LA SPAGNA VIETA L'ABORTO PER I GORILLA (MA CONTINUA A PERMETTERLO PER GLI ESSERI UMANI)
Approvata la legge che protegge i gorilla fin dal momento del concepimento, mentre per gli esseri umani restano legali aborto e distruzione degli embrioni per la sperimentazione
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi
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LO STATO ITALIANO RICONOSCE BUDDISMO E INDUISMO: ECCO LE CATASTROFICHE CONSEGUENZE
Sono riconosciuti i loro luoghi di culto, le loro festività, luogo appartato nei cimiteri, 8x1000, ministri di culto negli ospedali, nelle case di riposo e nelle carceri...
Autore: Roberto Dal Bosco - Fonte: Libertà e Persona
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TRE PUNTI PER CAPIRE BEPPE GRILLO
Ecco come un comico si trasforma in organizzatore politico che propaganda attraverso internet una religione con le profezie apocalittiche di Casaleggio
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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IL MIO PARTITO HA PRESO SOLO LO ZERO VIRGOLA QUALCOSA, MA NON MI ARRENDO
Ecco i 6 motivi per cui Io amo l'Italia non ha avuto successo nemmeno tra chi ritiene importanti i principi non negoziabili
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Io amo l'Italia
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MILANO: A SCUOLA ARRIVA L'INDOTTRINAMENTO ALL'IDEOLOGIA GAY PER BAMBINI DAI 3 AGLI 8 ANNI
Gli insegnanti portano centinaia di bambini allo spettacolo ''Piccolo Uovo'', storia di famiglie con due mamme o due papà
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
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PUO' ACCADERE CHE I CARDINALI IN CONCLAVE RIFIUTINO L'INFLUSSO DELLO SPIRITO SANTO?
La Chiesa è grande proprio perché sopravvive alle piccolezze degli uomini
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
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COSA PENSA IL DIAVOLO IN ATTESA DEL CONCLAVE
Alcune riflessioni in merito alla rinuncia di Benedetto XVI (sullo stile delle Lettere di Berlicche di C.S. Lewis)
Fonte: Continuitas
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GIANFRANCO RAVASI PAPA? UN RISCHIO CLAMOROSO
Il cardinale ama la fede simbolica e mette tra parentesi il fatto che i Vangeli narrino fatti storici
Autore: Leandro Mariani - Fonte: Corrispondenza Romana
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LETTERA A MIA FIGLIA: IL NUOVO LIBRO DI ANTONIO SOCCI
Nessuno può attraversare il mare di questa vita se non è trasportato dalla croce di Cristo
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire
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OMELIA IV DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C - (Lc 15,1-3.11-32)
Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LA SPAGNA VIETA L'ABORTO PER I GORILLA (MA CONTINUA A PERMETTERLO PER GLI ESSERI UMANI)
Approvata la legge che protegge i gorilla fin dal momento del concepimento, mentre per gli esseri umani restano legali aborto e distruzione degli embrioni per la sperimentazione
Autore: Leone Grotti - Fonte: Tempi, 27/02/2013
In Spagna è più sicuro essere una scimmia che un uomo. Il Parlamento spagnolo ha appena fatto passare una legge che protegge i gorilla dal momento del concepimento. In questo modo, si vieta non solo l'aborto dei gorilla ma anche la sperimentazione su embrioni e feti dell'animale. Peccato che gli animali umani non siano altrettanto protetti, visto che l'aborto è legale in Spagna e la ricerca con cellule staminali embrionali, che richiede la distruzione degli embrioni umani, consentita.
LA PROTESTA DEI GORILLA Per questo settimana scorsa un gruppo di manifestanti travestiti da scimmie sono scesi in piazza a protestare davanti al quartier generale del Partito Popolare di Mariano Rajoy, al governo. Il portavoce dei gorilla ha dichiarato alla stampa: «Siamo felici che il governo abbia riconosciuto il diritto di noi scimmie e tutti nella giungla stanno esultando, ma ora vorremmo che il governo, come promesso in campagna elettorale, proteggesse anche i nostri amici umani correggendo la legge sull'aborto ed eliminando la sperimentazione con cellule embrionali».
SCIMMIE PROTETTE, UOMINI NO I gorilla manifestanti, membri dell'Associazione per il diritto alla vita, per voce del loro presidente Ignacio Arsuaga, hanno affermato che «non ha senso che la legge protegga le vite di diverse specie animali ma non degli esseri umani». L'associazione ha già raccolto 400mila firme perché venga modificata la legge sull'aborto: «Grazie a quella legge, ogni giorno in Spagna muoiono di morte violenta almeno 300 bambini, stiamo parlando di centinaia di migliaia di vittime ogni anno. Questo è un peso che la società spagnola non può permettersi di portare. Vogliamo proteggere le madri e i bambini».
LEGGE ENTRO MARZO Il ministro della Giustizia Alberto Ruiz-Gallardón ha promesso di presentare una norma che abolisca la legge sull'aborto entro marzo. «Vogliamo che il governo protegga gli uomini e la loro vita fin dal concepimento così come protegge le scimmie» insiste Arsuaga. «Siamo milioni a chiederlo e il governo ha promesso di farlo». La manifestazione termina con un coro delle scimmie: «Bisogna essere un gorilla per non essere abortiti».
Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare lo stupendo filmato "Il miracolo della vita - No all'aborto, si alla vita!" cliccando qui sotto
http://www.youtube.com/watch?v=QEIwVi9_kpQ
Fonte: Tempi, 27/02/2013
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LO STATO ITALIANO RICONOSCE BUDDISMO E INDUISMO: ECCO LE CATASTROFICHE CONSEGUENZE
Sono riconosciuti i loro luoghi di culto, le loro festività, luogo appartato nei cimiteri, 8x1000, ministri di culto negli ospedali, nelle case di riposo e nelle carceri...
Autore: Roberto Dal Bosco - Fonte: Libertà e Persona, 15/02/2013
Con la Gazzetta Ufficiale del 17 gennaio 2013 si chiude una storia e se ne apre un'altra. La Repubblica italiana si accorda con l'Unione Buddista Italiana (UBI) e con l'Unione Induista Italiana (UII): sono riconosciuti i loro luoghi di culto, le loro festività, il loro diritto a reclamare un posto appartato per le sepolture nei cimiteri. Sopra ogni altra cosa, arriva l'odiato 8 per mille, di cui i «laici» italiani hanno spesso invocato l'abolizione, ma che ora, finendo in tasche non-cattoliche, diventa un elemento di stupenda civiltà del nostro paese. Il Corriere della Sera, ovviamente, fa festa grande, con un articolo celebrativo («Baggio e Guzzanti e gli altri che hanno scelto il buddismo») che sul titolo e in foto mette in bella evidenza nomi di VIP buddisti nostrani, anche se con l'articolo non c'entrano assolutamente niente, anzi proprio il contrario: Baggio e la Guzzanti sono infatti adepti della Soka Gakkai, una setta buddista giapponese che non ha aderito all'UBI, e quindi è totalmente fuori da questo grande festeggiamento. «Il nostro obbiettivo però, non sarà affatto quello di riempirci le tasche con l'8 per mille – ha dichiarato al Corrierone Maria Angela Falà, vicepresidente dell'UBI – quello che ci interessa realmente è che i nostri monaci, in quanto riconosciuti ministri di culto possano finalmente assistere spiritualmente i fedeli negli ospedali, nelle case di riposo e nelle carceri». Mentre si moltiplicano i casi di sacerdoti e fedeli cattolici buttati fuori dagli ospedali da atei furibondi perché si vuole pregare per i malati o dare l'estrema unzione ai morenti, ecco che si saluta il felice arrivo dei bonzi fra le corsie nosocomiali. Nelle carceri, invece, l'UBI a dire il vero è già entrata con programmi di proselitismo – basta accedere al sito dell'UBI e leggere la notizia «Geshe Tenzin Tempel incontra i detenuti del carcere di Bollate»: «un gruppo di detenuti del settimo reparto del carcere di Bollate, che nello scorso autunno ha iniziato un percorso di meditazione e insegnamento di base del buddhismo, hanno ricevuto la vista del lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel, maestro residente dell'Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia [centro toscano che propala il buddismo tibetano del Dalai Lama, ndr], domenica 18 aprile». Poco più sotto, nel sito, non manca una «dichiarazione buddista sui cambiamenti climatici», tanto per capire quanto sia profonda la trincea dalla quale esce fuori l'UBI: il politicamente corretto globale. In Italia ci sono solo due precedenti: gli accordi statali con le Comunità ebraiche del 1989, e, la scorsa estate con la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni: nella possibilità che venisse eletto il mormone Romney, la tollerante Repubblica italiana si faceva trovare pronta. Ma in entrambi i casi precedenti, l'Italia prendeva accordi con quella che poteva considerarsi una precisa rappresentanza di una comunità religiosa: i rappresentanti delle Comunità ebraiche possono dire di esprimere davvero l'ebraismo italiano, così come i "vescovi" del mormonismo italiano sono leciti rappresentati della loro chiesa. Non possiamo dire lo stesso per l'UBI, che è un'insieme di gruppi afferenti a tradizioni diversissime (tibetane, cingalesi, giapponesi, cinesi, coreane) provenienti da buddismi molto differenti (theravada, mahayana, zen, etc.), un insieme che esclude parte degli immigrati buddisti nonché la ben corposa setta della Soka Gakkai, tirata in ballo erroneamente e furbamente dal Corriere nella festicciola dell'8 per mille ai bonzi e ai sadhu. Sul fronte induista pare oltremodo scarsa la rappresentatività dell'UII rispetto alla realtà induista italica, immigrata o autoctona-convertita che sia: scrive il CESNUR che «la maggior parte dei movimenti internazionali d'ispirazione induista che operano in Italia non hanno aderito all'Unione, anche se alcuni mantengono rapporti di cordiale collaborazione». Ma in questo momento di baldora la cosa non conta, visto che il festoso presidente dell'UII Franco di Maria pensa già da teo-tycoon: «Capito il significato? Potrà nascere una tv induista in Italia, potremo costruire templi, aprire scuole e università teologiche». Di quale tradizione induista delle tante, non è detto, ma la cosa in queste ora di giubilo non conta nulla. Anche qui, si pone l'antica questione che vede una religione – quella cattolica – dotata di una linea di legittimità e rappresentanza perfettamente definita (la cui discendenza è certificata sino a poter risalire nella catena millenaria al Dio incarnato) contro la massa acefala delle religioni non cristiane, che sono un pulviscolo di sigle, denominazioni, sette spesso in lotta anche fisica fra loro, in un quadro generale contraddittorio e pericoloso. È capitato a chi scrive di assistere, durante alla presentazione di un libro sul buddismo tibetano, ad una scenetta rivelatrice: una signora si alza in piedi e chiede al bonzo tibetano presente l perché, in un ciclostile dove si indicavano i centri buddisti italiani raccomandati distribuito ad uno dei precedenti incontri al Palasport di Milano col Dalai Lama, comparisse un centro milanese in odore di Dorje Shugden: ossia una setta lamaista rinnegata, seguace di un demone recentemente bandito dal culto dal Dalai Lama, che al Dalai ha pure assassinato un monaco collaboratore nel 1997, scatenando una controversia senza fine in cui dentro ci sono cospirazioni d'ogni tipo, accuse di intolleranza religiosa al governo di Dharamsala, e pure l'Interpol. Come si può capire da questo microscopico episodio, anche in seno alla meno acefala delle tradizioni buddiste – quella tibetana dei Gelugpa, che fa capo al Dalai Lama e che grazia alla iperespozione mediatica del suo "pontefice" fa culturalmente la parte del leone all'interno dell'UBI – regna una certa confusione. Per inciso, in quella presentazione, il bonzo evase alla domanda della signora preoccupata, dicendo a tutti che bisognava studiare la cultura e la lingua tibetana per capire meglio. La gioia della vicepresidente dell'UBI si rivolge subito agli ulteriori momento di festa: «Cosa cambierà? La nostra festa di Vesak, per esempio, riconosciuta festa religiosa dalle Nazioni Unite fin dal 2000, ora avrà lo stesso valore anche qui». Il Vesak (più formalmente detto Vesākha , in India conosciuto anche come Buddha Jayanti), ossia della festa che celebra la nascita di Budda, che cade all'incirca alla luna piena del quinto o sesto mese dei nostri calendari, è in pratica una sorta di natale buddista. Ebbene, non possiamo non pensare qui ad un paio di Vesak del recente passato che hanno accomunato buddisti ed induisti. Il 18 maggio 1974, intorno alle 8:05 del mattino, una comunicazione attraversò i comandi supremi dell'esercito indiano sino ad arrivare ad Indira Gandhi. In questa comincazione veniva detto esattamente: «The Buddha has smiled» ("Budda ha sorriso"). Era il codice che comunicava la riuscita del l'operazione Buddha Smile ("Sorriso di Budda"). Il "Sorriso di Budda" altro non era che il primo test atomico che l'India di Indira Gandhi produsse per dotarsi della bomba. L'esplosione è avvenuta a Pokhran, nel Deserto di Thar, stato del Rajasthan; a colpire è anche l'ubicazione dell'ordigno sperimentale, posto sottoterra a 107 metri – 108, risaputamente, è un numero sacro in oriente soprattutto per il buddismo. Il "Sorriso di Budda" scatenò una potenza di 9 kilotoni e fece entrare l'India nel ristretto club dei possessori di mezzi di distruzione nucleare. 24 anni dopo, mentre cresce l'impazienza di mostrare nuovamente i muscoli atomici al problematico vicino pakistano, il governo di Nuova Delhi (al governo ci sono i nazionalisti indù del BJP) pensa ad un altra tornata di esperimenti, sempre nel poligono atomico di Pokhran. Il nome in codice, questa volta, forse anche per compiacere i conservatori hindu al governo, viene attinto dal pantheon induista: Shakti, parola che possiamo tradurre in "energia", ma anche come il nome la dea della forza. Cionondimeno, la data dell'esperimento è, calendario religioso alla mano, la stessa: 11 maggio, il Vesak dell'anno 1998. Come se, in questi esperimenti prodromici della più massiva violenza disponibile dall'umanità, si fosse cercata la "benedizione" di dèi che tutto annichiliscono. Una bella metafora di religione comparata: la digregazione dell'atomo come la disgregazione dell'io; poi il nulla, il deserto, il non-divenire. Il nirvana. Ecco, un bella storia di fuochi d'artificio in monito ai prossimi "natali" indo-buddisti appena sdoganati dalla Repubblica Italiana. Che la festa cominci.
Nota di BastaBugie: l'autore di questo articolo ha scritto il bel libro "Contro il Buddismo. Il volto oscuro di una dottrina arcana", Fede & Cultura, 150 pagine, anno 2012. Per leggere la recensione del libro di Roberto Dal Bosco che critica con esempi concreti il Dalai Lama e in generale il mondo dei monaci arancioni clicca qui sotto https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2323
Fonte: Libertà e Persona, 15/02/2013
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TRE PUNTI PER CAPIRE BEPPE GRILLO
Ecco come un comico si trasforma in organizzatore politico che propaganda attraverso internet una religione con le profezie apocalittiche di Casaleggio
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 03/03/2013
È uscito un volume che fa molto riflettere. Il libro appena pubblicato dai sociologi Roberto Biorcio e Paolo Natale «Politica a 5 stelle. Idee, storia e strategia del movimento di Grillo» legge il movimento del comico genovese da una prospettiva dichiaratamente di sinistra, ma offre diverse osservazioni interessanti e utili, che del resto si ritrovano negli studi di Biorcio di qualche anno fa sulla Lega Nord, acuti anche se talora offuscati da un'antipatia militante. La maggioranza dei commentatori, sostengono Biorcio e Natale, non capiscono il movimento di Grillo perché danno rilievo a uno solo dei tre elementi che lo costituiscono: il «partito personale» di un comico che diventa «imprenditore politico»; lo spostamento della comunicazione dalla stampa e dalla televisione a Internet; e il «populismo», una parola ormai talmente abusata da non significare quasi più nulla ma che in questo caso indica la chiamata a raccolta di quanto attribuiscono i mali dell'Italia alla «casta» dei politici di professione, che si tratterebbe di spazzare via così risolvendo d'incanto tutti i problemi. Mentre, sostengono gli autori, questi tre elementi vanno sì analizzati uno per uno, ma vanno poi anche composti insieme perché è dalla loro sintesi che nasce il successo del movimento.
1° ELEMENTO: UN COMICO SI TRASFORMA IN ORGANIZZATORE POLITICO Cominciamo dal primo elemento: un comico si trasforma in organizzatore politico. Qui i punti di riferimento che Grillo ha tenuto presente sono due. Il primo non è un comico - checché ne pensi qualche giornale straniero - ma è Silvio Berlusconi, il quale ha dimostrato che è possibile costruire partiti personali a partire da credito e simpatia acquisiti in campi diversi dalla politica. Stupirà non pochi elettori grillini del 2013, ma nel 1994 quando Berlusconi scende in campo Grillo si schiera con lui, dichiarando: «Sono da mandare via, da mandare via questa gente qua [i politici della Prima Repubblica], da votare gli imprenditori; ecco perché sono contento che è venuto fuori Berlusconi: lo voglio andare a votare»: Il secondo modello è francese, ed è un amico e mentore di Grillo, il comico Coluche (1944-1986), che lo showman genovese aveva conosciuto sul set del film «Scemo di guerra» di Dino Risi (1916-2008), di cui entrambi erano stati interpreti, nel 1985. Portare alla luce il ruolo di Coluche è un contributo importante del libro di Biorcio e Natale, anche se in un certo senso il comico transalpino aveva provato a diventare il Grillo francese e aveva fallito. In un periodo di scandali che scuotono la classe politica francese Coluche ottiene grande successo a Radio Montecarlo con uno slogan rivolto ai politici che Grillo avrebbe poi ripreso alla lettera: «Vaffanculo», e con un culto studiato della volgarità come forza sovversiva. Licenziato da quella radio, si candida alla presidenza della Repubblica in vista delle elezioni del 1981, e comincia a volare sia nei sondaggi sia nel sostegno d'intellettuali - di sinistra - molto influenti, tra cui il filosofo Gilles Deleuze (1925-1995) e i sociologi Alain Touraine (1925-) e Pierre Bourdieu (1930-2002). Quest'ultimo definisce, enfaticamente, l'invito di Coluche ai politici ad andare a quel paese come «le parole più importanti per la Francia dalla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789». I tempi, però, non sono maturi. C'è ancora la Guerra fredda, il Muro di Berlino non è caduto e nessuno dei due grandi blocchi internazionali vuole vedere un Paese strategico come la Francia consegnato a un comico imprevedibile. Coluche è minacciato di morte e intimidito dai servizi segreti, e la sua campagna finisce in tragedia quando il suo Casaleggio, René Gorlin (+1980), è assassinato in un oscuro omicidio presentato come passionale ma su cui restano molti dubbi. Coluche capisce ll'antifona, si ritira dalla campagna elettorale e invita i suoi sostenitori a votare per il socialismo autogestionario di François Mitterrand (1917-1996). Ma, anni dopo, comincia a far venire qualche idea al suo amico italiano Grillo.
2° ELEMENTO: INTERNET Secondo elemento: Internet. Se il transito di Grillo dalle televisioni - che progressivamente lo emarginano per la sua virulenza anti-politica - all'attivismo militante su temi sociali ed ecologici comincia poco dopo l'incontro con Coluche, all'inizio il comico italiano non accoglie con particolare favore Internet. Nel 2000, anzi, alla fine di ogni spettacolo sfascia in scena un computer, considerato uno strumento dei poteri forti per lavare il cervello alla gente. Ma tutto cambia dopo l'incontro con Gianroberto Casaleggio, che per Biorcio - studioso della Lega - ha per Grillo il ruolo che per Bossi hanno gli incontri con il teorico del federalismo dell'Union Valdôtaine Bruno Salvadori (1942-1980) e con il politologo Gianfranco Miglio (1918-2001). Casaleggio non è solo uno dei migliori esperti italiani di marketing sul Web. È un guru, interessato all'esoterismo e - ci dicono gli autori - accompagnato da «ipotesi di appartenenza alla massoneria», che ha trasformato Internet in una religione. Il suo pensiero, sintetizzato nel volume con citazioni dirette dai suoi video, si riassume in una profezia apocalittica: siamo alla vigilia di crisi ecologiche e di «guerre ideologiche, razziali e religiose» in cui moriranno i sei settimi degli attuali abitanti della Terra. Il miliardo di sopravvissuti abolirà «i partiti, la politica, le ideologie e le religioni», sostituite da «Gaia» - un nome che in molte teorie esoteriche indica la Terra come organismo vivente e unica divinità -, la quale sarà insieme religione e politica e gestirà il mondo tramite un «nuovo governo mondiale» selezionato e organizzato tramite Internet. Cioè, precisa Casaleggio, tramite gli «influencer», quella piccola percentuale di persone che padroneggia perfettamente la Rete e crea il novanta per cento dei suoi contenuti. Persone come lo stesso Casaleggio, che però per il loro sogno di nuovo governo mondiale hanno bisogno di «portavoce» dotati di quelle «capacità di comunicare con il pubblico» - compreso quello che non ha come suo primo punto di riferimento Internet - che agli «influencer» della Rete spesso mancano. Ma che non mancano a Grillo, il quale diventa leader politico globale quando Casaleggio gli mostra la luce di Internet e la accende, creando per il comico quello che diventa uno dei dieci blog più visitati nel mondo. Senza Casaleggio non ci sarebbe Grillo come leader politico. Ma senza Grillo il guru Casaleggio sarebbe solo il capo di un piccolo movimento esoterico. Dove abbiamo già visto le sue prospettive apocalittiche? Precisando che i grillini sono adepti della non violenza, Biorcio e Natale paragonano le declinazioni politiche dell'utopia di Casaleggio ai manifesti delle Brigate Rosse degli anni 1970. Per me, studioso di nuovi movimenti religiosi, la teoria di Casaleggio ricorda piuttosto in modo irresistibile - anche qui, senza sospettare il guru di Grillo d'inclinazioni violente - la prospettiva della «Famiglia» del pluri-assassino Charles Manson, un pericoloso nuovo movimento religioso che attendeva l'«Helter Skelter», una guerra razziale in cui la maggioranza degli americani sarebbe morta, convincendo i superstiti a lasciarsi guidare da chi l'aveva prevista, cioè appunto Manson e i suoi adepti.
3° ELEMENTO: IL POPULISMO E L'AVVERSIONE PER LA POLITICA Terzo elemento: il populismo e l'avversione per la politica. E qui, suggeriscono gli autori, ben prima di incontrare i movimenti globali di «indignati» degli ultimi anni, il modello di Grillo è Umberto Bossi. Come Bossi, il Grillo elettorale non decolla immediatamente. Parte dal 3-4% delle sue liste civiche nel 2009, arriva al massimo del 7% in Emilia alle regionali del 2010. Come Bossi esplode con Mani pulite, così Grillo fa il pieno dopo gli scandali che travolgono esponenti non solo del centro-destra ma anche del centro-sinistra nel secondo decennio del XXI secolo. Il Movimento 5 stelle - il nome è assunto nel 2010 con riferimento a cinque semplici punti programmatici - diventa così il primo partito alle elezioni siciliane del 2012 e a quelle nazionali del 2013. Ma chi vota Grillo? La sua base originale non poteva sognare le percentuali del 2013, perché rappresentava un blocco - non sociale ma culturale - per sua natura minoritario: gli «innamorati della Rete», persone in maggioranza settentrionali e laureate che hanno deciso di fidarsi soltanto di Internet, disprezzando giornali e televisione. A questi però si sono aggiunti, secondo il volume, altre tre categorie di elettori: anzitutto i «gauchisti», persone di sinistra per cui il PD si è spostato troppo al centro appoggiando il governo Monti, e chi si allea con il PD come Vendola ne condivide le colpe. Ci sono poi quelli che i due sociologi chiamano i «ragionevoli», che votano Grillo sulla base di un calcolo razionale di costi e benefici, convinti che un suo successo, per quanto effimero e problematico, possa costringere la politica a quelle riforme necessarie che i partiti tradizionali da anni promettono invano. Infine, i «menopeggio», elettori dell'estrema destra o della Lega che non condividono le idee di Grillo ma che lo considerano meno peggiore di tutti gli altri quando si tratta di criticare la «casta», le banche o l'Unione Europea. Qui il volume anticipa gli ultimi studi sui flussi dell'Istituto Cattaneo, secondo i quali, se la maggioranza degli oltre otto milioni di elettori di Grillo viene da sinistra, una parte significativa viene dalla Lega e un dieci per cento, in parte transitato da La Destra, votava a suo tempo Alleanza Nazionale. Tenere insieme questi quattro gruppi di elettori non sarà particolarmente facile, come non lo sarà gestire una massa di deputati selezionati sul Web e che spesso non hanno mai parlato con Grillo. I problemi di democrazia interna del movimento nascono dalla sua stessa natura. Casaleggio potrebbe dire che il problema è mal posto, perché nell'epoca di Gaia comunque la democrazia rappresentativa non ci sarà più. Ma quanti fra gli eletti del Cinque Stelle, per non parlare degli elettori, davvero conoscono e capiscono le profezie di Casaleggio?
RAPPORTO CON LA CHIESA Infine, un tema cui Biorcio e Natale dedicano solo due paginette, ma che sta a cuore a me e credo ai miei lettori: il rapporto con la Chiesa. Gli studi di Franco Garelli hanno mostrato che, qualunque cosa suggeriscano loro i vescovi, i cattolici votano più o meno come gli altri italiani. Ma il Cinque Stelle richiede un supplemento di analisi. I questionari somministrati da Biorcio e Natale rivelano tra i suoi militanti ed elettori una percentuale più alta della media nazionale di non credenti e persone ostili alla Chiesa. I due sociologi osservano che il boom del 2012 e 2013 ha portato a votare Cinque Stelle anche cattolici praticanti. Ma questi rimangono in minoranza, e forse non sanno che dopo la morte della maggioranza dei terrestri e il trionfo di Gaia previsti da Casaleggio le religioni sono destinate a sparire, sostituite dal culto esoterico della Terra Madre. I cattolici sono del resto in buona compagnia. Nell'utopia di Casaleggio non spariranno solo le religioni ma anche il capitalismo, il socialismo e perfino i libri, che il guru di Grillo vede completamente sostituiti dalla Rete. Se però Grillo e Casaleggio sono inscindibili l'uno dall'altro, la prospettiva generale del movimento non può che essere la distruzione totale di qualunque pensiero politico - o religioso - alternativo. E chi pensa di «mettersi con Grillo» per salvare qualche poltrona assomiglia ai borghesi di cui parlavano i primi bolscevichi. Quelli che portano allegramente ai nemici la corda con cui saranno impiccati.
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 03/03/2013
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IL MIO PARTITO HA PRESO SOLO LO ZERO VIRGOLA QUALCOSA, MA NON MI ARRENDO
Ecco i 6 motivi per cui Io amo l'Italia non ha avuto successo nemmeno tra chi ritiene importanti i principi non negoziabili
Autore: Magdi Cristiano Allam - Fonte: Io amo l'Italia, 04/03/2013
Mi sono concesso qualche giorno dopo le elezioni del 24 e 25 febbraio innanzitutto per recuperare le forze fisiche dormendo qualche ora in più, poi per riflettere sulle ragioni che ci hanno portato a conseguire un risultato che, in termini assoluti e percentuali, è oggettivamente insoddisfacente. Abbiamo ottenuto, a livello nazionale, 42.529 voti alla Camera pari allo 0,12% e 40.811 voti al Senato pari allo 0,13%. Siamo quindi decisamente lontani dal 4% a livello nazionale, la soglia di sbarramento da superare per poter accedere alla Camera, e dall'8% a livello regionale, la soglia di sbarramento da superare per poter accedere al Senato.
1) LA MARATONA CON UNA GAMBA SOLA Dobbiamo subito contestualizzare il risultato chiarendo che abbiamo presentato le liste di Io amo l'Italia solo in 11 su 26 Circoscrizioni nazionali per la Camera dei Deputati (42,3%) e solo in 8 su 20 Regioni per il Senato (40%), in aggiunta alla nostra assenza nelle Circoscrizioni Estere. Al riguardo ha ragione il nostro Coordinatore elettorale nella Regione Marche, Raffaele Tassotti, quando commenta: "Abbiamo fatto la maratona con una gamba sola!". Per la precisione siamo stati totalmente assenti nelle seguenti Regioni: Piemonte, Sicilia, Sardegna, Liguria, Trentino – Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Molise, Abruzzo, Valle D'Aosta. Siamo stati assenti nelle seguenti Circoscrizioni per la Camera: Lombardia 3, Veneto 2, Lazio 1, Lazio 2. Siamo stati assenti nelle seguenti Regioni per il Senato: Toscana, Puglia. Queste assenze, pari al 57,7% delle Circoscrizioni per la Camera e al 60% delle Regioni per il Senato, pregiudicano in partenza il risultato. [...] Questo è accaduto perché evidentemente Io amo l'Italia non ha né un adeguato radicamento territoriale in termini di aderenti e simpatizzanti né proprie sedi distribuite sull'insieme del territorio nazionale. Tutto ciò che è stato fatto per poterci presentare nelle 11 Circoscrizioni per la Camera e in 8 Regioni per il Senato, è opera di pochi volontari che si sono prodigati in modo ammirevole.
2) OSCURAMENTO MEDIATICO La seconda ragione che ha influito negativamente sul risultato elettorale è stato l'oscuramento mediatico per tutta la prima parte del mese elettorale (dal 21 gennaio al 22 febbraio) e, successivamente, la discriminazione attuata principalmente dalle televisioni a diffusione nazionali. Prendiamo atto che l'insieme dei mezzi di comunicazione di massa ha partecipato a un lavaggio di cervello inculcando negli italiani il convincimento che i candidati alla guida del Governo credibili che meritavano di essere votati erano solo 6: Monti, Berlusconi, Bersani, Grillo, Ingroia e Giannino. Solo questi 6 personaggi hanno avuto l'onore di essere regolarmente e in modo assillante presenti nei telegiornali e nelle trasmissioni popolari nelle fasce di maggior ascolto, mentre tutti gli altri, compreso il sottoscritto, hanno potuto accedere solo ai programmi di approfondimento o a fugacissime apparizioni nei telegiornali (per non oltre 30 secondi) nelle fasce orarie di minor ascolto. Basti considerare che per tutta la campagna elettorale non ho mai avuto l'opportunità di confrontarmi con nessuno dei 6 super-candidati nonostante che fossi un loro concorrente. Il risultato è che purtroppo gran parte degli italiani continua a ignorare persino che Io amo l'Italia esista! Soltanto ieri un amico di Vicenza mi ha raccontato che nella mattinata al bar un gruppo di persone gli ha chiesto spiegazione sul simbolo di Io amo l'Italia dopo averlo visto sulla spilletta affissa al petto. Alla fine in 7 gli hanno risposto: se avessimo saputo della partecipazione di Io amo l'Italia alle Elezioni, vi avremmo votato!
3) ESIGUITÀ DELLE RISORSE FINANZIARIE La terza ragione dell'esito insoddisfacente del voto è l'esiguità delle risorse finanziarie a disposizione. Abbiamo fatto una campagna elettorale con poche migliaia di euro, frutto di libere donazioni. Tutti i partiti già presenti in Parlamento hanno investito milioni di euro che ottengono sotto forma di rimborso elettorale, di trattenute dai super-stipendi dei parlamentari e dei rappresentanti in seno alle istituzioni politiche e della Pubblica amministrazione, di fondi stornati dagli enti pubblici la cui gestione è appannaggio dei partiti o versati da enti privati in cambio di favori, di erogazioni da parte di fondazioni bancarie per attività di varia natura svolta dai partiti. Ebbene se consideriamo che, ad esempio alla Camera, il Mir di Samorì che ha investito forse una decina di milioni di euro ha ottenuto lo 0,24 e Intesa Popolare che ha investito almeno 1,5 milioni di euro ha ottenuto 0,07, noi non dovremmo lamentarci. Anche se non è affatto una ragione per consolarci. Piuttosto è un dato che attesta che i soldi sono necessari, ma non sono ciò che assicura il successo elettorale.
4) PROGRAMMA INNOVATIVO E FORTEMENTE CONTROCORRENTE La quarta ragione che ha nuociuto al risultato elettorale è stata la difficoltà a comunicare in modo corretto, semplice ed efficace i contenuti del programma politico, sia perché producono un trauma in chi ci ascolta dato che stravolgono la realtà esistente, come ad esempio è la rivendicazione di uscire dall'euro e riscattare la nostra sovranità monetaria, sia perché fuoriuscendo dal seminato si collocano nell'ambito delle soluzioni innovative che devono ancora essere sperimentate lasciando di conseguenza un dubbio sulla loro validità.
5) IL VOTO UTILE La quinta ragione che ha prodotto un livello significativo di isolamento del nostro Movimento è stata la tesi del cosiddetto "voto utile", che ha sollecitato gli italiani a sostenere solo i due principali contenitori del centro-destra e del centro-sinistra per non favorire il reciproco avversario politico. Per quanto il "voto utile" si connota come un voto "contro" l'avversario e a favore del proprio candidato come il "male minore", una scelta che implicitamente rigetta il voto di preferenza o di coscienza, esso è stato fatto proprio anche da ambienti cattolici addirittura ferventissimi che, ad esempio, condannano nella sfera religiosa personaggi come Carlo Maria Martini perché relativisti, ma in campagna elettorale hanno sostenuto a viva voce la necessità di dare il voto a Berlusconi e si sono fatti promotori di una campagna propagandistica contro il voto a Io amo l'Italia e a Magdi Cristiano Allam perché sarebbe stato un "voto perso".
6) MIOPE APPOGGIO A MONTI La sesta ragione che ci ha danneggiato è la scelta della Chiesa, per la precisione lo Stato del Vaticano, la Conferenza Episcopale Italiana e un insieme di enti come la Comunità di S. Egidio, la Caritas, le Acli, la Cisl e una fazione di Comunione e Liberazione, unitamente agli organi ufficiali come l'Osservatore Romano e soprattutto l'Avvenire, che si sono pubblicamente e direttamente schierati con dei loro esponenti in seno al governo di Mario Monti, per presumibili interessi di natura finanziaria o comunque di spartizione del potere. Questa scelta ha quantomeno disorientato una parte della Chiesa e l'insieme dei fedeli che avrebbero voluto schierarsi in modo deciso e convinto al fianco di chi, come Io amo l'Italia, afferma a viva voce il primato dei principi non negoziabili.
Nota di BastaBugie: anche altri hanno commentato il risultato di Io amo l'Italia, ad esempio Corrispondenza Romana del 27 febbraio 2013: "L'insuccesso di Magdi Cristiano Allam, l'unico uomo politico che abbia esplicitamente inserito questi valori [i principi non negoziabili, n.d.r.] nel suo programma, non deve scoraggiare chi lo ha votato. Il successo numerico non è certo il metro di misura della verità, ma è malauguratamente, il criterio della democrazia moderna. Se si accetta di partecipare al gioco democratico, bisogna fare i conti con la legge dei numeri e piegarsi ad essa. Magdi Cristiano Allam potrà comunque continuare la sua opera di testimonianza della verità fuori del Parlamento, godendo della stima di chi crede nell'esistenza di principi non negoziabili che non possono essere messi ai voti".
Fonte: Io amo l'Italia, 04/03/2013
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MILANO: A SCUOLA ARRIVA L'INDOTTRINAMENTO ALL'IDEOLOGIA GAY PER BAMBINI DAI 3 AGLI 8 ANNI
Gli insegnanti portano centinaia di bambini allo spettacolo ''Piccolo Uovo'', storia di famiglie con due mamme o due papà
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 01/03/2013
«Gentili insegnanti, vi contattiamo per segnalarvi gli ultimi spettacoli della stagione del Teatro Litta rivolti ai vostri ragazzi». Queste le parole di presentazione di una email inviata alle scuole materne ed elementari milanesi, sia statali sia private, dallo storico teatro di Corso Magenta. La lettera è un invito ai bambini dai 3 agli 8 anni di età ad assistere allo spettacolo Piccolo Uovo, che avrà luogo nelle mattinate del 12 e 13 marzo prossimi.
FAMIGLIE DIVERSE Di cosa parla lo spettacolo? Ecco cosa si legge: «Una bambina è arrabbiata con la sua famiglia. Si chiude in camera sua come dentro al guscio di un piccolo uovo, da lì non vuole uscire e gioca con il suo amico immaginario, gioca con le ombre, gioca a viaggiare alla scoperta di tante famiglie diverse, fino a scoprire qual è quella giusta per lei». Lo spettacolo, dunque, racconterebbe «con delicatezza», di famiglie diverse da quella tradizionale: «Famiglie come quelle di molti dei piccoli spettatori, famiglie allargate, famiglie con un genitore solo, famiglie con figli adottati, ma anche famiglie con due mamme o due papà. Famiglie diverse, ma diversamente felici. Perché la felicità non è a senso unico». L'autrice del libro da cui è tratto lo spettacolo, Francesca Pardi, lesbica con quattro figli, aveva spiegato nel gennaio scorso, quando il libro cominciava a girare negli asili, che «Piccolo Uovo prima nel guscio conosce le famiglie diverse e vede che sono tutte belle e quindi alla fine riesce a uscire dal guscio. Il messaggio per i bambini è che non si sa dove finirà il piccolo, ma non ha importanza perché non c'è una forma preferibile».
PIU' DI 500 BIMBI La lettera di invito allo spettacolo è stata mandata «a tutte le scuole di Milano che da anni sono nella nostra mailing-list. E la risposta è stata positiva tanto che faremo due repliche a Milano. Il 12 verranno 180 bambini, il giorno successivo per ora 90, ma le vendite sono ancora aperte», spiegano gli impiegati della biglietteria del teatro comunale di Casalpusterlengo, gestito dal Litta, dove il 19 febbraio scorso c'erano 230 bambini ad assistere allo spettacolo.
Nota di BastaBugie: per maggiori informazioni sulla trama della storia di "Piccolo Uovo" e per vedere una pagina significativa del libro, clicca qui sotto https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1933
Fonte: Tempi, 01/03/2013
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PUO' ACCADERE CHE I CARDINALI IN CONCLAVE RIFIUTINO L'INFLUSSO DELLO SPIRITO SANTO?
La Chiesa è grande proprio perché sopravvive alle piccolezze degli uomini
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 5 marzo 2013
Gli occhi di tutto il mondo, non solo dei cattolici, sono rivolti in questo momento a San Pietro, per conoscere chi sarà il nuovo Vicario di Cristo. L'attesa che si manifesta alla vigilia di ogni Conclave è questa volta più accorata ed intensa, per il succedersi di eventi che lasciano sgomenti e confusi. Massimo Franco scrive sul "Corriere della Sera" del 27 febbraio 2013 che «dentro la Città del Vaticano si sta consumando la fine di un modello di governo e di una concezione del papato» e paragona le difficoltà che oggi attraversa la Chiesa alla fase finale della crisi del Cremlino sovietico. «Il declino dell'Impero vaticano – scrive – accompagna quello degli Usa e di un'Unione Europea in crisi economica e demografica. Mostra un modello di papato e di governo ecclesiastico centralizzato, sfidati da una realtà frammentata e decentrata». La crisi dell'impero vaticano viene presentata come la crisi di un modello di Papato e di governo ecclesiastico inadeguato al mondo del XXI secolo. L'unica via di uscita sarebbe quella di un processo di "autoriforma" che salverebbe l'istituzione, snaturandone l'essenza. In realtà ciò che è in crisi non è il governo "monocratico", conforme alla Tradizione della Chiesa, ma il sistema di governo nato dalle riforme postconciliari, che, negli ultimi cinquant'anni, hanno espropriato il Papato della sua autorità sovrana, per redistribuire il potere tra le conferenze episcopali e una onnipotente Segreteria di Stato. Ma soprattutto Benedetto XVI e il suo predecessore, pur così diversi di temperamento, sono rimasti vittime del mito della collegialità di governo in cui hanno sinceramente creduto, rinunziando ad assumere molte responsabilità che avrebbero potuto risolvere il problema dell'apparente ingovernabilità della Chiesa. La perenne attualità del Papato sta nel carisma che gli è proprio: il primato di governo sulla Chiesa universale, di cui il Magistero infallibile è decisiva espressione. Benedetto XVI, dicono alcuni, non ha esercitato con autorità il suo potere di governo, perché è un uomo mite e mansueto, che non ha né il carattere né le forze fisiche per far fronte a questa situazione di grave ingovernabilità. Lo Spirito Santo lo ha infallibilmente illuminato, suggerendogli il supremo sacrificio della rinunzia al pontificato per salvare la Chiesa. Non ci si rende conto però di quanto questo discorso umanizzi e secolarizzi la figura del Sommo Pontefice. Il governo della Chiesa non si regge sul carattere di un uomo, ma sulla sua corrispondenza alla divina assistenza allo Spirito Santo. Il Papato è stato occupato da uomini dal carattere imperioso e guerriero, come Giulio II, e dal temperamento mite ed amabile come Pio IX. Ma è stato il beato Pio IX, e non Giulio II, a corrispondere più perfettamente alla Grazia, ascendendo ai vertici della santità, proprio nell'esercizio eroico del governo papale. La concezione secondo cui un Papa debole e stanco si dovrebbe dimettere non è soprannaturale, ma naturalistica perché nega l'aiuto decisivo al pontefice di quello Spirito Santo che impropriamente viene invocato. Il naturalismo si trasforma a questo punto nel suo opposto: in un fideismo di impronta pietista, per il quale l'invadenza dello Spirito Santo assorbe la natura umana e diventa il fattore rigenerante della vita della Chiesa. Si tratta di eresie antiche che oggi affiorano proprio negli ambienti più conservatori. L'errore, sempre più diffuso è quello di voler giustificare qualsiasi decisione venga presa da un Papa, da un Concilio, da una Conferenza episcopale, in nome del principio per cui «lo Spirito Santo assiste sempre la Chiesa». La Chiesa è indefettibile certo, perché, grazie alla assistenza dello Spirito Santo, «Spirito di Verità» (Gv. 14, 17), ha dal suo Fondatore la garanzia di perseverare fino alla fine dei tempi, nella professione della stessa fede, degli stessi sacramenti, della stessa successione apostolica di governo. Indefettibilità tuttavia non significa infallibilità estesa a tutti gli atti di Magistero e di governo, né tantomeno impeccabilità delle supreme gerarchie ecclesiastiche. Nella storia della Chiesa, spiega Pio XII, «si sono avvicendate vittoria e sconfitta, ascesa e discesa, eroica confessione con sacrificio dei beni e della vita, ma anche in alcuni suoi membri, caduta, tradimento e scissione. Una testimonianza della storia è univocamente chiara: portae inferi non praevalebunt (Mt. 16, 18); ma non manca anche l'altra testimonianza, anche le porte dell'inferno hanno avuto i loro parziali successi» (Discorso Di gran cuore del 14 settembre 1956). Malgrado i successi parziali e apparenti dell'inferno, la Chiesa non rimane scossa né dalle persecuzioni, né dalle eresie o dai peccati dei suoi membri, anzi attinge nuova forza e nuova vitalità dalle gravi crisi che la colpiscono. Ma se gli errori, le cadute, le defezioni non ci devono scoraggiare, esse, quando accadono, non possono essere negate. Fu, ad esempio, lo Spirito Santo ad ispirare la scelta di Clemente V e dei suoi successori di trasferire la sede del Papato da Roma ad Avignone? Oggi gli storici cattolici concordano nel definirla una decisione gravemente sbagliata, che indebolì il Papato nel XIV secolo, aprendo la strada al Grande Scisma d'Occidente. Fu lo Spirito Santo a suggerire l'elezione di Alessandro VI, un Papa che tenne una condotta profondamente immorale prima e dopo la sua elezione? Nessun teologo, ma anche nessun cattolico, potrebbe sostenere che i 23 cardinali che elessero Papa Borgia fossero illuminati dallo Spirito Santo. E se ciò non avvenne in quella elezione, si può immaginare che non avvenne in altre elezioni e conclavi, che videro la scelta di Papi deboli, indegni, inadeguati alla loro alta missione, senza che ciò pregiudichi in alcun modo la grandezza del Papato. La Chiesa è grande proprio perché sopravvive alle piccolezze degli uomini. Può essere eletto dunque un Papa immorale o inadeguato. Può accadere che i Cardinali del conclave rifiutino l'influsso dello Spirito Santo e che lo Spirito Santo che assiste il Papa nel compimento di tutta la sua missione sia rifiutato. Questo non significa che lo Spirito Santo venga sconfitto dagli uomini o dal demonio. Dio, e solo Lui, è capace di trarre il bene dal male e perciò la Provvidenza guida ogni vicenda della storia. Nel caso del Conclave, spiega nel suo trattato sulla Chiesa il cardinale Journet, assistenza dello Spirito Santo significa che se anche l'elezione fosse il risultato di una cattiva scelta, si ha la certezza che lo Spirito Santo, che assiste la Chiesa volgendo al bene anche il male, permette che ciò avvenga per fini superiori e misteriosi. Ma il fatto che Dio tragga il bene dal male compiuto dagli uomini, come accadde per il primo peccato di Adamo, che fu causa dell'Incarnazione del Verbo, non significa che gli uomini possano commettere il male senza colpa. E ogni colpa va pagata, in cielo o in terra. Ogni uomo, ogni nazione, ogni assemblea ecclesiastica, deve corrispondere alla Grazia, che per divenire efficace ha però bisogno della cooperazione umana. Di fronte al processo di autodemolizione della Chiesa, di cui già parlava Paolo VI, non si può dunque rimanere con le mani conserte, in uno stato di ottimismo pseudo-mistico. Bisogna pregare ed agire, ognuno secondo le proprie possibilità, perché questa crisi abbia fine e la Chiesa possa mostrare visibilmente quella santità e quella bellezza che non ha mai perso, e mai perderà fino alla fine dei tempi.
Fonte: Corrispondenza Romana, 5 marzo 2013
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COSA PENSA IL DIAVOLO IN ATTESA DEL CONCLAVE
Alcune riflessioni in merito alla rinuncia di Benedetto XVI (sullo stile delle Lettere di Berlicche di C.S. Lewis)
Fonte Continuitas, 02/03/2013
(se non conosci "Le lettere di Berlicche" leggi subito la nota in fondo all'articolo)
Mio caro Malacoda, i servi del Nemico – quelli che lui si ostina a chiamare "figli", insomma quelli lì che si autodefiniscono cristiani – sono in sede vacante da soli due giorni e già siamo nei guai: quel vecchio teologo bavarese ne sa una più del diavolo, cioè di noi... sin da quando vestiva di rosso è una vera grana, tanto più che aspettavamo con ansia il suo pensionamento e invece il suo amico polacco lo ha voluto accanto fino alla fine. Già nel 1984 (secondo il calendario dei mortali) ci aveva inflitto un duro colpo. Provo a rinfrescarti la memoria: eravamo riusciti ad arruolare legioni di preti, con una duplice strategia, per cui una parte abbandonava l'abito, gli altri avevano il compito di diffondere l'idea che tutta la dottrina precedente fosse da buttare via e che si dovesse ricostruire tutto da capo – ovviamente seguendo le nostre sagge ispirazioni. E lui si fece intervistare da un giornalista – uno di quelli che ci sono sfuggiti e tuttora ci provoca problemi – e ne uscì fuori un libro che ebbe il tragico effetto di sabotare la nostra abile propaganda. Naturalmente abbiamo risposto in tutti i modi possibili e la strategia più efficace consisteva nel diffondere – grazie ad altri giornalisti che invece ci servono fedelmente – la leggenda del "panzerkardinal". Leggenda che abbiamo riproposto con maggiore forza otto anni fa, nel momento fatidico del conclave. Aggiungi pure una certa enfasi sull'età già avanzata (aveva già 78 anni) e un abile taglia e cuci sulla predica che fece prima dell'ingresso nella Sistina. Il gioco sembrava fatto. E invece sappiamo come è andata. Certo che quando proprio lui è uscito da lì vestito di bianco ho giurato che avremmo scatenato l'inferno – è proprio il caso di dirlo. Ti basti ricordare alcuni dei nostri successi: il falso scandalo sul preservativo, il caso vatileaks, l'indifferenza di tanti preti verso la liturgia (eravamo riusciti a banalizzarla così bene e lui invece insisteva...), lo scandalo pedofilia (sai bene che a noi delle vittime non importa nulla, ma uno dei trucchetti del nostro mestiere è far leva su alcuni casi pietosi per screditare tutta la squadra del Nemico). Il nostro reparto editoriale poi ha rasentato la perfezione mediante l'introduzione di piccoli e ben mirati errori di traduzione dei suoi libri e finendo per fargli dire il contrario di ciò che lui intendeva dire. Per non parlare dei nostri grandi alleati, i massmedia che ogni giorno riuscivano a deformare alla perfezione tutto ciò che lui diceva – va detto che anche certi giornali cattolici ci sono di grande aiuto in questo. Aggiungi come ciliegina sulla torta la sua salute non proprio di ferro e tutte le mille punzecchiature che siamo riusciti a infliggergli e, in breve, gli abbiamo foderato di spine il trono di Pietro. Certo, lui si rendeva conto che il vigore diminuiva ma, ostinato com'è nel servizio del Nemico, sarebbe rimasto fino alla fine anche soffrendo – lo sai che hanno la fissa del martirio – finché non gli è venuta un'idea per noi peggiore: quella di ritirarsi a pregare e lasciare il timone della barca del Nemico in mani più vigorose. Tutto ciò presentava per noi la ghiotta occasione di indebolire il Papato, ma abbiamo fatto male i conti... Innanzitutto ci ha colto di sorpresa l'attaccamento dei suoi: persino quelli che avevano creduto alla nostra storiella del panzerkardinal e gli erano più indifferenti, hanno manifestato affetto verso di lui e verso tutta la sua istituzione. E come se non bastasse si sono allarmati di fronte alla prospettiva della Cattedra vuota, dando importanza al Papato proprio quando a noi sembrava di averlo indebolito. Altro piano fallito: il "papa a tempo" è un vecchio sogno dei catto-progressisti, quelli che credono di poter servire il Nemico con i nostri strumenti e quindi finiscono per collaborare con noi (in effetti questi qui sono uno dei nostri grandi successi, astuti come colombe e puri come serpenti). E invece lui cosa va a inventarsi: mica il "papa pensionato", no, ha inventato il "papa monaco"! Negli ultimi giorni poi si è accanito particolarmente contro di noi. Prima ha denunciato il "concilio dei giornalisti" (era uno dei nostri cavalli di battaglia e lo ha smascherato a chiare lettere, come del resto aveva già fatto altre volte). Ma soprattutto ha detto che, anche rinunciando al ministero, non si torna alla vita libera che conduceva in precedenza (con la quale comunque, come ti ho detto, ci ha dato grossi guai). Ha detto che la sua vita non è più privata ma totalmente dedita al servizio del Nemico e che vuole seguire quell'altro Benedetto che tanti secoli prima aveva inferto una ferita ai nostri piani, proprio quando stavamo per disgregare mezzo mondo. Insomma, dice che quando uno diventa Papa poi non torna più quello di prima: o attivo o contemplativo. Altro che vecchietto mite, quello lì è furbo e ora che non è più al timone intende continuare a combatterci con armi troppo forti per noi. È una vera tragedia, tu sai quanto danno ci procurano quelli che pregano incessantemente (ad esempio, la nostra battaglia contro gli ordini contemplativi è determinante). Gli effetti si sentono già ora che è libero di pregare tutto il giorno. La sua preghiera poi ci fa particolarmente male – sento già una fitta, ahi! – perché non è la solita preghierina egoistica: mica si limita a chiedere favori per sé, no, lui innanzitutto loda il nostro Nemico e – orrore – lo adora! E poi gli porta le preghiere di tutto il mondo, in altre parole è – scusa il termine, ma devo farti capire la gravità della situazione – un "intercessore"! A loro volta, i suoi stanno pregando per lui e per il suo successore: una valanga di preghiere che rischia di mandare all'aria i nostri piani! Non ci resta che giocare l'ultima carta in vista del conclave: la curiosità. Facciamo leva sull'interesse suscitato da questi eventi per tentare, ancora una volta, di volgerli a nostro favore. Facciamo di tutto per far sì che i servi del Nemico siano convinti di essere occupati in nobili attività – tipo chiacchiere inutili, scambio di opinioni sulla sua salute e sulla rinuncia, gossip, ipotesi sul papa nero o sul papa giallo, notizie stravaganti sul conclave o sulla sede vacante, plastici della Cappella Sistina, scommesse su questo o quel cardinale, insomma, fatti venire qualche idea – purché dimentichino la sola cosa che realmente è senza rimedio per noi (e che purtroppo stanno già facendo): pregare per il conclave. Altrimenti nel giro di qualche settimana rischiamo di avere allo stesso tempo un nuovo pontefice che ci danneggia con la sua azione e il suo predecessore che lo rafforza con le sue preghiere. Non il papato indebolito, non un papa "pensionato" come speravamo, ma al contrario un papa regnante e uno orante. E per noi sarebbe la fine. Tuo affezionatissimo zio Berlicche
Nota di BastaBugie: questo articolo presenta alcune riflessioni riproducendo lo stile del famosissimo libro di C.S. Lewis "Le lettere di Berlicche". Il libro è un racconto in forma epistolare in cui Berlicche, un diavolo anziano, istruisce suo nipote Malacoda, un giovane diavolo apprendista tentatore. Lo zio offre al nipote una serie di consigli per dannare le anime degli uomini. Dio viene definito "il Nemico" e così scopriamo che i diavoli sanno che Dio esiste, ma si rifiutano di servirlo.
Fonte: Continuitas, 02/03/2013
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GIANFRANCO RAVASI PAPA? UN RISCHIO CLAMOROSO
Il cardinale ama la fede simbolica e mette tra parentesi il fatto che i Vangeli narrino fatti storici
Autore: Leandro Mariani - Fonte: Corrispondenza Romana, 27/02/2013
Questo ritrattino del cardinale Gianfranco Ravasi inizia con la seguente dichiarazione d'intenti. Dato che il sunnominato cardinale figura tra i papabili più amati dai media per il prossimo conclave e dato che nel corso degli anni ha dato prova di scivolare malamente su questioni dottrinali di capitale importanza, non si vorrebbe che l'eventuale elezione a Pontefice andasse a ricoprire con il sigillo dello Spirito Santo tutto ciò che il Nostro ha detto e fatto in questi decenni. Detto questo, il ritrattino inizia con la citazione di un giornalista che di sicuro non gli è ostile. Giusto un anno fa, il 28 febbraio, su "Europa", Aldo Maria Valli descriveva il cardinale Ravasi così: «(…) firma articoli su giornali e riviste di ispirazione cristiana ma anche su testate laiche come "Il Sole 24Ore" (dove ha un seguitissimo blog), è spesso al centro di iniziative culturali (l'ultima, in ordine di tempo, la "Biblioteca universale cristiana" promossa dal settimanale dei Paolini e aperta con un volume, Che cos'è l'uomo?, firmato, manco a dirlo, dallo stesso Ravasi), gira le università di mezzo mondo per promuovere il "Cortile dei Gentili" (una sorta di nuova Cattedra dei non credenti voluta da Benedetto XVI), passa con disinvoltura da una tavola rotonda a una conferenza, scrive recensioni a getto continuo, pubblica libri a ritmi vertiginosi, conduce trasmissioni tv e, non contento, è stato il primo cardinale ad adottare Twitter come abituale strumento di comunicazione diventando in poco tempo un punto di riferimento per tantissimi followers (quasi 14 mila) non solo cattolici, non solo cristiani e non solo credenti. (…) Ma come fa a produrre così tanto?», gli ho chiesto una volta. «Semplice» – ha risposto con understatement – «dormo pochissimo e di notte scrivo». Ma la domanda da fare sarebbe stata un'altra: Con tutti questi impegni come fa, eminenza, a trovare tempo anche per pregare? O per dir Messa? O per confessare? O per visitare gli infermi? O per assistere i poveri? O per fare il catechismo?. A meno che l'egregio Aldo Maria non abbia trovato come risposta uno dei numerosissimi libri del Cardinale, che si intitola Cinque minuti con Dio. Basta solo fare due conti. La libreria online Amazon accredita a Ravasi 325 titoli. Anche eliminando eventuali ristampe e doppioni, si scende a circa 250 titoli: se il cardinale ha cominciato a produrre appena uscito dalla terza ginnasio saltando la fase delle poesie adolescenziali, fanno 4 libri e rotti all'anno. E che libri. Per fare un esempio, nel suo recente Guida ai naviganti (Mondadori), quando parla del peccato originale, dice che si tratta soltanto di «un'apparente narrazione storica». E spiega che tale narrazione contiene «eventi e una trama, che hanno però un valore simbolico, filosofico-teologico, quindi sapienziale ed esistenziale». Insomma, il libro della Genesi non intenderebbe «spiegare cosa sia successo alle origini, ma (…) individuare chi è l'uomo nel contesto della creazione: (…) Si risale all'archetipo (…) non per narrare cosa sia accaduto nel processo di ominizzazione in senso scientifico o per scoprire gli atti di un singolo individuo primordiale, ma per identificare nella sua radice iniziale lo statuto permanente di ogni creatura umana». C'è da chiedersi che fine faccia il principio cardine della dottrina cattolica, riaffermato con forza da Pio XII, secondo il quale tutto il genere umano ha la sua – reale e storica, altro che simbolica – origine in una comune coppia di progenitori, i quali realmente si macchiarono della colpa originale, e realmente, per via genetica, trasmisero il peccato originale a ogni uomo di ogni tempo. Senza questa verità, la dottrina del peccato originale, e quindi della redenzione di Cristo, evapora. Il 31 marzo del 2002, fece scalpore, e forse costò al Nostro il ritardo nella nomina episcopale, un articolo pubblicato sull'inserto culturale del "Sole 24Ore" con il titolo Non è risorto, si è innalzato. Si era a ridosso della Pasqua e, naturalmente, si parlava di Gesù. Ne seguì una polemica e, come accade sempre in questi casi, tutta la colpa ricadde sul povero titolista. Ma nell'articolo si leggeva: «L'ascensione-esaltazione-innalzamento non è, quindi, da concepire in termini materialistici o "astronautici", ma secondo categorie metafisiche e teologiche: fra l'altro, in tutte le culture il cielo è l'area della divinità perché trascende l'orizzonte terreno, è il simbolo della superiorità e diversità di Dio rispetto all'uomo. (…) Ora comprendiamo perché gli evangelisti si sono rifiutati di ridurre quello che avviene al sepolcro di Cristo entro i confini di una rianimazione di cadavere e siano invece ricorsi a linguaggi più profondi e simbolici». Insomma, che i Vangeli narrino fatti storici, al Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura proprio non va giù. Tanto da censurare persino il Papa. Lo ha fatto nell'introduzione all'edizione illustrata del Gesù di Nazaret di Benedetto XVI. Là dove il Papa nella prima edizione scriveva «Ho voluto tentare di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale, come il Gesù storico in senso vero e proprio», Ravasi riportava solo mezza frase: «Ho voluto fare il tentativo di presentare il Gesù dei Vangeli come il Gesù reale». Il Gesù storico è sparito con questo commento: «Notiamo l'aggettivo "reale": non è automaticamente sinonimo di "storico", perché noi sappiamo che molti eventi non sono registrati, suscettibili d'essere documentati e verificabili storicamente, anche se risultano profondamente reali. In Gesù coesistono varie dimensioni, storiche, mistiche e trascendenti». Anche sulla questione omosessuale pare che il cardinale Ravasi abbia, o almeno abbia avuto, idee, per così dire, eccentriche rispetto al magistero. Nel 2004, l'editrice Ancora pubblicò un libro di don Domenico Pezzini, noto allora per essere animatore del gruppo di omosessuali credenti "La fonte" e più tardi per una condanna a dieci anni di carcere per violenza sessuale su un giovane immigrato. Il libro si intitolava Le mani del vasaio. Un figlio omosessuale: che fare? e sosteneva tesi piuttosto ardite, tanto da dover essere riscritto per intere parti a causa delle forti proteste del mondo cattolico e della stessa Congregazione per la dottrina della fede. Il libro di don Pezzini riportava la prima versione, quella contestata, ma l'allora monsignor Ravasi elogiò il lavoro di don Pezzini sul solito "Sole 24Ore" e anche sul mensile cattolico "Letture", dove scrisse: «Tre sono le stelle che orientano il suo impegno, e che si riflettono anche in queste pagine: accogliere, comprendere, aiutare. Detta così, questa trilogia sembra generica e moralistico-paternalistica; la lettura delle pagine del libro e le testimonianze finali, compreso il bel messaggio del Comitato pastorale statunitense per il matrimonio e la famiglia». A coronamento di tutto questo non è possibile non citare "Il cortile dei Gentili", la ribalta universale con quale Ravasi celebra il suo incontro con il mondo. Qui tiene le liturgie mediatiche in cui compare nelle vesti di gran sacerdote della resa del cattolicesimo alla debolezza del pensiero mondano. Ma lo fa con grandeur, con charme, come si conviene al vero trionfatore postmoderno. Da gran principe del "cattolicismo", ha predicato pubblicamente gli esercizi all'ateo presidente della repubblica Giorgio Napolitano: contraltare laico della predicazione degli esercizi spirituali al Papa appena terminata. Per farsi un'idea del "Cortile" conviene farsi un giretto nel suo sito internet. Non fosse che per ascoltare l'inno, che si intitola Tu ignoto e propone ritornelli come questo : «Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ chi sei, da dove vieni?/ Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ sono io simile a Te o forse Tu a me?/ Tu Ignoto, Tu Ignoto,/ parliamo un poco e camminiamo insieme». Da un aspirante Papa, ci si aspetterebbe che ci facesse fischiettare qualche certezza in più.
Fonte: Corrispondenza Romana, 27/02/2013
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LETTERA A MIA FIGLIA: IL NUOVO LIBRO DI ANTONIO SOCCI
Nessuno può attraversare il mare di questa vita se non è trasportato dalla croce di Cristo
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire, 27/02/2013
«Il mare nasconde continenti inesplorati sotto l'azzurro, a volte un abisso spaventoso» scrive Antonio Socci, «ma pure per questo ci attrae. Quegli abissi sono anche un'immensa ricchezza disposta dalla Provvidenza per il sostentamento di tante creature... Quello che non sapevo è quale "legno", quale barca sia capace di attraversare l'oceano della vita. Lo sto cominciando a capire...». La risposta è quella che dà sant'Agostino nel commento al Vangelo di Giovanni: «Ha stabilito infatti un legno col quale potessimo attraversare il mare. Nessuno può attraversare il mare di questa vita se non è trasportato dalla croce di Cristo». Scegliamo questo passo dall'ultimo libro di Socci, Lettera a mia figlia. Sull'amore e la vita nel tempo del dolore (Rizzoli, pagine 190, euro 16,50) perché è il mare una delle immagini ricorrenti nello scritto e che lo collega ai "marosi" del libro precedente. In Caterina. Diario di un padre nella tempesta, uscito nell'estate del 2010, l'autore – giornalista e saggista che non ha bisogno di molte presentazioni – raccontava il dramma che lo aveva colpito il 12 settembre 2009, quando la figlia Caterina, a 24 anni e a pochi giorni dal laurearsi a Firenze in architettura, aveva subito un arresto cardiaco. Solo dopo più di un'ora di massaggi disperati il cuore aveva ricominciato a battere. Un miracolo. Ma anche l'inizio di un calvario. Caterina era rimasta in coma quasi quattro mesi, poi a gennaio il risveglio. Accanto alla gioia si apriva però un'altra voragine: la constatazione dei danni subiti e le diagnosi infauste. Quello che esce oggi in libreria è il seguito della vicenda. È quasi un atto dovuto, viste le migliaia di mail che Socci ha ricevuto nel frattempo, le continue attestazioni di affetto e di preghiere recitate per Caterina da amici o sconosciuti, le richieste di notizie sulle sue condizioni di salute. È un libro breve, rapsodico e potente. Potente come il dolore più grande che possa capitare a un padre, raccontato in prima persona: «La situazione subito dopo il risveglio appariva terrificante. Caterina risultava paralizzata. Non riusciva nemmeno a tener su la testa o a chiudere le labbra, quando veniva messa sulla sedia a rotelle. Inoltre era afflitta da spaventose contrazioni muscolari che le deformavano braccia, mani, piedi e gambe, irrigidendo anche il collo e le spalle e il suo bel viso, in spasmi dolorosi. Non parlava e ovviamente non poteva né mangiare né bere. Ma l'incubo più straziante è stato quando ci hanno detto che secondo loro la coscienza sarebbe stata annichilita e così pure la capacità cognitiva». La Provvidenza ha accompagnato con il suo fare misterioso Caterina, per cui Socci, negli scampoli del suo diario che ha inserito nelle ultime pagine, può scrivere: «Agosto 2012: significativi progressi di Caterina. Dobbiamo gratitudine a medici, terapisti, infermieri e tanti altri». In mezzo c'è stato il riacquisto della piena coscienza, della capacità di comunicare, l'inizio di un recupero della parola. Ma il libro è potente anche per le riflessioni sul mistero della vita, quando questa viene sfrondata, potata e ridotta brutalmente all'essenziale. Socci lo fa inframmezzando la narrazione con le testimonianze di lettori che attraverso Caterina hanno rivissuto i propri dolori alla luce della fede o che la fede l'hanno ritrovata. E attraverso alcune vicende che nel nascondimento parlano dell'amore e della gioia che viene dall'abbracciare il legno della croce. Una è quella delle Piccole suore della Sacra Famiglia, che a Bologna prestarono servizio a partire dagli anni '30 nella clinica Bellaria, fondata per curare i malati di tubercolosi. Sapevano che il rischio di ammalarsi era altissimo, ma abbracciarono la causa per amore del Cristo sofferente: morirono a decine, dimenticate dalla città, dalla società, ricordate solo dalle proprie consorelle. Un'altra è la storia di Chiara Corbella, la ragazza romana morta l'estate scorsa per un tumore che non aveva voluto curare nei mesi della gravidanza, che il cardinale Vallini al suo funerale ha salutato come una nuova Gianna Beretta Molla. «Com'è doloroso accorgersi che la vita ti porta via tutto, che ogni volto amato può sparire in un istante» scrive Socci, «e tuttavia com'è anche evidente che noi attendiamo, che il nostro cuore indomito non cessa mai di sperare la felicità. Un giorno don Giussani disse che il sentimento naturale della vita è la triste malinconia dell'uomo che sulla riva del mare vede sparire verso l'orizzonte la barca con le persone amate. Perché la vita è un continuo addio. Ma aggiunse che – con l'irrompere di Cristo – il sentimento della vita era diventato un altro, si era ribaltato: un uomo sulla riva del mare che da lontanissimo vede avvicinarsi sempre più l'imbarcazione con la persona amata». La foto di Caterina sulla copertina del libro, che si rimane a guardare incantati, sembra dire proprio questo: ciò che sembra perduto, in realtà ci viene incontro per esserci restituito nella sua bellezza più vera.
Fonte: Avvenire, 27/02/2013
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OMELIA IV DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO C - (Lc 15,1-3.11-32)
Bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10/03/2013)
La parabola del figliuol prodigo è una delle più belle pagine della Sacra Scrittura, che ci parla della Misericordia di Dio per noi peccatori. Il padre è Dio e il figlio è l'uomo. Per quanto grande possa essere il peccato dell'uomo, molto più grande, infinitamente più grande, è la Misericordia di Dio. Giuda ha commesso due peccati molto grandi: il primo è stato quello di tradire il Signore; il secondo quello di disperarsi, di non credere alla Misericordia di Dio. Di certo, molto più grande è stato il peccato di disperazione. Se avesse confidato in Dio, nella sua Bontà, e avesse chiesto perdono, certamente Dio lo avrebbe perdonato. Un giorno san Luigi Orione fu invitato in una parrocchia a predicare. Il tema della predicazione era quello della Misericordia di Dio. Volendo dare un esempio della Bontà di Dio, sempre pronto al perdono, ad un certo punto gli venne in mente di dire che, se anche uno avesse ucciso la propria madre mettendo del veleno nel piatto dove mangiava, se veramente pentito di questo enorme peccato, Dio lo perdonerebbe. Al termine della funzione, lasciò quella parrocchia e andò alla stazione ferroviaria per tornarsene a casa. Alla stazione fu raggiunto da una persona sconvolta. Quell'uomo gli disse: «Lei, padre, certamente mi conosce!». «No – rispose –, non l'ho mai vista!». «Eppure lei mi deve conoscere – continuò l'uomo – perché ha parlato proprio di me nella predica: io sono quell'uomo che ha avvelenato la propria madre. Ma veramente Dio mi può perdonare?». L'uomo spiegò che vent'anni prima aveva compiuto quell'orribile peccato e che dopo si era amaramente pentito, ma non credeva di poter essere perdonato. Aveva trascorso vent'anni di disperazione, ma finalmente quel giorno scoprì, come il figliuol prodigo, l'immensa Misericordia di Dio. Si confessò, lì alla stazione, da san Luigi Orione, e ritrovò finalmente la pace. Nel brano del Vangelo che abbiamo letto ci sono dei particolari da cui possiamo ricavare dei preziosi insegnamenti. Lontano da casa e sperperati tutti i suoi averi, il figliuol prodigo fu costretto «a pascolare i porci» (Lc 15,15). Desiderava sfamarsi con le carrube, ma nessuno gliene dava. Il peccato ci priva del bene più grande che è la grazia di Dio e noi diventiamo le creature più miserabili. Inoltre, il peccato, a volte, porta anche alla miseria materiale. Dove c'è miseria, sovente ci sono dei peccati alla base, propri o altrui. La povertà è una virtù evangelica; la miseria è una piaga da combattere e si combatte eliminando prima di tutto i peccati, in modo particolare la bestemmia, le profanazioni delle feste e i peccati contro la vita. Allora il figliuol prodigo rientrò in se stesso e disse: «Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15,18). Dio visita i nostri cuori con i rimorsi di coscienza: dobbiamo essere solleciti a levarci, a rialzarci dopo la caduta, ad andarci subito a confessare. Se brutto è il peccato, più brutto è lo scoraggiamento che ci impedisce di tornare a Dio. «Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). La Misericordia di Dio ci insegue fino al letto di morte e aspetta il momento del nostro pentimento. La sua grazia previene e accompagna sempre il nostro ritorno a Lui. Una volta tornato a casa il figlio, il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l'anello al dito e i sandali ai piedi» (Lc 15,22). Non è il padre a rivestire il figlio, ma sono i servi. E così Dio si serve dei suoi servi, dei sacerdoti, per rivestire i peccatori, per ridare loro la veste nuova della grazia. Ecco dunque la Confessione. Dio ci perdona subito dopo il nostro pentimento, ma dobbiamo andare dal sacerdote per essere rivestiti, per essere assolti con il sacramento della Riconciliazione, e solo dopo aver fatto questo possiamo prendere parte al banchetto dell'Eucaristia. Il testo del Vangelo continua dicendo che il figlio maggiore, udite la musica e le danze, «si indignò, e non voleva entrare» (Lc 15,28). È questo un peccato di invidia, un peccato contro lo Spirito Santo. Quante volte anche noi, senza pensarci, invidiamo la grazia altrui e ci rattristiamo per i benefici che Dio largisce al nostro prossimo. Se grande è stato il peccato del figliuol prodigo, ancor più grande è stato il peccato del figlio maggiore.
Nota di BastaBugie: Per approfondire la parabola del figlio prodigo e del Padre misericordioso è utile la lettura dell'articolo "LA CONVERSIONE, UNICA VIA PER LA VERA FELICITA': come mai facciamo così tanta resistenza alla conversione?". Per leggerlo clicca qui sotto https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2484
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10/03/2013)
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