ANCHE LA CORTE COSTITUZIONALE TIFA UNIONI GAY
Ben lungi da un ruolo imparziale, la corte è frutto di scelte politiche e quindi è succube di ciò che va di moda
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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PAPA FRANCESCO RIBADISCE LA TOLLERANZA ZERO DI BENEDETTO XVI CONTRO LA PEDOFILIA
Noi aggiungiamo che l'80% dei pedofili è omosessuale e quindi non si vincerà mai la battaglia in difesa dei bambini se non denunciando che il rapporto omosessuale è contro natura
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
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PERCHE' DARE VOCE IN TV ALLE CALUNNIE DI ALI AGCA?
Su Rete 4 l'uomo che sparò a Giovanni Paolo II ha farneticato menzogne contro la Chiesa
Autore: Maurizio Patriciello - Fonte: Avvenire
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LE CONFERENZE EPISCOPALI REMANO CONTRO IL PAPA
Lungi dall'essere uno strumento che sorregge e rafforza l'azione del Papa, si mostrano sempre di più un ostacolo all'effettivo governo della Chiesa
Autore: Leandro Mariani - Fonte: Corrispondenza Romana
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GRAZIE ALLA CHIESA E' STATA ABOLITA LA SCHIAVITU'
Chi attacca il cristianesimo non conosce i meriti storici della Chiesa: eccone un esempio
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Il Timone
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L'INGLORIOSA FINE DELL'UDC
Pier Ferdinando Casini ammette: ''Una stagione si è chiusa'', ma non ha il coraggio di presentarsi alla resa dei conti
Autore: Rinaldo Pozzi - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana
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VENDOLIANI, GRILLINI, UAAR E CGIL INDICONO A BOLOGNA UN REFERENDUM CONTRO LA SCUOLA LIBERA
Ma chi vuole imporre l'educazione di Stato non dice che questo aumenterà di 10 volte i costi (oltre a privare della libertà di scelta i genitori)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Libertà e Persona
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IN PREPARAZIONE ALLA MARCIA PER LA VITA A ROMA
Il giorno precedente ci sarà un grande convegno che testimonia la crescente vitalità del mondo pro life italiano
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio
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OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO C - (Gv 10, 27-30)
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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ANCHE LA CORTE COSTITUZIONALE TIFA UNIONI GAY
Ben lungi da un ruolo imparziale, la corte è frutto di scelte politiche e quindi è succube di ciò che va di moda
Autore: Mario Palmaro - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-04-2013
Il legislatore deve riconoscere le unioni gay. Lo ha detto il presidente della Corte Costituzionale Franco Gallo, nella sua relazione letta alla presenza delle più alte cariche dello Stato. "La Corte – è il ragionamento di Gallo - ha escluso l'illegittimità costituzionale delle norme che limitano l'applicazione dell'istituto matrimoniale alle unioni tra uomo e donna, ma nel contempo ha affermato che due persone dello stesso sesso hanno comunque il diritto fondamentale di ottenere riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri, della loro stabile unione". Ergo, la Corte costituzionale "ha affidato al Parlamento la regolamentazione della materia nei modi e nei limiti più opportuni". E così anche il giudice delle leggi italiano entra ufficialmente nel novero dei promotori della civiltà del gender. C'era da aspettarselo, perché in fondo sono quasi quarant'anni che la Corte Costituzionale, invece che occuparsi di diritto, fa politica. Basti evocare la sciagurata sentenza numero 27 del 1975, nella quale la Corte dichiarò legale l'aborto, sostenendo che il concepito, a differenza della madre, "persona ancora deve diventare". Insomma, la Corte costituzionale entra nell'agone politico. Detta così sembra delitto di lesa maestà, ma solo il gruppo dei ritardatari – voglio dire il gruppo dei "cattolici-con-il-senso-dello-Stato" – può ancora credere che i giudici della Corte costituzionale operino come dei grandi sacerdoti della giustizia. Così doveva essere, certo, e a questo servirebbero le corti costituzionali: a decretare che il principio di maggioranza non è assoluto, e che esiste un criterio di verità – coagulato nei principi costituzionali – che non può essere derogato nemmeno dalla volontà della maggioranza. Per intenderci: se un giorno la schiacciante maggioranza degli elettori dovesse decidere che le donne brutte possono circolare solo nelle ore notturne, ecco che la Corte costituzionale dovrebbe alzarsi in coro e bocciare una simile, pur popolarissima, legge. Ma le cose non vanno affatto così. La composizione della Corte costituzionale è distillata dagli alambicchi della politica, e dunque la bevanda che ne viene fuori ha tutto il sapore aspro e sgradevole del conformismo e del politicamente corretto. Se vivessimo – poniamo – in un Paese che solo a sentir parlare di matrimoni gay provasse l'orticaria, state ben certi che il presidente Franco Gallo se ne sarebbe ben guardato dal dire quello che ha detto. Il suo discorso c'entra con la nostra Costituzione quanto la Corea del Nord merita il premio Nobel per la pace. Ma siccome l'aria che tira da qualche tempo –soprattutto sui mass media, per la verità, e nelle aule parlamentari – è quella di omologare le coppie normali con quelle omosessuali a colpi di decreto legge, beh, ecco che anche la Corte Costituzionale pensa bene di compiere il suo atto di grande coraggio, e si accoda al gregge lobbistico. Gallo ha fatto un bel cross in area, e adesso la Boldrini, il Pd e Sel in blocco, i grillini, frange del Pdl e di Scelta Civica devono solo buttare la palla in rete. Con contorno di quelli che "sì, siamo contro i matrimoni gay, però questa legge ci sta bene perché non parla di matrimonio e comunque è migliore di una peggiore". Ovviamente quella del presidente Gallo rappresenta una condotta del tutto censurabile sotto il profilo tecnico: la Corte Costituzionale, infatti, non è espressione del potere legislativo, non possiede alcun tipo di potere di iniziativa legislativa, ma deve operare come guardiano degli atti legislativi compiuti dal parlamento. Può e deve quindi cassare o non cassare leggi sottoposte alla sua attenzione, ma nessuno aveva previsto che la Corte costituzionale spiegasse al legislatore che leggi fare. Basti aggiungere che , giustamente, la Corte è un organo giurisdizionale, e i giudici non traggono la loro legittimazione dal consenso popolare, non sono eletti, ma selezionati secondo competenza. Ergo, non spetta ai giudici fare le leggi – come rappresentanti del popolo che non rappresentano – ma farle applicare. O giudicarle, come capita alla Corte costituzionale. L'importante era lanciare un messaggio forte, giovandosi della veste di (immeritata) imparzialità che la Corte porta su di sé. Lo stato secolarizzato – dopo aver desacralizzato ciò che è veramente sacro (i re e i papi) vive attraverso la sacralizzazione di ciò che sacro non è: in primo luogo la Costituzione, cha vale come la Bibbia per i cristiani; il Presidente della Repubblica che vale come un Papa; la Corte Costituzionale che vale come il Sant'Uffizio. Il guaio è che spesso i più obnubilati da questo processo di falsificazione sono proprio i cattolici e i loro giornali ufficiali. I quali, se parla il Capo dello Stato, o la Corte costituzionale, prima di innescare la marcia della critica lasciano passare giorni, mesi, talvolta anni. Oppure, impiantano delle critiche così rispettose, ma così rispettose, che sembrano degli applausi. Con il risultato che, in questo torpore delle coscienze, lo stato laico mangia ulteriore terreno ai principi non negoziabili, e buona notte ai suonatori.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-04-2013
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PAPA FRANCESCO RIBADISCE LA TOLLERANZA ZERO DI BENEDETTO XVI CONTRO LA PEDOFILIA
Noi aggiungiamo che l'80% dei pedofili è omosessuale e quindi non si vincerà mai la battaglia in difesa dei bambini se non denunciando che il rapporto omosessuale è contro natura
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 10/04/2013
Lo scorso 5 aprile le agenzie di stampa hanno riportato la notizia che Papa Francesco ha ribadito la linea di tolleranza zero di Benedetto XVI contro la pedofilia. Il tema è stato affrontato dal pontefice nell'udienza con mons. Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. In particolare, il Papa ha chiesto massima fermezza su misure di protezione dei minori, aiuto alle vittime, procedimenti contro i colpevoli e impegno delle conferenze episcopali per formulare e attuare le direttive in un campo tanto importante per la credibilità della Chiesa. Nella Lettera ai cattolici di Irlanda del 19 marzo 2010, e in molte altre dichiarazioni, Benedetto XVI si era già espresso per una linea di estremo rigore contro gli abusi del clero, sottolineando l'urgenza di una riforma morale della Chiesa. Questa posizione ha suscitato, come è logico, un immediato consenso da parte dell'opinione pubblica e dei mass-media. Per le leggi e per il sentire comune di larga parte dei Paesi occidentali, la pedofilia è considerata, come lo stupro, un infamante delitto, non però a causa dell'immoralità dell'atto in sé, ma per la violazione che questi crimini comportano dei diritti, in un caso dei bambini e nell'altro caso delle donne. L'omosessualità viene invece considerata un diritto che perfino i bambini dovrebbero essere educati a rispettare, in nome della assoluta libertà che essi avrebbero di poter scegliere il proprio "orientamento" sessuale. Nulla viene dalla natura, tutto si fonda sull'autodeterminazione dell'uomo, e l'unico peccato consiste, secondo questa logica, nell'impedire all'individuo di seguire i propri istinti e le proprie tendenze. Nella prospettiva cristiana, al contrario, esiste una legge naturale, impressa a fuoco da Dio nella coscienza di ogni uomo. La violazione di questa legge naturale e divina costituisce un grave peccato, ovvero un allontanamento dell'uomo da Dio destinato ad avere catastrofiche conseguenze. Tutti i peccati mortali infatti, secondo il Catechismo della Chiesa, se non sono seguiti dal pentimento e dalla confessione, portano l'anima all'inferno, che è il luogo di ogni sofferenza eterna, a cominciare dalla più terribile, che è la privazione di Dio. Per la morale cattolica l'omosessualità è un peccato altrettanto grave dello stupro e della pedofilia e alla pedofilia apre talvolta la strada. Il 12 aprile 2010, in una conferenza in Cile, riferendosi agli abusi imputati al clero, il Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone aveva sottolineato l'esistenza di un legame tra omosessualità e pedofilia, precisando successivamente come ciò che viene chiamato pedofilia sia più spesso "efebofilia", o "pederastia", cioè l'attrazione omosessuale non verso i bambini, ma verso gli adolescenti. Il confine tra omosessualità, efebofilia e pedofilia, è insomma labile, per quanto le lobby omosessualiste respingano con sdegno l'accostamento tra pedofilia e omosessualità. Di certo, dal punto di vista della morale cristiana, la tolleranza zero va estesa anche alla omosessualità o sodomia, termine che indica, in senso lato, l'unione sessuale tra persone dello stesso sesso e che prende il nome dalla città biblica di Sodoma che venne distrutta da Dio per la perversione morale suoi abitanti (Genesi 18, 20; 19, 12-13; 19, 24-28). Oggi, anche all'interno della Chiesa cattolica, si è diffusa una cultura relativista ed edonista ed esistono diocesi, seminari, collegi, istituti religiosi, in cui l'omosessualità, o almeno una tendenza omosessuale, è considerata come irrilevante dal punto di vista morale e pacificamente tollerata. La situazione della diocesi di Roma portata alla luce da "Corrispodenza romana" è tristemente esemplare (http://www.corrispondenzaromana.it/category/chiesa-cattolica/). Qualcuno obietta che portare alla luce i peccati di sodomia del clero può produrre scandalo, gettare fango nella Chiesa, alimentare maldicenze e giudizi temerari e dunque, anche chi sa, è opportuno che taccia. Questa politica del silenzio può avere un significato quando il peccato rappresenta un'eccezione, non certo quando esso diventa una piaga sociale. Il Catechismo della Chiesa cattolica distingue i peccati personali dalle « strutture di peccato », espressione ed effetto dei peccati personali. Esse inducono le loro vittime a commettere, a loro volta, il male e costituiscono, in senso analogico un « peccato sociale » (n. 1869). Il Catechismo precisa inoltre che abbiamo una responsabilità nei peccati commessi dagli altri, quando vi cooperiamo: a) prendendovi parte direttamente e volontariamente; b) comandandoli, consigliandoli, lodandoli o approvandoli; c) ma anche non denunciandoli o non impedendoli, quando si è tenuti a farlo; d) e proteggendo coloro che commettono il male (n. 1868). Quando ci si trova di fronte a « strutture di peccato », il silenzio non è ammissibile, ma è doveroso squarciare il velo dell'ipocrisia, testimoniare la verità, denunciare il male ovunque si annida e individuare i suoi complici, a tutti i livelli. La rettitudine, la trasparenza, la denuncia pubblica dell'immoralità non sono prerogativa di fustigatori laici della morale come Marco Travaglio e Roberto Saviano, ma spettano soprattutto ai cattolici. Nel caso della "mafia", ad esempio, esiste un reato di "favoreggiamento personale", e dunque di complicità, da parte non solo di chi collabora con i criminali, ma di chi li asseconda e, nei fatti, li favorisce. Lo stesso vale per la pedofilia. Perché la Chiesa non dovrebbe comportarsi allo stesso modo nei confronti del peccato della sodomia che alligna tra i suoi membri? L'esempio dei grandi santi riformatori, ci è di conforto. San Pier Damiani (1007-1072), nel suo celebre Liber Gomorrhanus, scritto verso il 1051 per Papa san Leone IX, denuncia tale piaga con queste parole: « Si va diffondendo dalle nostre parti un vizio così gravemente nefasto e ignominioso, che se non vi si opporrà al più presto uno zelante intervento punitore, di certo la spada dell'ira divina infierirà enormemente annientando molti. (…) Questa turpitudine viene giustamente considerato il peggiore fra i crimini, poiché sta scritto che l'onnipotente Iddio l'ebbe in odio sempre ed allo stesso modo, tanto che mentre per gli altri vizi stabilì dei freni mediante il precetto legale, questo vizio volle condannarlo con la punizione della più rigorosa vendetta. Non si può nascondere infatti che Egli distrusse le due famigerate città di Somoda e Gomorra, e tutte le zone confinanti, inviando dal cielo la pioggia di fuoco e zolfo. (…) Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti uccide il corpo, rovina l'anima, contamina la carne, estingue la luce dell'intelletto, scaccia lo Spirito Santo dal tempio dell'anima, vi introduce il demonio istigatore della lussuria, induce nell'errore, svelle in radice la verità dalla mente ingannata, prepara insidie al viatore, lo getta in un abisso, ve lo chiude per non farlo più uscire, gli apre l'Inferno, gli serra la porta del Paradiso, lo trasforma da cittadino della celeste Gerusalemme in erede dell'infernale Babilonia, da stella del cielo in paglia destinata al fuoco eterno, lo separa dalla comunione della Chiesa e lo getta nel vorace e ribollente fuoco infernale. (…) Non appena dunque uno cade in quest'abisso di estrema rovina, egli viene esiliato dalla Patria celeste, separato dal Corpo di Cristo, confutato dall'autorità della Chiesa universale, condannato dal giudizio dei santi Padri, disprezzato dagli uomini e respinto dalla comunione dei santi. (…) Come dice Mosé, 'Se c'è qualcuno che sta dalla parte di Dio, si unisca a me!' (Es. 32). Se cioè qualcuno si riconosce come soldato di Dio, si accinga con fervore a confondere questo vizio, non trascuri di annientarlo con tutte le sue forze; e dovunque lo si sarà scoperto, si scagli contro di esso per trapassarlo ed eliminarlo con la acutissime frecce della parola » (San Pier Damiani o.s.b., Liber Gomorrhanus, in Patrologia Latina, a cura di J. P. Migne, vol. 145, coll. 159-190). Cos'altro aggiungere?
Fonte: Corrispondenza Romana, 10/04/2013
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PERCHE' DARE VOCE IN TV ALLE CALUNNIE DI ALI AGCA?
Su Rete 4 l'uomo che sparò a Giovanni Paolo II ha farneticato menzogne contro la Chiesa
Autore: Maurizio Patriciello - Fonte: Avvenire, 10/03/2013
Sono andato a letto molto triste dopo la trasmissione Quarto Grado di venerdì scorso. Non mi è piaciuta. Per niente. E non perché sono un prete, ma perché continuo a sforzarmi di essere un uomo. Il programma condotto da Salvo Sottile su Rete 4, tratta di drammi che fanno accapponare la pelle. Persone scomparse, omicidi camuffati da suicidi, morti sospette e verità insabbiate. Gli ospiti, professionisti di valore, danno sempre un ottimo contributo per tentare di dipanare il mistero. Siamo tutti assetati di verità. Tutti vogliamo che il colpevole, chiunque sia, venga stanato e paghi. Tutti vorremo asciugare qualche lacrima dagli occhi di coloro che attendono giustizia. Insomma, siamo riconoscenti per il bene che la trasmissione fa nel mettersi a servizio della verità. Non c'è verità che non porti in sé un briciolo di divino, un frammento di Dio. Nella 'terra degli scomparsi' dal lontano 1983 c'è la cara Emanuela Orlandi, cittadina vaticana. La perseveranza con cui i suoi fratelli tengono accesa la fiamma dell'attenzione nell'opinione pubblica merita plauso. Venerdì si ritorna a parlare di lei. C'è, in diretta telefonica da Istanbul, nientemeno che Ali Agca, l'uomo che in piazza San Pietro attentò alla vita del beato Giovanni Paolo II. Costui avrebbe da fare rivelazioni sensazionali. E noi, uomini amanti della vita, della Chiesa, della giustizia ci facciamo attenti. Il caso Orlandi dopo 30 anni ancora sconvolge gli animi. Ha fatto e fa soffrire troppe persone. Ben venga chiunque abbia rivelazioni da fare. Sappiamo intanto che le indagini vanno avanti e che si stanno analizzando le ossa della cripta della basilica di Sant'Apollinare. Troppa fiducia abbiamo in Benedetto XVI per non credere che il suo silenzio sia stato dettato solo dal fatto che non aveva ulteriori notizie da dare. Venerdì Agca ci fa sapere che Emanuela e Mirella Gregori sono vive e sono richiuse in qualche convento di clausura. «In qualche modo – afferma – Iran e Vaticano sono complici nell'omertà». La notizia, se fosse vera, dovrebbe far saltare dalle sedie tutti gli italiani. Si nota, invece, che in studio sia Sottile che gli ospiti restano basiti. Il giudice Martella, senza giri di parole, accusa Agca di essere un millantatore e gli chiede di portare le prove di ciò che afferma. Prove che evidentemente Alì Agca non ha. Anche Alessandro Meluzzi smonta la teoria di Agca e gli ricorda che già tante altre volte ha fatto affermazioni rivelatesi bugiarde. Gli chiede poi, con insistenza, se è vero che qualche tempo fa si proclamò nientemeno che Gesù Cristo. Punto sul vivo, Agca va su tutte le furie e, dimenticando la cara Emanuela, con una mossa a sorpresa, quasi farneticando, si scaglia contro il Vaticano accusandolo di «nascondere preti pedofili». Ecco, ci siamo. L'atmosfera si fa ingestibile e il conduttore tenta di correre ai ripari. Venerdì a Quarto Grado sono state dette cose di una gravità inaudita. Si è permesso a un uomo che non merita alcuna stima e fiducia di gettare ulteriore scompiglio su una ferita che ancora brucia. Gli si è data, dagli schermi televisivi, la possibilità di calunniare la Chiesa e mortificare i cattolici senza portare alcuna prova di ciò che stava dicendo. Si è rischiato di banalizzare un dramma dolorosissimo. Mi chiedo dove sia finito il rispetto dovuto al telespettatore, alla serietà, alla verità. Mi chiedo se questo modo di informare – o meglio di disinformare – abbia fatto bene a qualcuno. Se da venerdì scorso sappiamo qualcosa in più sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. La domanda sorge spontanea: perché si è permesso tutto ciò alla vigilia del Conclave, evento di fondamentale importanza per i cattolici sparsi per il mondo? La verità, disse Gesù, vi farà liberi.
Fonte: Avvenire, 10/03/2013
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LE CONFERENZE EPISCOPALI REMANO CONTRO IL PAPA
Lungi dall'essere uno strumento che sorregge e rafforza l'azione del Papa, si mostrano sempre di più un ostacolo all'effettivo governo della Chiesa
Autore: Leandro Mariani - Fonte: Corrispondenza Romana, 27/03/2013
E se, contrariamente a quanto stabilito dall'onda mediatica, gli ostacoli più coriacei all'azione del nuovo Pontefice non sorgessero nella curia romana ma nel resto dell'Orbe cattolico? Certo, è sin troppo facile ipotizzare la resistenza della burocrazia vaticana a qualsiasi genere di riforma che ne metta in dubbio la conservazione. Ma quante burocrazie simili si trovano nel resto del mondo ecclesiale? Basta immaginare, anche solo approssimativamente, a quante sono le Conferenze Episcopali nazionali e regionali che da decenni vivono di vita propria o quasi, spesso come se Roma non esistesse. La burocrazia è sempre una brutta bestia per qualsiasi innovatore. Figuriamoci quando si manifesta in centinaia di esemplari che ormai hanno preso a funzionare al contrario rispetto al compito originario. Pensate e nate come cinghia di trasmissione del governo romano nelle più diverse regioni, le Conferenze Episcopali si sono trasformate in organismi che si permettono di dare i voti a Roma. Anzi, letteralmente, si permettono di mettere ai voti quanto stabilito da Roma. E non si parla di qualche sperduta Conferenza sperduta in qualche regione equatoriale. Basta pensare alla Conferenza Episcopale Italiana, l'unica ad avere un presidente che non viene eletto dai propri membri, ma nominato direttamente dal Papa. Una sicurezza, verrebbe da dire. Eppure, nel non lontano 2010, la Cei mise ai voti l'Istruzione della Congregazione per il Culto Divino che, su indicazione del Papa, chiedeva che nei messali nazionali venisse sostituita la traduzione «per tutti» con il più corretto «per molti» nella formula di consacrazione del Sangue di Nostro Signore là dove il testo latino recita «pro multis». Risultato: su 187 votanti, solo 11 si espressero a favore di quanto chiesto per conto del Papa. Al di là del merito, evidentemente gravissimo, in vista di quanto dovrà fare il nuovo Pontefice, non si può tacere il metodo. E se tale metodo viene adottato in Italia per una materia così delicata come la formula di consacrazione delle specie eucaristiche, viene da pensare che cosa può accadere nel resto del mondo per altre questioni, a cominciare da quelle morali. È di poco più di un mese fa la notizia che la Conferenza Episcopale Tedesca, presieduta da monsignor Robert Zoellitsch, ha espresso parere favorevole all'uso della cosiddetta pillola del giorno dopo per le donne che lo richiedano dopo essere state vittime di una violenza. Ma la resistenza a cui dovrà far fronte un'eventuale azione del nuovo Pontefice non riguarda solo le materie dei singoli casi, quanto l'origine di tale atteggiamento. Ormai le Conferenze Episcopali si sono trasformate in organismi che puntano alla propria sopravvivenza esprimendo a maggioranza una linea dalla quale non è possibile deflettere e usurpando i singoli vescovi di quella autonomia che aveva sempre caratterizzato la loro azione. Sottratto di fatto il rapporto con Roma, un vescovo finisce per adattarsi alla linea decisa in una seduta plenaria o in qualche commissione di cui magari non conosce neppure l'esistenza e il funzionamento. Tutto questo, lungi dall'essere uno strumento che sorregge e rafforza l'azione del Papa, si mostra sempre di più un ostacolo all'effettivo governo della Chiesa. Il fatto che Francesco I insista sulla sua qualità di vescovo di Roma potrà forse aiutarlo nei rapporti con la Conferenza Episcopale Italiana, di cui deve nominare il presidente. Ma viene da chiedersi se porre l'accento su questo aspetto non lo metta in una difficoltà ancora maggiore rispetto alle altre Conferenze Episcopali. A meno che, in nome e per conto della povertà francescana che pare aver improvvisamente conquistato un consenso unanime dentro e fuori la Chiesa, le Conferenze accettino di auto smantellarsi e risparmiare sul costo dei tanti uffici che mantengono. Ma arriverà a tanto il carisma di Papa Francesco?
Fonte: Corrispondenza Romana, 27/03/2013
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GRAZIE ALLA CHIESA E' STATA ABOLITA LA SCHIAVITU'
Chi attacca il cristianesimo non conosce i meriti storici della Chiesa: eccone un esempio
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Il Timone, marzo 2013 (n.121)
Secondo i media più diffusi, dovremmo attribuire al Cristianesimo la maggior parte delle sventure e delle calamità che hanno contraddistinto gli ultimi due millenni della storia occidentale e privarlo dei "meriti storici" che, almeno fino a qualche tempo fa, gli erano comunemente riconosciuti. Uno di questi è l'opera di elevazione culturale e spirituale che ha permesso all'uomo di liberarsi dalla schiavitù. Infatti, l'insegnamento evangelico ha avuto sulla società e sulla vita concreta degli antichi una notevole ricaduta, anche per quanto riguarda questa pratica di asservimento; già molto prima del Cristianesimo la schiavitù si praticava nell'Egitto dei faraoni e nell'antica Mesopotamia. Come ha documentato lo storico francese Pétré-Grenouilleau, la schiavitù era presente in modo capillare in tutta l'Africa e la Grecia, potendo tranquillamente divenire schiavi anche i bambini abbandonati «secondo una politica corrente nelle civiltà antiche». Qui, infatti, a differenza che nell'antica Roma, la schiavitù era da tutti vista come un istituto di diritto naturale. Per i Romani, invece, l'uomo non era schiavo "per natura" ma lo poteva diventare se la legge positiva l'avesse, per motivi di opportunità politica, deciso. Quindi, poiché non nasceva schiavo, a differenza che in Grecia, lo schiavo romano poteva essere liberato e ottenere la cittadinanza. Questa era la situazione del mondo pagano quando il Cristianesimo cominciò a diffondersi e a operare per superare la schiavitù contribuendo a modificare, nel giro di pochi secoli, una mentalità presente da sempre. In verità, il Nuovo Testamento non fa un cenno diretto al problema della schiavitù, perché l'insegnamento di Cristo per l'edificazione, da parte di ciascuno, di un uomo nuovo, avrebbe automaticamente fatto cadere tale indegna realtà sociale. Nella Lettera a Filemone, nella quale san Paolo intercede per lo schiavo convertito Onesimo, fuggito dal suo padrone, egli non predica al suo destinatario, Filemone, un cristiano di Colossi, la libertà del suo schiavo, ma gli ricorda i suoi doveri di umanità e raccomanda il rispetto e l'amore al precetto evangelico, che era concetto totalmente nuovo per l'antichità, della comune fratellanza e dell'uguaglianza di tutti gli uomini innanzi a Dio. I Cristiani, dal canto loro, davano il buon esempio perché, nella Chiesa primitiva, gli schiavi godevano di tutti i diritti, privilegi e facoltà degli altri fedeli liberi. Quindi partecipavano senza discriminazioni alle assemblee liturgiche e, una volta liberati, potevano anche divenire vescovi. Persine un pontefice, san Callista I, che ha regnato dal 217 al 222, portava le stimmate di schiavo fuggitivo. La Chiesa cercò di risolvere anche sul piano civile e politico il problema della schiavitù, adoperandosi in tutti i tempi per emancipare coloro che per diritto di guerra o per altri motivi erano divenuti schiavi. Così, con Costantino il Grande (274-337), non solo ottenne di far vietare il marchio a fuoco per gli schiavi ma, sempre in ossequio alle nuove idee evangeliche, lo convinse a ostacolare, con leggi contro l'infanticidio e l'abbandono e con aiuti fiscali alle famiglie bisognose (del 315 e 318), l'antica usanza dei padri romani di esporre i propri figli o di venderli, trasformandoli così in schiavi. Vi furono poi durante l'età medievale diversi concili, sia universali sia locali, che adottarono numerose misure in favore degli schiavi, come il divieto per i padroni di infliggere loro pene troppo severe (ad es., la mutuazione o la requisizione dei loro risparmi), di usare le schiave come concubine, e per imporre la necessaria liberazione dal servaggio degli schiavi divenuti monaci o preti. In questo modo la schiavitù come fenomeno di massa e con le terribili caratteristiche che aveva nel mondo pagano scomparve gradualmente, per ricomparire però all'alba dell'età moderna. Ma non per colpa dei Papi del XV e XVI secolo, come vorrebbero alcuni! Infatti, leggendo alcuni quotidiani o navigando su internet ci si imbatte in articoli e commenti nei quali si afferma che la schiavitù è stata teorizzata e legittimata dalla Chiesa con la bolla di Papa Niccolo V (1447-1455) Dum diversas del 1452. Scorrendo solo il web italiano si trovano lunghi saggi che attestano tali corbellerie come «Fu Il cristianesimo ad abolire la schiavitù?» oppure, per criticare addirittura Benedetto XVI, «Le amnesie angolane di Ratzinger a proposito di schiavismo». È vero che il passaggio fra 1400 e 1500 fu uno dei periodi più difficili per la Chiesa, perché gli Stati nazionali presero a rivendicare la massima autonomia e talvolta, con offerte e minacce più o meno dirette, cercarono di piegarla ai loro voleri. Soprattutto all'epoca della scoperta dell'America, vi furono sovrani e notabili che tentarono con tutti i mezzi di allentare il martellamento di religiosi, Papi e vescovi per il rispetto della dignità degli indigeni che vietava il ricorso al loro asservimento e lo sfruttamento delle loro terre. Ma l'opposizione della Chiesa allo schiavismo e alle disumanità, nonostante la vulgata corrente, non è mai venuta meno, soprattutto per l'azione e il Magistero dei pontefici. Si può menzionare a questo proposito anzitutto la bolla Sicut dudum di Eugenio IV del 1435, con la quale si intimava agli spagnoli giunti nelle Canarie di «riportare alla precedente condizione di libertà tutte le persone di entrambi i sessi una volta residenti delle dette isole Canarie», sotto pena di scomunica. Poi la lettera di Pio II Rubicensem, del 1492, in cui il Papa condannava il vescovo della Guinea portoghese reo di aver commesso il "magnum scelus", cioè il grande crimine, di aver fatto schiavi centinaia di neri. Infine, la bolla di Paolo III del 1537 contro la schiavitù nel Nuovo Mondo Sublimis Deus, nella quale il Papa ricordava a quanti negavano l'umanità degli indigeni, sostenendo tale tesi con la bestialità dei loro sacrifici umani e del cannibalismo, che gli «indiani in verità sono uomini autentici», e che non è lecito a nessuno privare della libertà e delle proprietà «gli stessi indiani e tutti gli altri popoli, anche se non appartenenti alla nostra religione». Ritornando alla citata Dum diversas, occorrerebbe prima di tutto inquadrarne il concetto-base di "giusta schiavitù", contestualizzandone la promulgazione. Infatti, come ha ricordato lo storico Francesco Pappalardo, tale bolla si rivolge unicamente al Re di Portogallo Alfonso V, che era allora a capo di un popolo artefice di «un'attività evangelizzatrice così intensa e feconda rispetto alla sua modesta consistenza come quello portoghese, che ha meritato da Papa Pio XII l'appellativo di "popolo crociato e missionario"». All'origine della Dum diversas vi fu quindi il riconoscimento da parte della Santa Sede del coraggioso impegno missionario dei portoghesi in tre continenti che si realizzava accordando al loro Re il possesso della costa occidentale africana e delle isole adiacenti, anche per il tributo di sangue pagato per strappare quelle terre agli islamici. I musulmani, dal canto loro, come ha riconosciuto il sociologo protestante Rodney Stark, qui «raccoglievano un gran numero di schiavi [...] presi prigionieri in battaglia o catturati dai pirati». Quello che va rimarcato con la massima chiarezza, è che la bolla di Niccolo V non costituì una "autorizzazione i generale" alla schiavitù, ma un provvedimento concesso esclusivamente al Re e all'aristocrazia portoghese del tempo per i loro meriti storici nella difesa della Chiesa e del popolo cristiano. Quello decisivo fra i documenti della Chiesa sulla schiavitù, in quanto arriva fino ai tempi attuali, è la citata bolla Sublimis Deus che, indirizzata a tutto il mondo cristiano e non a un Re o a un vescovo di una zona, ha annullato tutte le opinioni precedenti in materia, compresa quella tanto contestata ancora oggi del suo predecessore Niccolo V. Sentenziò quindi una volta per tutte Papa Paolo III: «indios veros homines esse» («gli indiani sono veri uomini»).
Nota di BastaBugie: per difendere le ragioni della fede, sono molto utili i Quaderni del Timone. Il primo della serie "La vera Chiesa è quella Cattolica", tratta un argomento classico dell’apologetica. Vengono qui offerte alcune prove per dimostrare che soltanto la Chiesa cattolica è la vera Chiesa edificata da Gesù Cristo. Ortodossi, protestanti, anglicani, valdesi e testimoni di Geova non possono fare altrettanto. Scritto con linguaggio chiaro e a tutti accessibile, il quaderno è utile per chi voglia consolidare le ragioni della sua appartenenza alla Chiesa cattolica, che ha come capo visibile il Romano Pontefice. Guarda il video di presentazione cliccando qui sotto:
http://www.youtube.com/watch?v=n3iPMwe4RbY
Fonte: Il Timone, marzo 2013 (n.121)
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L'INGLORIOSA FINE DELL'UDC
Pier Ferdinando Casini ammette: ''Una stagione si è chiusa'', ma non ha il coraggio di presentarsi alla resa dei conti
Autore: Rinaldo Pozzi - Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 09/03/2013
«Una stagione si è chiusa». Queste le parole di Pier Ferdinando Casini dopo la debacle elettorale dell'Udc (mai così male, solo l'1,8% per i postdemocristiani). Una frase letta dal fedele Rocco Buttiglione perché il leader, che prenderà comunque posto al Senato, alla resa dei conti dell'Hotel Marriott non ha voluto nemmeno presentarsi. E per zittire chi in sala iniziava a paragonarlo al Comandante Schettino la battaglia interna è stata rimandata al congresso del 27 aprile. «Peccato che l'ultimo si sia svolto ben 7 anni fa – commenta un ex di lusso come l'On. Carlo Giovanardi (Pdl), intervistato dalla Nuova BQ –. Prima di iniziare un'analisi seria, visto che parlo con voi, mi sia consentita però una battuta: Casini questa volta ha proprio perso la bussola...». QUALI SONO STATI SECONDO LEI I SUOI ERRORI? Scherzi a parte, il leader dell'Udc ha davvero perso l'orientamento politico, ha tradito cioè le ragioni per le quali il partito era nato. Nell'atto costitutivo del 2002, infatti, Ccd, Cdu e Democrazia Europea si fondevano su un progetto politico incardinato nel centrodestra e alternativo alla sinistra. Senza nessun congresso il leader ha, via via, staccato questa forza dalla sua coalizione originaria e l'ha offerta alla sinistra. Eliminando chiaramente i dissidenti. Parallelamente ha portato avanti una personalizzazione del partito su cui ha superato, a mio avviso, il tanto criticato Berlusconi. FINO AL 2008 L'UDC È STATO IL SUO PARTITO. COME VENIVA ZITTITA LA MINORANZA INTERNA? Senza congressi è impossibile qualunque minoranza. Le faccio notare un'altra cosa: come si può combattere a viso aperto uno che non è né il segretario, né il presidente? A differenza del Cavaliere, che è presidente eletto dal congresso del Pdl, Casini, infatti, non ha una carica contendibile. È ed è stato il capo assoluto di un partito che non ha mai cambiato il vertice, ma la base. Mastella, Fumagalli Carulli, Follini, Baccini, Rotondi, D'Antoni, Pionati, Cuffaro... Potrei andare avanti per ore a elencare le personalità che nel tempo hanno abbandonato un partito che oggi è formato solo da uomini "di Casini". E in questo non posso non imputare a Rocco Buttiglione delle enormi responsabilità. Non solo... C'È DELL'ALTRO? Sì, bisogna riconoscere, che ha potuto conservare questo potere perché è una persona abile e intelligente. Ma molto ha fatto anche una copertura mediatica spropositata. Dalla Rai, piena di suoi uomini, all'impero Caltagirone, fino a Famiglia Cristiana e quello che ho chiamato il "bollettino di Pier Ferdinando", cioè Avvenire. Guarda caso, non ha mai dato spazio a chi ha abbandonato quella nave. TORNANDO AI RISULTATI DELLE ULTIME ELEZIONI, L'ALLEANZA CON MONTI È STATA LA CILIEGINA FINALE? Diciamo che è stato un errore strategico fatale. Bastava un minimo di osservazione dei risultati degli ultimi 20 anni per capire che il centro oggi può contare sul 6-8% dell'elettorato italiano. Quando si sono presentati più soggetti in quell'area non hanno fatto altro che spartirsi la torta. Accadde a Ccd e Cdu, dopo l'esperienza del governo D'Alema (3% circa a testa), accadde nel 2001 con il Ccd e il Cdu assieme e con Democrazia europea che andò invece da sola. Questa volta invece la torta l'ha mangiata tutta Monti, che come Presidente del Consiglio uscente aveva molta visibilità. È stato Casini comunque a offrirgliela, perdendo poi tutti quegli elettori che avevano capito benissimo che lui e il Professore erano pronti a un governo con Bersani e Vendola. Troppo tardi per quelli come Tassone che adesso si lamentano del fatto che un partito cattolico si è schiacciato sui massoni, l'alta finanza, la borghesia tecnocratica... A QUESTO PUNTO QUALE FUTURO VEDE PER L'ULTIMO PARTITO CHE AVEVA CONSERVATO LO SCUDO CROCIATO? Nessuno. Il progetto era buono, ma è stato sacrificato alle ambizioni del leader. Ambizioni peraltro totalmente richiuse sulla sua persona. Pier Ferdinando non voleva fare il premier e cambiare il Paese. Lui è uno che sognava la presidenza di una delle due Camere o del Quirinale... È un grande dispiacere per tutti quelli che avevano creduto in un partito di ispirazione cristiana, in continuazione con la Dc, che avrebbe tra l'altro potuto cambiare il destino dell'ultima legislatura guidata da Berlusconi. Se non si fossero persi per strada, infatti, i cattolici dell'Udc sarebbero stati centrali, avrebbero ridimensionato la Lega Nord e avrebbero reso la defezione dei finiani ininfluente. Per che cosa hanno abbandonato questa strada che potevano percorrere con chi ha i loro stessi valori?
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana, 09/03/2013
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VENDOLIANI, GRILLINI, UAAR E CGIL INDICONO A BOLOGNA UN REFERENDUM CONTRO LA SCUOLA LIBERA
Ma chi vuole imporre l'educazione di Stato non dice che questo aumenterà di 10 volte i costi (oltre a privare della libertà di scelta i genitori)
Autore: Lorenzo Bertocchi - Fonte: Libertà e Persona, 04/04/2013
A Bologna è stato indetto un referendum consultivo per chiedere ai cittadini se utilizzare le risorse finanziarie del Comune per le scuole comunali e statali o per quelle paritarie private. Il prossimo 26 maggio si terrà il referendum promosso dal "comitato art. 33". Tra i sostenitori spiccano Sel e il M5S; un esponente grillino è il creatore del logo del referendum. Il comitato promotore opera per la scuola pubblica perché "forma il cittadino democratico" (sic!), difende i diritti, in particolare quelli di 300 bambini rimasti esclusi dalla scuola pubblica per carenza fondi, e quindi ritiene di porre una questione di democrazia e di partecipazione. Il presidente onorario del comitato è Stefano Rodotà, ex garante per la Privacy. Ci troviamo di fronte ad una vecchia contrapposizione tra l'interpretazione letterale del comma 3 dell'art. 33 della Costituzione, e, invece, un modo di leggerlo alla luce di altri fondamentali principi costituzionali come quelli del pluralismo scolastico ed educativo, nonché del diritto all'istruzione che implica il riconoscimento ai bambini e ai loro genitori di poter scegliere tra scuola pubblica e privata. Da non dimenticare il principio di uguaglianza che entra in gioco per eliminare eventuali ostacoli di carattere economico-sociale che si possono interporre con la libera scelta in campo educativo. Da queste semplici considerazioni si può dire che l'interpretazione letterale del comma 3 art. 33 finisce per essere ideologica. La scelta del legislatore di destinare fondi pubblici alle scuole private paritarie non è una scelta scorretta dal punto di vista costituzionale, ma è un opportunità politica. E qui parte il festival degli argomenti ideologici: si parla di privilegi per pochi eletti, di danno alla scuola pubblica dovuto alle risorse destinate a quelle private. Di fronte a queste motivazioni non vale spendersi troppo in questioni di principio, che pur ci sarebbero, ma portiamo un po' di numeri. A fronte di circa 6000 euro spesi dallo Stato per ogni alunno della scuola pubblica, ne vengono erogati circa 600 per ogni studente della scuola privata. Se lo Stato dovesse accogliere il milione di studenti che frequentano le scuole private in Italia nelle scuole pubbliche le casse si troverebbero di fronte ad un esborso insostenibile, 10 volte superiore a quello che attualmente erogano. Non ci vuole molto a capire che le scuole private rappresentano un risparmio, tutt'altro che un peso. Nel caso bolognese ci sono 27 scuole dell'Infanzia paritarie convenzionate che accolgono il 21% dei bambini e sono destinatarie del 2,8%, circa 1 milione di euro, delle complessive risorse che il comune destina alla fascia 3/6 anni. Anche in questo caso il costo pubblico sostenuto per ogni bambino che frequenta le scuole paritarie è pari a circa al 9% di quello sostenuto per un bambino accolto nelle scuole comunali. Destinando il milione di euro alle scuole pubbliche, così come vorrebbero i referendari, si potrebbero ottenere non più di 160/170 posti, mettendo a rischio però i 1.736 bambini accolti nelle scuole private paritarie. Ciò che non viene compreso da tutti i detrattori della scuola privata è che i soldi destinati alle scuole paritarie non sono soldi dati ai privati, ma soldi destinati ad un sistema scolastico integrato che si fonda su principi costituzionali e normato da leggi dello stato (L. 62/2000). Questo lo ha capito perfino il Pd bolognese che, seppur con qualche mal di pancia, muove battaglia contro i referendari per continuare a garantire l'attuale sistema scolastico pubblico-integrato. Intanto si sono formati comitati per il "no", uno di area cattolica guidato dal Prof. Stefano Zamagni e un altro di area laica guidato dall'ex preside dell'Istituto Aldini-Valeriani Giovanni Sedioli. Tutti temono l'onda lunga dei grillini che, non a caso, nel programma elettorale hanno scritto chiaramente che le risorse finanziarie dello stato devono essere erogate solo alla scuola pubblica. M5S e Sel, si trovano uniti nella battaglia con il locale Circolo UAAR (quelli che promuovono lo "sbattezzo"), vari partiti comunisti e altre associazioni, tra cui il ramo scuola della CGIL. Meditate cattolici, meditate. A proposito: il referendum costerà 500mila euro.
Fonte: Libertà e Persona, 04/04/2013
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IN PREPARAZIONE ALLA MARCIA PER LA VITA A ROMA
Il giorno precedente ci sarà un grande convegno che testimonia la crescente vitalità del mondo pro life italiano
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Il Foglio, 11/04/2013
L'11 maggio, a Roma, presso l'Ateneo pontificio Regina Apostolorum, si svolgerà un grande convegno, preliminare alla III Marcia nazionale per la vita della mattina successivo. La scelta dell'Ateneo, da parte degli organizzatori, era quasi obbligatoria: il Regina Apostolorum infatti è da sempre all'avanguardia nell'attenzione alle tematiche scientifiche in generale e a quelle bioetiche in particolare. Da anni infatti si segnala per aver istituito un master in Scienza e Fede presieduto da padre P. Rafael Pascual L.C, in cui si affrontano varie tematiche, "dalla fisica alla filosofia, dall'astronomia alla storia dei rapporti fra scienza e religione; fino ad affrontare argomenti di grande attualità come la questione dello statuto dell'embrione e le biotecnologie". Nell'ambito del master sono anche previste "ogni anno delle gite, visite o escursioni in luoghi d'interesse per le questioni riguardanti il rapporto scienza-fede, come la Specola Vaticana, il Museo di Storia della Scienza di Firenze, il Laboratorio del Gran Sasso, la meridiana a Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, la sede della Pontificia Accademia delle Scienze, ecc.". Merito di questo master è quello di affrontare tutte le tematiche più interessanti, sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista dell'attualità, promuovendo anche la riscoperta di grandi scienziati credenti. Alla fine di quest'anno, infatti, verranno affrontati il padre Cristoforo Clavio, cioè il matematico gesuita che per primo diede credito alle scoperte di Galilei sulle imperfezioni lunari, il beato Niccolò Stenone, padre della geologia, il padre Angelo Secchi, uno dei padri dell'astrofisica, il gesuita Georges Lemaître, primo teorizzatore del Big Bang... Oltre al master in Scienza e Fede, l'Ateneo si distingue per l'istituzione di un "Diploma di specializzazione in Studi Sindonici" (che affianca una bella mostra permanente sullo stesso argomento), per l'attenzione alle neuroscienze (compresi corsi esitivi di neurobioetica) e per il fatto di ospitare la prima cattedra di bioetica al mondo (2001). Tra le attività della Facoltà di Bioetica, oltre ovviamente allo studio dei principi dell'etica, della medicina e della biologia, anche l'istituzione in Nigeria di 7 facoltà "tra cui biotecnologie, economia, giurisprudenza e altre, la cui particolarità sarà l'avere 10 esami fondamentali di bioetica specifici dei campi relativi di ogni facoltà". Il convegno dell'11 maggio, di cui all'inizio dell'articolo, è stato dunque pensato all'interno delle varie iniziative collegate alla marcia per la vita, intesa come un evento che ha un suo cuore, la marcia appunto, e vari corollari: incontri sul territorio; agili opuscoli in cui si affiancano studi scientifici e testimonianze; e, appunto, una intera giornata di approfondimento. I lavori della mattina, presieduti da Filippo Boscia, presidente dei medici cattolici italiani, avranno una fisionomia più scientifica: ginecologi, neonatologi, teologi, psicoterapeuti e psichiatri, come Antonio Oriente, Pino Noia, Carlo Bellieni, Cristina del Poggetto, padre Miranda ecc. affronteranno il tema del "buon medico nei casi eticamente sensibili": infertilità, palli azione fetale, post aborto, prognosi del neonato fortemente pre termine... A conclusione della mattinata è prevista una lectio magistralis del Cardinal Carlo Caffara, che, insieme al cardinal Elio Sgreccia, rappresenta una delle voci più autorevoli nel mondo cattolico in campo morale e bioetico. Il pomeriggio si aprirà invece con una prolusione di monsignor Giampaolo Crepaldi, già segretario del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, oggi arcivescovo di Trieste e presidente dell'Osservatorio internazionale "Cardinale Van Thuán" sulla dottrina sociale della Chiesa. A seguire prenderanno la parola Sabrina Paluzzi (Il feto malformato: l'accoglienza come terapia), fondatrice dell'associazione La quercia millenaria, Enrico Masini (La Comunità papa Giovanni XXIII al servizio della vita nascente), animatore generale del Servizio Maternità difficile della Comunità papa Giovanni XXIII, Massimo Gandolfini (Cos'è l'uomo perché te ne curi? Il contributo delle neuroscienze), neurochirurgo e vice presidente nazionale di Scienza e Vita, e Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la Vita. A seguire la premiazione di alcune personalità distintesi nella promozione di una cultura della vita e i saluti di alcuni rappresentanti delle delegazioni straniere. Per i giovani, essendo prevista una loro numerosa partecipazione, vi sarà una tavola rotonda sulla vita affettiva e familiare, con Costanza Miriano, Serena Taccari, Roberto Marchesini ed Alessandra Pelagatti. Un convegno dunque, di grande valore, che testimonia la crescente vitalità del mondo pro life italiano, sempre più stimolato a muoversi, con una visione unitaria, sulle frontiere della cultura, della comunicazione, della scienza, del diritto e della carità.
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OMELIA IV DOMENICA DI PASQUA - ANNO C - (Gv 10, 27-30)
Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 21/04/2013)
Il Vangelo di oggi ci offre della parole molto consolanti, tra le più belle di tutta la Sacra Scrittura. Gesù, parlando delle sue pecorelle, ci assicura: "Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano" (Gv 10,28). Promesse grandissime. Affinché si realizzino, la condizione è quella di ascoltare la sua voce. Gesù lo dice chiaramente: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono" (GV 10,27). Dunque, se vogliamo anche noi essere pecorelle del Signore, se anche noi vogliamo appartenere al suo gregge, dobbiamo ascoltare la sua voce. Come possiamo ascoltarla? In tre modi. Prima di tutto leggendo la Sacra Scrittura. Gesù ci parla nel Vangelo. Ignorare la Scrittura significa ignorare Cristo. Sant'Antonio da Padova, per averla assiduamente meditata, conosceva a memoria più o meno tutta la Bibbia. Da parte nostra cerchiamo ogni giorno di annotarci le frasi della Scrittura che maggiormente ci colpiscono. Sarà proprio con quelle frasi che Gesù vorrà parlare al nostro cuore: cerchiamo di memorizzarle e di ruminarle continuamente dentro di noi. Ne seguiranno delle belle riflessioni che nutriranno la nostra anima. Questo è il primo e più importante modo di ascoltare la voce del Signore. Ma domandiamoci: quanti di noi hanno letto attentamente tutto il Vangelo? Forse pochi. Da oggi in poi impegniamoci di più. Inoltre dobbiamo ascoltare la Chiesa, il Papa, i vescovi. "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me". E' la chiesa a insegnarci cosa è bene e cosa è peccato, non la nostra testa. Chi disprezza il Magistero della Chiesa disprezza Gesù Cristo. Pensiamo alla morale familiare: quante critiche alla Chiesa! Ma non ascoltando la voce della Chiesa ci chiudiamo alla voce del Signore. Un altro modo è quello di ascoltare le ispirazioni interiori. Ogni cristiano si deve abituare ad un po' di tempo di meditazione quotidiana. Quando preghiamo siamo noi a parlare a Dio; quando meditiamo è Dio che parla al nostro cuore. Il momento più bello di una mamma di famiglia, una volta, era quello di alzarsi molto presto alla mattina, quando la città ancora dormiva, e di mettersi a pensare e a pregare. Erano momenti bellissimi ed era proprio grazie a quella ora di silenzio che riusciva ad affrontare il peso della giornata. Santa Gemma Galgani e Santa Teresina, quando erano bambine, amavano molto starsene in silenzio e mettersi a pensare...ed era proprio in quel silenzio che Dio parlava al loro cuore e donava loro delle celesti ispirazioni. Dobbiamo abituarci al silenzio e alla riflessione così da trovare il consiglio per ogni nostro problema. San Giuseppe Moscati, celebre medico, iniziava la sua giornata con due ore di preghiera, la Comunione e la meditazione, e dopo andava all'Università a insegnare e all'ospedale per le visite mediche. E, prima di ogni diagnosi difficile, metteva le mani in tasca e stringeva la corona del Rosario. Impariamo anche noi a organizzare la nostra giornata nel silenzio e nella preghiera. Nella prima lettura di oggi abbiamo ascoltato come i giudei non vollero ascoltare la Parola di Dio. Proprio per quella loro chiusura di cuore e per aver respinto la Parola del Signore, Paolo e Barnaba iniziarono a rivolgersi ai pagani. Il testo degli Atti degli Apostoli riporta che i pagani, nell'udire la Parola di Dio, si rallegrarono e credettero alla predicazione. A volte c'è il rischio di fare la fine di quei giudei: pur frequentando la Messa tutte le domeniche, abbiamo il cuore chiuso e non vogliamo ascoltare la voce del Signore che ci parla attraverso la voce dei legittimi Pastori. Quei giudei si opposero alla Parola di Paolo e di Barnaba; noi rischiamo di opporci alla parola del Papa, al Magistero della Chiesa. A volte capita che sono proprio i lontani ad ascoltare questa voce, proprio come avvenne per i pagani che accolsero la predicazione dei due Apostoli. Ricordiamolo sempre: in ultima analisi, il segno per vedere se stiamo veramente ascoltando la voce del Signore e non la nostra testa è quello di vedere se accogliamo con docilità l'insegnamento della Chiesa.
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