BastaBugie n�312 del 30 agosto 2013

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1 LA DITTATURA DEI GAY: RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI
Come si è arrivati a creare la casta intoccabile dei gay al potere
Autore: Giovanni Lazzaretti - Fonte: Avvenire
2 RAI E IDEOLOGIA GAY: PROVE TECNICHE DI TOTALITARISMO
A Unomattina l'avvocato Cerrelli costringe i promotori della legge sull'omofobia a dichiarare cosa vogliono davvero: far tacere chi ha opinioni contrarie alle loro e mandarlo in prigione
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 IL PAPA DE NOANTRI
Compito primario del Vicario di Cristo è convertire la gente, non essere simpatico a tutti i costi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti
4 GAY: CAMBIARE SI PUO'
Raffaele ci spiega come sta uscendo dall'omosessualità (VIDEO: il professor Joseph Nicolosi e la terapia riparativa)
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Formiche.net
5 IL CONTE DI CAGLIOSTRO: MARTIRE DELL'OSCURANTISMO CATTOLICO? FALSO
Capo incontrastato della massoneria ''egiziaca'' da lui fondata, pretendeva obbedienza cieca e totale
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: Il Tempo
6 IL CARCERE A VITA HA ANCORA SENSO
L'ergastolo non va abolito: più un delitto è grave, più chi lo compie necessita di emenda, magari un lavoro per tutta la vita
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 L'UNGHERIA ESCE DALLA CRISI ECONOMICA E CACCIA IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Il governo di Viktor Orban recupera la sovranità monetaria e mette il piede sull'acceleratore economico
Autore: Federico Campoli - Fonte: Il Giornale d'Italia
8 LA SOPPRESSIONE DEI GESUITI
Rischia di ripetersi oggi, con i Francescani dell'Immacolata, il più clamoroso autogol della storia della Chiesa
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
9 CRISTIADA: L'EPOPEA DEI CRISTEROS IN MESSICO
Può un cattolico, contro l'ingiusto aggressore, non porgere l'altra guancia, ma rispondere impugnando le armi? Sì, perché la guancia da porgere è la propria, non quella altrui...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
10 OMELIA XXII DOMENICA T. ORD. - ANNO C - (Lc 14,1.7-14)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA DITTATURA DEI GAY: RIASSUNTO PUNTATE PRECEDENTI
Come si è arrivati a creare la casta intoccabile dei gay al potere
Autore: Giovanni Lazzaretti - Fonte: Avvenire, 08/08/2013

Mia moglie e io nel 1980 formammo una famiglia, società naturale fondata sul matrimonio, così riconosciuta dalla Costituzione. Desideravamo dei figli, venendo così incontro alle necessità della società, che ha bisogno di figli per sussistere. I figli nacquero attraverso rapporti sessuali matrimoniali.
Niente di anormale, eppure la lobby gay ci ribattezzò 'eterosessuali'. La distinzione da fare è tra rapporti sessuali e omosessuali: questi ultimi sono scelte personali (una persona può avere tendenze omosessuali e non avere rapporti), sono infecondi e privi di rilevanza sociale. Ma la neolingua gay parlò di rapporti 'eterosessuali e omosessuali', come se fossero due opzioni sullo stesso piano, mentre non lo sono.
Poi si cominciò a sostituire la parola 'omosessuale' con la parola 'gay', ma omosessuale e gay non sono sinonimi. Gli omosessuali non gay sono la maggioranza: riservati, non amano il chiasso, non vanno in tv e non sfilano in piazza, non rivendicano diritti particolari. Ognuno di noi ne conosce qualcuno. Nelle nostre menti però tutti gli omosessuali si sono trasformati in militanti gay, e questo falsa il dibattito.
Poi la lobby gay inventò il 'genere'. Solo una parola da usare al posto di 'sesso'? No, un'invenzione ideologica che sostituisce i due sessi, reali e constatabili alla nascita di ognuno, con 5 o 7 opzioni di 'genere', di carattere culturale. Ma i sessi sono due; il resto sono opzioni personali, irrilevanti per la società. Poi la lobby gay inventò l'omofobia. Ha un 'suono' simile a una malattia, ma è una malattia inesistente.
Conoscete casi di persone rifiutate sul lavoro perché omosessuali? Conosco invece casi di ragazze rifiutate perché spose 'a rischio' di maternità. Persone omosessuali sono in Parlamento, ai vertici di regioni, nel mondo dell'arte, del teatro, dei media, della letteratura, della moda, nelle università e nelle scuole, hanno disponibilità di reddito superiore alla media, hanno organizzazioni nazionali: la discriminazione non esiste, anzi qualche illustre personaggio afferma che l'essere gay l'ha aiutato nella carriera.
La finta malattia detta 'omofobia' serve solo a zittire quanti contestano l'ideologia gay (si dà dell'omofobo un po' come un tempo si dava del fascista).
Non esiste discriminazione basata "sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere", mentre c'è una chiara discriminazione per la famiglia 'costituzionale'. «Ma ci sono le aggressioni ai gay!», dirà qualcuno. A parte la fumosità delle statistiche che le riguardano, le aggressioni ai gay vanno perseguite e punite come ogni altra aggressione.
Col passaggio di questa legge (che istituisce il reato di omofobia, n.d.BB), accadrà che un'aggressione a me o a voi verrà punita con meno rigore rispetto a quella a un gay. Prima o poi bisognerà usare la parola 'omocrazia'.
In un'Italia in cui si può satireggiare chiunque fino all'insulto, con l'approvazione di questa legge un militante gay non potrà essere contraddetto, nascerà così una nuova 'casta' intoccabile.

Nota di BastaBugie: per leggere il dossier con tutti gli articoli da noi pubblicati sul progetto di legge che vuole introdurre il reato di omofobia in Italia, clicca qui.

Fonte: Avvenire, 08/08/2013

2 - RAI E IDEOLOGIA GAY: PROVE TECNICHE DI TOTALITARISMO
A Unomattina l'avvocato Cerrelli costringe i promotori della legge sull'omofobia a dichiarare cosa vogliono davvero: far tacere chi ha opinioni contrarie alle loro e mandarlo in prigione
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25-08-2013

I professionisti dell'anti-omofobia – uso l'espressione nello stesso senso in cui lo scrittore Leonardo Sciascia (1921-1989) denunciava severamente i «professionisti dell'antimafia» – hanno finalmente gettato la maschera. Fino a ieri sostenevano che la legge sull'omofobia non impedisce affatto la libera espressione di opinioni sull'omosessualità, anche opposte alle loro. È bastato un piccolo granellino di sabbia in quello che credevano fosse un ingranaggio perfetto per indispettirli talmente da indurre a dire la verità. Ed è partito il contrordine compagni: la legge sull'omofobia è necessaria precisamente per impedire, brandendo la minaccia dell'azione penale e del carcere, che qualcuno esprima liberamente idee in tema di omosessualità difformi dall'omosessualismo dominante, perché queste idee sono intollerabili e pericolose.
Il granello di sabbia si è manifestato nel corso della trasmissione «Unomattina Estate» dello scorso 20 agosto, quando l'avvocato Giancarlo Cerrelli, vice-presidente dell'Unione Giuristi Cattolici Italiani, ha inflitto al portavoce del Gay Center, Fabrizio Marrazzo, quello che in gergo sportivo si chiamerebbe un cappotto. A Marrazzo, che sosteneva che una legge sull'omofobia è necessaria per impedire che i gay siano fatti oggetto di violenze e discriminazioni, Cerrelli ha replicato citando leggi e giurisprudenza in base alle quali le aggressioni e le vere discriminazioni degli omosessuali oggi in Italia sono già punite, lasciando l'attivista omosessuale letteralmente senza parole. Cerrelli lo ha incalzato elencandogli opinioni che, se liberamente espresse, sarebbero punite dalla legge sull'omofobia italiana come lo sono da analoghe leggi estere, fra cui quelle secondo cui la propria condizione è percepita come un disagio da molti omosessuali, che ricorrono alle cosiddette terapie riparative, o che l'atto omosessuale dal punto di vista morale è sempre oggettivamente disordinato, che è poi semplicemente quanto insegna il «Catechismo della Chiesa Cattolica». Anche qui, gli oppositori non hanno potuto rispondere a Cerrelli – perché non è vero – che, dopo l'approvazione della legge sull'omofobia, queste opinioni potrebbero essere liberamente e tranquillamente espresse, senza tema di manette.
Indispettite per il successo dialettico di Cerrelli nel dibattito televisivo, le organizzazioni omosessuali hanno reagito con la ormai abituale virulenza. Franco Grillini, presidente dell'Arcigay, ha scritto in una nota che «il vizietto di confondere scienza e fede o, peggio, di far passare come scientifici pregiudizi sociali o religiosi costituisce un atto di indiscutibile disonestà che se compiuto da professionisti persino iscritti all'albo vanno [sic] segnalati come abuso e perseguiti come tali». Quello che è interessante, qui, è l'invito a «perseguire» Cerrelli e il riferimento a «professionisti pesino iscritti all'albo»: ispirato dal precedente canadese che abbiamo documentato su queste colonne, Grillini sembra «consigliare» all'Ordine degli Avvocati di prendere provvedimenti contro il giurista cattolico.
Ma c'è di peggio. Sull'onda delle associazioni gay è intervenuta anche la politica. Il deputato e capogruppo di Sinistra e Libertà in Commissione Ambiente alla Camera dei Deputati, Alessandro Zan, ha pubblicato una nota chiedendo che alla Rai sia impedito d'invitare nelle sue trasmissioni «ospiti ultra cattolici e omofobi», chiedendo subito «l'intervento della Commissione Parlamentare di Vigilanza». «È impensabile – scrive Zan – che il servizio pubblico si faccia megafono di tesi, teorie e personaggi che esprimono opinioni discriminanti». Con questa nota, il caso Cerrelli – ma anche la discussione sull'omofobia – fa un salto di qualità. Per chiunque si fermi un attimo a riflettere, si tratta di una presa di posizione gravissima e totalitaria. Un esponente politico chiede alla Rai d'imbavagliare una parte in una discussione politica e culturale. Chi esprime opinioni contrarie all'ideologia dominante in tema di omosessualità dev'essere silenziato ed escluso dal dibattito.
Il cerchio si è chiuso con un intervento, di non minore gravità, di Giuseppe Luigi Palma, presidente del Consiglio Nazionale dell'Ordine degli Psicologi, il quale ha dichiarato «gravissimo che i detrattori della legge antiomofobia ripropongano, tra le altre, l'idea che […] l'orientamento omosessuale sia da modificare, contraddicendo palesemente quanto, invece, da anni sostiene la comunità scientifica internazionale che, a ragione, ha da tempo rigettato le cosiddette terapie di conversione e riparative. Affermare che l'omosessualità possa essere curata o che l'orientamento sessuale di una persona si debba modificare, come recentemente dichiarato dal vicepresidente Unione giuristi cattolici italiani, è una informazione scientificamente priva di fondamento e portatrice di un pericoloso sostegno al pregiudizio sociale ancora così fortemente radicato nella nostra società, come dimostrano, purtroppo, i sempre più diffusi fatti di cronaca. Ribadisco, se mai ce ne fosse bisogno che gli psicologi, secondo il Codice deontologico, non possono prestarsi ad alcuna 'terapia riparativa' dell'orientamento sessuale di una persona».
La posizione dell'Ordine degli Psicologi italiano sulle terapie riparative è nota, così come sono note le opinioni critiche di molti sull'Ordine degli Psicologi in genere e sulle sue frequenti prese di posizione di natura ideologica in particolare, che hanno spinto alcuni – dall'interno stesso della professione psicologica – a richiedere l'abolizione di tale Ordine. Ma anche in questo caso ora assistiamo a un salto di qualità. S'impugna il randello per picchiare sull'avversario ideologico e si chiede che a chi espone dottrine che Palma considera «pericolose» non sia dato spazio in pubblico. E se le opinioni pericolose «sostengono il pregiudizio sociale» – addirittura causano i suicidi, che è poi quanto vuole dire Palma con riferimento ai «fatti di cronaca» – non appena approvata la legge sull'omofobia queste opinioni diventeranno reati. E magari un giudice chiamerà a testimoniare qualche gerarca dell'Ordine degli Psicologi, il quale assicurerà che chiunque parli di terapie riparative è un omofobo e quindi un delinquente. Del resto, si capisce facilmente di quale natura siano i pregiudizi del suo presidente Palma considerando che alle elezioni regionali pugliesi del 2010 è stato candidato nella lista di Nichi Vendola.
All'avvocato Giancarlo Cerrelli va tutta la nostra solidarietà. In televisione, Cerrelli ha davvero combattuto la buona battaglia, costringendo i promotori della legge sull'omofobia a gettare la maschera e a rivelare che cosa pensano e che cosa vogliono davvero. Da oggi non è più lecito per nessuno, magari per quieto vivere parlamentare o per ragioni di convenienza politica, fingere di non avere capito. Lo scopo della legge sull'omofobia è far tacere chiunque si permetta di esporre opinioni contrarie all'ideologia omosessualista. Anzi, prima farlo tacere e poi espellerlo dal suo ordine professionale e mandarlo in prigione. Comunque la si pensi in materia di omosessualità, è essenziale rendersi conto che stiamo assistendo alla posa della prima pietra di quel carcere per tutti gli uomini e le donne libere che Benedetto XVI chiamava «dittatura del relativismo», e che è la versione aggiornata «gaia» dei totalitarismi del XX secolo.

Nota di BastaBugie: per leggere il dossier con tutti gli articoli da noi pubblicati sul progetto di legge che vuole introdurre il reato di omofobia in Italia, clicca qui.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25-08-2013

3 - IL PAPA DE NOANTRI
Compito primario del Vicario di Cristo è convertire la gente, non essere simpatico a tutti i costi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Antidoti, 09/08/2013

L'ultimo di luglio mandai questa "risposta" a un articolo di Feltri sul «Giornale». Ma la condanna di Berlusconi ne impedì la pubblicazione per mancanza di spazio.
IL PAPA DE NOANTRI
Caro Vittorio,
hai fatto bene, il 31 u.s., a elogiare lo stile semplice e alla mano del nuovo papa. In effetti, la tua simpatia è condivisa da un sacco di gente del Terzo Millennio. Tuttavia, la tua tirata sui «papi di prima» mi ricorda quella canzone di Luigi Tenco che faceva: «Signor curato, hai detto che la chiesa è la casa dei poveri, però l'hai rivestita di tende d'oro e marmi colorati; come fa il povero a sentirsi come a casa sua?». Nella sua demagogia marxistico-sessantottina il cantautore suicida avrebbe voluto che il povero trovasse pure in chiesa lo squallore di casa sua, così da dover tenere il muso sempre chino nel brago senza mai portarlo alzare al cielo, a quello splendore che attende nell'Altra Vita gli sfortunati di Questa e di cui lo sfarzo delle chiese era figura (segno, promessa, speranza).
Ma tu, pur non credente come ti dichiari, sei indenne dal qualunquismo materialista Anni Settanta, perciò lo sai bene che la Regina d'Inghilterra si presenta, tutt'oggi, al Parlamento con la corona (e che corona!) in testa, lo scettro, lo strascico e i paggi. E gli inglesi, che non sono certo baluba, sanno perfettamente distinguere tra l'ottantenne Elizabeth Windsor e il Capo del Commonwealth nonché della Chiesa d'Inghilterra.
Tu dirai che stiamo parlando di un regno millenario che è stato anche l'impero più vasto della storia. Sarebbe facile rispondere che la Chiesa Cattolica è bi-millenaria, e che il suo Capo è anche Pontefice, cioè ha ereditato la carica suprema che fu dell'Imperatore Romano, il che ci porta indietro di un ulteriore millennio. Ma se non ti piacciono i re e le monarchie, va a vedere nella capitale americana (una repubblica che ha solo due secoli) l'enorme affresco non a caso intitolato «Apoteosi di George Washington», opera dell'italiano Brumidi e ricoprente la volta del Capitol (i.e. Campidoglio, perché gli americani ci invidiarono fin da subito Roma e la sua storia), in cui il primo presidente statunitense (che non era neppure nobile, però vestiva come un sovrano europeo e portava una dentiera fatta coi denti di schiavi negri) è raffigurato mentre sale nell'Empireo circondato da tutte le divinità dell'Olimpo.
Tu trovi ridicole le scarpe rosse dei papi prima dell'attuale e dici che se ti presentassi in redazione con calzature del genere tutti sghignazzerebbero. Tuttavia, io stesso ho visto in redazione seri giornalisti con gli occhiali rosso magenta, alla Mughini, e pantaloni dello stesso colore, alla Lerner. Perché dovrebbero ridere solo per un paio di scarpe? Eppure dovresti saperlo che l'abito del papa ha colori simbolici: il bianco della «veste della follia», con cui Erode rivestì Cristo, il rosso della porpora di cui Gesù fu coperto (colore del sangue ma anche regale, perché Cristo è il Re dei Re). I preti vestono di nero per distinguersi come persone consacrate e i cardinali di rosso per indicare la disposizione al martirio.
Dirai che sono cose superate, cose da Medioevo, cose dei tempi in cui l'abito faceva il monaco e costituiva una «card» di presentazione (gli aderenti a una corporazione dovevano portarne l'abito, come si vede nei ritratti di Dante, che faceva lo speziale). Tuttavia, ancora oggi i militari e i poliziotti vestono un abito speciale, e così i magistrati. Perfino i commessi di McDonald's ne hanno uno, e nessuno ci trova nulla di strano. I segni e i simboli sono importanti, come non si stanca di ripetere nei suoi romanzi-bestseller planetari Dan Brown, anche se la gente non li capisce più (ma basterebbe spiegarglieli).
Per questo san Pio X dietro al letto «da papa» nell'appartamento vaticano si fece approntare un pagliericcio, nel quale effettivamente dormiva. Un altro papa santo, Pio V, sotto le vesti pontificali portava il rozzo saio francescano, che non tolse mai (potrei moltiplicare gli esempi, ma mi manca lo spazio). Però in giro si faceva portare sulla sedia gestatoria, quel palanchino che tu trovi ridicolo. Reggere il quale era un onore riservato solo ai gentiluomini più nobili di Roma, che non erano certo dei poveracci costretti alla faticata. Perfino il «predecessore d'immagine» di papa Francesco, il beato Giovanni XXIII, lo usava, con tanto di flabelli piumati attorno. Ed era il «papa buono», uno che «parla come mangia», adorato dalle folle per la sua bonomia. Tuttavia, il popolo sapeva bene che su quella sedia sopraelevata non c'era Giuseppe Roncalli, bensì il Vicario di Cristo, Cristo Re, Re dei Cieli, sì, ma anche dell'umanità pellegrina sulla terra.
Così come la gente, anche la più umile, sa bene che l'immaginetta che sta baciando è solo «figura» della Madonna, dei Santi, di Gesù. Un papa «vecchio stile», come Pio XII, non esitò a sporcarsi di sangue tra le macerie dei bombardamenti di San Lorenzo, e il popolo romano non a caso si rivolse a lui, il più ieratico dei papi, quando tutti gli altri erano scappati.
Certo, un papa «d'immagine» è quel che serve ai nostri tempi, e Francesco sembra averlo capito. Tuttavia, compito primario del Vicario di Cristo è convertire la gente, non essere simpatico a tutti i costi. A te sta simpatico, bene. Ma non mi pare che ti abbia convertito.
Comunque, la Grazia usa vie misteriose, e chissà che, tramite il «papa simpaticone», non si infili anche nel tuo cuore.

Nota di BastaBugie: per vedere gli articoli che abbiamo pubblicato fino ad oggi su Papa Francesco, clicca qui
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?testo_ricerca=papa_francesco

Fonte: Antidoti, 09/08/2013

4 - GAY: CAMBIARE SI PUO'
Raffaele ci spiega come sta uscendo dall'omosessualità (VIDEO: il professor Joseph Nicolosi e la terapia riparativa)
Autore: Giuseppe Brienza - Fonte: Formiche.net, 19 agosto 2013

Raffaele, dichiaratosi gay all'età di 18 anni, ha trovato nello studio del lavoro dello psicologo clinico Joseph Nicolosi, nella relativa introspezione e nella condivisione con famigliari e amici una nuova strada, più matura e autentica per connettersi, accogliere e trasformare quel disagio interiore inerente alla propria mascolinità, che l'aveva portato all'omosessualità. Da allora ha rifiutato l'identità gay e, nell'intervista che segue, ci descrive il suo viaggio spirituale e "riparativo".
In che modo stai uscendo dall'omosessualità?
E' stato un percorso lungo, ma che fin da subito ho sentito come profondamente mio, appartenente all'autenticità del mio essere. Ho sentito l'attrazione omosessuale fin da piccolo e attraverso le chat all'età di 18 anni ho iniziato a frequentare persone e ambienti gay, ma fin dalle prime relazioni ho compreso che c'era in me e negli altri un'immaturità che rendeva impossibile l'instaurarsi di legami sani e duraturi.
Ci puoi parlare dell'esperienza che hai vissuto nella tua famiglia di origine, magari anche per aiutare i genitori che hanno a che fare con figli con problemi di orientamento sessuale?
Tra i miei genitori c'è sempre stata una profonda conflittualità, papà era completamente scollegato emotivamente dalla famiglia e mamma dirigeva tutti come soldatini. All'inizio credevo che tutto dipendesse dall'assenza di un rapporto con mio padre, mentre successivamente ho compreso come le difficoltà della famiglia fossero da ricercare nell'intero clima emozionale. Sono emersi molti "fantasmi" di cui non si era mai parlato, ma che per 20 anni avevano creato il contesto in cui ci muovevamo. Ho scoperto che mamma aveva perso il padre a 7 anni, uno shock per lei drammatico che la portò ad essere ricoverata in ospedale, di come quell'evento la portasse ad escludermi da ogni contatto con gli aspetti negativi della realtà. Per non farmi vivere le emozioni che le ricordavano la sua difficile infanzia, mi impediva di sentire la realtà delle cose, in primis della famiglia, oltre ad escludermi dal rapporto con mio padre. Fin da bambino ho vissuto solo sul piano mentale, senza un contatto radicato con gli istinti del corpo, fondamenta dell'essere. Su questo livello la percezione di sé non ha limiti né verità, ci si può sentire di tutto: mi percepivo come mamma, una copia di lei, una femmina, e cercavo attraverso l'omosessualità un uomo che ci potesse guidare, un ragazzo in cui proiettare la mia reale identità e da amare in senso materno, un padre che potesse ricollegarmi all'essenza ecc.
Alcuni sostengono che se la società smettesse di colpevolizzare gli omosessuali essi sarebbero perfettamente felici così come sono, cosa ne pensi?
Per me è ormai evidente come le sofferenze della comunità omosessuale derivino da una realtà molto più profonda. Io stesso ho vissuto il bullismo dalle elementari fino all'ultimo anno del liceo, ovviamente questo mi ha fatto soffrire e ha impresso delle ferite. Ero un bambino e poi un ragazzino molto sensibile, introverso e intimidito dalla realtà fuori dalla casa e lontano dalla mamma, avevo più di chiunque altro necessità di essere accolto, amato e aiutato a superare quelle difficoltà nell'interagire con gli altri. L'ambiente scolastico è stato fin da subito molto feroce, mi ha giudicato e abbandonato ad aggressioni fisiche e psichiche da parte di coetanei e perfino di alcuni docenti. Tutto questo è da condannare, ma non è l'origine della sofferenza delle persone omosessuali. Per una reale comprensione sono dovuto partire da quel bambino vergognoso che si nascondeva dietro la mamma.
Cosa potrebbe fare la scuola oggi per aiutare i giovani con tendenze omosessuali?
L'ambiente scolastico è colpevole di abbandonare questi bambini in un sistema in cui non vengono sorretti e accompagnati nella crescita, ma feriti ulteriormente dai giudizi di una società che non sa fare altro che sghignazzare, giudicare o accettare passivamente. Diffondere la verità su cos'è l'omosessualità è necessario anche per portare una conoscenza maggiore nell'ambito educativo.
Quindi cos'è, esattamente, dal punto di vista psichico, l'omosessualità?
L'omosessualità è l'organizzazione di un vissuto emozionale, un meccanismo riparativo che permette di equilibrare conflitti relativi all'identità. Per me è stato chiaro come, attraverso il contatto erotico con un ragazzo, mi sentivo finalmente parte del branco, riconosciuto dal gruppo di pari dello stesso sesso. E' un meccanismo che permette alla psiche di sopravvivere, di non sprofondare nel dolore di separazione, ma nello stesso tempo non consente di andare al cuore, al nucleo del proprio essere per maturarne davvero il lutto. E' stato molto difficile accettare il fatto che per anni abbia vissuto all'interno di un'illusione, e che gli uomini che frequentavo erano tutti feriti esattamente come me, cercavamo insomma attraverso la sessualità di entrare in reale contatto.
E' vero che oggi la maggioranza degli psicologi considera normale l'omosessualità?
Oggi purtroppo la psicologia come scienza non esiste, è più che altro una mediazione tra il socialmente e il politicamente corretto: cambia idea ogni 10 anni passando da un estremo all'altro, senza il minimo di basi scientifiche. E' un ambiente in cui vendono l'ideologia di moda o più utile alla parte cosciente del paziente per procedere/incastrarsi in qualche modo nella vita. Ci sono anche psicologi seri, a cui di solito viene fatta la guerra perché non sono parte della "comunità", accusati delle peggiori cose e minacciati di essere radiati dall'albo. E' la storia di tutti i tempi!
Potresti spiegare meglio questo "percorso riparativo" di cui parli?
Lo psicologo clinico Joseph Nicolosi, fondatore dell'Associazione Nazionale per la Ricerca e la Terapia dell'Omosessualità (NARTH), afferma che l'omosessualità è un sintomo di bisogni emotivi insoddisfatti dall'infanzia, soprattutto nella relazione con il genitore dello stesso sesso. Il ragazzo ha bisogno di un legame di coinvolgimento col padre per sviluppare l'identità maschile, la ragazza di un legame emotivo con la madre per sviluppare la femminilità. E' il senso di genere che determina l'orientamento sessuale: quando un ragazzo si sente sicuro della sua mascolinità, è naturalmente attratto dalle femmine e viceversa. Sono evidenti le cause famigliari e ambientali, specialmente la classica "relazione triadica" costituita da un padre assente, distaccato o critico, da una madre iper-coinvolta, intrusiva o dominante e da un ragazzo introspettivo, esposto ad un rischio maggiore di sentirsi carente nell'identità sessuale. La terapia riparativa è un particolare tipo di psicoterapia, applicata agli individui che vogliono superare l'attrazione omosessuale. Guarda alle origini di questa condizione, aiuta il cliente a comprendersi, guidandolo nel riconsiderare gli eventi della propria infanzia, soprattutto nei termini delle relazioni primarie, e ad andare oltre a tutto ciò.

Nota di BastaBugie: è caldamente consigliata la visione della conferenza del professor Joseph Nicolosi che spiega la sua terapia riparativa per uscire dall'omosessualità

VIDEO TERAPIA RIPARATIVA (parte prima)
http://www.youtube.com/watch?v=D7FDpQtxec4


VIDEO TERAPIA RIPARATIVA (parte seconda)
http://www.youtube.com/watch?v=1YywHIuZlww


Per approfondimenti ulteriori, vai a
http://www.amicideltimone-staggia.it/it/edizioni.php?id=35

Fonte: Formiche.net, 19 agosto 2013

5 - IL CONTE DI CAGLIOSTRO: MARTIRE DELL'OSCURANTISMO CATTOLICO? FALSO
Capo incontrastato della massoneria ''egiziaca'' da lui fondata, pretendeva obbedienza cieca e totale
Autore: Angela Pellicciari - Fonte: Il Tempo, 23/08/2013

Poche sono le certezze che ci accompagnano. Fra le poche ce n'è una che spicca per il grado dell'assoluta ovvietà: l'Inquisizione è un'istituzione ecclesiastica di cui c'è solo da vergognarsi. Siccome a suo tempo l'Inquisizione ha condannato al carcere a vita Giuseppe Balsamo - detto conte di Cagliostro -, la conclusione ovvia è che certamente Cagliostro è un martire dell'oscurantismo cattolico.
E' sufficiente la notizia della condanna dell'Inquisizione per osannare Cagliostro?
Qualche anno fa, mentre scrivevo "I papi e la massoneria" (Ares, 2007), ho passato parecchio tempo all'archivio del Sant'Uffizio dove, fra gli altri, ho avuto fra le mani un interessante fascicolo riguardante proprio Cagliostro, capo incontrastato della massoneria "egiziaca" da lui fondata. Questo l'obiettivo dell'ordine: "ringiovanire e recuperare lo stato della perduta innocenza, ed un pieno dominio sopra degli Angeli". Come fare per ottenere la perfezione spirituale e l'immortalità? Se ne parla nel manuale della "Promozione De' Compagni al grado di Maestri" in cui si prevedono due quarantene. Alla fine della prima si raggiunge un potere immenso che permette ai maestri di dire: "Ego sum qui sum", mentre alla fine della seconda si vince la morte. Per farlo bisogna aspettare il plenilunio di maggio e andare in campagna in compagnia di un amico: qui bisogna sottoporsi ad una "dieta estenuante" che porta alla caduta della pelle e alla perdita dei denti, ma che, alla fine, permette di ringiovanire e di diventare fisicamente perfetti. Vale a dire immortali. Viene da domandarsi: Cagliostro ha fatto su qualcuno qualche esperimento per verificare la bontà della propria dottrina?
Con un simile bagaglio concettuale, gli affiliati alla massoneria egiziaca sono comprensibilmente vincolati ad un segreto impenetrabile e ad una rigidissima obbedienza. Al momento dell'ingresso in loggia, per esempio, gli uomini giurano tenendo una mano sopra un braciere e pronunciano la formula: "Io prometto, mi impegno e giuro di non rivelare mai li segreti, li quali mi saranno comunicati in questo tempio, e di obbedire ciecamente ai miei superiori".
L'obbedienza cieca che la massoneria ha sempre condannato imputandola ai fedeli cattolici, è esigita alla lettera all'interno della loggia. Così, per esempio, quando Cagliostro vuole che un affiliato del suo ordine sia nominato "Ambasciatore dell'Ordine rispettabile di Malta presso la Corte di Roma", si rivolge in questi termini al cardinale di Rohan: "se voi non volete nuocere a voi stesso, ed anche camminare per la vostra rovina contro il vostro modo di pensare, ed agire nella guisa, che noi ve ne abbiamo tracciata la regola, noi vi ordiniamo di risponderci ipso facto. Il che ci metterà nel caso, in virtù dell'autorità, di cui siamo rivestiti, di darvi dei regolamenti saggi, e perfetti, di farvi sapere le nostre intenzioni, e li voleri della Provvidenza Divina".
E se un principe di Santa Romana Chiesa non obbedisce ad un ordine dato, all'apparenza, da un signor nessuno? "E se voi disobbedirete alli nostri ordini, non tarderete a riceverne il castigo. Sarete sottoposto alla pena, che soffrirono li nostri nemici. In una parola ve ne pentirete per sempre". Detto in parole povere: se Rohan disobbedisce, Rohan è un uomo morto. Proprio come, ricorda Cagliostro, è successo a quanti si sono opposti alla "nostra" volontà.
Si è tornati a parlare di Cagliostro per un fatterello di cronaca: un prete di San Leo, il paesino nelle cui prigioni Cagliostro è morto, si è rifiutato di dire messa durante una tre giorni organizzata in memoria del martire della crudeltà pontificia. Buona notizia. Si vede che, ogni tanto, c'è qualcuno che ha smesso di credere alle favole.

Fonte: Il Tempo, 23/08/2013

6 - IL CARCERE A VITA HA ANCORA SENSO
L'ergastolo non va abolito: più un delitto è grave, più chi lo compie necessita di emenda, magari un lavoro per tutta la vita
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/07/2013

"Tutti portiamo in noi il nostro ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni". E' Albert Camus a scriverlo in L'uomo in rivolta. Gli errori, le nefandezze, le malvagità gratuite, le meschinerie le paghiamo tutte e all'istante nel foro della nostra coscienza, vuole dirci Camus, posto che la coscienza sia retta ovviamente. Lì viene emesso un verdetto di colpevolezza per il male commesso e sempre lì viene comminata una pena – il cosiddetto rimorso di coscienza – immediatamente esecutiva. Pena che poi chiede soddisfazione attraverso il compimento di atti buoni o tramite l'offerta delle proprie sofferenza in riparazione del danno commesso. E quella voce interiore che riprova in continuazione non cesserà di sussurrare o gridare il male commesso per rammentarcelo finchè appunto tale male si sarà dissolto in un'azione davvero assolutoria che donerà di nuovo quiete allo spirito.
Tanto più l'uomo si fa spregevole compiendo il male tanto più la pena interiore della coscienza sarà severa. Una sanzione che per i delitti più gravi, ci suggerisce Camus, assomiglierà ad un vero e proprio ergastolo dell'anima. Ma se questa può essere la condizione interiore dell'assassino, dello stupratore, del tiranno sterminatore di popoli è giusto che tale intima condizione trovi un suo omologo anche all'esterno, nelle leggi degli uomini? In altre parole, ha ancora senso la pena detentiva dell'ergastolo ai giorni nostri? La risposta pensiamo che possa essere affermativa.
Innanzitutto il "fine pena mai" risponde ai tre fini classici della sanzione penale. In primis lo scopo retributivo: riparare al volto della giustizia deturpato dall'atto criminale. La pena chiede di essere commisurata al male commesso: più questo è grave più la risposta sanzionatoria dello Stato sarà severa. E' la qualità dell'illecito, insieme ad altre variabili, che determina la qualità della pena. Questo proprio perché più il vulnus alla giustizia è stato esteso e profondo, più estesa e profonda dovrà essere la sanzione per ricucire lo strappo inferto al bene. E' questione di proporzioni. E dunque ad esempio a chi ha tolto un vita occorrerà comminare una sanzione che rispecchi la gravità dell'atto commesso. Chi in radice contraddice un bene fondamentale della persona merita una pena altrettanto radicale. Il "per sempre" dell'ergastolo è il riverbero giuridico della negazione assoluta espressa dalla condotta delittuosa.
In secondo luogo l'ergastolo senza dubbio ha una potenziale efficacia di deterrenza nei confronti dei consociati. Se su un versante è quanto mai evidente che vi sono criminali i quali si sono macchiati di orrendi delitti anche se ben consci che potevano finire dietro alle sbarre per sempre, su altro versante non si può escludere a priori che altri aspiranti rei si sono astenuti dal compiere il male per paura di questa sanzione così grave. Senza tener conto poi che l'efficacia dell'elemento di intimidazione della pena risiede non tanto nella previsione contenuta nei codici della sanzione stessa, cioè nella sua esistenza cartacea, bensì nella reale irrogazione della pena, aspetto più teorico che pratico da noi in Italia. Altrimenti l'antifona che rischia di passare è la seguente: "Delinqui pure, tanto il carcere a vita non c'è più".
L'obiezione che si solleva in merito all'ergastolo riguarda il più delle volte il fine rieducativo di una simile detenzione. Si argomenta più o meno così: permettere ad un condannato di lasciare il carcere solo dentro una bara non consentirà a questa persona di rifarsi una vita. L'obiezione è mal fondata e risente di una torsione, se non perversione, del fine rieducativo della pena. Secondo una prospettiva illuminista e poi comunista la sanzione doveva servire sì per la rieducazione del reo, ma intesa nel senso di "reinserimento sociale", cioè allineamento agli standard comportamentali vigenti e legali. Il fine pedagogico, cosiddetta teoria dell'emenda che si incardina su un'antropologia fondata su una morale naturale ed oggettiva, viene sostituito dalla riabilitazione sociale, più centrata sull'obiettivo della mera assenza dei conflitti sociali, un obiettivo di basso profilo a dire il vero. Forse è su questa linea che si è mossa la Corte Europea dei diritti dell'uomo la quale in una sentenza del 9 luglio scorso ha stabilito che l'ergastolo, senza possibilità che questo si tramuti mai in una scarcerazione o nel caso di impossibilità di revisione del processo, è una violazione dei diritti umani.
Anche oggi nel nostro ordinamento giuridico parlare di fine pedagogico della pena sa di inappropriato moralismo tipico di uno Stato etico, a maggior ragione se ci riferiamo all'ergastolo. Invece uno degli elementi di efficacia della sanzione è la riconquista da parte del condannato di quella parte di umanità andata persa con il delitto. Esiste per paradosso quindi un vero e proprio diritto alla pena da parte del colpevole perché tramite la sanzione egli si può emendare. L'ergastolo che ci portiamo in noi, per rifarci ancora a Camus, chiede che si concreti nella rispettiva condizione reale. Il "fine pena mai" non aggiunge ad un male compiuto dal criminale un altro male compiuto dallo Stato per vendetta. Non è contro l'uomo il carcere a vita, ma per l'uomo. In questa prospettiva il quantum della pena non nasce, o non dovrebbe nascere, solo dalla valutazione della gravità del delitto, ma anche dalla considerazione che più un delitto è grave più chi lo ha commesso necessita di emenda. E dunque l'ergastolo si attaglia al reo che avendo compiuto atti efferatissimi ha di fronte a sé di necessità una lunga strada per tornare ad essere pienamente uomo. Un lavoro su di sé lungo tutta una vita. Più il malato è grave più ha bisogno di una cura altrettanto robusta. E se il malato è cronico la terapia lo seguirà per tutta la sua esistenza.
La pena, proprio nel suo significato primigenio di "sofferenza", è dunque strumento prezioso per ricostruire la dignità della persona negata dal volontario atto criminoso. E si può tornare ad essere uomini anche in carcere - posto che questo luogo sia davvero un luogo per il recupero del reo e non per il suo abbrutimento - anche quando il carcere è a vita. Anzi: il ritorno al bene e alla virtù di necessità deve compiersi prima dentro – dentro sé e dentro il carcere – altrimenti vivere da uomini liberi oltre le mura del penitenziario non ha senso. Però nel caso dell'ergastolo, una volta verificato che il recluso si è emendato, il carcere a vita non ha più senso di esistere avendo ormai soddisfatto il suo fine. E dunque per il reo si possono aprire le strade o della libertà o di altre pene minori. Ciò deve essere permesso anche nella consapevolezza che nessun uomo – neppure il mafioso pluriomicida, né il serial killer più sanguinario – si può ridurre alla sua colpa e dunque alla sua pena. L'uomo è chiamato per virtù propria e per grazia di Dio ad andare oltre ai propri errori. La pena quindi non deve essere l'ultima parola sulla persona che ha sbagliato. Negarlo sarebbe scadere nel determinismo più pessimista: tu sei un criminale e mai cambierai.
Senza dubbio comunque l'ergastolo esplica anche una sua funzione sociale, di beneficio quindi della intera collettività. Infatti ad esempio tiene separato il criminale dal consesso sociale, è di monito come abbiamo accennato a quanti vogliono delinquere e quindi esplica una funzione anche di garanzia e tutela della vita civile. Per il credente infine l'ergastolo richiama l'inferno, il luogo dove realmente la pena non avrà mai fine. In questo caso l'ergastolo ricorda uno dei Novissimi, lo mima in un certo modo su questa terra e inoltre offre al reo la possibilità di scampare alla pena infinita dell'aldilà perché ha scontato nell'aldiquà un pena non infinita seppur vitalizia. Uno strumento quindi di salvezza.
Detto ciò, come ricorda Tommaso D'Aquino nella Somma teologica, chi ha peccato deve pagare, ma il quantum della pena può stabilirlo solo il legislatore. Questo a dire che se da una parte l'ergastolo ha una sua ragion d'essere ciò non significa dall'altra che questo strumento deve essere sempre presente nei codici penali di tutte le nazioni. In casi eccezionali può essere anche sostituito con pene detentive assai lunghe. E' il caso recente del Motu Proprio di Papa Francesco dal titolo "Sulla giurisdizione degli organi giudiziari dello stato della città del vaticano" dell'11 luglio scorso in cui, tra le altre modifiche, viene abolita la pena dell'ergastolo e sostituita con la reclusione da 30 a 35 anni. Una decisione motivata forse dall'esiguità, vicina allo zero, di reati gravissimi compiuti sul suolo dello Stato della Città del Vaticano e soprattutto dal desiderio di ricordare che la misericordia è la vera medicina di cui ha bisogno il reo. Un gesto che quindi non chiede di essere imitato da quegli ordinamenti giuridici complessi che regolano la vita di società altrettanto complesse dove l'ergastolo ha una sua ragionevolezza e necessità, ma vuole rimandare ai valori alti del cristianesimo che dovrebbero animare tutti i consessi civili.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/07/2013

7 - L'UNGHERIA ESCE DALLA CRISI ECONOMICA E CACCIA IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE
Il governo di Viktor Orban recupera la sovranità monetaria e mette il piede sull'acceleratore economico
Autore: Federico Campoli - Fonte: Il Giornale d'Italia, 17/08/2013

E' stato oggetto dei più violenti attacchi da parte di tutta Europa. E' stato chiamato dittatore, illiberale, fascista, razzista, anti-democratico. Avevano detto che le ricette per il suo Paese avrebbero portato l'Ungheria al disastro. Viktor Orban, però, non si è mai arreso. Negli ultimi tempi, il premier magiaro ha affrontato apertamente il Consiglio Europeo, rispondendo ad alcune delle tante accuse che gli erano state mosse. Poi, ha avviato i procedimenti per cacciare il Fondo Monetario Internazionale dal Paese. Una mossa che ha lasciato interdetti gli eurocrati, che già sghignazzavano all'idea di un'Ungheria che non sarebbe riuscita a colmare il suo debito nei confronti dell'Ue e del Fmi. Invece, a sorpresa, Budapest ha riconsegnato i 20 miliardi di euro, avuti nel 2008. Tre giorni fa, infatti, è stata pagata l'ultima rata da 2,5 miliardi. E lo ha fatto con un anno di anticipo. Il governatore della Banca Centrale Magiara, Gyorgy Matolcsy, aveva già annunciato questa mossa esattamente un mese fa. Ora, la presenza del Fmi "non è più utile all'economia ungherese" dichiara. Perciò può levare le tende. Una vittoria per il governo di centro-destra. Ma i buoni risultati ottenuti dal Fidesz non finiscono qui. Un altro successo consiste nell'abbassamento del tasso di disoccupazione. Già nel 2012, il livello dei senza lavoro era passato dal 10,9% al 10,3%. L'Italia si barcamena attorno al 12, mentre la media europea non riesce a scendere sotto l'11. Eppure, per qualche strana ragione, il governo guidato dal partito di centro-destra, Fidesz, di ispirazione cattolica e nazionalpopolare, è stato fortemente criticato dalla stampa per "l'alto tasso di disoccupazione" e per il grande numero dei "cervelli in fuga". Sarà, forse, perché si è sempre rifiutato di seguire i diktat "salvifici" dell'Unione Europea. In ogni caso, non solo l'Ungheria ha ripagato il suo debito, ma si classifica anche tra i paesi fuori dalla zona recessione. Bisogna, poi, tenere presente che Matolcsy è uomo di Orban e quando è stato messo alla dirigenza della BCM tutti i media e le istituzioni dell'Ue hanno aperto un fuoco mediatico sul governo di Budapest, per via della nazionalizzazione della Banca Centrale.
"La Repubblica", quotidiano da sempre oppositore di Viktor Orban, proprio non ci sta e evidenzia come qualcuno susciti dubbi sulla provenienza del denaro restituito al Fmi. In effetti, sorge spontanea la domanda su come sia stata possibile questa crescita inaspettata. Le risposte sono molteplici. Si potrebbe dire che la "statalizzazione soft" della Banca Centrale Magiara abbia contribuito molto a quanto pare. Matolcsy, infatti, è uomo di Orban e quando è stato messo alla dirigenza della BCM tutti i media e le istituzioni dell'Ue hanno aperto un fuoco mediatico sul governo di Budapest. Senza parlare, poi, della sovranità monetaria (in Ungheria la moneta avente corso legale è il fiorino). Poi ci sono quelle mosse che vanno proprio controtendenza. Mentre l'Italia si prostra per ottenere investimenti esteri, Budapest ha fatto tutto il contrario. Ad esempio, ha impedito l'acquisto di terreni agricoli da parte degli stranieri, così da tenere lontani gli speculatori. In pratica, solo gli ungheresi adesso hanno diritto a coltivare la propria terra. Inoltre, il governo ha stanziato 80 milioni di euro in favore delle aziende agricole. Il che ha favorito l'export di frutta e ortaggi, che rappresenta circa la metà dell'intero settore delle esportazioni del Paese. Queste politiche, si presuppone che porteranno alla creazione di altri 100mila posti di lavoro. Ma l'agricoltura non è il solo punto forte dell'economia magiara. Anche la tassa sulle compagnie energetiche, la Robin Tax, si classifica come uno dei principali motivi della ripresa ungherese. In pratica, questa tassa ha permesso la ridistribuzione delle ricchezze fra i cittadini, favorendo anche i prestiti alle imprese. E come se non bastasse, Budapest ha stanziato altri 250 miliardi di fiorini alle banche, che però dovranno concedere a loro volta in prestito a tasso zero. E altrettanti miliardi sono poi stati depositati in un fondo che aiuterà le aziende ungheresi a convertire i loro debiti dalla valuta estera in fiorini. Insomma, nonostante le parole infuocate di Bruxelles contro Budapest, nonostante le "infallibili" ricette della troika, bisogna riconoscere che il nazionalismo, effettivamente, paga.

Nota di BastaBugie: per approfondire il tema dell'articolo si può leggere anche il seguente.

L'UNGHERIA APPROVA LA NUOVA COSTITUZIONE CHE FINALMENTE SOSTITUISCE QUELLA STALINISTA: MA IL CORRIERE DELLA SERA (CON I BUROCRATI EUROPEI) SCATENA IL PEGGIOR ODIO IDEOLOGICO
La verità è che si vuole punire gli ungheresi perché nella nuova costituzione hanno osato evocare le loro radici cristiane (e questo in Europa non è consentito!)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1725

DOSSIER "VIKTOR ORBAN"
Chi è il presidente dell'Ungheria

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Fonte: Il Giornale d'Italia, 17/08/2013

8 - LA SOPPRESSIONE DEI GESUITI
Rischia di ripetersi oggi, con i Francescani dell'Immacolata, il più clamoroso autogol della storia della Chiesa
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 27 agosto 2013

«Sint ut sunt aut non sint» (siano come sono, o non siano) è una frase che secondo alcuni storici sarebbe stata pronunciata dal preposito generale dei Gesuiti Lorenzo Ricci, di fronte alla proposta di "riformare" la Compagnia di Gesù, accomodandola alle esigenze del mondo. Si era nella seconda metà del XVIII secolo e i Gesuiti rappresentavano il baluardo contro cui si infrangevano gli attacchi dei nemici esterni ed interni alla Chiesa. I nemici esterni erano capeggiati dal "parti philosophique" illuminista, quelli interni erano frastagliati in correnti ereticali che, sotto il nome di gallicanesimo, giurisdizionalismo, regalismo, febronianesimo, pretendevano di piegare la Chiesa ai voleri degli Stati assoluti.
I Gesuiti, fondati da sant'Ignazio di Loyola, difendevano con vigore il primato del Romano Pontefice, a cui erano legati da un quarto voto di obbedienza. I sovrani assoluti, influenzati dalle idee illuministiche, avevano iniziato ad espellere i Gesuiti dai loro regni, accusandoli di pervertire l'ordine sociale. Ciò però non bastava. Occorreva trasformare dall'interno la Compagnia, ma poiché il generale dei Gesuiti si opponeva, non restava che sopprimerla, e solo un Papa poteva farlo.
L'occasione si presentò alla morte di Clemente XIII, il 2 febbraio 1769. Lo storico Ludwig von Pastor, nel XVI volume della sua Storia dei Papi (tr. it. Desclée, Roma 1943), descrive con ricchezza di documentazione le manovre che si svolsero prima, durante e dopo il Conclave che, dopo ben 3 mesi e 179 votazioni, vide, il 14 maggio, l'elezione del francescano Lorenzo Ganganelli, con il nome di Clemente XIV. Il nuovo Papa fu eletto a condizione che abolisse la Compagnia di Gesù. Pur non mettendo per iscritto una promessa formale, che avrebbe comportato la simonia, il cardinale Ganganelli prese questo impegno con gli ambasciatori delle Corti borboniche. Lo Spirito Santo non mancò di assistere il Conclave, ma la corrispondenza alla grazia divina dei cardinali non fu certo adeguata, se la loro scelta si appuntò su un prelato che Pastor definisce «un carattere debole e ambizioso, che aspirava alla tiara» (op. cit. p. 66).
Il 21 luglio 1773, con il Breve Dominus ac Redemptor, papa Clemente XIV soppresse la Compagnia di Gesù, che all'epoca contava circa 23.000 membri in 42 province. «Questo Breve del 21 luglio 1773 – scrive Pastor – rappresenta la vittoria più manifesta dell'illuminismo e dell'assolutismo regio sulla Chiesa e sul suo Capo» (p. 223). Il padre Lorenzo Ricci, venne incarcerato in Castel Sant'Angelo, dove morì il 24 novembre 1775. Clemente XIV, lo precedette nella tomba il 22 settembre 1774, un anno dopo la dissoluzione dell'ordine. La Compagnia venne dispersa, ma sopravvisse in Russia, dove la zarina Caterina II rifiutò di dare l'exequatur al breve di soppressione. I Gesuiti della Russia Bianca furono accusati di disobbedienza e ribellione al Papa, ma assicurarono la continuità storica dell'ordine, mentre in altre nazioni ex-Gesuiti promuovevano, nello spirito ignaziano, nuove congregazioni religiose.
Nel 1789 scoppiò la Rivoluzione francese e si aprì per la Chiesa un'epoca drammatica, che vide l'invasione giacobina della città di Roma e la deportazione dei due successori di Clemente XIV: Pio VI e Pio VII. La resistenza alla Rivoluzione fu assicurata in questo periodo soprattutto da un'associazione segreta, le "Amicizie cristiane", fondate a Torino dall'ex-gesuita svizzero Nikolaus Albert von Diessbach.
Dopo quarant'anni, finalmente, con la costituzione Sollicitudo omnium ecclesiarumdel 7 agosto 1814, Pio VII revocò il Breve del 21 luglio 1773 e dispose la completa ricostituzione della Compagnia di Gesù in tutto il mondo, «sembrandogli grave colpa innanzi a Dio se in un tempo così calamitoso avesse sottratto più oltre alla nave della Chiesa quei validi ed esperti rematori» (Pastor, op. cit., p. 421).
Un Papa francescano, Clemente XIV, soppresse i Gesuiti, nel 1773. Sarà il gesuita papa Francesco a sopprimere o, peggio ancora, a "riformare", un Istituto francescano nel 2013? I Francescani dell'Immacolata, non hanno il passato di gloria dei Gesuiti, ma il loro caso presenta qualche analogia con quello della Compagnia di sant'Ignazio, e rappresenta soprattutto una sintomatica espressione della profonda crisi in cui si dibatte oggi la Chiesa cattolica.
Fondati dal padre Stefano Maria Manelli nel 1970, i Francescani dell'Immacolata conducono vita evangelica e penitente, e si sono contraddistinti, fin dall'origine per il loro attaccamento alla morale e alla fede tradizionale. Il Motu proprio con cui Benedetto XVI ha restituito piena cittadinanza al Rito romano antico ha rappresentato per essi la possibilità di vivere, anche sul piano liturgico, questo amore alla Tradizione. Padre Manelli non ha mai imposto il Vetus Ordo, ma lo ha suggerito ai suoi Frati, le cui ordinazioni sacerdotali negli ultimi anni sono state fatte da eminenti principi della Chiesa nella linea della "riforma nella continuità" di Benedetto XVI.
Dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e per le Società di Vita Apostolica (CIVCSVA), oggi presieduta dal cardinale João Braz de Aviz, dipendono congregazioni, maschili e femminili, che hanno abbandonato, in tutto o in parte, l'abito religioso e che vivono nella rilassatezza morale e nel relativismo dottrinale, senza nessun richiamo da parte delle autorità competenti. I Francescani dell'Immacolata rappresentano una pietra di contraddizione, che spiega il desiderio della CIVCSVA di "normalizzarli", ossia di riallineare la loro vita religiosa agli standard vigenti. La presenza di un piccolo nucleo di Frati "dissidenti" ha offerto alla Congregazione l'occasione per intervenire, con l'invio di un Visitatore, mons. Vito Angelo Todisco, il 5 luglio 2012. Sulla sola base di un capzioso questionario inviato ai Frati da mons. Todisco, senza incontrarli personalmente, la CIVCSVA ha disposto, il 21 luglio 2013, il commissariamento dell'Istituto, con un Decreto che contiene un'interdizione, assolutamente illegittima, di celebrare la Messa tradizionale.
Nei prossimi giorni e settimane conosceremo meglio il piano del Commissario, Fidenzio Volpi, di cui però si possono già intuire le grandi linee: isolare il Fondatore, padre Manelli; decapitare il Consiglio a lui fedele; trasferire in periferia i Frati "tradizionali" e attribuire il governo centrale dell'Istituto ai dissidenti; affidare le case di formazione a Padri non sospetti di simpatie "tradizionaliste"; sterilizzare le pubblicazioni dei Francescani che affrontano temi "controversi"; in particolare, evitare il "massimalismo" mariologico, l'eccessiva "rigidità" in campo morale, e soprattutto ogni critica, sia pur rispettosa, al Concilio Vaticano II; aprire l'Istituto al "dialogo ecumenico" con le altre religioni; limitare la celebrazione del Vetus Ordo a situazioni eccezionali; snaturare insomma l'identità dei Francescani dell'Immacolata, che è cosa peggiore del sopprimerli.
Se questa deve essere la "riforma", c'è da augurarsi una separazione tra le due anime che attualmente convivono all' interno dei Francescani dell'Immacolata: da una parte i Frati che interpretano il Concilio Vaticano II alla luce della Tradizione della Chiesa e che in questo spirito hanno riscoperto il rito Romano antico, in tutta la sua verità e bellezza; dall'altra parte coloro che reinterpretano il carisma del loro Istituto alla luce del progressismo postconciliare. La cosa peggiore è la confusione e la crisi di identità. E oggi, il garante dell'identità dei Francescani dell'Immacolata, non può che essere il loro fondatore, padre Stefano Maria Manelli, su cui pesa la responsabilità delle decisioni ultime. L'unico che può ripetere, come è già accaduto nella storia: Sint ut sunt aut non sint.

Fonte: Corrispondenza Romana, 27 agosto 2013

9 - CRISTIADA: L'EPOPEA DEI CRISTEROS IN MESSICO
Può un cattolico, contro l'ingiusto aggressore, non porgere l'altra guancia, ma rispondere impugnando le armi? Sì, perché la guancia da porgere è la propria, non quella altrui...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/07/2013

Può un cattolico, in certe circostanze, non porgere l'altra guancia ma rispondere con la forza? Addirittura, impugnando le armi? La risposta è sì, perché la guancia da porgere è la propria, non quella altrui. La parola chiave è «difesa». Contro l'ingiusto aggressore. Un padre ha il dovere di difendere i suoi piccoli. Lo stesso vale per il poliziotto e il soldato nei confronti di quelli che è chiamato a proteggere. Ma allora, si obietterà, perché i martiri antichi non si difesero? Perché contro l'impero romano sarebbe stato un suicidio, che al cristiano è vietato. Ma se un potere tirannico intende, per esempio, cancellare il cristianesimo con la forza, allora, se c'è una concreta possibilità di successo, ai cristiani è lecita la resistenza. Naturalmente, le armi sono l'ultima opzione. Così, dunque, fecero i cattolici messicani nel 1925.
Le continue rivoluzioni, con l'interessato appoggio degli Usa, che avevano squassato il Messico fin dall'indipendenza dalla Spagna e poi da Massimiliano d'Austria, erano culminate nel 1917 in una Costituzione ossessivamente laicista, la cui ideologia massonico-leninista intendeva "modernizzare" il Paese liberandolo dalla «superstizione». Cioè, dal suo retaggio cattolico. Finché al potere ci fu Porfirio Diaz la Costituzione rimase di fatto inapplicata, anche perché la morte della moglie del dittatore provocò in lui una tardiva ma sincera conversione alla fede. Scomparso lui, però, salì al potere Plutarco Elias Calles, un fanatico robespierriano che espulse preti e vescovi che si opponevano al progetto di una «chiesa nazionale» scissa da Roma e agli ordini del solo governo. Seguirono le solite misure: abolizione degli ordini religiosi, confische, divieto di ogni attività per i cattolici. Sordo a ogni offerta di compromesso, Calles procedette ad arresti ed esecuzioni.
I vescovi messicani, consultatisi col papa Pio XI, chiusero le chiese in segno di protesta. La parola passò al laicato, che in Messico era tutt'altro che «arretrato» e «superstizioso». Anzi, applicando la Rerum novarum, aveva dato vita a sindacati, patronati operai, scuole, laboratori, previdenza e casse mutue. E il laicato cattolico mise in atto una forma di protesta estrema: il boicottaggio economico dei prodotti governativi (tabacchi, ferrovie, banche, teatri…). La risposta di Calles fu semplicemente feroce e la fede fu costretta alla clandestinità. E la parola passò alle armi. I cattolici misero in piedi un esercito regolare forte di cinquantamila uomini, addestrati e inquadrati da generali professionisti. Nel 1926 scoppiò l'insurrezione al grido di «Viva Cristo Re!», la cui festa era stata istituita dal papa l'anno prima. La guerra «cristera», in nome della libertà religiosa, durò fino al 1929 e vide i «cristeros» largamente vittoriosi sui governativi, i quali si ritrovarono a controllare praticamente solo il Nord. Poiché i «cristeros» avevano l'appoggio plateale del popolo, Calles si vide costretto a rivolgersi agli Usa per armi e aiuti logistici (in cambio di concessioni petrolifere).
Quantunque i governativi non facessero prigionieri e non esitassero a sterminare donne e bambini (la Chiesa ha beatificato molti di questi martiri), l'esercito «cristero» aveva serie possibilità di vittoria finale. Il papa intervenne con ben tre encicliche sul caso messicano, e il Vaticano si adoperò in tutti i modi presso la diplomazia internazionale. Così, con la mediazione dell'ambasciatore americano, nel 1929 il furbo Calles accettò di firmare un compromesso con i vescovi messicani, i cosiddetti «Arreglos». I vescovi a quel punto ordinarono ai «cristeros» di deporre le armi e quelli obbedirono. Fu un tragico errore perché Calles non mantenne alcun impegno. Anzi, nei dieci anni seguenti furono silenziosamente eliminati tutti quelli che avevano partecipato alla guerra da parte cattolica. E per mezzo secolo sul Messico si stese la cappa della laicizzazione forzata. Solo nel 1979 un papa poté metterci piede, e in forma privata: Giovanni Paolo II, che fu accolto come «signor Wojtyla». Là era vietato ai preti perfino di portare l'abito.
Tutta questa vicenda è stata silenziata dalla storia fino all'anno scorso, quando un film hollywoodiano, Cristiada, l'ha riportata alla luce. Quantunque sia un kolossal interpretato da calibri come Andy Garcia, Peter O'Toole e Eva Longoria, da noi non è mai stato distribuito (circola solo, «pirata», su internet, sottotitolato), e presumibilmente mai lo sarà. E anche se lo fosse, da noi sarebbe un flop come 11 settembre 1683 di Renzo Martinelli, per i motivi che abbiamo lamentato a suo tempo su queste stesse colonne: nemmeno i cattolici, ormai, guardano i film che parlano di loro se nessuno li informa. Ma quelli che leggono La Nuova Bussola Quotidiana non sono come gli altri, perciò è bene sappiano che qualcuno la storia dei «cristeros» l'ha raccontata: Mario A. Iannaccone, in un documentatissimo volume edito da Lindau; Cristiada. L'epopea dei cristeros in Messico. La Cristiada costò ai cattolici messicani 300mila morti. Su sei milioni di abitanti.

Nota di BastaBugie: il libro di cui si parla nell'articolo è : Mario A. Iannaccone, "Cristiada. L'epopea dei cristeros in Messico", Lindau, pp. 368, €. 26,00.
Per ascoltare la presentazione del suo libro da parte dell'autore si può ascoltare l'ultima puntata de "La voce del Timone" (è l'ultima puntata perché successivamente il conduttore della trasmissione, Paolo Colleoni, 50 anni, è morto precipitando in un dirupo in montagna il 5 agosto 2013). Ecco dunque il link per ascoltare l'intervista a Mario Iannaccone
http://www.iltimone.org/index.php?option=com_content&view=article&id=6132:06082013-presentazione-del-libro-qcristiadaq-di-mario-arturo-iannaccone&catid=303:la-voce-del-timone
Per tutte le informazioni sul film "Cristiada" e per vedere il film via internet, clicca qui
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=28

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28/07/2013

10 - OMELIA XXII DOMENICA T. ORD. - ANNO C - (Lc 14,1.7-14)
Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° settembre 2013)

Nulla piace a Dio se non l'umiltà e tutto ciò che si fa con umiltà. Questa frase potrebbe benissimo sintetizzare il messaggio delle letture di oggi. Rileggiamo ora con attenzione tre frasi della prima lettura. La prima è questa: «Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso» (Sir 3,17). Non è tanto l'opera buona che compiamo a darci merito e ad essere apprezzata dal prossimo, ma è soprattutto l'umiltà con cui la facciamo. Insegnava san Vincenzo de Paoli che la nostra carità sarà gradita al povero solo se sarà accompagnata dall'umiltà di cuore, altrimenti diventerebbe solo una umiliazione.
La seconda frase su cui mi piace soffermarmi è la seguente: «Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore» (Sir 3,18). Vantarsi del bene che abbiamo e del bene che riusciamo a fare è come rubare la gloria a Dio. Al contrario, ringraziare di cuore il Signore, ritenersi indegni di tutto ciò che Egli ci dona, e dare a Lui ogni gloria, è la migliore garanzia per continuare a ricevere i suoi benefici e per continuare a riceverne di sempre più grandi.
La terza frase è la seguente: «Ai miti Dio rivela i suoi segreti» (Sir 3,19). Con questa frase comprendiamo chiaramente quelle che sono le preferenze di Dio. Egli, usando un linguaggio umano, è attratto dall'umiltà di cuore e nei confronti degli umili la sua generosità non ha limiti. Quanto più si è miti ed umili di cuore, tanto più ci si avvicina al Cuore di Gesù e si comprendono i suoi segreti quasi per connaturalità. Facciamoci caso: ovunque Gesù e Maria sono apparsi su questa terra, si sono manifestati a persone umili, di cuore e di condizione. E questo fin dall'inizio, da quando a Betlemme gli angeli andarono ad invitare gli umili pastori per adorare il Bambino Gesù.
Il brano del Vangelo di oggi ci presenta una breve ma bellissima parabola, quella dell'invito ad un pranzo di nozze. Gesù, per raccontare questa parabola, prese spunto da un banchetto che si era tenuto in casa di un fariseo, banchetto al quale era stato invitato anche lui. Egli, allora, prese la parola e disse: «Quando sei invitato va' a metterti all'ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: amico, vieni più avanti!» (Lc 14,10). In questo caso, colui che è invitato al primo posto fa una bella figura davanti a tutti; se, al contrario, occupando il primo posto, è costretto a cederlo ad un ospite più ragguardevole, egli riceve una umiliazione.
Così avviene anche nella nostra vita. Se ci facciamo piccoli ed umili di fronte a Dio e al prossimo, allora saliremo molto in alto. Diversamente, se ci gonfiamo di superbia, rimarremo sempre nella nostra meschinità. Al termine della parabola, Gesù infatti disse: «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11).
Tutti i Santi sono stati umili, altrimenti non sarebbero stati innalzati da Dio così tanto. Un santo che si distinse in modo particolare per l'umiltà fu san Francesco d'Assisi. Un giorno frate Masseo gli chiese: «Perché tutto il mondo viene dietro a te?». San Francesco ci pensò un attimo e poi disse con piena convinzione: «Vuoi sapere perché? Perché Dio, fra tutti i peccatori, non vide nessuno più vile di me. Per questo motivo egli ha scelto me per confondere la nobiltà, la grandezza, la fortezza, la bellezza e la sapienza del mondo, affinché si sappia che ogni virtù e ogni bene viene da Lui e non dalla creatura, e nessuna persona possa gloriarsi» (cf FF 1838).
San Francesco era talmente umile che diceva a se stesso: «Se l'Altissimo avesse concesso grazie così grandi a un ladrone sarebbe più riconoscente di te, Francesco» (FF 717). E così scriveva nella lettera rivolta a tutti i fedeli: «Mai dobbiamo desiderare di essere sopra gli altri, ma anzi dobbiamo essere servi e soggetti ad ogni umana creatura per amore di Dio» (FF 199).
Impariamo da san Francesco e anche noi andremo molto in alto.

Nota di BastaBugie: Per l'omelia della domenica successiva, vai a
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Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1° settembre 2013)

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