DIECI CONSIGLI UTILI PER UNA VACANZA DA CRISTIANI
Il cattolico si distingue anche dal modo in cui si riposa e si diverte: anche sotto l'ombrellone o in cima a una montagna, la meta della vita non è un pacchetto turistico, ma il Paradiso
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone
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NIENTE SCUSE: IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA E' L'OVVIA CONSEGUENZA DELLA POLITICA DI MARIO MONTI
Con un governo di tecnici presuntuosi e incapaci, cos'altro potrebbero fare le agenzie di rating come Moody's se non toglierci la loro fiducia?
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi
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DROGA: L'IMMORALITA' DEGLI ANTIPROIBIZIONISTI
Uruguay, Bolivia, California e altri stati vogliono legalizzare marijuana e cocaina: ovviamente il risultato sarà l'avanzamento della cultura della morte
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana
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FUORI DAL BUIO: LA MIA VITA CON UN PADRE GAY
La raccapricciante biografia della canadese Dawn Stefanowicz fa capire l'assurdità del dare in adozione i bambini agli omosessuali
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
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FINALMENTE CORRETTA LA DIDASCALIA SU PIO XII DEL MUSEO DI YAD VASHEM
Il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto definiva ambiguo il comportamento del pontefice di fronte allo sterminio degli ebrei... ma era una balla clamorosa
Autore: Gianni Cardinale - Fonte: Avvenire
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IL SIGNOR MENDEZ, DIRETTORE DEL ''CIRCO DELLA FARFALLA'', SIMBOLEGGIA GESU' CHE NON E' VENUTO A CONDANNARCI, MA A FARCI RINASCERE DICENDOCI: ''SEI PREZIOSO AI MIEI OCCHI!''
Il protagonista Will invece è immagine di ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria disperazione e solitudine, ai propri sbagli e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo Straniero
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IN PROGESSIVO AUMENTO GLI UTERI IN AFFITTO ANCHE A CAUSA DELLE ADOZIONI DEI GAY
Cliniche senza scrupoli usano donne indiane disperate e disposte a tutto per la povertà e che si sottopongono a infiniti cicli ormonali che le distruggono psicologicamente e fisicamente
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Corrispondenza Romana
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LETTERE ALLA REDAZIONE: GUDBRANDO IL MONTANARO, LA VERA FIABA CONSIGLIATA DA COSTANZA MIRIANO
La moglie esemplare trova che tutto ciò che fa il marito è fatto nella maniera migliore ed è sempre contenta qualunque cosa egli faccia (ecco inoltre il video di una conferenza della Miriano)
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 6,30-34)
Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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DIECI CONSIGLI UTILI PER UNA VACANZA DA CRISTIANI
Il cattolico si distingue anche dal modo in cui si riposa e si diverte: anche sotto l'ombrellone o in cima a una montagna, la meta della vita non è un pacchetto turistico, ma il Paradiso
Autore: Mario Palmaro - Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2012
Arriva l'estate e l'uomo moderno si misura con un appuntamento obbligato quasi per tutti: le vacanze. Faccenda profana, ma che ha a che fare con i temi della fede e dell'apologetica. Perché il cattolico si riconosce anche dalle vacanze che fa. Ovviamente, c'è una grande libertà di scelta tra le molte opzioni che abbiamo a disposizione, in una forbice che va da Borghetto Santo Spirito alle Antille. Ma dentro questa libertà ci sono alcuni punti fermi che ci dovrebbero guidare anche durante le nostre ferie. Proviamo a stilare un piccolo vademecum per "la vacanza cattolica".
1. CONTINUA A ESSERE CRISTIANO ANCHE IN VACANZA Questo dovrebbe essere il punto di partenza di ogni cattolico che progetta il suo tempo di riposo e di divertimento. Andare tre settimane in Patagonia non è un delitto per un cristiano. Ma lo diventa se uno nemmeno si pone la domanda: e la Messa? In tempi di turismo globale, e di pacchetti turistici che ci portano agevolmente ovunque, bisogna stare attenti a non dimenticarsi l'essenziale: che non è il passaporto, ma Gesù Cristo. Che si incontra innanzitutto a Messa, almeno la domenica e nelle feste comandate.
2. RIPOSA MA NON OZIARE Vacanza è, semplicemente, cambiare attività. Questo è vero anche solo dal punto di vista umano. C'è qualcosa di patologico nell'idea di "bruciare" il tempo delle ferie nel nulla assoluto, in un'abulia senza costrutto che è, notoriamente, l'anticamera del vizio e del peccato. Per questo motivo anche una giornata di vacanza richiede una certa disciplina, cioè un programma di vita nel quale ci siano tanto riposo e divertimento, il fermo proposito di lasciare da parte il lavoro di ogni giorno, ma anche il tempo per gli altri, a cominciare dai nostri familiari.
3. STAI ALLEGRO, DIVERTITI MA NON PECCARE Era uno dei consigli fondamentali di don Bosco. La vacanza è un grande privilegio, che i nostri antenati non hanno praticamente conosciuto. Chi dice che è un diritto, esagera. E' piuttosto un grande dono, un talento, a patto di saperlo trafficare bene. E' innanzitutto un tempo di rigenerazione, e quindi di meritato riposo. E' legittimo anche divertirsi, purchè questo obiettivo non travolga il primo: infatti, quale riposo è possibile se cerchiamo solo la confusione, la folla assordante, il rumore; se, in altre parole, ricreiamo a centinaia di chilometri di distanza lo stesso scenario confuso e dissipato in cui siamo costretti a vivere ogni giorno? Ci sono ambienti e divertimenti che in sé non sono illeciti, ma che costituiscono l'humus ideale per il peccato. Sono le famose occasioni, e già ricercarle e non fuggirle diventa una colpa grave.
4. DATTI DELLE NORME DI VITA Sappiamo benissimo che in vacanza è molto più difficile rispettare un certo ordine nella giornata. Paradossalmente, il lavoro, la scuola e la famiglia impongono un ritmo, degli orari, e dentro questa cornice il cattolico può inserire le sue pratiche di pietà, la Messa, il rosario. Con le vacanze, questi schemi inevitabilmente saltano, e c'è il rischio – spesso la certezza – che vada a farsi benedire anche la vita di fede. Invece che avere più tempo per il Signore, ci dimentichiamo di lui. Anzi: potremmo addirittura aver vergogna di mostrare a parenti e amici che, anche a Cortina o a Ischia, vorremmo andare a Messa in settimana, o prenderci un quarto d'ora per l'orazione. Tenendo sotto controllo l'eccesso opposto – l'ostentazione – dobbiamo invece difendere questi spazi sacri, senza essere d'ostacolo ai legittimi progetti di svago della nostra compagnia.
5. FAI LA VACANZA PROPORZIONATA AL TUO TENORE DI VITA Non è una questione di dottrina ma di buon senso. Quanti soldi è giusto investire nelle nostre vacanze? Ovviamente non esiste una tabella o una soglia dell'esagerazione. C'è però un criterio sempre buono: evitare gli eccessi, mantenendo una proporzione fra il nostro tenore di vita ordinario e l'investimento per il viaggio di piacere o la settimana al mare o ai monti. Inseguire una vacanza al di sopra delle proprie normali possibilità può essere il sintomo di un'esistenza triste, nella quale si passa l'anno aspettando quei quindici giorni come se fossero l'unica ragione per cui vale la pena vivere. Gli eccessi sono sempre ingiustificati, per ragioni morali e di stile. Inoltre, chi esagera si priva della possibilità di fare, con quel denaro, qualche opera di bene per la Chiesa e per i poveri.
6. NON LASCIARE CHE I TUOI FIGLI VADANO DOVE VOGLIONO E CON CHI VOGLIONO Vacanze autonome per i figli? Anche qui, mode e abitudini contemporanee talvolta fanno a pugni con le esigenze della morale. Ad esempio, è assolutamente da riprovare la leggerezza con cui i genitori tollerano o incoraggiano le vacanze congiunte di ragazzi e ragazze; prassi che diviene addirittura "istituzionale" quando due giovani sono più o meno fidanzati. Mandare in vacanza un gruppo di ragazzi e ragazze significa incoraggiarli alla promiscuità; mandarci due fidanzati è "istigazione al peccato". Significa costruire una generazione di persone senza forza di volontà, appassita prima di fiorire nella freschezza degli anni più belli della vita. Pianificare vacanze cristiane significa anche far ragionare i nostri figli sulla opportunità di certe comitive, e sul primato che comunque la famiglia merita – almeno fino a una certa età – anche in materia di vacanze. Si dice: durante l'anno non c'è nemmeno il tempo per guardarsi un po' in faccia. Ma se poi arrivano le vacanze e i figli vanno da una parte, e i genitori dall'altra, quando la famiglia sta insieme? E chi l'ha detto che ognuno deve andare in vacanza solo dove ci sono i divertimenti adatti alla sua età, sennò "che vacanza è?" Non conformarsi alla mentalità del tempo, come ammonisce San Paolo, significa anche spezzare questi luoghi comuni e re-imparare a stare insieme nel tempo delle ferie.
7. FAI LETTURE UTILI ED EDIFICANTI In vacanza si cerca un po' di evasione, anche nei libri. Naturale. Tuttavia è consigliabile portarsi al mare o ai monti almeno una lettura edificante che ci faccia conoscere meglio la nostra fede: la vita di un santo, un romanzo apologetico, il saggio di un autore cattolico affidabile, un testo sulla preghiera o sulla dottrina, il Vangelo, il Timone. Insomma: c'è molta scelta, basta volerlo.
8. VISITA I LUOGHI DELLA FEDE Alcuni trascorrono le loro vacanze in un monastero o in un'oasi di preghiera. Bello, ma praticamente impossibile per molti, e certamente per una famiglia. Si può però inserire sapientemente in ogni vacanza la visita ai luoghi della fede più vicini al nostro soggiorno estivo: un santuario, una cattedrale, la città di un grande santo, una comunità di religiosi, un sacerdote amico o il parroco del paesino di villeggiatura. Un modo semplice per insegnare anche ai propri figli che il nostro cuore è con Cristo anche quando ci stiamo rilassando e divertendo.
9. RICORDATI DEGLI ALTRI La vacanza ci fa pensare che stiamo "incassando" una ricompensa meritata con un anno di lavoro stressante, o di studi faticosi, e guai a chi ce la tocca. C'è il rischio di guardare solo a sé stessi e di abbandonarsi all'egoismo; il mondo ci sussurra suadente che ci meritiamo un po' di attenzione tutta per noi, e gli altri si arrangino. Ma il cristiano non può dimettersi durante le vacanze: San Josemaria Escrivà scriveva che "la santità e l'autentico desiderio di raggiungerla non si concede né soste né vacanze" (Cammino, n. 129). Allora, teniamo lo sguardo vigile e attento sugli altri, chiediamoci che cosa possiamo fare per aiutarli e se possibile mettiamo loro davanti alle nostre aspirazioni. Gesù ci ripagherà con vacanze bellissime, dove la gioia degli altri diventa la nostra gioia.
10. NON TRALASCIARE I SACRAMENTI Durante l'anno diciamo sempre: non ho tempo. Di pregare, di fare direzione spirituale, di confessarmi, di fare una visita in chiesa. In vacanza non abbiamo alibi, e allora approfittiamone. Non c'è fede cattolica senza sacerdote e senza sacramenti. Parafrasando una vecchia, celebre pubblicità di un'agenzia di viaggi, potremmo concludere dicendo: "Cristiano fai da te? No Chiesa? Ahiahahiahi!"
DOSSIER "CONSIGLI PER L'ESTATE" Vacanze, spiaggia e... bikini Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2012
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NIENTE SCUSE: IL DECLASSAMENTO DELL'ITALIA E' L'OVVIA CONSEGUENZA DELLA POLITICA DI MARIO MONTI
Con un governo di tecnici presuntuosi e incapaci, cos'altro potrebbero fare le agenzie di rating come Moody's se non toglierci la loro fiducia?
Autore: Caelsius Mars - Fonte: Qelsi, 13/07/2012
Ennesimo declassamento dell'Italia, stavolta addirittura scivolata in serie B in una posizione assai più prossima alla soglia della serie C che a quella della seria A. Subito il partito trasversale delle comari in gramaglie s'è abbandonato alle solite lamentazioni da lugubri upupe, come direbbe il Foscolo, abbandonandosi all'implorante vittimismo col quale accusiamo gli altri di "essere schierati con biechi speculatori e di assumere ingiustificati, quanto interessati atteggiamenti persecutori nei nostri confronti". Ingiustificati? Persecutori? Vediamo. Dopo l'ultimo declassamento i conti pubblici sono peggiorati e di molto, l'indebitamento è cresciuto del 5%, le riforme sono rimaste sulla penna di Monti perché rese inefficaci ed edulcorate dalla destra, dal centro, dalla sinistra, dall'opposizione, dai sindacati, dalla Confindustria, dal Vaticano, dalla stampa di regime, dalle lobby, dagli economisti inesperti dell'Ue, dai piagnistei delle categorie, addirittura dalle e-mail dei cittadini. Nessun vizio o privilegio è stato eliminato, sulle province giochiamo a tombola con i numeri, i contributi pubblici a questo e quello rimangono, addirittura adesso i parlamentari si accoppiano di fatto per contrarre assicurazioni sulla vita a favore dei loro amichetti, ai quali sperano – ci siamo vicini ormai – di lasciare in regime di reversibilità, una volta schiattati, una parte consistente dei loro dorati vitalizi, cosicché il numero dei deputati diretti o prodotti dalla reversibilità da mantenere si ennuplicherà di 10, 100, 1000 volte, altro che riduzione dei costi della politica. E Monti zitto a guardare. Con la riforma delle pensioni ha eliminato due milioni di posti di lavoro per i giovani di questa e della prossima generazione, ha costretto 2 milioni di ex-pensionandi a due, tre, quattro, cinque anni di ulteriori lavori forzati, senza dire che sugli esodati lui ed i suoi hanno fatto un errore di calcolo del 500 %. Alla pseudo-riforma del lavoro, che ha schifato stampa e politici di mezzo mondo, anzi di tutto il mondo con le solite eccezioni di Repubblica, Corsera e Sole 24Ore, adesso devono mettere mano sindacati, partiti e Confindustria e lo sa il Cielo cosa ne verrà fuori. E Monti zitto. Con la Spending Review invece di eliminare sprechi e tagliare rami secchi ha fatto i soliti inconsulti tagli lineari, creando situazioni grottesche, se non fossero drammatiche, come quella della Ricerca, in cui lascia invariata la struttura e le spese incomprimibili, cioè consistenza dell'organico e stipendi, ma taglia sui costi per la conduzione degli esperimenti, cioè materiali, consumabili ed attrezzature. Ma se i ricercatori non possono sperimentare perché gli togliamo i mezzi per farlo, a cosa servono? Son soldi buttati, tanto valeva chiudere baracca e burattini e buonanotte. Adesso ci devono rimettere mano dopo essersi coperti di ridicolo agli occhi del mondo nel momento in cui condividevamo la gloria per la scoperta del bosone. Monti voleva tassare persino gli animali, cioè i loro padroni, poi qualcuno ha fatto notare la inammissibile stupidità di quella iniziativa ed ha soprasseduto. Per rilanciare l'occupazione gli si chiedeva flessibilità in uscita e l'abbassamento delle barriere d'accesso. Lui e Fornero hanno fatto il contrario. Con la disoccupazione che aumenta, con la spesa pubblica che aumenta – adesso cercano 6 miliardi per tappare il buco degli esodati, mentre i 20 miliardi di buco all'INPS lo hanno rinviato al futuro spalmandolo sui conti dei governi che verranno – con l'approvazione del Fiscal Compact che comporta un ulteriore aggravio del bilancio di 45 miliardi l'anno per i prossimi vent'anni per abbattere la metà del nostro indebitamento, una voragine che va ad aggiungersi a quella già esistente, con il Pil che crolla, senza il varo di nessuna misura per la ripresa o la crescita che dir si voglia, cioè pieni di debiti, di inefficienze e nell'impossibilità di produrre ricchezza come faremo a far fronte a tutti questi impegni, ad onorare tutti questi debiti? E' questo che si chiedono i mercati, è a questo che guardano con grande attenzione, non alle chiacchiere propagandistiche di Monti e della stampa di regime. E cosa di questa Italia dovrebbe attrarre gli investitori ed il varo di nuove iniziative industriali, tamponando l'emorragia di chiusure, di vendite - l'ultima la maison Valentino - e di delocalizzazioni in atto? Moody's rappresenta gli interessi degli investitori, che mai è stato così basso come in questo momento nei confronti dell'Italia. Monti questo lo sapeva ed ha messo le mani avanti. Ricordate le sue maliziose parole di ieri? "l'Italia ha intrapreso un percorso di guerra durissimo contro i diffusi pregiudizi, contro le eredità del debito pubblico, contro le sottovalutazioni da parte di noi stessi, contro gli effetti delle decisioni prese in passato e i vizi strutturali della nostra economia". Così si era espresso il premier messo sull'avviso della bastonata in arrivo. Se si ritengono ingiustamente penalizzati da una congiura internazionale Monti e l'Italia hanno un mezzo semplicissimo per sottrarsi all'avidità degli speculatori arabi, russi e cinesi: rinunciare alle aste dei Btp, rifiutandosi di pagare interessi del 7% sui Btp. Ma non lo possiamo fare, perché ci servono sempre nuovi prestiti per pagare i prestiti in scadenza, ed è questo che ci lega mani e piedi alla speculazione. Quindi prendersela con investitori che tutelano i propri interessi è da stupidi incapaci. Sentite invece come Moody's dà ragione della sua severa decisione: "L'Italia sperimenterà un ulteriore netto incremento dei costi di finanziamento del debito (lo spread, ndr). Le cause sono un aumento della fragilità della fiducia nel mercato, il rischio contagio da Grecia e Spagna e i segni di un'erosione degli investimenti stranieri (calati del 40% col governo Monti, altro che grande credito internazionale, ndr). In Italia anche il clima politico, specialmente con l'avvicinarsi del voto della prossima primavera, è fonte di un aumento dei rischi, anche se il taglio del rating dei bond italiani è dovuto soprattutto al deterioramento della situazione dell'economia, nonostante le misure e le riforme decise dal governo (che evidentemente non convincono e non risultano efficaci, ndr). Con il Paese in recessione (arrivata con Monti, prima si cresceva poco, ma non si recedeva, ndr), aumenta il peso dell'austerity e delle riforme sulla popolazione italiana (si riferisce alla ricetta Monti di più tasse, meno lavoro, meno consumi, ndr). Questo porta le forze politiche a frenare, in qualche modo, l'azione del governo. Quest'ultimo ha messo in campo un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio". Si parla quindi con malcelato rammarico di potenzialità inespresse delle riforme, che se bene attuate avrebbero potuto avviare un processo di recupero di risorse e di rilancio dell'economia e dell'occupazione, del potere d'acquisto, della ricchezza e della possibilità di rientro del debito. Insomma per Moody's le parole son quelle, ma è la musica, cioè Monti, a non andare. Infatti, la relazione tecnica dell'agenzia di rating conclude che "malgrado tutte queste buone intenzioni la recessione incombe e raggiungere gli obiettivi di risanamento dei conti resta una enorme sfida, malgrado lo slittamento di due anni del pareggio di bilancio". Con un governo di presuntuosi incapaci, con politici attaccati alle loro poltrone ed ai loro privilegi, con un Paese abbandonato in balìa della recessione, cos'altro potrebbero fare i mercati se non toglierci la loro fiducia? E' quello che ha fatto Moody's: "Italy's rating Baa2, with negative outlook"; traduzione: serie B con minaccia di ulteriore retrocessione a breve. Però Monti è fiducioso, anche perché gode di "grande prestigio internazionale" ed i mercati di lui si fidano. Si vede; per questo gli chiedono un interesse che sta per raggiungere il 10% con spread oltre quota 600.
Fonte: Qelsi, 13/07/2012
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DROGA: L'IMMORALITA' DEGLI ANTIPROIBIZIONISTI
Uruguay, Bolivia, California e altri stati vogliono legalizzare marijuana e cocaina: ovviamente il risultato sarà l'avanzamento della cultura della morte
Autore: Danilo Quinto - Fonte: Corrispondenza Romana, 04/07/2012
Un fatturato di 300 miliardi di dollari, più di quello che deriva dalle armi e dal petrolio, di poco inferiore a quello del sesso. In un solo anno, il 2010, ha prodotto 200mila morti, con una persona su venti nel mondo che fa uso di sostanze stupefacenti. Circa 230 milioni di persone, il 5% della popolazione mondiale adulta (tra i 15 e i 64 anni), si possono considerare consumatori. Di questi, 27 milioni, circa lo 0,6%, sono tossicodipendenti dall'eroina e dalla cocaina: uno ogni 200 abitanti. Questi i dati contenuti nel rapporto annuale dell'Unodc, l'Ufficio delle Nazioni unite contro la droga e il crimine organizzato, recentemente pubblicato. Queste cifre inducono molti a ritenere che sia da rivedere la politica proibizionista. Il primo passo in questa direzione sarebbe quello della depenalizzazione delle cosiddette droghe leggere. L'Uruguay, ad esempio, sembra andare in questa direzione. Guidato dal Presidente José Mujica, già esponente del movimento di guerriglia urbana di sinistra Tupamaros, con quindici anni di carcere alle spalle, il Paese latino americano si appresta ad approvare una legge che consentirà di legalizzare l'uso, la vendita e la produzione di marijuana. Nello scorso mese di aprile, prima del vertice del Mercosur (il mercato economico del Centro e Sud America), che si è svolto in Colombia, Otto Perez Molina, Presidente del Guatemala, ha invitato gli Stati sudamericani ad operare in direzione opposta al proibizionismo, incontrando l'opposizione di El Salvador, Honduras e Nicaragua e il sostegno di Costa Rica e Colombia. Anche il Presidente della Bolivia, Evo Morales, vorrebbe legalizzare l'uso delle foglie di coca, mentre in California, sull'esempio olandese, si vorrebbe liberalizzare la vendita e l'uso di marijuana. Insomma, il quadro che se ne trae è inquietante. Tanto più che lo stesso establishment mondiale sembra orientarsi verso la gestione di politiche antiproibizioniste e libertarie. L'anno scorso, il rapporto delle Nazioni Unite, intitolato Global Commission on Drug Policy, diceva: «La guerra alle droghe ha fallito, con conseguenze devastanti per gli individui e le società del mondo. Cinquant'anni dopo la Convenzione sulle droghe, promossa dalle Nazioni Unite e quarant'anni dopo il lancio, da parte del Presidente degli Stati Uniti Nixon della guerra alla droga, sono necessarie ed urgenti fondamentali riforme nei Paesi e a livello globale in termini di controllo di polizia sulle droghe». Il rapporto era firmato dai grandi del mondo della politica, della cultura e dell'economia mondiale. Gli stessi che per decenni sono stati incapaci di governare il fenomeno, si sono candidati a governare un nuovo approccio, proponendo la legalizzazione, orientando l'opinione pubblica e le scelte dei Governi. Questi signori credono – o fanno finta di credere ‒ che con la legalizzazione e quindi con la libertà di drogarsi decretata per legge, diminuiscano le vittime e si argini il fenomeno. Eludono, così, il cuore del problema. Quando si annulla nelle società la possibilità di distinguere il bene dal male, questi sono i risultati: la diffusione di una cultura della morte. Ci si interroghi piuttosto sui principi in base ai quali i giovani crescono. Quali sono? Ve ne sono ancora? Chi li promuove? Chi li pratica? Chi li insegna? Non può sopravvivere ed è destinata ad annullarsi una società che si fonda solo sul materialismo e sull'affermazione dei desideri, contrabbandandoli in maniera ipocrita e ambigua per libertà. Non di legalizzazione si deve discutere, ma di modelli di modelli di sviluppo sociale e stili di vita alternativi a quelli legati alla «proposta di quelle culture – come ha affermato Benedetto XVI nell'Angelus del 16 dicembre 2007 – che pongono la felicità individuale al posto di Dio».
Fonte: Corrispondenza Romana, 04/07/2012
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FUORI DAL BUIO: LA MIA VITA CON UN PADRE GAY
La raccapricciante biografia della canadese Dawn Stefanowicz fa capire l'assurdità del dare in adozione i bambini agli omosessuali
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 27/06/2012
«La mia speranza è che, leggendo la mia storia, tutti i lettori, e in particolare quelli che occupano posizioni influenti o autorevoli, siano meglio informati e guidati nell'assumere decisioni che possono incidere profondamente sulle nostre famiglie e sui nostri bambini, che sono il futuro e la speranza delle prossime generazioni». A parlare è Dawn Stefanowicz, che ha scelto coraggiosamente di scrivere un libro sulla sua vita di ragazzina cresciuta con un padre omosessuale. Fuori dal Buio, la mia vita con un padre gay (edizioni Ares, 240 pagine, 14 euro) è una storia che condanna l'omosessualità in quanto pratica accettata come normale e che al tempo stesso critica non solo coloro che ne parlano come di una tendenza innocua, ma anche chi la considera solo come una scelta da condannare e non un disagio da alleviare. Per l'autrice questi due atteggiamenti sono entrambi facce della stessa medaglia. Quella di chi non vuole affrontare il problema, accontentandosi di un sentimento superficiale: «Non conosco molti omosessuali o ex omosessuali che sceglierebbero una Chiesa come il luogo più confortevole e accogliente in cui aprirsi», scrive infatti la donna, che ugualmente condanna chi per cercare consensi o «bisogno di fondi è deciso a negoziare sui princìpi fondamentali». Sfogliando il libro si capisce il perché e si rimane impressionati dal coraggio dell'autrice che ha messo sul piatto una storia di sofferenze indicibili «per difendere i bambini innocenti che non possono difendersi da soli», come scrive nella dedica del volume, e per lottare, come si legge nella prefazione, «contro una nuova, inaudita forma di abusi sui minori, legalizzata e promossa dagli Stati che hanno abbracciato un'ideologia del tutto falsa, per la quale ogni tipo di vissuto e ogni forma di convivenza vengono considerati leciti ed equivalenti». Dawn, infatti, racconta di un'infanzia che le rovinerà per sempre la vita, in cui «senza un attaccamento sicuro a lui (il padre, ndr) non riuscii per anni a relazionarmi a nessun uomo (…), a non ricordare nulla di alcune spiegazioni; mi ritrovai del tutto incapace di gestire la tensione quotidiana, sia a scuola sia a casa». La ragazza descrive poi un'adolescenza fatta di «doppi sensi in tutte le amicizie. Vivevo una situazione familiare tanto incerta che davo per scontato e insieme temevo che sessualmente avrei dovuto fare esperienze diverse per scoprire quale fosse la mia identità (…). Non riuscii a legare con nessuno, maschio o femmina (…). Con papà, naturalmente, non c'era scampo: se uscivo con le femmine diceva che ero lesbica (…), la promiscuità mi sembrava la cosa più normale». Crescendo la ragazza si accorge di avere «un'autostima bassissima, e avevo cominciato a non mangiare (…) volevo essere libera e indipendente da qualsiasi legame affettivo». Essere in compagnia di papà aumentava i miei conflittuali sensi di curiosità e di colpa in campo sessuale (…), i suoi occhi (del padre, ndr) erano alla continua ricerca di qualcosa in più da possedere e da toccare mentre io cercavo solo il suo amore (…). Ciò che importava era stare insieme a papà, nonostante tutti gli ambienti degradanti nei quali mi portava e verso i quali mi toglieva sensibilità». Perché anche «se ne vede e se ne sente abbastanza di qualsiasi cosa, si finisce per crederci e accettare tutto come parte della convenzione». Ma a peggiorare le cose fu «l'audacia di papà nella sua condotta omosessuale sempre più evidente», dovuta al fatto che «non c'era più nessuno a cui sentiva di dover rendere conto (…) una nuova aria di permissivismo permeava la società». Ma come può l'omosessualità portare a tutte queste conseguenze negative, che hanno segnato profondamente anche i fratelli dell'autrice? Per Dawn la società preferisce «fermarsi all'apparenza». Invece la frustrazione profonda del padre che «cercava di colmare con i rapporti omosessuali», era enorme, «sebbene quella che presentava al mondo fosse un'immagine di sicurezza, intelligenza, efficienza e benessere economico». «Era una persona insicura», perché l'omosessuale, spiega l'autrice raccontando dei tantissimi incontrati con il mondo gay, è come suo padre: «Narcisista, concentrato su se stesso e tanto bisognoso di conferme e di affetto da parte di altri uomini». Infatti, «lui portava dentro una grandissima rabbia irrisolta, che ribolliva e traboccava in scene spaventose». Anche se «riteneva di avere sempre ragione. Il problema era sempre di qualcun altro, non suo». «Di tanto in tanto – scoprirà la Stefanowicz – lottava anche contro la depressione e qualche volta pensava al suicidio (…). Viveva una vita tormentata, il suo modo di affrontare il proprio disagio era seppellirsi negli straordinari di lavoro e poi la sera e nei fine settimana, fuggire verso attività sessuali compulsive». L'autrice racconta anche dei tanti uomini del padre, «molti dei quali si suicidarono» perché incapaci di colmare «la frustrazione che vivevano quando lui li lasciava» e dello psichiatra del padre che peggiorò le cose spronandolo a continuare per la sua strada di «automedicazione». L'autrice parla di due incontri che le hanno donato speranza. La sua vicina di casa, da cui spesso si rifugiava da piccola e che «mi aiutò a discernere». La donna, infatti a differenza di tutti gli adulti che «in nome dell'ideologia politically correct fingevano di non vedere (…), parlava delle cose così com'erano, non come apparivano», spiegando alla piccola che «il papà fa delle cose che non dovrebbe fare perché sono sbagliate». Il secondo incontro di Dawn è con la famiglia di un altro vicino di casa, che la aiutò durante gli anni della adolescenza in cui viveva stati depressivi importanti: «Conoscendo i suoi genitori ebbi finalmente un'idea di quello che dovesse essere una famiglia», intuendo che l'amore eterosessuale era possibile, non era una chimera. Oggi se Dawn Stefanowicz è sposata lo deve «alla fede in Dio», che si è palesata nella sua vita in modo affascinante («gli affidai la vita»), grazie anche «all'incontro con mio marito», un pastore protestante. Anni di analisi, invece, l'hanno aiutata a sentirsi finalmente donna e ad avere due figli e, grazie alla fede, Dawn è riuscita anche a perdonare il padre, convertitosi prima di morire di Aids: «L'inferno che vivo è molto reale (…) Gesù è tutto quello di cui ho bisogno. Lui ha spezzato le mie catene e mi ha liberato». Leggendo questo libro non si trova un filo di rancore o di odio (anzi si parla di perdono e di riscatto), ma solo il tentativo di spiegare a «chi governa» che è necessario «fare del bene ad altri bambini che hanno subìto famiglie come la mia». Purtroppo, come è successo ai suoi fratelli, troppo spesso i figli hanno paura di parlare e semplicemente «sopportano per anni la tensione di non dire praticamente niente a nessuno (…). Anche ora mi sento in colpa come se tradissi i miei genitori e i miei fratelli rivelando a tutti i nostri segreti familiari. Ma ho ponderato le conseguenze del mio voler dire la verità, ponendole sul piatto della bilancia di un obiettivo più alto: quello di mostrare a tutti quanto le strutture parentali e familiari possano incidere negativamente sullo sviluppo dei bambini».
DOSSIER "ABUSI DI GENITORI GAY" Una piaga nascosta e terribile Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Tempi, 27/06/2012
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FINALMENTE CORRETTA LA DIDASCALIA SU PIO XII DEL MUSEO DI YAD VASHEM
Il memoriale ufficiale di Israele delle vittime ebree dell'olocausto definiva ambiguo il comportamento del pontefice di fronte allo sterminio degli ebrei... ma era una balla clamorosa
Autore: Gianni Cardinale - Fonte: Avvenire, 03/07/2012
Il museo di Yad Vashem dedicato alla storia della Shoah ha finalmente sostituito la controversa didascalia posta sotto la foto di Pio XII che aveva suscitato non poche polemiche cinque anni fa, anche perché definiva «ambiguo» il comportamento del pontefice di fronte allo sterminio degli ebrei. Non si tratta di un ribaltamento di giudizio, ma di una contestualizzazione più problematica. Di un «aggiornamento» si spiega che «rispecchia le ricerche compiute negli ultimi anni e presenta un quadro più complesso rispetto a quello precedente». «Contrariamente a quanto riportato - sottolinea il Museo - la modifica non è il risultato di pressioni esercitate dal Vaticano». Tra le variazioni più significative da segnalare quella a proposito del concordato tra Santa Sede e Germania del 1933: mentre prima si leggeva che esso «significò riconoscere il regime razzista nazista», ora si afferma che l'allora cardinale Eugenio Pacelli, lo firmò «al fine di preservare i diritti della Chiesa cattolica in Germania». La notizia del cambiamento di didascalia è stato accolta positivamente dai media della Santa Sede. La Radiovaticana ha intervistato il nunzio apostolico in Israele, l'arcivescovo Antonio Franco che nel 2007 aveva protestato pubblicamente sollevando il caso a livello internazionale, il quale ha manifestato tutta la propria soddisfazione. Mentre l'«Osservatore Romano» ha offerto un lungo resoconto della vicenda con un titolo emblematico ('Pio XII restituito alla storia') segnalando contemporaneamente le voci ebraiche che hanno espresso dissenso rispetto alla decisione di Yad Vashem, come il rabbino capo di Roma Riccardo Di Segni e lo storico Sergio Minerbi. Il quotidiano della Santa Sede riporta i giudizi positivi della storica Anna Foa e chiude significativamente con un giudizio del diplomatico e saggista Vittorio Dan Segre: «La battaglia di chi da parte ebraica vorrebbe condannare la figura di papa Pacelli a restare perennemente rinchiusa in una dimensione di condanna morale senza appello non è alla lunga sostenibile sotto il profilo politico e forse anche sotto quello storiografico».
Fonte: Avvenire, 03/07/2012
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IL SIGNOR MENDEZ, DIRETTORE DEL ''CIRCO DELLA FARFALLA'', SIMBOLEGGIA GESU' CHE NON E' VENUTO A CONDANNARCI, MA A FARCI RINASCERE DICENDOCI: ''SEI PREZIOSO AI MIEI OCCHI!''
Il protagonista Will invece è immagine di ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria disperazione e solitudine, ai propri sbagli e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo Straniero, 29/01/2012
C'è da tempo, in rete, un cortometraggio bellissimo The Butterfly Circus (Il circo della farfalla) diretto da Joshua Weigel. Dura 20 minuti ed è sottotitolato in italiano. E' struggente. Ve lo consiglio. [...] Penso che si sbaglierebbe a credere che questo stupendo film metta a tema la sofferenza della disabilità o l'emarginazione. Per me non è un film sui corpi, ma sulle anime e lo suggerisce proprio il "signor Méndez", direttore del "Circo della farfalla" che presenta alla fine Will come "un'anima coraggiosissima". La "deformità" di Will, la sua mutilazione è l'immagine della nostra povera umanità, l'immagine di ciascuno di noi, inchiodato al proprio limite, alla propria incapacità, alla propria disperazione e solitudine, al proprio peccato, ai propri sbagli, al proprio "non essere amato" e quindi vittima impotente di un mondo crudele che trae guadagni dalle sue mostruosità. La storia infatti si apre proprio sullo spettacolo crudele del mondo, che di questa miseria umana fa spettacolo: "il miglior spettacolo di mostri della città". Promesse di soldi, dolore e crudeltà, tristezza. E quei poveretti esposti come animali e crudelmente derisi per le loro deformità... Il tipaccio che li illustra infine annuncia: "una perversione della natura, un uomo – se così lo si può chiamare – a cui Dio stesso ha voltato le spalle!". Ecco, questo è il modo come noi ci vediamo e vediamo gli altri: abbandonati da Dio. E quindi asserviti a chi fa senza scrupoli mercimonio della nostra umanità. Il pubblico davanti a Will alterna sguardi di orrore, derisione, risolini e crudeltà. Ma quel giorno, in quel cinico luna park, è arrivato un uomo diverso da tutti. Il "Signor Méndez" ha uno sguardo diverso su quei poveretti. Vi fa pensare a Qualcuno? Ecco la sua compassione, il suo fermare la crudeltà dei ragazzetti, il suo levarsi il cappello davanti a Will, il suo "tu sei magnifico!", l'immediato perdono per lo sputo del povero disperato che credeva di essere deriso perché lui non si vedeva "magnifico". Il "Signor Méndez" è subito pronto a scusarlo e giustificarlo: "non è successo niente. E' colpa mia. Forse mi sono avvicinato un po' troppo, giusto amico?". Chi è quest'uomo strano, unico? E' il "signor Méndez", famoso perché direttore del "Circo della farfalla", quello che – secondo il mondo – fa "spettacoli stravaganti". E' considerato "strano", "stravagante", perché è diverso dal luna park delle mostruosità. Will decide di andare col "Circo della farfalla", dove lo accolgono con calore, ma non gli fanno fare quello che faceva prima perché "da noi non c'è nessun fenomeno da baraccone". Il "Signor Méndez" gli dice: "non c'è niente di edificante nell'esporre le imperfezioni di un uomo... noi siamo contenti che tu stia qui con noi e puoi restare finché vuoi, ma io dirigo un altro tipo di spettacolo" È lo spettacolo della bellezza, dell'armonia, dell'audacia, dell'abilità umana. Lo si vede quando in un villaggio triste e decadente arriva la compagnia del "Circo della farfalla".... Il "Signor Méndez" annuncia: "signori e signore, ragazzi e ragazze, ciò di cui ha bisogno questo mondo è di un po' di stupore". Il "signor Méndez" guarda i suoi artisti incantato e commosso. E sussurra a Will: "splendidi, non è vero? Come si muovono, pieni di forza, colore e grazia. Sono sbalorditivi!" Poi lo scuote bruscamente. Gli fa capire quanto è crudele e ingiusto ciò che pensa di se stesso e gli dice che anche lui può essere come loro. Infatti gli svela qual è la vera bellezza dei suoi artisti: sono tutti dei redenti, sono persone che erano state buttate dal mondo come perduti e perdenti. E sono rinate. Perché il "Circo della farfalla" mostra appunto questo meraviglioso spettacolo: il bruco deforme che diventa bellissima farfalla. Dice il "Signor Méndez" a Will: "se soltanto tu potessi vedere la bellezza che può nascere dalle ceneri". E' una possibilità anche per Will. Perché la vera bellezza è quella di chi si lascia amare, di chi accetta la misericordia e "rischia" tutto se stesso in questo amore, L'obiezione di Will: "Ma sono diversi da me" (tipica obiezione di chi si sente più disgraziato e più incapace di tutti gli altri). Ma il "Signor Méndez" rovescia totalmente le sue categorie di giudizio: "Sì. Tu un vantaggio ce l'hai: più grande è la lotta e più è glorioso il trionfo". E infatti per Will arriva il trionfo. Così il "Signor Méndez", felice e commosso può annunciare: "I vostri occhi saranno testimoni, in questo stesso giorno di un'anima coraggiosissima". Non più spettatori di una mostruosità, ma testimoni di una gloriosa rinascita e di un'avventura ardimentosa. Io penso che il "Circo della farfalla" esista in questo mondo. E' il Regno di Dio che Gesù è venuto a instaurare. E' lui che davanti alla mostruosità di ogni uomo gli sussurra: "Tu sei magnifico!". E gli diventa amico perché il bruco, il verme, diventi la libera e bella farfalla... Gesù non è venuto a incriminare, a giudicare, a puntare il dito (lo fa già il mondo). No. Gesù è venuto pietosamente a guarirci. A farci rinascere. E chi siamo noi per dire: no, quello non può farcela, quello è uno abbandonato da Dio? Ecco una bella pagina del grande Dietrich Bonhoeffer: "Dio non si vergogna della bassezza dell'uomo, vi entra dentro, sceglie una creatura umana come suo strumento e compie meraviglie lì dove uno meno se le aspetta. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l'insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono 'perduto', lì Egli dice 'salvato'; dove gli uomini dicono 'no!', lì Egli dice 'sì'! Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il Suo sguardo pieno di un amore ardente incomparabile. (...) Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, lì Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua Grazia". Questo è il cristianesimo.
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IN PROGESSIVO AUMENTO GLI UTERI IN AFFITTO ANCHE A CAUSA DELLE ADOZIONI DEI GAY
Cliniche senza scrupoli usano donne indiane disperate e disposte a tutto per la povertà e che si sottopongono a infiniti cicli ormonali che le distruggono psicologicamente e fisicamente
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Corrispondenza Romana, 04/07/2012
Sono in aumento le madri surrogate che nei paesi del Terzo Mondo vengono reclutate per offrire i loro uteri alle coppie omosessuali. A rivelarlo è Il Foglio di oggi che riporta l'indagine dell'osservatorio internazionale BioEdge. Il portale bioetico ha domandato per iscritto a una serie di cliniche indiane, ma anche nordamericane, quanto l'equiparazione legislativa del matrimonio gay a quello naturale (e relative procedure di adozione) stia influenzando il fenomeno della maternità surrogata. La risposta dei responsabili delle cliniche segnala la crescita del fenomeno «fra le donne bisognose nei paesi in via di sviluppo che si accingono a lavorare per coppie gay in cerca di offerte low cost». Con l'India in testa perché «qui i costi ammontano a un quinto rispetto a una maternità surrogata negli Stati Uniti o in Europa». Si legge, ad esempio, l'ammissione del direttore della clinica della fertilità di Chennai, il dottor Samundi Sankar: «Sì abbiamo un numero consistente di gay che visitano la nostra clinica e abbiamo notato l'incremento delle richieste da parte di coppie omosessuali da quando le loro unioni sono riconosciute dagli Stati». Commenti simili giungono anche dalle cliniche occidentali: Jeffrey Steinberg, direttore dell'Istituto di fertilità di Las Vegas e di Los Angeles, conferma che nelle cliniche per la fecondazione assistita negli Stati Uniti «sta emergendo un trend prevedibile. Da quando sono stati legalizzati i matrimoni gay siamo stati sommersi dalle richieste di donatori di ovuli e di maternità surrogate». In effetti, già nel giugno scorso, l'incremento delle donne indiane disposte a sottoporsi al trattamento era balzato alle cronache dopo la morte di una di loro. Premila Vaghela, la donna che all'età di 30 anni, dopo ripetuti trattamenti ormonali, non era riuscita a concludere la gravidanza morendo prima di partorire. Il quotidiano inglese The Guardian, fra i pochi a raccontare la morte della Vaghela, aveva sottolineato che la donna era solo una delle tante, riportando i numeri di un'industria che solo in India fattura ogni anno più di 2 milioni di dollari. Le cifre si aggirano intorno ai 25 mila parti di bambini indiani già nati tramite fecondazione artificiale da madri surrogate. E parlano di cliniche che si diffondono sopratutto nelle parti più povere del paese, dove si trovano donne disperate e disposte a tutto a causa dell'indigenza. La metà dei bambini partoriti in questo modo è destinata a coppie occidentali. Normalmente, poi, queste donne sono sottoposte a infiniti cicli ormonali che le distruggono sia psicologicamente sia fisicamente, senza contare che la maggioranza di loro viene sottoposta a taglio cesareo, così da far coincidere il parto con l'arrivo nel paese della coppia adottiva. Come rimedio, alcuni giornali occidentali, riportando quasi imbarazzati la notizia, hanno incolpato la mancata «regolamentazione del mercato riproduttivo». Non si capisce, però, come sia sostenibile una posizione che mentre parla di argini legislativi alla maternità surrogata accetta come incontestabile il principio per cui il diritto ad avere figli è da considerarsi assoluto, al di là del sesso e degli impedimenti della coppia.
Fonte: Corrispondenza Romana, 04/07/2012
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LETTERE ALLA REDAZIONE: GUDBRANDO IL MONTANARO, LA VERA FIABA CONSIGLIATA DA COSTANZA MIRIANO
La moglie esemplare trova che tutto ciò che fa il marito è fatto nella maniera migliore ed è sempre contenta qualunque cosa egli faccia (ecco inoltre il video di una conferenza della Miriano)
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 18/07/2012
Cari amici di BastaBugie, leggendo la vostra preziosa rassegna stampa ho trovato molto bello che abbiate pubblicato sul numero 243 del 4 maggio la storia "QUEL CHE FA IL BABBO E' SEMPRE GIUSTO!". E' proprio vero che la famiglia vive in serenità e allegria quando la moglie riconosce e dichiara che quello che fa il babbo è sempre la cosa migliore. Devo però rilevare che la fiaba consigliata spesso da Costanza Miriano è un'altra: Gudbrando, il montanaro. Ovviamente la trama è simile alla fiaba di Andersen, ma penso che sia questa sia ancora più bella. Ve la trascrivo qui sotto avendola presa dalla collana "I quindici" che credo sia quella a cui si rifà la mitica Costanza. Eccola dunque: "C'era una volta un uomo di nome Gudbrando che aveva una fattoria lontano lontano, là, sulla montagna: perciò tutti lo chiamavano Gudbrando il montanaro. Dovete ora sapere che egli aveva una mogliettina e che essi si amavano e si comprendevano l'un l'altro, tanto che la moglie trovava che tutto ciò che faceva il marito era fatto nella maniera migliore ed era sempre contenta qualunque cosa egli facesse. La fattoria era tutta loro e così pure la terra; avevano poi qualche soldo nascosto sotto il materasso e due mucche legate nella stalla. Un giorno la moglie disse a Gudbrando: - Sai, caro, penso che dovremo portare una delle nostre mucche in città e venderla; avremo così un po' di denaro da spendere, come la gente per bene come noi deve sempre avere. Non possiamo certo mettere mano al piccolo gruzzolo che teniamo sotto il materasso. E non saprei che cosa fare, col ricavo di più di una mucca. Inoltre guadagneremo anche in un altro modo: infatti dopo dovrò badare ad una sola mucca, mentre adesso mi tocca dar da mangiare, bere ed accudire a due. – Detto fatto, pensando che la moglie avesse ragione, Gudbrando si mise subito in cammino verso la città con una delle mucche per venderla; ma giuntovi non trovò nessuno che volesse comperarla. - Non importa, non importa – si disse Gudbrando – alla peggio non mi resta che ritornare a casa con la mia mucca. La stalla c'è, la mangiatoia anche, e la strada per tornare non è più lunga di quella fatta per venire. – E così si rimise lentamente in cammino verso casa con la sua mucca. Aveva percorso un pezzettino di strada quando incontrò un uomo che conduceva al mercato un cavallo da vendere. - Che c'è di meglio di un bel cavallo? – pensò Gudbrando e lo barattò immediatamente con la mucca. Poco dopo incontrò un altro uomo che camminava spingendosi avanti un bel maiale grasso, e pensò che era senz'altro meglio avere un bel maiale che un cavallo; e lo barattò. Poi incontrò un uomo con una capra e decise che era meglio una capra che un maiale, e barattò anche il maiale. Fatto un altro pezzo di strada si imbatté in un uomo che aveva una pecora ed ecco che barattò ancora, pensando che era meglio avere una pecora che una capra. Più avanti incontrò un uomo con un'oca e cambiò l'oca con la pecora; e dopo aver camminato ancora un bel po', incontrò un uomo con un gallo e lo barattò, perché – Certo è meglio – pensò - avere un gallo che un'oca. – Quindi andò avanti fino che, mentre si avvicinava la sera, sentì un grande appetito e vendette il gallo per un fiorino e con questo si comperò da mangiare pensando: - E' sempre meglio salvare la propria pelle, che possedere un gallo! – Si diresse quindi verso casa e, passando davanti alla casa di un conoscente, entrò a fargli visita. - Ebbene, - gli chiese il padrone di casa – come è andata in città? – - Uhm! così, così – disse Gudbrando. – Non posso elogiare la mia fortuna né d'altra parte lamentarmi. – E raccontò tutta la sua giornata dal principio alla fine. - Ah! – esclamò l'amico. – Ti aspetta una bella strapazzata, appena torni a casa da tua moglie. Il cielo ti assista. Per nulla al mondo vorrei essere nei tuoi panni. – - Mah, - disse Gudbrando, il montanaro – io penso che avrebbe anche potuto andarmi molto peggio; ma se ho fatto bene o no, ho una moglie così buona che non ha mai niente da ridire su quello che faccio. – - Ah, ah! – commentò il conoscente. – Tu dici così, ma io non ci credo. – - Così ne dubiti? – chiese Gudbrando. - Sì – disse l'amico – e ho qui con me cento zecchini. Sono tuoi se mi darai la prova di quanto hai detto. - Così Gudbrando restò lì fino a sera e quando cominciò a far buio, insieme si recarono a casa. L'amico si appostò dietro l'uscio per ascoltare, mentre Gudbrando entrò a salutare la moglie. - Buona sera, cara – disse Gudbrando, il montanaro. - Buona sera – rispose la moglie. – Oh, sei tu? Sono felice di rivederti. – Poi chiese come erano andate le cose in città. - Così, così – rispose Gudbrando. Non c'è molto da vantarsi; quando giunsi in città non trovai nessuno che volesse comperare la mucca, perciò, devo ammetterlo, l'ho barattata con un cavallo. – - Con un cavallo? – disse la moglie. – Sei stato bravo, grazie di cuore; così potremo andare a Messa la domenica in calessino come fa tanta altra gente; e se ci piace allevare un cavallo, mi pare, abbiamo tutto il diritto di farlo. – Poi aggiunse: - Corri fuori, caro, metti il cavallo nella scuderia. – - Oh! – esclamò Gudbrando. – Io non ho il cavallo, perché, fatto un altro pezzetto di strada, l'ho barattato con un maiale. – - Ci credi? – disse la moglie. – Hai fatto ciò che avrei fatto io stessa; mille grazie! Adesso sì che potrò avere in casa un po' di prosciutto da offrire a chi viene a trovarci. A che cosa ci sarebbe servito, il cavallo? La gente avrebbe solo pensato che ci eravamo inorgogliti tanto da non essere più capaci di andare in chiesa con le nostre gambe; esci, marito mio, e metti il maiale nel porcile. – - Ma io non ho neanche il maiale! – rispose Gudbrando. – Poco dopo l'ho barattato con una capra. – - Mio caro! – gridò la moglie. – Come sei stato bravo! Ora che ci ripenso, che cosa ne avrei fatto del maiale? La gente avrebbe finito col dire che eravamo solo capaci di mangiare tutto ciò che avevamo. No, adesso, con una capra avrò il latte, il formaggio e anche la capra. Esci, e mettila nella stalla. – - No, non ho neppure la capra – disse Gudbrando. – Perché, poco dopo, l'ho barattata con una bella pecora. – - Non mi dire! – gridò la moglie. – Hai fatto tutto quanto io desideravo, come se ti fossi stata vicina! Che cosa ce ne saremmo fatti, della capra? Avrei finito col perdere metà della giornata per andare a cercarla sulla collina. No, se ho una pecora, avrò lana e vestiti e cibo fresco in casa. Esci a sistemarla. – - Ma non ho neppure la pecora! – esclamò Gudbrando. – Perché poco dopo l'ho barattata con un'oca. – - Grazie! Grazie di tutto cuore – gridò la moglie. – Che me ne farei, di una pecora? Non ho più l'arcolaio né il pettine e non mi piace neanche tagliare, mettere in prova, e cucirmi i vestiti. Possiamo comprare i vestiti come abbiamo fatto in passato, e finalmente avrò un bell'arrosto d'oca come ho sempre sognato; ed inoltre le piume con cui posso imbottire il mio cuscinetto. Esci e mettila nel pollaio. – - Bene, - disse Gudbrando – non ho neppure l'oca, perché poco dopo l'ho barattata con un gallo. – - Mio caro! – gridò la moglie. – Come pensi a tutto! Avrei voluto farlo io stessa! Un gallo! Hai proprio indovinato! Sostituisce benissimo l'orologio; ogni giorno canterà alle quattro e ci farà buttare per tempo dal letto le nostre pigre gambe. Che cosa ce ne saremo fatti di un'oca? Non so cucinarla, e in quanto al cuscino lo posso imbottire con crine vegetale! Esci e mettilo nel pollaio! – - Ma, per dir la verità, non ho neppure il gallo – dichiarò Gudbrando. – Perché poco dopo mi è venuta una fame da lupi e, per non morire, ho dovuto vendere il gallo per un fiorino. – - Sia ringraziato Iddio! – gridò la moglie. – Qualunque cosa tu faccia, la fai per rendermi contenta. A che cosa ci sarebbe servito un gallo? Non dipendiamo da nessuno e al mattino possiamo stare a letto quanto ci pare e ci piace. Il cielo sia lodato che ti ho ancora qui sano e salvo; tu fai tutto così bene che non voglio né gallo, né oca, né maiale, né mucca. – Allora Gudbrando aprì la porta e disse: - Ebbene, che cosa ne dite? Ho vinto i cento zecchini? – E il suo vicino dovette ammettere di aver perduto e pagare." Grazie amici di BastaBugie per il bel servizio che fate. Continuate così. Laura
Cara Laura, grazie per l'affetto con cui ci segui e anche per la storia che ci hai inviato. In effetti la storia a cui si riferisce Costanza Miriano nelle varie conferenze è proprio questa da te trascritta. A proposito della Miriano, il suo secondo e attesissimo libro "Sposala e muori per lei. Donne irresistibili per uomini senza paura", uscirà a settembre 2012. Tratto dalla quarta di copertina: "Sta alle donne aiutare l'uomo a ritrovare il suo ruolo virile, paterno, autorevole. A una femmina accogliente, materna e dolce il maschio non sa resistere, e ritrova il desiderio di amarla davvero, fino a essere pronto a dare la vita per lei. In questo brillante vademecum l'autrice offre consigli non richiesti a chi vuole trasformare la propria famiglia in un piccolo capolavoro" Nel frattempo si può vedere la bellissima conferenza di Costanza Miriano tenuta a Milano il 23 gennaio 2012. Clicca nel triangolino qui sotto:
http://www.youtube.com/watch?v=TQbWTgzFbaA
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie, 18/07/2012
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OMELIA XVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Mc 6,30-34)
Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 luglio 2012)
La prima lettura di questa domenica è un messaggio rivolto ai pastori d'anime, a tutti quelli che hanno ricevuto da Dio l'altissima missione di condurre le pecorelle del Signore ai pascoli della vita eterna. Il profeta Geremia richiama fortemente al loro dovere i capi religiosi del suo tempo, i quali più che il bene del gregge a loro affidato cercavano i loro interessi personali. Ecco, allora che rivolge loro queste severe parole: «Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo [...] voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati» (Ger 23,2). A questo punto, il profeta Geremia, a nome di Dio, promette che Dio stesso si occuperà di queste pecorelle inviando loro il Messia, della stirpe di Davide. Così dice il Profeta: «Ecco verranno giorni nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra» (Ger 23,5). Chiaramente, questo Messia è Gesù, l'unico Salvatore del mondo, che ha radunato le pecorelle disperse a prezzo del suo sangue. La seconda lettura ci presenta ancor meglio Gesù come Pastore delle nostre anime, che è venuto a far di tutti noi un solo gregge. Così scrive san Paolo agli efesini: «Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva» (Ef 2,14), ovvero il peccato che ci separava da Dio, ci separava tra di noi e ci faceva vagare per sentieri tortuosi ed impervi. Purtroppo, tante volte ricadiamo nella palude dei nostri peccati, per cui Gesù, il Buon Pastore, ci viene incontro per ricondurci sul retto sentiero. Egli viene a noi per mezzo dei salutari rimorsi di coscienza, suscitando un profondo pentimento e il desiderio di confessare sinceramente i nostri peccati. Lasciamoci afferrare dalle mani di Gesù, lasciamoci caricare sulle sue spalle e ricondurre all'ovile. Chi rimane con Lui non avrà da temere alcun male. Si rimane con Lui quando si osservano i suoi comandamenti, quando si prega, si evita il peccato e si compiono le opere buone. Allora egli potrà ritenere rivolte a se stesso le bellissime parole del salmo che abbiamo ascoltato: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce» (Sal 22). Nelle inevitabili prove della vita dobbiamo ancorarci ancora di più a questa certezza e credere senza esitazione che Gesù, Buon Pastore della nostra anima, è sempre accanto a noi, e che in Lui dobbiamo confidare. Il salmo, infatti, continua con queste consolanti parole: «Anche se vado per una valle oscura non temo alcun male, perché tu sei con me» (ivi). La cosa più sbagliata che possiamo fare in quei momenti è quella di agitarci. Facendo così impediamo a Gesù di agire, di prendersi cura della nostra vita. In quei momenti, la cosa più bella da fare sarà quella di chiudere gli occhi dell'anima e di dire con piena fiducia: "Gesù, in Te confido, pensaci Tu". E allora, anche nelle tenebre della nostra valle oscura, risplenderà la luce della speranza. Infine, il Vangelo ci presenta il nostro Redentore che si muove a compassione della folla che sembrava proprio come un gregge senza pastore. Gesù si mise allora ad insegnare loro molte cose (cf Mc 6,34). Gesù ha compassione di noi ed è più sollecito Lui di beneficarci più quanto lo siamo noi di essere aiutati. Prima di tutto, Gesù si prende cura delle nostre anime, insegnandoci le verità che sono via al Cielo. Leggendo il suo Vangelo e ascoltando la Chiesa, noi saremo sicuri di vivere nella verità. Poi il Signore ci dona i suoi Sacramenti che ci danno la sua grazia, e in modo particolare il Sacramento dell'Eucaristia che non ci offre solo la sua grazia, ma ci dona Lui stesso, dietro le povere sembianze di un po' di pane e di un po' di vino. Inoltre, Gesù ha compassione di noi prendendosi cura della nostra vita. La Provvidenza divina vigila costantemente su di noi, e quanto più grande sarà la nostra fiducia, tanto più numerose saranno le grazie anche di ordine materiale che riceveremo dalla mano paterna di Dio. Lungo i secoli, Gesù ha suscitato numerosi pastori secondo il suo cuore. Prima di tutto gli Apostoli, fino ad arrivare ai nostri giorni. Uno di questi pastori che hanno ricalcato fedelmente le orme di Gesù è stato senza dubbio san Giovanni Maria Vianney, additato da papa Benedetto XVI come modello per tutti i sacerdoti. San Giovanni Maria Vianney, da tutti chiamato il Santo Curato d'Ars, si distingueva per la sua continua preghiera e per la sua generosa penitenza. Per le pecorelle affidate alla sua cura, egli pregava e offriva continui sacrifici. Egli non cercava il suo tornaconto, ma unicamente la gloria di Dio e il bene delle anime. Quando giunse ad Ars, qualcuno gli disse che in quel paese «non c'era nulla da fare», che le persone pensavano solo alla terra, che non si davano pensiero del cielo e non andavano a Messa alla domenica. Egli rispose che, dunque, «c'era tutto da fare». E si mise all'opera. In che modo? Stando in ginocchio e vegliando le notti in preghiera davanti al Tabernacolo. E, con l'andare degli anni, il paese cambiò profondamente, al punto che quasi tutti partecipavano alla Messa ogni giorno della settimana. Preghiamo con fiducia e chiediamo al Signore che ci siano sempre pastori secondo il suo Cuore.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 luglio 2012)
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