BastaBugie n�359 del 25 luglio 2014

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1 IRAQ: COME I NAZISTI CON GLI EBREI, COSI' I MUSULMANI MARCHIANO LE CASE DEI CRISTIANI PER STERMINARLI
L'Occidente ignora il massacro, mentre i musulmani moderati non intervengono (motivo: nell'islam non esistono i moderati)
Autore: Luigi Santambrogio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IRAQ: COSI' MUORE IL CRISTIANESIMO
Per la prima volta nella storia, a Mosul, seconda città dell'Iraq, non vi sono più cristiani perché quelli rimasti hanno dovuto scegliere se rinnegare la fede o morire. Poi hanno bruciato le loro chiese...
Autore: Valentina Colombo - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 STUPENDO, MA QUASI SCONOSCIUTO IL FILM SULLA STORIA VERA DI UNA CRISTIANA CHE HA SPOSATO UN MUSULMANO
Per l'islam la moglie è proprietà del marito e i figli devono seguire la religione del padre
Fonte: Film Garantiti
4 NON ESISTE L'EDUCAZIONE NEUTRA: AI GIOVANI VANNO PROPOSTI IL VERO, IL BENE E IL BELLO
Il criterio della vita non può essere il soddisfacimento immediato di ogni desiderio, ma un cammino paziente che ci fa amare la vita
Autore: Luisella Saro - Fonte: Cultura Cattolica
5 PERCHE' I SACERDOTI NON SI SPOSANO?
La domanda è un'altra: perché Gesù non si è sposato? Forse perché era brutto e non lo voleva nessuno? Oppure perché al contrario non trovava una moglie adeguata? Oppure perché è morto giovane? No, Gesù in realtà era sposato... con la Chiesa!
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Il Timone
6 SPAGNA: ORA DI RELIGIONE A RISCHIO
Con la Dc in Italia furono approvati divorzio e aborto, ora in Spagna col Partito Popolare è a rischio la religione nelle scuole
Fonte: No Cristianofobia
7 SEXTING: COSA FARE COME GENITORI?
Tra gli adolescenti è di moda inviare foto di se stessi o di amici in pose erotiche attraverso cellulari e computer... ma quello che inizia come un gioco innocente ha conseguenze gravissime
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia
8 LA DIVISIONE E' OPERA DEL DEMONIO, MA L'UNITA' E' POSSIBILE SOLO NELLA VERITA'
Mettere da parte la Verità in nome del dialogo con il Mondo o della concordia a tutti i costi non è da cristiani, cioè da seguaci di Cristo: via, verità e vita
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Il Giudizio Cattolico
9 OMELIA XVII DOM. DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 13,44-52)
Trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IRAQ: COME I NAZISTI CON GLI EBREI, COSI' I MUSULMANI MARCHIANO LE CASE DEI CRISTIANI PER STERMINARLI
L'Occidente ignora il massacro, mentre i musulmani moderati non intervengono (motivo: nell'islam non esistono i moderati)
Autore: Luigi Santambrogio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/07/2014

Una "N" che a prima vista potrebbe essere scambiata per il faccino sorridente di uno smile: invece è una lettera in arabo, racchiusa all'interno di un cerchietto. Quella "N" sta per "Nasara", seguace del Nazareno, cioè cristiano, cioè nemico da distruggere, da estirpare e sterminare. Impossibile non associare questo nuovo sfregio ai cristiani dell'Iraq con la Stella gialla, disegnata nelle città tedesche sulle abitazioni degli ebrei nella famigerata "Notte dei Cristalli", il pogrom condotto dai nazisti nel 1938 che portò alla morte di centinaia di persone, alla distruzione di più di mille sinagoghe e di oltre 7500 negozi gestiti da ebrei. Il simbolo dell'infamia venne poi cucito sulle casacche a righe dei condannati nei lager.

IL MARCHIO DELLA VERGOGNA
Come quelle stelle, 75 anni dopo, la "N" è il marchio della vergogna che a Mosul, nuova capitale del califfato istituito dalle bande dei fondamentalisti islamici sunniti, compare sulle case dei cristiani a segnalarli come obiettivo da colpire: o se ne vanno oppure pagano una tassa di sottomissione al Califfato, cosa che comunque non gli garantirà salva la vita. Nel regno del terrore islamico, le abitazioni sono requisite e distribuite ai fiancheggiatori dell'Isis (lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante) e le forniture di cibo a prezzi calmierati e di gas negate alle popolazioni che non sono di osservanza sunnita. Verrebbe da gridare siamo tutti "Nazareni" (quante volte lo abbiamo fatto per i tibetani schiacciati dai cinesi, gli americani attaccati a New York da Bin Laden, gli ebrei massacrati dai kamikaze palestinesi o i palestinesi bombardati dagli israeliani e tutte le minoranze perseguitate della Terra, fino agli inuit dell'Alaska), ma sappiamo che nessuno muoverà un dito per quei poveri Cristi di nazareni che oggi a Mosul vengono messi in croce, come avvenne duemila anni fa, in nome di un dio sanguinario e inesistente, inventato solo per coprire la sete di dominio e potere.

PUNIZIONI CORPORALI, IMPICCAGIONI, CROCIFISSIONI ED ESECUZIONI DI MASSA
Questo è il modo con cui i jihadisti dello Stato islamico e del Levante mantengono l'ordine nel Califfato. Come sta scritto nella Carta dei Sedici Comandamenti che gli abitanti della seconda città irachena devono rispettare. C'è da rabbrividire a scorrere quelle Tavole della legge islamista dove si promette che "coloro che si oppongono alla volontà di Dio" saranno puniti "con l'esecuzione, la crocifissione, l'amputazione delle braccia o delle gambe, o l'esilio". All'articolo 6 si ricorda, poi, che "le moschee sono le case di Allah" e "si sollecita tutti i fedeli a compiere sempre nelle case di Dio le preghiere nelle ore stabilite". Nell'articolo 8 si vieta l'uso di alcol, tabacco e droghe. Le donne devono uscire per strada con il volto e il corpo completamente coperti dal niqab, a condizione che "lo spostamento sia necessario" e comunque autorizzato dal padre, dal fratello o dal marito e accompagnate da uno di loro. L'articolo 10 vieta qualsiasi manifestazione pubblica, perché contraria all'islam.

UNA SFIDA ALLA NOSTRA FEDE
Contro i califfi del terrore, non si muoverà certo l'Onu, Michelle Obama non lancerà nessun tweet, le star di Hollywood faranno spallucce (mica ci sono le balene del Mar del Giappone da salvare) i caccia francesi non si alzeranno in volo come fecero con la Libia, tantomeno l'Europa, che da un pezzo ha dato un bel taglio alla sue già rinsecchite radici cristiane, promuoverà una mozioncina di condanna. Come nella Germania di Hitler, i cristiani oggi nel mondo, ma soprattutto nel Medio Oriente e nell'Africa musulmana, sono destinati allo sterminio e alla estinzione nel silenzio delle cosiddette nazioni civili.
Eppure quella "N" ci riguarda, è una sfida lanciata alla nostra fede, ma soprattutto alla nostra umanità, un avvertimento minaccioso di quello che potrebbe accadere a chi non si piega ai sanguinari sacerdoti del terrore e della sopraffazione. Una lettera che potrebbe essere tracciata anche sulla soglia delle nostre case, sull'uscio delle scuole che frequentano i nostri figli, sui muri delle nostre città come segno della rivolta, della resistenza pacifica ma tenace al male e alla schiavitù che per tanti nostri fratelli oggi ha il volto feroce del fondamentalismo islamico. Di cosa ha ancora bisogno questa rivolta per scattare, di quale altra nefandezza necessita la comunità internazionale per uscire dal suo torpore e da una criminale inattività?

PAPA FRANCESCO: PIÙ MARTIRI NELLA CHIESA CHE NEI PRIMI SECOLI
"Oggi ci sono più testimoni, più martiri nella Chiesa che nei primi secoli, tanti più cristiani perseguitati": ce l'ha ricordato Papa Francesco durante la messa celebrata a Casa Santa Marta il 30 giugno, nel giorno in cui si commemorano i santi protomartiri della Chiesa romana, uccisi sul Colle Vaticano per ordine dell'imperatore Nerone dopo l'incendio di Roma del 64 dopo Cristo. Una sferzata alla memoria a volte labile o distratta di una comunità cristiana diventata forse troppo debole e arrendevole di fronte all'avanzata di un potere aggressivo e totalizzante che incrocia il mitra con le sure del Corano, che mira a padroneggiare il mondo attribuendo al loro Dio questo sanguinario comandamento. Il buonismo anche di tanti pastori, propugnatori del dialogo a tutti i costi, dovrebbero dare un'occhiata a quel succede un po' oltre i confini delle loro parrocchie. A quel che succede in Siria dove i cristiani vengono crocefissi dagli islamisti quaedisti, in Somalia, Kenya, Tanzania e Uganda. Ma soprattutto in Nigeria dove Boko Haram ha già ucciso più 10 mila cristiani e da anni massacra, sequestra, incendia e tortura chiunque pratica la fede cristiana o si opponga al suo folle progetto politico e religioso.
Solo un paio di mesi fa pareva che l'Occidente avesse avuto un soprassalto di vita quando i talebani neri rapirono in una sola volta 300 ragazze cristiane, strappate dalle loro case e deportate nella giungla. Le immagini di quel diavolo in turbante e kalashnikov, Abu Bakar Shekau, che puntava l'indice contro il mondo scatenò l'indignazione e la condanna generale. Per la prima volta, a denunciare i crimini di Boko Haram non c'erano solo i missionari o qualche associazione isolata: giornali, tv anche, opinionisti ma soprattutto i bei nomi dello star system uscirono dal loro dorato village per chiedere la liberazione delle ragazze. Ma come al solito, tutto finì con un cip, anzi con un tweet: quel #bringbackourgirls che lanciato da Michelle Obama rimbalzò da Hollywood fino ai vipponi e alle suffragette della nostra Cinecittà, eternamente pronti a mobilitarsi per una buona causa. Che ora, sembrano svaniti nel nulla o, probabilmente, stesi al sole su qualche spiaggia della Sardegna. Alla fine, la sciccosa mobilitazione in modovisione ha ottenuto solo il bel risultato di aumentare le quotazioni degli islamisti alla borsa del terrore, mentre le ragazze rapite sono ancora lì, in balia dei loro aguzzini e dei serpenti velenosi della foresta.

OCCORRE UNA RISPOSTA, ANCHE MILITARE
Ma il tempo non gioca a loro favore: constatazione drammatica, ma reale visti i precedenti: l'Onu, gli Usa e l'Europa ci hanno messo anni prima di inserire il gruppo jihadista nella lista nera del terrorismo internazionale. Permettendo così che l'organizzazione sfuggisse al controllo dei finanziamenti e dei conti su banche estere. Si sa, poi, che Boko Haram conta generosi supporter in molti Stati musulmani e viene rifornito di armi dall'Iran e dagli hezbollah. Con tali personaggi c'è poco da twittare o dialogare: la comunità internazionale deve saper rispondere con la stessa decisione, politica e, se necessario, anche militare, mostrare almeno per una volta le unghie e i denti. Ma subito, senza aspettare che funzionari e star rientrino dalle vacanze.

Nota di BastaBugie: consigliamo anche la lettura del seguente articolo
IRAQ: COSI' MUORE IL CRISTIANESIMO
Per la prima volta nella storia dell'Iraq, a Mosul non vi sono più cristiani perché quelli rimasti hanno dovuto scegliere se rinnegare la fede o morire. Poi bruciano le loro chiese...
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3350

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18/07/2014

2 - IRAQ: COSI' MUORE IL CRISTIANESIMO
Per la prima volta nella storia, a Mosul, seconda città dell'Iraq, non vi sono più cristiani perché quelli rimasti hanno dovuto scegliere se rinnegare la fede o morire. Poi hanno bruciato le loro chiese...
Autore: Valentina Colombo - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/07/2014

«Per la prima volta nella storia dell'Iraq, a Mosul non vi sono più cristiani. Le famiglie cristiane si sono dirette a Erbil e Dahuk in Kurdistan». Queste le disperate parole pronunciate nella serata di sabato 19 luglio da monsignor Louis Sakko, patriarca dei caldei iracheni. Non sono solo scomparsi i cristiani, ma rischiano di scomparire anche le loro chiese. L'ISIS ha già dato fuoco alla Chiesa dell'arcivescovado. Sabato mattina è scaduto l'ultimatum per i circa 200 cristiani ancora residenti a Mosul. Il 18 luglio nelle principali moschee della città, durante la preghiera comunitaria del venerdì, sono stati distribuiti volantini in cui si comunicavano le condizioni poste ai cristiani qualora avessero deciso di non abbandonare la città.

LE PESANTI CONDIZIONI POSTE DALL'ISLAM AI CRISTIANI
Le condizioni sono quelle espresse in un comunicato ufficiale dell'ISIS alle autorità cristiane in cui si intima quanto segue:
"Sia lode ad Allah Colui che ha onorato l'islam con la vittoria, che ha umiliato l'associazionismo con la Sua conquista, che ha fatto mutare i giorni con la Sua giustizia, la preghiera, la pace sulle persone su cui Allah ha diffuso l'islam con la Sua spada, e poi: Allah – Egli è l'Altissimo – ha detto: "E quando alcuni di loro dissero: 'Perché ammonite un popolo che Allah distruggerà o punirà con duro castigo?' Risposero: 'Per avere una scusa di fronte al vostro Signore e finché Lo temano!'" (Sura al-A'raf, 163) Dopo avere comunicato ai capi dei cristiani e ai loro seguaci di presentarsi all'appuntamento in cui sarebbe stato reso noto che si trovavano sotto la protezione dello Stato islamico, distretto amministrativo di Ninive, poiché non hanno accettato e hanno evitato di presenziare all'appuntamento stabilito provocando uno strappo definitivo, è stato deciso di presentare loro le seguenti scelte: l'islam, il patto di protezione ('ahd al-dhimma), qualora rifiutassero quanto succitato non rimarrà loro che la spada. Il Principe dei Credenti il califfo Ibrahim – che Allah lo esalti – ha concesso loro di abbandonare i confini dello Stato islamico entro le 10 del mattino di sabato, 21 del mese di ramadan, dopo questa scadenza resterà tra noi e loro solo la spada. "La potenza appartiene ad Allah, al Suo Messaggero e ai credenti, ma gli ipocriti non lo sanno."
E' l'ennesima provocazione, l'ennesimo atto di terrore affinché il sedicente Stato islamico sia abitato solo dai seguaci di Abu Bakr al-Baghdadi. Lo Stato islamico dell'Iraq e del Levante occupa ormai un territorio che si estende da Mosul ad Aleppo, a nord, sino ad Anbar, a sud. In Siria occupa circa il 35% del paese e in Iraq si sta radicando nel nord del paese. L'Isis invoca il "ritorno del Califfato" e, come si evince anche dal documento qui riportato, ha una visione rigidamente manichea del mondo poiché crede non tanto nella umanità quanto in una fantomatica "ummanità".

PER I MUSULMANI TUTTO CIÒ CHE NON È ISLAM È DA COMBATTERE E DA ESTIRPARE
D'altronde a pagina 10 del primo numero di Dabiq, la rivista dell'Isis, si legge: «il mondo oggi è diviso in due territori e due schieramenti, e non ne esiste un terzo: il territorio dell'islam e della fede, e il campo del kufr (la miscredenza) e dell'ipocrisia – il campo dei musulmani e dei mujahidin in ogni dove, e il territorio degli ebrei, dei crociati, dei loro alleati e con loro il resto delle nazioni e delle religioni del kufr, tutti guidati dall'America e dalla Russia, e mobilizzati dagli ebrei».
In base a questa concezione, tutto ciò che non è islam, così come è inteso dall'Isis, è da combattere e da estirpare. La scelta di definire kufr tutto ciò che non è Isis, non è casuale e autorizza il ricorso alla forza al fine di riportare la vittoria finale sulla miscredenza e sull'ipocrisia. Così come nei comunicati di Al Qaeda, i kuffar non sono più, come nel testo coranico, i meccani politeisti che non si volevano convertire all'islam, bensì ebrei, cristiani e musulmani ritenuti apostati (murtaddin).
Tuttavia la sura CIX, la sura dei miscredenti, recita come segue: «In nome di Allah, il Compassionevole, il Misericordioso. Di': O miscredenti! Io non adoro quel che voi adorate e voi non siete adoratori di quel che io adoro. Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato e voi non siete adoratori di quel che io adoro: a voi la vostra religione, a me la mia». Se tale sura, meccana, è spesso citata a indicare la tolleranza di Maometto nei confronti di chi non voleva convertirsi alla nuova religione, a indicare una cesura con i meccani, ma nel rispetto.
Purtroppo sarebbe sufficiente leggere il commento alla sura che si trova nell'edizione italiana del Corano a cura di Hamza Roberto Piccardo, con la revisione e il controllo dottrinale dell'Unione e delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia, per comprendere che l'interpretazione che ne viene fatta dall'islam organizzato italiano, che ovviamente non è l'Isis ma che spesso si pone come referente nel dialogo interreligioso, è ben diversa: «I notabili meccani, nel tentativo di limitare i danni che paventavano all'economia e alla potenza Quraysh in conseguenza alla predicazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) proposero un ridicolo compromesso all'Inviato di Allah: un anno tutti quanti avrebbero adorato il Dio Unico (gloria a Lui l'Altissimo) e un anno gli dei. Il Profeta rifiutò nettamente la proposta e questa sura fu rivelata per ribadire l'assoluta impossibilità d mercanteggiare sui precetti dell'Altissimo (gloria a Lui), l'improponibilità di ogni sincretismo religioso, della conciliazione dottrinale tra le religioni e la conseguente specificità del rito che impedisce ogni concelebrazione religiosa».

IL CORANO IMPONE DI SOTTOMETTERE O UCCIDERE I NON MUSULMANI
E' un dato di fatto che nel testo coranico i versetti tra i più feroci sono riservati ai miscredenti: «E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: 'Invero sono con voi; rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi! E ciò avvenne perché si erano separati da Allah e dal Suo messaggero'. Allah è severo nel castigo con chi si separa da Lui e dal Suo messaggero...!» (sura del bottino, 12-13).
E' evidente che se siffatti versetti vengono, proprio come fanno i terroristi dell'Isis e come fanno i Fratelli musulmani, decontestualizzati e considerati a valenza particolare e universale e se essere cristiani, come afferma il comunicato dell'Isis, diventa sinonimo di "miscredenza" e di "associazionismo", allora tutto è lecito. L'ultimatum dell'Isis, che rappresenta una porzione minima del mondo islamico e dei musulmani e che si rivolge a quel che rimane dei cristiani nel "distretto amministrativo" di Ninive, è l'esito non edulcorato, oserei dire "onesto", di una interpretazione decontestualizzata e rigida del testo coranico.
Quel che va rammentato è che un approccio simile al Corano si ritrova non solo in Arabia Saudita, con il wahhabismo, non solo in Iran, con la versione sciita del totalitarismo islamico, ma anche, e soprattutto, nell'ideologia subdola e accorta dei Fratelli musulmani e in modo particolare nel commentario coranico del loro ideologo Sayyid Qutb che è stato uno dei più accerrimi sostenitori del jihad contro i miscredenti e che scriveva: «tra i concetti radicali del partito rivoluzionario chiamato 'musulmano' il più importante è coinvolgere [nel jihad] ogni forza rivoluzionaria che si presenti sulla via dell'islam: combattili, e compi ogni sforzo per sostituirli»

Nota di BastaBugie: consigliamo anche la lettura del seguente articolo
IRAQ: COME I NAZISTI CON GLI EBREI, COSI' I MUSULMANI MARCHIANO LE CASE DEI CRISTIANI PER STERMINARLI
L'Occidente ignora il massacro, mentre i musulmani moderati non intervengono (motivo: nell'islam non esistono i moderati)
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3351

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/07/2014

3 - STUPENDO, MA QUASI SCONOSCIUTO IL FILM SULLA STORIA VERA DI UNA CRISTIANA CHE HA SPOSATO UN MUSULMANO
Per l'islam la moglie è proprietà del marito e i figli devono seguire la religione del padre
Fonte Film Garantiti, 13 luglio 2014

Betty, donna forte e intraprendente, nel 1984, è felicemente sposata con Moody (un medico iraniano che da vent'anni vive in America), e ha una bambina di nome Mahtob. La loro vita sembra perfetta fino a quando una telefonata dei parenti di lui, a Teheran, lo convince a far loro visita per due settimane e fargli conoscere moglie e figlia. Betty ne è inizialmente spaventata, ma dopo aver visto il marito giurare sul Corano che non sarebbe capitato loro niente di male e alla fine delle due settimane stabilite sarebbero tornati a casa, parte tranquilla.
Al principio vengono accolti con una grande festa, ma lei rimane un po' turbata da alcune piccole cose (dover mettere per forza il chador anche se è americana, dover passare accanto ad un agnello ucciso in segno di buon auspicio, il fatto che i suoi suoceri trovino strano che lei faccia docce due o tre volte al giorno, la difficoltà con cui riesce a comunicare con loro...).
I parenti di Moody sono tutti musulmani fervidamente praticanti, di mentalità chiusa, che vivono male l'integrazione di lui negli Stati Uniti. Così, giorno dopo giorno, cercano di coinvolgerlo sempre di più nel seguire con loro le preghiere al mattino, a fargli riacquisire alcune vecchie abitudini, da tempo abbandonate... e nel momento in cui viene licenziato, decide che la sua famiglia non sarebbe ripartita mai più.
Per Betty è la fine: cerca di ribellarsi, ma viene continuamente controllata da tutta la famiglia di Moody, lui da padre e marito affettuoso e premuroso diventa prepotente, intollerante, manesco, e la opprime fisicamente e psicologicamente. Secondo la legge iraniana infatti, la moglie è proprietà del marito quanto i figli, e più volte Betty si vede sottratta Mahtob, ora iscritta ad una scuola islamica.
In seguito, Betty riceve la telefonata di sua sorella: il padre in America è malato di tumore e sta per morire. Moody le dice che può tornare a visitarlo, restare quanto vuole, ma deve lasciare Mahtob in Iran, e tornare dopo aver liquidato tutti i loro beni e venduto la casa. Betty non sa più di chi fidarsi per uscire dall'incubo, quando a un certo punto intravede una via d'uscita... Attraverso un negoziante di camicie, amante dell'America, riesce a contattare una donna araba il cui fratello aiuta le persone in situazioni simili a quella di Betty a ritornare al proprio paese: questo uomo è Houssein. Lui progetta un piano per far scappare Betty insieme a sua figlia: attraverso tutto il Medio Oriente avrebbero dovuto raggiungere l'ambasciata americana in Turchia, ad Ankara.
Betty riesce quindi a fuggire dal marito minacciando di denunciarlo alla polizia (aveva un ospedale abusivo ed illegale) se avesse provato a cercarla. Passando attraverso molti blocchi di confine, fuggendo dalle autorità e soprattutto fidandosi di tutti coloro che la accompagnavano. Riesce infine ad arrivare con la figlia ad Ankara e il film si conclude con lo sventolarsi della bandiera americana e con l'esultare di Betty: siamo a casa.

Nota di BastaBugie: per vedere il trailer e una clip del film "Mai senza mia figlia" e per acquistare il dvd: clicca qui!

Fonte: Film Garantiti, 13 luglio 2014

4 - NON ESISTE L'EDUCAZIONE NEUTRA: AI GIOVANI VANNO PROPOSTI IL VERO, IL BENE E IL BELLO
Il criterio della vita non può essere il soddisfacimento immediato di ogni desiderio, ma un cammino paziente che ci fa amare la vita
Autore: Luisella Saro - Fonte: Cultura Cattolica, 11/06/2014

C'è una cosa che più delle altre mi inquieta, nella palude relativista nella quale stiamo sprofondando. E' la nostra incapacità (o non volontà) di comunicare ai giovani ciò che è bene e ciò che è male. Non moralisticamente (questo si fa e questo no-perché-di-no). "Bene" e "male" dando ragioni ragionevoli. "Bene" e "male" per la propria vita, per la salute del corpo della mente dell'anima. Per essere felici davvero.
Chi ha la mia età o giù di lì è cresciuto in un'epoca in cui, ancora, la famiglia, la scuola, la società gliel'ha trasmessa, la differenza. Educare voleva dire anche questo. Liberi poi di trasgredire, di deviare, di cadere. Ci si rialzava e si riprendeva la strada. A noi, questo hanno insegnato. Oggi no. Non era mai accaduto nella storia dell'uomo: siamo la prima generazione che ha abdicato al proprio compito educativo, che ha gettato i propri figli nel labirinto, che lascia i giovani impantanati in questa melma in cui vogliono farci credere che tutto sia uguale al contrario di tutto. Chi sono io per dirti cosa è bene e cosa è male, cosa è giusto e cosa è sbagliato? Chi sono io per indicarti la strada? Cercala da te.
Al massimo gli diciamo come fare i furbetti, come non rischiare la galera, come non finire in ospedale, o in un rigurgito di senso civico, come non danneggiare gli altri, sull'onda del refrain la mia libertà finisce dove comincia la tua. Che farsene, poi, di questa libertà, come orientarla, non è dato sapere.
Insomma: bontà nostra viene fornita ai ragazzi qualche strategia di sopravvivenza nella selva oscura, ma neanche una bussola scassata per trovare l'uscita, e figuriamoci se qualcuno oggi ha ancora voglia di candidarsi novello Virgilio. Bussola e guida ledono la libertà, feriscono l'autodeterminazione, dice il pensiero unico che va tanto di moda. Vade retro.
E così leggo su Repubblica, a firma di Roberta Giommi, psicologa della sessualità: «Carlotta mi chiede cosa deve fare perché ha avuto rapporti a rischio con più ragazzi nella stessa sera e sta aspettando con paura le mestruazioni. E' minorenne e la invito ad andare al consultorio giovani. Provo sgomento a pensare che sono passati tanti anni da quando sono nati i consultori giovani e ancora non si sa come coniugare il desiderio di essere liberi nel sesso e la protezione».
Leggo nel "documento politico" sul sito del Gay Pride di Roma, che, tra le innumerevoli altre richieste di diritti, compare anche questa: il «riconoscimento dei poliamori e delle relazioni aperte come differenti forme di affettività che ciascuna e ciascuno di noi può scegliere liberamente».
Leggo che da qualche giorno è online il sito Finti Fidanzati: previo pagamento (lauto!) promette, tramite Facebook, di «far vedere ad amici, parenti e colleghi, una finta relazione con un finto partner».
Notizie date in modo asettico tutte e tre. Come se tutte e tre fossero le cose più normali del mondo: una minorenne che si accoppia la stessa sera con più maschi, il poliamore, i fidanzati virtuali.
Manca uno straccio di giudizio, sui giornali che hanno dato queste notizie; manca la consapevolezza della responsabilità educativa degli adulti nei confronti dei ragazzi; manca, quanto meno, un punto di domanda. Che strada stiamo prendendo? Che strada indichiamo alle generazioni più giovani?
Badate, lo dicevo e lo ridico. Non si tratta di rilievi moralistici o bigotti. In gioco non è una posizione del Kamasutra o il premio famolo strano. In gioco c'è la felicità della persona, e con la felicità non si scherza.
Davvero ce la sentiremmo di dire a nostra figlia che sta muovendo i primi passi nella vita, che la felicità sta in un accoppiamento serale multiplo totalmente sganciato da legami affettivi, basta che non resti incinta? O in un fidanzato virtuale un tanto all'ora? O in un non meglio specificato poliamore?
Se uno ama i propri figli sono altre (e alte!) le mete che indica. Desidera il massimo. Educa al buono, al bello, al vero, al giusto. Aiuta a comprendere che il criterio della vita non è e non può essere «voglio ergo è», il soddisfacimento immediato di ogni fregola, ma un cammino paziente che porta al compimento di sé. E allora, sapete cosa penso?
Penso che tanti sessuologi, tanti giornalisti, tanti politici, tanti intellettuali che siedono nei salotti buoni delle redazioni e delle trasmissioni che contano, tanti esperti (!) Lgbt che entrano nelle aule di scuola e da lì blaterano sulla liberazione e la libertà sessuale, evidentemente non hanno figli. Non ne hanno quelli del Gay Pride che hanno steso il succitato "documento politico" e van ripetendo che «Love is Love, basta essere consenzienti». Né chi per soldi crea siti come Finti Fidanzati. Non li hanno tenuti in grembo, non sentono la responsabilità quotidiana di educarli e di crescerli. E' chiaro che non vivono nemmeno quella maternità e paternità straordinaria che caratterizza il lavoro dell'insegnante e dell'educatore, laico e religioso, che si occupa dei figli degli altri e, accompagnandoli nel cammino, comincia a sentirli anche un po' figli suoi perché ne ha a cuore il Destino.
Un mese fa, incontrando insegnanti e studenti, Papa Francesco ha ricordato che «per educare un figlio ci vuole un villaggio» e così ha detto: «Amo la scuola perché ci educa al vero, al bene e al bello. Vanno insieme tutti e tre. L'educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. (…) Coltiviamo in noi il vero, il bene e il bello; e impariamo che queste tre dimensioni non sono mai separate, ma sempre intrecciate. Se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella. E insieme questi elementi ci fanno crescere e ci aiutano ad amare la vita, anche quando stiamo male, anche in mezzo ai problemi. La vera educazione ci fa amare la vita, e ci apre alla pienezza della vita!»
Se ci stanno a cuore i giovani, se ci sta a cuore il futuro, abbiamo una responsabilità che non possiamo (più) delegare.

Fonte: Cultura Cattolica, 11/06/2014

5 - PERCHE' I SACERDOTI NON SI SPOSANO?
La domanda è un'altra: perché Gesù non si è sposato? Forse perché era brutto e non lo voleva nessuno? Oppure perché al contrario non trovava una moglie adeguata? Oppure perché è morto giovane? No, Gesù in realtà era sposato... con la Chiesa!
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Il Timone, maggio 2014

Il carisma della vocazione sacerdotale, rivolta al culto divino e al servizio religioso e pastorale del popolo di Dio, è distinto dal carisma che induce alla scelta del celibato come stato di vita consacrata» (Sacerdotalis celibatus 15).
La connessione tra l'uno e l'altro carisma - stabilita dalla legge canonica del celibato dei sacri ministri - non è subito evidente. La questione merita un'analisi più accurata.
Certo, la Chiesa ha istituito questo collegamento tra sacerdozio ministeriale e celibato con una decisione sua; una decisione di indole "storica", libera, positiva, che però è legittima e motivata.

DECISIONE LEGITTIMA E MOTIVATA
È una decisione legittima, perché è posta nell'ambito della sua potestà di regolare i fatti ecclesiali, e non lede i diritti di alcuno. Non bisogna dimenticare che l'essere costituiti in un ministero non è configurabile in un diritto per nessuno: ogni ministero è un compito liberamente assegnato dall'autorità competente secondo criteri che nessuno può sindacare; e non per favorire le inclinazioni delle singole persone, bensì in vista del miglior bene della comunità.
È una decisione motivata, se non altro dalla convenienza di assicurare mediante un dispositivo canonico che la "preferenza di Cristo" per lo stato celibatario continui ad avere una rispondenza e una vitalità nella storia e nella coscienza ecclesiale.

GUARDARE AL SIGNORE GESÙ
Queste considerazioni sono giuste, ma restano un po' in superficie e non ci fanno cogliere tutta la verità delle cose, l'intima coerenza del disegno di Dio, la consonanza con questo disegno dell'ordinamento ecclesiale. Per approfondire la questione, dobbiamo rifarci al Signore Gesù, sacerdote unico e pienamente sufficiente della Nuova Alleanza: ogni autentica comprensione del sacerdozio ministeriale e dei suoi problemi deve partire da lui.

CELIBATO DI CRISTO
Una prima domanda: perché Gesù è rimasto celibe? Perché non si è mai sposato, pur essendo arrivato all'età matura ed essendo vissuto in una società che non aveva la consuetudine celibataria tra i valori riconosciuti?
Non è possibile considerare questo fatto come del tutto occasionale e privo di significazione, perché nella vita di Cristo niente è fortuito e insignificante. Egli - con tutti gli atti e gli avvenimenti della sua esistenza umana - è interamente un "segno": è doveroso leggere fino in fondo questo "segno" che è Cristo.
Il celibato di Cristo, come quello del profeta Geremia, ha senza dubbio un'indole manifestativa. Mentre però in Geremia il celibato è simbolo della desolazione d'Israele (cf Ger 16,1ss.), in Gesù è la prova che l'umanità non è rimasta preda dell'abbandono e della solitudine, ma al contrario è chiamata a entrare in una comunione sponsale col suo Signore.

CRISTO SPOSO
Gesù è apparentemente celibe, in realtà è in senso assoluto lo "Sposo": non si sposa perché è già sposato. È bene qui richiamare la grande insistenza con la quale il Nuovo Testamento ci presenta il tema del "Cristo Sposo".
La catechesi sinottica ce lo offre nelle sue parabole: quella del banchetto nuziale del figlio del re (cf Mt 22,2), quella delle damigelle d'onore del matrimonio (cf Mt 25,1), quella del padrone che torna dallo sposalizio nel cuore della notte (cf Lc 12,38). Ed è da ricordare anche il "Loghion", riferito da tutti e tre i Sinottici in cui Gesù è presentato come lo «Sposo» e i suoi discepoli come gli «invitati alle nozze» (cf Mt 9,15; Mc 19; Lc 5,34).
Il quarto vangelo attribuisce a Giovanni il Battezzatore l'identificazione di Gesù come lo sposo che «possiede la sposa» (cf Gv 3,29). L'Apocalisse raffigura l'instaurazione del Regno di Dio nelle «nozze dell'Agnello», alle quali la sposa è stata preparata: «Le hanno dato una veste di lino puro splendente» (cf Ap 19,7-8). E anche qui si parla, come nei Sinottici, degli «invitati»: «Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello» (Ap 19,9). San Paolo, usando l'immagine sponsale, stabilisce l'equivalenza tra la «sposa» e la comunità cristiana (cf 2 Cor 11,2), e alla luce di questa figura approfondisce l'intelligenza del vincolo sostanziale che unisce Cristo alla Chiesa (cf Ef 5,25-32).
Come si vede, la Chiesa delle origini riteneva fondamentale l'argomento della "sponsalità" di Cristo per una conoscenza compiuta del mistero della salvezza, tanto che noi lo ritroviamo nei più diversi filoni catechetici della comunità primitiva.

IL SENSO DELLA SPONSALITÀ DI CRISTO
Una seconda domanda: che cosa comporta per Cristo il suo essere sposo nei confronti della Chiesa. O, che è lo stesso, come si attua in concreto la sua sponsalità? San Paolo, nella lettera agli Efesini può guidarci e aiutarci ad arrivare a una risposta adeguata.
Sposo vuol dire che Cristo è «capo» della Chiesa, la quale perciò è il «corpo» ed è sottomessa a lui (cf Ef 5,23.24). Vuol dire che l'ha presa dalla corruzione del mondo, le ha dato il suo nome, e così l'ha salvata: egli è «il salvatore del corpo» (cf Ef 5,23). Vuol dire che l'ha amata e la ama, al punto da dare se stesso per lei (cf Ef 5,25). Vuol dire che la rigenera e la purifica continuamente per mezzo dei sacramenti e della parola di Dio (cf Ef 5,26). Vuol dire che attende senza stanchezza all'opera della sua santificazione, in modo che sia senza macchia e senza ruga, ma santa e immacolata (cf Ef 5,27). Vuol dire che «la nutre e la cura» (cf Ef 5,29), come fa il pastore con il suo gregge.
Come si vede, l'indole sponsale di Cristo evoca tutte le funzioni di "guida", di "maestro", di "santificatore", di "pastore", alle quali il Risorto - presentandosi come il "mandato" dal Padre e l'apostolo per eccellenza - associa gli apostoli, cioè coloro che sono "mandati" da lui: «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi» (Gv 20,21).
Sono i compiti che, secondo la testimonianza del vangelo di Matteo, Gesù lascia ai suoi «mandati» come l'estrema consegna: «Andate... fate discepoli... battezzate... insegnate a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (cf Mt 28,19.20). Sono gli stessi compiti che sono affidati ai presbiteri nel rito dell'ordinazione.

IL SACERDOTE «SACRAMENTO» DEL CRISTO SPOSO
II sacerdozio ministeriale, che rende presente e percepibile in mezzo al popolo di Dio il Signore Gesù nelle sue funzioni regali, magisteriali e profetiche, è dunque sostanzialmente una partecipazione - mediante il sacramento dell'ordine che ci immette nella trama delle missioni che si diparte dal Risorto - alla prerogativa nuziale di Cristo.
Il sacerdote è quindi una specie di sacramento del Cristo Sposo nell'atto della sua multiforme donazione alla Chiesa, ed è chiamato a condividere il medesimo amore sponsale - o, che è lo stesso, la medesima carità pastorale - che colma il cuore del Signore Gesù e dal cuore di Gesù si riverbera sulla «nazione santa».
Per la sua diretta comunione con la natura sponsale del Redentore, anche il sacerdote ministeriale, come lui, con lui e in lui, possiede già quel "mistero sponsale", di cui il matrimonio tra l'uomo e la donna è solo figura; per ripetere e cogliere in tutte le sue implicazioni la parola giovannea, anche lui «possiede la sposa» (cf Gv 3,29).
Sotto questo profilo, il sacerdote che volesse contrarre matrimonio darebbe luogo a un non-senso teologico: aspirerebbe a possedere "in figura" ciò che è già suo nella verità.

IL CELIBATO ECCLESIASTICO
Questa conclusione trova conferma nella disciplina canonica che, dopo qualche incertezza, alla fine è prevalsa tanto nella Chiesa orientale quanto in quella occidentale: tutte le Chiese, che hanno conservato un'effettiva dimensione sacramentale, convengono nel non riconoscere la facoltà di contrarre matrimonio ai sacri ministri (diaconi, presbiteri, vescovi).
La norma universale manifesta prima di tutto la volontà di assicurare con una disposizione giuridica il permanere nella cristianità della "preferenza di Cristo"; più profondamente essa contiene un principio di "logica sacramentale" almeno confusamente intuito: e cioè che, mentre è ammissibile un passaggio dall'essere solo "segno" all'essere "realtà", non ha plausibilità l'ipotesi di un passaggio dall'essere già "realtà" all'essere "segno". Questo principio ci aiuta a comprendere la prassi, vigente per qualche situazione della Chiesa, di chiamare ai sacri ministeri anche dei coniugati. Nella Chiesa orientale tale possibilità è normalmente assicurata per il diaconato e per il presbiterato (non però per l'episcopato); nella Chiesa latina è data per il diaconato (per il presbiterato solo in casi del tutto eccezionali).
È però importante che si colga, indipendentemente dalle pratiche applicazioni, la radicale diversità e la non confrontabilità dei due fenomeni: quello dello sposo che riceve un ordine sacro e quello del sacerdote che si sposa.
Autorizzando l'ordinazione sacerdotale dei coniugati, la Chiesa orientale è mossa dal desiderio di venire incontro alle necessità pastorali delle comunità cristiane (e non è prevedibile - né auspicabile - che tale disciplina si estenda all'Occidente). Invece, un'eventuale autorizzazione al matrimonio dei preti (contro la prassi di tutte le vere Chiese) sarebbe motivato dal desiderio di venire incontro alle richieste delle singole persone, alle quali si può provvedere anche in altro modo (ad esempio, concedendo il ritorno alla condizione laicale): nessuna Chiesa, che sia veramente e pienamente tale, né in Oriente né in Occidente, prende in considerazione ipotesi come questa.

CARD. GIACOMO BIFFI
La fede che diventa cultura

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Fonte: Il Timone, maggio 2014

6 - SPAGNA: ORA DI RELIGIONE A RISCHIO
Con la Dc in Italia furono approvati divorzio e aborto, ora in Spagna col Partito Popolare è a rischio la religione nelle scuole
Fonte No Cristianofobia, 04/07/2014

Non è durata molto, in Spagna, l'ora di religione obbligatoria: cancellata con furore giacobino dal governo Zapatero, è stata ripristinata in tutte le scuole, statali e paritarie, come ordinaria – ovvero parificata a tutte le altre materie – il 17 maggio del 2013 dal suo successore Rajoy grazie al Lomce ovvero il progetto di legge organica per il miglioramento della qualità educativa. Che, dopo poco più di un anno, già si è ritenuto necessario modificare. Ma qui c'è stato il colpo di scena: il Pp-Partito Popolare non ha presentato in Senato alcun emendamento al testo della riforma in atto, testo già approvato dal Congresso. E, se tutto resta invariato, l'ora di religione non sarebbe più obbligatoria nelle scuole superiori, licei compresi. Il che rischia di privare le famiglie di un diritto peraltro garantito dalla Costituzione iberica, che all'art. 27.3 riconosce ai genitori «il diritto di educare i propri figli secondo le proprie convinzioni morali». Principio, ribadito anche da precisi accordi internazionali, assunti con la Chiesa Cattolica così come con altri gruppi religiosi.
I Popolari spagnoli, insomma, sembrano affetti da un fenomeno di democristianizzazione: come con la Dc in Italia passarono le tragiche leggi sul divorzio e sull'aborto, così in Spagna col Pp rischia di sparire con un colpo di spugna la religione dalle scuole. Lasciando inascoltati l'appello giunto dalla Commissione Permanente della Conferenza Episcopale iberica, che, nel corso della sua 232ma seduta, svoltasi a Madrid dal 25 al 26 giugno scorsi, ha parlato espressamente di una «violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le proprie convinzioni».
Dura la reazione pubblicamente manifestata dell'Arcivescovo di Oviedo, mons. Jesús Sanz Montes, francescano, che - secondo quanto riportato dall'agenzia infoCatólica - ha accusato il governo Rajoy d'aver così contraddetto nei fatti «quanto chiesto da quel popolo, che a parole dice di servire». Basti pensare come oltre il 70% delle famiglie abbia scelto per i propri figli l'insegnamento della religione cattolica. Un messaggio chiaro... Il prelato ha ricordato alle autorità civili come il Paese appartenga «ad una storia che, pur con i suoi chiaroscuri, è essenzialmente cristiana». Benché oggi siano proprio «questa storia e questa cultura, a venir censurate» tramite un «lento, ma sistematico lavoro, che punta a minare ed a ridurre all'estinzione tutto quanto implichi un'educazione religiosa nel curriculum scolastico degli allievi». «Molti i professori di religione rimasti senza lavoro – ha denunciato mons. Sanz Montes -, i genitori si sentono ingannati, i loro figli disarmati e più facilmente preda di un'ignoranza, manipolabile da quanti intendano riscrivere la storia», secondo criteri che, di oggettivo, han davvero poco, «censurandone interi secoli. Ciò che sta accadendo in Spagna non ha nulla di casuale. Né di innocente». Da qui l'invito, rivolto a chiare lettere a tutti i fedeli, a ribellarsi con buon senso, ma anche con eroismo all'attacco dissennato, condotto contro l'insegnamento della Chiesa.
Secondo il portavoce del Ministero della Pubblica Istruzione, Luis Peral, si cercherà di metter una pezza su questo pasticciaccio brutto, tentando di reintrodurre dalla finestra quanto estromesso dalla porta. Ma non è detto che ciò avvenga ed, in ogni caso, fatto ora, significa giocare di rimessa.

Fonte: No Cristianofobia, 04/07/2014

7 - SEXTING: COSA FARE COME GENITORI?
Tra gli adolescenti è di moda inviare foto di se stessi o di amici in pose erotiche attraverso cellulari e computer... ma quello che inizia come un gioco innocente ha conseguenze gravissime
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia, 07/07/2014

Sono pochi gli adulti che sanno cosa sia questo fenomeno, e l'aspetto preoccupante è che il suo uso è in costante aumento tra le nuove generazioni. Si tratta di un esibizionismo on-line che nella maggior parte dei casi inizia come un'attività innocente tra gli adolescenti.
Fino a qualche anno fa, i mezzi utilizzati dai giovani fidanzati per dimostrarsi l'affetto erano le lettere d'amore. Con l'evoluzione della tecnologia, le lettere sono state sostituite dalla moda del "sexting", diventata oggi il nuovo modo in cui una coppia "si dimostra affetto", senza tener conto delle conseguenze che può provocare. Oltre a questo, c'è un'altra parte della popolazione giovanile che usa il sexting per divertirsi o anche per ottenere popolarità e accettazione nel proprio gruppo di amici.

COS'È IL SEXTING
Il termine "sexting" è nato dalla coniugazione delle parole "sex" (sesso) e "texting" (invio di testi) per riferirsi all'invio di immagini di se stessi o di amici in abbigliamento succinto o in pose erotiche attraverso telefoni cellulari, computer con telecamera o altri dispositivi elettronici.
Tutto nasce quando gli adolescenti decidono di farsi foto o video con le caratteristiche descritte e le inviano innocentemente a un/a ragazzo/a che vogliono conquistare, confidando nel fatto che il destinatario terrà quelle immagini per sé. La maggior parte delle volte, tuttavia, queste immagini vengono trasmesse da persona a persona fino a proliferare rapidamente in rete, mettendo il protagonista della foto o del video sulla bocca di tutti.
Secondo gli esperti, le cause di questo fenomeno vanno dalla mancanza di attenzione familiare al maggiore accesso ai mezzi tecnologici senza il controllo e la guida dei genitori, situazione che mette a rischio i ragazzi che non possiedono il criterio per comprendere cosa implichi andare sul web o inviare con il cellulare foto o video intimi.

COSA FARE COME GENITORI?
Alcune raccomandazioni per orientare i propri figli di fronte a questa moda:
- Formare la loro coscienza sull'importanza del loro corpo e della loro integrità in generale.
- Mostrare loro le conseguenze di questo tipo di pratiche.
- Promuovere la loro autostima. Un ragazzo o una ragazza con una buona dose di autostima non permetterà che gli/le accada questo.
- Insegnare loro l'importanza di non riprodurre o reinviare questo tipo di messaggi nel caso in cui lo ricevano.
- Creare un vincolo di fiducia con i figli, di modo che possano comunicare in modo assertivo e per assicurarsi in questo modo che siano i genitori le prime persone contattate nel caso in cui si abbia bisogno di aiuto.
- Orientare i figli all'uso responsabile della tecnologia e ai rischi ad essa associati. Se si dà un cellulare a un minorenne, bisogna spiegargli a cosa serve e cosa può fare e cosa non può fare con esso.
- Non limitare l'uso della tecnologia. In genere la curiosità, accompagnata dalla restrizione dei genitori, implica che i ragazzi cerchino le informazioni attraverso amici e in modo irresponsabile.
- Collocare preferibilmente i computer in luoghi visibili della casa, come i corridoi o il salotto, di modo che i minorenni possano essere controllati dagli adulti e non possano avere troppa "intimità" con il computer.

EDUCARE ALL'AMORE
Il modo migliore di aver cura dell'integrità dei nostri figli è parlare loro delle ripercussioni che ha il fatto di usare la sessualità come un oggetto di piacere che si utilizza senza tener conto delle conseguenze a breve e medio termine (snaturare il vero senso dell'amore). La sessualità basata sull'amore e sul rispetto deve essere insegnata soprattutto nell'adolescenza, tappa della vita in cui l'affettività può essere vissuta senza freni e in modo poco responsabile. Il compito dei genitori è quello di promuovere una sessualità basata sulla dignità della persona, che non è altro che il rispetto del proprio corpo e dell'altro. La sessualità vissuta in questa prospettiva è un dono di intimità che parte da una donazione totale come nel caso dell'amore vero.

DOSSIER "CELLULARE? NO, GRAZIE!"
L'illusione di essere connessi

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Fonte: Aleteia, 07/07/2014

8 - LA DIVISIONE E' OPERA DEL DEMONIO, MA L'UNITA' E' POSSIBILE SOLO NELLA VERITA'
Mettere da parte la Verità in nome del dialogo con il Mondo o della concordia a tutti i costi non è da cristiani, cioè da seguaci di Cristo: via, verità e vita
Autore: Paolo Deotto - Fonte: Il Giudizio Cattolico, 17/06/2014

La Chiesa sta vivendo una situazione di crisi che non credo abbia precedenti nella sua bimillenaria storia, perché non stiamo assistendo solo ad eventi riprovevoli, se non scandalosi, frutto della debolezza dell'uomo – che è peccatore, non scordiamocelo – ma addirittura vediamo messi in discussione gli stessi principi fondamentali, e la casa costruita sulla roccia sembra sempre più costruita sulla sabbia. Una pastorale sempre più confusa, un'ansia di "apertura al mondo" portano inevitabilmente anche alla confusione sulle basi dottrinali. Il solo porsi determinate domande (un esempio per tutti: la Comunione ai divorziati risposati) è già un segnale gravissimo, perché non si possono porre domande su ciò che è per sua natura indiscutibile.
Sul fronte pro-life non da oggi si scontrano due posizioni: quella della difesa della Vita "senza compromessi" e quella di chi afferma, e si presume e si spera che lo faccia in buona fede, la possibilità di aperture, collaborazione, dialogo con un mondo che ha già dimostrato nei fatti la feroce avversione alla vita. Già mesi fa mi capitava di scrivere un articolo sulla confusione che poteva nascere da certe "classificazioni" dell'abortismo (libertario, umanitario, ecc.), laddove l'abortismo, se anche teorizzasse l'uccisione di un solo innocente, è una dottrina perversa, né è possibile alcun dialogo con chi la professa.
Una posizione di difesa della vita "senza compromessi" comporta ovviamente anche una capacità di riconoscimento della realtà, per quanto ciò possa risultare sgradevole. E la realtà ci dice che, purtroppo, non solo da parte di politici (che pur si dichiarano cattolici) ma anche da parte di tanti Pastori non ci si può aspettare un vero aiuto. Anzi, spesso è accaduto di trovare in essi dei veri ostacoli.
La Provvidenza però non abbandona mai e giustamente si è da più parti sottolineato che il "Popolo della Vita", quello che è stato protagonista della grande crescita, anno per anno, di iniziative come la Marcia Nazionale per la Vita, è nato "dal basso", ossia dal risveglio di quei sani sentimenti popolari che, ringraziando il Signore, non muoiono nemmeno nei tempi più bui della Storia. Molte volte nella Storia il popolo si è mostrato custode fermo e sicuro di ciò che i Pastori stessi sembravano aver dimenticato.
In questa situazione di oggettiva difficoltà, di Chiesa allo sbando, di messaggi contradditori, è naturale che sorgano discussioni sulle modalità, sulle strategie, su ciò che insomma sia meglio fare per affermare e difendere i principi non negoziabili. Discussioni sulle modalità, sulle azioni, che divengono molto pericolose se scivolano sul piano inclinato delle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi che si devono affermare e difendere. Per tornare all'esempio di prima, se io metto in discussione il fatto di consentire o meno a un divorziato risposato di ricevere la S. Comunione (e magari lo faccio per un malinteso spirito di "carità), metto in discussione la stessa Dottrina della chiesa sul matrimonio indissolubile.
Per tornare al fronte pro-life, è naturale, ma anche doveroso, che io esprima il mio dissenso verso quelle azioni che rischiano di mettere in discussione gli stessi principi fondamentali, ossia la difesa assoluta della Vita, senza alcun compromesso. La più piccola smagliatura nella rete porta prima o poi allo sfascio della rete.
Discussione sui metodi, quindi. Doverosa e utile per individuare, con spirito fraterno, le strategie migliori per lottare contro un mondo il cui principe, non scordiamocelo, lavora per la distruzione. Ma se di fatto si mettono in discussione anche i principi, se lo spirito fraterno viene meno, se la discussione scade nello scontro personale, è allora altrettanto inevitabile e doveroso assumere posizioni chiare e nette e, ove necessario, dissociarsi da chi oltretutto fa attacchi personali. Perché, parliamoci chiaro, lo stesso fatto di far cadere la discussione negli attacchi personali dimostra che la difesa dei principi non negoziabili è comunque in secondo piano rispetto alle proprie ambizioni, ai risentimenti, alla vanità.
In questa situazione, per tornare al titolo di questo articolo, le esortazioni all'unità, alla concordia, sono tanto belle quanto fuori luogo, perché solo nella Verità, ovvero nel non transigere mai sui principi, si possono esercitare la carità e lo spirito fraterno. Esiste una gerarchia dei valori; se la capovolgiamo ci mettiamo sulla strada rovinosa di un umanitarismo senza basi. Diventiamo come quella tale casa costruita sulla sabbia.
Nella gran confusione in cui si vive, una delle parole il cui significato è stato di più stravolto è senza dubbio la parola "ecumenismo". Il falso spirito ecumenico ci porta alla rovina, perché ci illude. La Verità per sua natura è una sola,e solo aderendo ad essa si può arrivare poi al dialogo, al confronto, alla discussione costruttiva.
Per concludere, cerchiamo di essere il più chiari possibile: tra i fedeli deve senza dubbio regnare la concordia; senza dubbio la divisione è opera del demonio. Ma la concordia è possibile solo nella Verità. Altrimenti si usano parole di contrabbando, si predicano atteggiamenti che non sarebbero più di carità, bensì di remissività, di resa al mondo.
Ci sono fatti e atteggiamento che è impossibile non vedere. Di fronte ad essi la critica severa non è "divisiva" (parola venuta di gran moda). È semplicemente doverosa.

Fonte: Il Giudizio Cattolico, 17/06/2014

9 - OMELIA XVII DOM. DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 13,44-52)
Trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27/07/2014)

La prima lettura di questa domenica riporta la bella preghiera del re Salomone, il quale domanda a Dio non tanto ricchezza e benessere personale, ma la sapienza necessaria per ben governare il popolo d'Israele e per distinguere il bene e il male. Questa preghiera piacque molto al Signore che gli concesse un cuore saggio e intelligente come nessuno lo aveva avuto in precedenza.
Anche a noi è necessaria la sapienza per comprendere ciò che ci è necessario e per capire qual è la cosa più importante nella nostra vita, ovvero il raggiungimento della salvezza eterna. Gesù ci fa comprendere questa esigenza con le tre bellissime parabole del Vangelo di oggi. Le prime due, quella del tesoro nascosto e quella della perla preziosa, ci mostrano il valore inestimabile del Regno dei cieli, per avere il quale bisogna essere pronti a rinunciare a tutto, anche alle cose più care.
Nella prima parabola si narra di un uomo che per caso trova un tesoro in un campo. Pieno di gioia egli vende tutti i suoi averi, e poi compra quel campo. Così dovrebbe fare ogni cristiano: scoperto l'inestimabile tesoro della Vita eterna, egli non dovrebbe esitare a rinunciare a tutto pur di assicurarsi un bene così grande. Così fece san Francesco d'Assisi, il quale rinunciò alla ricca eredità paterna, rinunciò a un brillante futuro di mercante e di cavaliere, e fece suo il tesoro nascosto della povertà accettata per il Regno dei cieli. Egli – diceva un suo biografo – era desideroso di povertà più di quanto un avaro poteva essere bramoso di ricchezze. A chi voleva seguirlo, san Francesco chiedeva come prima condizione la rinuncia a tutti i propri averi per diventare cavaliere di Madonna Povertà.
L'insegnamento della seconda parabola, quella della perla preziosa, è identico. Per avere questa perla bisogna vendere tutti i propri averi. È questo l'affare della vita, o meglio, della Vita eterna. I Santi sono stati quelli che hanno avuto questa sapienza e abilità nel riuscire in questo affare fondamentale. Tanti, purtroppo, si fanno ingannare dai beni e dai piaceri di questa vita terrena e non riescono ad acquistare la "perla preziosa" della salvezza e dell'eterna comunione con Dio.
Chiediamo anche noi il dono della sapienza, per distinguere ciò che è bene e ciò che è male, e per dare il giusto valore ad ogni cosa. L'importanza di questa scelta è messa in luce dalla terza parabola, quella della rete gettata in mare. Quando è piena, la rete viene portata a riva, e i pescatori «raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi» (Mt 13,48). Questo esempio descrive bene il Giudizio che ci sarà al termine della vita: «Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti» (Mt 13,49-50). La fede ci insegna che subito dopo la morte saremo giudicati e riceveremo la giusta retribuzione per come ci siamo comportati in questa vita. Se moriremo in peccato mortale, andremo eternamente all'inferno; se lasceremo questa vita in grazia di Dio, saremo salvi. Inoltre, se nonostante la salvezza ottenuta, avremo ancora da scontare dei peccati, andremo per un certo tempo in Purgatorio, per poi entrare purificati in Paradiso. Alla fine dei tempi ci sarà inoltre il Giudizio universale: tutti saranno di nuovo giudicati e questo secondo giudizio non farà che confermare il giudizio particolare sostenuto al termine della nostra vita. Dopo di che ci sarà la risurrezione della carne, e il corpo risorto si riunirà all'anima.
La vera sapienza ci fa vivere nell'attesa di questo giudizio. Lo stolto non ci pensa, ma il prudente si prepara ogni giorno a questo esame decisivo per la sua eternità. Dobbiamo essere pronti a rinunciare a tutto ciò che possa mettere in pericolo il possesso di questa "perla preziosa". Pensiamo alla moltitudine di persone che per seguire Dio hanno abbandonato tutto, carriere, onori, ricchezze, e hanno riempito monasteri, conventi, seminari; o hanno sopportato gli insulti e il disprezzo del mondo, la povertà, la persecuzione e persino il martirio! Persone sapienti che hanno capito il senso profondo delle Beatitudini. Gesù non chiede poco per il raggiungimento del Regno, chiede tutto; ma è anche vero che non promette poco, promette tutto.
Per guarire da una grave malattia, tante volte l'uomo è disposto a sottoporsi a cure molto dispendiose, fino a perdere tutti i suoi averi. Se così è per salvaguardare la vita terrena, molto di più dovrà esserlo per la Vita eterna: rinunciare a tutto per avere il Tutto, ovvero Dio, la comunione con Lui, il Paradiso.
San Paolo, nella seconda lettura, ci fa comprendere che la nostra vocazione comune è quella di essere conformi all'immagine del Figlio di Dio, quella di partecipare alla natura divina. Questa è una grazia grandissima che, da sola, sorpassa di gran lunga tutti i beni che possiamo trovare su questa terra. Di fronte ad un bene così grande, noi non dobbiamo lasciarci ingannare dalle lusinghe di questo mondo; dobbiamo vivere di fede e fissare lo sguardo ai beni eterni che ci attendono nei Cieli. Anche se avremo da soffrire, ci servano di incoraggiamento le parole dell'Apostolo: «Tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28). Il soffrire passa, i meriti rimangono, e una grande ricompensa spetterà a tutti quelli che amano Dio.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
www.ilgiornodelsignore.it

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27/07/2014)

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