BastaBugie n�276 del 21 dicembre 2012
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IN PRIMA SERATA NELLA TELEVISIONE DI STATO BENIGNI ESALTA LA SACRA COSTITUZIONE
Il comico afferma che i nostri diritti sono tutelati dalla Costituzione! E chi dovrebbe garantirlo? Lo Stato! E cosa dovremmo fare, visto che è lo Stato stesso a violare i nostri diritti ''costituzionalmente garantiti''? Ecco alcuni esempi...
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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FINALMENTE POSSIAMO VEDERE IL FILM CAPOLAVORO SUI CRISTEROS MESSICANI
Papa Pio XI dedicò tre encicliche alla persecuzione anticattolica denunciando la sofferenza del popolo cattolico messicano (ecco come vedere il film ''Cristiada'' in Italia)
Autore: Isacco Tacconi - Fonte: Corrispondenza Romana
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NORMALE E LODE: IL VOTO DI CHI STA CON AMORE AL PROPRIO POSTO DI COMBATTIMENTO
Impegni, incontri, gruppi, raccolte benefiche, sono cose buone, ma prima di tutto vengono i doveri del proprio stato
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
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E' IN ATTO UNA GUERRA A TUTTO CIO' CHE TESTIMONIA LA PRESENZA VIVA DEI CATTOLICI NELLA SOCIETA'
Prima l'assalto alla Regione Lombardia e al suo governatore Roberto Formigoni, poi la Compagnia delle Opere, ora il Meeting di Rimini... cosa c'è dietro a tutto questo?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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RIFLESSIONI CONTROCORRENTE SULLA STRAGE NELLA SCUOLA ELEMENTARE DEL CONNECTICUT
Tutti si lamentano del porto d'armi, ma i primi responsabili sono coloro che hanno fatto le leggi facendo finta che la follia non debba essere curata creando così l'inferno in terra
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Corrispondenza Romana
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SCIENZA E FEDE AMICHE: L'ESEMPIO DI LAZZARO SPALLANZANI E GREGOR MENDEL
Il nuovo libro di Agnoli e Pennetta ricorda gli scienziati che conducevano nel loro convento gli esperimenti che misero le basi della biologia sperimentale e della genetica
Autore: Michele Orioli - Fonte: Il Sussidiario
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MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA DELLA PACE: RIPARTIRE DAI PRINCIPI NON NEGOZIABILI
Questi principi non sono validi solo per chi ha la fede, ma sono iscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione e quindi comuni a tutti gli uomini
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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LETTERE ALLA REDAZIONE: DOSSIER SULL'ABORTO PROCURATO
Un avvocato, grazie a BastaBugie, scopre le atrocità dell'aborto: ne nasce un lavoro encomiabile per completezza e competenza
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA IV DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C - (Lc 1,39-45)
E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio
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OMELIA DELLA MESSA DI NATALE DELLA NOTTE
Ecco vi annunzio una grande gioia
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Un Natale vero?
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IN PRIMA SERATA NELLA TELEVISIONE DI STATO BENIGNI ESALTA LA SACRA COSTITUZIONE
Il comico afferma che i nostri diritti sono tutelati dalla Costituzione! E chi dovrebbe garantirlo? Lo Stato! E cosa dovremmo fare, visto che è lo Stato stesso a violare i nostri diritti ''costituzionalmente garantiti''? Ecco alcuni esempi...
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 17/12/2012
In casa vostra ci sono di certo quadri, soprammobili e suppellettili che ormai sono così comuni al vostro sguardo che non li vedete più, non vi accorgete più della loro presenza. Roberto Benigni ha avuto il sicuro merito di metterci sotto il naso per risvegliare la nostra attenzione alcuni vecchi soprammobili – certi di pregio ed altri assai meno – della tradizione culturale italica, talmente presenti nella coscienza collettiva tricolorata che ormai erano stati dichiarati desaparecidos tanto erano scontati. Ci riferiamo alla Divina Commedia di Dante e all'Inno di Mameli. Ha ripulito la prima delle incrostazioni della noia accumulata negli anni di liceo e in merito all'inno nazionale ha tentato – senza troppo successo – di sfrondarlo dalla stantia retorica risorgimentale. Questa sera si cimenterà con la Costituzione italiana e i suoi principi fondanti con la prima di una serie di puntate dal titolo "La più bella del mondo". Cimento che si merita il plauso? Non crediamo. La Costituzione italiana è ormai diventata nell'immaginario collettivo il nuovo Decalogo. Come Mosè è salito sul Monte Sinai per poi ridiscenderne con in mano le Tavole della Legge date da Jahvè, così anche Benigni l'altro giorno è salito al Colle per ricevere da Napolitano la Costituzione. E come il Papa è in un certo qual modo garante nella Chiesa di quel Decalogo dettato da Dio in persona, così anche lo Stato italiano ha il suo pontefice, Giorgio Napolitano, garante anch'egli della Carta costituzionale nata nel '47 per opera dei padri costituenti. Il Sommo Sacerdote dello Stato laico è zelante come un finanziere montiano nel far rispettare la Costituzione (a fasi alterne visto il caso Eluana), tanto quanto fu zelante nell'approvare l'invasione dei carri armati dei suoi compagni comunisti a Budapest affermando che "l'intervento sovietico in Ungheria […] ha contribuito […] a salvare la pace nel mondo". Al modico prezzo di circa 25.000 vittime. Ma non divaghiamo. Dunque nell'iconografia laica del politicamente corretto abbiamo uno Stato che come una chiesa ha i suoi dogmi irriformabili, cioè le norme costituzionali, e un Sommo Sacerdote, il Presidente della Repubblica, a guardia e tutela di questi ultimi. Costituzione e Capo dello Stato sono veneratissimi e intoccabili, quanto la mamma per l'italiano medio. Tutto questo ha un nome: statolatria. L'idolatria per lo Stato. Intendiamoci bene: la Costituzione di per se stessa non è strumento giuridico da condannare. In particolare la nostra Costituzione in più parti è degna di rispetto perché in molti sui articoli rimanda ai diritti naturali ed a istituzioni propri della legge naturale (es. il matrimonio). Parimenti il ruolo del Capo dello Stato di suo non è da abolire perché intrinsecamente malvagio, anzi i governanti per la dottrina sociale della Chiesa sono da rispettare se questi ovviamente rispettano il bene comune. Ciò che è da censurare è la sovrastima quasi fanatica che circonda sia la Costituzione che il Presidente della Repubblica, la dorata aura celestiale che adorna entrambi nella coscienza collettiva. Il titolo scelto per la trasmissione del comico toscano – "La più bella del mondo" – forse testimonia proprio questo atteggiamento d'eccesso nel tributare onori e gloria a realtà sì importanti, ma al fin fine meramente umane. Il profumo di incenso che Benigni concorrerà a spargere questa sera sulle pagine della Carta costituzionale tenterà forse di mitigare alcuni miasmi che invece da questa stessa Carta si elevano intensi. Primo: ma chi l'ha detto che la Costituzione anche nei suoi principi primi non si possa cambiare? Si tratta in fin dei conti sempre di opera di uomini e di certo non assistiti dallo Spirito Santo, quindi assai fallaci. Tutto è dunque riformabile. Un esempio? Prendiamo l'articolo 1 che tutti conosciamo: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro". Perché l'Italia dovrebbe essere fondata solo sul lavoro? Non potrebbe essere fondata altrettanto, se non ancor più legittimamente sulla famiglia? Oppure sulla solidarietà, sul bene comune, sul rispetto della dignità della persona? Perché – vedi il caso di Grecia e Irlanda – non sulla Santissima Trinità? La scelta a favore del lavoro – che in questo articolo 1 si tinge di rosso – è quindi assolutamente opinabile perché arbitraria. Secondo punto: ci viene ripetuto sin da quando avevamo le braghette corte che i nostri diritti sono tutelati dalla Costituzione. E chi dovrebbe tutelarli nello specifico? Lo Stato. E se – metti caso – lo Stato italiano fosse proprio lui a violarli? Se fosse il controllore – come ebbe a scrivere il filosofo del diritto Francesco Gentile – ad indossare i panni di chi viola questi diritti? A chi ricorrere? Fandonie, dirà seccato qualcuno, viviamo in uno Stato moderno, occidentale e democratico, mica siamo sotto una tirannia. Eppure il nostro Stato ha violato eccome i principi fondamentali della Costituzione, continua a farlo e non di nascosto ma alla luce del sole del diritto. Infatti che dire della legge dello Stato italiano n. 194/78 che, legittimando l'aborto, dal 1978 al 2011 ha permesso la soppressione di 5.329.000 bambini, in barba all'art. 2 (vita), 3 (uguaglianza) e 32 (salute) della Costituzione? Stessi articoli ha violato la legge statale n. 40/2004 sulla fecondazione artificiale che ha provocato nell'ultimo anno censito la distruzione di 113.000 embrioni. Che dire poi della legge sul divorzio che ha colpito a morte l'art. 29 della Costituzione che tutela la famiglia cumulando nel 2010 ben 142mila fallimenti matrimoniali tra separazioni e divorzi? Terzo punto: ma siamo proprio sicuri che al di sopra della Costituzione ci sia il vuoto cosmico? Oppure possiamo azzardare l'ipotesi che prima della sacra Costituzione esistano principi valoriali che, seppur non codificati nero su bianco, siano ben impressi nel cuore di ogni uomo? Quei principi non negoziabili su cui tanto insiste Benedetto XVI e che – loro sì – sono davvero irriformabili e intoccabili? Principi più importanti di quelli costituzionali e a cui ogni legislatore sulla faccia della terra dovrebbe ispirarsi. Domande leziose, lo sappiamo bene, e non conciliabili con lo spirito di un certo populismo massmediatico a cui questa sera Benigni renderà omaggio – ne siamo certi – con estrema fascinazione.
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 17/12/2012
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FINALMENTE POSSIAMO VEDERE IL FILM CAPOLAVORO SUI CRISTEROS MESSICANI
Papa Pio XI dedicò tre encicliche alla persecuzione anticattolica denunciando la sofferenza del popolo cattolico messicano (ecco come vedere il film ''Cristiada'' in Italia)
Autore: Isacco Tacconi - Fonte: Corrispondenza Romana, 12/11/2012
Presso i locali della Fondazione Lepanto, è stato proiettato "Cristiada", film che racconta in poco più di due ore l'epopea dei Cristeros messicani. Il titolo della pellicola, che riprende il nome con cui quegli eventi sono passati alla storia, indica proprio il senso di una nuova "Cruzada" per Cristo, combattuta fino all'effusione del sangue dalla maggior parte della popolazione cattolica messicana negli anni '20, contro il governo massonico e anticlericale di Plutarco Elías Calles (1877-1945). Egli mirava ad un totale sradicamento della fede del popolo messicano, attuabile soltanto a prezzo del sangue di molti martiri innocenti: per raggiungere lo scopo e avere il necessario sostegno, accettò perfino una distensione dei rapporti, precedentemente conflittuali, con gli Stati Uniti, interessati alle risorse petrolifere del paese. La rivoluzione anti-religiosa, in atto nel resto del mondo sotto il nome di "comunismo", trovava in Messico la strenua e solida opposizione dell'avversario più ostico: la Chiesa Cattolica. Il fatto interessante è che, come i drammatici eventi della sanguinosa repressione del popolo messicano fedele alla Santa Chiesa e a Cristo sono stati passati sotto silenzio, insabbiati, dimenticati, allo stesso modo si sta tentando di occultare la pellicola che tali eventi vuole riportare alla luce. Il film, originariamente presentato con il titolo di "Cristiada", è stato ribattezzato "For Greater Glory" per motivi potremmo dire prudenziali, con la speranza che così facendo trovasse maggior fortuna nella distribuzione delle pellicole. Purtroppo così non è stato. Già da due anni infatti si parla della sua uscita nei cinema, che fin da subito ha trovato ostacoli, levate di scudi ed un totale disinteresse da parte di tutte le case cinematografiche hollywoodiane. Per un periodo si era persino vagheggiato l'interesse al suo acquisto da parte di Disney, ma il tutto si è concluso in un nulla di fatto. Curioso quanto sbalorditivo, dato il cast di altissimo livello: Andy Garcia, Eva Longoria Parker, Peter O'Toole, Bruce Greenwood, Catalina Sandino Moreno, Eduardo Verasteguì, Bruce McGill, Oscar Isaac, Santiago Cabrera, Nestor Carbonell, Rubén Blades, Oscar Isaac. Inoltre, il film costituisce l'esordio alla regia di Dean Wright, già veterano supervisore degli effetti speciali negli ultimi due capitoli del Signore degli Anelli, "Le Due Torri" e "Il ritorno del Re". E, come se non bastasse, la colonna sonora è stata composta dal famoso musicista James Horner, autore, fra le altre, delle musiche di Titanic, Braveheart, Apollo 13, A Beautiful Mind e La Maschera di Zorro. Insomma, un curriculum tutt'altro che mediocre. E allora perché questa totale indifferenza per un film che frutterebbe un incasso elevatissimo in tutto il mondo? Verrebbe da rispondere come Quelo :"La risposta è dentro di te, e però è sbajata". A sentire i soliti minimizzatori, infatti, affermare che la motivazione del rifiuto sia il contenuto favorevole alla Chiesa e alla Fede cattolica sarebbe un'esagerazione, o l'ennesima prova di vittimismo papista. Il problema è che il film, che ho avuto la fortuna di vedere, racconta e legge i fatti non solo dalla campana cattolica, quindi sulla base di interessi di parte, ma secondo la verità storica. Dalla pellicola, infatti, non traspare un'idealizzazione della Chiesa, descritta come una società perfetta, ma si mettono in luce anche gli aspetti negativi degli uomini che ne fanno parte, non nascondendo gli eccessi che li hanno visti protagonisti in una guerra comunque dispotica e spesso sproporzionata. Ad ogni modo resta la memoria innegabile e terribile degli 85 mila cattolici scesi a combattere contro il governo anti-cristiano e caduti sui campi di battaglia, definiti spregiativamente cristeros a causa della loro fede in Cristo Re. Con buona pace dei "teniamoci per mano", "volemose bene", "fate l'amore non fate la guerra","pacifisti cattolici" (?), "il Messico cristero godette "dell'imprimatur" della stessa Santa Sede. Papa Pio XI (1857-1939) dedicò infatti alla persecuzione anticattolica di quello sfortunato Paese nordamericano non uno ma ben quattro documenti magisteriali, tre dei quali furono nientemeno che encicliche, oggi opportunamente raccolti nel volume Encicliche sulle persecuzioni in Messico, 1926-1937 (Amicizia Cristiana, 2012, pp. 78, € 7,00). Appurato quindi, che l'uscita del film nei cinema europei ed italiani sarà quantomeno largamente posticipata se non addirittura negata, non resta altro che il fai da te per poter diffondere con i mezzi informatici questa pellicola "fantasma". Ottima, dunque, l'idea della Fondazione Lepanto, che ha fornito a coloro che ne hanno avuto il desiderio la possibilità di conoscere questo tragico e allo stesso tempo glorioso capitolo della storia messicana e del Cattolicesimo novecentesco. L'iniziativa promossa dà così il via ad una sorta di "resistenza" culturale, che si affida alla buona volontà e alla libera iniziativa dei privati e delle associazioni di ispirazione cattolica. "Non c'è gloria più grande di dare la vita per Gesù Cristo": queste sono le ultime parole di padre Cristopher (nel film Peter O'Toole) pochi minuti prima di essere fucilato dai soldati dell'esercito governativo messicano. Questo è l'ideale che forse si sta cercando di cancellare dalla coscienza dei fedeli cattolici. Ma che si conserva ancora vivo nella memoria di quei migliaia di martiri che, al grido di "Viva Cristo Re!", hanno irrorato la terra con il proprio sangue seminando il germe di nuovi cristiani e, forse proprio per questo, fanno ancora paura ai potenti di oggi, come a quelli di ieri.
Nota di BastaBugie: per informazioni sul film Cristiada e per approfondimenti sui martiri della persecuzione messicana vai al sito di FilmGarantiti.it cliccando nel seguente link http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=28
Fonte: Corrispondenza Romana, 12/11/2012
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NORMALE E LODE: IL VOTO DI CHI STA CON AMORE AL PROPRIO POSTO DI COMBATTIMENTO
Impegni, incontri, gruppi, raccolte benefiche, sono cose buone, ma prima di tutto vengono i doveri del proprio stato
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 12/12/2012
Qualche giorno fa mia figlia si è trovata a fare i conti con il primo dieci e lode della sua neonata carriera scolastica, immagino conseguito grazie alla sua simpatia, vista la capacità scrittoria non esattamente da amanuense. - "Mamma, che vuol dire dieci e lode?" - "Be', vuol dire che hai fatto le cose bene, ma proprio bene, senza sbagliare niente, e che per questo la maestra ti fa anche tanti complimenti, come se ti desse un bacio." - "Tu sei media e lode, mamma." Dopo un'iniziale esitazione, ho concluso che era proprio un gran complimento. Anzi, magari fossi davvero media e lode. Media e lode, mi ha spiegato Lavinia, è quando fai le cose normali, e le fai in modo normale. Un po' sbagli, che c'entra, mica è un dieci. Però poi ti danno un bacio lo stesso. Essere normale è una cosa bellissima, se uno sa di essere amato da un Padre misericordioso, che, come dice Lavinia "ti dà un bacio lo stesso". Anzi, uno che se le cose le fai un po' meno che normali, se sei proprio tu quella pecora su novantanove che si sta perdendo ti viene a cercare, lasciando per un po' le altre da sole. Ma la "normale e lode" di solito non è quella che si perde, è una pecora che se ne sta al suo posto, bruca e produce onestamente latte e lana. È fedele al suo piccolo quotidiano, alla sua mediocrità che nasconde invece il tesoro segreto: la fedeltà alla nostra realtà, in silenzio, con amore. Fedeltà a una realtà comprendente fatica, scocciature spigoli e varie scabrosità. Qualcuno – raramente, però – è chiamato a fare grandi cose, i più invece a essere semplicemente, anonimamente fedeli. Qualcuno si ispira a Superman, qualcuno invece al Normalman di Greg e Lillo, quello che a un certo punto, in soli ventisette minuti e dodici, dismette i jeans e infila il costume da supereroe in lycra ma gli si incastra la chiusura a lampo, qualcuno per cui l'eroismo non è poi così impervio, aiutare la vecchietta a prendere il fustino dal ripiano troppo alto, o ad attraversare la strada. Secondo me è già qualcosa. Siccome io sono normale e lode, mi sembra già abbastanza stare bene al proprio posto di combattimento. Quello che conta, infatti, è fare le cose con amore, perché si è stati ricolmati dall'amore di Dio (questo è il punto, questo è il fondamento). E questa trasfigurazione deve essere profonda, interiore. Solo in pochi casi ci chiama a fare cose eclatanti. Tante volte quando qualcuno incontra, o meglio, comincia a sentire, a intuire il profumo di Dio, parte lancia in resta per tutta una serie di impegni che io per capirmi con me stessa (ogni tanto in me coabitano diverse squinternate che faticano a dialogare) chiamo "le cose col bollino cattolico": impegni, incontri, testimonianze, gruppi, raccolte benefiche, addirittura lotterie, spettacolini e varie iniziative di beneficenza nei casi più gravi. Un modo di cercare stimoli, o di vedersi riconosciuti dal gruppo – questo tante volte ci muove più di quanto vogliamo ammettere – che però non sempre ha molto a che fare con l'amore libero, maturo e adulto che ci viene chiesto. Cose buone, ma non essenziali, non imprescindibili tanto quanto stare con amore al proprio posto di combattimento, con gli occhi aperti a vedere le necessità del fratello nel nostro ordinario, responsabili di chi ci viene affidato, sperando di prendere alla fine della giornata un bel normale e lode.
Fonte: Blog di Costanza Miriano, 12/12/2012
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E' IN ATTO UNA GUERRA A TUTTO CIO' CHE TESTIMONIA LA PRESENZA VIVA DEI CATTOLICI NELLA SOCIETA'
Prima l'assalto alla Regione Lombardia e al suo governatore Roberto Formigoni, poi la Compagnia delle Opere, ora il Meeting di Rimini... cosa c'è dietro a tutto questo?
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 12/12/2012
E ora tocca al Meeting di Rimini. Ieri la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per oltre un milione di euro alla Fondazione Meeting per l'amicizia tra i popoli e denunciato tre suoi dirigenti per truffa aggravata: secondo l'accusa, attraverso rapporti con altre società legate alla Compagnie delle Opere sarebbero stati tarati i bilanci al fine di conseguire delle perdite e poter così percepire illecitamente fondi da enti pubblici. L'ipotesi di reato è infondata, ha risposto con un comunicato la Fondazione Meeting: "Nella sua storia ultra trentennale il Meeting ha sempre operato con la massima trasparenza e non è mai stato riscontrato alcun tipo di irregolarità nella gestione". E anche sul caso specifico "siamo certi di aver operato con la massima correttezza, confortati anche da documenti in nostro possesso e già da tempo messi a disposizione nel corso delle indagini". Inoltre la Fondazione Meeting lamenta la sproporzione nella misura del sequestro preventivo. In effetti il valore dei beni sequestrati è di oltre un milione di euro, quando la cifra contestata è di 300mila euro, che sono peraltro una piccola parte del budget del Meeting. Fin qui la cronaca. Ma ormai registrare la cronaca non basta più, c'è un concatenarsi di eventi che fa nascere più di una domanda. Prima l'assalto alla Regione Lombardia e soprattutto al suo governatore Roberto Formigoni, costretto a dimettersi senza essere stato incriminato di qualcosa che non fossero pettegolezzi sulle vacanze e sulle camicie indossate. Poi la Compagnia delle Opere, ora il Meeting di Rimini, che da tempo viene marcato stretto dalla Finanza alla spasmodica ricerca di qualcosa di irregolare. Un po' troppo in pochi mesi - e da diverse procure - per non avere la sensazione che sia iniziata una guerra. Non solo alle opere e alle presenze che – a torto o a ragione – vengono collegate a Comunione e Liberazione, ma a tutto ciò che testimonia la presenza viva dei cattolici nella società e che non è riconducibile allo Stato. La vicenda dell'Imu applicata agli enti no profit, ad esempio, è un siluro contro tutte le scuole paritarie, molte delle quali rischiano concretamente di chiudere. E non va meglio agli enti assistenziali: varrà la pena ricordare, a questo punto, che la campagna per "far pagare le tasse alla Chiesa" era stata lanciata nell'estate 2011 dal Gran Maestro Gustavo Raffi (Grande Oriente d'Italia, la massoneria) e l'attuale governo non sembra disposto a ostacolarla (ovviamente è sempre l'Europa che ce lo chiede). Può essere certamente una coincidenza, fatto sta che negli ultimi due anni la Chiesa e i cattolici vengono a turno descritti sulla stampa come pedofili, truffatori, evasori fiscali e via di questo passo. Con che coraggio questa combriccola di poco di buono può alzarsi a invocare il rispetto della moralità e della legge naturale quando in Parlamento si promuovono il divorzio breve, l'incesto, le unioni gay, l'aborto chimico e nelle aule di tribunale l'eutanasia e la fecondazione artificiale? E certo è una coincidenza che - come indicavamo alcuni giorni fa a proposito dell'evoluzione politica – nel farsi e disfarsi degli schieramenti partitici i cattolici si trovano sempre più stritolati e fuori posto in tutte le aggregazioni. Non è invece una coincidenza che nel periodo liturgico in cui si attende che la Presenza si faccia carne, venga fra di noi, ci sia chi si dà da fare per eliminare quella presenza dal mondo.
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 12/12/2012
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RIFLESSIONI CONTROCORRENTE SULLA STRAGE NELLA SCUOLA ELEMENTARE DEL CONNECTICUT
Tutti si lamentano del porto d'armi, ma i primi responsabili sono coloro che hanno fatto le leggi facendo finta che la follia non debba essere curata creando così l'inferno in terra
Autore: Massimo Viglione - Fonte: Corrispondenza Romana, 16 dicembre 2012
L'immane tragedia accaduta in Connecticut sta suscitando, come ovvio e naturale che sia, riflessioni in molte persone sul mistero del male nell'uomo. Però poi, nella maggior parte dei casi, ci si limita a soffermarsi (e ci si ferma) – per varie ragioni – sul problema del porto d'armi, come se questo fosse il cuore della vicenda, la spiegazione del problema. Il cuore della vicenda invece si situa su un piano assolutamente superiore, ed è tutto di natura sia spirituale che politica: è il male della società moderna, che ha rinnegato la perfezione del Creatore e l'azione della Chiesa da Lui fondata e ha voluto fondare se stessa sull'imperfezione della creatura, facendo anzi di questa il suo dio, creando così una società a sua immagine e somiglianza. Ma non è di questo che voglio parlare, sarebbe un discorso troppo elevato, lungo e profondo per essere affrontato in poche righe. Voglio invece far scendere il mio discorso al livello di tutti coloro che realmente credono o fanno finta di credere che il problema sia il porto d'armi. Anche scendendo a questo livello... non ci siamo affatto. Milioni di persone hanno oggi il porto d'armi, un numero incalcolabile sono gli uomini che in tutti i tempi e in tutti i luoghi hanno portato le armi con sé ogni giorno della loro vita. Eppure queste tragedie non sono mai accadute prima, eccetto in rarissime occasioni dovute a follia. Appunto, eccoci al cuore del problema del "livello inferiore". La follia. Tutti si lamentano del porto d'armi, nessuno sento lamentarsi del fatto che l'assassino soffriva di turbe psichiche, insomma, era una sorta di folle. Era un folle criminale a piede libero. Come a piede libero sono da decenni tutte le persone come lui, in tutto l'Occidente, da quando, a causa delle ideologie libertarie e radicali, si sono chiusi i "manicomi", gli ospedali psichiatrici, restituendo alle povere famiglie persone – perché di persone si tratta – che senza loro colpa sono vittime di malattie della mente che non li rendono più padroni della propria capacità di giudizio, quindi della propria volontà e che di conseguenza, non avendo più la capacità piena dell'esercizio del libero arbitrio, a maggior ragione dovrebbero vivere rinchiusi in case di cura, sotto stretta sorveglianza, accuditi con amore e abnegazione, a tutela di loro stessi e degli altri. Da quando – in nome dell'ipocrita, finto e sovversivo concetto moderno di "progresso" – si sono svuotati i manicomi, di casi come questi se ne sono avuti tanti, e possiamo essere certi che continueranno ad accadere, in quanto la follia in libertà è del tutto imprevedibile e incontrollabile. Ma anche senza arrivare a questi eccessi, occorre non dimenticare che quotidianamente tante famiglie (gente comune, che deve lavorare ogni giorno, che deve crescere i figli, che ha una propria vita, che magari ha difficoltà economiche) vivono il dolore (quando non l'incubo) di un loro parente malato di mente abbandonato nelle loro mani in nome del "progresso" della civiltà moderna. Tutto il dolore incalcolabile che da decenni rovina la vita di intere famiglie, tutto l'immenso dolore delle vittime dei folli, e, soprattutto, la responsabilità della morte degli innocenti, grava su coloro che in ogni paese dell'Occidente hanno voluto e ottenuto la chiusura dei manicomi (e non eventualmente una loro importante e necessaria riforma): in Italia, in primis i radicali, come sempre. Il primo responsabile della strage del Connecticut deve essere cercato (ancor prima di rivolgersi al porto d'armi) nel legislatore americano, che, cedendo all'ideologia sessantottina, ha fatto finta che la follia sia uno stato di normalità e come tale non debba essere curata a livello sociale e così facendo ha aperto l'inferno in terra per tante persone indifese. Finisco con un'ultima riflessione, ed è ovviamente sul porto d'armi. Questo è tutto un altro discorso, che merita ben altro spazio e approfondimento. Ma una cosa la voglio dire, sebbene consapevole sia del fatto che molti non condivideranno quanto sto per dire, sia del fatto che senza dubbio il libero porto d'armi presenta dei rischi gravi per il pacifico convivere nella società e che il discorso è molto più complesso di quanto si possa dire in poche righe. Ma forse occorre iniziare a fornire qualche spunto di riflessione non usuale, visto i tempi in cui viviamo. Il disarmo obbligato e perseguito dei cittadini di un popolo sovrano è il primo passo verso l'onnipotenza del potere esecutivo e giudiziario: questa è la motivazione primaria del fatto che il diritto alla difesa personale negli USA è difeso dalla Costituzione stessa. Se oggi in Italia, in Europa, sta accadendo tutto quello che sta accadendo, a livello politico, economico, finanziario; se oggi sta scomparendo il nostro Stato nazionale e siamo comandati da uomini mai eletti da nessuno che tramano a nostro danno in istituzioni sovranazionali; se oggi il nostro sistema bancario è assolutamente sul fallimento e schiavo della finanza internazionale; se oggi siamo sull'orlo della miseria, una miseria non provocata da noi ma arrecata ad arte da oscure potenze sinarchiche e mondialiste; se oggi siamo insomma – per questi motivi e per tanti altri – sull'orlo del baratro; se ogni settimana persone normali vengono aggredite la notte nelle loro ville da bande di extracomunitari et similia, picchiati barbaramente e a volte uccisi; se gioiellieri e commercianti vengono rapinati e uccisi nei loro negozi; se si vive nella paura nelle nostre strade e le donne devono vivere sempre nel timore del peggio; se possono farci qualsiasi cosa impunemente, perché tanto sanno che: 1) non possiamo difenderci; 2) se ci difendiamo, i magistrati mettono in galera chi si è difeso e non chi ha ucciso; ebbene, tutto questo accade anche perché siamo tutti disarmati. Disarmati davanti al Leviatano che avanza, disarmati davanti allo Stato, disarmati davanti a chi ci invade, ci uccide, ci umilia, ci manda in miseria. Un popolo armato è più difficile da controllare e schiavizzare. Un popolo armato fa paura. Un popolo armato rischia sì di essere violento, ma anche di essere ciò che nessun popolo, oggi, nel trionfo della postmodernità e del mondialismo finanziario, deve più essere in alcun modo: rischia di essere libero. Libero di dire no. Rischia di essere forte. Forte per fermare i poteri che lo vogliono servo e contento. Al di là di tutte le altre considerazioni contrarie che meritano senz'altro attenzione e riflessione (sia chiaro: nessuno lo nega questo), invito tutti a riflettere sul fatto che su problemi gravi come questi, le facili soluzioni emotive non servono; non solo: fanno il gioco di chi combina i guai e poi scarica la colpa sul "popolo bue"; non solo: ogni soluzione in questa vita è sempre relativa, nel senso che non sarà mai pienamente perfetta nel bene o assolutamente negativa: però non si può negare che l'averci tolto il diritto sacrosanto dell'uomo (questo sì che è un vero diritto) alla difesa personale, agli occhi di chi ci governa (dentro e fuori Italia, eletto e non eletto, conosciuto o sconosciuto, finanziere o politico), è un ottimo strumento di controllo politico e civile del popolo. E questa è senz'altro un'ottima ragione perché i cittadini siano tutti disarmati.
Fonte: Corrispondenza Romana, 16 dicembre 2012
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SCIENZA E FEDE AMICHE: L'ESEMPIO DI LAZZARO SPALLANZANI E GREGOR MENDEL
Il nuovo libro di Agnoli e Pennetta ricorda gli scienziati che conducevano nel loro convento gli esperimenti che misero le basi della biologia sperimentale e della genetica
Autore: Michele Orioli - Fonte: Il Sussidiario, 06/12/2012
Ci sono personaggi passati alla storia per aver dato il via a nuovi campi del sapere o comunque per essersi trovati come protagonisti di primo piano nella temperie culturale che ha visto nascere nuovi settori della ricerca, soprattutto in campo scientifico. È il caso di Lazzaro Spallanzani e di Gregor Mendel: il primo alle origini della biologia sperimentale, il secondo della genetica. Cogliendo questo elemento comune, Francesco Agnoli e Enzo Pennetta hanno pensato di presentare insieme i profili dei due scienziati in un volume in uscita nei prossimi giorni da Cantagalli. In realtà, come il testo porta alla luce, ci sono anche altri fattori che accomunano i due personaggi. Uno è, evidentemente, la più ampia area di ricerca, cioè quella del mondo biologico, da sempre indagato da studiosi e filosofi, ma solo dal Seicento oggetto di analisi sperimentale e comunque con un avvio "da diesel", non certo prorompente come quello della fisica galileiana e newtoniana. Oggi la situazione è ben diversa e, benché la fisica non abbia rallentato la sua corsa (basti pensare a quel che succede al Cern), bisogna dire che le bioscienze sono cresciute enormemente e il loro sviluppo è accelerato; e ciò comporta un'accelerazione anche dei problemi e delle ricadute etiche e filosofiche che, nel caso delle scienze della vita sono ancor più acute. Anche per questo è interessante andare alle origini e far emergere un approccio a queste scienze un po' diverso da come se ne sente parlare quotidianamente. Parlando di Spallanzani, la sua posizione libera e attenta alla realtà lo ha portato a scoperte importanti, che hanno superato concezioni che resistevano da secoli; come nel caso della confutazione chiara e definitiva dell'idea della generazione spontanea: un risultato scientifico che gli è valso una fama a livello europeo, evidenziata dalla ammissione a una prestigiosa istituzione come era la Royal Society inglese. La sua però era una visione ampia che ha attraversato diversi settori delle scienze mediche arrivando anche ad altri risultati: sulla circolazione sanguigna, sulla riproduzione, sui meccanismi della digestione. Non senza qualche incidente di percorso e qualche errore di interpretazione, come quello che lo tenne legato alla visione preformista dell'embrione; ma questo non fa che confermare il carattere dell'esperienza scientifica come cammino umano con i suoi limiti e i suoi tentativi. Quanto a Mendel, molto si è scritto sui suoi esperimenti ma poco si è indagato sul retroterra culturale che ha permesso il fiorire di una simile genialità in un oscuro monastero lontano dai grandi centri dove si rappresentava la scena culturale europea. Qui il volume ha il pregio di ricondurre l'esperienza del monaco biologo nel solco della grande tradizione monacale di rispetto, cura e passione per la terra e per la natura in genere; sintetizzata in un aforisma di San Bernardo di Chiaravalle che aveva predicato: «troverai più nei boschi che nei libri, alberi e rocce ti insegneranno quello che nessun maestro ti dirà». Altro elemento comune ai due scienziati è l'attitudine sperimentale, fatta per entrambi di osservazione paziente e meticolosa, di prudente riflessione prima di comunicare i risultati. Infine, sia Spallanzani che Mendel hanno in comune il fatto di essere stati degli ecclesiastici; ed è difficile resistere alla tentazione di pensare che sia questo il fattore che può aver prodotto quella sorta di damnatio memoriae di cui parlano Agnoli e Pennetta nel caso di Spallanzani, e quel vero e proprio oblio che ha coperto le scoperte di Mendel per oltre trent'anni fino alla loro riscoperta nel 1900 da parte di Hugo de Vries, Carl Correns ed Erich von Tschermak. Va rilevato tuttavia che per entrambi l'appartenenza religiosa aveva agito come movente positivo delle ricerche scientifiche e non come preclusione o condizionamento ideologico. Tanto da far arrivare a Spallanzani riconoscimenti scientifici dalle fonti più insospettabili, come quella di Voltaire che lo stimava e lo definiva apertamente "primo naturalista d'Europa". Una differenza tra i due scienziati è nella notorietà: lo scienziato emiliano è noto al più perché compare nella toponomastica di alcune città mentre non vi è chi non conosca, almeno di nome, le leggi dell'ereditarietà dell'abate moravo. Anche in questo secondo caso, poco si sa della vita e della personalità dell'autore delle celebri leggi; e a consolidarne la fama non è bastato neppure un film (The Gardener of God, 2009) con una star del grande schermo come Christopher Lambert. Chissà che un semplice saggio di 100 pagine, con un limitato ma significativo numero di immagini e con alcune preziose pagine di inquadramento storico del clima culturale in cui hanno vissuto i due protagonisti, non ottenga quello che non ha ottenuto il potere del grande schermo.
Fonte: Il Sussidiario, 06/12/2012
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MESSAGGIO DEL PAPA PER LA GIORNATA DELLA PACE: RIPARTIRE DAI PRINCIPI NON NEGOZIABILI
Questi principi non sono validi solo per chi ha la fede, ma sono iscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione e quindi comuni a tutti gli uomini
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/12/2012
I messaggi pontifici per l'annuale Giornata Mondiale della Pace, che cade il 1° gennaio di ogni anno, sono sempre documenti in senso lato «politici». Quello che Benedetto XVI ha diffuso il 14 dicembre per la Giornata Mondiale della Pace 2013, formalmente datato 8 dicembre 2012, non solo non fa eccezione ma - forse non senza consapevolezza dei tanti e importanti Paesi, Italia compresa, che nel 2013 saranno chiamati a delicate tornate elettorali - propone un vero e proprio programma affidato ai politici cattolici di buona volontà. Il Papa inizia rievocando i cinquant'anni dall'inizio del Concilio Ecumenico Vaticano II - su cui ribadisce, come di consueto in quest'Anno della fede e in risposta ai critici, il giudizio storico secondo cui, pure tra tante difficoltà e fraintendimenti, «ha consentito di rafforzare la missione della Chiesa nel mondo» -, e ricordando una parola di Gesù Cristo che dà pure il titolo al Messaggio: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9). Il Concilio ha insistito sull'annuncio delle beatitudini, «un genere letterario - spiega il Papa - che porta sempre con sé una buona notizia, ossia un vangelo, che culmina in una promessa. Quindi, le beatitudini non sono solo raccomandazioni morali, la cui osservanza prevede a tempo debito – tempo situato di solito nell'altra vita – una ricompensa, ossia una situazione di futura felicità». Se fosse così, chi non crede nell'altra vita potrebbe facilmente considerare i credenti «ingenui o lontani dalla realtà». Invece le beatitudini sono un programma molto preciso, che certo si apre alla vita eterna ma ci spiega anche in modo concreto com'è possibile vivere in pace qui e ora sulla Terra. Non che l'apertura all'altra vita e la pace in questa non siano collegate. Infatti, «la pace presuppone un umanesimo aperto alla trascendenza». Se una società si chiude per principio alla trascendenza, è impossibile che viva in pace. «È indispensabile, allora, che le varie culture odierne superino antropologie ed etiche basate su assunti teorico-pratici meramente soggettivistici e pragmatici». Il Papa lo dice in termini molto forti: «Precondizione della pace è lo smantellamento della dittatura del relativismo e dell'assunto di una morale totalmente autonoma, che preclude il riconoscimento dell'imprescindibile legge morale naturale scritta da Dio nella coscienza di ogni uomo». Non basta infatti essere in pace con gli altri. Occorre essere in pace con se stessi, con il creato e anzitutto con Dio: un'idea che Benedetto XVI riprende dall'enciclica «Pacem in terris» del beato Giovanni XXIII (1881-1963), spesso evocata dal Magistero nelle ultime settimane in previsione del suo cinquantenario che cadrà nel 2013. Ne consegue che «la negazione di ciò che costituisce la vera natura dell'essere umano, nelle sue dimensioni essenziali, nella sua intrinseca capacità di conoscere il vero e il bene e, in ultima analisi, Dio stesso, mette a repentaglio la costruzione della pace. Senza la verità sull'uomo, iscritta dal Creatore nel suo cuore, la libertà e l'amore sviliscono, la giustizia perde il fondamento del suo esercizio». Dalla «Pacem in terris» Benedetto XVI cita anche l'appello perché le strutture e le organizzazioni internazionali trovino il loro fondamento ultimo nel «riconoscimento di essere, in Dio, un'unica famiglia umana» e nell'esistenza oggettiva di un «ordine morale». Tale ordine è sia internazionale, sia nazionale: e non si può promuovere un giusto ordinamento internazionale se non si opera in modo conforme a giustizia anzitutto nel proprio Paese. Ecco allora delinearsi nel Messaggio il preciso programma di una politica conforme all'ordine morale, che parte come di consueto dai principi che il Papa chiama non negoziabili. Anzitutto, la vita: «Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita. Coloro che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza, sostengono per esempio la liberalizzazione dell'aborto, forse non si rendono conto che in tal modo propongono l'inseguimento di una pace illusoria». Il tema è consueto nel Magistero di Benedetto XVI, ma qui la condanna delle leggi abortiste è ribadita con particolare vigore. «La fuga dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l'uccisione di un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei popoli o la stessa salvaguardia dell'ambiente, senza che sia tutelato il diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri?». Ugualmente ferma è la condanna delle leggi che pretendono d'introdurre «un preteso diritto all'eutanasia», altro esempio di norme ispirate a «falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica dell'essere umano e sull'abile utilizzo di espressioni ambigue, [...] minacciano il diritto fondamentale alla vita». Questi falsi diritti oggi minacciano anche la famiglia. Se si vuole la pace, «la struttura naturale del matrimonio va riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione, oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale». In terzo luogo, va riconosciuta la libertà di educazione: «Bisogna tutelare il diritto dei genitori e il loro ruolo primario nell'educazione dei figli». Per l'ennesima volta il Papa risponde all'obiezione, che rende timidi anche tanti politici cattolici, secondo cui non si potrebbero imporre i tre principi non negoziabili - vita, famiglia e libertà di educazione - ai non credenti. Anzitutto, fa parte della libertà religiosa dei credenti il diritto di proclamarli e proporli. Ma «questi principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l'umanità», dunque vincolano «tutte le persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa», e la loro negazione non è tanto un'offesa alla Chiesa ma «un'offesa contro la verità della persona umana, una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace». La libertà religiosa appare nel Magistero di Benedetto XVI come il quarto principio non negoziabile - o piuttosto l'orizzonte degli altri tre - e implica che «gli ordinamenti giuridici e l'amministrazione della giustizia riconoscano il diritto all'uso del principio dell'obiezione di coscienza nei confronti di leggi e misure governative che attentano contro la dignità umana, come l'aborto e l'eutanasia». È necessario che nelle leggi il diritto alla libertà religiosa «sia promosso non solo dal punto di vista negativo, come libertà da – ad esempio, da obblighi e costrizioni circa la libertà di scegliere la propria religione –, ma anche dal punto di vista positivo, nelle sue varie articolazioni, come libertà di: ad esempio, di testimoniare la propria religione, di annunciare e comunicare il suo insegnamento; di compiere attività educative, di beneficenza e di assistenza che permettono di applicare i precetti religiosi; di esistere e agire come organismi sociali, strutturati secondo i principi dottrinali e i fini istituzionali che sono loro propri». Il Pontefice denuncia ancora una volta le minacce alla libertà religiosa, anche in Occidente, e allude alle questioni relative al crocefisso, al Natale, al divieto di portare croci o altri simboli religiosi: «purtroppo, anche in Paesi di antica tradizione cristiana si stanno moltiplicando gli episodi di intolleranza religiosa, specie nei confronti del cristianesimo e di coloro che semplicemente indossano i segni identitari della propria religione». È importante che in ogni programma politico che si vuole conforme alla dottrina sociale della Chiesa sia riconosciuto il primato dei principi non negoziabili e della libertà religiosa, che non sono sullo stesso piano degli altri diritti, ma li precedono e li fondano. Nello stesso tempo, la dottrina sociale non si disinteressa certo di altri diritti, a partire da quelli detti sociali al lavoro e a una gestione della vita economica che tenga conto della libertà e della solidarietà. Benedetto XVI denuncia «il prevalere di una mentalità egoistica e individualista espressa anche da un capitalismo finanziario sregolato», nonché - riprendendo un tema che gli è caro - «le ideologie del liberismo radicale e della tecnocrazia [le quali] insinuano il convincimento che la crescita economica sia da conseguire anche a prezzo dell'erosione della funzione sociale dello Stato e delle reti di solidarietà della società civile, nonché dei diritti e dei doveri sociali». I rimedi proposti per la crisi economica, che talora implicano scelte difficili e dolorose, devono però tenere conto del «primato della dimensione spirituale e dell'appello alla realizzazione del bene comune. In caso contrario, essi perdono la loro giusta valenza, finendo per assurgere a nuovi idoli». Certo, la crisi ci mostra che non è più possibile perseguire «il modello prevalso negli ultimi decenni [che] postulava la ricerca della massimizzazione del profitto e del consumo, in un'ottica individualistica ed egoistica». Ma nella pur necessaria «strutturazione etica dei mercati monetari, finanziari e commerciali» si dovrà porre attenzione a «non arrecare danno ai più poveri» e a non «sottovalutare il ruolo decisivo della famiglia, cellula base della società dal punto di vista demografico, etico, pedagogico, economico e politico». Il Pontefice è consapevole che perseguire questo impegnativo programma potrà rivelarsi «un lavoro lento, perché suppone un'evoluzione spirituale, un'educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana. Occorre rinunciare alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo e ai pericoli che la accompagnano, a quella falsa pace che rende le coscienze sempre più insensibili, che porta verso il ripiegamento su se stessi, verso un'esistenza atrofizzata vissuta nell'indifferenza». Ma, mentre prosegue il lento lavoro della preparazione di nuove classi dirigenti davvero formate da una «pedagogia della pace», il Messaggio indica ai politici di buona volontà quali punti vanno subito inseriti, senza attendere, in programmi che vogliano essere davvero conformi alla libertà, alla giustizia e al bene comune.
Nota di BastaBugie: per leggere il messaggio di Benedetto XVI per la celebrazione della XLVI Giornata Mondiale della Pace, di cui si parla in questo articolo, puoi andare al seguente link del sito ufficiale della Santa Sede http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/messages/peace/documents/hf_ben-xvi_mes_20121208_xlvi-world-day-peace_it.html
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 15/12/2012
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LETTERE ALLA REDAZIONE: DOSSIER SULL'ABORTO PROCURATO
Un avvocato, grazie a BastaBugie, scopre le atrocità dell'aborto: ne nasce un lavoro encomiabile per completezza e competenza
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 23/11/2012
Gentile redazione di BastaBugie, mi presento: sono Avvocato in Udine. Ho l'onore di difendere d'ufficio. In questo dossier sull'aborto procurato ho provato a difendere il concepito, la sua dignità, i suoi diritti. http://www.ilgiornaledelfriuli.net/cron/aborto-procurato-odioso-crimine-contro-lumanita-e-immensa-strage-degli-innocenti-avv-luca-campanotto/ La legge 194 del 1978 è una legge ingiusta, e anche incostituzionale. Ho concluso provando a indicare alcune soluzioni per superare l'attuale situazione. Ho cercato di raccogliere quanto più materiale possibile su queste tematiche. Questa pubblicazione è stata per me una liberazione: da quando, grazie a questo Vostro sito, avevo iniziato le mie ricerche on line sull'aborto, non riuscivo più a dormire. Tutto è nato sulle vostre pagine. Vi ho trovato per caso su facebook. Anzi, certe non sono coincidenze, ma Provvidenza. Quando mi interesso ad una questione, cerco di farlo con metodo. Si cerca di andare fino in fondo, senza guardare in faccia nessuno. Sicuramente anche la mia pubblicazione sull'aborto ha qualche difetto da qualche parte; l'ho scritta di notte quando non riuscivo a dormire durante il mese di settembre; adesso va meglio. Amo le questioni calde, quelle che tutti lasciano da parte, perché convengono solamente alla giustizia. Vi confido che questa mia singola pubblicazione sull'aborto, appena uscita, mi ha già fatto raccogliere molto di più, anche a livello di ostilità, rispetto a ben tre anni di sistematiche pubblicazioni sulla questione friulana. Credo quindi di aver toccato in profondità, al Nemico, dei nervi molto dolorosi. Il Giornale del Friuli consente la riproduzione di tutte le sue pubblicazioni, con l'unico vincolo di citare la fonte www.ilgiornaledelfriuli.net Per parte mia, vi concedo volentieri la più ampia possibilità di riproduzione e diffusione di questo mio DOSSIER sull'aborto procurato. Più gira e meglio è. Un avvocato udinese, Loris Fortuna, ci ha regalato le vigenti leggi su divorzio e aborto; vorrà dire che un altro avvocato udinese le distruggerà ... o almeno tenterà di farlo ... e che Dio ci aiuti ... Ancora grazie! MANDI (ad Aquileia e nel suo Friuli si saluta così: MANE CUM DEO) avv. Luca Campanotto Rivignano (UD)
Gentile avvocato, il dossier da lei pubblicato è veramente encomiabile, sia per la completezza che per la competenza con cui è stato scritto. Chi combatte l'aborto procurato in fondo ha solo da mostrare la realtà, in quanto questa si commenta da sola... Chi invece vuole diffondere l'aborto è costretto a camuffare, manipolare, nascondere. E questo basterebbe per sapere da quale parte stare. Sono lieto nell'apprendere che il nostro lavoro di divulgazione le sia stato utile nella sua ricerca della verità: in fondo BastaBugie ha proprio lo scopo di diffondere il più possibile le notizie e le informazioni che faticano a trovare spazio nel sistema dei media della cultura dominante. La saluto fraternamente Giano Colli
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie, 23/11/2012
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OMELIA IV DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C - (Lc 1,39-45)
E beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che il Signore le ha detto
Fonte Il Settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23/12/2012)
La quarta domenica d'Avvento ci fa pregustare già il clima natalizio. Iniziamo dal Salmo che riporta una accorata preghiera rivolta a Dio, affinché Egli salvi il suo popolo. Il pio Israelita avvertiva che solo il Signore poteva liberare il suo popolo, liberarlo non solo dal nemico, ma soprattutto dal peccato che è la vera rovina della nostra anima e della nostra società. Il Salmista così implora: «Tu, pastore d'Israele, ascolta [...]. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. [...] guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi quello che la tua destra ha piantato. [...] ci farai rivivere e noi invocheremo il tuo nome (Sal 79). Solo Dio poteva salvare l'umanità. Per questo motivo Dio mandò il suo unico Figlio a riscattarci dal dominio del peccato. Gesù nella sua umanità, che ha preso venendo in questo mondo, ha pienamente obbedito alla Volontà dal Padre. Di questa pronta obbedienza parla la seconda lettura di oggi: «Entrando nel mondo, Cristo dice: ecco io vengo per fare la tua volontà» (Eb 10,9). Per venire in questo mondo, il Figlio di Dio poteva scegliere tanti modi diversi. Fra tutti, Egli scelse di venire nel silenzio e nel nascondimento di una piccola borgata quasi dimenticata dalla maggior parte degli Israeliti. Egli nacque a Betlemme. Di questa scelta parla la prima lettura di oggi. Questo fatto ci ricorda ancora una volta quelle che sono le preferenze di Dio: Egli sceglie ciò che è umile per confondere i potenti. Michea così dice: «E tu, Betlemme di Efrata, così piccola per essere fra i villaggi di Giuda, da te uscirà per me colui che deve essere il dominatore in Israele» (5,1). La profezia poi continua con una frase misteriosa: «Le sue origini – ossia le origini del Messia – sono dall'antichità, dai giorni più remoti» (ivi). Cosa si deve intendere con queste parole? Con ciò si vede un riferimento alle origini eterne del Figlio di Dio, ovvero alla sua Divinità: Egli, eterno con il Padre e lo Spirito Santo, nella pienezza dei tempi, ha voluto assumere la nostra natura umana, è diventato uomo, pur continuando – ovviamente – a rimanere vero Dio. La profezia di Michea parla anche della Madre da cui sarebbe nato il Messia. Egli, infatti, dice: «Perciò Dio li metterà in potere altrui, fino a quando partorirà colei che deve partorire» (Mic 5,2). In tutte le profezie riguardanti il Messia, e quindi anche in questa, non si parla mai del padre del Messia, ma solo della Madre. Questo particolare ci fa comprendere la nascita straordinaria, verginale, del Redentore. Egli è stato concepito per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria. Infine, la profezia parla della salvezza operata dal Messia. Già la frase di prima ci fa capire che la nascita di Gesù segna come l'inizio della nuova Era, quella della salvezza. Grazie a Gesù, noi non siamo più sotto il potere del maligno, ma abbiamo ricevuto la libertà dei figli di Dio. Egli, il Messia, salverà il suo popolo, lo «pascerà con la forza del Signore» (Mic 5,3) ed «Egli stesso sarà la pace» (Mic 5,4). Al "Sì" di Gesù che ha obbedito prontamente alla Volontà del Padre, fa eco il "Sì" di Maria che si è definita la serva del Signore, sempre disponibile a compiere la Volontà di Dio. Il brano del Vangelo di oggi riporta la commovente scena della Visitazione. La Vergine Maria aveva da poco ricevuto l'annuncio dell'angelo Gabriele e aveva concepito per opera dello Spirito Santo il Figlio di Dio nel suo grembo verginale. Subito dopo «si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39) da Elisabetta. Per quale motivo? Certamente per aiutare l'anziana parente che stava attendendo un bambino, ma soprattutto per portare il Signore in quella casa. È molto bello sottolineare che la Madonna si recò in fretta da Elisabetta: la carità non ammette lentezza e pigrizia. Appena Maria varcò la porta di quella casa, il Signore compì delle meraviglie di grazia: nel grembo di Elisabetta, il bambino, ovvero Giovanni Battista, sussultò di gioia (cf Lc 1,41) e fu santificato, come interpretano i Santi Padri; ed Elisabetta «fu colmata di Spirito Santo» (ivi) e iniziò a profetizzare. Questa è la grande missione della Madonna: portare Gesù alle anime. E, con Gesù, Ella vi porta la grazia di Dio. Se nel nostro cuore ci sarà sempre la devozione alla Madonna, se sulle nostre labbra fiorirà sempre la preghiera dell'"Ave Maria", allora il Signore compirà delle meraviglie di grazia anche nella nostra vita. Volendo ora terminare con un proposito pratico di miglioramento, nell'immediata preparazione al Natale, propongo due cose: la prima di essere solleciti anche noi, come la Madonna, nel compiere il bene, senza pigrizia; la seconda di recitare assiduamente il Rosario, per far entrare la Vergine anche nella nostra casa.
Fonte: Il Settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23/12/2012)
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OMELIA DELLA MESSA DI NATALE DELLA NOTTE
Ecco vi annunzio una grande gioia
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Un Natale vero?, settembre 2006 (ed. Studio Dominicano)
Davvero santa è questa notte, che dall'eternità è stata scelta per dare inizio alla redenzione del mondo; santa, anche perché è irrevocabilmente segnata dalle sorprese divine e da un nuovo fiorire delle speranze umane. Anche noi come i pastori - dopo che l'inattesa voce dal cielo li aveva destati - non ci siamo lasciati dominare dal sonno, e ci siamo detti: "Andiamo..., vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere" (cfr. Lc 2,15). E siamo venuti a questo rito notturno per contemplare più da vicino - e assimilare un po' di più nella vita del nostro spirito - la realtà misteriosa che ha colmato di sé l'intera storia umana: la realtà di un Dio che è entrato nella nostra vicenda e si è fatto uno di noi. L'Unigenito del Padre, il Verbo consostanziale con lui, nella nostra vicenda è entrato, per così dire, in punta di piedi, come del resto era stato previsto da un antico testo ispirato: "Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose - così era scritto - e la notte era a metà del suo corso, la tua Parola onnipotente scese dal cielo, tuo trono regale" (cfr.Sap 18,14-15). Chi si aspettava che la salvezza di Dio arrivasse con una manifestazione di potenza e fragore, ha dovuto disilludersi e imparare che le scelte di colui che è il Trascendente sono diverse e lontane dalle vie pensate e vagheggiate dagli uomini. Chi invece - avendo un cuore senza complicazioni e senza pretese - cullava solo la speranza che l'iniziativa divina regalasse un po' di gioia ai tribolati figli di Adamo, è stato subito accontentato. "Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo" (Lc 2,10): un annunzio di gioia è appunto la prima parola angelica risonata a Betlemme. E' (come si vede) una gioia discesa dall'alto, che da quella notte fatidica sulla terra non si è spenta più; e noi in quest'ora magica e in questo suggestivo tempo natalizio (che ogni anno sembra quasi ridonarci una lontana innocenza) questa gioia la risentiamo zampillare più vivida nelle nostre coscienze, e vincere l'ottusità e la dissipazione che ci insidiano magari per dodici mesi. Una gioia, ha detto l'angelo, "che sarà di tutto il popolo": non dunque riservata ai soliti privilegiati dalla ricchezza, dal potere, dalla cultura, dalla notorietà. Una gioia "democratica", verrebbe fatto di dire, destinata a tutti, alla quale casomai si aprono più facilmente gli animi dei semplici e dei poveri. E noi tra i semplici e i poveri in spirito ci sforzeremo in questo Natale di collocarci. Qual è la ragione di tanta gioia? Noi ci rallegriamo perché l'Eterno, l'Onnipotente, l'Onnisciente, è diventato uno di noi. E dal momento che lui è stato aggregato alla nostra famiglia, noi abbiamo avuto la facoltà di entrare a far parte della sua: "Venne fra la sua gente - sta scritto - e a quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio" (cfr. Gv 1,11-12). Colui che è eterno nasce nel tempo e comincia a contare i suoi anni, come li contiamo noi. Colui che è onnipotente inizia come tutti i neonati ad aver bisogno di tutto: del latte materno, delle fasce, di un po' di calore. Colui che è onnisciente si sobbarcherà, come noi, alla fatica di imparare: imparare a parlare dalle labbra della sua mamma, imparare a lavorare nella bottega di Giuseppe, imparare a pregare e ad ascoltare le Sante Scritture nelle riunioni al sabato della sinagoga. Sembra una favola, ed è la più vera e la più concreta delle realtà effettuali. Del resto, nessuna fantasia di poeta, nessun ardimento di pensatore o di mistico, avrebbe mai saputo nemmeno immaginare un'avventura così umile e così alta, così stupefacente e così consolante, come quella che ha escogitato e attuato l'amore misericordioso di Dio per le sue creature. L'imparagonabile bellezza di questa notizia - che stanotte brilla davanti ai nostri occhi di nuova luce e di nuova allegrezza - è da sé sola un indubbio segno della sua autenticità. Con questo annuncio di gioia la nostra esistenza principia ad avere esperienza e a godere di qualcosa di nuovo. Dopo il Natale, il nostro vivere non è più un vagare nel buio e in una inquietante perplessità, ma è un avanzare nella luce verso una mèta sicura. Colui che è nato a Betlemme così ci dice a buon diritto di sé: "Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Gv 8,12). L'eccezionale splendore, di cui si rivestono in questi giorni le nostre strade, è l'evocazione oggettiva (anche quando è inconsapevole e ignara) di questo gratificante convincimento delle genti che hanno la fortuna di celebrare il Natale. Dopo che il Figlio di Dio, è venuto a condividere con noi l'enigma della sofferenza e l'ha impreziosito finalizzandolo all'espiazione di ogni colpa e alla rinascita di ogni valore, qualsivoglia dolore che dobbiamo affrontare (se riusciamo a vederlo con gli occhi della fede) non appare più solitario e crudele, perché lo sappiamo consonante con un disegno superiore di riscatto e di felicità senza eclissi. Da quando col Natale ci è stato rivelato che nel segreto della Divinità c'è ormai qualcuno che non solo è il Signore dell'universo, ma è anche nostro fratello, partecipe dunque di tutta la nostra umanità, noi siamo certi che ogni nostra invocazione, ogni nostra supplica, ogni effusione del nostro cuore in pena, trova infallibilmente ascolto ed esaudimento presso il Padre della luce e il Datore di ogni regalo dall'alto e di ogni dono perfetto (cfr. Gc 1, 17).
Fonte: Un Natale vero?, settembre 2006 (ed. Studio Dominicano)
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