MAGDI ALLAM LASCIA LA CHIESA CATTOLICA
Siamo dispiaciuti per lui, ma per noi non cambia nulla perché come dicevano i Padri: ''Fuori della Chiesa non c'è salvezza''
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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I MARO' TORNANO (CON VERGOGNA) IN INDIA
Clamoroso voltafaccia del governo Monti che mostra tutta la sua incompetenza, superficialità e incapacità
Autore: Gianandrea Gaiani - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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COPERNICO NON FECE NESSUNA RIVOLUZIONE, MA ANZI FU UNA DELLE GLORIE DELLA CHIESA CATTOLICA
Ci hanno insegnato che avrebbe distrutto la visione cristiana del mondo e dell'uomo in nome della scienza, invece fu un ecclesiastico che operò sempre nella Chiesa e per la Chiesa
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone
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SCOPRIAMO IL SOLITARIO ED ENIGMATICO GIANROBERTO CASALEGGIO, L'UOMO-OMBRA DI GRILLO
Tra esoterismo e gnosi, il co-fondatore del M5S, rielabora in chiave informatica l'essere umano come prigioniero della corruzione planetaria e bisognoso di liberazione
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Campari e de Maistre
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ELEZIONE DEI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO: SI AFFERMA IL MITO DEL BUON CITTADINO
Dopo il mito (screditato) del buon selvaggio, adesso c'è il mito di una società civile virtuosa che risolve ogni problema
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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UNA CHIESA POVERA NON AIUTA NESSUNO
Inizia la distorsione delle parole di Papa Francesco che ha detto: ''Vorrei una Chiesa povera e per i poveri'', ma viene subito falsificato il suo pensiero (VIDEO: omelia per le Palme)
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali
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VITTORIO MESSORI: ''PAPA FRANCESCO E' IN CONTINUITA' CON BENEDETTO XVI''
Giornali e televisioni smetteranno di lodare papa Francesco appena comincerà a parlare sul serio e toccherà i temi etici (VIDEO: prima udienza generale)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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LA COMUNIONE DEI CELIACI
Sono materia valida le ostie nelle quali è presente la quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione
Fonte: Ufficio Liturgico CEI
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OMELIA PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO C
Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso
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MAGDI ALLAM LASCIA LA CHIESA CATTOLICA
Siamo dispiaciuti per lui, ma per noi non cambia nulla perché come dicevano i Padri: ''Fuori della Chiesa non c'è salvezza''
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 27 marzo 2013
Con un articolo dal titolo "Perché me ne vado da questa Chiesa debole con l'islam", pubblicato il 25 marzo su Il Giornale, Magdi Allam ha dichiarato: "Credo nel Gesù che ho amato sin da bambino, leggendolo nei Vangeli e vivificato da autentici testimoni - religiosi e laici cristiani - attraverso le loro opere buone, ma non credo più nella Chiesa. La mia conversione al cattolicesimo, avvenuta per mano di Benedetto XVI nella notte della Veglia Pasquale il 22 marzo 2008, la considero conclusa ora in concomitanza con la fine del suo papato". Poco oltre il fondatore del movimento politico "Io amo l'Italia" ha affermato: "La mia è una scelta estremamente sofferta, mentre guardo negli occhi Gesù e i tanti amici cattolici che proveranno amarezza e reagiranno con disapprovazione". Vediamo quindi una rassegna degli articoli dei "tanti amici cattolici" che hanno commentato questa clamorosa decisione. Sono testimoni diretti della sua conversione o comunque amici e perciò particolarmente vicini alla parabola cristiana dell'ex vicedirettore del Corriere della Sera.
DON GABRIELE MANGIAROTTI: "HO CONDIVISO IL SUO CAMMINO NEL PASSAGGIO DALL'ISLAM AL CRISTIANESIMO, NON NASCONDO IL MIO DOLORE E IL MIO SCONCERTO" (Il Giornale, 26/03/2013) Ho letto la lettera-articolo al Giornale, con cui Magdi Cristiano Allam dichiara la sua non appartenenza alla Chiesa cattolica, pur intendendo rimanere cristiano. Non nascondo il mio dolore e il mio sconcerto. Sono suo amico, ho condiviso il suo cammino nel passaggio dall'islam al cristianesimo, sono stato presente al suo battesimo, al suo matrimonio e sono padrino di battesimo di suo figlio. [...] Papa Francesco ha parlato della povertà del nostro mondo occidentale, che non è una povertà solo materiale, ma consiste nella "dittatura del relativismo". Quella posizione per cui ciascuno di noi diventa regola della verità, per cui trionfa l'opinione, il politically correct, l'omologazione culturale e sociale. Contro tale dittatura, l'unico antidoto vero è la Chiesa cattolica, roccia su cui costruire la vita. Certo, abbiamo visto tante volte troppi cedimenti di uomini di chiesa; non solo, e non soprattutto, cedimenti morali (che, a dire il vero, disgustano quando sono teorizzati come se fossero un bene) ma soprattutto cedimenti di fronte alla verità. Certo, l'islam NON è religione rivelata. Maometto NON è un profeta. L'unico rivelatore è Cristo, figlio di Dio crocefisso e risorto e presente oggi nella Chiesa. Da troppi pulpiti cristiani - anche da chi ha responsabilità nella Chiesa - troppe voci confuse si alzano. Ma la confusione non è vinta dalla separazione e dalla divisione: la storia del protestantesimo deve pur insegnaci qualcosa. [...] Magdi Cristiano Allam ci ha ricordato come le testimonianze di una fede viva lo abbiano avvicinato a Cristo. "Cercate ogni giorno il volto dei santi, per trarre confronto dai loro discorsi", ci esorta un antico testo cristiano. Non sarà proprio questa distanza di testimoni vivi la radice di quella crisi nei confronti della Chiesa che la lettera al Giornale ha evidenziato? Il fare, l'impegno politico, le campagne elettorali non possono avere incrinato la familiarità con quei rapporti che, vissuti in nome di Gesù, sono il sostegno vivente della fede? [...]
MAURIZIO LUPI: "SONO PADRINO DI BATTESIMO DI MAGDI ALLAM: ECCO CHE COSA PENSO" (Blog di Maurizio Lupi, 25 MARZO 2013) Ho ricevuto questa lettera da un sacerdote francescano a proposito dell'annuncio di Magdi Allam che vuole lasciare la Chiesa. Io sono stato suo padrino di battesimo, ecco la mia risposta sincera. [...] Magdi Allam si è preparato a lungo prima di ricevere il battesimo, due anni. Il suo percorso di conversione lo si può leggere nel libro "Grazie Gesù". [...] Non mi ergo a giudice della sincerità del desiderio e della richiesta del battesimo di Magdi. [...] Nel cristianesimo ho imparato ad amare la libertà di ogni uomo e a rispettarla anche quando non ne condivido le scelte. In questo caso neanche le motivazioni (si è cristiani per amore della verità non per avversione all'Islam), ma noto che, purtroppo, è questo l'atteggiamento di molti che dicono di accettare Cristo ma non la Chiesa. Prima di battezzare Magdi, la notte del 22 marzo 2008, Benedetto XVI ha tra l'altro detto che il suo "sì" voleva dire anche: "Credo che nella comunione della Chiesa diventiamo tutti un solo Corpo col Signore". Dimettersi da questa unità profonda mi sembra arduo. [...]
PIETRO VASSALLO E PAOLO DEOTTO: "ABBIAMO APPOGGIATO IL PARTITO DI MAGDI ALLAM, CI SENTIAMO IN DOVERE DI FARE ALCUNE PRECISAZIONI" (Riscossa Cristiana, 26/03/2013) Poiché Riscossa Cristiana ha appoggiato la proposta politica del Movimento "Io amo l'Italia", fondato e presieduto da Magdi Cristiano Allam, ci sentiamo in dovere di fare queste precisazioni: - La scelta di appoggiare "Io amo l'Italia" è stata una scelta ragionata e che non rinneghiamo, basata sull'unico programma che valutavamo conforme alla cultura e alla morale cattolica e in grado di dare una risposta ai problemi che travagliano l'Italia. - In tal senso non possiamo che ribadire la nostra stima a Magdi Cristiano Allam, che ha mostrato coraggio e vero anticonformismo, in un momento storico in cui tutto cospira contro i valori che il suo Movimento intendeva affermare. - Non possiamo però seguire più Magdi Cristiano Allam su una strada di apostasia, argomentata (se pur esistessero affermazioni che potessero giustificare l'apostasia) con affermazioni non condivisibili. La salvezza per l'uomo, e quindi anche per la Società, è solo nella Chiesa Cattolica, che è Santa e sulla quale sappiamo, per parola di Nostro Signore, che le porte dell'inferno non prevarranno. La Santa Chiesa Cattolica è formata di uomini, peccatori dalla loro origine, e l'opera dello Spirito Santo salva sempre la Chiesa che custodisce la Vera Fede, per quanto indegni possano essere tanti suoi membri. - Restiamo vicini con affetto sincero a Magdi Cristiano Allam, e per lui preghiamo, perché il Signore lo aiuti a ritrovare la strada e la chiarezza. [...]
PINO SURIANO: "CARO MAGDI ALLAM, DICI COSE VERE, MA LA CHIESA PER FORTUNA NON È UN PARTITO" (Tempi, 25 marzo 2013) Nutro troppa stima nei confronti di Magdi Allam per etichettare la sua scelta con una critica superficiale o, come tanti stanno facendo in queste ore, con qualche stupido tweet ironico. Lo devo al suo coraggio, alla sua onestà intellettuale, alla sua lucidità di giudizio. [...] Concordo con lui sull'effetto "papalatria" che ha salutato l'avvento di papa Francesco, quasi a voler rimuovere in fretta il coraggioso pontificato di papa Ratzinger (si tratta, in effetti, di un clima mediatico che impedisce di vedere la profonda continuità tra i due pontefici in Cristo). Anch'io, come Magdi, ritengo che un malinteso senso di ecumenismo si avvicini troppo a un certo buonismo relativista che tutto perdona e tutto accetta senza passare dal vaglio della ragione. Non condivido, però, il suo giudizio sulla natura "fisiologica" di tale impostazione. Ma questo, che è pur discutibile, conta poco. Almeno non quanto il suo concepire la Chiesa come fosse un partito politico, al quale si accorda una fiducia perché possa realizzare un proprio programma, salvo poi togliere quella fiducia in caso contrario. È la più grande tentazione di ogni cristiano. Da sempre. Era quella di Giuda: misurare Gesù (e la sua Chiesa) in base alla sua capacità di rispondenza alle proprie aspettative. [...] Mi spiace per Magdi Allam e le sue ragioni, le quali, in questo modo, finiscono per essere uguali e contrarie a quelle che egli stesso combatte. La sua radicalità anti islamica e identitaria è solo un'altra faccia della mentalità buonista. Entrambe, in fondo, chiedono alla Chiesa la stessa cosa: realizzare una loro idea, non se stessa. Senza stupirsi di ciò che la Chiesa è, solitamente qualcosa di meglio di ciò che è nella loro testa e in quella di ciascuno di noi. È proprio vero che le ideologie, anche quando appaiono opposte, finiscono inevitabilmente per essere sorelle. E che ogni scelta ideologica, alla fine, finisce per essere delusa. Fisiologicamente.
MASSIMO INTROVIGNE: "O CI SI CONVERTE A TUTTA LA DOTTRINA CATTOLICA, O NON CI SI CONVERTE AFFATTO" (La nuova Bussola Quotidiana, 26-03-2013) Magdi Cristiano Allam abbandona la Chiesa Cattolica con un articolo su «il Giornale» del 25 marzo. È una notizia dolorosa per chi, come me, si considera amico del giornalista convertito dall'islam, con cui ha condiviso diverse iniziative. [...] Nel suo articolo, accusa la Chiesa di essere arrendevole con l'islam e di non unirsi alle sue proposte radicali di vietare il Corano, come libro che predica l'odio, e di considerare la legge islamica un crimine contro l'umanità. Se la prende con Papa Francesco per il suo cordiale saluto ai musulmani, ma correttamente riconosce che le stesse posizioni sono state proposte dal beato Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. [...] Magdi Allam scrive che, non solo sull'islam, «la Chiesa è fisiologicamente relativista. Il suo essere contemporaneamente Magistero universale e Stato secolare, ha fatto sì che la Chiesa da sempre accoglie nel suo seno un'infinità di comunità, congregazioni, ideologie, interessi materiali che si traducono nel mettere insieme tutto e il contrario di tutto». Qui però c'è un po' di confusione sulla nozione di relativismo, di cui Allam accusa la Chiesa «da sempre» e non solo come eventuale deviazione progressista recente. La pluralità di comunità, congregazioni, lingue, nazioni – e, in un mondo non formato da angeli, anche d'inevitabili «interessi materiali» – non è relativismo. L'importante è che in diverse lingue e con diversi stili si annunci la stessa dottrina essenziale. Allam ha scoperto anche che «la Chiesa è fisiologicamente globalista fondandosi sulla comunione dei cattolici in tutto il mondo, come emerge chiaramente dal Conclave. Ciò fa sì che la Chiesa assume posizioni ideologicamente contrarie alla Nazione come identità e civiltà da preservare, predicando di fatto il superamento delle frontiere nazionali». È una vecchia accusa di tutti i tentativi di costruire nazional-cattolicesimi, che qui ricorda le pagine meno felici di Charles Maurras (1868-1952). Sì, nella Chiesa non ci sono stranieri, e la Chiesa non fa gli interessi di nessuna nazione. Le frontiere nazionali sono «da sempre» già superate dal Vangelo, e la Chiesa è «cattolica», cioè universale. Nello stesso tempo – secondo un grande insegnamento del beato Giovanni Paolo II – la Chiesa ama e custodisce, in quanto compatibile con la legge naturale, l'identità di tutte le nazioni, tanto più di quelle cui è stata la Chiesa stessa – come avviene quasi sempre in Europa e nelle Americhe – a dare forma e contenuto. Chi vuole opporre la nazione alla Chiesa dovrebbe sempre riflettere sul fatto che in tanti Paesi – compreso il nostro – la nazione senza la Chiesa non esisterebbe. Infine, l'accusa più grave. Allam afferma anche che la Chiesa «compromette alla radice il concetto di bene comune» ed è essenzialmente immorale, peggio «fisiologicamente tentata dal male, inteso come violazione della morale pubblica, dal momento che impone dei comportamenti che sono in conflitto con la natura umana, quali il celibato sacerdotale, l'astensione dai rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, l'indissolubilità del matrimonio, in aggiunta alla tentazione del denaro». Qui sembra che la parabola si sia compiuta, e il Magdi Allam difensore della Chiesa e del Papa che ci piaceva si sia trasformato in un anticlericale da Bar Sport. La Chiesa è accusata insieme di cedere al mondo moderno e di non cedergli, invocando la solita abolizione del celibato sacerdotale e il solito rovesciamento della morale cattolica richiesti da tutti i laicisti e da tutti i progressisti. [...] Alla fine, è questo il problema del povero Magdi Allam. Non si può scegliere: o ci si converte a tutta la dottrina cattolica, o non ci si converte affatto. Il Catechismo non è il piatto dei formaggi dove scegliere solo quello che ci piace. Preghiamo per Magdi Allam.
CONCLUSIONE Cosa dire in conclusione? Certamente ci spiace che l'amico e fratello Magdi Allam abbia preso una simile decisione. Può star certo che per aver lasciato il cattolicesimo nessuno lo minaccerà di morte, come invece è successo quando ha lasciato l'islam (tutt'ora ha sei guardie del corpo per la sua incolumità). Non siamo pentiti di aver dato spazio ai suoi articoli anche quelli pubblicati nell'imminenza delle elezioni. Del resto si può votare un partito per le buone idee che sono nel suo programma anche indipendentemente dalla coerenza o santità personale dei suoi leader. Ci spiace invece per l'anima di Magdi Allam e temiamo per la sua salvezza. Come infatti dicevano i Padri della Chiesa: "Extra Ecclesiam nulla salus". Fuori della Chiesa non c'è salvezza: ponendosi volontariamente fuori dalla Chiesa il rischio è quello di non incontrare più quel Gesù che a parole si dice di voler continuare ad amare. Per quanto ci riguarda, non cambia nulla. Continueremo come abbiamo sempre fatto a denunciare l'islam con i suoi misfatti. Gli oltre cento articoli pubblicati in merito ci sono testimoni: https://www.bastabugie.it/it/filtra_argomenti.php?id=4 Continueremo inoltre a stare dalla parte del Papa. Chi è cattolico sta sempre con il Papa, simpatico o antipatico che sia, santo o peccatore. Il Papa è il Papa, dolce Cristo in terra, come lo definiva Santa Caterina da Siena, la quale, pur nella sua durezza nel criticare le scelte di cardinali e papi, mai e poi mai ha pensato di abbandonare la Sposa di Cristo. Come infatti sottolineò Papa Paolo VI, nell'udienza generale del 30 aprile 1969, "Caterina non ama la Chiesa per i meriti umani di chi le appartiene, o la rappresenta. Se si pensa in quali condizioni si trovava allora la Chiesa, ben si comprende come il suo amore avesse ben altri motivi; e lo si deduce dal linguaggio libero e franco, con cui Caterina denuncia le piaghe dell'organizzazione ecclesiastica di quel tempo, e ne invoca la riforma. S. Caterina non nasconde i falli degli uomini di Chiesa, ma mentre inveisce contro tanta decadenza, più la considera un motivo e un bisogno di amare di più". Ecco perché prima di morire Santa Caterina disse con gioia: "Ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa". Non ci scandalizziamo dunque se un nostro amico è caduto, ma manteniamo la fede in Gesù Cristo e l'adesione alla sua Santa Chiesa sostenuti dall'esempio dei martiri e dei santi.
Fonte: Redazione di BastaBugie, 27 marzo 2013
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I MARO' TORNANO (CON VERGOGNA) IN INDIA
Clamoroso voltafaccia del governo Monti che mostra tutta la sua incompetenza, superficialità e incapacità
Autore: Gianandrea Gaiani - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 22/03/2013
Sorpresa, disgusto, rabbia, sgomento. Difficile descrivere le sensazioni provocate dall'ennesimo voltafaccia del governo Monti nell'ormai tragicomica vicenda dei due marò, costretti da Roma a tornare a Nuova Delhi per sottoporsi al giudizio di quella giustizia indiana che appena undici giorni or sono la Farnesina aveva accusato di violare il diritto internazionale. Solo incompetenza, superficialità, pavidità e una profonda incapacità possono spiegare il comportamento del governo Monti in una decisione che secondo indiscrezioni sarebbe stata caldeggiata dal ministro della Cooperazione internazionale Andrea Riccardi ma alla quale si sono adeguati anche Giulio Terzi e Giampaolo Di Paola. Ancor più grave del gesto di riconsegnare nelle mani dell'India Salvatore Girone e Massimiliano Latorre appare la ridicola giustificazione presentata dall'esecutivo Monti che dimostra ancora una volta la disinvoltura con la quale prende per i fondelli gli italiani e "svende" i militari a un Paese straniero. Con la incredibile pretesa di risultare convincente, una nota di Palazzo Chigi ci ha spiegato ieri sera che l'India avrebbe fornito "l'assicurazione scritta riguardo al trattamento che sarà riservato ai fucilieri di Marina e alla tutela dei loro diritti fondamentali. Alla luce delle ampie assicurazioni ricevute, il Governo ha ritenuto l'opportunità, anche nell'interesse dei Fucilieri di Marina, di mantenere l'impegno preso in occasione del permesso per partecipare al voto del ritorno in India entro il 22 marzo. I fucilieri di Marina hanno aderito a tale valutazione''. L'unico a metterci la faccia (ammirevole!) è ancora una volta il sottosegretario agli Esteri Staffan De Mistura, che ha spiegato quali nuove garanzie ha offerto l'India. In pratica che ai marò in caso di condanna non sarà applicata la pena di morte, che potranno risiedere nell'ambasciata di Delhi e muoversi liberamente. "Potranno anche andare al ristorante se vogliono" ha aggiunto De Mistura sfidando il ridicolo perché tali condizioni esistevano già prima dell'11 marzo, giorno in cui Roma notificò che i fucilieri non sarebbero rientrati a Delhi. Del resto un accordo bilaterale ratificato nei mesi scorsi dai due parlamenti prevede già il rimpatrio degli indiani condannati in Italia e degli indiani condannati in Italia. Penoso e umiliante (più per gli italiani che per i ministri di un governo ormai ampiamente squalificato) il tentativo di far credere all'opinione pubblica che l'India abbia chinato la testa fornendo nuove garanzie quando in realtà a mettersi in ginocchio (e a mettere in ginocchio l'Italia) è stato Monti e i suoi "tecnici" probabilmente intimiditi dalle rappresaglie commerciali minacciate da Nuova Delhi. Ieri fonti ministeriali avevano riferito che nella riunione del Consiglio dei ministri si era discusso anche del caso marò e della preoccupazione per le ricadute economiche negative che la vicenda stava comportando. Rappresaglie che anche un dilettante avrebbe potuto mettere in preventivo. La buffonata suprema, il vero insulto all'intelligenza degli italiani è rappresentato però dal tentativo di re-interpretare il no al rientro in India di Latorre e Girone dell'11 marzo. "La parola data da un italiano è sacra: noi avevamo solo sospeso" il loro rientro "in attesa che New Delhi garantisse alcune condizioni" ha spiegato ancora De Mistura che probabilmente attribuisce agli italiani una scarsa memoria. Se infatti andiamo a rileggere la nota della Farnesina dell'11 marzo non troviamo nessuna traccia della "sospensione". La nota affermava che "Italia ha informato il governo indiano che, stante la formale instaurazione di una controversia internazionale tra i due Stati, i fucilieri di Marina Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non faranno rientro in India alla scadenza del permesso loro concesso. La decisione è stata assunta d'intesa con i Ministeri della Difesa e della Giustizia e in coordinamento con la Presidenza del Consiglio dei Ministri". Il governo Monti si arrampica quindi sugli specchi per nascondere il tradimento compiuto nei confronti non solo di Latorre e Girone, ma di tutti i militari italiani che da oggi sanno ufficialmente che l'Italia è pronta a consegnarli a un tribunale speciale istituito da uno Stato straniero in cambio dell'immunità di un ambasciatore o per non perdere qualche commessa commerciale. Non ce n'era bisogno ma a dare il colpo di grazia ai "tecnici" che dovevano salvare l'Italia è intervenuta la valutazione giuridica di Angela Del Vecchio, docente di diritto internazionale all'Università Luiss. "Non può esserci una ragione giuridica" alla base del rientro dei marò in India, ha detto la professoressa. "Sotto il profilo del diritto l'Italia è in una botte di ferro, comunque si voglia vedere la questione la competenza non è indiana. E in ogni caso i due militari italiani dovevano rimanere in Italia fino alla definizione conclusiva della giurisdizione sulla vicenda da parte di un organismo internazionale. Sono veramente sorpresa, anche perché non c'é stato un fatto nuovo dal punto di vista giuridico. Alla base della decisione potranno esserci forse motivazioni politiche ma non ragioni di diritto internazionale".
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 22/03/2013
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COPERNICO NON FECE NESSUNA RIVOLUZIONE, MA ANZI FU UNA DELLE GLORIE DELLA CHIESA CATTOLICA
Ci hanno insegnato che avrebbe distrutto la visione cristiana del mondo e dell'uomo in nome della scienza, invece fu un ecclesiastico che operò sempre nella Chiesa e per la Chiesa
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Timone, Marzo 2013
L'idea della rivoluzione copernicana professata dal grande pubblico è, sinteticamente, questa: l'eliocentrismo proposto da Niccolo Copernico avrebbe in qualche modo scardinato la struttura del mondo così come la intendeva la Bibbia e, allontanando l'uomo dal centro geografico dell'universo, lo avrebbe detronizzato, negando così implicitamente la sua origine divina. Copernico avrebbe quindi messo in crisi la fede in un Dio trascendente, Creatore e Provvidente, proprio dell'Europa cristiana, allargando l'universo all'infinito e sminuendo contemporaneamente, all'infinito, l'uomo. Così scriveva recentemente Umberto Veronesi in Scienza e futuro dell'uomo (ed. Passigli): con Copernico la «posizione» dell'uomo «che diremmo quasi divina in quanto creatura di Dio, viene a crollare per tornare ad essere parte di un processo evolutivo che include animali, piante e tutti gli esseri viventi. L'uomo è così ridimensionato, e da lì nasce il pensiero scientifico moderno».
SMONTIAMO I LUOGHI COMUNI Questa interpretazione della rivoluzione copernicana, presente anche in manuali e libri di autori cattolici, è assolutamente antistorica e fasulla. Non troviamo nessun riscontro al riguardo né leggendo l'ecclesiastico Copernico, né il cattolico Galilei, né i devotissimi Keplero e Pascal, per non citare che alcuni dei primi e più celebri "copernicani". «Va detto con chiarezza - scrive lo storico della scienza Paolo Musso - che la fine del geocentrismo non significò affatto, come oggi si cerca insistentemente di far credere, anche la fine dell'antropocentrismo, inteso nel senso di una radicale svalutazione dell'uomo e della sua importanza nel disegno complessivo del cosmo». Per un cristiano, infatti, all'epoca di Copernico, prima e dopo di lui, infatti, «il valore dell'uomo non può dipendere dalla sua collocazione geografica, né da alcun altro fatto materiale, ma solo dal suo rapporto con l'infinito». Tanto più che Copernico non incominciò ad archiviare, secondo un processo che sarebbe durato a lungo, una cosmologia cristiana, bensì la cosmologia aristotelico-tolemaica, cioè precristiana, che l'Europa cattolica aveva ereditato, con varie modifiche. Secondo questa cosmologia, la centralità fisica del pianeta Terra non era sinonimo di preminenza, di superiorità, in quanto, al contrario, tutti i pianeti erano considerati superiori alla Terra (e, rispetto ad essa, lisci, perfetti e cristallini). Una delle paure di Copernico - scrive la sua biografa Dava Sobel, ne Il segreto di Copernico - era che «gli astronomi suoi colleghi [legati al sistema aristotelico-tolemaico, ndr] avrebbero osservato che la Terra stava bene al centro di tutto non perché la dimora del genere umano meritasse un posto d'onore, ma al contrario, perché al centro finiva col cadere e giacere ogni cosa materiale e perché crollo, cambiamento e morte erano il destino degli abitanti della Terra. In breve, la Terra era al centro perché era non il culmine ma il fondo del creato, e non si doveva osare mettere il Sole, che molti chiamavano il lume celeste, nel buco infernale posto al centro del cosmo». La perdita di una centralità fisica della Terra non significò dunque per Copernico, nel modo più assoluto, una perdita della vera centralità dell'uomo, legata piuttosto alla sua natura spirituale, alle sue peculiarità eccezionali ed uniche (pensiero, libertà, ragione, amore...), e non certo alla sua posizione geografica.
CENNI BIOGRAFICI Ma chi era Copernico, l'uomo che per primo propose con forza un sistema complesso basato sull'idea eliocentrica (seppure non dimostrata), e che allargò l'universo, pur considerandolo finito, e descrivendolo come «la macchina del mondo, che è stato creato per noi dal migliore e più perfetto Artefice»? Il Koestler lo definisce un «chierico conservatore e timido», cioè tutt'altro che un rivoluzionario, mentre lo storico Ulianich, in un colloquio con Francesco d'Arcais, Margherita Hack e Francesco Barone, con lui concordanti, ricorda che Copernico fu un ecclesiastico appartenente a «quella Congregazione riformata dei Canonici Agostiniani che era una emanazione dei fratelli della vita comune, della devotio moderna», e che suo intento era ricercare nella natura traccia della grandezza del Dio Artefice di ogni cosa. Nato nel 1473 a Torùn, odierna Polonia, Copernico rimane presto orfano di padre. A prendersi cura di lui e dei suoi fratelli è lo zio materno, Lukasz Watzenrode, ecclesiastico che diverrà vescovo di Warnia. Nel 1497, dopo aver intrapreso gli studi presso l'Università di Cracovia, per poi studiare diritto canonico a Bologna, diventa canonico di Frombork. Nel 1500 lo troviamo impiegato alla Cancelleria pontificia di Roma. Incomincia gli studi di medicina a Padova, conclude quelli di diritto a Ferrara, mentre collabora con lo zio vescovo, divenendo il suo fisico privato. È in questo periodo, siamo nel 1507, che lavora al primo abbozzo della teoria eliocentrica. Nel 1512 diventa cancelliere del capitolo dei canonici del duomo di Frombork, mentre nel 1513 su richiesta del Concilio Laterano e di Paolo di Middelburg, matematico e astronomo, suo estimatore e vescovo di Fossombrone, compila una proposta di riforma del calendario che invia a Roma. Il calendario in questione, ancora in embrione, è quello gregoriano, così detto perché promosso dal papa Gregorio XII con l'aiuto di grandi scienziati ecclesiastici come Clavius e Danti. Calendario, ricorda Paolo Musso, che costituisce «il primo davvero preciso che l'umanità abbia avuto in tutta la sua storia, tant'è vero che lo usiamo ancor oggi in piena era spaziale, anche se con qualche leggera modifica». Nel 1523 Copernico viene nominato amministratore generale per la sede arcivescovile della Warnia; nel 1537 il suo nome è tra la rosa dei quattro candidati al titolo di vescovo di Warnia. Intanto, mentre continua a esercitare varie funzioni ecclesiastiche e la sua attività medica, curando i malati spesso senza parcella (secondo il suo primo biografo, il sacerdote e astronomo Pierre Gassendi, 1654), nel 1543 fa pubblicare a Norimberga, dal suo discepolo Reticus, il suo De revolutionibus orbium coelestium. Muore lo stesso anno a Fromberk e viene sepolto nella cattedrale della città, vicino all'altare di san Venceslao, che gli era stato assegnato come canonico, a riprova, se ce ne fosse stato bisogno, di quale fosse stata la sua fede e di quale fosse la considerazione in cui era tenuto dalla Chiesa.
II DE REVOLUTIONIBUS ORBIUM COELESTIUM Ma perché Copernico pubblicò così tardi il suo volume? Spesso la risposta è tranchant: per il timore di persecuzioni e di attacchi. Certamente quel timore ci fu, non tanto di persecuzioni, invero, quanto di incomprensioni. È lo stesso Copernico a scrivere che non mancherà chi, vedendo così contraddetto il comune sentire e la cosmologia di Aristotele e Tolomeo, si prenderà gioco delle sue opinioni. Ma non c'è solo questo. In verità Copernico, da una parte aveva già numerosi ammiratori (per esempio Johann A. Widmannstetter, segretario di papa Clemente VII, aveva già illustrato la sua dottrina al papa, ottenendo plauso e successo, dieci anni prima), dall'altra era consapevole di come le sue osservazioni fossero lacunose e non decisive. La dimostrazione della correttezza della teoria eliocentrica sarebbe arrivata, infatti, non con Copernico e neppure con il grande Galileo, ma solo nel 1851, per opera di Jean Bernard Leon Foucault, attraverso l'esperimento del Pendolo di Foucault. Lo scritto di Copernico vide la luce dopo pensamenti e ripensamenti, e venne dedicato al papa Paolo III. Inoltre, possiamo ben dire che non avrebbe mai visto la luce se non fosse stato per le pressioni di un cristiano protestante come Reticus e di alcuni eminenti ecclesiastici: in primo luogo il canonico Tiedemann Giese (1480-1550), che divenne poi vescovo di Kulm, che era forse il suo più intimo amico e a cui Copernico aveva rivelato, forse per primo, le «sue segrete conoscenze astronomiche» (il Giese fu anche autore, come altri ecclesiastici dopo di lui, di un trattato sulla compatibilita tra il sistema eliocentrico e la Bibbia); e poi del cardinal Nikolaus von Schònberg (1472-1537), arcivescovo di Capua e uomo di fiducia di ben tre papi, compreso quello allora regnante, il quale, il 1 novembre 1536, gli scrisse per invitarlo formalmente a dare alle stampe il libro di cui aveva sentito parlare tanto bene dal già citato Widmannstetter (la lettera di von Schònberg fu posta proprio in apertura del De revolutionibus). Nei primi anni dopo la pubblicazione dell'opera, l'ipotesi di Copernico subì, come è ovvio, degli attacchi, quasi esclusivamente da parte degli aristotelici, di svariati colleghi, di Melantone e di Lutero. Nulla però di veramente significativo. Nel 1616, durante il caso Galilei, una commissione di teologi della Sacra Congregazione condannò alcune tesi del De revolutionibus, ordinando non la distruzione del libro, ma che venisse interdetto «fino a quando non fosse stato corretto». In particolare le correzioni, che stavano in una pagina, implicavano la soppressione del capitolo VIII del I libro (consistente nella confutazione del geocentrismo degli antichi). I teologi sbagliarono (avendo come scusante, per il vero, il fatto che la tesi di Copernico non fosse dimostrata), ritenendo non già che la posizione copernicana della Terra nell'Universo ne sminuisse l'importanza, ma semplicemente che alcuni passi figurati della Bibbia fossero da interpretare letteralmente. Ciò non toglie, però, che Copernico sia stato una delle glorie della Chiesa: figlio, non a caso, dell'Europa cristiana e delle sue università; figlio della Chiesa, da cui fu educato e in cui visse sempre; mosso, nelle sue stesse ipotesi cosmologiche, dalla fede greca e cristiana nell'ordinamento razionale del mondo, recante in sé, con la sua «meravigliosa simmetria», i segni dell'armonia e della bellezza del suo Artefice.
Nota di BastaBugie: per leggere il resoconto della conferenza di Francesco Agnoli "Come il cristianesimo ha costruito una civiltà", dove vengono ricordati i tanti meriti del cristianesimo in occidente, clicca qui sotto http://www.amicideltimone-staggia.it/it/articoli.php?id=13
Fonte: Il Timone, Marzo 2013
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SCOPRIAMO IL SOLITARIO ED ENIGMATICO GIANROBERTO CASALEGGIO, L'UOMO-OMBRA DI GRILLO
Tra esoterismo e gnosi, il co-fondatore del M5S, rielabora in chiave informatica l'essere umano come prigioniero della corruzione planetaria e bisognoso di liberazione
Autore: Giuliano Guzzo - Fonte: Campari e de Maistre, 05-03-2013
E' importantissimo, ma quasi sconosciuto. Una celebrità per i suoi, ma decisamente poco noto agli altri. Soprattutto è l'ideologo del partito oggi numero uno in Italia. Eppure Gianroberto Casaleggio ondeggia ancora, schivo come sempre, fra il ruolo di stregone e quello di stratega, un po' uomo-ombra e un po' uomo-chiave. Quando scompare, talvolta rilascia dichiarazioni o scrive, come ha fatto per esempio al Corriere della Sera; quando riappare, di solito, se ne sta invece puntualmente in silenzio. Ma chi è e, soprattutto, che cos'ha in mente questo guru della rete militante cui, bel paradosso, Wikipedia dedica meno spazio che a Topo Gigio o al Gabibbo? Classe 1954, nato nel Canavese, prima di divenire imprenditore ed eminenza grigia della politica il Nostro era perito informatico e grande appassionato del settore. Tanto che fu tra i pionieri della rete tra la fine dei Novanta e l'inizio del Duemila, quando anche da noi, per la prima volta, «cominciavano a circolare le riunioni tra ingegneri e smanettoni che sognavano un futuro da Steve Jobs e invece si ritrovavano a Milano, in qualche teatro con sala-aperitivo, a guardarsi in faccia tra i primi blogger italiani. Casaleggio c'era, ma non si faceva vedere più di tanto, come adesso». Esperto di rete, dunque, con incarichi fondamentali all'interno del MoVimento 5 Stelle. Basti ricordare che la sua azienda, la Casaleggio Associati s.r.l. - società con sede nel cuore di Milano, i cui clienti sono soliti pagare tariffe stratosferiche – cura direttamente il blog di Grillo nonché «la rete dei Meetup, la comunicazione esterna, le strategie del Movimento 5 Stelle sulla Rete. La società è anche la casa editrice di tutte le pubblicazioni del comico genovese e gestisce buona parte dell'organizzazione dei suoi tour di spettacoli. Lo stesso Grillo riconosce che lo sviluppo e i successi del suo movimento sono dovuti in gran parte alla sinergia con l'azienda di Gianroberto Casaleggio». Considerazioni, queste, che confermano l'anomalia di un personaggio centrale, anzi insostituibile per M5S, eppure all'apparenza solitario, enigmatico, allergico ad una visibilità lasciata volentieri all'amico Beppe, uno al quale si può rimproverare tutto ma che sul palco e con le battute ci sa fare. Per questo il co-fondatore del MoVimento 5 Stelle merita attenzione: ha plasmato una creatura politica importante, dimostrando di conoscere molto bene gli Italiani. Il punto è che sono loro, i cittadini, a conoscere poco di lui, del suo pensiero, del suo modo di intendere il cambiamento. Un vuoto a cui si può rimediare dando un'occhiata a "Siamo in guerra", preparato a quattro mani con Beppe Grillo, una sorta di manifesto del grillismo. Il libro, scritto in modo accessibile e di facile lettura, si apre con la premessa secondo cui sarebbe in corso «una guerra totale, che coinvolge ogni aspetto della nostra vita […] i giornali stanno scomparendo, poi verrà il turno delle televisioni, seguite dai libri […] tutta l'informazione confluirà in Rete e chiunque potrà diventare prosumer, ossia al tempo stesso produttore e fruitore dell'informazione». Poche, iniziali parole che però dicono già molto del Casaleggio-Grillo pensiero, in larga parte incentrato su una sorta di liberazione dell'informazione che attualmente sarebbe controllata dal «vecchio mondo» identificato coi partiti, col controllo, col potere. Questo passaggio è interessante per le sue analogie col pensiero gnostico. Infatti, come il grillismo, da un lato, considera il cittadino prigioniero di un'ignoranza e di un potere corrotto dei quali sbarazzarsi per purificarsi tramite la Rete, così la gnosi, d'altro lato, ritiene ogni uomo detentore di «una scintilla divina, che però ha avuto origine nel mondo superiore, nel quale è tuttora tenuta prigioniera», con l'unica possibilità, l'unica via d'uscita di una liberazione «dai legami materiali». E cos'è la libera conoscenza della Rete invocata da Grillo e i suoi, se non una «verità a portata di click» che favorisce la liberazione «dai legami materiali», rendendo l'uomo-cittadino finalmente libero di apprendere senza più limiti né ostacoli? Un ulteriore indizio della prossimità di una figura come quella di Casaleggio a gnosi ed esoterismo ci arriva dalle parole di Massimo Introvigne, sociologo ed esperto di religioni, a detta del quale il co-fondatore del M5S sarebbe – culturalmente parlando – un discendente di Alexandre Saint-Yves d'Alveydre (1842 – 1909), esoterista il cui pensiero, fra le altre cose, presenta «una grande critica nei confronti dei politici che sono considerati tutti dei ladri disonesti che fanno male al popolo. E c'è anche la proposta di sostituirli con una forma politica molto semplificata e brutale: solo tre ministeri, uno della politica, uno della democrazia e uno della religione che sulle rovine di tutte le vecchie religioni avrebbe dovuto edificare un nuovo culto della scienza». Il principale e fidato collaboratore di Beppe Grillo è quindi interprete di un pensiero, strano ma vero, tutt'altro che nuovo. Esoterico e gnostico – oltre che per quanto abbiamo già ricordato poc'anzi – anche per i sistemi di controllo quasi maniacale dei propri associati, meccanismo che sovente si registra proprio nei gruppi religiosi di stampo gnostico, fondati cioè su una verità iniziatica e settaria da non contaminare e, anzi, da servire senza alcuna forma di iniziativa personale che sappia di deviazione e che sarebbe pertanto oggetto di provvedimenti repressivi o di espulsione, cosa effettivamente già accaduta, come sappiamo, per alcuni componenti del MoVimento 5 Stelle ritenuti inadempienti. Il paradosso è che non solo il primo partito italiano, dunque, non è affatto portatore di un'ideologia nuova, ma non si configura nuovo, a ben vedere, nella sua natura. Infatti, se da un lato si pone come evidente alternativa a tutti gli altri partiti, d'altro lato – com'è stato osservato – «paradossalmente ha dovuto riprodurre, sia pure in modo nuovo, molte delle funzioni che in passato svolgevano i partiti e che oggi sono spesso gestite in modo molto insoddisfacente o abbandonate. A cominciare dalla creazione di una rete di attivisti distribuiti sul territorio, dalla selezione e dal controllo dei candidati eletti nelle istituzioni fino alla raccolta e alla trasmissione delle domande dei cittadini». Riepilogando: il co-fondatore del M5S, movimento le cui sfumature ideologiche originali – come abbiamo visto – vanno ben oltre quelle di generico "partito di protesta" ed andrebbero quindi approfondite, propone una rielaborazione in chiave informatica della concezione gnostica dell'essere umano applicata, in questo caso, al cittadino, visto come prigioniero della corruzione planetaria e bisognoso di una liberazione che solo la Rete, in quanto forma di conoscenza decontaminata, può assicurare. Non tutti i numerosi elettori di Beppe Grillo – un anno fa uno su tre simpatizzava per lui, oggi quasi uno su tre lo vota – sono naturalmente tenuti a questo approfondimento (neppure a tutti gli elettori degli altri partiti sono familiari i relativi pensatori!), però c'è da scommettere che neppure tutti i militanti del M5S conoscono bene il pensiero del loro stratega. Una bella anomalia anche questa.
Fonte: Campari e de Maistre, 05-03-2013
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ELEZIONE DEI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO: SI AFFERMA IL MITO DEL BUON CITTADINO
Dopo il mito (screditato) del buon selvaggio, adesso c'è il mito di una società civile virtuosa che risolve ogni problema
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 21/03/2013
Uno spettro si aggira per l'Italia: è la società civile. Un'entità astratta improvvisamente materializzatasi con l'elezione dei presidenti delle due Camere, Laura Boldrini per i deputati, Piero Grasso per i senatori. Ora, galvanizzato dal successo, il leader del Pd Pierluigi Bersani potrebbe tentare la stessa operazione per la formazione del governo: lasciar fuori la nomenclatura del partito e puntare su personaggi, appunto, della società civile. La manovra diventa possibile perché già da tempo s'è affermato un mito, ovvero l'esistenza di una società civile virtuosa, corretta, capace di risolvere efficacemente i problemi contrapposta a una "casta" politica corrotta, incapace, da condannare in toto. Uno schema che ieri ha confermato il neo-presidente della Camera, Laura Boldrini, che dopo l'incontro con il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con i giornalisti ha rivendicato la sua presunta superiorità morale che gli viene dal non fare parte della casta. Ora, che in generale la classe politica italiana da anni non dia un bello spettacolo di sé è fuor di dubbio ma non solo non è corretto generalizzare, è che guardando ai nuovi arrivati che hanno "occupato" il Parlamento c'è da rabbrividire. Aldilà delle singole capacità, infatti, ciò che è davvero pericoloso è pensare a una società civile (ma cos'è esattamente?) buona per definizione, come se le scelte politiche e sociali che si compiono – così come quelle private – non dipendessero da una concezione della realtà e dell'uomo che ognuno ha. Il caso Boldrini è al proposito esemplare: a pesare nella sua elezione è stato sicuramente il suo curriculum nelle agenzie delle Nazioni Unite, uffici stampa di Fao e Pam (Programma alimentare mondiale) prima, Alto Commissariato per i rifugiati (Acnur) dopo. E qui c'è l'altra nota di merito che le viene attribuita: l'impegno in organizzazioni umanitarie, per non dire della sua polemica – in quanto Acnur – contro il governo Berlusconi al tempo della politica dei respingimenti: quotazioni alle stelle e riconoscimento di "Italiana dell'anno" da parte del settimanale Famiglia Cristiana. Ebbene nel suo discorso d'insediamento alla presidenza della Camera, la Boldrini ha toccato soprattutto due punti: l'impegno per combattere la violenza contro le donne e l'accoglienza agli immigrati, per evitare altre morti nel Mediterraneo. Prendiamo il primo, lotta alla violenza contro le donne. Obiettivo lodevole, ma la Boldrini era la portavoce di un'agenzia dell'Onu (l'Acnur) che fin dagli anni '90 partecipa a un programma (insieme a Fondo per la Popolazione, Unfpa, e Programma per lo sviluppo, Undp) per garantire la cosiddetta salute riproduttiva nei campi profughi. Il che vuol dire, in soldoni, aborto procurato (con dei discussi kit per l'aborto) e contraccezione. Si sa che purtroppo tra i profughi e anche nei campi le donne sono particolarmente esposte alle violenze sessuali, ma le agenzie dell'Onu – Acnur in testa – si preoccupano soprattutto di evitare le conseguenze, ovvero eventuali bambini, e su questo si concentrano i loro sforzi. Con il risultato che la violenza sulle donne passa sotto silenzio e anzi alla fine – volente o nolente – ne viene favorita. Il discorso non è molto diverso per lo scandalo delle morti nel Mediterraneo. La causa di tali morti sta nelle partenze, non nella politica dei respingimenti, che non ha mai significato ributtare profughi in mare. Proprio questa politica, scoraggiando le partenze dalle coste nordafricane ha ridotto la possibilità di tragedie in mare. L'Acnur ha una lunga esperienza di crisi di questo genere – vedi tragedia dei boat people vietnamiti alla fine degli anni '70 – e sa benissimo che per evitare tragedie si deve cercare di frenare le partenze. Anzi, ha già partecipato a programmi che andavano in questa direzione. Nel caso del Mediterraneo si sarebbe potuto trovare un accordo con la Libia – oltre che con l'Italia - per organizzare in loco dei processi di screening, ovvero di verifica delle situazioni personali: così chi aveva diritto all'asilo poteva essere portato in sicurezza in Italia o altri paesi europei, mentre chi non aveva diritto non si sarebbe comunque avventurato in mare. Anche in questo, l'Acnur ha esperienza perché programmi simili li ha sostenuti nel Sud Est asiatico. Ma in Italia no: grazie alla Boldrini, l'unica strada seguita dall'Acnur è stato invocare la totale apertura delle frontiere con il risultato di incentivare ulteriori partenze e, quindi, aumentare i rischi di tragedie in mare. Perché la cosa più importante per l'allora portavoce dell'Acnur era attaccare il governo in carica, non preoccuparsi della vita dei migranti, e dei paesi di origine e di accoglienza. Tale esempio dovrebbe essere sufficiente anzitutto per diffidare di quelle che vengono chiamate agenzie umanitarie, perché nei fatti dimostrano ciò che Benedetto XVI ha detto più volte, ovvero che "un umanesimo senza Dio è disumano". In nome di una umanità astratta negano l'uomo concreto. Ma anche deve aiutare a sfatare il mito della società civile, prima che per rispondere alla crisi della politica ci si butti in mano ad avventurieri ben peggiori.
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 21/03/2013
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UNA CHIESA POVERA NON AIUTA NESSUNO
Inizia la distorsione delle parole di Papa Francesco che ha detto: ''Vorrei una Chiesa povera e per i poveri'', ma viene subito falsificato il suo pensiero (VIDEO: omelia per le Palme)
Fonte Unione Cristiani Cattolici Razionali, 18/03/2013
«Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!». Questa è la bellissima espressione di papa Francesco durante l'incontro con i media il 16 marzo. La frase può essere letta in modo superficiale, come hanno fatto i media e anche alcuni uomini di politica (ad esempio Beppe Grillo), oppure può essere intesa dal punto di vista cristiano, assumendo dunque una validità logica e un senso compiuto. Se venisse presa letteralmente e in modo superficiale, come dicevamo, la frase non avrebbe senso. Cosa se ne fanno i poveri di una Chiesa povera? Cosa se ne fanno i poveri di una Caritas che non ha i soldi per offrire pasti gratuiti tutti i giorni? Cosa se ne fanno i poveri di un ricovero di religiosi che non hanno i soldi per il riscaldamento? Assolutamente nulla, una Chiesa povera non può aiutare nessuno (ovviamente sempre dal punto di vista dell'aiuto materiale!), così come un imprenditore senza soldi non può aiutare chi è in cerca di lavoro... non ha senso dire: "un imprenditore povero per i disoccupati!". Una Chiesa povera per i poveri è una frase che non ha alcun senso, i quotidiani hanno riportato una frase palesemente contraddittoria, che ovviamente non hanno capito. La bellissima espressione di papa Francesco va evidentemente letta contestualizzandola all'interno di un approccio cristiano, dove la povertà non coincide obbligatoriamente con il banale "non avere nulla". La povertà è innanzitutto un atteggiamento della persona, Gesù nel Vangelo ripete spesso: "beati i poveri di spirito". La povertà cristiana è il non porre la speranza in quel che si ha, essere libero da quel che si possiede (dal denaro, dai vestiti, dagli affetti), sapendo che non sta in essi quel di cui l'uomo ha bisogno per essere lieto. San Paolo lo dice benissimo: «quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero [...]; quelli che comprano come se non possedessero; quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!» (1 Cor 7, 29.31). Dunque la povertà cristiana non è non avere soldi, ma è l'essere liberi da essi, usarli (e usare tutto quel che si ha) come se non li si possedesse, con un distacco intelligente. La povertà cristiana è l'uso corretto e cristiano dei soldi, così come, ad esempio, fanno i missionari nel mondo: non danno il loro piccolo stipendio ai poveri che incontrano, ma usano questo denaro per investire, ad esempio, in centri di formazione per insegnare loro un mestiere (detto più banalmente: non si regala il pesce, ma si insegna a pescare). Il Papa ha richiamato la Chiesa ad un distacco morale da quel che ha (la povertà di spirito), certamente anche ad una vita basata sull'essenziale, ma non ha chiesto che la Chiesa diventi materialmente povera e dunque incapace di aiutare il prossimo in difficoltà. Anche il paragone con San Francesco d'Assisi che molti fanno è sbagliato: il suo carisma vale per i francescani (è un esempio, per tutti, di assoluta libertà dal mondo, perfino dalla morte, che chiamava "sorella"), ma non può valere per la Chiesa intera che mantiene e aiuta ogni giorno milioni di individui in difficoltà in tutto il mondo. Non lasciamoci abbindolare, chi spinge per una Chiesa materialmente povera (cioè non in senso cristiano) vuole una Chiesa inesistente, costretta a chiudere le sue missioni, a lasciare decadere le sue chiese, le sue scuole e i suoi oratori, incapace economicamente di realizzare iniziative culturali e spirituali, ecc. E' la Chiesa che desidererebbe il laicismo, ovvero completamente assente nella scena pubblica e sociale. Invece, anche il denaro -se usato bene, in modo onesto e morigerato-, può contribuire alla missione della Chiesa di annunciare il Vangelo e sostenere la speranza di più persone possibili. Occorre infine fare attenzione ad un altro equivoco, che la nostra riflessione può portare: la Chiesa non è un ente di beneficenza, la Chiesa - ricca o povera che sia - annuncia e testimonia che la Risposta al bisogno dell'uomo è entrata nella storia, si è fatta carne ed è possibile incontrarla per tutti, qui e ora. Come ricorda ancora papa Francesco: «se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa».
Nota di BastaBugie: vi invitiamo sempre a leggere i documenti o ascoltare i discorsi del Papa direttamente senza lasciarsi ingannare da ciò che ci raccontano giornali e televisioni. Ad esempio potete vedere qui sotto il video con l'omelia di Papa Francesco per la domenica delle Palme
http://www.youtube.com/watch?v=8_EYqMgZas0
Fonte: Unione Cristiani Cattolici Razionali, 18/03/2013
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VITTORIO MESSORI: ''PAPA FRANCESCO E' IN CONTINUITA' CON BENEDETTO XVI''
Giornali e televisioni smetteranno di lodare papa Francesco appena comincerà a parlare sul serio e toccherà i temi etici (VIDEO: prima udienza generale)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 19/03/2013
«La luna di miele con papa Francesco di una certa cultura clericale agnostica, atea che tracima da tutti i media e di cui Eugenio Scalfari è papa, sarà bruscamente interrotta quando il Papa comincerà a parlare sul serio e toccherà i temi etici». Vittorio Messori, lo scrittore cattolico italiano più tradotto nel mondo, amico personale dei due papi precedenti, è assolutamente certo della continuità di papa Bergoglio con papa Ratzinger, anche se gli stili personali sono diversi. Ed esprime questa sua convinzione con un agile libro (La Chiesa di Francesco) che arriva da oggi in edicola con il Corriere della Sera ma che potrà essere acquistato anche indipendentemente (soltanto in edicola). MESSORI, BENEDETTO XVI NEL RINUNCIARE AL PONTIFICATO SI È RIFERITO A SFIDE CHE LA CHIESA HA DAVANTI E CHE NECESSITANO DI GRANDE FORZA PER AFFRONTARLE. QUALI SONO QUESTE LE PRINCIPALI SFIDE CHE ORA PAPA FRANCESCO SI TROVERÀ DAVANTI? Anzitutto devo premettere che, contrariamente a Eugenio Scalfari, non è certo mia intenzione suggerire al Papa quel che deve fare. Semplicemente da umile cronista posso dire che sono sempre stato d'accordo con Ratzinger il quale da sempre, come cardinale e come papa, ha detto che il vero problema è che la fede, soprattutto in Occidente, si sta spegnendo come una candela che non trova più alimento. Il vero problema da cui tutto nasce è questo: l'eclisse della fede, il fatto che non ci crediamo più. Non siamo più pronti a scommettere sulla divinità di Cristo, sull'aldilà che ci aspetta. E in questo l'intellighenzia clericale non ci aiuta. Pensate ad esempio ai biblisti: hanno accettato acriticamente il metodo inventato dal protestantesimo, diciamo agnostico, il metodo cosiddetto storico-critico per cui del Vangelo quello che resta vero sono solo le note del biblista. Se tu prendi sul serio il Vangelo ti considerano un reazionario, però guai a te se non prendi sul serio le note del biblista. Non a caso ho sempre pensato da tanti anni che in fondo la cosa davvero da riscoprire sia una seria apologetica, fatta come dice Pietro nella sua Lettera: con mansuetudine e rispetto, un'apologetica al contempo pacata e rigorosa. IN EFFETTI BENEDETTO XVI HA RISPOLVERATO ANCHE LA PAROLA "APOLOGETICA". Le ragioni per credere, le ragioni della fede sono il primo compito che oggi la Chiesa e, quindi, un papa devono porsi. E ripeto: non è un mio consiglio alla Scalfari per il Papa, questo è quanto ha ripetuto per una vita Ratzinger, prima cardinale poi papa, ed è anche quello che lui pover'uomo ha cercato di fare. Ad esempio i 3 volumetti su Gesù sono pura apologetica, nel senso migliore: cercare di confermare le radici dell'albero, perché il cristianesimo ormai sembra una quercia senza radici. MENTRE IL MONDO, E ANCHE I CATTOLICI, ASCOLTANO PIÙ VOLENTIERI LE PAROLE SULL'IMPEGNO SOCIALE, SUI POVERI. E' il cosiddetto cristianesimo secondario: l'impegno, l'aiuto sociale sono tutte cose buone ma se non discendono dalla fede non hanno significato. Il dono maggiore che Ratzinger ci abbia fatto – a parte questi tre libretti, preziosi perché da un lato accetta i metodi esegetici moderni, e dall'altro dimostra come non distruggono le basi del cristianesimo - è l'Anno della Fede, che è cominciato a ottobre e che questo papa dovrà concludere. Per il clericalmente corretto il termine "apologetica" suona male perché sembra di regressione. Nei seminari addirittura la parola è sparita e viene chiamata pudicamente teologia fondamentale. Ma in questa teologia fondamentale che si insegna – ho cercato di guardare i testi - non c'è nulla che rafforzi la fede. Si dà come al solito la fede per scontata e si fanno belle considerazioni attorno. Ma come diceva papa Ratzinger nel documento di indizione dell'Anno della Fede, avviene che oggi si prospettino i doveri del cattolico sul piano sociale, caritativo e così via dando però per scontato una fede sulla quale nessuno si interroga e che molto spesso non esiste più. Insomma bisogna rimettere ordine: prima la fede, poi la morale; prima il cristianesimo primario, che è l'annuncio del kerigma, poi il cristianesimo secondario, che sono le opere – anche sociali – che derivano dall'accettazione del kerigma. LEI CREDE CHE PAPA FRANCESCO SARÀ IN CONTINUITÀ CON BENEDETTO XVI? Sì. In questi giorni sono stati molto sottolineati gli elementi di discontinuità, addirittura in modo grottesco: tutti a scrivere che è andato da Santa Marta con lo stesso pulmino degli altri cardinali, che ha voluto pagare la pensione dove alloggiava prima dell'elezione (dimenticando peraltro che la pensione è di proprietà del Vaticano). Ma appunto queste sono cose grottesche, e sono certo che questa luna di miele tra una certa cultura di cui Scalfari è il papa, questa cultura e questo clericalismo agnostico, ateo che tracima da tutti i media, questa luna di miele sarà presto bruscamente interrotta quando comincerà a parlare sul serio, per esempio di etica, di morale e così via. L'uomo ha 76 anni, non è una novità, di cose ne ha dette tante, sul piano della morale e sul piano catechetico. Sul piano della fede era in perfetta sintonia con Ratzinger. E quindi questa luna di miele è destinata clamorosamente a finire. C'È PERÒ QUESTA GRANDE SOTTOLINEATURA DEL SUO IMPEGNO PER I POVERI. Su questo c'è un clamoroso equivoco, perché si dimentica che tutti i santi sociali dell'800 – solo per stare a Torino don Bosco, il Cottolengo, Faà di Bruno –, tutti quelli che si rimboccarono le mani per aiutare i poveri, tutti quelli che cercarono di dare anche il pane del corpo ai disgraziati che si trovavano intorno, questi erano classificati sul piano teologico come dei reazionari. Erano tutti figli devotissimi di Pio IX e poi di Leone XIII. L'impegno sociale non vuol dire essere preti alla don Gallo, o andare d'accordo con teologi alla Hans Kung: tutta la santità sociale è una santità che si sporca le mani per l'assistenza anche materiale ma allo stesso tempo ama il catechismo della Chiesa e lo rispetta. Quindi c'è un grosso equivoco in cui cadono questi signori che disquisiscono senza sapere niente della dinamica cattolica. Bergoglio andava nelle periferie (villas miserias), ma ci sarebbe andato anche don Bosco. E forse che don Bosco era un innovatore? Che Bergoglio andasse nelle villas miserias non vuol dire affatto che sia un contestatore teologico. Anzi sul piano della morale e della catechesi è del tutto allineato con Benedetto XVI. Don Bosco aveva un motto: pane e paradiso, che è molto bello. Pane nel senso che agli affamati bisognava dare anche il pane, però bisognava dargli anche il pane dello spirito. Dava ai ragazzi di strada accoglienza, gli insegnava un lavoro però questi ragazzi erano formati con estrema attenzione anche al catechismo, alla catechesi in linea perfetta con quella di Pio IX. Questi signori che non sanno nulla e che discettano, dicono che questo è un prete sociale: benissimo, ma vedrete quando comincia a parlare di morale cosa dirà. Dirà esattamente quello che diceva Ratzinger. SI SOTTOLINEA MOLTO ANCHE UNO STILE CHE ROMPE CON TANTE FORMALITÀ, COME SE FOSSE UNA RIVOLUZIONE, DIMENTICANDO CHE A SUO TEMPO ANCHE GIOVANNI PAOLO II DIEDE UN BEL PO' DA FARE A CERIMONIERI E UOMINI DELLA SICUREZZA. C'è davvero qualcosa di grottesco. E' vero che ci sono troppi giornali, troppi telegiornali, troppe radio per cui c'è una iperinformazione ossessiva, quindi si deve andare a cercare anche il lato pittoresco. Ma si dimentica una grande verità: il Padreterno ci ha voluto tutti uguali e al contempo tutti diversi. Ognuno ha il suo carattere, il suo stile, ma non è questo quello che conta. Il Papa c'è soprattutto per una funzione: il magister e il custos fidei, custode e maestro della fede, il resto è tutto accessorio. A papa Bergoglio guardo come maestro e custode della fede, ma se lui ha certi gusti, un certo stile, un certo modo di muoversi e di parlare, non me ne può fregare di meno. Sono cose che fanno parte della straordinaria, meravigliosa varietà che il Padreterno ha voluto darci. Un papa non va giudicato dallo stile e dal carattere, ma dal suo insegnamento, perché questo è il suo compito. [...] IN MOLTI HANNO NOTATO CHE PAPA FRANCESCO INSISTE SUL FATTO DI ESSERE VESCOVO DI ROMA, NON SI RIFERISCE MAI A SE STESSO COME AL PAPA. Io non vedo male questo aspetto. Addirittura una volta mi è scappato detto in un articolo sul Corriere, che secondo me non sarebbe male se il papato si trasferisse al Laterano, dove c'è la cattedrale del vescovo di Roma. In fondo i papi sono in Vaticano solo da pochi secoli. Fino all'esilio ad Avignone e anche dopo stavano al Laterano e lì è la cattedra di Pietro. Secondo me, un trasferimento al Laterano sarebbe anche ipotizzabile, non mi disturberebbe. Per la logica dell'et et, il papa è al contempo il capo della Chiesa ma è anche un vescovo tra i vescovi. Ed è anche il vescovo di quella che era la capitale imperiale, per cui ha una maggiore autorità. La sottolineatura che il Papa è anche lui un vescovo – che poi per la sede in cui presiede gode di un autorità su tutta la Chiesa – non mi dispiace, in fondo è un aspetto che avevamo dimenticato. Il Vaticano è solo un'appendice al luogo dove Pietro fu martirizzato ma a parte la reliquia di Pietro non ci sono ragioni particolari. Il Papa non è legato a quel luogo, anzi il Papa sarebbe legato alla sua cattedra, che è quella del Laterano. Quindi io non la vedo come Scalfari, secondo cui in questo modo comincia finalmente la Chiesa federale, una forma di Chiesa tipo Lega lombarda. Ma figurarsi se Bergoglio ha in mente il papato federale; non mette lontanamente in discussione la primazia del papa, però sottolineare che il papa è vescovo di Roma e quindi è chiamato in prima istanza a privilegiare le pecorelle che gli sono affidate direttamente nella Chiesa di Roma, non mi dispiace perché non mette assolutamente in discussione quella che è l'unità ecclesiale. PERÒ, OLTRE A SCALFARI, CI SONO DIVERSI EPISCOPATI O SINGOLI VESCOVI CHE PARLANO DI REGIONALIZZAZIONE DELLA CHIESA, DI UNA COLLEGIALITÀ CHE INTENDE DARE MAGGIORE POTERE ALLE CONFERENZE EPISCOPALI. Devo dire che più vado avanti più apprezzo i documenti del Vaticano II. Purtroppo siamo stati in qualche modo travolti dalle interpretazioni errate sia da sinistra sia da destra. In realtà la collegialità intesa nel senso cattolico sta nella Lumen Gentium che è la Costituzione dogmatica sulla Chiesa, fa parte del Dna della Chiesa. Quindi la collegialità è qui, nella linea che la Lumen Gentium indica, non certo nel fare una Chiesa federale, che è impensabile. Perché in fondo c'è già una Chiesa federale e sono le Chiese ortodosse. Il Patriarca di Costantinopoli ha soltanto un primato d'onore. Non voglio affatto quello lì, neanche il Concilio lo dice, voglio un Papa che non presiede soltanto come un onore. Se però attorno a lui non ci sono dei servi ma dei confratelli nell'episcopato, penso che questo sia molto bello anche in una prospettiva teologica. Ma anche qui non c'è nessuna rottura con il passato: Ratzinger è uno dei padri teologici del Vaticano II, l'ha sempre detto: voi vi sbagliate, cadete nello stesso equivoco speculare, voi a destra e la cosiddetta sinistra perché parlate di un Concilio che non c'è mai stato. Se noi stiamo a Ratzinger, egli si è sempre riconosciuto in questi documenti, c'è anche lui dietro la stesura di questi testi, non poteva non pensarla come la Lumen Gentium. Autonomi e uniti.
Nota di BastaBugie: vi invitiamo sempre a leggere i documenti o ascoltare i discorsi del Papa direttamente senza lasciarsi ingannare da ciò che ci raccontano giornali e televisioni. Ad esempio potete vedere qui sotto il video con la prima udienza generale del 27 Marzo 2013
http://www.youtube.com/watch?v=sUFzlXD47GY
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 19/03/2013
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LA COMUNIONE DEI CELIACI
Sono materia valida le ostie nelle quali è presente la quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione
Fonte Ufficio Liturgico CEI, 18/10/2001
1. In questi ultimi anni è notevolmente aumentato in Italia il numero di fedeli affetti da celiachia, patologia che determina un'intolleranza assoluta al glutine, sostanza proteica contenuta nel frumento e in alcuni altri cereali. Il celiaco, perciò, deve in modo permanente e tassativo astenersi dal mangiare alimenti che contengono, anche in misura molto ridotta, del glutine. Infatti, non esistendo per il momento farmaci curativi, l'unica terapia valida è una dieta scrupolosa. In questo stato di cose il celiaco non può neppure accostarsi alla Comunione eucaristica, in quanto le ostie utilizzate comunemente nella celebrazione dell'Eucaristia sono prodotte con farina di frumento e di conseguenza contengono glutine.
2. La Congregazione per la Dottrina della Fede, in risposta alle richieste fatte da alcuni Episcopati in merito all'aggiornamento delle disposizioni date il 29 ottobre 1982 riguardo alla comunione dei celiaci, il 19 giugno 1995 inviò una lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali, puntualizzando le condizioni di validità della materia e precisando le modalità per accostarsi alla Comunione. Le riassumiamo: a) Condizioni di validità della materia: - le ostie speciali nelle quali il glutine è completamente assente ("quibus glutinum ablatum est") sono materia invalida per l'Eucaristia; - sono invece materia valida le ostie nelle quali è presente la quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di materie estranee e purché il procedimento usato per la loro confezione non sia tale da snaturare la sostanza del pane. b) Modalità di accostarsi alla comunione: - l'Ordinario, accertata la presenza della patologia attraverso certificazione medica e verificato che il prodotto usato è conforme alla esigenze di cui sopra, può concedere ai celiaci di ricevere la Comunione con ostie a contenuto minimo di glutine, tale in ogni caso da non nuocere alla salute. La soluzione adottata veniva incontro in linea di principio alle esigenze dei celiaci; tuttavia l'impossibilità di trovare ostie adatte ha comportato fino ad oggi che i celiaci continuassero a poter comunicare solo al calice . Ciò non era privo di gravi difficoltà per gli astemi e, soprattutto, per i bambini.
3. Contestualmente l'Associazione Italiana Celiaci (AIC) si è attivata per ricercare una soluzione più agevole al problema. Si è così appreso che vengono prodotte ostie di frumento contenenti una quantità di glutine decisamente bassa, attestata da indagine di laboratorio, che, pur permettendo la panificazione (e ciò le rende materia valida per la consacrazione), non rende le ostie nocive alla salute dei celiaci. Il risultato della ricerca è stato comunicato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, la quale con lettera del Segretario S.E. Mons. Tarcisio Bertone al Presidente dell'AIC in data 17 agosto 2001 (Prot. 89/78-1354), ha fatto presente che questo tipo di ostie rispetta "le decisioni a suo tempo assunte dal Dicastero circa l'uso del pane con poca quantità di glutine" e pertanto ha giudicato "favorevolmente l'iniziativa intrapresa ed i conseguenti risultati, conformi alle disposizioni in ordine alla materia valida per la Consacrazione ed ai necessari parametri che salvaguardino la salute del fedele celiaco". Inoltre S.E. Mons. Bertone ha assicurato la disponibilità della Congregazione a prendere in considerazione l'abolizione della disposizione che impone la presentazione del certificato medico da parte dei fedeli celiaci per potersi avvalere della facoltà di ricevere la comunione nelle modalità a loro consentite.
4. E' sembrato opportuno pertanto rendere noti gli aggiornamenti della disciplina, invitando a darne ampia diffusione, a sensibilizzare sacerdoti e fedeli al problema e a disporre l'acquisizione di tali ostie da parte dei parroci, seguendo le indicazioni riportate di seguito, in modo da rendere facilmente accessibile ai celiaci la comunione al pane eucaristico. a) I parroci siano esortati ad assumere informazioni sulla celiachìa e sui disturbi che provoca; siano spronati a conoscere i propri parrocchiani celiaci e ad aiutarli perché siano alleviate le difficoltà e i disagi che incontrano nella vita quotidiana e nella partecipazione all'Eucaristia; siano particolarmente diligenti nel riconoscere bambini celiaci tra quelli che si preparano alla messa di prima comunione, coinvolgendo opportunamente anche i catechisti. b) Ove si presenti il problema, la parrocchia si procuri presso i distributori indicati in calce le ostie confezionate con amido di frumento contenente una quantità minima di glutine, e perciò idonee per la comunione dei celiaci. Tali ostie debbono essere conservate in un contenitore a parte, in modo da evitare qualsiasi forma di contatto con ostie normali o con altri prodotti confezionati con farine contenenti glutine (frumento, orzo, segale, farro?). Può essere opportuno che nei santuari, nelle chiese interessate dai flussi turistici o in occasione di celebrazioni con partecipazione di un grande numero di fedeli, siano disponibili ostie adatte ai celiaci. c) Nella celebrazione eucaristica si tengano presenti in particolare le seguenti precauzioni: - per la preparazione delle ostie si raccomanda vivamente a chi predispone quanto è necessario per la celebrazione di prendere in mano le ostie speciali per celiaci prima di preparare le ostie normali; in caso contrario abbia cura di lavarsi precedentemente le mani; - per la consacrazione le ostie siano poste in una pisside collocata tra i doni da portare all'altare, distinta dalle altre, chiusa, facilmente riconoscibile in modo tale da evitare ogni forma di contatto con le ostie comuni; - per la distribuzione della comunione il ministro (sacerdote, diacono, ministro straordinario), prima di dare la comunione ai celiaci, abbia cura di lavarsi le mani se precedentemente ha preso le altre ostie; - si conservi nel tabernacolo una pisside chiusa e facilmente distinguibile contenente ostie speciali consacrate e destinate alla comunione fuori della Messa per celiaci ammalati e anziani. d) Quando i fedeli, in conformità alle disposizioni liturgiche, sono ammessi alla comunione sotto le due specie e nei casi in cui i celiaci accedono alla comunione al calice, il sacerdote celebrante o gli altri ministri osservino con diligenza le seguenti precauzioni: - evitare di far comunicare il celiaco al calice nel quale è stata fatta la "immixtio" con un frammento del pane eucaristico comune; - consacrare il vino per la comunione dei celiaci in un calice distinto, coperto, nel quale non si farà la immixtio e) In considerazione dei rilevanti risvolti teologici e pastorali del problema (validità della consacrazione e precauzioni da osservare nei confronti dei celiaci), si raccomanda vivamente agli Uffici liturgici diocesani di vigilare sulla corretta applicazione delle presenti indicazioni e di promuovere in merito un'informazione corretta ai sacerdoti, ai diaconi e agli operatori pastorali
Nota informativa: attualmente l'unico prodotto che rispetta i requisiti canonici e può perciò essere utilizzato per la comunione eucaristica dei celiaci risulta essere costituito da ostie confezionate con amido di frumento di tipo CERESTAR dalla Ditta Franz Hoch GmbH - Hostien und Oblatenfabrik, Postfach 1465 - D 63884 MILTENBERG AM MAIN (Germania). Tale prodotto consta essere importato in Italia dalle seguenti ditte: Ditta "Arte Sacra" di Claudio Candotti - Via Treppo 10 - 33100 UDINE Tel. 0432 502065 oppure Ars Nova s.a.s. Arte Sacra di Giacomo Gnutti - Via Tosio 1 - 25121 BRESCIA - Tel. 030 3755124
Fonte: Ufficio Liturgico CEI, 18/10/2001
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OMELIA PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO C
Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 31/03/2013)
"Lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno e volle che apparisse, non a tutto il popolo, ma a testimoni prescelti da lui" (cfr. At 10,40-41). L'apostolo Pietro - con le semplici ed essenziali parole che abbiamo riascoltato nella prima lettura - così sintetizza davanti al centurione romano Cornelio l'evento centrale della storia; quell'evento che noi ancora una volta in questa celebrazione pasquale siamo sollecitati a ricordare e a rivivere. Nella realtà della Pasqua di Cristo ci sono quasi due facce della medesima medaglia. C'è da una parte un delitto e un'infamia - quale è sempre l'uccisione di un innocente (e lo è tanto più nel caso di Gesù di Nazaret) - che però l'arcana e misericordiosa sapienza del Padre accoglie e avvalora come atto d'amore del suo Unigenito e come obbedienza del nuovo Adamo al trascendente disegno della salvezza umana (un amore e un'obbedienza che così diventano la sorgente del nostro riscatto); e c'è d'altro canto un'effusione di vita nuova e splendente che investe il Crocifisso e lo costituisce forma e principio della rinascita umana e del nostro riconquistato destino di gioia. Una particolarità meritevole di attenzione, però, distingue i due aspetti dell'unico avvenimento redentivo. Gesù muore sulla cima del monte al cospetto di tutti, perché l'umanità intera con le sue infedeltà e le sue prevaricazioni è "in solido' la causa della fine cruenta di colui che, secondo quel che dice il profeta, "è stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostra iniquità: si è abbattuto su di lui il castigo che ci dà la salvezza e per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 52,5). Ma egli risorge nella solitudine nascosta di una notte fonda, perché la sua risurrezione (primizia e ragione del ringiovanimento dell'universo) era e doveva apparire totalmente ed esclusivamente opera della potenza divina, e nessuno potesse neppure lontanamente supporre che essa fosse il prodotto della fede soggettiva e dell'autoillusione consolatoria di quanti l'avevano amato. Per una ragione analoga il Risorto non si lascia vedere da tutti, ma solo da alcuni "testimoni prescelti": prescelti liberamente dal Dio eterno, perché la novità della Pasqua fosse riconosciuta interamente e senza alcun dubbio come un puro dono dall'alto. Spiccano tra questi "testimoni prescelti" gli apostoli, sui quali Gesù ha voluto fondare la sua Chiesa; quella Chiesa che lungo i secoli non ha mai cessato di proclamare coraggiosamente e a gran voce che "il Signore è risorto". "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" (Lc 24,34), si sentono dire i due viandanti, di cui ci ha parlato la lettura evangelica; essi, che probabilmente ritenevano di essere stati i primi e forse i soli fino a quel momento ad aver visto il Cristo tornato alla vita. Non ci stupisce che "sia apparso a Simone"; cioè che ci sia stato un incontro riservato di Pietro con il suo Salvatore e Maestro: l'aveva rinnegato, lui che era stato posto a capo della comunità ecclesiale, e aveva perciò bisogno di essere risollevato dal baratro in cui era caduto, in modo che - come gli era stato detto nell'ultima cena - "una volta ravveduto sapesse confermare i fratelli" (cfr. Lc 22,32). Ci meraviglia piuttosto la preferenza data ai due uomini diretti a Emmaus, che non consta avessero tra i discepoli alcuna posizione di rilievo. Forse perché erano i più delusi e disanimati (cfr. Lc 24,21); forse perché erano i più intristiti (cfr. Lc 24,17: "col volto triste"); forse perché erano i più ottusi e i più restii ad affidarsi alle divine promesse: "Sciocchi e tardi a credere!", li interpella senza tanti complimenti il loro misterioso compagno di viaggio: così pensiamo si possa spiegare la preferenza. Ma appunto per tutti questi motivi ci è facile riconoscerci in loro raffigurati; tanto che poi - mentre contempliamo sgomenti la generale decadenza degli uomini, della mentalità corrente, delle istituzioni, che è sotto i nostri occhi - ci viene spontaneo fare nostra la loro ammirevole implorazione: "Resta con noi, Signore, perché si fa sera e il giorno volge al declino" (cfr. Lc 24,29).
Da tutte le testimonianze evangeliche si evince che la nuova gloria di Gesù di Nazaret - lungi dall'essere stata provocata dalla patetica volontà dei discepoli di non rassegnarsi alla sconfitta del Golgota e dal loro inconscio desiderio di rifugiarsi in una suggestione inconsistente - ha dovuto faticare per farsi accettare anche da parte dei più affezionati e fedeli. Anche quando lo vedono con gli occhi della carne, essi sulle prime non lo riconoscono nella sua autentica identità. La risurrezione di Cristo non nasce dunque da una fede irrazionale che non vuole arrendersi; piuttosto è la fede arresa e spenta degli apostoli e dei simpatizzanti che - posta a contatto con una effettività concreta, palpabile, incontrovertibile - è ragionevolmente costretta a rinascere e a divampare. Il Risorto si presenta e si impone come l'irruzione travolgente e vivificante nel nostro mondo vecchio e perituro di una realtà nuova ed eterna. Acquisendo la sua condizione di gloria, egli è uscito dalle angustie del tempo e dello spazio per farsi immanente e attivo in ogni momento della vicenda umana e in ogni luogo dell'universo. Perciò egli può dire di sé (ed è l'ultima sua parola registrata dal vangelo di Matteo): "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (cfr. Mt 28,18.20). Qui, in queste parole del Risorto, troviamo l'estremo approdo, quasi l'esito cosmico, dell'evento pasquale e al tempo stesso il principio dell'esistenza del Nuovo Israele, che è la Chiesa, il segreto della sua stupefacente vitalità nella storia.
Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 31/03/2013)
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