le può ancora mettere al servizio di quella buona, ottima battaglia che è la ricerca della sconfitta finale e definitiva di Barack Obama all'inizio di Novembre. L'exploit "da brivido" cui Santorum ci ha abituati da gennaio resta infatti negli annali della storia. Nessun candidato "cadetto" alla nomination presidenziale che abbia avuto un programma graniticamente conservatore come il suo ha mai fatto tanto bene e così a lungo nelle primarie, conquistando così tanti Stati, vincendone ancora diversi quando i parvenu già lo davano temerariamente per spacciato, dividendo dove bisognava dividere e unendo dove era opportuno unire. Alla vigilia, nessuno scommetteva su di lui, il candidato "povero" e troppo "estremista", e invece lui ha saputo ricacciare in gola a tutti certi giudizi francamente inutili. Per Santorum hanno votato i conservatori, la gente dei "Tea Party", i cattolici e gli 'evangelicali'. Non tutti, ma tantissimi. Con lui, il cattolicesimo integrale è entrato a testa alta nelle sfere supreme della politica statunitense, senza vergogna, ritrosia o compromesso. Con lui, l'antica e sempre nuova cultura conservatrice statunitense ha mostrato di essere una forza d'urto imponente; e certe vecchie "guerre conservatrici" che Santorum ha volutamente ridestato, sono state risvegliate nel migliore dei modi e per la posta più nobile da giocarsi. Ma la cosa più importante che Santorum lascia ritirandosi è il segno. Santorum, anche ritirandosi, dice che è possibile farcela. Che il GOP deve diventare conservatore se vuole essere utile alla salvezza del Paese. Che la partita decisiva è solo rimandata. Poi, da grande signore, da uomo liberamente responsabile, da politico raffinato e da vero capo qual è si è schierato a fianco di chi fino a ieri era il suo rivale. Dal canto proprio, Romney ne ha salutato l'uscita di scena con parole forti, maschie, sincere. Santorum sospingerà, adesso, Romney allo scopo di battere Obama: è la cosa migliore che possa, a questo punto, fare. Così facendo, darà il proprio indispensabile contributo all'auspicata sconfitta di Obama a novembre. Dimostrerà saggiamente che un conto sono le liti in famiglia, anche molto accese, un altro le guerre di civiltà contro i barbari alle porte. E ancora, visti i mesi che ci separano dalla Convenzione del GOP di agosto in Florida e poi dalla sfida presidenziale di novembre, l'ex senatore della Pennsylvania ha ancora tutto il tempo necessario per riallineare sé e i suoi dietro a Romney onde ottenere da Romney qualcosa di prezioso in cambio. Cosa farà Santorum "da grande"? Davvero troppo presto per dirlo. Molto dipenderà da cosa accadrà in novembre. Se Romney vincerà contro Obama, Santorum o comunque il suo "giro" potrebbero avere qualche chance non di secondo piano a fianco del nuovo presidente Repubblicano. La sfida interna al partito sarebbe rimandata e così pure eventuali nuovi sogni presidenziali di Santorum. Per otto anni. Perché se Romney vince la Casa Bianca nel 2012, il GOP lo ricandiderà nel 2016 e così, comunque andrà allora, Santorum potrà correre di nuovo nelle primarie solo nel 2020. Se invece Romney a Novembre dovesse perdere, Santorum potrebbe subito tornare alla ribalta puntando il dito - dopo le elezioni - contro il moderatismo che non vince né convince. In questo caso, l'ex senatore della Pennsylvania dovrà rimboccarsi subito le maniche per pensare al futuro. Nel primo caso, quello che descrive la prospettiva di più lungo termine, l'intera ala conservatrice del GOP, e la Destra dentro e fuori il partito, avrà il tempo utile a finire il lavoro iniziato e sin qui egregiamente svolto: eliminare il centrismo dal partito, dopo avere stroncato la Sinistra interna. Del resto, il primo grande momento di questa scalata decisiva del partito da parte del mondo conservatore, l'eliminazione cioè dei suoi esponenti liberal, è avvenuto durante il regno di un Repubblicano "non estremista" alla Casa Bianca (2000-2008, con George W. Bush jr. in sella) e in pendenza di una vittoria del GOP al Congresso (2010). L'eliminazione del centrismo dal GOP potrà dunque ben avvenire mentre è un suo esponente a offrire ai propri stessi "killer" la necessaria copertura dal fuoco esterno guidando i vertici del Paese. Nell'uno e nell'altro caso, Santorum, qualsiasi cosa egli immagini per il proprio futuro, dovrà vedersela con altri contendenti, epperò tutti di destra. E la cosa migliore che ognuno di loro, Santorum in testa, possono fare da adesso in poi è lavorare là dove conta, ovvero prima della politica politicante: nell'educazione alternativa, nel "movimento", nel "sociale", dentro e mediante le fondazioni, i think tank, gli advocay group, con gli strumenti mediatico-culturali che esistono e con quelli che si possono creare, con e tra la "gente", assieme e mediante il "popolo delle Chiese". Insomma, là dove si allevano per tempo e poi si coltivano i voti della vittoria.
Nota di BastaBugie: vi presentiamo il video dove Rick Santorum ricorda le sue origini italiane, ma soprattutto dichiara un fondamentale principio anti-statalista: può fare il governo qualcosa per noi, meglio di come noi possiamo farlo da soli? In pratica, i miei soldi li spende meglio lo Stato o li spendo meglio io stesso? E in ultima analisi: i diritti che hanno gli uomini derivano da Dio o sono una gentile concessione dello Stato? http://www.youtube.com/watch?v=1wqvU44n-J8
Fonte: L'Occidentale, 12/04/2012
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INTERVISTA A MARIO PAOLO ROCCHI, COFONDATORE DEL PRIMO CAV E IDEATORE DEL PROGETTO GEMMA
''La marcia per la vita del 13 maggio 2012 segnerà una svolta nell'approccio che gli italiani hanno con l'aborto, definito 'delitto abominevole' dal Concilio Vaticano II''
Autore: Valerio Pece - Fonte: La Bussola Quotidiana, 26/04/2012
Ingegnere fiorentino, classe 1929, Mario Paolo Rocchi nel lontano 1975 è stato il cofondatore del primo Centro Aiuto alla Vita italiano (CAV), nonché colui che ideò, nel 1993, quel "Progetto Gemma" recentemente ricordato da Giuliano Ferrara in prima serata nella sua Radio Londra. Insieme alla figlia della santa Gianna Beretta Molla, a Olimpia Tarzia e ad altri pro-lifer, Rocchi sarà uno dei premiati alla grande Marcia per la Vita del 13 maggio a Roma. Un appuntamento, questo, che per il boom di adesioni ricevute e per l'interesse internazionale che va suscitando, per molti osservatori sta ponendo le basi per rivoluzionare il modo di pensare alla difesa della vita, almeno in Italia: bandire ogni forma di tatticismo per far spazio al coraggio scomodo della verità. Mario Paolo Rocchi risponde a La Bussola Quotidiana. INGEGNER ROCCHI, QUAL ERA IL CLIMA ALL'EPOCA DEL VOSTRO PRIMISSIMO CAV IN QUELL'ORMAI LONTANO 1975? È presto detto: alla straziante faciloneria con cui Adele Faccio, leader Radicale, andava dicendo in giro che uccidere un bambino era come ammazzare un gatto, si aggiungeva per la città di Firenze un vero e proprio shock dovuto a una scoperta tremenda. QUALE? La bella villa del medico radicale Giorgio Conciani, sulle colline fiorentine, fu scoperto essere da questi destinata ad ambulatorio abortivo, per di più attivissimo. Fu proprio Emma Bonino, che lì accompagnava carovane di madri (e non si limitava ad accompagnarle..), a riferire di centinaia di aborti ivi praticati. I giornali parlarono della "clinica degli angeli", ma dopo quella mattanza di bambini furono in molti in città a chiedersi cosa fare per fermare quell'orrore. AGGIUNGO CHE I SOSTITUTI PROCURATORI CHE SI OCCUPARONO DEL CASO, E CIOÈ PROPRIO QUEL CARLO CASINI CHE MOLTI ANNI DOPO DIVENTÒ IL PRESIDENTE DEL MOVIMENTO PER LA VITA INSIEME A GIUSEPPE CARITI, ACCERTARONO «CHE NELLA VILLA DOVE ERA L'AMBULATORIO SI TROVAVA ANCHE LA SEDE FIORENTINA DEL PARTITO RADICALE». MA TORNIAMO ALLA VOSTRA REAZIONE... Questa si concretizzò con la nascita del primo Centro di aiuto alla vita. Crescevamo tra l'autorevolezza scientifica del dottor Enrico Ogier, primario di ostetricia e ginecologia all'Ospedale Careggi e docente di patologia ostetrica all'Università di Firenze, e l'apporto d'idee del filosofo Luigi Lombardi Vallauri (prima che mutasse radicalmente atteggiamento rispetto alla verità cristiana insegnata dalla Chiesa Cattolica), il quale portò in dote il concetto di diritto naturale. Ci ritrovavamo nella basilica fiorentina di San Lorenzo, armati solo di un ciclostile o poco più, ma da lì la nostra attività di aiuto alle madri fece subito notizia. Bastò un piccolo box sul periodico Famiglia Cristiana e fummo catapultati al centro dell'attenzione, tanto da dover accettare inviti dai gruppi più diversi, curiosi di sapere cosa facessero questi "strani cristiani". Ma non erano solo rose e fiori, tutt'altro. Eravamo oggetto di violenze continue, al dottor Ogier, per esempio, incendiarono la macchina per due volte, ci sentivamo al sicuro solo dentro la nostra San Lorenzo. MA LEI, UN INGEGNERE CHE HA COLLABORATO AL PRIMO SATELLITE SPERIMENTALE ITALIANO DI TELECOMUNICAZIONI, IL PROGETTO S.I.R.I.O A CUI HA ANCHE INVENTATO IL NOME, CHE CI FACEVA TRA QUEI "CARBONARI" DEI PRIMISSIMI CATTOLICI PRO-LIFE? Guardi, io all'epoca ero uno di quelli che una volta si chiamavano "cattolici anagrafici", cioè cattolici solo per nascita. Ma proprio in quanto progettista avevo sviluppato una grossa esperienza di lavoro di gruppo che mi servì non poco: provi a mettere insieme tanti cattolici, il rischio serio è che tutti parlino e nessuno ascolti.. Ma al di là di tutto, proprio da uomo abituato alla verità dei dati scientifici non potevo non difendere la realtà lapalissiana di una vita nascente che si voleva furiosamente e ideologicamente negare. Il risultato? Dal 1975, cioè dalla nascita nel "nostro" primo CAV fiorentino, sono stati ben 130mila i bambini salvati e ad oltre 500mila le donne assistite. Un risultato ottenuto grazie all'opera degli oltre 4mila operatori volontari e ai 73mila sostenitori. Perciò, non andrò certo in paradiso per il satellite S.I.R.I.O, sono questi i numeri che fanno di un ingegnere un ingegnere felice! ...FELICE E PIENO DI ZELO SE È VERO CHE, NON ANCORA PAGO, A LEI SI DEVE ANCHE L'IDEAZIONE DEL "PROGETTO GEMMA", L'OFFERTA ALLA MADRE DI UN SOSTEGNO ECONOMICO PER PERMETTERE AL BAMBINO DI VENIRE AL MONDO... Sì, nell'ottobre del 1993 ebbi questa intuizione e scrissi subito all'allora presidente della Fondazione Vita Nova, opera del Movimento per la Vita, l'Avv. Francesco Migliori. L'idea mi nacque perché nel 1992, sempre a Firenze, era nata "Agata Smeralda", un'associazione che adotta a distanza bambini nelle zone più povere del mondo. Era una cosa bellissima, mi dicevo, ma... per i bambini ancora non nati? Perché non adottare anche loro? Migliori, che non aveva problemi nel delegare e nell'ascoltare idee non sue, dopo qualche settimana mi rispose con slancio e affetto: era un "sì""pieno. Serviva un nome. Pensai subito a Gemma, dal Devoto-Oli lessi: «di cosa o persona che presenti pregi personali». Mi dissi che lo stesso fatto di esserci era un pregio grande. Io, Francesco Migliori, Giuseppe Garrone (1939-2011) e l'inventore di "Mani tese" Silvio Ghielmi, in qualche modo i motori del "Progetto Gemma", avevamo sempre preso sul serio la vecchia lezione del Lombardi Vallauri di allora: far capire alla madre che il bambino che era in lei era la cosa per noi più preziosa al mondo, una gemma appunto. Su questa immagine arrivarono poi anche le interpretazioni teologiche, con la Gerusalemme del libro dell'Apocalisse, «Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima», e la gemma del campo di Matteo. VOGLIAMO RICORDARE COME FUNZIONA CONCRETAMENTE IL "PROGETTO GEMMA"? Dobbiamo, direi. Ricordiamoci sempre che per far nascere un bambino il nostro aiuto può essere assolutamente decisivo! Sostenere un'adozione prenatale a distanza significa aiutare la mamma con un contributo mensile di €160 per un periodo di almeno 18 mesi: gli ultimi 6 mesi di gravidanza e i primi 12 mesi di vita del bambino. L'aiuto va versato direttamente a uno dei 300 CAV italiani i quali penseranno a mettere in collegamento le mamme più bisognose con chi desidera aiutarle. A questo punto il bimbo che nascerà sarà figlio di un atto d'amore puro e disinteressato perché i CAV garantiscono l'anonimato sia della madre che dell'adottante. IL BENEFATTORE NON INCONTRERÀ MAI LA MADRE CON IL SUO BAMBINO? Qui sta il bello. Siccome il Progetto Gemma non è il classico fund-raising, come per esempio la Caritas: assicura una gratificazione per tutti. Durante il periodo di adozione, quindi, si riceveranno alcune notizie, le più importanti: la data di nascita, il nome del bimbo salvato ed eventualmente la sua fotografia. Cose che sciolgono il cuore, provare per credere. Terminati i 18 mesi, poi, se la madre acconsente e l'adottante lo desidera, questi potranno conoscersi e continuare il rapporto indipendentemente dalla mediazione del CAV. Nascono così delle amicizie fortissime, eterne. Non è raro che l'adottante diventi, quasi in automatico, padrino o madrina di battesimo del bimbo che ha aiutato a far nascere. COSA SI ASPETTA DALLA MARCIA PER LA VITA DEL 13 MAGGIO? Era da tempo che aspettavo questo momento. Una manifestazione pubblica, festosa, di popolo in difesa della vita, nella città che è il centro della cristianità, con adesioni convinte di cardinali - e che cardinali!.. Angelo Bagnasco, Tarcisio Bertone, Marc Ouellet, Camillo Ruini, Carlo Caffarra, Stanislaw Rylko, Angelo Comastri, Raymond L. Burke -, di tanti vescovi. E poi gli insostituibili Francescani dell'Immacolata, l'Opus Dei, lettere commuoventi anche da Chiese lontane, penso a quella dell'arcivescovo di Astana, nel Kazakistan, mons. Tomasz Peta. Tutto questo è un fatto nuovo e clamoroso. Spero solo che i mezzi di comunicazione si dimostrino liberi, laici per davvero. Probabilmente questa marcia segnerà una svolta nell'approccio che gli italiani hanno con quel «delitto abominevole», come lo definisce il magistero del Concilio Ecumenico Vaticano II nella costituzione apostolica Gaudium et spes, che è l'aborto. Lo spero con tutto il cuore.
Nota di BastaBugie: per informazioni e per vedere i video della Marcia per la Vita del 13 maggio 2012 a Roma, clicca qui!
Fonte: La Bussola Quotidiana, 26/04/2012
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PADRE BROWN FU INTERPRETATO DAL MIGLIOR RENATO RASCEL, QUELLO CHE GIORNALI E TV SI SONO DIMENTICATI DI CELEBRARE IN QUESTI GIORNI
''I racconti di padre Brown'' è uno sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI nel 1970 tratto dagli omonimi racconti dello scrittore cattolico inglese Chesterton
Autore: Marzia Platania - Fonte: CulturaCattolica
Parlando dell'investigatore giungiamo a parlare del personaggio più famoso di Chesterton, Padre Brown. Questi è un prete cattolico inglese, basso di statura con "un volto inespressivo come gli gnocchi di Norfolk, gli occhi incolori come il mare del Nord". (GKC, I racconti di Padre Brown, pag. 13). Questo suo aspetto dimesso, la sua supposta ingenuità di religioso, lontano dalla realtà del mondo, sono una maschera scelta da Chesterton per meglio far risaltare l'acume e la saggezza del suo eroe. Come ogni investigatore che si rispetti, egli tira fuori dal suo cappello a larghe tese da ecclesiastico inglese la soluzione del caso, tanto più stupefacente perché viene proprio da quel rozzo e dimesso pretucolo dall'aria stolida, da quel credulo e sciocco esponente di una religione oscurantista e sorpassata, nelle opinioni di coloro che lo circondano. Appassionato di paradossi, Chesterton si è divertito a nascondere il genio dietro un aspetto fisico del tutto antitetico. Padre Brown è dunque un prete-investigatore. Non bisogna dimenticare che proprio in quegli anni esplodeva la fama dello Sherlock Holmes di A.C. Doyle, e sulla sua onda i giornali e le riviste, ma anche le librerie si riempivano di racconti di genere giallo, il cui protagonista era quasi sempre un investigatore privato o comunque dilettante. Padre Brown si situa in questo filone, ma anche se ne distacca nettamente: in un certo senso esso ne è una critica dall'interno; non certo del genere, che Chesterton amava, ma della filosofia che si leggeva tra le righe, specie nel caso, appunto, di Sherlock Holmes. I racconti di Padre Brown sono dei piccoli incantevoli puzzle, ma in essi si nasconde sempre una morale, spesso graffiante: e benché l'intreccio sia spesso di artistica perfezione, esso non è mai fine a sé stesso: non c'è racconto in cui, seppure in uno scambio di battute tra personaggi, Chesterton non infili qualche battuta polemica o qualche difesa delle sue teorie. Abbiamo tirato in ballo Sherlock Holmes e non per nulla. Padre Brown ne è quasi l'esatto contrario. A cominciare da un particolare marginale quale potrebbe essere il rapporto con la giustizia e la legge: Sherlock Holmes ha con le forze dell'ordine un atteggiamento di superiorità; ma è una superiorità solo di intelligenza e di metodo: fra di loro è in corso una sorta di sfida, che la polizia regolarmente perde, ma che è una sfida tra eguali. Padre Brown ha per la legge degli uomini il massimo rispetto; ma non è della legge degli uomini che egli si preoccupa. Il suo scopo non è, come quello di Holmes, consegnare il colpevole alla giustizia terrena, ma rimetterlo in grado di affrontare la giustizia divina: egli non cattura criminali, ma anime. E' sempre il colpevole a consegnarsi alla polizia, come esteriore segno del pentimento e della conversione, quando è il caso. Il criminale irriducibile sceglie spesso il suicidio, successo tutto sommato per il mondo, poiché un criminale è stato identificato ed eliminato, ma sostanziale e amara sconfitta per Padre Brown, dispensatore di un perdono che il colpevole, suicidandosi, rifiuta drammaticamente. Il costituirsi è così il primo passo della conversione: ma c'è chi compie il cammino tutto di un tratto: e Padre Brown non ritiene certo necessario soddisfare alle esigenze della giustizia umana, quando si è ormai giustificati davanti a quella divina. La giustizia fatta di leggi e condanne non è veramente importante: davanti ad un colpevole smascherato egli afferma: "Il più abominevole delitto che il diavolo abbia mai suggerito può essere alleviato dalla Confessione; ed io imploro questa Confessione". (Ibidem, pag. 185). Ma, quando il colpevole tenta invece la fuga, e l'amico Flambeau chiede se debba fermarlo, egli risponde: "No, lasciatelo passare" disse Padre Brown con un profondo sospiro che pareva risalisse dalle profondità dell'Universo "Lasciate passare Caino, ché egli appartiene a Dio". (Ibidem, pag. 186). [...] Come l'innocente, Padre Brown posa sul mondo uno sguardo spalancato a cogliere tutta la realtà così come essa si presenta. L'umanità ordinaria che lo circonda ha in gran parte perso questa capacità di realismo: "La gente accoglie prontamente le notizie campate in aria, diffuse da questo o da quello. Ciò travolge tutto il nostro vecchio razionalismo e scetticismo, avanza come il mare e il suo nome è: superstizione. [...] E' il primo effetto di non credere in Dio questo perdere il senso comune e non poter vedere le cose come sono. [...] E un cane è un presagio, un gatto è un mistero e un maiale è una mascotte, e uno scarafaggio è uno scarabeo, chiamando a raccolta tutta la fauna del politeismo d'Egitto e della vecchia India; il cane Anubis, e il gran Pasht dagli occhi verdi e tutti i sacri tori urlanti di Bashan, rotolando indietro, fino agli dei bestiali dei primordi, incarnati in elefanti, serpenti e coccodrilli; e tutto perché si ha paura di poche parole: "Egli si è fatto Uomo"". (GKC, I racconti di Padre Brown, pag. 476). E' l'impatto con la realtà così come essa è che persuade dell'esistenza di Dio, è il realismo la via maestra della conversione al cristianesimo: così come è accaduto a Chesterton stesso, il quale vedeva come sotto i suoi occhi la dottrina cattolica spiegasse tutta la realtà senza doverne lasciare fuori nulla, e anzi spiegando anche quelle bizzarrie che attiravano lo sguardo per la loro apparente contraddittorietà: qualsiasi bastone può per caso adattarsi ad un buco, esemplificava, ma una toppa è più complicata, e se una chiave vi entra perfettamente, vuol dire che è la chiave giusta. Come l'innocente, Padre Brown è moralmente ineccepibile, malgrado a volte le apparenze siano contro di lui: perché chi è onesto per consuetudine è sempre sull'orlo del baratro in cui Satana attende di precipitarlo: solo una salda filosofia e l'aiuto della Grazia sempre rinnovata di Dio rende saldo l'uomo sulla via del bene. Padre Brown polemizza spesso con chi rifiuta questo esame reciproco di teoria e prassi: "Temo di essere un uomo troppo pratico" disse il dottore in tono brusco "Non mi immischio molto di religione o di filosofia". "Eppure non sarete mai un uomo veramente pratico, finché non ve ne occuperete" (Ibidem, pag. 544), ribatte a chi cerca di scindere questi due aspetti inestricabilmente connessi. Ed ancora: "La gente vi dirà che le teorie non hanno importanza e che la logica e la filosofia non sono cose pratiche. Non crediate a costoro. La ragione viene da Dio e quando avviene qualcosa di irragionevole, questo qualcosa è importante." (Ibidem, pag. 724). Come e più del poeta, Padre Brown è uomo che usa la ragione nel suo più pieno significato. La ragione è dono di Dio, e quando l'uomo abdica al suo uso o alle sue regole il delitto è in agguato. Il non uso della ragione, o il suo cattivo uso, è un delitto contro Dio. Anche il cattivo uso è spesso un non-uso: significa non condurre il ragionamento fino alla sua naturale conclusione. Non è certo il caso di Padre Brown: "Padre Brown possedeva una di quelle teste che non possono evitare di porsi delle domande". (Ibidem, pag. 56). "In Padre Brown vi erano due uomini: vi era l'uomo d'azione, che era modesto come una margheritina e puntuale come un orologio, che girava intorno al suo piccolo quadrante di doveri e non aveva mai pensato di mutarli. V'era poi l'uomo meditativo, che era molto più semplice, ma assai più forte, che non si poteva facilmente arrestare, la cui mente era sempre, e solamente nel senso più intelligente della parola, una mente libera. Egli non poteva trattenersi, anche inconsciamente, dal porsi tutte le domande che vi erano da farsi, e di rispondere a tutte quelle che poteva". (Ibidem, pag. 368). "Padre Brown aveva un forte fiuto del male. [..] Il suo coraggio era molto; ma forse era ancora più forte in lui la curiosità. Tutta la vita era guidata da una fame intellettuale di verità, anche nelle piccolezze". (Ibidem, pag. 421). Fin dal primo episodio delle sue avventure, le prime parole che ascoltiamo dalla bocca di Padre Brown sono una difesa della ragione. Flambeau, il ladro internazionale, che grazie a lui poi si convertirà, e diventerà poliziotto, si è travestito da prete per derubare Padre Brown di una preziosa reliquia, e sotto questo travestimento, chiacchiera del più e del meno, credendo di trascinarsi dietro l'ingenuo prete in un luogo tranquillo per derubarlo. Scoprirà che il tutt'altro che ingenuo prete lo ha individuato subito, ha messo in salvo la reliquia, e ha disseminato il loro tragitto di indizi che hanno guidato la polizia sulle loro tracce: ma quando il poliziotto, dal cui punto di vista di inseguitore è narrata la storia, si avvicina per la prima volta ai due preti queste sono le parole che ascolta, le prime parole che ascoltiamo da Padre Brown: "No"- oppose l'altro prete -"la ragione è sempre ragionevole, anche nell'ultimo limbo, anche al limite ultimo delle cose. So bene che si accusa la Chiesa di abbassare la ragione, ma è il contrario, invece. Sola, sulla terra, la Chiesa fa la ragione veramente suprema. Sola, la Chiesa afferma che Dio stesso è legato alla ragione". L'altro prete alzò il volto austero al cielo stellato e disse: "Però chi sa se in quell'infinito universo..." "Soltanto fisicamente infinito"- l'interruppe il piccolo prete – "Non infinito nel senso che sfugge alle leggi della Verità". (GKC, I racconti di Padre Brown, pp. 25 e 26). Mentre viene arrestato Flambeau allibito chiede come possa Padre Brown averlo immediatamente riconosciuto sotto il suo travestimento ed egli risponde, lapidario: "Voi attaccaste la Ragione. Questa è cattiva teologia". (Ibidem, pag. 30). Farsi tutte le domande e rispondere a tutte quelle che può, questo è ciò che contraddistingue l'uomo. Le teorie si giocano nei fatti, sono sempre sollecitate a rendere conto di ciò che accade. Se dieci false filosofie possono spiegare il mondo, come dice Padre Brown in un'altra avventura, ma si vuole quella vera, l'unico criterio di cui si dispone è l'esperienza stessa. Ecco perchè un prete-investigatore: la scienza investigativa di Sherlock Holmes vinceva le sue piccole battaglie, costringeva i riluttanti indizi a svelare il nome del colpevole; la fede di Padre Brown compie con sconcertante facilità le stesse imprese e ne compie anche di più grandi: non cattura il colpevole, lo converte; non mette nel sacco la polizia con la sua superiore abilità, ma persino i famosi investigatori. Il metodo ristretto di Sherlock Holmes funziona solo nell'ambito dell'indagine: non ha nulla da dire al resto della vita, abbandonato all'insignificanza e alla noia, di cui la droga è la spia e l'inefficace rimedio. La fede di Padre Brown è innanzitutto la sua pace, e poi la soluzione del caso e infine il rimedio al male, il perdono. E' un criterio che può guidare tutta la vita e che giocato nello stretto ambito di una indagine poliziesca, dà i migliori risultati, semplicemente perché giocato in qualsiasi altro ambito darebbe comunque i migliori risultati, poiché essendo vero, rende conto di tutto. Rende conto anche del male, lo scoglio su cui la ragione spesso inciampa. Perché se è vero che "Tutte le cose vengono da Dio; e sopra tutte la ragione e l'immaginazione. E i grandi doni dello Spirito sono buoni in sé stessi." (Ibidem, pag. 542), è anche vero che "Non è difendere un uomo, dire che è un genio". (Ibidem, pag. 545). Quando è usata con proprietà, cioè semplicemente quando è usata fino in fondo, la ragione è buona.
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LE CONTRADDIZIONI DI CHI CONDANNA I TIFOSI DEL GENOA CHE HANNO OBBLIGATO I CALCIATORI A RESTITUIRE LA MAGLIA DISONORATA
Senza giustificare la brutalità dei violenti, occorre però recuperare un po' di equilibrio e spegnere questo ennesimo incendio di demagogia mediatica
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/04/2012
Ha suscitato polemiche feroci il gesto clamoroso degli ultras del Genoa, che domenica scorsa hanno letteralmente obbligato i giocatori rossoblu (in caduta libera verso la Serie B) a togliersi le maglie e a consegnarle alla Curva, in "segno di rispetto". I giornali sono gonfi di commenti indignati, che lamentano l'acquiescenza della società del Genoa e dei suoi calciatori, e considerano inaccettabile che le forze dell'ordine abbiano assistito senza reagire a questo plateale atto di prepotenza, che ha fra l'altro comportato la sospensione della partita. Non si può che essere d'accordo nel condannare la violenza, e a suo modo quella consumatasi allo stadio di Marassi è stata, appunto, una prova di forza, una condotta estorta con la minaccia: non è infatti chiaro che cosa sarebbe successo se i giocatori del Grifone avessero deciso di tenersele, quelle benedette maglie. Ma proprio per questo, e senza nessun tipo di sconto o di giustificazione per il fanatismo e la brutalità dei violenti, forse occorre recuperare un po' di equilibrio, e spegnere questo ennesimo incendio di demagogia mediatica. In primo luogo, si tratta di mettersi d'accordo una buona volta: che cosa vogliamo, intendo dire noi italiani e soprattutto noi opinionisti, dalle forze dell'ordine? Vogliamo il rispetto della legalità e della legge, a qualunque costo? Benissimo. Ma questa richiesta implica il dispiegamento di un numero di poliziotti sufficiente per caricare con successo i facinorosi, tifosi o no tav che siano. E implica, lo si deve sapere a priori, l'uso della forza. E la forza si esercita con i manganelli, con gli strattonamenti, con le botte, quando di fronte hai un gruppo o addirittura una folla di facinorosi. E, lo si deve sapere prima, lo spettacolo che ne viene fuori non è bello, non è neutro: le telecamere inquadrerebbero poliziotti in assetto antisommossa che le suonano di santa ragione a dei cittadini, portati via magari sanguinanti e recriminanti per le botte ricevute. E bisogna anche sapere prima che quando inizi una colluttazione con un uomo, sai dove cominci e non sai dove finisci; e che stabilire se hai picchiato troppo o troppo poco è un giochino da spettatori in poltrona, e isolare un fotogramma mostrando la "brutalità" del poliziotto diventa un giochetto radical chic che dipende esclusivamente dal "colore" della casacca del manifestante. In questi giorni nelle sale italiane sta girando un film che denuncia i fatti accaduti nella scuola di Bolzaneto durante il G8, quando sarebbero stati compiuti atti di violenza gratuita contro i dimostranti. Non entriamo qui nel merito di questa storia controversa, ma ne approfittiamo per osservare che gran parte dei mass media, e fra questi ad esempio il settimanale Famiglia cristiana, ha elevato un monumento al film e al regista del film, schierandosi senza se e senza ma con i manifestanti. Allora tocca decidersi: vogliamo una polizia legittimata dalla legge e dall'opinione pubblica, passando per i mass media, a mettere le cose a posto anche usando la forza? Oppure vogliamo una polizia che accolga i violenti cantando garbatamente "prego grazie scusi, tornerò", come un indimenticabile Adriano Celentano annata 1963? Seconda osservazione: in casi come quello accaduto allo stadio di Genova, gli editoriali dei nostri quotidiani sembrano evocare il ritorno del boia e i Piombi di Venezia per i galeotti. Si vagheggia di giudici direttamente in servizio negli scantinati degli stadi, che per direttissima dovrebbero sbattere in galera i colpevoli, senza passare dal ricorso in appello e magari eliminando pure quella cosa fastidiosa che si chiama diritto alla difesa. Però poi quegli stessi opinionisti non disdegnano di marciare insieme ai Radicali che hanno organizzato per il 25 aprile una manifestazione contro le carceri e il degrado (obiettivo, per altro) delle medesime. Questa schizofrenia è insopportabile, indigeribile, sostanzialmente cretina. Terza e ultima considerazione. In questi anni abbiamo visto e sentito negli stadi cose terribili: accoltellamenti, botte fra tifosi, poliziotti uccisi, bestemmie (tollerate dagli opinionisti), cori volgarissimi resi non meno volgari dall'abitudine ma super tollerati, cori razzisti giudicati sempre intollerabili dai mass media, cori "devi morire" indirizzati all'avversario a terra per aver subito un fallo, intervallati da scene di commozione "televisiva" e minuti di silenzio quando qualche giocatore muore davvero, come capitato a Morosini. Beh, in tutte queste scene da girone dantesco, l'idea di esigere dai propri giocatori la consegna delle maglie, con la motivazione che "le stavano disonorando", è la cosa meno schifosa e meno disumana che abbiamo visto in quel microcosmo particolarissimo che è uno stadio di calcio. Nessuno vuole giustificare gli ultras del Genoa, e speriamo che chi ha sbagliato paghi. Ma, in un mondo che ormai persegue il "male minore" come stella polare della morale (tempi assai tristi, dunque), almeno questi ragazzotti innamorati della loro squadra si sono inventati una punizione di stampo cavalleresco. Hanno chiesto indietro le insegne, per le quali ogni giorno palpitano e soffrono come se quella fosse la loro bandiera, la loro religione. Per loro, dunque, niente manganello e olio di ricino, ma un po' di pietoso dialogo ecumenico. O no?
Fonte: La Bussola Quotidiana, 25/04/2012
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OMELIA V DOMENICA DI PASQUA - ANNO B - (Gv 15,1-8)
Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 maggio 2012)
Domenica scorsa, Gesù si è paragonato al Buon Pastore che dà la vita per le sue pecorelle, che le ama e che da esse è amato; oggi Egli usa un'altra immagine molto bella: quella della vite, alla quale sono uniti i tralci. Egli è la vite, noi siamo i tralci. L'immagine è molto semplice e piena di profondi significati. Vediamo ora di trarre da questa stupenda pagina del Vangelo degli insegnamenti per la nostra vita spirituale. Prima di tutto impariamo l'importanza di vivere sempre uniti a Gesù. Siamo uniti a Gesù quando viviamo in Grazia di Dio, quando in noi non regna il peccato mortale. Sappiamo dal Catechismo che con il peccato mortale noi perdiamo la Grazia che è il bene più prezioso, più prezioso della nostra stessa vita. Per questo motivo, i Santi avrebbero desiderato mille volte morire piuttosto che perdere l'amicizia con Dio. Anche se ci capitasse questa sventura, con animo pentito, ricorriamo al sacramento della Confessione, il quale, cancellando i nostri peccati, ci ridona il bene inestimabile della Grazia divina. Staccandoci da Gesù con il peccato, noi saremo come un tralcio strappato dalla vite e destinato a seccarsi. Siamo uniti a Gesù, in maniera particolare, quando viviamo in profonda amicizia con Lui, coltivando bene la nostra vita di preghiera. La preghiera non dovrebbe lasciarci mai, fino a diventare il respiro della nostra anima. Nel corso della nostra giornata, tra le varie preghiere, non dovrebbe mai mancare un intimo colloquio con il Signore, da prolungare il più possibile, magari anche durante le nostre occupazioni. Il momento d'oro di questo colloquio sarà quello della Comunione eucaristica, quando Gesù è nel nostro cuore. Gesù è la sorgente della vita, e quanto più saremo uniti a Lui, tanto più si riverserà su di noi la Vita divina di Colui che ci ha redenti. Dobbiamo essere dei "tralci viventi" di questa vite: in tal modo porteremo molto frutto. Gesù lo dice chiaramente: «Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5). Questa precisa e secca dichiarazione: «senza di me non potete far nulla» non ha bisogno di molti commenti. È di una tale importanza e di una tale gravità da non lasciare alcun dubbio sull'assoluta necessità per l'uomo di rimanere in grazia di Dio. Come ad un tralcio staccato dalla vite è impossibile far frutto, così, e molto di più, ad un'anima separata da Gesù a causa del peccato, non è possibile riuscire a far qualcosa di meritorio per la Vita eterna, qualcosa per cui il Padre Celeste si compiaccia. Da questa considerazione deve nascere in cuor nostro una profonda umiltà: da soli siamo proprio una nullità. Bisogna rimanere stabilmente in Lui, in uno stato permanente di grazia. Gesù ci dice: «Rimanete di me e io in voi» (Gv 15,4). Questo rimanere in Lui viene indicato come premessa e condizione di una vita fruttuosa, colma di una profonda gioia. Come il ramo pieno di frutti maturi si abbassa a terra fino quasi a spezzarsi per il gran peso, così il cristiano unito a Gesù dovrebbe giungere alla sua maturità cristiana così colmo di frutti spirituali e di buone opere, da consumarsi lentamente per amore. Certo non mancheranno i sacrifici, ma non mancherà neppure la gioia di aver raggiunto lo scopo per cui siamo stati creati. Affinché possiamo portare più frutto, il vignaiolo, ovvero il Padre Celeste, opererà nella nostra vita delle potature: «Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto» (Gv 15,2). Queste potature sono le inevitabili prove della vita, le sofferenze, gli insuccessi. Apparentemente queste prove ci privano di qualsiasi frutto; ma, a lungo andare, ci donano una messe abbondantissima. Chi ama il Signore non si meraviglia della sofferenza, ma la sa valorizzare in vista di un amore più puro e di un frutto più grande. Se l'anima si mantiene fedele anche in mezzo alla prova, verrà poi il tempo del raccolto, e sarà tempo di gioia e di consolazione. Se l'anima si mantiene generosa con Dio anche nel tempo della sofferenza, il Signore esaudirà poi ogni sua supplica, secondo la promessa fatta da Gesù nel Vangelo: «Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto» (Gv 15,7). Lo scopo per cui siamo stati creati è quello di portare frutti abbondanti e di amare, come ci dice san Giovanni nella seconda lettura di oggi, «con i fatti e nella verità» (1Gv 3,18). E questo lo realizzeremo solo se rimarremo uniti a Gesù, come il tralcio è unito alla vite. La Madonna, Madre nostra tenerissima, ci unisca sempre di più al Figlio suo diletto.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 maggio 2012)
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