BastaBugie n�341 del 21 marzo 2014

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1 LE BENEDIZIONI PASQUALI A SCUOLA PER LE LEGGI ITALIANE SONO LEGITTIME
Vi forniamo un facsimile di lettera da inviare al Dirigente Scolastico per ottenere l'approvazione del consiglio d'istituto
Autore: Paolo Ferrario - Fonte: Avvenire
2 SCONFORTANTI DATI DELL'ISTAT: DIMINUISCONO I BAMBINI, AUMENTANO GLI ANZIANI, MUORE L'ITALIA
L'unico modo per evitare la catastrofe è rilanciare la famiglia, l'unica vera, quella fondata sul matrimonio di un uomo e una donna (altro che unioni civili e adozioni per i gay!)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Il Timone
3 UN VESCOVO SPAGNOLO DICE CHE IL SESSO ORALE NON E' PECCATO (MA OVVIAMENTE LA NOTIZIA E' FALSA)
Il Giornale, il TGCOM e vari siti rilanciano la notizia... coprendosi di ridicolo
Autore: Emanuele Boffi - Fonte: Tempi
4 INTERVISTA A PALMARO: LE COSE IMPORTANTI DELLA VITA
''Mi preoccupa che i miei figli possano smarrire la verità per uniformarsi alla mentalità del mondo o che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti; tutto il resto (il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo) davvero conta poco''
Autore: Irene Bertoglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 LA DONNA LASCIATA AD ABORTIRE DA SOLA NEL BAGNO DELL'OSPEDALE? UNA STORIA INVENTATA
I radicali diffondono la falsa notizia con uno scopo preciso: abbattere l'obiezione di coscienza all'aborto
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL SANGUE VERSATO PER RIBADIRE L'INDISSOLUBILITA' DEL MATRIMONIO: SAN GIOVANNI FISHER E SAN TOMMASO MORO
Il re d'Inghilterra Enrico VIII si autoproclama capo della Chiesa di Inghilterra; si opporranno solo il Cancelliere del Regno Tommaso Moro e l'arcivescovo John Fisher, entrambi decapitati, e tre monaci che saranno squartati vivi
Autore: Cristiana de Magistris - Fonte: Corrispondenza Romana
7 INTERVISTA A SOCCI: NON POSSIAMO ASPETTARE I PRETI
''Tocca a noi, padri e madri, combattere il mondo''
Autore: Luigi Amicone - Fonte: Tempi
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: L'AFFETTO DEI NOSTRI LETTORI PER MARIO PALMARO
Lo scrittore prolife è stato un grande amico di BastaBugie: di lui abbiamo pubblicato oltre cento articoli; adesso possiamo aiutare economicamente la sua famiglia...
Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO A - (Gv 4,5-42)
Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LE BENEDIZIONI PASQUALI A SCUOLA PER LE LEGGI ITALIANE SONO LEGITTIME
Vi forniamo un facsimile di lettera da inviare al Dirigente Scolastico per ottenere l'approvazione del consiglio d'istituto
Autore: Paolo Ferrario - Fonte: Avvenire, 4 marzo 2014

La Quaresima non è ancora cominciata ma c'è chi già sta lavorando per evitare che nelle scuole, «in prossimità delle festività pasquali», si organizzino attività «di natura religiosa». Succede in Sicilia, dove i Cobas hanno inviato una lettera a tutte le istituzioni scolastiche, minacciando persino di ricorrere all'autorità giudiziaria per interruzione di pubblico servizio, «in caso di conoscenza o notizia di violazione» delle leggi.
Che, però, osserva Nicola Incampo, esperto per l'Insegnamento della religione cattolica della Conferenza episcopale italiana e del sito www.culturacattolica.it, lo stesso sindacato dimostra di non conoscere.
«Per sostenere che nelle scuole non si possono promuovere attività di "natura religiosa", come, per esempio, le tradizionali benedizioni pasquali - spiega Incampo - i Cobas citano una sentenza del Tar dell'Emilia Romagna del 1993. Un pronunciamento ribaltato da ben due ordinanze del Consiglio di Stato, la 391 e la 392 del 26 marzo 1993 e dalla sentenza 3635 del 2007 del Tar del Veneto».
Proprio quest'ultima, aggiunge Incampo, ha messo un punto fermo circa la possibilità, per i vescovi diocesani, di effettuare visite pastorali nelle scuole. Respingendo un ricorso dell'Uaar, l'Unione degli atei, contro la visita di un presule in un istituto, i giudici amministrativi hanno confermato la «piena legittimità di queste manifestazioni».
Inoltre, a dimostrazione della «malafede» dei promotori dell'iniziativa siciliana, viene «spacciata per circolare ministeriale, un semplice parere dell'Avvocatura dello Stato, che il Ministero non ha mai per altro recepito».
Per evitare che, dalla Sicilia, queste informazioni scorrette e, soprattutto, le minacce a dirigenti e docenti, si propaghino ad altre regioni, Incampo ritiene necessarie alcune puntualizzazioni.
«Da oltre vent'anni - ricorda - è in vigore la circolare ministeriale 13 febbraio 1992, che stabilisce che "il Consiglio di circolo o di istituto possa deliberare di far rientrare la partecipazione a riti e cerimonie religiose tra le manifestazioni o attività extrascolastiche previste. Analogamente si ritiene possa operarsi per quanto attiene alle visite pastorali del vescovo".
L'unica condizione posta - aggiunge Incampo - è che la partecipazione degli alunni e dei docenti dovrà essere libera. Ma non credo che nessuno nelle scuole italiane abbia mai pensato di imporre con la forza la partecipazione a queste attività».
Semmai è vero il contrario. E cioè che c'è chi vorrebbe imporre alle scuole, limitandone autonomia e libertà, che cosa proporre e cosa no. Decisioni queste che spettano unicamente al Consiglio di istituto.
«Dirigenti e insegnanti possono stare tranquilli - conclude Incampo - nessuno li potrà denunciare nel caso volessero promuovere, con il via libera del Consiglio d'istituto, iniziative per la Quaresima o la Pasqua con i propri studenti».

Nota di BastaBugie: ecco un facsimile di lettera da inviare al Dirigente Scolastico della scuola frequentata dai propri figli, in accordo (possibilmente) con più genitori possibile ai quali sarà fatta la proposta di firmare la seguente richiesta da far poi pervenire (meglio se con raccomandata con ricevuta di ritorno) al dirigente scolastico (preside). E' importante avere almeno un rappresentante dei genitori al consiglio d'istituto in modo da poter far valere in sede di consiglio le ragioni dei genitori che hanno sottoscritto la lettera. Anche la sensibilizzazione di qualche professore rende più facile l'approvazione della richiesta. In alternativa alla richiesta da parte dei genitori, questa può essere fatta direttamente dal parroco nella cui parrocchia si trova la scuola in cui si richiede la benedizione. In tal caso la seguente lettera può essere adattata
Al Dirigente Scolastico
dell'Istituto xxxxxxxxxxxx
Via xxxxxxxx, xx
00000 xxxxxxxxxxx (xx)
Oggetto: Richiesta per la tradizionale benedizione pasquale
I sottoscritti genitori chiedono che il sacerdote don xxxxxxxxxxx xxxxxxxxx, parroco di xxxxxxxxxxxxxxx, possa accedere alla scuola per la tradizionale benedizione pasquale.
Colgono l'occasione per sottolineare che gli abitanti di questa città accolgono benevolmente la visita annuale del sacerdote nelle loro abitazioni per la benedizione. Salvo rarissimi casi isolati, tutta la popolazione gradisce questa opportunità, anche coloro che abitualmente non frequentano le funzioni religiose.
La invitano quindi a stimolare in tal senso una specifica deliberazione assunta dai competenti organi di democrazia scolastica, come previsto per questi casi dalla nota del Ministero della pubblica istruzione n. 13377/544/MS del 13 febbraio 1992.
Rimangono in attesa di una risposta, ringraziandola per il suo prezioso lavoro al servizio dell'educazione delle nuove generazioni.
(luogo), (data)
(firme)

Fonte: Avvenire, 4 marzo 2014

2 - SCONFORTANTI DATI DELL'ISTAT: DIMINUISCONO I BAMBINI, AUMENTANO GLI ANZIANI, MUORE L'ITALIA
L'unico modo per evitare la catastrofe è rilanciare la famiglia, l'unica vera, quella fondata sul matrimonio di un uomo e una donna (altro che unioni civili e adozioni per i gay!)
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Il Timone, febbraio 2014

Davvero gli attacchi alla famiglia non incidono sullo stato di salute delle famiglie italiane? Il mio amico e maestro Rodney Stark ama dire che in sociologia "chi non conta non conta": chi non parte dai numeri di rado dice cose rilevanti. E la sociologia ai suoi albori ottocenteschi non si chiamava neppure sociologia: il nome usato era "statistica morale", a indicare fin da subito quanto fossero importanti i numeri, cui pure – certo – non bisogna fermarsi.

I DATI DELL'ISTAT
Oggi, però, siamo di fronte piuttosto a statistiche immorali. I numeri del 15° censimento generale dell'ISTAT, diffuso il 23 dicembre 2013, sono inesorabili, soprattutto se li integriamo con le proiezioni per il futuro dello stesso ISTAT e di istituti universitari specializzati. Il numero di residenti in Italia aumenta, sia pure lentamente: dagli attuali circa sessanta milioni viaggiamo verso i 62 milioni previsti per il 2036. Tuttavia, questo aumento è dovuto interamente all'immigrazione: pur calcolando la riduzione nel numero d'immigrati, già ora in corso, dovuta alla crisi economica, nei prossimi cinquant'anni si prevede che essi salgano da quattro a tredici milioni mentre gli italiani presenti sul territorio scenderanno di nove milioni. Tra qualche decennio, un abitante della penisola su cinque sarà uno straniero senza passaporto italiano, e molti detentori di passaporti italiani saranno immigrati nati all'estero e che avranno ottenuto nel frattempo la cittadinanza. Benché il numero degli stranieri che nascono nei nostri ospedali sia destinato a raddoppiarsi nei prossimi cinquant'anni, questo dato non basterà a compensare il calo di nascite tra gli italiani, e già oggi il nostro tasso di natalità è il più basso del mondo. I bambini italiani diventeranno una specie in via di estinzione, ancorché nelle nostre strade vedremo ancora un certo numero di bambini: stranieri.
 
TANTI ANZIANI
In compenso, vedremo tanti vecchi. Oggi ci sono in Italia più nonni che nipoti; dal 2028 ci saranno più bisnonni – cioè italiani con più di ottant'anni – che pronipoti, cioè bambini di età inferiore a dieci anni. La frazione di PIL destinata alle pensioni dovrà anch'essa raddoppiare, non essendo ipotizzabili, senza determinare sconvolgimenti sociali e politici, un ulteriore aumento dell'età pensionabile o tagli alle pensioni di chi oggi già fatica a sopravvivere. E' un'illusione ottica quella d'immaginare che le pensioni dei nostri vecchi le pagheranno gli immigrati. Infatti, non si considera che anche gli immigrati invecchiano. I primi immigrati cominciano ad arrivare alla pensione. Tra poco saranno una massa di pensionati, che per di più ha avuto un lavoro regolare solo in età matura, spesso con salario basso, così che i loro contributi certamente non pagheranno le loro pensioni, che dovranno essere sostenute da altri. A causa di questo che i sociologi chiamano "invecchiamento importato", il numero di pensionati raggiungerà il suo vertice nel 2030, quando andranno in pensione i figli del baby boom degli anni 1960, ma i pensionati totali non diminuiranno neppure in seguito. Cominceranno infatti ad andare in pensione gli immigrati, mantenendo il numero totale di chi fruisce di una pensione costante.
 
POCHI BAMBINI
Ma le cattive notizie non finiscono qui. Non bastasse la drastica riduzione, da record mondiale, del numero dei bambini – che ovviamente deriva anche dagli aborti – anche tra gli italiani che, superando un vero percorso a ostacoli, saranno riusciti a nascere, molti rappresentano solo un costo per il sistema Paese – occorre mandarli a scuola e curarli quando si ammalano prima di entrare nel mondo del lavoro – ma non daranno poi alcun contributo al PIL perché se ne andranno all'estero. Non si tratta di aneddoti – molti hanno un vicino il cui figlio è andato a lavorare a Londra o in America – ma di centinaia di migliaia di giovani, in gran parte laureati, che per mancanza di lavoro e soprattutto per sfiducia nell'Italia se ne vanno, e non torneranno più. Tranne pochi ricchi, sono costretti a rimanere in Italia invece i pensionati, di cui i figli – che non sono mai nati, o sono pochi a causa del "modello del figlio unico" – si prendono sempre meno cura, così che deve occuparsene lo Stato, con ulteriori costi per i contribuenti. Qualcuno obietta che queste previsioni non tengono conto che di qui a pochi anni a risolvere i problemi in Italia sarà intervenuta una legge sull'eutanasia. Ci sono troppi vecchi? Ammazziamone un certo numero. Ma, a parte ogni ovvia considerazione morale, la "soluzione" sarebbe di breve periodo. Presto arriveranno alla pensione altri vecchi, e altri ancora. Qualcuno proporrà di ucciderli tutti?
 
RILANCIARE LA FAMIGLIA, L'UNICA VERA
L'unica soluzione razionale - e morale - sarebbe il rilancio della famiglia. Ma qui, dice l'ISTAT, andiamo proprio male. Nei dieci anni intercorsi fra gli ultimi due censimenti, il numero di separati legalmente e divorziati è quasi raddoppiato, passando da 1.530.543 a 2.658.943. Un separato/divorziato su due ha un'età compresa tra i 35 e i 54 anni. Le famiglie, inoltre, sono sempre più piccole. Nel 1971 una famiglia era mediamente composta da 3,3 persone, nel 2011 da 2,4. Queste tendenze sono generalizzate e riguardano tutte le aree del Paese. Mi capita spesso, in dibattiti pubblici, di spiegare che queste statistiche c'entrano molto con il dibattito in corso sulle unioni omosessuali. Se si diffondono più modelli alternativi di famiglia  – non lo dico io ma i numeri – diminuisce il numero di famiglie. Se si diffondono più modelli alternativi di matrimonio, la confusione sociale sull'idea stessa del matrimonio fa diminuire i matrimoni. Si cita al contrario uno studio del 2013 di Alexis Dinno e Chelsea Whitney, due ricercatori dell'Università di Portland - pubblicato su Plos One, che tra parentesi non è, come ha scritto qualcuno in Italia, una "rivista prestigiosa" ma un giornale online che afferma di sfidare le convenzioni accademiche pubblicando quello che le riviste universitarie rifiutano -, secondo cui negli Stati degli Stati Uniti che hanno introdotto il matrimonio omosessuale i matrimoni fra un uomo e una donna non sono diminuiti. Tuttavia se si legge bene lo studio, i cui autori sono peraltro attivisti militanti in favore del "matrimonio" fra persone dello stesso sesso, si scopre che gli stessi ricercatori considerano il "matrimonio" omosessuale di introduzione troppo recente perché le serie statistiche che hanno raccolto siano significative. Ovviamente, il danno non si produce nel minuto esatto in cui uno Stato introduce il "matrimonio" omosessuale per legge. I matrimoni diminuiscono a causa di un clima culturale di cui le leggi sono solo una delle componenti. Meno matrimoni significa meno figli. Trovo quasi sempre qualche cortese oppositore che si alza e, con un sorrisetto ironico, mi fa notare che una donna non sposata è altrettanto capace di fare figli di una donna sposata. Di norma ringrazio l'interlocutore per la straordinaria rivelazione - senza di lui, gli dico, non ci sarei mai arrivato - ma gli spiego anche che sto parlando d'altro. Non sto parlando di ginecologia, su cui non ho alcuna competenza, ma di sociologia. Un ginecologo ci dirà che le donne non sposate hanno la stessa possibilità biologica di fecondità delle donne sposate. Ma il sociologo ci rivelerà che le donne non sposate hanno un tasso di fecondità più basso. Lo dicono i numeri, e non c'è ideologia che riesca a cambiarli. Anche qui, si obiettano studi secondo cui in Paesi dove sono aumentate le coabitazioni e diminuiti i matrimoni - tra cui la Svezia e la Norvegia - il tasso di natalità non è diminuito come in Italia. Queste statistiche non ci dicono però nulla sul tasso di fertilità delle singole donne, sposate e non sposate, e cozzano contro gli studi molto dettagliati detti "Fertility Files" dello U.S. Census Bureau, da cui emerge con chiarezza come le donne sposate siano più feconde. E il dato statistico non è poi così sorprendente. Fare un figlio non è un semplice fatto biologico. Senza prospettive di stabilità e sicurezza per allevarlo ed educarlo, è più difficile che una donna decida oggi d'intraprendere quest'avventura, ed eventualmente resista alle sirene dell'aborto. Se non aumentano le nascite l'Italia muore. Muore per tutti, cattolici e laicisti, credenti e non credenti, perché saranno i portafogli di tutti a doversi aprire per mantenere legioni di pensionati, italiani e immigrati, e fare fronte a tante crisi economiche determinate dalla denatalità. Ma l'unico modo di far aumentare le nascite è scegliere - nella politica, nella cultura e anche nella Chiesa - la famiglia. Quella fondata sul matrimonio di un uomo e una donna. Altro che mettere in discussione il matrimonio e pensare a introdurre modelli alternativi!

Fonte: Il Timone, febbraio 2014

3 - UN VESCOVO SPAGNOLO DICE CHE IL SESSO ORALE NON E' PECCATO (MA OVVIAMENTE LA NOTIZIA E' FALSA)
Il Giornale, il TGCOM e vari siti rilanciano la notizia... coprendosi di ridicolo
Autore: Emanuele Boffi - Fonte: Tempi, 14/03/2014

Ma come si fa a rilanciare una balla del genere? Ieri su molti siti italiani (Il Giornale, Leggo, Lettera43, TGCOM) è stata riportata la notizia che l'arcivescovo di Granada, Francisco Javier Martínez, avrebbe scritto nel libro Cásate y sé sumisa (la versione spagnola del libro "Sposati e sii sottomessa" di Costanza Miriano) che «il sesso orale non è peccato se si pensa a Gesù».
Gli elementi per riprendere una frase del genere ci sono tutti: un importante uomo di Chiesa, il sesso, la balordaggine che questo non sia peccato «se si pensa a Gesù». Ci si aspetterebbe, da chi fa informazione, almeno una verifica della fonte.
Ma, si sa, tira più un clic di mille carri di verifiche. E infatti è una bufala, inventata, tempo fa, da un sito satirico spagnolo (una sorta di Lercio.it o Il Vernacoliere). La frase - ripresa da un sito messicano - diventa virale, circola sul web, fa il giro di internet. È successo questa volta, come tante altre volte.
Ma questo è solo un aspetto della vicenda. Quel che, forse, dovrebbe fare ancora più riflettere è il fatto che molti siti per, diciamo così, "avvalorare" la notizia, hanno voluto ricordare ai loro lettori che Martínez è un vescovo «ultraconservatore» da sempre «contrario all'aborto». Capito come è ridotta l'informazione? Non solo scambia le panzane per notizie, ma ci vuole fare credere che anche la contrarietà all'aborto è una panzana.

Nota di BastaBugie: già un'altra volta avevano stravolto il pensiero dell'arcivescovo di Granada quando scrissero che aveva detto "Una donna che abortisce può essere violentata". Ovviamente era una bufala, come è anche stavolta. Lo stanno attaccando perché difende con efficacia l'insegnamento della Chiesa su matrimonio e rispetto della vita nascente. Ha fatto pubblicare la versione in spagnolo del libro "Sposati e sii sottomessa" di Costanza Miriano. Il libro è stato ritirato dal mercato per la feroce censura laicista che domina in Spagna (e sostenuta da tutti i partiti in parlamento).
Per i dettagli dell'intera vicenda vai al seguente link:
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3027

Fonte: Tempi, 14/03/2014

4 - INTERVISTA A PALMARO: LE COSE IMPORTANTI DELLA VITA
''Mi preoccupa che i miei figli possano smarrire la verità per uniformarsi alla mentalità del mondo o che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti; tutto il resto (il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo) davvero conta poco''
Autore: Irene Bertoglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16-03-2014

Caro Mario, cosa ti ha mosso e sulla spinta di che cosa nel 2004 hai deciso di fondare l'Associazione "Verità e Vita"?
All'origine di Verità e Vita c'è un gruppo di persone, tutte provenienti dall'esperienza del Movimento per la Vita. Anzi, per essere più precisi direi che i padri fondatori di questa associazione sono alcuni fra i più significativi esponenti del mondo pro life italiano, nomi che forse dicono poco al grande pubblico ma che hanno scritto pagine importanti della storia del Movimento per la Vita in Italia: Giuseppe Garrone, Silvio Ghielmi, Marisa Orecchia, Mario Paolo Rocchi, Luigi Caltroni, Chiara Stella Dellefoglie, Alberto Virgolino, Angelo Filardo, Elena Baldini e altri ancora. Stiamo parlando di gente preparata, insegnanti, medici, avvocati, membri della Pontificia Accademia per la Vita, uomini e donne che hanno in comune l'impegno nei Centri di aiuto alla vita, il salvataggio dei bambini dall'aborto, l'assistenza alle madri in difficoltà. Ma che sono legati anche da una forte "ortodossia pro life", cioè dall'idea che sia necessaria una formazione rigorosa e un'adesione senza cedimenti al principio della intangibilità della vita umana innocente. Persone che incarnano un antiabortismo pacifico ma inflessibile, che non ammette eccezioni, che non sopporta cambiamenti di giudizio sulle leggi ingiuste, come la legge 194 del 1978, o come la legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale. Ecco, Verità e Vita nasce da queste persone, e dal "malessere" che tutte quante hanno via via sperimentato nel rendersi conto che il Movimento per la Vita stava progressivamente ammorbidendosi, e slittando sul piano dell'affermazione dei principi non negoziabili. Io – come Cinzia Baccaglini, Massimo Micaletti, Antonio Montano, Giovanni Ceroni, Annamaria Confalonieri, e altri giovani cresciuti nel Movimento per la Vita – ho condiviso questo disagio, e ho dato il mio contributo alla nascita di Verità e Vita. Sono stato eletto presidente, e ho accettato, anche se penso che ci sono altri che saprebbero svolgere questo ruolo molto meglio di me. Personalmente ho lasciato il Movimento per la Vita nel 2004, dimettendomi dalla carica di consigliere nazionale. Altri amici di Verità e Vita, invece, direi la maggior parte, continuano a operare nei Movimenti per la vita locali e nei Centri di aiuto alla vita, o a mantenere cariche anche a livello nazionale. Tra noi c'è un clima fantastico, di affetto personale e di totale condivisione dei principi e dei giudizi di valore sui fatti che accadono. Nei nostri direttivi, o nelle nostre assemblee, non ci tocca discutere ogni volta se l'aborto legale è accettabile, o se il testamento biologico tutto sommato va bene, o se l'eutanasia in certi casi si può accettare. Lo dico perché so per certo che in altri ambiti "cattolici" (e non mi riferisco qui al Movimento per la vita) che si occupano di bioetica succede proprio questo, ed è molto triste. Quando abbiamo fondato Verità e Vita sapevamo fin dall'inizio di essere una piccolissima realtà, di non godere alcun finanziamento, e anche di andare incontro a ostracismi e censure pesantissime all'interno dello stesso mondo cattolico. Ma sapevamo anche che la verità doveva essere riaffermata; la fiammella, anche esigua, doveva rimanere accesa. Noi cerchiamo, indegnamente e da poveri peccatori, di alimentare quel fuoco. Ed è successo un piccolo miracolo: Verità e Vita ha fatto molto rumore, direi un bel rumore, e ha attirato la simpatia e il sostegno di moltissime persone, e l'adesione di personaggi che considero straordinari, come ad esempio il magistrato Giacomo Rocchi, o il ginecologo Pino Noia. Sappiamo anche di essere molto stimati dal cardinale Carlo Caffarra.
Su quali convinzioni si fonda il vostro impegno?
Amo la Chiesa, amo il Papa. Vorrei essere capace di dare la vita per quello che Santa Caterina chiamava «il dolce Cristo in terra». Sono un cattolico, e dunque la mia esistenza è confortata da una visione soprannaturale e dalla presenza costante di Gesù, che mi sta vicino anche quando io mi dimentico di Lui. Alla fine della nostra vita Dio ci giudicherà, e dunque è bene abituarsi a orientare ogni nostra decisione in questa prospettiva, anche se non è facile. I novissimi dovrebbero essere il pane quotidiano del cattolico, anche se tendiamo a dimenticarcelo. E pensare che la vita scorre via velocissima, e in un attimo saremo davanti a Lui. Mi sforzo di ricordarmi che siamo in questo mondo per compiere ogni giorno la volontà di Dio e sperare così di salvare la nostra anima, sapendo che spesso siamo molto inadeguati, e che siamo costantemente tentati di tradire Gesù, di agire come Pietro la notte del suo arresto, e di dire, per convenienza, «io non lo conosco». Siamo peccatori, e dunque, traditori. Ma siamo anche continuamente perdonati, e nella Chiesa troviamo i mezzi, i sacramenti per ricominciare ogni volta, senza scoraggiarci. Il centro di tutto è la Santa Messa. E poi la confessione. Il perdono di Dio abbraccia ogni peccatore, anche la donna che ha abortito, anche il medico che ha dato l'eutanasia, anche un pro life pigro che non fa tutto quello che dovrebbe. Penso che la vita sia una cosa molto seria, spesso drammatica, ma sempre meravigliosa e insieme misteriosa, cioè avvolta da un significato che la supera. In questo cammino difficile, abbiamo ogni giorno l'arma della preghiera e la presenza materna della Madonna. La visione cristiana riempie di senso la vita, e rende pienamente comprensibile l'uomo all'uomo. Ogni nascituro è immagine di Dio, creato intenzionalmente per un destino di eternità. Detto tutto questo, è giusto però ricordare che l'impegno per la difesa della vita, e contro ogni legge ingiusta, ha solide motivazioni razionali, che sono potenzialmente comprensibili da ogni uomo, anche da chi cattolico non è. Gandhi, Pier Paolo Pasolini, Norberto Bobbio non ebbero alcuna difficoltà a riconoscere nell'aborto un delitto, una forma di uccisione dell'innocente. La ragione, prima della fede, condanna la cultura della morte. Di conseguenza, abbiamo deciso all'unanimità e senza esitazioni che Verità e Vita nascesse come associazione aconfessionale. Volevamo evitare ogni clericalismo, e fino ad ora mi pare che ci siamo riusciti molto bene.
Chi sono i tuoi personali "maestri"?
Innanzitutto i miei genitori. In modo speciale mio padre, che adesso è in cielo. Devo a lui la mia formazione umana e cristiana, oltre che, ovviamente, a tutta la mia famiglia. Ancora oggi, quando cerco di capire qual è la cosa giusta da fare, mi chiedo: «Papà che cosa mi direbbe?». Poi ricordo i tanti sacerdoti che ho incontrato e che mi hanno voluto bene. La persona più speciale della mia vita è mia moglie Annamaria, che è per me un maestro paziente ma anche molto intransigente, che mi corregge quando tendo a rammollirmi e a fuggire qualche buona battaglia. Contrariamente a quello che pensano molti lettori, e anche qualche detrattore, io non sono uno spirito polemico, e amo la vita tranquilla. Sono come uno hobbit che resterebbe volentieri nella contea, trascinato nella lotta dalla necessità e dagli eventi. Dunque, Annamaria è un ottimo trainer, che mi incoraggia e mi sta vicino nei momenti difficili. Ma – cosa ancora più importante - mia moglie si dedica totalmente alla famiglia: nonostante una laurea in lettere classiche, buone prospettive di insegnamento e di ricerca, fa la mamma e la moglie a tempo pieno, vivendo ogni giorno con i nostri quattro figli, che per nostra scelta non frequentano l'asilo e vanno a scuola solo la mattina. Per me questo è ogni giorno uno spettacolo che ha del miracoloso. Vorrei che gli applausi alle conferenze e i complimenti dei lettori se li prendesse Annamaria, non io. Poi c'è Sandro, cioè Alessandro Gnocchi, al quale mi lega ormai un'amicizia fraterna, e con il quale scrivo ininterrottamente dal 1999. La nostra intesa è assoluta. Sandro per me è un modello di fede, un esempio per come prega e per come vive la Messa di San Pio V. Come molti sanno, un mio maestro di vita è Giovannino Guareschi: un grandissimo scrittore, un cattolico serio, e anche un grande italiano, pronto a pagare con coraggio il prezzo della sua insopprimibile voglia di verità. Tra gli scrittori metto anche G.K. Chesterton, SMITH, Alessandro Manzoni, Eugenio Corti. I miei film preferiti sono nell'ordine La vita è meravigliosa di Frank Capra, L'uomo che uccise Liberty Valance di John Ford e The Passion di Mel Gibson. I miei santi preferiti sono Giuseppe, Pietro, Paolo, Tommaso d'Aquino, Pio IX, Pio X ed Escrivà de Balaguer.
Quali sono le fondamentali battaglie del Comitato?
Verità e Vita cerca di intervenire nel dibattito pubblico, soprattutto con lo strumento dei comunicati stampa, quando un fatto o una notizia mettono in risalto il tema della vita umana innocente minacciata. Ciò che più ci sta a cuore non è tanto l'ambizione di "capovolgere" una situazione culturale, morale e giuridica compromessa e brutalmente condizionata da poteri forti e agguerriti. Piuttosto, noi speriamo di offrire un giudizio secondo verità, riaffermando principi che altrimenti rischierebbero di non essere affermati da nessuno. Così, nel 2004 abbiamo diffuso un manifesto appello contro la fecondazione artificiale e contro la legge che la regolamenta – la 40/2004- soprattutto per mettere in guardia da chi definiva quella norma "una buona legge". Poi abbiamo preso posizione per primi in Italia a favore dell'astensione al referendum del 2005, ritenendo che quello fosse il modo migliore per evitare un peggioramento della legge, senza però difenderla o sostenerla. Nel 2008 abbiamo denunciato la deriva abortista in atto nel mondo cattolico quando in occasione dei trent'anni della 194 abbiamo scoperto che su giornali cattolici firme cattoliche definivano la legge sull'aborto "buona" e "una delle migliori al mondo, bisognosa solo di essere applicata meglio." Ne sono seguite polemiche piuttosto dure, che purtroppo hanno confermato la nostra diagnosi. Nel 2009 abbiamo seguito con molta decisione la tragica vicenda di Eluana Englaro, chiedendo alla magistratura di indagare su quello che era accaduto a Udine. Nel 2010 abbiamo diffuso un nuovo manifesto appello, contro il testamento biologico e contro la proposta di legge Calabrò, che lo introduce nel nostro ordinamento.
C'è un particolare evento che ti è capitato e che ha dato una svolta decisiva nella tua lotta per la vita?
Quando ero presidente di sezione locale del Movimento per la Vita, avevo circa 25 anni, tappezzammo i muri della nostra cittadina con manifesti di protesta contro la parrocchia, che invitava Lella Costa (femminista favorevole all'aborto) a tenere uno spettacolo-monologo nel teatro dell'oratorio. Subimmo rappresaglie molto dure, e alla fine decidemmo di lasciare la sede che occupavamo in un edificio di proprietà della parrocchia. Qualche anno dopo mi telefona una giornalista del Corriere della Sera che aveva seguito la vicenda, portandola sulle pagine nazionali. «Sai, Mario – mi dice – sono rimasta incinta e il medico dopo gli esami mi ha detto che era una gravidanza a rischio. Allora mi siete venuti in mente voi, che per ciò in cui credevate siete rimasti anche senza una sede, e ho pensato: questa bambina deve nascere. E così è stato, e lei ora sta benissimo». Penso che molto spesso noi non abbiamo fiducia nella fecondità misteriosa della verità, testimoniata pagando un prezzo.
Quali sono le grandi passioni della tua vita?
Oltre a mia moglie e ai nostri figli, l'insegnamento in Università e la scrittura. L'incontro con gli studenti è sempre appassionante, perché mi rendo conto che hanno fame di verità, e il mondo non vuole che la trovino. Per fortuna l'Università Europea di Roma è un tentativo provvidenziale di Università cattolica fedele al Papa e alla Chiesa. In quanto allo scrivere, sono stato editorialista de «Il Giornale», ora scrivo con Sandro Gnocchi per «Il Foglio» – dove ho trovato in Giuliano Ferrara un amico e un uomo di straordinaria intelligenza – e per «Libero». Ma il giornale cui tengo di più è «Il Timone», il miracolo editoriale diretto dal mio amico Gianpaolo Barra che, calcio a parte (è un milanista) è davvero un grande.
Un appello per chi voglia impegnarsi per diffondere la cultura della vita.
Divorzio, aborto, eutanasia, fecondazione artificiale, eugenetica, sono oggi affermati come condotte buone, legittime, consentite dalla legge. Il delitto è diventato diritto, e dunque i nostri figli crescono in un clima ammorbato, capovolto, dove il bene è chiamato male e il male bene. Come ha scritto Giovanni Paolo II nella Evangelium Vitae, noi siamo nel mezzo di una guerra, che vede contrapposti la cultura della vita e la cultura della morte. Dice che siamo in mezzo: quindi, non possiamo essere spettatori. Chi decide di non battersi, si è già schierato, e dalla parte sbagliata. Quindi, occorre combattere la buona battaglia, senza preoccuparsi troppo delle possibilità di successo. Oltre al piano umano – difendere la vita innocente è faccenda molto umana – c'è quello soprannaturale: quello che stiamo facendo a "questi piccoli" non nati, lo facciamo a Gesù.
Partendo dalla tua esperienza di padre, quali sono le maggiori preoccupazioni rispetto ai figli e quali le maggiori responsabilità?
Per me la preoccupazione maggiore è che un giorno Giacomo, Giuseppe Maria, Giovanna e Benedetto Maria possano smarrire i criteri di giudizio secondo verità, e uniformarsi alla mentalità del mondo. E che siano tentati di abbandonare la Chiesa, la Messa, i sacramenti. E che qualcuno li convinca a dimenticarsi della tradizione, del tesoro ricevuto da chi li ha preceduti. Nel concreto, mia moglie ed io speriamo per loro una vita in cui ci sia sempre la preghiera e la certezza cristiana della resurrezione. E nella quale non ci siano convivenze prematrimoniali, superficialità, disastri matrimoniali, indurimento del cuore. Tutto il resto – il lavoro, la scuola, la ricchezza, il successo – davvero conta poco.

Nota di BastaBugie: in questo articolo abbiamo proposto un'intervista inedita a Mario Palmaro che è contenuta nel libro "Intervista ai maestri - Volume Secondo" (Eidon Edizioni), di Irene Bertoglio, di prossima pubblicazione (il tema del volume è l'impegno per la vita). L'intervista è stata realizzata nel 2012.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16-03-2014

5 - LA DONNA LASCIATA AD ABORTIRE DA SOLA NEL BAGNO DELL'OSPEDALE? UNA STORIA INVENTATA
I radicali diffondono la falsa notizia con uno scopo preciso: abbattere l'obiezione di coscienza all'aborto
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/03/2014

La caccia all'obiettore continua e quando l'attualità non offre appigli per mettere all'angolo il medico non abortista ecco che i radicali rispolverano un cold case. Nel 2010 una donna, Valentina Magnanti, dichiara che al quinto mese di gravidanza è stata costretta ad abortire da sola, unicamente assistita dal marito Fabrizio, nel bagno dell'ospedale Sandro Pertini di Roma. Il caso è stato riesumato dalla solerte avvocato Filomena Gallo, segretaria dell'Associazione Luca Coscioni: «Questa è omissione di soccorso, un reato penale, anche se la coppia ha deciso di non denunciare la struttura. È la dimostrazione di come la legge 194 in Italia non garantisca sempre la presenza di un medico non obiettore nel caso dell'interruzione volontaria della gravidanza». Nel mirino anche la legge 40. La donna, intervistata da Repubblica infatti così commenta: «E tutto questo per colpa di una legge sulla fecondazione ingiusta. […]Ho una malattia genetica trasmissibile rara e terribile, ma in teoria posso avere figli, quindi per me non è previsto l'accesso alla fecondazione assistita, alla diagnosi pre-impianto. A me questa legge ingiusta concede solo di rimanere incinta e scoprire, come poi è avvenuto, che la bambina che aspettavo era malata, condannata. Lasciandomi libera di scegliere di abortire, al quinto mese: praticamente un parto». E poi chiosa: «Pensate la desolazione che troppi devono vivere, obbligati a implorare per un ricovero, per abortire, come me, un figlio desiderato».
Ma le cose sono andate davvero così? Pare di no a sentire l'ASL, la quale dichiara in una nota: «La signora fu seguita dal personale che ha l'obbligo dell'assistenza anche nel caso di obiezione di coscienza. Nel caso specifico due medici non obiettori che fanno parte dell'équipe istituzionalmente preposta all'Ivg. Abbiamo verificato le dichiarazioni della signora Valentina e a noi risulta che è stata prontamente assistita ed avviata alla sala parto per il 'secondamento' [l'espulsione della placenta] e per le successive procedure previste nel post parto». La tesi sostenuta dall'ASL è avvalorata anche dal fatto che la donna non ha deciso di sporgere denuncia. La signora afferma che non ha intrapreso le vie legali perché "quando è finito tutto non avevo più la forza di fare nulla", però ci pare strano che l'avv. Gallo, fiutando il colpo grosso per mettere sul banco degli imputati la legge 194, non avesse approfittato dell'occasione. Forse proprio perché c'era solo fumo ma niente arrosto.
Fatto sta che ancora una volta sui media è passato il seguente messaggio: in Italia non si riesce ad abortire perché ci sono troppi obiettori. In cuor nostro nutriremmo anche questa nobile speranza, la speranza che gli obiettori siano zavorre capaci di rallentare la macchina degli aborti di Stato, ma ahinoi non è così. Qualche dato. Il Comitato Nazionale di Bioetica nel luglio del 2012 pubblica un documento dal titolo "Obiezione di coscienza e bioetica" in cui si afferma che "sulla base dei dati disponibili si vede come in alcune regioni all'aumentare degli obiettori di coscienza diminuiscano i tempi di attesa delle donne, e, viceversa, in altre regioni al diminuire del numero di obiettori aumentino i tempi di attesa, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare. In altre parole, non è il numero di obiettori di per sé a determinare l'accesso all'ivg, ma il modo in cui le strutture sanitarie si organizzano nell'applicazione della legge 194/78".
Alle stesse conclusioni è arrivata anche l'ultima Relazione sullo stato di attuazione della legge 194: dato che ogni medico abortista, su 44 settimane lavorative, deve compiere 1,7 aborti a settimana ciò significa che "eventuali difficoltà nell'accesso ai servizi, quindi, sono probabilmente da ricondursi a una distribuzione non adeguata degli operatori fra le strutture sanitarie, all'interno di ciascuna regione". Infatti vero è che negli anni il numero di medici obiettori è aumentato ma è rimasto invariato quello dei medici non obiettori. E dato che il numero di aborti chirurgici legali è diminuito, questo ci porta a dire che il carico di lavoro per i medici non obiettori è diminuito anch'esso negli anni. Anche il successivo monitoraggio voluto dal Ministero della Salute per verificare se gli obiettori fossero un intralcio non ha potuto che concludere che la loro presenza è ininfluente sulle pratiche abortive.
Inoltre una recente Risoluzione della XII Commissione Affari sociali del 6 marzo scorso si esprime in modo analogo affermando che "eventuali difficoltà nell'accesso ai percorsi Ivg sembrano quindi dovute a una distribuzione inadeguata del personale fra le strutture sanitarie all'interno di ciascuna regione".
Infine un dato da non sottovalutare: dal 1978 ad oggi quante denunce sono state fatte perché una donna non ha potuto ottenere l'aborto che desiderava? Zero. Questo per dire che obiettori o non obiettori la mattanza di Stato non ha mai subito il minimo arresto.
Torniamo da ultimo alla vicenda dell'ospedale Pertini. Due riflessioni. Ancora una volta in tutta questa vicenda ci siamo dimenticati dell'attore principale: quel bambino ucciso al quinto mese di vita per volontà della madre. Seconda considerazione tanto scomoda quanto vera. L'aborto è un crimine e da che mondo è mondo chi accetta di commettere un crimine si assume anche la responsabilità dei danni che questa azione può provocare a se stesso. Se vuoi fare il male accetta anche le conseguenze negative che ricadranno sulla tua persona, accetta i rischi e i pericoli di questa tua scelta. Non si è mai visto un rapinatore inveire contro lo Stato perché non gli garantisce "una rapina sicura, senza rischi, né incidenti". Ma nel nostro ordinamento c'è un'eccezione: l'aborto. Pratica letale la quale deve essere compiuta in tutta sicurezza per la donna.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 12/03/2014

6 - IL SANGUE VERSATO PER RIBADIRE L'INDISSOLUBILITA' DEL MATRIMONIO: SAN GIOVANNI FISHER E SAN TOMMASO MORO
Il re d'Inghilterra Enrico VIII si autoproclama capo della Chiesa di Inghilterra; si opporranno solo il Cancelliere del Regno Tommaso Moro e l'arcivescovo John Fisher, entrambi decapitati, e tre monaci che saranno squartati vivi
Autore: Cristiana de Magistris - Fonte: Corrispondenza Romana, 26/02/2014

Anche l'indissolubilità del matrimonio ha i suoi martiri, che la santa Chiesa di Dio celebra ogni anno col fasto dovuto ai suoi figli più illustri. Il 22 giugno, nel martirologio romano si legge: "Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso Moro, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra.
Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule". San Giovanni Fisher e san Tommaso Moro furono decapitati per aver difeso l'indissolubilità del matrimonio contro il divorzio di Enrico VIII da Caterina d'Aragona. In tal modo rimasero fedeli al papa come a capo supremo della Chiesa, negando il giuramento di fedeltà al re Enrico VIII che si era proclamato "Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra".
In un momento storico come quello attuale in cui par si voglia mettere in discussione anche l'indissolubilità del matrimonio, occorre rispolverare il passato e meditare a fondo sullo scisma d'Inghilterra, originato da un divorzio, e sul sangue dei suoi martiri, che ancor oggi continua a proclamare che il sacramento del matrimonio è di diritto divino.
La questione dell'indissolubilità del matrimonio si pose nel 1525 quando il re d'Inghilterra Enrico VIII, non avendo avuto eredi maschi da Caterina d'Aragona, si preoccupò della sua discendenza. Enrico era ancora cattolico al punto di aver meritato dal papa Leone X, nel 1521, il titolo di "defensor fidei" per la sua apologia dei sacramenti della Chiesa cattolica contro l'eresia luterana, titolo che – con ironica incongruenza – rimane coniato tuttora sulle monete inglesi.
Poiché Caterina era la vedova di suo fratello, Enrico pensò di poter metter in dubbio la validità del matrimonio. La storia mostrerà che – più che la preoccupazione per il trono – fu la sua passione per Anna Bolena, per altro cortigiana della moglie, che lo condusse al divorzio da Caterina e al susseguente scisma. Infatti, quando papa Clemente VII si rifiutò di annullare il matrimonio, Enrico gli disobbedì e si proclamò "Capo Supremo della Chiesa d'Inghilterra", incorrendo nella scomunica. Ecco il succedersi degli eventi.
Nel 1527 il re aveva consultato – tra gli altri – Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, circa lo stato del suo matrimonio con Caterina d'Aragona che Enrico riteneva essere invalido. Fisher assicurò il re che non vi era il minimo dubbio sulla validità del matrimonio e che era pronto a difendere tale asserto davanti a chiunque. Per descrivere l'atteggiamento di Giovanni Fisher, il segretario del cardinal Campeggio, legato pontificio, nel 1529 così scrisse di lui: "Per non mettere in pericolo la sua anima, e per non essere sleale col re o mancare al dovere verso la verità in una materia così importante, egli dichiarò, affermò e dimostrò con ragioni probanti che il matrimonio del re e della regina non poteva essere sciolto da nessun potere umano o divino e per questo era disposto a dare la vita".
Nel 1525, il vescovo di Rochester aveva scritto: "Una riflessione che mi colpisce profondamente circa il sacramento del matrimonio è il martirio di san Giovanni Battista, che morì per aver rimproverato la violazione del matrimonio. C'erano crimini in apparenza molto più gravi per la cui condanna il Battista poteva esser giustiziato, ma non c'era crimine più adatto dell'adulterio che potesse causare lo spargimento di sangue dell'amico dello sposo, poiché la violazione del matrimonio non è un insulto di poco consto a Colui che è lo Sposo per antonomasia". A quel tempo, il problema del divorzio del re e della regina non era ancora stato sollevato. Ma le circostanze della morte di Fisher lo avvicineranno non poco alla sorte del Battista. Entrambi imprigionati, entrambi decapitati, entrambi vittime di donne impure. Ma ciò che Erode fece a malincuore, Enrico VIII compì con piena e crudele deliberazione.
Giovanni Fisher scrisse diversi libri in difesa di Caterina. I vescovi, che temevano l'ira del re – indignatio regis mors est, solevano dire –, lo invitarono a ritrattare, ma invano. Egli non poteva negare ciò che sapeva essere la verità.
La situazione, intanto, lungi dal sedarsi diveniva sempre più scottante. Il re, con le sue manie dittatoriali, non aveva alcuna intenzione di cedere. Roma aveva inviato i suoi legati per risolvere la complessa vicenda. Il clero inglese – salvo il vescovo di Rochester – era tristemente compatto nella resa, ossia nella desistenza all'autorità del re che finì col proclamarsi "Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra", atto, questo, reso possibile proprio dalla capitolazione dei vescovi con quella che è passata alla storia come la "sottomissione del Clero" del 15 maggio 1532. Il giorno dopo, Tommaso Moro, fino a quel momento gran cancelliere d'Inghilterra, rassegnò le sue dimissioni. Piuttosto che scendere a compromessi, preferì ritirarsi. Nel 1533 Enrico sposò Anna Bolena e nel 1534, attraverso il cosiddetto "Atto di Supremazia", si proclamò "capo supremo sulla terra della Chiesa d'Inghilterra".
Tutti i vescovi prestarono il loro giuramento sulla supremazia del re in campo religioso tranne uno, Giovanni Fisher, il quale fu subito imprigionato nella torre di Londra, dove, durante i lunghi mesi di cattività, scrisse tre opere, due in inglese (A spiritual consolation e The ways of perfect religion) ed una in latino sulla necessità della preghiera. Nel medesimo giorno, il 13 aprile del 1534, venne fatto arrestare anche Tommaso Moro.
Durante la prigionia di Giovanni Fisher e Tommaso Moro (aprile 1534-giugno 1935), Enrico VIII proseguì con tenacia l'organizzazione d'una chiesa nazionale indipendente da Roma. Il re tentò di conquistare Giovanni Fisher alla sua causa attraverso la mediazione di alcuni vescovi che lo visitarono nella sua prigione. Durante uno di questi colloqui, Giovanni Fisher esortò i presuli ad essere uniti "nel reprimere l'intrusione violenta ed illegale fatta ogni giorno contro la comune madre, la Chiesa di Cristo" piuttosto che nel promuoverla. Fu quella l'occasione per pronunciare il suo storico giudizio sui suoi fratelli nell'episcopato: "La fortezza (ossia la Chiesa, ndt) è tradita da coloro stessi che dovrebbero difenderla!".
Il 7 maggio il re inviò uno dei suoi consiglieri per tentare ancora una volta di piegare Fisher al compromesso. Il santo Vescovo ribadì senza mezzi termini che "secondo la legge di Dio, il re non è né può essere il Capo supremo della Chiesa d'Inghilterra". Enrico non aveva bisogno d'ulteriori prove, e quando papa Paolo III – nella speranza di salvare la vita al vescovo di Rochester – lo nominò cardinale di Santa Romana Chiesa, Enrico VIII, alludendo all'imminente decapitazione del Santo, disse che il Sovrano Pontefice poteva ben inviare la berretta rossa, ma questa non avrebbe trovato più la testa su cui posarsi.
La sentenza venne eseguita alle 10 del 22 giugno 1535 nella Torre di Londra: la sua testa rimase esposta all'ingresso del ponte di Londra fino al 6 luglio, quando venne gettata nel Tamigi e sostituita da quella di Tommaso Moro, che nella sua autodifesa, dopo la condanna a morte, disse che la vera causa della sua accusa di tradimento era stato il rifiuto di accettare l'annullamento del matrimonio di Enrico con Caterina.
Prima di morire, mentre nella torre di Londra Fisher meditava sull'incredibile cambiamento di scena avvenuto in Inghilterra negli ultimi 10 anni. "Guai a noi – scrisse nel suo libro sulla necessità della preghiera – che siamo nati in questi tempi maledetti, tempi – e lo dico piangendo – in cui chiunque abbia il minimo zelo per la gloria di Dio [... ] sarà mosso al pianto vedendo che tutto va alla rovescia, il bell'ordine delle virtù è capovolto, la luce spendente della vita è estinta, e della Chiesa non è rimasto nulla se non palese iniquità e falsa santità. La luce del buon esempio è spenta in coloro che dovrebbero brillare come lucerne in tutto il mondo […]. Purtroppo da loro non viene alcuna luce, ma solo tenebre oscure e inganno pestilenziale per cui innumerevoli anime si perdono". Queste parole erano indirizzate anzitutto ai vescovi che, mancando gravemente al loro dovere di pascere il gregge di Cristo, invece di opporsi, con l'esempio e la predicazione, alla tirannia di Enrico, avevano tristemente cooperato all'apostasia con il loro silenzio colpevole.
San Tommaso Moro, nella stessa prigione e nel medesimo tempo, scriveva il suo "De tristitia Christi", la sua opera sull'infinito amore e l'inesausta misericordia di Dio. Anche lui, riflettendo sull'apostasia dei vescovi inglesi, scriveva: "Se un vescovo è sopraffatto da uno stupido sonno che gli impedisce di compiere il suo dovere di pastore delle anime – come il capitano pauroso di una nave che, atterrito dalla tempesta, si nasconde e abbandona l'imbarcazione alle onde – se un vescovo agisce in questo modo, io non esito a paragonare la sua tristezza a quella che conduce all'inferno. Anzi, la considero assai peggiore poiché tale tristezza in questioni religiose sembra derivare da una mente che dispera dell'aiuto di Dio".
Giovanni Fisher e Tommaso More furono giustiziati e, cogliendo la palma d'un glorioso martirio, volarono dalla prigione terrena ai gaudi dell'eterna beatitudine. Con san Giovanni Battista, essi sono i martiri dell'indissolubilità del matrimonio come non mancò di affermare Pio XI in occasione della loro canonizzazione: essi morirono perché non desistettero di "illustrare, provare e difendere coraggiosamente la santità del casto connubio".
Ma quale fu la sorte di Enrico VIII dopo il suo divorzio da Caterina d'Aragona? Il re "sposò" Anna Bolena che, tre anni dopo, egli stesso fece giustiziare con l'accusa di alto tradimento, incesto e adulterio. Il giorno dopo l'esecuzione, il re "sposò" Jane Seymour, che morì nel 1537, un anno dopo, per complicazioni sopravvenute nel dare alla luce l'unico erede maschio alla corona, Edoardo VI. Enrico sposò allora, nel 1540, Anna di Cleves da cui divorziò pochi mesi dopo per sposare Caterina Howard, anch'essa fatta giustiziare dal re, nel 1542. L'ultima moglie fu Caterina Parr, che scampò alla morte perché questa colse prima Enrico, nel 1547.
Durante il suo ultimo connubio, il corpo di Enrico VIII, obeso, iniziò ad essere coperto di ulcere purulente. Morì all'età di 55 anni, nel 1547. Le sue ultime parole furono: "Monaci, monaci, monaci", che probabilmente manifestavano il suo rimorso per aver espulso tanti monaci dai loro monasteri ed usato i loro beni per le sue guerre.
Un frate francescano gli aveva predetto che, come accadde al re Acab che fu maledetto da Dio, anche il suo sangue, dopo la morte, sarebbe stato leccato da cani. E così avvenne. Dalla bara di Enrico VIII fuoriuscì del liquido che subito divenne la bevanda di un cane.
A questa macabra fine si aggiunge un fatto storico degno di nota. Enrico VIII aveva giustificato il suo divorzio da Caterina col pretesto di voler dare un discendente maschio alla corona inglese. Ma, nonostante i suoi 5 successivi "matrimoni", il re – morto l'unico erede maschio a meno di 18 anni – non riuscì a perpetuare la dinastia dei Tudor che, infatti, terminò con Elisabetta I, la quale, rimasta nubile, fece sì che la corona passasse agli Stuart. A chiudere la dinastia dei Tudor fu dunque l'unica figlia di Anna Bolena, colei che Enrico – divorziando da Caterina – aveva sposato per assicurare la discendenza alla corona.
Lo scisma anglicano è fondato su un divorzio. Se l'indissolubilità del matrimonio venisse negata, occorrerebbe per logica revocare la scomunica di Enrico VIII e a tutta la chiesa anglicana da lui fondata. Ma rimarrebbe il sangue dei martiri di quell'indissolubilità a testimoniare che il matrimonio è di diritto divino e nessuno, neppure "la Chiesa ha su di esso alcun potere" ..
I Vescovi inglesi del XVI secolo mancarono gravemente al loro dovere per quella pusillanimità di cui spesso si macchiano gli uomini di Chiesa. Lo scisma della Chiesa inglese fu dovuto non tanto alla forza malvagia di Enrico VIII quanto alla loro desistenza, solennemente manifestata con l'inglorioso Atto di "sottomissione del Clero" del 15 maggio 1532.
L'indissolubilità del matrimonio è nell'ora attuale al centro di un acceso dibattito. Memori di ciò che avvenne nel XVI secolo in Inghilterra, non ci stupiremo di trovare nella Chiesa vescovi pavidi e pronti alla resa. Confidiamo che la divina Provvidenza susciti miracolosamente anime generose, pronte a difendere i diritti di Dio, vescovi e laici emuli di san Giovanni Fisher e Tommaso Moro. Ma soprattutto speriamo che, nello scenario decadente che è sotto i nostri occhi, non ci tocchi la cattiva sorta di trovare nelle gerarchie ecclesiastiche qualche novello Erode o Enrico VIII: quod Deus avertat!

Nota di BastaBugie: sulla vicenda di San Tommaso Moro ed Enrico VIII c'è il bellissimo film del 1966 "Un uomo per tutte le stagioni" che vinse ben sei premi oscar tra cui: miglior film, migliore regia, migliore attore protagonista, miglior sceneggiatura. Per informazioni e per vedere il trailer
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=4

Fonte: Corrispondenza Romana, 26/02/2014

7 - INTERVISTA A SOCCI: NON POSSIAMO ASPETTARE I PRETI
''Tocca a noi, padri e madri, combattere il mondo''
Autore: Luigi Amicone - Fonte: Tempi, 17 febbraio 2014

Lo Straniero. Così titola il suo popolarissimo blog. E così è, Antonio Socci. Straniero come Straniera, cantava la poesia di Eliot, è la Chiesa per il mondo. Collega per tanti anni al Sabato e compagno di diaspora. Giornalista e scrittore. Artefice di un'indimenticata e, ad oggi, ineguagliata, strenua ricerca sulla "storicità dei vangeli", che ha consegnato quel nostro piccolo giornale alla posterità (poiché pochi hanno capito a tutt'oggi, soprattutto nella Chiesa, le scoperte divulgate da Socci sui frammenti di vangelo di Marco a Qumram e facilmente si è creduto di espungere una categoria, "avvenimento", che è tutto il cristianesimo, come ha confermato papa Francesco nella sua Evangelii Gaudium: «Non mi stancherò di ripetere quelle parole di Benedetto XVI che ci conducono al centro del Vangelo: "All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e, con ciò, la direzione decisiva"»).
E va bene. (Per adesso) non gli staremo a chiedere lumi sulla questione che si sta ponendo da qualche tempo sulle pagine di Libero. E cioè quale sia stata la ragione puntuale del "ritiro" di Benedetto XVI, dopo che il 25 settembre 2011, sullo stesso Libero, fu lui l'autore dello scoop che ne aveva previsto il "ritiro" ben prima dell'inizio di Vatileaks, allo scoccare degli 85 anni. Esattamente quello che poi è avvenuto. Per adesso, parliamo di cristiani e laici di "strada" che sembrano ondeggiare tra il consenso vasto e euforico a papa Francesco, e la loro condizione storica di paria, nel primo così come negli altri mondi. Con un'unica e in effetti notevole differenza: ecco, l'"Obamacare" americano non è certamente il Boko Haram nigeriano.
Antonio, in questi giorni ricorre un doppio anniversario: quello del riconoscimento della Fraternità di Comunione e liberazione da parte della Chiesa e del suo ancoraggio canonico alla pietra di san Benedetto a Montecassino. E il nono anniversario dalla morte di don Giussani. Il quale una volta ci disse, di ritorno dalla Terra Santa, che solo una vita, la vivezza di una fede, si comunicano e travolgono il mondo, non un potere derivato da una storia o un ordinamento intellettuale teologico. Come ti suonano oggi queste osservazioni del Giuss?
Sento due parole: Montecassino e casa di Nazareth. Ricordi la famosa battuta, la guerra è una cosa troppo seria per lasciarla fare ai generali? Ecco, c'è una responsabilità che noi abbiamo come uomini e come donne, come padri e come madri, davanti a quello che abbiamo incontrato. Il momento storico in cui viviamo è un gran casino. Esattamente come lo era al tempo di Benedetto. Allora, dopo il crollo totale di una civiltà, non un prete, ma un laico, un giovane, un semplice battezzato, Benedetto, è ripartito dall'essenziale, Cristo, e ha trascinato con sé tutti e un grande papa, Gregorio, ha ricostruito tutto da lì. E poi è andata sempre così. Pensa a secoli dopo, quando l'Europa sembrò ai vertici della sua potenza e invece ancora una volta l'edificio eccelesiale stava di nuovo per crollare, Gesù parla a una persona, le dice: «Ripara, ricostruisci la mia chiesa». E chi è costui? Un ecclesiastico? Un cardinale? Un vescovo? Un teologo? Un papa? No, è Francesco, un ragazzo di Assisi.
Tutto il cristianesimo è una storia di laicità, di uomini e di donne travolti dalla vita di Gesù. Purtroppo noi abbiamo ancora questa immagine terribilmente clericale, invece è stato sempre così, battezzati, uomini, donne, nel momento più cupo, quando il papato sembrava lì lì per diventare il cappellano del re di Francia, chi salva il papato? Ancora una volta una laica, una ragazza analfabeta, una popolana, Caterina da Siena.
Il cristianesimo è una grande storia di popolo. Ma noi ci siamo dimenticati che il sacerdozio ministeriale è solo un servizio al sacerdozio universale. Siamo noi battezzati, Re, sacerdoti e profeti. Siamo tenuti a questa testimonianza. Basta star lì ad aspettare che sia la gerarchia ecclesiastica a dirci fai questo e quest'altro. Pensa a Nazareth, di cosa stiamo parlando? Di una accademia teologica? Di un episcopio? No, la casa di un falegname, un padre, una madre, un figlio. È da lì che si scatena tutto, non da una mente o da una struttura sofisticata.
I cultori di un Vaticano II che «non è mai esistito», per dirla con Ratzinger,  quel Concilio che avrebbe spalancato le porte al mondo per disciogliersi nel mondo invece che strapparlo dal non senso ultimo di ogni suo affanno, con papa Francesco tentano di dimostrare che finalmente si è chiusa una stagione "conservatrice". Insomma, papa Francesco sarebbe la "svolta" che archivia la Chiesa giovanpaolina e ratzingeriana…
Ci siamo rotti e strarotti di sentire preti e cosiddetti laici (che magari si definiscono pure atei o agnostici) che parlano del Concilio in termini clericali, cioè di potere e di rivendicazione di un potere. Il Concilio Vaticano II siamo noi. Noi lo facciamo perché siamo noi i laici cristiani, il popolo cristiano. Il Vaticano II non ha forse richiamato la responsabilità della gente, dei laici, dei padri e delle madri? Dice due cose il Concilio: basta il battesimo a testimoniare Cristo e, secondo, il cristianesimo è popolo. Punto e stop. Per cui, anche qui, sottraiamo ai chierici e ai teologi il Concilio Vaticano II. Liberiamoci!
Posso darti due chicche di Péguy? Le conosci, ma oggi godono di particolare attualità e non solo per queste stronzate di genitori A e B. «C'è un solo avventuriero al mondo – scrive Péguy – e ciò si vede soprattutto nel mondo moderno: è il padre di famiglia. Solo lui è letteralmente coinvolto nel mondo, nel secolo, solo lui è letteralmente un avventuriero, corre un'avventura. Lui naviga su questa rotta immensamente larga. Lui solo non può affatto passare senza che la fatalità si accorga di lui. Gli altri scantonano sempre, possono permettersi di infilare sotto la testa. Lui, lui deve nuotare di spalle, deve risalire tutte le correnti, deve infilare le spalle, il corpo e tutte le membra. Gli altri scantoneranno sempre, sono carene leggere, sottili come lame di coltello, lui è la nave grossa, pesante come bastimento da carico». Capisci? Questo è il momento dei padri e delle madri. Noi difendiamo la nostra fede. E basta. Non c'è da aspettarsi niente da altri, teologi, apparati, chierici, niente: siamo noi, difendiamo i nostri figli, le loro anime e la loro avventura umana.
E questa è una specie di carezza che da Péguy arriva alla nostra generazione. «Si tratta di sapere se le nostre fedeltà moderne, voglio dire se le nostre convinzioni cristiane in pieno mondo moderno assalite da tutti i venti, battute da tante prove e che sono uscite intatte da questi due secoli di prove intellettuali (e noi potremmo dire da questi quarant'anni, ndr), non ricevano una singolare bellezza, una bellezza non ancora ottenuta, una grandezza singolare agli occhi di Dio. Le nostre fedeltà sono delle cittadelle, cittadelle crociate come quelle che trasportavano popoli interi e gettavano dei continenti gli uni sugli altri sono rifluite su di noi oggi, sono ritornate fino nelle nostre case. Il più piccolo di noi è letteralmente un crociato. Noi tutti siamo degli isolotti battuti nel mare da un'incessante tempesta e le nostre case sono tutte delle fortezze nel mare». Come dire, tiriamo fuori i nostri attributi e riprendiamoci la nostra responsabilità nel mondo. Perché basta il nostro battesimo. Come ci è stato insegnato dal nostro maestro Giussani, il solo battesimo ci abilita a testimoniare Cristo. Tanto è vero che nel corso dei secoli il popolo cristiano ha difeso la fede pagando con la vita anche quando i chierici, le avanguardie, se l'erano data a gambe.
Bisogna ribaltare la prospettiva e capire che questa situazione di grande caos è la situazione più propizia. Come al tempo di Benedetto. Basta maledire la notte, ciascuno cominci ad accendere la propria candela. E infatti, sai dove ho trovato questa citazione di Péguy? In piena occupazione della Francia da parte delle truppe naziste, padre Henri de Lubac scrive il grande saggio sul Dramma dell'umanesimo ateo. Uno dice: ma come, questo non aveva altro a cui pensare che a Marx, Comte e Nietzsche, nel pieno di una tragedia che trascinava a mare il proprio popolo? In realtà De Lubac scrive un libro proprio su quel momento storico della Francia. Nietzsche erano i nazisti, Marx era l'Unione Sovietica, Comte era una classe di eletti che purificava tutte le altre. E così nota De Lubac in margine a Péguy: «Pagine simili dovrebbero esser conosciute a memoria da tutti i giovani cristiani». Era esattamente come oggi, nel momento più cupo che si potesse immaginare.
Sembra che i vecchi schemi per valutare i cattolici (integralisti/dialoganti, conservatori/progressisti, neocon/democratici) stiano lasciando il passo alla più elementare e manichea delle discriminanti. Quella tra "buoni" e "cattivi" cattolici. Da una parte quelli dell'"egemonia", dall'altra i "puri", cioè coloro i quali si tengono lontani dal "potere". Tu come la vedi?
La vedo come la vedeva Giussani in queste sue parole citate a pagina 523 dal suo biografo Alberto Savorana nel libro Vita di don Giussani: «Ci chiamano integristi proprio rabbiosamente, con razzismo ideologico, perché sono pronti ad amare qualunque persona, qualunque idea (…) salvo di essere prontissimi a odiare i loro confratelli cristiani che non la pensano come loro! Ci chiamano integristi perché noi urgiamo la Fede! Loro obiettano: "Ma la fede non guarda il potere… così se siamo perseguitati è meglio!" Come  "se siamo perseguitati è meglio?". È una frase da intellettuali! Perché nella persecuzione chi ci lascia le penne sono i più deboli, i più poveri! Nelle catacombe, se Dio ci manda, noi invocheremo lo Spirito, ma andarci senza cercare di difendersi, è cretino!».
Come giudichi fenomeni come la Manif in Francia, ora anche in Italia, o queste Sentinelle che si dispongono in silenziosa protesta contro il ddl Scalfarotto e l'introduzione delle "teorie del gender" nelle scuole? E della lettera aperta lanciata dal Foglio che chiede al Papa di «reagire al ricatto delle avanguardie fanatizzate del mondo secolare» che dici?
La Manif è un bellissimo esempio di quello che dicevo prima, cioè di padri e di madri che a un certo punto si sono detti: «Vabbè, adesso tocca a noi difendere quello che siamo, il senso della nostra storia, la nostra patria, l'anima e il futuro di nostri figli». E si sono messi per strada. Credo che non ci sia niente che il potere tema più di questo: un grande movimento di padri e di madri. Anche perché oggi l'attacco è lì, alla nostra stessa condizione creaturale di padri, di madri e di figli. E ben venga anche la lettera al Papa pubblicata dal Foglio.
Vogliamo dire una cosa? Io ringrazio Dio ogni giorno per averci dato compagni di strada come Giuliano. È un cavaliere d'altri tempi. Un grande. E un'intelligenza luminosa. Quando penso a uomini come lui, che sento fratello nell'anima, mi viene in mente quello che sant'Agostino scrive nella Città di Dio… Dice che ci sono alcuni della città del mondo che in realtà appartengono alla Città di Dio e alcuni della Città di Dio che appartengono al Nemico. Ecco, Giuliano è un uomo di Cristo. Non sono sempre d'accordo con lui, su diverse cose possiamo discutere, ma è fantastico quando il Signore fissa nel cuore un uomo, un uomo vero. Lì esplode qualcosa di grande, una passione per la verità che non lascia più tranquilli. E poi, anche nelle dimensioni, ricorda Chesterton (se la ride, il Socci, ndr).

Fonte: Tempi, 17 febbraio 2014

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: L'AFFETTO DEI NOSTRI LETTORI PER MARIO PALMARO
Lo scrittore prolife è stato un grande amico di BastaBugie: di lui abbiamo pubblicato oltre cento articoli; adesso possiamo aiutare economicamente la sua famiglia...
Fonte Redazione di BastaBugie, 18 marzo 2014

Gentile redazione di BastaBugie,
mi unisco al dolore dei figli, della moglie e dei familiari tutti dello stimatissimo Mario Palmaro. E mi unisco alle preghiere di tutti in suffragio della sua bella anima, innamorata di Dio e della Sua Chiesa. Grazie Mario per il lodevole servizio reso a Dio e alla Sua Chiesa.
Eleonora

Cari amici, mi unisco al vostro cordoglio e alle vostre preghiere e anche a quello dei suoi cari, per la morte del dr. Mario Palmaro, strenuo difensore e generoso propagatore delle verità cristiane; mi auguro che possa godere nel regno celeste il premio dei frutti del suo lavoro e possa ottenere il dono di un altro collaboratore che possa continuare con voi la missione della diffusione della genuina dottrina cattolica, per il bene dell'umana società.
don Mariano

Il Signore lo ha accolto fra le sua braccia, giusto fra i giusti. Forse troppo presto per i nostri limiti umani ma ora abbiamo un santo in più a cui rivolgersi e ispirarci. Invoco  la Grazia di Dio che infondi il cuore dei suoi bimbi e di sua Moglie di consolazione e serenità.
Giovanni

Carissimi amici, con sommo dolore, apprendo la notizia della morte  immatura di un'anima bella e luminosa. Mi unisco a voi col pensiero e col cuore , alla pena della famiglia e pregherò per Lui. Affettuosi saluti
M. Teresa

Grazie BastaBugie, anche per aver condiviso le sue riflessioni sulla malattia. Più tardi girerò questo articolo ai miei contatti perché si uniscano alla preghiera e leggano le sue riflessioni. Ieri mattina ho pianto dopo aver letto la notizia del decesso... Tra le famiglie che pregavano con i bimbi c'eravamo anche noi. Non lo conoscevo personalmente ma grazie ai vostri video e ai suoi articoli, mi pareva di conoscerlo da tanto. Penso alla moglie e ai figli e vorrei tanto poter fare qualcosa per loro. Nella gloria di Dio ci aiuterà in questo momento storico così interessato dagli assalti del maligno alla Vita e alla Famiglia.
Fabio

Mi unisco alle preghiere per la partenza di Mario, pur non avendo potuto conoscerlo di persona, ma ci si conoscerà in cielo.
Giuseppina

Che il Cielo abbia in gloria il professore e amico Mario e conforti i suoi cari.
Per chi non lo conoscesse, ricordo solo che era un grande padre e un grande uomo, oltre che apologeta e lottatore per la Verità e la Vita. Ci mancherà.
Angela

Domenica scorsa l'amico Mario Palmaro si è addormentato in attesa della risurrezione. Ci stringiamo in preghiera accanto alla moglie Anna Maria e ai figli: Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto.
Mario Palmaro ha fatto ben otto conferenze nel nostro Centro Culturale "Amici del Timone" di Staggia Senese (ben due nell'ultimo anno!). Per questo e per l'amicizia che ci ha sempre dimostrato gli saremo eternamente grati. Partecipare al funerale a Monza è stata un'esperienza (strano a dirsi per un funerale) bellissima.
Personalmente gli sono grato anche per la telefonata che ha voluto farmi dieci giorni prima di morire. Lo reputo un grande, ultimo, gesto di amicizia.
don Stefano

Nota di BastaBugie: Mario Palmaro è stato un grande amico di BastaBugie: di lui abbiamo pubblicato oltre cento articoli. Clicca qui sotto per vedere l'elenco
https://www.bastabugie.it/it/ricerca.php?autore_ricerca=Mario%20Palmaro
Alcune volte ci ha scritto per elogiare qualche nostra scelta editoriale e per incoraggiarci nel servizio alla verità.
La redazione di BastaBugie assicura preghiere per lui e per la sua famiglia per affidarlo al Signore della vita. Oltre alle preghiere è necessario un aiuto economico, ecco perché ci uniamo all'appello di Fede & Cultura per un aiuto economico alla moglie e ai figli in questo momento di difficoltà. Bastano due euro al mese!
Cari amici di Mario Palmaro e di Fede & Cultura,
la chiamata al Cielo di Mario ci ha lasciati tutti con un dolore e un vuoto profondo. La sua capacità di spiegare cose complesse nel campo bioetico con parole semplici, comprensibili anche ai non addetti ai lavori, il suo zelo per la Chiesa Cattolica e la sua purezza liturgica e dottrinale, la sua difesa intransigente della vita dal suo inizio naturale alla sua fine, sono un tesoro che non andrà perso.
Oggi Annamaria, moglie di Mario, casalinga e mamma dei loro quattro bambini Giacomo, Giuseppe, Giovanna e Benedetto, è sola a dover crescere una famiglia numerosa.
Sento mio personale dovere di solidarietà, come amico di Mario e come suo editore e presidente di Fede & Cultura, di farmi carico, nella misura delle mie possibilità, della famiglia alla quale Mario non può più provvedere economicamente. So che dal Cielo li assiste e fa il tifo per loro, ma so che tutta la comunità dei credenti e delle persone di buona volontà cui è cara la verità, ha ora il dovere di sostenere questa famiglia.
Credo che la cosa da fare sia non solo dare un contributo una tantum, ma di impegnarci per far crescere e studiare i figli di Mario e Annamaria con un contributo mensile. Se mille estimatori di Mario dessero due euro al mese, Annamaria avrebbe una base indispensabile per vivere.
Questo impegno deve essere continuativo almeno per i prossimi vent'anni, fino alla conclusione cioè degli studi dei bambini. È un impegno lungo ma molto piccolo, un dovere e un atto di carità nei confronti di un eroe della Fede e della sana Cultura. Chiedo a tutti di impegnarsi a dare quindi almeno 24 euro all'anno per i prossimi anni, con una disposizione presso la vostra banca o con una donazione unica di 480 euro (24 euro X 20 anni). Questa è una proposta, ma chi può dare di più sappia con certezza che Dio ricompensa donando sempre il centuplo. Se riusciamo in mille a fare questo piccolo grande atto di dovere e di carità avremo fatto una cosa grandiosa! Se saremo di più - e lo spero - oltre al pane potremo dare anche il companatico a questi figli che ora sentiamo anche un po' nostri.
La sottoscrizione non sarà più pubblica, come ci è stato chiesto da molti amici, in modo sia solo il Buon Dio a rendere merito di questa carità. Nella causale di bonifico indicate "Per famiglia Palmaro" con il vostro nome e cognome. Lo stesso dicasi in caso usiate la carta di credito o paypal.
Tutte le donazioni per la famiglia Palmaro saranno interamente ed esclusivamente destinate al Fondo che si costituirà per questa finalità.

Ringraziamo tutti coloro che stanno contribuendo al sostegno della famiglia di Mario Palmaro. Dopo i primi contributi che stanno giungendo sul conto dell'Associazione Fede & Cultura si è deciso di costituire una nuova associazione che avrà come unico scopo statutario la raccolta di fondi da devolvere mensilmente alla famiglia Palmaro. Sono necessari brevi tempi tecnici al termine dei quali verrà comunicato un nuovo numero di conto corrente dedicato. Nel frattempo i versamenti possono continuare sul conto già comunicato. L'intera cifra nel frattempo raccolta sarà immediatamente trasferita sul conto della nuova associazione appena questo sarà aperto.
Qui di seguito le indicazioni operative.
Con bonifico bancario sul conto postale n. IT57V0760111700001013008808 intestato a Fede e Cultura Associazione con causale "Per famiglia Palmaro"
Con bollettino di conto corrente postale sul c/c 1013008808 intestato a Fede e Cultura Associazione con causale "Per famiglia Palmaro"
Con carta di credito o Paypal andando alla pagina
http://fedeculturaassociazione.blogspot.it/2014/03/sosteniamo-la-famiglia-palmaro.html
Grazie per quello che anche voi, insieme a noi, farete!
Giovanni Zenone, Presidente Fede & Cultura


DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!

Fonte: Redazione di BastaBugie, 18 marzo 2014

9 - OMELIA III DOMENICA DI QUARESIMA - ANNO A - (Gv 4,5-42)
Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23/03/2014)

Il brano evangelico della terza Domenica di Quaresima ci presenta l'episodio di Gesù che incontra una donna samaritana al pozzo di Giacobbe della città samaritana di Sicar. L'episodio è molto significativo per due motivi. Prima di tutto perché si tratta di una città samaritana; e, subito dopo, per il fatto che Gesù parla ad una donna. La Samaria era una regione posta tra la Giudea e la Galilea. Essa era il risultato di una mescolanza di diverse popolazioni. Nel 721 a.C., infatti, gli assiri avevano deportato il meglio della popolazione samaritana, sostituendola con coloni babilonesi ed aramei che portarono con sé i loro culti pagani. Col tempo ne risultò una popolazione mista, sia di razza che di religione, al punto che i giudei non vollero mai considerare i samaritani come fratelli di sangue e di fede. Questo episodio ci insegna che Gesù è venuto per la salvezza di tutti e che il Vangelo deve essere predicato fino agli estremi confini della terra.
Gesù parla ad una donna. Questo stupì non poco i suoi Discepoli. Secondo la mentalità degli ebrei dell'epoca, un uomo non doveva perdere il suo tempo a parlare con una donna della Legge mosaica. Il fatto che Gesù si fermi a parlare con la samaritana al pozzo di Sicar ci insegna la pari dignità che vi è tra l'uomo e la donna.
All'inizio del suo ministero pubblico, andando dalla Giudea verso la Galilea, Gesù prese la via che, attraverso la montagna, passa per la Samaria. Gesù si fermò nei pressi di un pozzo e lì vide una donna che andava ad attingere dell'acqua. Assetato per il lungo cammino, il Maestro divino domanda un po' da bere a quella donna. A nessuno si poteva negare un bicchiere d'acqua; ma, per la parlata di Gesù, quella donna si accorse subito che colui che gli domandava da bere era un ebreo e non un samaritano. Ella si meravigliò che un ebreo si degnasse di fare una simile domanda. Iniziò allora un dialogo.
In cambio di quella poca acqua necessaria per dissetarsi, Gesù promette "l'acqua viva". L'acqua viva è l'acqua di sorgente, l'acqua che zampilla, a differenza di quella di pozzo che è ferma. L'acqua viva simboleggia molto bene la grazia che scaturisce dal Cuore trafitto di Gesù. Di quest'acqua ha parlato la prima lettura di oggi; Dio disse a Mosè: «Tu batterai sulla roccia: ne uscirà acqua e il popolo berrà» (Es 17,6). Quella roccia simboleggiava Cristo Crocifisso, dal cui Costato trafitto uscì sangue e acqua, simbolo di grazia e di salvezza. Di quest'acqua ha parlato anche la seconda lettura di oggi, quando dice che «l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5).
L'acqua è simbolo di grazia e purificazione, ed è importante notare come Gesù parlò di quest'acqua viva e parlò anche della situazione di peccato nella quale si trovava la donna samaritana, la quale conviveva con un uomo che non era suo marito. Un po' per volta, Gesù volle portare quella donna alla conversione, e volle farle comprendere che ella aveva bisogno di una profonda purificazione. La donna si convertì al punto che corse nel villaggio per portare tutti a Gesù. In più occasioni Gesù aveva presentato i samaritani, a differenza dei farisei, come i più sensibili alla sua predicazione. Pensiamo ad esempio alla bella parabola del Buon Samaritano: essa doveva risuonare come un severo rimprovero per i maestri della Legge.
Come quella donna, anche noi abbiamo avuto bisogno della grazia purificatrice. Questa grazia l'abbiamo ricevuta nel giorno del nostro Battesimo, con il quale ci è stato tolto il peccato originale. Il Battesimo si riceve una sola volta nella vita, mentre noi pecchiamo ogni giorno, e ogni giorno abbiamo bisogno di perdono e purificazione.
Dopo il Battesimo, la grazia del perdono e della purificazione ci è offerta dal sacramento della Confessione. Questo Sacramento si può ricevere molte volte. La Chiesa ci fa obbligo di riceverlo perlomeno una volta all'anno. Si capisce però che ci è fortemente raccomandato di confessare i nostri peccati molto più spesso, ogni mese, o anche ogni settimana se ci è possibile. Facendo così, l'acqua della grazia ci purificherà continuamente e la nostra anima sarà più bianca della neve.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
www.ilgiornodelsignore.it

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 23/03/2014)

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