BastaBugie n�157 del 10 settembre 2010

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1 TRE ESEMPI CONCRETI DELLA TECNOCRAZIA AL POTERE
California, Piemonte, Francia: ce ne parla il direttore del Cesnur
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Cesnur
2 NAPOLITANO AUTORITA' MORALE DELLA NAZIONE? NO, GRAZIE!
Ricordiamo il passato del Presidente della Repubblica per non farci confondere le idee
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
3 L'INQUIETANTE CASO DI GIANNA NANNINI CHE ASPETTA UN FIGLIO A 54 ANNI
Le domande che nessuno fa e le risposte che nessuno vuol sentire
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio
4 IL MINISTRO CARFAGNA PORTA AVANTI LE CAMPAGNE OMOSESSUALISTE CONTRO NATURA
Quando il Meeting di Rimini (organizzato da CL) invita personaggi non all'altezza
Fonte: Corrispondenza Romana
5 TUTTO QUELLO CHE PIERO ANGELA HA NASCOSTO A MILIONI DI TELESPETTATORI
Gli esempi illuminanti del picchio, del limulo e dell'uomo di Neanderthal (parola del più famoso fisico italiano)
Autore: Antonino Zichichi - Fonte: Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (ed. Il Saggiatore)
6 MINORI E GIOCO D’AZZARDO: PERSI IL VALORE DEL DENARO E IL SUO LEGAME CON IL LAVORO
Le famiglie, con prelievi di poche monete alla volta, perdono in media 600 euro l’anno
Autore: Luigi Ballerini - Fonte: Avvenire
7 VITA PASTORALE (SORELLA DI FAMIGLIA CRISTIANA) CONTRO MARCO D’AVIANO
Il frate beatificato nel 2003 da Giovanni Paolo II fu protagonista della vittoria nella battaglia di Vienna che bloccò l'avanzata dell'Islam in Europa
Fonte: Corrispondenza Romana
8 LA PEDOFILIA FA NOTIZIA SOLO QUANDO E' LEGATA AI SACERDOTI
La denuncia di don Fortunato Di Noto che da anni combatte questo crimine orrendo
Fonte: Zenit
9 OMELIA PER LA XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 15,1-32)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - TRE ESEMPI CONCRETI DELLA TECNOCRAZIA AL POTERE
California, Piemonte, Francia: ce ne parla il direttore del Cesnur
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Cesnur, 8 agosto 2010

L’anno scorso, nel 2009, Benedetto XVI ha donato alla Chiesa e agli uomini di retta ragione l’enciclica "Caritas in veritate", che ha al suo centro la denuncia della tecnocrazia, qualche cosa – secondo il Papa – che occupa il vuoto lasciato dalla crisi delle ideologie del secolo XX e che sta diventando a sua volta l’ideologia peggiore di tutte. La parola tecnocrazia evoca subito l’ingegneria genetica e gli scienziati pazzi di qualche film in bianco e nero di tanti anni fa. Certo, Benedetto XVI denuncia le “ingiustizie inaudite” di una bioetica impazzita. Ma non manca di citare anche la tecnocrazia imperante nei media, nella politica, nell’amministrazione dello Stato, dovunque poteri forti che non operano per il bene comune e che non sono stati eletti dai cittadini pretendono d’imporre il loro dominio ideologico.
È questa tecnocrazia che sta segnando l’estate del 2010, confermando quanto fosse profetica l’intuizione del Pontefice. Gli esempi sono quotidiani, ma basterà citarne tre.
ESEMPIO NUMERO UNO
In California nel 2008 un referendum ha inserito nella costituzione il divieto del matrimonio omosessuale. Il referendum è stato vinto dai sostenitori della famiglia tradizionale, dopo una lunga campagna in cui le organizzazioni cattoliche hanno giocato un ruolo fondamentale. Ora un giudice californiano – per pura coincidenza omosessuale anche lui – dichiara che il referendum è irrilevante, che milioni di dollari per la campagna elettorale referendaria sono stati spesi invano e che il matrimonio gay dev’essere imposto per sentenza agli elettori che non lo vogliono. Se i californiani si sono espressi diversamente nelle urne sono retrogradi e bigotti, e spetta ai giudici educarli.
ESEMPIO NUMERO DUE
In Piemonte la legge elettorale regionale stabilisce che le liste che abbiano nelle loro fila almeno un consigliere elettorale uscente non debbano raccogliere firme per presentarsi alle elezioni. L’UDC, che nel 2005 faceva parte della coalizione di centro-destra, nel 2010 si è spaccato. La direzione del partito ha deciso di schierarsi con il centro-sinistra. Il capogruppo in regione, l’onorevole Scanderebech, è rimasto con il centro-destra e ha presentato una sua lista chiamata “Al centro con Scanderebech”. Contando su un consigliere regionale uscente, questa lista si è presentata alle elezioni senza raccogliere firme. I suoi voti hanno contribuito a far vincere il candidato di centro-destra Roberto Cota. Ora i giudici del TAR di Torino ammettono che la legge elettorale piemontese considera sufficiente a evitare la raccolta delle firme la presenza in lista di un consigliere regionale uscente, non importa se eletto cinque anni prima per la stessa lista o per un’altra. Ma affermano, con sfoggio di citazioni in inglese, che sopra alla lettera della legge c’è un dovere di “fairness” per cui, avendo lasciato l’UDC e cambiato partito, Scanderebech quelle firme avrebbe dovuto raccoglierle. Dunque i suoi voti non valgono e il TAR minaccia di togliere la vittoria al presidente leghista Cota per assegnarla alla sinistra o ripetere le elezioni. Scanderebech afferma giustamente che semmai non è stato lui ad avere tradito la “fairness” ma l’UDC, i cui candidati cinque anni fa erano stati eletti nel centro-destra. Ma il problema più grave è un altro. Né nella legge elettorale piemontese né nella Costituzione c’è traccia di un dovere di “fairness” dei politici, che cambiano partiti e alleanze con notevole anche se poco simpatica frequenza. I giudici s’inventano qualche cosa che nelle leggi italiane non esiste per ribaltare la vittoria elettorale di un governatore del Piemonte come Cota, da subito inviso ai poteri forti locali e nazionali.
ESEMPIO NUMERO TRE
In Francia il presidente Sarkozy – finalmente riprendendo a fare politica e smettendo di occuparsi solo della moglie – chiude metà dei campi Rom e dispone che sia tolta la cittadinanza a quegli immigrati che, avendola recentemente conseguita, commettono reati. La maggioranza dell’opinione pubblica applaude. Ma la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quella per intenderci che vuole vietare i crocefissi nelle aule scolastiche italiane, assicura che ora Sarkozy avrà a che fare con lei.
Questa Corte, contrariamente a quanto molti pensano, non è un organo dell’Unione Europea. Ne fanno parte anche Paesi extracomunitari come la Russia o la Turchia. Deriva da un’oscura convenzione internazionale del 1950. I suoi giudici non sono eletti da nessuno e non si capisce bene a chi rispondano. Dovunque, tutti i giorni, lo schema si ripete. Tecnocrati di origine non elettiva cercano di rovesciare risultati elettorali e decisioni di governanti liberamente scelti dai cittadini. In Italia il governo Berlusconi ha capito il gioco, e ha cercato di prendere qualche provvedimento per arginare le derive tecnocratiche dei giudici politicizzati. Proprio per questo, poteri forti e fortissimi si stanno muovendo per disarcionarlo.

Fonte: Cesnur, 8 agosto 2010

2 - NAPOLITANO AUTORITA' MORALE DELLA NAZIONE? NO, GRAZIE!
Ricordiamo il passato del Presidente della Repubblica per non farci confondere le idee
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 4 settembre 2010

Napolitano come autorità morale della nazione? Non mi piace l’idea che viene prospettata sempre più spesso da giornali e sondaggi e vagheggiata implicitamente pure dal cardinal Bagnasco, a proposito della vicenda di Melfi.
Napolitano è un funzionario dello Stato, il primo in quanto presidente della Repubblica. Mi auguro che faccia quel rispettabile mestiere in modo super partes, come un notaio, non come lo sta facendo adesso, vistosamente impegnato a tessere delle sue politiche (per esempio verso la Lega) con modi ovattati e furbi che ricordano la sua precedente vita nel Pci di Togliatti.
Riconosco che certe volte si è mostrato super partes e non mi pare che sia, dal punto di vista caratteriale, livoroso e ampolloso come il pessimo predecessore Scalfaro. A differenza di costui, Napolitano, essendo ateo, non si ritiene il padreterno. E’ già qualcosa.
Ma quanto a “padri della patria” e autorità morali, se permettete, guardo altrove. A Napolitano personalmente preferisco il suo opposto speculare: mio padre, Silvano, che ha passato tutta la vita a “combattere i Napolitano”.
I due hanno fatto una vita antitetica. Sono nati entrambi nel 1925. Napolitano in una famiglia benestante che lo ha fatto studiare, mio padre in una famiglia di minatori, che a nove anni gli ha fatto lasciare le elementari e lo ha mandato a guadagnarsi il pane.
Nel 1938-39, a 14 anni, Napolitano fu iscritto al liceo classico Umberto I di Napoli e mio padre alle miniere di carbone di Castellina in Chianti.
Nel 1942 Napolitano entrava all’università, facoltà di Giurisprudenza, e mio padre, desideroso di studiare, usava il poco tempo fuori della miniera leggendo  i libri datigli dal parroco del paese.
In questi anni di guerra Napolitano si iscrive al Guf, il Gruppo universitario fascista, collaborando col settimanale “IX Maggio”. Mentre mio padre approfondisce la sua fede cattolica e comincia a detestare la barbarie della guerra, l’ingiustizia che vede attorno a sé e le dittature.
Nel 1945 Napolitano aderisce al Partito Comunista italiano e mio padre prende contatto con la Democrazia cristiana. Nel 1947 Napolitano si laurea e partecipa alle epiche elezioni del 1948, a Napoli, come dirigente del Pci di cui Togliatti è il “commissario” e Stalin il padrone indiscusso.
Mio padre vive quelle elezioni – decisive per il futuro e la libertà dell’Italia – facendo campagna elettorale per la Dc nella terra più rossa d’Italia, prendendosi insulti e minacce (che per fortuna rimangono tali dal momento che a vincere è la Dc).
Nel 1953 Napolitano viene eletto deputato del Pci e come tutti i dirigenti comunisti che non hanno mai lavorato un giorno in una fabbrica, in un campo o in una miniera pretende di rappresentare i lavoratori italiani e di parlare a nome loro.
Nello stesso anno mio padre, che lavoratore lo era, in un incidente di miniera subisce l’amputazione di una mano e rischia di morire dissanguato (salvato solo dal gelo della notte invernale che ghiacciò il sangue e lo fermò).
In quel 1953 morì Stalin. Il più sanguinario e longevo dei tiranni aveva soggiogato con i carri armati metà Europa e minacciava pure l’Italia, ma il Pci lo faceva venerare alle masse come il più grande benefattore dell’umanità.
Il giorno dopo la sua morte, infatti, il 6 marzo 1953, “l’Unità” uscì con questa monumentale prima pagina: “Stalin è morto. Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità”.
Seguivano pagine e pagine di encomi adoranti. Mio padre che già nel 1950 era riuscito a procurarsi una copia di “Buio a mezzogiorno” di Arthur Koestler, cercava di spiegare la verità su questo bestiale tiranno a tanti suoi compagni di lavoro, imbrogliati dalla propaganda del Pci, partito complice di Stalin e propalatore in Occidente dalle sue stomachevoli menzogne.
Fior di intellettuali e politici che in quei decenni avevano tutti i mezzi per riconoscere cos’era il comunismo e denunciarne gli abomini  (anche perché si recavano in Urss) si rifiutarono di farlo, continuando a prendersi gioco di milioni di lavoratori, a farsi beffe della loro povertà, dei loro sogni, nutrendoli di odio e di un’ideologia violenta che rubava loro perfino l’anima: la fede in Dio.
Nel 1956 i carri armati sovietici schiacciarono nel sangue il moto di libertà dell’Ungheria. Il Pci e l’Unità applaudirono i cingolati del tiranno e condannarono gli operai che chiedevano pane e libertà come “controrivoluzionari”, “teppisti” e “spregevoli provocatori”.
Napolitano – che era appena diventato membro del Comitato centrale del Pci per volere di Togliatti – mentre i cannoni sovietici sparavano fece questa solenne e memorabile dichiarazione: “L’intervento sovietico ha non solo contribuito a impedire che l’Ungheria cadesse nel caos e nella controrivoluzione, ma alla pace nel mondo”.
Passano gli anni e Napolitano diventa uno dei leader più importanti del Pci, mentre l’Urss delle mummie di Breznev continua a soffocare la libertà dovunque, dalla Polonia alla Cecoslovacchia, dal Sud est asiatico all’Africa, all’Afghanistan.
Mio padre, che alla mia nascita era disoccupato per la chiusura delle miniere ed era passato a fare un altro lavoro operaio, dedicherà molte energie alla militanza politica (nella Dc contro il Pci), alla militanza sindacale e alle opere di solidarietà cattoliche, ma anche alla letteratura e alla pittura.
Da lui, negli anni Settanta, a 14 anni, ho imparato i fondamentali della politica. E quello che fa un uomo degno di questo nome. Scoppia il caso Solzenicyn e leggo un suo pamphlet “Vivere senza menzogna” e poi “Arcipelago Gulag”. Mio padre me lo indica come un uomo vero.
Al liceo che frequento, pieno di figli di papà di estrema sinistra, lo chiamano invece “fascista”. Per il Pci è un reazionario.  Napolitano sull’Unità definisce “aberranti” i giudizi politici del dissidente russo e spiega che esiliarlo era la “soluzione migliore”.
Di errore in errore il Pci di Napolitano continua a professarsi comunista fino a farsi crollare il Muro di Berlino in testa nel 1989. In un Paese normale quando quell’orrore  è sprofondato nella vergogna e il Pci ha dovuto frettolosamente cambiar nome e casacca, tutta la vecchia classe dirigente che aveva condiviso con Togliatti e Longo la complicità con Stalin e l’Urss, avrebbe dovuto scegliere la via dei giardinetti e della pensione. Anche per l’età ormai avanzata.
In Italia accade il contrario. Avendo sbagliato tutto, per tutta la sua vita politica, Napolitano diventa Presidente della Camera nel 1992, ministro dell’Interno con Prodi, senatore a vita nel 2005 grazie a Ciampi e nel 2006 addirittura Presidente della Repubblica italiana.
Mio padre muore nel 2007, in una casa modesta, a causa della miniera che gli ha riempito i polmoni di polvere di carbone che, a distanza di decenni, lo porta a non poter più respirare.
Mio padre fa parte di quegli uomini a cui si deve la nostra libertà e il nostro benessere, ma la loro morte – come scriveva Eliot – non viene segnalata dai giornali.
Gli onori invece vanno a coloro che vengono da quel comunismo che per anni ha minacciato la nostra libertà. Sono questo tipo di uomini a essere considerati autorità morali e padri della nazione.
L’Italia ha avuto il più forte e pericoloso Pc d’Occidente, che è stato una delle grandi sciagure della nostra storia. Ma ancora oggi sembra non si possa dire.
Napolitano è il primo Capo dello Stato proveniente dal Pci. E l’Italia è l’unico Paese dell’Occidente ad aver fatto una scelta simile. Del resto assai contrastata. Infatti fu eletto da metà parlamento, che rappresentava una minoranza degli italiani.
All’inizio sembrò tenerlo presente e guadagnò consenso tenendosi super partes. Oggi assai meno. Il protagonismo politico di Napolitano si fa sempre più evidente. E arrivano anche sermoni moraleggianti e richiami da padre della Patria.
Vorrei dirgli: no grazie, ce li risparmi. Abbiamo altri padri.

Fonte: Libero, 4 settembre 2010

3 - L'INQUIETANTE CASO DI GIANNA NANNINI CHE ASPETTA UN FIGLIO A 54 ANNI
Le domande che nessuno fa e le risposte che nessuno vuol sentire
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio, 2 settembre 2010

Dopo la notizia che Gianna Nannini aspetta un figlio, a 54 anni, il Corriere ha aperto il dibattito invitando solo donne a commentare il fatto.
L’iniziativa dice, a mio avviso, di quanto la mentalità femminista sia penetrata ovunque, portando danni enormi all’idea della necessità dell’alleanza maschio-femmina. Eppure (ammesso che sia vero quello che si dice sulla vicenda), sarebbe stato interessante chiedere anche a degli uomini: voi vendereste il vostro seme per un bambino, che poi non vedrete forse mai, come è accaduto nel caso della Nannini? E’ giusto utilizzare il seme maschile come una merce qualsiasi? Oppure (ma la domanda potrebbe essere fatta, ovviamente, anche alle donne): le piacerebbe essere stato progettato, da sua madre, coscientemente, già orfano di padre? Così purtroppo non è: c’è tutta una cultura che ritiene che il padre, in fondo, importi poco; come ce n’è un’altra, quella che sponsorizza i matrimoni gay, che ritiene che né padre né madre, in fondo, servano più a nulla.
Per questa cultura il diritto è solo quello dell’adulto, del più forte, di chi può decidere: il bambino chiamato all’esistenza non viene neppure contemplato, e i suoi diritti non esistono affatto. Detto questo vorrei provare a dare una lettura cattolica della vicenda, visto che non è molto facile trovarne una. Si parte dal dato razionale, scientifico: a spese di chi sono stati prelevati gli ovuli per il figlio della Nannini? Mi spiego: quale donna ha venduto i suoi ovuli, pur correndo il rischio, causa l’iperstimolazione ovarica sempre necessaria in questi casi, di incorrere in tumori, sterilità e quant’altro? Quale sarà la salute fisica del bambino nato in un corpo non più naturalmente adatto a condurre una gravidanza? Ancora: quale sarà la condizione spirituale di un figlio che all’età di soli sedici anni si troverà, oltre che senza un padre, con una mamma-nonna, di settant’anni, certamente incapace di comprenderlo al meglio, e di seguirlo nella sua crescita? E come si sentirà, la mamma, quando il figlio, verosimilmente, si vergognerà di lei di fronte agli amici? Quando le chiederà conto dell’assenza di un padre? Quando magari, come non è raro accada, la accuserà per le sue sconfitte adolescenziali?
Non c’è alcun dubbio: secondo l’ottica cattolica, che a mio avviso coincide con quella naturale, razionale, quello di Gianna Nannini è stato un gesto non d’amore, ma di sommo egoismo. Un egoismo che la fecondazione artificiale sta trasformando in regola. Una dottoressa britannica del centro per la salute riproduttiva di Leeds, infatti, ha dimostrato in una sua ricerca che il fenomeno del social freezing, cioè del prelievo e del congelamento dei propri ovociti in età giovane, perché siano utilizzati più avanti, sta diventando parte della cultura inglese. “Nonostante fosse chiaro il costo economico e quello fisico…otto studentesse di medicina e quattro di sport su dieci si sono dette pronte a iniziare questo percorso per assicurarsi una gravidanza futura (cioè volutamente procrastinata, ndr) con ovociti giovani. Per non rinunciare alla carriera” (la Repubblica, 6/7/2010).
Sommo egoismo, dicevo. Questo è il giudizio cattolico, che gran parte dei cattolici non vogliono più dare, in nome di una vago sentimentalismo. Dimentichi che Cristo è venuto per indicarci cosa è bene e cosa è male; dimentichi del passo di san Paolo: "Giudicate ogni cosa, trattenete ciò che vale" (1 Tess 5,21).
Ma se il giudizio sul fatto è inequivocabile, oggettivo, quello sulla persona è altra cosa. Il cristiano lo sa bene: non rifugge dal prendere posizione, dall’opera faticosa del discernimento, anzitutto riguardo alle sue proprie scelte, ma non giudica mai l’intenzione, la colpevolezza soggettiva, di chi il peccato ha compiuto. Perché, secondo il catechismo di san Pio X, affinchè un peccato grave oggettivo sia tale anche soggettivamente, occorrono, oltre alla materia grave, anche la piena avvertenza ed il deliberato consenso. Sa la Nannini, ciò che sta facendo? Lo sa pienamente, e pienamente vi assentisce? Lo sa solo Dio. In questo senso va inteso il detto evangelico: «Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37).
Chi sono io per giudicare la colpevolezza insita nel gesto, oggettivamente egoista, della Nannini? Scriveva il compianto cardinal Giuseppe Siri, che aveva una concezione cattolica dell’esistenza che molti suoi confratelli, nel post concilio, non possedevano più, scambiando la carità con il cedimento all’errore: “Noi siamo sempre pronti a condannare. E invece di condannare faremmo meglio a dire che, nelle condizioni in cui si sono trovati tanti nostri fratelli, saremmo stati probabilmente molto peggio di loro. Questo, non per decurtare l’orrore del peccato: il peccato è peccato, è quello che è. Ma gli uomini si distinguono dal loro peccato; ne saranno macchiati, ma sono un’altra cosa. Il peccato loro può essere grande, ma la capacità loro di risorgere può essere ancora più grande. Ed è con questo sguardo che si debbono vedere gli altri”. Verità e Carità, ancora una volta, non vanno disgiunte: perché nel cristianesimo una non può stare senza l’altra.

Fonte: Il Foglio, 2 settembre 2010

4 - IL MINISTRO CARFAGNA PORTA AVANTI LE CAMPAGNE OMOSESSUALISTE CONTRO NATURA
Quando il Meeting di Rimini (organizzato da CL) invita personaggi non all'altezza
Fonte Corrispondenza Romana, 4/9/2010

Si è svolta a Rimini, dal 22 al 28 agosto, la XXXI edizione del “Meeting per l’amicizia fra i popoli”, organizzata da Comunione e Liberazione. Pur presentando anche quest’anno interessanti incontri di approfondimento culturale e lodevoli iniziative, soprattutto di carattere sociale, gli uni e le altre ispirati a sicuri principi cattolici, e confermandosi ancora una volta la capacità di CL nel saper coinvolgere così tanti giovani, si segnala negativamente in questa edizione dell’evento il coinvolgimento, non solo negli incontri (v. quello del 27 agosto, discutibilmente dedicato all’“Integrazione al femminile”, di cui non si coglie l’interesse e l’attinenza con l’ispirazione culturale e spirituale del Meeting), ma anche negli stand espositivi della tematica e del ministro per le Pari Opportunità.
Fra le varie “campagne” che, dal 2008, Mara Carfagna sta infatti conducendo e finanziando, in continuità peraltro pluriennale con l’indirizzo del “ministero” da lei diretto pro tempore, vi è, come già denunciato da questa Agenzia (...) quella denominata “Rifiuta l’omofobia”.
Nell’ampio e centrale stand del Dipartimento per le Pari Opportunità ospitato dal Meeting, così, si è dovuto ammirare un grande pannello nel quale, sotto lo slogan “Nella vita certe differenze non possono contare”, comparivano tre caselle con l’indicazione di “omosessuale”, “eterosessuale” e “non importa”, delle quali solo quest’ultima “crocettata”, indicando così che si trattava dell’unica opzione giusta.
In abbinamento a tale “pubblicità-progresso”, vi era un patinato pieghevole, distribuito nel suddetto stand, i cui contenuti esplicativi rispondono chiaramente al linguaggio ed agli obiettivi delle lobbies omosessualiste. È paradossale che, proprio in questa sua edizione, nel motto del Meeting (“Quella natura che ci spinge a desiderare cose grandi è il cuore”), vi fosse presente anche la parola “natura”, come sottolineato anche dal cardinale Tarcisio Bertone, nella lettera con la quale trasmetteva agli organizzatori la consueta benedizione di Benedetto XVI. «Quest’anno – scriveva infatti il Segretario di Stato Vaticano – il titolo della vostra importante manifestazione ci ricorda che al fondo della natura di ogni uomo si trova un’insopprimibile inquietudine che lo spinge alla ricerca di qualcosa che soddisfi questo suo anelito. Ogni uomo intuisce che proprio nella realizzazione dei desideri più profondi del suo cuore può trovare la possibilità di realizzarsi, di compiersi, di diventare veramente se stesso. L’uomo sa che non può rispondere da solo ai propri bisogni» (Lettera del Santo Padre Benedetto XVI agli organizzatori e a tutti i partecipanti al Meeting per l’Amicizia tra i Popoli, 21 agosto 2010).
(...) Questa ennesima iniziativa, finanziata con denaro pubblico, delle Pari Opportunità e del ministro Carfagna, (...) stride non solo con l’orientamento della stragrande maggioranza degli Italiani, ma anche con i principi-base del diritto naturale, e (...) contribuisce pertanto all’ulteriore distorsione del pensiero e della rappresentazione della realtà cui la nostra gente, da troppo tempo ormai, è sottoposta con tecniche incalzanti e onnipresenti. (...)

Fonte: Corrispondenza Romana, 4/9/2010

5 - TUTTO QUELLO CHE PIERO ANGELA HA NASCOSTO A MILIONI DI TELESPETTATORI
Gli esempi illuminanti del picchio, del limulo e dell'uomo di Neanderthal (parola del più famoso fisico italiano)
Autore: Antonino Zichichi - Fonte: Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (ed. Il Saggiatore)

L'evoluzionismo sostiene che nel DNA avvengono di continuo mutazioni accidentali.
Il genetista James Shapiro ricorda invece che le mutazioni del DNA, la "scrittura della vita" ... sono rarissime. (...) Di fatto, il DNA è la struttura più stabile dell'universo.
Nei secoli, le lapidi egizie di granito diventano illeggibili; il DNA, fatto di proteine, si riproduce sempre uguale, opponendosi in modo attivo al degrado di tutte le cose. (...)
Le sole mutazioni frequenti sono provocate dall'uomo su animali di laboratorio, con radiazioni nucleari o con agenti chimici, che sconvolgono brutalmente la struttura del DNA.
E’ il caso del moscerino della frutta (Drosophila Melanogaster), l'insetto preferito dai genetisti perché produce una generazione nuova ogni mese. Studiato da 80 anni in tutti i laboratori del pianeta, il moscerino è stato costretto a subire milioni di mutazioni.
Tutte, nessuna esclusa, diminuiscono la sua attitudine alla vita (mancanza di occhi, di ali, di zampe); gli animaletti mutanti possono vivere solo in laboratorio, grazie alle cure degli sperimentatori; in natura sarebbero morti prima di trasmettere il loro patrimonio genetico ai discendenti.
Meno che mai la drosofila ha dato luogo ad altra specie.
Tutto ciò induce una nuova generazione di scienziati a sostenere, ormai apertamente, che gli esseri viventi sono il frutto di una "progettazione intelligente" (intelligent design). "è una teoria pienamente scientifica che formuliamo come tale", ha scritto William Dembski, logico-matematico della Notre Dame University.
Perché? Perché troppi apparati delle creature viventi presentano una complessità irriducibile, risponde Michael Behe, biochimico della Leighton University.
Come esempio di "complessità irriducibile", Behe porta il caso della trappola per topi. Costituita di cinque pezzi - una molla, la fagliela, il gancetto che tiene la tagliola in posizione, l'esca, la tavoletta su cui il tutto è inchiodato - è una macchina molto semplice.
Ma la sua semplicità "non può essere ridotta". Se manca un solo pezzo, non è che la trappola funzioni meno bene; non funziona affatto.
Dunque, non può essersi formata a poco a poco, con aggiunte e miglioramenti; la trappola è stata progettata fin dall'inizio così.
Molti apparati di esseri viventi sono ugualmente "irriducibili". Non funzionano se mancano anche solo di un componente.
La lingua del picchio è una "complessità irriducibile".
Il noto uccellino ha una lingua lunga 15 centimetri, quanto il suo corpo. Dove la tiene? La tiene arrotolata attorno al cranio, come una fionda. La cosa stupefacente è che la lingua parte dal becco all'indietro, gira attorno al cranio e ritorna al becco dalla parte opposta.
Ora, non è possibile che una lingua così straordinaria si sia "evoluta" per gradi.
Il solo fatto che sia rivolta all'indietro avrebbe reso impossibile la nutrizione a generazioni di progenitori del picchio, finché l'apparato non avesse raggiunto la necessaria lunghezza.
Altro caso: il limulo, una specie di granchio corazzato che vive sulle coste dell'Atlantico. Essere "primitivo", cugino degli antichissimi trilobiliti (estinti da milioni di anni), è considerato un fossile vivente, presente in strati fossili da 300 milioni di anni (e sempre uguale).
Di recente s'è scoperto che gli occhi del limulo, di notte, aumentano il loro potere visivo di un milione di volte.
Non sono affatto occhi "primitivi". Al contrario: sono più sofisticati degli apparecchi elettronici a visione notturna usati per scopi militari.
Ciò che vediamo in natura è uno scoppio di fantasia progettistica. Anche l'evoluzione dell'Uomo è in discussione. L'albero genealogico fornitoci dagli evoluzionisti viene sconvolto da sempre nuove scoperte. (...)
L'uomo di Neanderthal, estintosi "solo" 25 mila anni fa (già esisteva l'uomo moderno), non solo ha perso il posto di nostro "antenato", ma anche quello di parente collaterale. Due studi recenti hanno ricavato il DNA del Neanderthal: è cosi diverso dal nostro, che le due specie non potevano unirsi ed avere prole (...).
Nel novembre 1999, l'autorevole rivista National Geographic ha pubblicato in pompa magna la foto di una lastra minerale dove si vedeva un dinosauro con ali e piume: "è la prova che gli uccelli si sono evoluti da questi antichi rettili", ha esultato il biologo Barry A. Palevitz nell'articolo che accompagnava la scoperta.
Subito dopo, s'è appurato che "il fossile" era un falso, composto da due fossili diversi (un uccello e un sauro) incollati assieme, opera dei contadini cinesi della zona di Liaoning, che sfruttano e vendono (sul mercato nero) i fossili di un giacimento locale. Uno "scandalo" molto chiacchierato in Usa. Piero Angela non ce lo ha raccontato.
Diciamo subito che la Teoria dell'Evoluzione Biologica della specie umana non è Scienza galileiana. Essa pretende di andare molto al di là dei fatti accertati (...).
Una teoria con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. (...)
Se l'uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana.
A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore.
Insomma, mettere in discussione l'esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l'oscurantismo moderno, si".

Fonte: Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (ed. Il Saggiatore)

6 - MINORI E GIOCO D’AZZARDO: PERSI IL VALORE DEL DENARO E IL SUO LEGAME CON IL LAVORO
Le famiglie, con prelievi di poche monete alla volta, perdono in media 600 euro l’anno
Autore: Luigi Ballerini - Fonte: Avvenire, 8 agosto 2010

Poco alla volta ci si abitua, entra a far parte di una nuova normalità.
Così circa 600 euro all’anno vengono grattati via dai ragazzi alle famiglie senza quasi rendersene conto, in una microemorragia di poche monetine per volta. Ce lo conferma l’indagine svolta anche quest’anno dall’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ifc-Cnr) di Pisa. E adesso che è finita la scuola è possibile che questo fenomeno si amplifichi ulteriormente, complice quella certa rilassatezza e maggiore disponibilità di tempo che può indurre e favorire l’accesso ai punti vendita o al gioco online. Anche per noia, perché in molti casi è proprio questo affetto a nascondersi dietro la propensione al gioco che lentamente scivola nel vizio, conducendo a pieno titolo nell’universo della compulsione, del «vorrei smettere ma non riesco».
Spesso ricorre al gioco d’azzardo il giovane alla ricerca di un piccolo brivido, di una poussée adrenalinica che sovverta il grigiore di una giornata vuota di senso, sebbene magari fitta di impegni. La minima posta in gioco, inoltre, di solito limitata a pochi euro per volta, altera la percezione del denaro che viene perso.
Esiste però anche un altro fattore, più propriamente culturale, che si nasconde dietro l’abitudine del gioco ripetuto: l’idea che i soldi si vincano, arrivino per un colpo di fortuna capace di sbaragliare la vita ed eliminare per sempre la necessità di lavorare. Idea evidentemente alternativa a una corretta percezione della realtà, ossia che i soldi invece si guadagnano. Eppure i ragazzi non fanno tutto da soli, certe idee si instillano piano piano, si insinuano nell’animo attingendo dalle parole e dai pensieri che circolano in famiglia e nella società. Quanti adulti affascinati dall’idea del jackpot riempiono le ricevitorie inseguendo vincite improponibili? Quanti sono attratti dal miraggio del win-for-life,
promessa di un buon salario garantito senza impegno? Capita che quando chiedo a un bambino cosa vuol fare da grande, a volte mi risponda «il pensionato!»: non è difficile immaginarci dietro un adulto che a cena riesce a raccontare solo la fatica del suo lavoro, vissuto come un peso inevitabile, una pena da scontare, anziché il punto privilegiato del suo personale intervento sul reale.
Non va nemmeno trascurata poi quella sorta di legittimazione sociale che tali comportamenti stanno ricevendo negli ultimi anni: sponsor di grandi squadre di calcio sono proprio le società di gaming online e i loro loghi risaltano sulle magliette dei beniamini dei ragazzi. Allo stesso modo gli spot pubblicitari che invitano al gioco – certo, di Stato e sempre responsabile! – interrompono in continuazione gli eventi sportivi più rilevanti e le fiction più popolari inducendo l’idea che provarci sia giusto, anzi sia cool , da furbi. Da questo arriva anche nei ragazzi la mancata percezione dei giochi in cui si puntano soldi come veri e propri giochi d’azzardo, ritenuti legittimi passatempo e innocenti divertimenti. E invece si svuotano le tasche e con loro, a volte, la vita tutta.

Fonte: Avvenire, 8 agosto 2010

7 - VITA PASTORALE (SORELLA DI FAMIGLIA CRISTIANA) CONTRO MARCO D’AVIANO
Il frate beatificato nel 2003 da Giovanni Paolo II fu protagonista della vittoria nella battaglia di Vienna che bloccò l'avanzata dell'Islam in Europa
Fonte Corrispondenza Romana, 28/8/2010

Nel numero di agosto-settembre 2010 di “Vita pastorale”, arcinoto mensile per operatori pastorali, è comparso un editoriale che sotto il titolo generico di Il diavolo e l’acquasanta comprende due pezzi diversi, di cui uno concerne “I reduci di Lepanto” (p. 7).
L’autore, Attilio Monge, ha le idee confuse in fatto di crociate e arriva fino a sfigurare il santo cappuccino Marco d’Aviano, criticando implicitamente chi lo ha beatificato, Giovanni Paolo II. Secondo Monge «Un frate cappuccino, vissuto alla fine del 1600 e beatificato solo qualche anno fa, Marco d’Aviano, che Giovanni Paolo II definì “un profeta disarmato della misericordia divina” è stato adottato da un partito politico italiano perché, vissuto ai tempi dell’invasione dei Turchi in Europa, esercitò il suo ministero a Vienna, durante l’assedio che terminò con la vittoria delle truppe cristiane. Considerato un frate anti-Islam, egli ha trovato da noi un popolo di devoti».
La ricostruzione offerta è tutto meno che sincera: p. Marco non si trovava per caso a Vienna durante le battaglie di riconquista dell’Europa orientale, assediata dai Turchi mussulmani, ma vi era andato volontariamente per galvanizzare l’esercito crociato, formato con l’approvazione esplicita del pontefice, il beato Innocenzo XI. Gli scritti di Marco d’Aviano – coraggiosamente beatificato nel 2003, contro le proteste inette sia del mondo islamico che del mondo democratico – raccolti nella sua Positio, sono stati analizzati da vari studiosi, per esempio da Massimo Viglione. Leggendoli si può dire che tutta la vita del cappuccino fu uno slancio eroico di amore verso Dio e il prossimo, e il suo zelo per la conversione di mussulmani, ebrei e protestanti fu una costante del suo ministero. Giovanni Paolo II non lo ignorava di certo e quindi, beatificandolo, lo approvava nelle sue gesta più note.
Quanto ai fatti prodigiosi che ne caratterizzarono l’apostolato non solo non sono un «sovrappiù» come scritto da “Vita pastorale”, ma sono esplicitamente menzionati nella sintesi ufficiale della vita, edita dalla Libreria Editrice Vaticana (I beati di Giovanni Paolo II, LEV, vol. V, 2006, pp. 301-304). Si ricordano infatti le sue guarigioni miracolose, come quelle della monaca Vincenza Francescani «ammalata e costretta al letto da circa 13 anni», poi anche altri «eventi prodigiosi».
Proprio questi miracoli, oltre alla sua santità a tutta prova, lo misero in relazione coi grandi dell’epoca, tra cui il governatore del Tirolo, il re di Spagna, il re di Polonia e soprattutto l’imperatore Leopoldo I divenuto suo figlio spirituale.
Sentiamo piuttosto da questa biografia ufficiale edita dal Vaticano la confutazione delle assurdità di cui sopra: «Marco d’Aviano dovette recarsi alla corte imperiale, prevalentemente nei mesi estivi, ben quattordici volte, e partecipare attivamente alla crociata antiturca: ad essa fra Marco prese parte in qualità di legato pontificio e di missionario apostolico […]. Dal 1683 al 1689 partecipò personalmente alle campagne militari di difesa e di liberazione».
Tutti i cristiani debbono lottare per la libertas ecclesiae e poi credere nella Trinità, nell’Incarnazione e nell’intercessione dei Santi, come il Grande d’Aviano, è già opporsi al credo mussulmano di Maometto.

N.d.B.: Per una riflessione sul Beato Marco d'Aviano si consiglia la visione del finale originale del film "Il mercante di pietre" che si può trovare andando nel seguente video di YouTube: http://www.youtube.com/watch?v=jtljz5Ga5tA
Per una recensione sul film "Il mercante di pietre": http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=14

Fonte: Corrispondenza Romana, 28/8/2010

8 - LA PEDOFILIA FA NOTIZIA SOLO QUANDO E' LEGATA AI SACERDOTI
La denuncia di don Fortunato Di Noto che da anni combatte questo crimine orrendo
Fonte Zenit, 28 luglio 2010

La pedofilia è un crimine che fa notizia solo quando è legato agli abusi commessi dai sacerdoti. E' il commento amaro di don Fortunato Di Noto, pioniere nella lotta alla pedofilia e fondatore dell'associazione Meter (www.associazionemeter.org), che da oltre 20 anni si batte in prima linea contro questa piaga sociale.
 “La cosa più impressionante – afferma il sacerdote di Avola in una intervista ad h2onews.org, accennando agli scandali che hanno investito la Chiesa – è che si sia parlato di pedofilia del clero ma non si sia parlato ad esempio della pedofilia come fenomeno mondiale. E il fenomeno mondiale degli abusi sessuali è sotto gli occhi di tutti”.
Esistono, infatti, in tutto il mondo movimenti politici pedofili, e una lobby pedocriminale che attraverso lo sfruttamento sessuale ma anche la vendita di video, foto e gadget ha creato un giro di affari che va dai 2 ai 13 miliardi di euro l’anno, per un totale di 200.000 minori coinvolti.
Inoltre, secondo quanto più volte denunciato da don Di Noto, la Rete ha portato a una vera globalizzazione del fenomeno della pedofilia, che ha ridisegnato la mappa del turismo sessuale tradizionalmente legato ai paesi del Sudest asiatico.
Infatti dall'analisi delle 1.560 segnalazioni – in tutto 7.240 gli indirizzi (siti e riferimenti) - inoltrate nel 2009 dall'associazione Meter alla Polizia Postale e alle Polizie estere, gli USA risultavano in testa con il 23% del totale, tallonati dalla Russia a quota 22%, al terzo posto l’Europa con il 15%.
 “Quello che mi impressiona e quello che in fondo fa la differenza – ha commentato ancora don Di Noto – è che i quotidiani, probabilmente molto indirizzati dalle lobby della comunicazione, hanno voluto parlare di più di questo che non parlare della gravità della pedocriminalità, della gravità dello sfruttamento sessuale dei bambini, della gravità del turismo sessuale sui bambini, della gravità della vendita dei bambini e della gravità dello stupro sui bambini”.
 “Questa è la dimostrazione visibile e plateale di come certa stampa, mossa da certi tipi di lobby di pensiero, comunichi a volte notizie false, non verificabili, o anche strumentali”, ha poi concluso.

Fonte: Zenit, 28 luglio 2010

9 - OMELIA PER LA XXIV DOMENICA TEMPO ORDINARIO - ANNO C - (Lc 15,1-32)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 settembre 2010)

Il brano del Vangelo di questa domenica ci presenta diverse parabole chiamate le “parabole della misericordia”. Prima di tutto abbiamo ascoltato la parabola della pecorella smarrita e poi ricondotta all’ovile; subito dopo quella della moneta ritrovata; infine la stupenda parabola del figliol prodigo.
Il più grande insegnamento di queste parabole riguarda l’infinita Misericordia di Dio. Se grande è il nostro peccato, ancor più grande è la Bontà di Dio. Egli costantemente cerca le pecorelle smarrite, fà di tutto per portarle alla conversione, suscitando salutari rimorsi di coscienza e permettendo a volte anche delle sofferenze affinché il peccatore rientri in se stesso e rifletta sulla sua infelice condizione. Proprio come si legge nella parabola del figliol prodigo: il figlio ritornò in se stesso solo quando si vide ridotto alla fame.
L’inizio della conversione è questo rientrare in se stessi per riflettere. Giustamente sant’Alfonso diceva che meditazione e peccato non vanno mai insieme: se ci abituiamo a meditare ogni giorno, troveremo la determinazione di abbandonare il peccato. Un tempo si insisteva molto sulla meditazione dei cosiddetti “Novissimi”, ovvero sulle ultime realtà, sulla morte, il Giudizio, l’inferno e il Paradiso. Ritorniamo a queste meditazioni, ci doneranno molta luce. Per meditare basta poco. Bisogna, innanzitutto, mettersi alla presenza di Dio, ovvero essere raccolti, e leggere con calma un libro spirituale. Quando si trova un brano che ci colpisce particolarmente, ci si ferma a riflettere e ci si domanda: “Cosa vuole dirmi Gesù con questa frase?”. Si riflette e si conclude poi la meditazione con un proposito pratico di miglioramento. Come il figliol prodigo, anche noi sentiremo l’ispirazione a rialzarci, a tornare a Dio, a cambiare profondamente la nostra vita, e diremo: «Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: “Padre, ho peccato verso il cielo e verso di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”» (Lc 15,18-19).
Da tutte e tre queste parabole emerge, inoltre, la gioia che vi è in Cielo per ogni peccatore che si converte. Al termine del primo racconto Gesù dice: «Vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione» (Lc 15,7). Concludendo la seconda parabola Gesù afferma: «Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte» (Lc 15,10). Infine, la parabola del figliol prodigo si conclude con le parole del padre rivolte al figlio maggiore: «Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato» (Lc 15,32).
Vogliamo anche noi dare questa gioia a Gesù. Rallegreremo il suo Sacratissimo Cuore convertendoci personalmente, lottando con tenacia contro i nostri difetti. Gli daremo una grande gioia, inoltre, adoperandoci per la conversione di tanti nostri fratelli che vivono lontani da Dio. Ci adopereremo alla loro conversione con la nostra preghiera, innanzitutto, sull’esempio di Mosè (cf Es 32,11), il quale, subito dopo il peccato degli israeliti, che si erano costruiti un vitello di metallo fuso, supplicò il Signore e ottenne per loro la Misericordia divina.
Ci adopereremo per la conversione dei peccatori con l’offerta dei nostri sacrifici. Da soli non hanno valore, ma uniti al Sacrificio di Gesù diventeranno molto efficaci. La Madonna a Fatima insegnò ai tre Pastorelli ad offrire continuamente preghiere e sacrifici. In poche parole, questo è il grande insegnamento che ci viene dalle sei Apparizioni della Madonna a Fatima.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 settembre 2010)

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