BastaBugie n�259 del 24 agosto 2012

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1 STANCHI DI GARDALAND E DISNEYLAND? ECCO IL PARCO DEI DIVERTIMENTI CHE RIVIVE LA STORIA CRISTIANA D'EUROPA
Milioni di visitatori l'anno, il più grande spettacolo notturno del mondo, 2500 attori, 28 rappresentazioni tra cui il genocidio in Vandea, il sacrificio dei martiri cristiani, il culto dei santi nel Medioevo, le gesta dei cavalieri e dei gladiatori (VIDEO: Puy du Fou)
Autore: Marco Berchi - Fonte: Avvenire
2 LA SUBDOLA PROPAGANDA ESTIVA CONTRO L'ABBANDONO DEGLI ANIMALI DOMESTICI
Come tutte le ideologie antiumane anche quella animalista sfrutta un proposito buono (la difesa degli animali) come pretesto per seminare odio nei confronti del genere umano
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana
3 CARLO CASINI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO PER LA VITA, FA DICHIARAZIONI IN STILE ''PRO CHOICE'' A RADIO24
I ''pro choice'' (= a favore della scelta della donna) non sono contrari ai Centri Aiuto alla Vita, perché essi rafforzano l'ideologia della scelta; invece i ''pro life'' (= a favore della vita del concepito) sosterranno sempre che lo Stato deve vietare l'aborto
Autore: Massimo Micaletti - Fonte: Comitato Verità e Vita
4 RICORDATE IL PRESIDENTE CHE ALZO' LA COPPA DEL MONDO DI CALCIO NEL 1982? FU L'UNICA COSA BUONA
Per il resto Sandro Pertini, fu un insipido Capo dello Stato, esaltato dai media, ma che compì due gesti ripugnanti: baciare il feretro del boia delle Foibe e concedere la grazia a Mario Toffanin che si macchiò della strage di Porzus
Fonte: Il Jester
5 LE DONNE CHE MI FANNO PIU' TENEREZZA SONO QUELLE CHE NON RICONOSCONO IN SE' LA FRAGILITA'
Ho conosciuto femministe per la liberazione sessuale e l'aborto, ma non erano libere, emancipate, autonome, bensì fragili e spaventate dalla solitudine; ho visto donne di successo, e ho letto nei loro occhi la paura del giorno in cui lo avrebbero perso
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com
6 IL GIUDIZIO DI MASSIMO INTROVIGNE DOPO LA CONDANNA DEL TRIO PUNK DELLE ''PUSSY RIOT''
Nella cattedrale di Mosca hanno chiamato ''puttana'' il patriarca ortodosso e hanno cantato ''La merda, la merda, la merda del Signore'' scimmiottando la liturgia ortodossa
Fonte: La Stampa
7 GOOGLE LANCIA LA SUA CAMPAGNA ANTIDISCRIMINAZIONE PRO-GAY INTITOLATA ''LEGALIZE LOVE''
Però non tutti i discriminati sono uguali: ne sanno qualcosa i 200.000 cristiani discriminati in Arabia Saudita, Egitto, India, Cina, Uzbekistan, Nigeria, Vietnam, Corea del Nord... per loro Google non organizza nessuna campagna antidiscriminazione
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana
8 LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: I PRINCIPI DI SOLIDARIETA' E DI SUSSIDIARIETA'
Lo Stato esiste per aiutare il singolo e le comunità, senza sostituirsi a loro, come invece fanno statalismo, burocrazia, totalitarismo e tecnocrazia
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Il Timone
9 OMELIA XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Gv 6,60-69)
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - STANCHI DI GARDALAND E DISNEYLAND? ECCO IL PARCO DEI DIVERTIMENTI CHE RIVIVE LA STORIA CRISTIANA D'EUROPA
Milioni di visitatori l'anno, il più grande spettacolo notturno del mondo, 2500 attori, 28 rappresentazioni tra cui il genocidio in Vandea, il sacrificio dei martiri cristiani, il culto dei santi nel Medioevo, le gesta dei cavalieri e dei gladiatori (VIDEO: Puy du Fou)
Autore: Marco Berchi - Fonte: Avvenire, 15/07/2012

Tre giovani sbucano dal nulla e con grossi bastoni tracciano sulla sabbia dello stadio il simbolo cristiano del pesce. Fulminei i soldati romani li inseguono e li catturano. È il caos: la folla rumoreggia, gli ufficiali della Legione lanciano secchi comandi, il governatore, dalla sua tribuna, esige che si riporti l'ordine dopo l'inaudito sacrilegio. I tre, legati, vengono in pochi istanti condotti di fronte all'uomo forte del potere di Roma: vanno messi a morte. Un brivido percorre gli spalti gremiti dello stadio. Ma ecco il colpo di scena. Il centurione romano comandante della legione alza la spada e, guardando verso il governatore, grida il suo basta. Basta con la violenza, basta con questi giochi sanguinari, basta con i sacrifici ai falsi dei. «Sì, sono diventato cristiano e l'alba di un nuovo mondo sta sorgendo». Non è un film, non è un videogioco. È l'inizio, drammatico, sorprendente, emozionante di uno spettacolo che ogni giorno d'estate si replica per tre volte in una località della Francia a due passi dai castelli della Loira; un luogo in cui è stata ricostruita un'arena romana da seimila posti (con il primo velarium dai tempi del Colosseo); un luogo in cui potete anche rivivere la razzia dei pirati vichinghi sventata dal miracolo delle reliquie di un santo, seguire le gesta dei cavalieri, entusiasmarvi di fronte alle evoluzioni di centinaia di rapaci addestrati dai falconieri.
Segnatevi questo nome: Grand Parc du Puy du Fou. È in Vandea, a 80 km da Nantes e da La Rochelle. È un parco a tema dai grandi numeri: un milione e mezzo di visitatori ogni anno tra aprile e settembre (quarto in Francia dopo Disney, Asterix e Futuroscope), fresco vincitore dell'Oscar mondiale dei parchi tematici, 40 milioni di euro di giro d'affari, tre alberghi, cinque spettacoli permanenti visibili con l'unico biglietto d'ingresso. Ma i numeri non dicono la cosa più importante: il Puy du Fou è un luogo in cui la gente scopre che si gode molto di più ammirando lo spettacolo della bellezza e dell'armonia e lasciandosi coinvolgere nell'avventura umana che di-vertendosi (nel senso etimologico) con lo stordimento ubriacante delle montagne russe. Non è un luogo di evasione, ma un luogo in cui 'andare dentro'. Dentro la storia di Francia, anzitutto, e quindi dentro la storia dell'Europa. Per vedere – dai tempi della fine dell'Impero romano – il ruolo civilizzatore del cristianesimo.
E che un parco a tema riesca a far 'passare' in modo così nitido, non ideologico, legato all'oggettività del dato storico, assolutamente non pedante e barboso (12mila ingressi in un sabato estivo medio non si fanno con le prediche...) questo elemento culturale e popolare ignorato dalle costituzioni e snobbato dal dibattito intellettuale – non solo in Francia – è, per dirla alla francese, formidable. Ci deve essere sotto qualcosa. E infatti sotto, anzi, all'origine del Puy du Fou c'è una cosa ancora più grossa, culturalmente e fisicamente: si chiama Cinéscénie e di fronte alla sua storia, unica al mondo, anche il Grand Parc impallidisce. È il 1977, un giovane laureando dell'Ena, Philippe de Villiers, ha un'idea fissa e un talento nascosto. L'idea è quella di portare alla luce l'identità della Vandea, forgiata suo malgrado dal ferro e dal fuoco delle colonne infernali e del genocidio rivoluzionario e denegata dagli storici ufficiali. Il talento è quello di autore e sceneggiatore. Il «sogno di bambino» – come lo chiama oggi de Villiers – inizia con un testo buttato giù in pochi giorni (il protagonista è un giovane contadino, la storia della cui famiglia attraverserà le vicende europee sino all'ultima guerra mondiale) e con un castello diroccato tra vipere e sterpaglie; continua con il pellegrinare tra sindaci di paesini e presidenti di Pro Loco; balbetta tra incompetenze tecniche, colpi di scena tragicomici, incontri miracolosi.
Fatto sta che il 16 giugno 1978 la Cinéscénie (inedito mix tra spazio e movimento) va in scena con 600 attori. Il primo anno la vedranno 80mila persone, sedute sull'erba attorno al castello. Oggi, 35 anni dopo, Cinéscénie significa il più grande spettacolo notturno del mondo su un'area di 23 ettari, una tribuna fissa da 14mila spettatori, 3200 persone in azione (2500 attori di cui 1200 in scena per ogni rappresentazione e 700 addetti ai servizi), 120 cavalieri, 150 getti d'acqua, 800 fuochi d'artificio. Quasi due ore di spettacolo con tecnologia e professionalità non solo di avanguardia, ma di ricerca. Non è tutto, perché il più bello lo abbiamo lasciato alla fine: tutti (tutti) i 3200 coinvolti sono volontari, anzi bénévoles, secondo la bella espressione francese. Si sono autobattezzati «puyfolais», hanno tra i tre mesi e gli 86 anni, sono entrati nell'associazione che realizza la Cinéscénie e che è al vertice di tutta l'impresa solo se presentati da due padrini che garantiscono del loro impegno morale. Impegno che si concretizza anche nell'essere disponibili per almeno 15 delle 28 rappresentazioni annuali. E anche i dipendenti stipendiati del Grand Parc – dall'89 'figlio' della Cinéscénie per offrire attività diurne al pubblico crescente degli spettacoli serali – alla sera sono attori bénévoles . Bisogna vederli, come è capitato a noi, nei villages in cui indossano i costumi e si preparano a entrare in scena con una regia delicata e complessa. Gente del popolo, e proprio per questo non qualsiasi. Amici, anzitutto, trascinati da de Villiers e dai primi suoi compagni di avventura (sono ancora tutti là, con ruoli diversi). Gente che nel '98 ha dato vita all'Accademia Junior, che forma artisti e tecnici specializzati nelle attività dei parchi a tema. Che ha aperto tre alberghi interni al Parco. Che genera un indotto di 3500 posti di lavoro nella regione.
Che – attenzione! – non ha mai ricevuto né richiesto «un solo centesimo di denaro pubblico» e che quindi ha totalmente autofinanziato i 260 milioni di euro investiti dal 1977, di cui 9 solo quest'anno. L'associazione, inoltre, da sempre sostiene iniziative umanitarie e ambientali: oggi progetti contro l'esclusione sociale in Madagascar. Un monumento vivente alla sussidiarietà.
De Villiers infatti è convinto che «la cultura ha bisogno di libertà più che di sovvenzioni» e non ha dubbi: «Lo stupefacente della nostra avventura consiste nel fatto che non sappiamo fin dove ci condurrà». E, in fondo, è questo il vero spettacolo.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare i video qui sotto che fanno capire la bellezza e la professionalità di questo parco dei divertimenti (istruttivo e rispettoso del cristianesimo).
Sito internet del parco: http://www.puydufou.com

Stagione 2019


https://www.youtube.com/watch?v=fHAU1BrLQO8

Stagione 2021


https://www.youtube.com/watch?v=7VRyYAwHnHA

DOSSIER "CONSIGLI PER L'ESTATE"
Vacanze, spiaggia e... bikini

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Fonte: Avvenire, 15/07/2012

2 - LA SUBDOLA PROPAGANDA ESTIVA CONTRO L'ABBANDONO DEGLI ANIMALI DOMESTICI
Come tutte le ideologie antiumane anche quella animalista sfrutta un proposito buono (la difesa degli animali) come pretesto per seminare odio nei confronti del genere umano
Autore: Alfredo De Matteo - Fonte: Corrispondenza Romana, 01/08/2012

Quello estivo è il periodo migliore per la propaganda animalista e ciò per due ragioni fondamentali: la prima, riguarda l'aumento del (deprecabile) fenomeno dell'abbandono degli animali domestici che costituisce un formidabile pretesto per seminare odio nei confronti del genere umano; la seconda, concerne l'acutizzarsi del sentimento della solitudine che colpisce le persone prive di rapporti sociali e/o familiari stabili e soddisfacenti, in un periodo dove il piacere dell'agognato riposo estivo si coniuga con la ricerca della compagnia ed il rafforzamento dei legami affettivi.
D'altra parte, in una società dove il sentimento religioso è sempre più ai margini del vivere individuale e sociale e dove l'uomo, di conseguenza, sperimenta con sempre minor frequenza la vicinanza e l'amore di Dio, la qualità del legame affettivo con l'altro rappresenta una delle poche cose che danno valore all'esistenza. Pertanto, non desta sorpresa il fatto che proprio in tale periodo l'offensiva dell'ideologia animalista si faccia più insistente e tenda ad affinare le armi in vista di una sua maggiore presa sul cittadino medio.
Il messaggio pubblicitario è una delle tecniche maggiormente utilizzate per influenzare l'opinione pubblica: si spazia dall'ormai nota campagna diretta e aggressiva contro gli abbandoni che recita così: «Se lo abbandoni il bastardo sei tu», fino ad arrivare a quelle più subdole che fanno leva su sentimenti ed affetti. A tal riguardo, è recentemente apparsa su alcuni cartelloni pubblicitari sparsi per le strade della capitale, una campagna a favore dell'adozione degli animali che ritrae una donna, all'apparenza di mezza età, che abbraccia un cane, con su scritto il seguente messaggio: «La felicità... la puoi abbracciare. Adotta un cane e la tua vita sarà più completa».
Le parole felicità, cane e completa sono rimarcate in rosso in modo da mettere bene in evidenza il fulcro del messaggio che consiste, evidentemente, nell'incoraggiare le persone sole o segnate da esperienze fallimentari (non a caso l'espressione della donna non è gaia e spensierata come nella maggior parte delle immagini pubblicitarie) a riversare il loro affetto sull'animale domestico. In questo caso, si vuole far passare il concetto che il rapporto con l'animale non rappresenti semplicemente il riempitivo di una vita priva di soddisfazioni ma, al contrario, costituisca addirittura il naturale completamento dell'esistenza!
Come tutte le ideologie antiumane anche quella animalista non fa eccezione sfruttando un proposito buono (la difesa degli animali) al fine di raggiungere obiettivi perversi: il sovvertimento dell'ordine naturale e la destabilizzazione della società.

Fonte: Corrispondenza Romana, 01/08/2012

3 - CARLO CASINI, PRESIDENTE DEL MOVIMENTO PER LA VITA, FA DICHIARAZIONI IN STILE ''PRO CHOICE'' A RADIO24
I ''pro choice'' (= a favore della scelta della donna) non sono contrari ai Centri Aiuto alla Vita, perché essi rafforzano l'ideologia della scelta; invece i ''pro life'' (= a favore della vita del concepito) sosterranno sempre che lo Stato deve vietare l'aborto
Autore: Massimo Micaletti - Fonte: Comitato Verità e Vita, 10/08/2012

Il 20 luglio mi trovo in auto, come spesso accade verso le 20, ad ascoltare la trasmissione "La Zanzara" su Radio24. [...] Si parla di coppie gay e matrimoni gay e chi viene intervistato? Carlo Casini. Carlo, non Pierferdinando Casini: ci riferiamo dunque al Presidente del Movimento per la Vita Italiano.
Ora, Radio24 è una signora platea, una platea che il Movimento per la Vita raramente ha avuto, per giunta al di fuori delle solite "riserve indiane" rappresentate dalle trasmissioni a sfondo religioso o dalle radio confessionali.
Bene.
Cruciani attacca sui matrimoni gay, ma poi tocca il tema aborto. Ed incalza Casini sul punto. [...] Casini dichiara inizialmente che l'aborto è la soppressione di un bambino nel seno della madre, sovvertendo abilmente il discorso sulla discriminazione degli omosessuali definisce l'aborto "una gravissima discriminazione verso i bambini non nati". Chapeau.
A quel punto, come di sua impronta, Cruciani porta Casini alle strette e gli chiede se cancellerebbe l'aborto legale. Parenzo ci mette il carico "Sì. Ma certo che sì, l'ha già detto!". Beh, se l'ha detto, perché non confermarlo? Perché non dire che l'aborto legale è un crimine legalizzato, come del resto il Movimento per la Vita sostiene da sempre in ogni sede?
Casini però tituba: dapprima asserisce che la donna che abortisce non va punita, poi risponde che cambierebbe radicalmente la 194, a tutela della vita. Asserisce, poi, magistralmente, che il problema dell'aborto non è un problema di "settimane", che un concepito di quattro settimane ha pari dignità rispetto ad uno di dodici.
Ma Cruciani è troppo furbo e chiede "E se una donna decide di abortire lo stesso?"; allora, Casini riprende la premessa sulla non punibilità della donna e ritiene che possa essere un atto "tollerato", seppur non un diritto. Ovviamente, si tratta di "tolleranza" sul piano giuridico, non su quello morale: Casini ritiene che possa assimilarsi al consumo di droga, che non è in effetti un diritto ma non viene punito dallo Stato. E propone e rivendica con orgoglio l'esperienza dei Centri aiuto alla Vita. Insomma, l'aborto legale, va bene no? La domanda non è se sia una bella cosa, ma se è giusto che sia consentito per legge. La risposta si perde tra distinguo e volontariato.
Ora, chiunque ascolti quei pochi minuti di intervista può farsi un'idea ed esprimere, se ritiene, le proprie considerazioni. Le mie sono queste, e non sono neppure tutte.
L'aborto è, come ha detto Carlo Casini, la soppressione di un figlio nel grembo della madre: ora, come si può sostenere che debba essere un atto "tollerato", al pari del consumo di droga o della prostituzione? Lo Stato non solo non deve finanziare l'aborto, ma deve combatterlo in ogni modo. La risposta dei Centri Aiuto alla Vita non è sufficiente e non certo per manchevolezze delle strutture – che sono rette da persone che alle mamme ed ai loro bambini danno, letteralmente, la vita – ma perché deve essere affiancata da una strenua, coerente azione culturale. E perché tale azione culturale sia incisiva, bisogna aver in primis presenti la crudeltà e violenza che l'aborto è. Se si hanno presenti questa crudeltà e questa violenza, si deve necessariamente concludere che l'aborto è intollerabile sul piano morale come su quello giuridico. C'è una sorta di reticenza, su questo punto, che purtroppo l'On.le Carlo Casini non riesce, da qualche tempo, a superare.
Già qualche anno fa, ad esempio, in un'intervista al Foglio Casini dichiarò che la Legge 194 non andava modificata ma applicata meglio ed integralmente. Specificamente, sul foglio del 24 maggio 2007 dichiara: "Sentiamo la necessità di creare le condizioni nella società per ricorrere all'aborto solo come ultima istanza, che da eccezione sta diventando la regola per molte donne. Una serie di dati raccolti negli ultimi anni dimostrano come la legge 194 non sia sbagliata, ma in molti casi solo disattesa o valutata in modo banale da alcuni medici": solo su segnalazione del Comitato Verità e Vita si trovò a correggere il tiro in una "Lettera al Direttore" dello stesso quotidiano, il quale però rispose seccamente che il giornalista non aveva fatto altro che trascrivere quanto Casini aveva dichiarato. E questo è uno degli episodi.
Ora, questo stato di cose rivela almeno due dati preoccupanti.
Il primo è che Carlo Casini, come del resto moltissimi che si impegnano sul fronte della Vita, pare aver perduto il senso della gravissima distinzione tra l'aborto come scelta personale e l'aborto come fenomeno regolato dallo Stato: sono due ambiti radicalmente diversi, che partendo dal medesimo fondamento dell'aborto quale distruzione di una vita devono giungere alla medesima risposta di condanna, ma per vie diverse. Ad esempio: quando si parla di aborto legale raramente si considera che la 194 scrimina non solo la madre che chiede la distruzione del feto, ma anche e soprattutto il medico che materialmente la compie (il quale viene pure pagato per quel che fa). Raramente, inoltre, si considera che se davvero la (fallata e fallace) premessa dell'aborto legale è la tutela della salute della donna esiste sterminata letteratura scientifica che smentisce l'assunto secondo cui la donna che ha abortito starebbe meglio di una che, nelle medesime condizioni abbia deciso di tenere il bambino: non è vero che una donna che fa quello che vuole poi sta meglio (questo vale anche per l'uomo, ma per ora gli uomini non riescono ancora ad abortire). Raramente, infine, si ha presente che rendere giuridicamente lecito un comportamento lo incentiva e che pertanto il divieto legale porta necessariamente ad una sua riduzione, con buona pace delle inesistenti ed inconsistenti argomentazioni dei Radicali.
Il secondo dato – ben più grave – è che la prospettiva dell'Onorevole Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita Italiano, è orma de facto una prospettiva pro choice.
Se al problema dell'aborto legale noi rispondiamo con i Centri Aiuto alla Vita vuol dire che lavoriamo solo ed esclusivamente nell'ottica dell'alternativa, e non della tutela della vita in quanto tale. E se lavoriamo nell'ottica dell'alternativa, siamo dell'ottica della scelta. E se siamo nell'ottica della scelta, siamo in un'ottica pro choice: restrittiva, argomentata, anche confessionalmente sostenuta, ma sempre pro choice.
Ed è pro choice perché presta una tacita o addirittura esplicita acquiescenza al fatto che lo Stato offra alle madri la possibilità di abortire e paghi medici perché ciò avvenga. Sì, si protesta; sì è una brutta cosa; sì sarebbe meglio "limitarlo" (ogni volta che sento il verbo "limitare" su queste tematiche, metto mano alla pistola!): però resti dov'è, noi lavoriamo all'alternativa.
Nessun abortista – salvo qualche femminista ferma al 68 – può dirsi contrario all'esistenza dei Centri Aiuto alla Vita, perché essi rafforzano (ovviamente, involontariamente) l'ideologia della scelta, della "pari opportunità" tra vita e morte, tra far nascere un bimbo o abortire. E' questa l'ottica del Movimento per la Vita?
Quando mi sono avvicinato al Movimento per la Vita Carlo Casini disse che noi dovevamo essere coloro che danno voce a chi non ne ha, riferendosi al concepito. Bene. Cosa direbbe un concepito sapendo che la mamma sta per scegliere liberamente, impunemente, se farlo risucchiare da un aspiratore o farsi aiutare da un Centro Aiuto alla Vita? Direbbe che stiamo facendo un buon lavoro? E' sufficiente costruire un'alternativa? E' sufficiente dire, come Barbara D'Urso, "io non lo farei mai ma non posso impedire ad un'altra di farlo? Siamo davvero a posto con la nostra coscienza?
Non dovremmo forse impegnarci affinché quella scelta tra vita e morte diventi in sé illecita per il nostro Stato? Non dovremmo impegnarci per la tutela vera e reale, anche giuridicamente e penalmente presidiata, della vita di tutti gli esseri umani? E non dovremmo rivendicare questo impegno, i suoi fondamenti, i suoi obiettivi, con orgoglio e motivandolo razionalmente?
Di cosa abbiamo paura nel dire che la soppressione del nascituro è un crimine che la legge deve reprimere? Che qualcuno possa dire che riteniamo che la madre che chiede l'interruzione di gravidanza sia un'assassina?
Non cadiamo nella trappola della "mamme assassine": nessuno, neppure un pazzo integralista medioevaloide come il sottoscritto direbbe tout cour che ogni mamma che abortisce è un'assassina. Esistono molte ragioni che determinano una donna ad abortire, ed alcune meritano comprensione per la madre; nessuna di tali ragioni comporta la giustificazione per il gesto, che è e resta un gesto distruttivo di una vita, salvo ovviamente il pericolo di vita per la madre [in tal caso l'aborto è consentito anche dalla morale cattolica come effetto secondario non voluto anche se previsto, per il principio del duplice effetto. N.d.BB].
Non siamo noi che giudichiamo la donna che chiede di abortire ma dobbiamo dire forte che una madre che chiede di abortire chiede che l'essere umano che porta in grembo sia distrutto. Lo dobbiamo dire senza paura di nessuno. Non diciamo nulla di male anche se probabilmente del male ce ne faranno e ce ne hanno già fatto. E dobbiamo dire anche che il medico che l'asseconda è gravemente responsabile di quella distruzione, senza alcuna giustificazione. E dobbiamo aggiungere con coraggio (serve solo il coraggio, gli argomenti non mancano) che lo Stato deve vietare, rendere illegale una pratica barbara che ha distrutto sinora milioni di esseri umani in Italia e nel mondo, senza migliorare la vita di nessuno.

Fonte: Comitato Verità e Vita, 10/08/2012

4 - RICORDATE IL PRESIDENTE CHE ALZO' LA COPPA DEL MONDO DI CALCIO NEL 1982? FU L'UNICA COSA BUONA
Per il resto Sandro Pertini, fu un insipido Capo dello Stato, esaltato dai media, ma che compì due gesti ripugnanti: baciare il feretro del boia delle Foibe e concedere la grazia a Mario Toffanin che si macchiò della strage di Porzus
Fonte Il Jester, 07/02/2012

Che noi italiani abbiam poco orgoglio nazionale, è ormai un dato di fatto, una regola sociale consolidata e più volte confermata. La cultura marxista-leninista che ha invaso ogni sospiro culturale in questo paese, ha demolito quel poco di identità nazionale che avevamo, già prima del periodo fascista. Ma è davvero difficile rimanere indifferenti davanti a una scuola profondamente ideologica e partigiana che non insegna alle nuove generazioni la tragedia dei giuliano-dalmata, o se la insegna loro, la insegna come una nota a piè di pagina da saltare velocemente. Questa è la scuola 'comunista' che qualche governo di centrodestra ha tentato (maldestramente e vanamente) di raddrizzare.
Però non è della scuola e delle sue deficienze culturali-politiche che voglio parlarvi. Come avrete intuito, voglio parlarvi 'dell'adorato' e diciamo mitizzato Sandro Pertini. Il presidente buono, quello del Mundial 1982. Quello che tutti ricordano come un santo laico che innalza al cielo la coppa del mondo più amata di sempre, forse perché vinta proprio contro gli ex alleati tedeschi che Sandro Pertini combatté quand'era un partigiano.
Non posso certo qui fare una retrospettiva di Sandro Pertini, anche perché non ne sarei in grado. Ma intendo narrarvi due episodi che seppure non demoliscono il mito del Presidente partigiano, quantomeno lo ridimensionano e ne danno una lettura che dovrebbe far riflettere. E precisamente, ve lo voglio raccontare in relazione alla tragedia delle Foibe e di Porzûs che agli inizi degli anni '80 erano solo appena sussurrate negli ambienti della destra extraparlamentare e completamente ignorate dalla storiografia ufficiale,  comunista-partigiana. Parlare di queste tragedie che imbrattavano l'ideologia della Resistenza si rischiava di essere bollati fascisti e revisionisti.
Ebbene, Tito, il dittatore jugoslavo comunista, morì nel 1980. L'allora presidente Sandro Pertini — il presidente più amato dagli italiani... e credo dagli ex jugoslavi — anziché restarsene al Quirinale, andò a rendergli omaggio, ignorando (si fa per dire) del tutto quel che accadde nell'Istria tra il '43 e il '45. Ignorando la tragedia delle Foibe e quanto i comunisti, sotto gli ordini diretti di Tito, combinarono a danno degli italiani, colpevoli solo di essere italiani. Nessun capo di Stato che avesse avuto un minimo di senso nazionale avrebbe mai reso omaggio al macellaio del suo popolo. Ma Sandro Pertini lo fece. E non si limitò a rendergli omaggio con la sua presenza, ma baciò persino il suo feretro e la bandiera nel quale era avvolto.
Questo fece Sandro Pertini, nonostante le urla di sangue e dolore degli infoibati e degli esuli che fuggirono dall'Istria e Dalmazia. E questo fu solo un episodio (forse il più eclatante). Da bravo socialista partigiano, appartenente alla vecchia scuola (quella di Nenni e Matteotti), Pertini concesse persino la Grazia a Mario Toffanin, altrimenti noto come il 'Giacca'. Un partigiano che durante la guerra aveva compiuto (con la complicità di altri partigiani comunisti) la strage di Porzûs per la quale, nel 1954, la Corte d'Assise di Lucca lo aveva condannato all'ergastolo. Pena a cui erano stati sommati altri trent'anni di reclusione per sequestro di persona, rapina aggravata, estorsione e concorso in omicidio aggravato e continuato. Mario Toffanin, tuttavia, non sconterà mai queste pene, perché riuscirà a riparare in Jugoslavia, godendo persino della pensione italiana che la Grazia di Pertini gli aveva permesso di percepire dall'estero (l'ex partigiano infatti non rientrerà mai più in Italia).
E questo è tutto. Posso solo dire che è triste pensare che l'unico atto di orgoglio 'nazionale' di Sandro Pertini riguardò un episodio poco significativo nella storia italiana: l'esultanza al Santiago Bernabeu, quando l'Italia vinse la coppa del mondo di calcio. Per il resto, solo l'oblio e la memoria storica cancellata e mai narrata per mitizzare i vincitori. Quelli di cui lo stesso Presidente partigiano fece parte.

Nota di BastaBugie: per approfondire uno degli episodi più oscuri della resistenza si può guardare il film "Porzus" del 1997 andando al link sottostante
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=6

Fonte: Il Jester, 07/02/2012

5 - LE DONNE CHE MI FANNO PIU' TENEREZZA SONO QUELLE CHE NON RICONOSCONO IN SE' LA FRAGILITA'
Ho conosciuto femministe per la liberazione sessuale e l'aborto, ma non erano libere, emancipate, autonome, bensì fragili e spaventate dalla solitudine; ho visto donne di successo, e ho letto nei loro occhi la paura del giorno in cui lo avrebbero perso
Autore: Costanza Miriano - Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 24/07/2012

Le donne che mi fanno più tenerezza in assoluto sono quelle che non riconoscono la propria fragilità, il loro bisogno di uno sguardo benevolo che si posi su di sé. Quelle che non sanno che "verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà".
Perché siamo tutte così, tutte desideriamo che l'altro ci rimandi la nostra immagine attraverso i suoi occhi. Riconoscere la nostra fame è il primo passo per saziarla.
Ho conosciuto delle femministe vere, dure e pure, quelle della prima ora, le madrine della liberazione sessuale e dell'aborto. Altro che donne liberate, emancipate, autonome. Non ho mai visto persone più fragili e spaventate dalla solitudine, soprattutto quando gli anni della giovinezza erano ormai lontani. Ho conosciuto donne di potere, e mi sono sembrate incredibilmente insicure, almeno su qualcuno dei fronti della loro vita. Ho conosciuto donne di successo, e ho letto nei loro occhi la paura del giorno in cui lo avrebbero perso, quel successo diventato fonte di identità.
Per la donna è assurdo che ci sia qualcuno che non la ami, o non la stimi. Questo è un dato di fatto. Poi dipende dal suo livello di sanità mentale, di equilibrio, di maturità, il modo in cui cercherà di colmare la sua voragine interiore. [...]
Sapere di sé, di questa sete, aiuta a riconoscere nelle circa sei – settecento volte in cui ogni giorno si viene ferite, o si vedono comunque deluse le proprie attese, quanto di questa trafittura dipenda da noi, dalla nostra fragilità – molto – e quanto invece dalle mancanze degli altri.
L'unico amante che non si dimentica mai un gesto di attenzione, che non si distrae, l'unico amico che non tradisce mai, né dice mai "oggi non ho tempo", l'unico fratello sempre generoso, l'unico padre sempre accogliente è quel Dio che si è fatto uomo ed è morto per noi, e che quindi ha fatto il massimo che si possa anche solo sognare.
La mia amica suor Fabiana è una donna riuscita e fiorita pienamente. [...] Mi ha invitata ad Assisi, e pur essendo andata a cena con un'ampia fornitura di figli e nipoti, mi sono riposata come non mi capitava credo da una dozzina di anni. Lei e le sue sorelle e con loro una schiera di postulanti (sì, ci sono anche conventi che hanno ancora schiere di postulanti) hanno trastullato tutti con un ampio ventaglio di attività, comprendenti per la cronaca anche il suono della tromba. Una generosità allegra e sovrabbondante.
Ho chiesto a suor Fabiana il loro, il suo segreto – mi servisse se non altro per la pelle. Nonostante il suo pudore ho capito che è un rapporto personale con quel tipo di cui dicevo sopra, e la meditazione, mai lasciata neanche un giorno, anche tra le grandi responsabilità che lei ha nell'intera provincia dell'ordine. Ritagliata tra le tante cose da fare, e aggiunta agli impegni di preghiera collettivi. Un impegno che riempie e nutre e guarisce.
È solo la preghiera che rende liberi di non inseguire quello che possa colmarci, ma anzi capaci di dare e farci carico, non per eroismo, ma per una sovrabbondanza che non può che traboccare, naturalmente.

Fonte: www.costanzamiriano.wordpress.com, 24/07/2012

6 - IL GIUDIZIO DI MASSIMO INTROVIGNE DOPO LA CONDANNA DEL TRIO PUNK DELLE ''PUSSY RIOT''
Nella cattedrale di Mosca hanno chiamato ''puttana'' il patriarca ortodosso e hanno cantato ''La merda, la merda, la merda del Signore'' scimmiottando la liturgia ortodossa
Fonte La Stampa, 17/08/2012

Una voce fuori dal coro, dopo la condanna delle Pussy Riot, è quella del sociologo torinese Massimo Introvigne, coordinatore dell'Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli Esteri. "Certamente - osserva il sociologo - le voci che protestano contro condizioni di detenzione troppo dure e una pena troppo severa meritano di essere ascoltate, tenuto conto della situazione personale delle giovani imputate". "Tuttavia - prosegue Introvigne - non si può, come alcuni fanno, andare oltre ed esaltare il gesto per cui le Pussy Riots sono state condannate. Ho l'impressione che non tutti conoscano esattamente i fatti. Le Pussy Riot hanno cantato una canzone dove non si limitano ad affermazioni politiche ma chiamano il patriarca ortodosso 'puttana', e il cui ritornello fa il verso alla liturgia ortodossa ripetendo 'La merda, la merda, la merda del Signore'. E non l'hanno cantata in un loro locale, e neppure in una piazza, ma nella cattedrale di Mosca, uno dei luoghi più santi dell'ortodossia russa".
"Come sempre - afferma Introvigne - trovare l'equilibrio fra la libertà di espressione e il diritto delle confessioni religiose a non essere offese, specie nei loro luoghi di culto, è delicato. Ma non è giusto aggredire la Chiesa Ortodossa russa quando presenta, non senza buone ragioni, la presunta performance 'artistica' delle Pussy Riot come una violazione dei diritti dei cristiani all'integrità dei loro luoghi di culto, che non possono indiscriminatamente diventare teatro di proteste politiche, anche giustificate, nel corso delle quali si offende la sensibilità della comunità cristiana".
"Che alcuni sostenitori delle Pussy Riot siano talora animati da cristianofobia - conclude Introvigne - è confermato dal gesto delle 'contestatrici in topless' Femen, che nella piazza principale di Kiev hanno abbattuto con una motosega quella che non è, come è stato scritto, una semplice croce, ma un crocifisso con l'immagine di Gesù Cristo, che è stato gettato nella polvere urlando slogan anti-religiosi".

Fonte: La Stampa, 17/08/2012

7 - GOOGLE LANCIA LA SUA CAMPAGNA ANTIDISCRIMINAZIONE PRO-GAY INTITOLATA ''LEGALIZE LOVE''
Però non tutti i discriminati sono uguali: ne sanno qualcosa i 200.000 cristiani discriminati in Arabia Saudita, Egitto, India, Cina, Uzbekistan, Nigeria, Vietnam, Corea del Nord... per loro Google non organizza nessuna campagna antidiscriminazione
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: Corrispondenza Romana, 13/07/2012

Sabato scorso, 9 luglio 2012, al più importante raduno mondiale della comunità LGBT (Global LGBT Workplace Summit) tenutosi – non a caso – a Londra, il colosso informatico Google ha lanciato una personale campagna pro-gay intitolata Legalize Love. Il comunicato ufficiale che annuncia l'evento ha un titolo emblematico: «I diritti LGBT sono diritti umani». Anche l'incipit non scherza: «Noi di Google siamo orgogliosi di essere riconosciuti come leader nella lotta per i diritti della comunità LGBT, anche se c'è ancora molta strada da percorrere in quella direzione».
Legalize Love rappresenta una tappa di tale percorso. Lo scopo ufficiale dell'iniziativa sarebbe quello di promuovere condizioni più sicure per i dipendenti LGBT di Google che si trovano ad operare nelle settanta sedi sparsi in tutto il mondo, e particolarmente in quelle nazioni ove sono in vigore legislazioni considerate omofobe.
In realtà si tratta di una potente azione di propaganda ideologica in favore delle lobby omosessuali. Nel comunicato, del resto, Google non ne fa un mistero. Viene, infatti, ricordata la lunga tradizione di sostegno a tutti i Gay Pride celebrati nel mondo, compresi, ovviamente, quelli di quest'anno, in cui più di 1.500 Googler (così si chiamano i collaboratori di Google) hanno marciato, tra l'altro, anche a Boston, Chicago, New York, San Francisco, San Paolo, Tel Aviv e Varsavia.
Al World Pride di Londra, invece, hanno partecipato tutti i Gaygler (così si chiamano i collaboratori orgogliosamente gay di Google) provenienti da una dozzina di nazioni. Ma il sostegno non si limita certo alla variopinte parate. Sempre nel comunicato, Google rivendica con orgoglio anche il fatto di aver organizzato numerose attività con lo scopo di "educare" la comunità internazionale sui diritti e l'integrazione LGBT, attraverso seminari, conferenze, training svolti presso le sue sedi. Segue un lungo e dettagliato elenco.
Un dato interessante per comprendere la potenza di fuoco finanziaria che sta dietro questa macchina di propaganda, è quello relativo alle società multinazionali che hanno sottoscritto una partnership con Google per essere coinvolti nella campagna Legalize Love. Basta citare due nomi per tutti: Citigroup, la più grande azienda di servizi finanziari del mondo, e Ernst & Young, una delle "Big Four", ovvero una della quattro maggiori reti societarie a livello internazionale che si occupa dei servizi professionali alle imprese (revisione di bilancio, consulenza aziendale, finanziaria, fiscale e legale).
Non tutti i discriminati sparsi sulla Terra, purtroppo, possono vantare simili amici e sponsor. Ne sanno qualcosa i 200.000 cristiani discriminati in Arabia Saudita, Bangladesh, Egitto, India, Cina, Uzbekistan, Eritrea, Nigeria, Vietnam, Yemen e Corea del Nord. Per loro Google non ha ritenuto di organizzare alcuna campagna.
In realtà il coacervo di interessi che sta dietro il più grande Motore di Ricerca della Rete sembra essere attratto solo dai temi che possono definirsi politicamente corretti. Questa di Legalize Love, infatti, non è la prima incursione di Google nel terreno incoerente ed insensato della political correctness. Ricordo, infatti, che quattro anni fa, nell'aprile 2008, affiancai gli amici di The Christian Institute, organizzazione britannica pro-life, nella battaglia legale intentata proprio contro Google a causa del suo rifiuto di pubblicare un comunicato in tema di aborto.
Il gigante di Internet si oppose alla pubblicazione sull'assunto che la sua politica editoriale non riteneva opportuna la diffusione nei siti web di comunicati che «correlassero il tema dell'aborto a considerazioni di natura religiosa». The Christian Institute incaricò i propri legali di promuovere un'azione giudiziaria contro Google sulla base della violazione dell'Equality Act, la legge britannica del 2006 che vieta ogni forma di discriminazione religiosa.
In quell'occasione fu davvero paradossale constatare come Google, che da sempre si proclama impegnato nella diffusione degli ideali di libertà di pensiero e di libero scambio di idee, abbia censurato il comunicato in questione definendone il contenuto «inaccettabile». A seguito di quell'azione giudiziaria, Google concluse una transazione stragiudiziale e accettò di rivedere la propria posizione, autorizzando The Christian Institute e ogni altra associazione religiosa a pubblicare comunicati connessi alle proprie finalità associative in tema di aborto.
Si è dovuto ricorrere ai magistrati per ottenere quel risultato, e per far applicare una legge antidiscriminatoria nei confronti di chi oggi pretende di combattere ogni forma di discriminazione verso gli omosessuali. Le solite immancabili contraddizioni del politically correct.

Fonte: Corrispondenza Romana, 13/07/2012

8 - LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA: I PRINCIPI DI SOLIDARIETA' E DI SUSSIDIARIETA'
Lo Stato esiste per aiutare il singolo e le comunità, senza sostituirsi a loro, come invece fanno statalismo, burocrazia, totalitarismo e tecnocrazia
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Il Timone, giugno 2012 (n.104)

Sul Timone del mese scorso abbiamo svolto una ricognizione sul concetto di bene comune, così spesso invocato (soprattutto in ambito politico), ma raramente inteso correttamente. Come anticipato, dal concetto di dignità umana derivano sia il (corretto) concetto di bene comune, sia il principio di solidarietà e quello di sussidiarietà.
 
IL PRINCIPIO DI SOLIDARIETÀ
 
II principio di solidarietà deriva (specialmente) dalla dignità umana. Infatti, visto che ogni uomo è incommensurabilmente prezioso, ne segue che una qualche premura nei suoi riguardi è doverosa. Dal punto di vista della storia delle idee, è risaputo dagli studiosi che il concetto di un obbligo di solidarietà verso chiunque, nessuno escluso, è stato introdotto dal cristianesimo ed è un suo merito imperituro. Il cristianesimo ha infatti stabilito come dovere:
- la premura verso tutti i malati. Non è un caso che l'ospedale (come luogo in cui vengono curati tutti, e non solo alcuni) sia un'invenzione della Chiesa;
- la solidarietà verso tutti i poveri (non solo verso quelli del proprio gruppo, religione, ecc.);
- la sollecitudine verso tutte le vittime, cioè nei riguardi di coloro che versano in condizioni di oppressione, di ignoranza, di ingiustizia, il rifiuto di ricorrere a dei capri espiatori (rimandiamo allo scrittore Rene Girard).
Anche presso le altre culture e religioni si ritrovano persone solidali verso chiunque, ma esse agiscono in questo modo a titolo personale, non per un obbligo della loro cultura o religione.

IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
 
II principio di sussidiarietà, dal canto suo, regola il modo in cui lo Stato (ma non solo) deve attuare la solidarietà. Esso afferma che è sbagliato togliere a una persona e affidare ad una comunità ciò che la persona può fare con le proprie forze e con la propria iniziativa o grazie a un aiuto, e che è ingiusto togliere a una comunità minore e affidare a una comunità maggiore, o allo Stato stesso, ciò che la comunità minore è in grado di fare da sola o con un aiuto: il compito dello Stato è aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già atrofizzarle, distruggerle o assorbirle. In altri termini, lo Stato esiste per aiutare il singolo e le comunità, deve aiutare il singolo e le varie comunità intermedie senza sostituirsi ai singoli ed alle comunità in tutto ciò che i singoli e le comunità sono in grado di svolgere da soli o con un sostegno.
Qual è la fondazione del principio di sussidiarietà? Perché lo Stato non deve sostituire il singolo e le comunità intermedie e deve solo aiutarli? Per almeno tre motivi.
1) Perché ogni persona e ogni comunità hanno qualcosa di originale da offrire alla società, cosicché è più vitale ed efficiente un organismo sociale le cui membra sono piene di vita e di iniziativa rispetto a quello in cui le membra sono passive e atrofiche. Tra l'altro, mentre lo Stato centrale è lontano dal territorio da governare, viceversa il comitato di quartiere, il Comune, ecc. sono sul territorio e quindi sono molto più a conoscenza delle sue caratteristiche e dei fatti che vi avvengono.
2) Perché la persona si autorealizza attraverso l'agire (sia l'abilità sia la virtù si acquisiscono mediante la ripetizione di atti), dunque non bisogna tarpare l'agire e l'iniziativa.
3) Perché la dignità della persona esige che se ne promuova l'iniziativa, la responsabilità e la libertà (purché non usata in modo ingiusto verso altri), invece che deresponsabilizzarla ed umiliarla togliendole le mansioni. Se un capoufficio ci toglie le mansioni che siamo capaci di svolgere ci mortifica.
 
IL CASO DELL'EDUCAZIONE
 
Ad esempio, l'educazione non spetta allo Stato, bensì è un diritto-dovere dei genitori che sono sì in grado, se sono sufficientemente preparati, di educare i figli, ma non di riuscire ad istruirli del tutto (l'educazione e l'istruzione, pur tra loro connesse, non sono la stessa cosa). Perciò è necessaria l'istituzione di scuole che istruiscano e che inoltre proseguano l'attività educativa in sintonia coi genitori. Lo Stato deve allora aiutare le famiglie sia costituendo scuole statali, sia dando alle famiglie dei buoni scuola mediante cui esse possano iscrivere i figli nelle scuole che maggiormente convergono con i loro ideali educativi.
 
PRATICHE PRO/CONTRO LA SUSSIDIARIETÀ
 
Alla luce di quanto abbiamo detto fin qui, è probabilmente facile comprendere quali siano le pratiche che si oppongono/corrispondono al principio di sussidiarietà. Ad esempio, come dice il Compendio della dottrina sociale della Chiesa (n. 187), contro il principio della sussidiarietà contrastano «forme di accentramento, di burocratizzazione, di assistenzialismo, di presenza ingiustificata ed eccessiva dello Stato e dell'apparato pubblico: "Intervenendo direttamente e deresponsabilizzando la società, lo Stato assistenziale provoca la perdita di energie umane e l'aumento esagerato degli apparati pubblici, dominati da logiche burocratiche più che dalla preoccupazione di servire gli utenti, con enorme crescita delle spese".
Il mancato o inadeguato riconoscimento dell'iniziativa privata, anche economica, e della sua funzione pubblica, nonché i monopoli, concorrono a mortificare il principio della sussidiarietà».
Al principio di sussidiarietà corrispondono «il rispetto e la promozione effettiva del primato della persona e della famiglia; la valorizzazione delle associazioni e delle organizzazioni intermedie, nelle proprie scelte fondamentali e in tutte quelle che non possono essere delegate o assunte da altri; l'incoraggiamento offerto all'iniziativa privata, in modo tale che ogni organismo sociale rimanga a servizio, con le proprie peculiarità, del bene comune; l'articolazione pluralistica della società e la rappresentanza delle sue forze vitali; la salvaguardia dei diritti umani e delle minoranze; il decentramento burocratico e amministrativo; l'equilibrio tra la sfera pubblica e quella privata, con il conseguente riconoscimento della funzione sociale del privato; un'adeguata responsabilizzazione del cittadino nel suo "essere parte" attiva della realtà politica e sociale del Paese».
 
TOTALITARISMO, TECNOCRAZIA, BUROCRAZIA
 
E se la democrazia è un'espressione elevata della sussidiarietà, perché coinvolge i singoli nella promozione del bene comune, la tecnocrazia è invece una negazione del coinvolgimento del singolo, in definitiva è un esproprio della libertà. La partecipazione delle persone è negata specialmente da un regime «totalitario o dittatoriale, in cui il fondamentale diritto a partecipare alla vita pubblica è negato alla radice». Ma è negata altresì «dai Paesi in cui tale diritto è enunciato soltanto formalmente, ma concretamente non si può esercitare». Ed è negata infine «da altri [Paesi] ancora, in cui l'elefantiasi dell'apparato burocratico nega di fatto al cittadino la possibilità di proporsi come un vero attore della vita sociale e politica».

Fonte: Il Timone, giugno 2012 (n.104)

9 - OMELIA XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B - (Gv 6,60-69)
Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26 agosto 2012)

Prima di entrare nella Terra Promessa, Giosuè mette gli israeliti di fronte a una scelta: i falsi dèi o il Signore. Giosuè disse a tutto il popolo: «Sceglietevi oggi chi servire [...] quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore» (Gs 24,15). Il popolo rispose che sceglieva la fedeltà a Dio, e disse: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi» (Gs 24,16). Il popolo riconobbe tutti i benefici che Dio gli aveva elargito, che lo aveva liberato dalla condizione servile in cui era assoggettato in Egitto, che aveva compiuto grandi segni e prodigi dinanzi ai suoi occhi e lo aveva custodito lungo il non facile cammino dell'esodo. Così venne rinnovata l'Alleanza con Dio e gli israeliti si prepararono ad entrare nella terra che Dio aveva loro promesso.
La stessa situazione la ritroviamo nel brano del Vangelo. Gesù mette i suoi discepoli di fronte a una scelta molto precisa: o stare con Lui ed accogliere il suo insegnamento, oppure andare via. Non è possibile una via di mezzo. Il testo dice che molti dei discepoli rimasero scandalizzati dal discorso che Gesù fece loro, il discorso del "Pane di vita": come era possibile che Gesù desse loro la sua Carne da mangiare e il suo Sangue da bere? Gesù non fa nessuno sconto. Al suo posto, molto probabilmente, noi avremo fatto di tutto per trovare una soluzione ambigua che accontentasse tutti. Gesù non fece così e ripropose letteralmente il solito insegnamento senza mitigarlo. Il Vangelo ricorda che «da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui» (Gv 6,66).
Da questo episodio impariamo la necessità di essere pienamente fedeli all'insegnamento di Gesù e alla voce della Chiesa, la quale, grazie all'assistenza dello Spirito Santo, insegna infallibilmente le verità di fede e di morale. Non si possono fare riserve e la Chiesa non può sacrificare una parte di verità per un mal inteso "quieto vivere". Gesù, prendendo la parola, disse poi agli Apostoli: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Egli non fa nulla per trattenerli, non cerca una mediazione. Allora Pietro, a nome di tutti, disse con decisione: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv 6,68).
Solo l'insegnamento di Gesù sazia la nostra fame e sete di verità, tutto il resto ci lascerà sempre inappagati. In proposito, è molto bello leggere quanto accadde a san Giustino che fu un martire dei primi secoli del Cristianesimo. Egli era un grande filosofo che si era messo sinceramente alla ricerca della verità. Aveva studiato tutte le filosofie, ma di tutte era rimasto deluso. Intuiva che vi era la verità, ma che ancora si nascondeva agli occhi della sua mente.
Mentre era nei pressi del mare e pensava alla verità, incontrò un anziano che in seguito mai più rivide. Egli gli parlò di Gesù Cristo, e gli fece capire che la verità da lui tanto cercata si trova nella Sacra Scrittura. Folgorato dalla grazia, san Giustino comprese che il Cristianesimo è l'unica Verità e comprese, come san Pietro, che solo Gesù ha parole di vita eterna. Si fece cristiano e, in seguito, affrontò valorosamente il martirio a Roma, dove nel frattempo si era trasferito. In una sua opera, egli così scrisse: «Il cristianesimo è la sola vera e utile filosofia».
Alcuni secoli dopo, sant'Agostino così scriveva: «Ci hai fatti per Te, o Signore, ed è inquieto il nostro cuore finché non riposa in Te». Anch'egli si convertì dopo lunghi anni di ricerca. Anch'egli aveva aderito un po' a tutte le correnti filosofiche in cerca della verità, e anch'egli, come san Giustino, era rimasto profondamente deluso di tutto. Finché non incontrò Gesù, e fu allora che pronunciò la frase poco prima ricordata. Come ben sappiamo, la sua conversione fu dovuta molto alle preghiere e alle lacrime della sua santa madre, santa Monica. Era impossibile – come ebbe a dire a lei lo stesso Vescovo – che il figlio di tante lacrime non si convertisse.
Proprio in questi giorni celebreremo la memoria di questi due santi, di santa Monica, il 27 agosto, e di sant'Agostino il 28 agosto. Sant'Agostino divenne poi sacerdote e vescovo, e fu uno dei più grandi teologi della Chiesa. Di questo ringraziò la sua mamma, la quale, per così dire, lo diede alla luce due volte: la prima volta quando nacque; la seconda volta quando scoprì che la verità è Gesù Cristo.
Come per sant'Agostino, anche per noi il cuore non avrà pace finché non riposerà nel Signore, perché solo il Signore ha parole di vita eterna. Solo quando noi ci arrenderemo alla verità, rivelata da Gesù Cristo e insegnata infallibilmente dalla Chiesa, vivremo nella pace.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26 agosto 2012)

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