BastaBugie n�362 del 15 agosto 2014

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1 NON POSSIAMO FAR FINTA CHE I FONDAMENTALISTI NON SIANO MUSULMANI... DEL RESTO LA VIOLENZA E' NEL CORANO
Stiamo aprendo le porte a chi aspetta solo il momento giusto per eliminarci: la preghiera per i cristiani perseguitati che non abbia questa consapevolezza rischia di essere solo sentimentalismo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 MOSUL: CANCELLATI 2000 ANNI DI CRISTIANESIMO
La città che si chiamava Ninive è sempre stata cristiana: lo dimostrano le innumerevoli chiese (che i musulmani stanno distruggendo una ad una)
Autore: Giorgio Bernardelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 PERCHE' UN BAMBINO DOWN DOVREBBE ESSERE INFELICE?
Cara futura mamma: ecco il video che spopola in internet
Autore: Umberto Folena - Fonte: Avvenire
4 PAPA FRANCESCO APPROVA UNA LETTERA CIRCOLARE PER ELIMINARE GLI ABUSI DURANTE LO SCAMBIO DELLA PACE
Abolito il canto per la pace (inesistente nel Rito romano); vietato lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi la pace; il sacerdote non può allontanarsi dall'altare (neppure a matrimoni e funerali); in alcuni casi lo scambio della pace deve essere omesso
Autore: Antonio Canizares - Fonte: Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
5 CHE FINE HA FATTO MARIO MONTI, SIMBOLO DELL'EUROPA DEI TECNOCRATI?
In una prestigiosa Accademia francese, Mario Monti subentra a Vaclav Havel: avanza così una concezione dell'Unione europea come governo dei tecnocrati contro l'identità dei popoli
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Timone
6 GLI PSEUDO MONACI CHE PROPAGANO L'ERESIA (TRA GLI APPLAUSI DEL MONDO)
Attualità di sant'Atanasio: oggi come allora è in pericolo l'ortodossia della fede
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Il Giudizio Cattolico
7 CHIESA E DENARO: MATRIMONIO POSSIBILE
Un breve excursus storico sui rapporti fra la Chiesa cattolica e la finanza, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Il Timone
8 IL VATICANO II E' SOLO UN CONCILIO PASTORALE
L'ultima opera di Padre Serafino Lanzetta analizza l'ermeneutica delle dottrine conciliari analizzando i documenti
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana
9 OMELIA XX DOM. DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 15,21-28)
Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - NON POSSIAMO FAR FINTA CHE I FONDAMENTALISTI NON SIANO MUSULMANI... DEL RESTO LA VIOLENZA E' NEL CORANO
Stiamo aprendo le porte a chi aspetta solo il momento giusto per eliminarci: la preghiera per i cristiani perseguitati che non abbia questa consapevolezza rischia di essere solo sentimentalismo
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/08/2014

«Noi non possiamo tacere», è il titolo del comunicato con cui i vescovi italiani invitano a dedicare il 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Vergine Maria, alla preghiera per i cristiani perseguitati, in particolar modo per quelli dell’Iraq (clicca qui). È un appuntamento a cui aderiamo con convinzione: ciò che sta avvenendo è una tragedia probabilmente senza precedenti nella storia, se è vero che in queste settimane è stata cancellata in Iraq la presenza di una delle più antiche comunità cristiane che pure per quasi duemila anni aveva superato indenne (o quasi) tutti i marosi della storia. Peraltro è anche la comunità che parla ancora la stessa lingua di Gesù, l’aramaico, così che la cacciata assume anche un ulteriore valore simbolico.

UNA DENUNCIA CONTRO IGNOTI
Aderiamo dunque con convinzione. Ma mentre ringraziamo la Conferenza episcopale per questa occasione che ci offre, non possiamo non provare anche un certo disagio proprio leggendo il comunicato: perché quel titolo iniziale - «Noi non possiamo tacere» - viene clamorosamente contraddetto dal contenuto, che riflette peraltro un terribile equivoco di cui sembra vittima la Chiesa, ma più in generale gran parte del mondo occidentale.
Ovvero si tace l’identità dei persecutori, non si vuole vedere chi sono davvero i carnefici e perché lo fanno. È una sorta di denuncia contro ignoti, pur avendo benissimo gli strumenti e le conoscenze per identificare i colpevoli. Nel comunicato si parla di cristiani perseguitati, scacciati, uccisi; si parla di Iraq e Nigeria; ma poi si fa riferimento a non meglio precisati terroristi e, più avanti, a integralisti. Fine. Ma chi sono costoro? Chi vuole l’eliminazione dei cristiani in Iraq, Nigeria e nella maggior parte dei paesi in cui i cristiani sono perseguitati?

I PERSECUTORI SONO ISLAMICI
Ecco, si ha paura a dire che si tratta di islam, che i persecutori sono islamici. E non riguarda solo il comunicato della Cei, è un fatto generalizzato, nella Chiesa e nelle nostre società occidentali. Un esempio: due anni fa in Inghilterra è stato scoperto che dei fondamentalisti islamici avevano elaborato una strategia, già in fase avanzata di realizzazione, per prendere il controllo - ovvero islamizzare - alcune scuole statali a Birmingham. Da qui è suonato l’allarme, ma la cosa che è poi emersa è che le autorità locali avevano capito già da tempo quanto stava accadendo, ma non avevano detto nulla per evitare di offendere i musulmani.
Ecco il dramma: si ha paura di offendere i musulmani. E quando si è proprio costretti a dire che i carnefici sono islamici, ci si affretta immediatamente ad aggiungere che però si ha a che fare con frange radicali che tradiscono il vero islam, che invece sarebbe una religione di pace. Ed ecco l’equivoco in cui si tiene l’opinione pubblica occidentale: si sta facendo credere che i casi dell’Iraq, della Siria, della Nigeria siano opera di gruppi tutto sommato circoscritti, che usano la religione contro lo stesso islam. E a questo scopo si dà uno sproporzionato risalto ai casi di musulmani che difendono i cristiani o che prendono posizione contro quanto sta combinando l’Isis in Iraq. Giusto fare emergere anche queste storie e valorizzarle, ma non a scapito della realtà.
È vero che ci sono tantissimi musulmani che desiderano vivere in pace, che ci sono alcuni che hanno dato anche la propria vita per difendere i cristiani in Iraq e che sono tanti a non volere i fondamentalisti dell’Isis o i nigeriani di Boko Haram. Ma non si può fare finta che non ci sia un problema con l’islam.

LA VIOLENZA E' NEL CORANO
È un approccio errato sia dal punto di vista concettuale sia storico. Concettuale: sostenere che «il vero islam rifiuta la violenza» è un pio desiderio, non la realtà. Come ha scritto l’islamologo padre Samir Khalil Samir: «Che la maggioranza dei musulmani possa essere contraria alla violenza, può anche darsi. Ma dire che "il vero islam è contrario ad ogni violenza", non mi sembra vero: la violenza è nel Corano». E spiega: «Nella sua vita, Maometto ha fatto più di 60 guerre; ora se Maometto è il modello eccellente (come dice il Corano 33:21), non sorprende che certi musulmani usino anche loro la violenza ad imitazione del Fondatore dell'Islam».
Il fondamentalismo, oggi ampiamente dominante nel mondo islamico anche se in diverse versioni, è dunque semplicemente la riproposizione del modello maomettano. È vero che ci sono nel mondo islamico studiosi, intellettuali che propongono una reinterpretazione del Corano in chiave spirituale, sottolineando la storicità di certi contenuti legati al mondo arabo al tempo in cui è nato l’islam, ma si tratta di un fenomeno oggi ancora nettamente minoritario. E comunque non si può continuare a far finta di avere a che fare con un islam che in realtà non esiste.

IL DIALOGO E' IMPOSSIBILE PERCHE' NELL'ISLAM MANCA UNA AUTORITA'
Una seconda questione che viene sottovalutata è la mancanza di una autorità nell’islam. Ogni imam, ogni muftì, in fondo rappresenta se stesso e chi lo segue, non c’è un interlocutore riconosciuto che possa parlare a nome almeno di una parte riconoscibile del mondo islamico. Questo rende velleitario qualsiasi tentativo di un “dialogo” con l’islam, il dialogo come lo si intende comunemente è semplicemente impossibile. È possibile invece – e auspicabile - un rapporto con i singoli musulmani, e di questo sono segno i casi citati di islamici iracheni a difesa delle abitazioni dei cristiani. Ma è comunque una realtà che spazza via un certo irenismo che va di moda in ambienti cattolici.
La mancanza di un’autorità religiosa riconosciuta fa sì che allora all’interno del mondo musulmano diventino decisivi i rapporti di forza tra diverse correnti. E oggi dominano i gruppi fondamentalisti, anche grazie alla loro organizzazione.

L'ISLAM VUOLE CONQUISTARE L'EUROPA
E qui arriviamo all’errore “storico” che anche nella Chiesa si fa: il fondamentalismo islamico che vediamo all’opera in Medio Oriente e in Africa non riguarda solo quelle regioni, ma ce l’abbiamo anche in casa e in costante crescita. Lo rivelano anzitutto gli ormai innumerevoli casi accertati di combattenti in Siria e Iraq partiti dall’Europa. Non ci si faccia illusioni: non appena la situazione si stabilizzerà in quelle regioni torneranno in Europa per proseguire la stessa guerra.
Non solo: ci sono altre associazioni islamiche, legate o comunque vicine ai Fratelli musulmani, che pur presentandosi in modo diverso condividono lo stesso progetto del Califfato. Arrivandoci in altro modo, dal basso e gradualmente, ma l’obiettivo è lo stesso. Conquistare l'Europa è un obiettivo sempre più spesso dichiarato pubblicamente. E sono le associazioni e le personalità che più vengono scelte come interlocutori sia dalle autorità ecclesiastiche sia da quelle civili. In pratica stiamo spalancando le porte a chi aspetta solo il momento giusto per eliminarci. Del resto la cecità di fronte alla realtà dell’islam ha già fatto sì che Europa e Usa, con le loro scellerate scelte politiche, abbiano agevolato enormemente l’ascesa di qaedisti e salafiti nei paesi del Nord Africa (vedi Libia) e del Medio Oriente. Per non parlare della (non) gestione del fenomeno dell’immigrazione.
Piaccia o no l’islam rappresenta una grave minaccia per la nostra civiltà e una preghiera per i cristiani perseguitati che non abbia questa consapevolezza rischia di essere solo un pio sentimentalismo.

Nota di BastaBugie: AsiaNews lancia una raccolta fondi per sostenere i fedeli nel mirino dello Stato islamico, dopo le richieste del Patriarca di Baghdad e il pressante appello di papa Francesco "a assicurare gli aiuti necessari, soprattutto quelli più urgenti, a così tanti sfollati, la cui sorte dipende dalla solidarietà altrui". Oltre 100mila persone sono state costrette a fuggire dalle loro case senza niente addosso, e ora non hanno di che vivere. Per aiutarli, bastano 5 euro al giorno: i fondi raccolti saranno inviati al Patriarcato di Baghdad, che provvederà a distribuirli secondo i bisogni di ogni famiglia.
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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 11/08/2014

2 - MOSUL: CANCELLATI 2000 ANNI DI CRISTIANESIMO
La città che si chiamava Ninive è sempre stata cristiana: lo dimostrano le innumerevoli chiese (che i musulmani stanno distruggendo una ad una)
Autore: Giorgio Bernardelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/07/2014

C'è il dramma di migliaia di persone costrette a lasciare la propria terra a causa della pulizia etnica: un dolore immenso, impossibile da immaginare fino in fondo. Eppure se ci fermiamo solo qui non abbiamo ancora detto tutta la tragedia che stanno vivendo in questi giorni i cristiani dell'Iraq, costretti ad abbandonare Mosul. Ogni angolo del Medio Oriente, infatti, per il cristianesimo non è un posto come gli altri: qui ogni pietra dice qualcosa di ciò che tutti siamo.

MOSUL: GRANDE PATRIMONIO DI FEDE CRISTIANA LE CUI ORIGINI RISALGONO ALLA PREDICAZIONE APOSTOLICA
Dire Mosul - dunque - per il cristianesimo significa riandare al grande patrimonio di fede del cristianesimo assiro, dal cui alveo sono nate anche le Chiese che oggi chiamiamo caldea e siro-cattolica. Comunità le cui origini risalgono alla predicazione apostolica: la tradizione vuole infatti che gli evangelizzatori siano stati direttamente gli apostoli Tommaso, Taddeo e Bartolomeo; ed è comunque un dato storico la presenza di comunità cristiane a Mosul fin dal II secolo. Questo spiega perché le sue chiese siano così antiche: il monastero di Mar Benham, dal quale ieri le milizie dello Stato islamico hanno cacciato via i monaci, è abitato dagli uomini di Dio fin dal IV secolo. La chiesa dell'Al Tahira - l'Immacolata in arabo, la più antica di Mosul - risale al VII secolo e a testimoniarlo anche visivamente è il fatto che si trova parecchi metri sotto il livello della strada. La chiesa siro ortodossa di San Tommaso, poi, anche questa risalente all'VIII secolo, si chiama così perché custodiva alcune reliquie dell'apostolo evangelizzatore. Anche questo segno però oggi è esule da Mosul: i cristiani hanno portate via al sicuro le reliquie in un altro monastero; erano troppo importanti perché cadessero nelle mani del più fanatico tra i gruppi di miliziani musulmani.

PERCHÉ C'ERANO COSÌ TANTE CHIESE ANTICHE A MOSUL?
Viene allora da chiedersi: ma perché c'erano così tante chiese antiche a Mosul? La risposta sta nella storia del cristianesimo assiro, che nel primo millennio tra il Tigri e l'Eufrate conobbe una straordinaria vitalità. Al punto che furono loro i grandi evangelizzatori del primo millennio: da qui partirono missionari che molti secoli prima di Giovanni da Montecorvino e Matteo Ricci arrivarono addirittura fino in Cina, come testimonia la stele di Xi'ian. Ma anche in Persia, in Afghanistan, lungo le rotte della via della seta, fino ad arrivare addirittura all'Himalaya. La conquista araba, ma ancora di più la successiva invasione dei mongoli, hanno poi gravemente indebolito la storia del cristianesimo assiro. Ma queste comunità - pur tra mille sofferenze e anche parecchio dimenticate in Occidente - sono sempre sopravvissute. Anche in anni recenti non si erano dissolte nemmeno dopo la prova durissima del rapimento e dell'uccisione del vescovo caldeo di Mosul, Paulos Farahi Rahho, morto martire qui nel 2008. Si capisce allora come l'accostamento pronunciato domenica con amarezza dal patriarca caldeo Raphael Sako contenga un preciso riferimento storico: «Neanche i mongoli erano arrivati a tanto», ha dichiarato.

LO STATO ISLAMICO INCOMBE SULLA PRESENZA CRISTIANA
Accanto alla tragedia del cristianesimo dell'Oriente c'è infine anche un volto tutto latino che vale la pena di segnalare. Mosul è stato infatti un luogo storicamente molto importante pure per i domenicani. L'ordine dei predicatori era giunto in Mesopotamia già nel XIII secolo e aveva stabilito un suo convento anche a Mosul. Con la caduta del regno crociato ad Acri nel 1291 tutti i domenicani presenti qui subirono il martirio. Ma cinque secoli dopo Papa Benedetto XIV volle ricominciare quella storia; così nel 1750 inviò di nuovo i domenicani a Mosul. Una presenza che in 250 anni ha messo radici, al punto che sono nate anche due congregazioni femminili irachene che si rifanno al carisma domenicano e avevano la loro casa madre proprio nella grande città del nord dell'Iraq.
Su tutte queste storie lo Stato islamico ha impresso quella N dispregiativa di «nazareni», dipinta sui muri. Accendere oggi i riflettori su questo dramma è anche un modo concreto per far sì che questa testimonianza straordinaria di fede non vada perduta per sempre.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/07/2014

3 - PERCHE' UN BAMBINO DOWN DOVREBBE ESSERE INFELICE?
Cara futura mamma: ecco il video che spopola in internet
Autore: Umberto Folena - Fonte: Avvenire, 08/06/2014

Alla fine tutti si abbracciano. Dopo aver lasciato la parola ai figli, le mamme ne ricevono l'abbraccio, lo restituiscono e li vedi che sì, non fingono, sono davvero felici. Eppure secondo certi luoghi comuni, tanto logori quanto tenaci, non potrebbero né dovrebbero esserlo. Perché quei figli hanno la sindrome di Down. E quindi dovrebbero essere prigionieri di una sorta di semivita grigia e poco consapevole, peso a se stessi e ai loro sciagurati genitori. Invece quei genitori li vedi orgogliosi dei figli. Figli che capiscono, ragionano, parlano. Si esprimono molto meglio di tanti loro coetanei inespressivi. Per rispondere a una lettera che pone un problema molto importante.
La lettera è vera. L'ha scritta quattro mesi fa una mamma in attesa di un bambino con la sindrome di Down, destinatario CoorDown (Coordinamento nazionale Associazioni delle persone con la sindrome di Down), una onlus capofila di un progetto internazionale di cui fanno parte dieci associazioni di nove paesi diversi: Italia, Francia, Spagna, Croazia, Germania, Inghilterra, Russia, Usa e Nuova Zelanda. «Ho paura » confida la mamma. E chi non ne avrebbe al posto suo? È quella umanissima paura - di non farcela, e di mettere al mondo un figlio condannato all'infelicità - che spinge molte future mamme a interrompere la gravidanza, in molti casi condannando se stesse a un'infelicità ingombra di rimorsi. In occasione del 21 marzo, Giornata mondiale sulla sindrome di Down, CoorDown ha messo in rete uno spot di poco più di due minuti con la risposta dei ragazzi Down. Che dicono: tuo figlio, cara futura mamma, potrà fare un sacco di cose. Ne elencano alcune parlando in italiano, spagnolo e francese, perché sono ragazzi di tutto il mondo. Ma la risposta più esauriente è l'abbraccio finale.
Uno spot efficacissimo perché riesce a commuovere, fino alle lacrime, senza ricorrere ad alcun artificio retorico, ad alcun trucchetto del mestiere, ma semplicemente mostrando la realtà e dicendo la verità. Lo spot è riuscito perché quei ragazzi sono veri, e vere sono le loro mamme.
Ma le notizie davvero importanti sono altre. Primo fatto clamoroso: dal 31 marzo a ieri, lo spot "Dear Future Mom" ha fatto registrare sulle rete più di 5 milioni 200mila contatti. Un successo strepitoso. Una campagna del genere varrebbe un milione di euro, se non fosse stata realizzata a costo zero. Le menti sono due, Luca Pannese e Luca Lorenzini, creativi della Saatchi & Saatchi Italia, che hanno lavorato gratis chiedendo soltanto all'azienda di potersi servire dei suoi strumenti, cosa che l'agenzia, diretta da Giuseppe Caiazza, ha volentieri concesso. Ma tutti, a cominciare dalla produzione ( The Family), hanno fatto volontariato. Un ottimo risultato? Nessuno stupore. CoorDown e Saatchi collaborano dal 2012 e le prime due campagne sono state pluripremiate.
Rimane l'ultima notizia, la più importante. Sì, lo spot è riuscito perché vero; l'iniziativa è meritoria; i contatti sono stati un'enormità; ma ad oscurare i tanti successi, in fondo effimeri, è questo messaggio giunto il 28 maggio a CoorDown da Leticia Velasquez. Lo riportiamo in lingua originale: «Today this film convinced a father and mother to give birth to their son next fall». Dopo aver visto lo spot, due genitori hanno deciso: il loro figlio nascerà nell'autunno prossimo. Ne basta uno, di piccolo Down salvato perché amato, per poter dire: questa campagna è pienamente riuscita.

Nota di BastaBugie: vi invitiamo a guardare il video (che è stato visto da oltre 5 milioni di persone) di cui si parla nell'articolo.


https://www.youtube.com/watch?v=xNndLBZpToc

Fonte: Avvenire, 08/06/2014

4 - PAPA FRANCESCO APPROVA UNA LETTERA CIRCOLARE PER ELIMINARE GLI ABUSI DURANTE LO SCAMBIO DELLA PACE
Abolito il canto per la pace (inesistente nel Rito romano); vietato lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi la pace; il sacerdote non può allontanarsi dall'altare (neppure a matrimoni e funerali); in alcuni casi lo scambio della pace deve essere omesso
Autore: Antonio Canizares - Fonte: Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 8 giugno 2014

1. LA PACE, DONO DEL RISORTO ALLA SUA CHIESA
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace», sono le parole con le quali Gesù promette ai suoi discepoli riuniti nel cenacolo, prima di affrontare la passione, il dono della pace, per infondere in loro la gioiosa certezza della sua permanente presenza. Dopo la sua risurrezione, il Signore attua la sua promessa presentandosi in mezzo a loro nel luogo dove si trovavano per timore dei Giudei, dicendo: «Pace a voi!». Frutto della redenzione che Cristo ha portato nel mondo con la sua morte e risurrezione, la pace è il dono che il Risorto continua ancora oggi ad offrire alla sua Chiesa riunita per la celebrazione dell'Eucaristia per testimoniarla nella vita di tutti i giorni.

2. LO SCAMBIO DELLA PACE PRIMA DELLA COMUNIONE
Nella tradizione liturgica romana lo scambio della pace è collocato prima della Comunione con un suo specifico significato teologico. Esso trova il suo punto di riferimento nella contemplazione eucaristica del mistero pasquale - diversamente da come fanno altre famiglie liturgiche che si ispirano al brano evangelico di Matteo (cf. Mt 5, 23) - presentandosi così come il "bacio pasquale" di Cristo risorto presente sull'altare. I riti che preparano alla comunione costituiscono un insieme ben articolato entro il quale ogni elemento ha la sua propria valenza e contribuisce al senso globale della sequenza rituale che converge verso la partecipazione sacramentale al mistero celebrato. Lo scambio della pace, dunque, trova il suo posto tra il Pater noster - al quale si unisce mediante l'embolismo che prepara al gesto della pace - e la frazione del pane - durante la quale si implora l'Agnello di Dio perché ci doni la sua pace -. Con questo gesto, che «ha la funzione di manifestare pace, comunione e carità», la Chiesa «implora la pace e l'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana, e i fedeli esprimono la comunione ecclesiale e l'amore vicendevole, prima di comunicare al Sacramento», cioè al Corpo di Cristo Signore.

3. NECESSITÀ DI MODERARE QUESTO GESTO
Nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis il Papa Benedetto XVI aveva affidato a questa Congregazione il compito di considerare la problematica concernente lo scambio della pace, affinché fosse salvaguardato il senso sacro della celebrazione eucaristica e il senso del mistero nel momento della Comunione sacramentale: «L'Eucaristia è per sua natura Sacramento della pace. Questa dimensione del Mistero eucaristico trova nella Celebrazione liturgica specifica espressione nel rito dello scambio della pace. Si tratta indubbiamente di un segno di grande valore (cf. Gv 14,27). Nel nostro tempo, così spaventosamente carico di conflitti, questo gesto acquista, anche dal punto di vista della sensibilità comune, un particolare rilievo in quanto la Chiesa avverte sempre più come compito proprio quello di implorare dal Signore il dono della pace e dell'unità per se stessa e per l'intera famiglia umana. [...] Da tutto ciò si comprende l'intensità con cui spesso il rito della pace è sentito nella Celebrazione liturgica. A questo proposito, tuttavia, durante il Sinodo dei Vescovi è stata rilevata l'opportunità di moderare questo gesto, che può assumere espressioni eccessive, suscitando qualche confusione nell'assemblea proprio prima della Comunione. E' bene ricordare come non tolga nulla all'alto valore del gesto la sobrietà necessaria a mantenere un clima adatto alla celebrazione, per esempio facendo in modo di limitare lo scambio della pace a chi sta più vicino».

4. SENSO RELIGIOSO E SOBRIETÀ
Il Papa Benedetto XVI, oltre a mettere in luce il vero senso del rito e dello scambio della pace, ne evidenziava il grande valore come contributo dei cristiani, con la loro preghiera e testimonianza a colmare le angosce più profonde e inquietanti dell'umanità contemporanea. Dinanzi a tutto ciò egli rinnovava il suo invito a prendersi cura di questo rito e a compiere questo gesto liturgico con senso religioso e sobrietà.

5. POSSIBILI SOLUZIONI PER EVITARE GLI ABUSI
Il Dicastero, su disposizione del Papa Benedetto XVI, ha già interpellato le Conferenze dei Vescovi nel maggio del 2008 chiedendo un parere se mantenere lo scambio della pace prima della Comunione, dove si trova adesso, o se trasferirlo in un altro momento, al fine di migliorare la comprensione e lo svolgimento di tale gesto. Dopo approfondita riflessione, si è ritenuto conveniente conservare nella liturgia romana il rito della pace nel suo posto tradizionale e non introdurre cambiamenti strutturali nel Messale Romano. Si offrono di seguito alcune disposizioni pratiche per meglio esprimere il contenuto dello scambio della pace e per moderare le sue espressioni eccessive che suscitano confusione nell'assemblea liturgica proprio prima della Comunione.

6. DISPOSIZIONI PRATICHE
Il tema trattato è importante. Se i fedeli non comprendono e non dimostrano di vivere, con i loro gesti rituali, il significato corretto del rito della pace, si indebolisce il concetto cristiano della pace e si pregiudica la loro fruttuosa partecipazione all'Eucaristia. Pertanto, accanto alle precedenti riflessioni che possono costituire il nucleo per una opportuna catechesi al riguardo, per la quale si forniranno alcune linee orientative, si offre alla saggia considerazione delle Conferenze dei Vescovi qualche suggerimento pratico:
A) IL RITO DELLA PACE SI PUÒ OMETTERE E TALORA DEVE ESSERE OMESSO
Va definitivamente chiarito che il rito della pace possiede già il suo profondo significato di preghiera e offerta della pace nel contesto dell'Eucaristia. Uno scambio della pace correttamente compiuto tra i partecipanti alla Messa arricchisce di significato e conferisce espressività al rito stesso. Pertanto, è del tutto legittimo asserire che non si tratta di invitare "meccanicamente" a scambiarsi il segno della pace. Se si prevede che esso non si svolgerà adeguatamente a motivo delle concrete circostanze o si ritiene pedagogicamente sensato non realizzarlo in determinate occasioni, si può omettere e talora deve essere omesso. Si ricorda che la rubrica del Messale recita: "Deinde, pro opportunitate, diaconus, vel sacerdos, subiungit: Offerte vobis pacem".
B) SOSTITUIRE CON GESTI PIU' SPECIFICI
Sulla base delle presenti riflessioni, può essere consigliabile che, in occasione ad esempio della pubblicazione della traduzione della terza edizione tipica del Messale Romano nel proprio Paese o in futuro quando vi saranno nuove edizioni del medesimo Messale, le Conferenze dei Vescovi considerino se non sia il caso di cambiare il modo di darsi la pace stabilito a suo tempo. Per esempio, in quei luoghi dove si optò per gesti familiari e profani del saluto, dopo l'esperienza di questi anni, essi potrebbero essere sostituiti con altri gesti più specifici.
C) EVITARE GLI ABUSI
Ad ogni modo, sarà necessario che nel momento dello scambio della pace si evitino definitivamente alcuni abusi come:
- L'introduzione di un "canto per la pace", inesistente nel Rito romano.
- Lo spostamento dei fedeli dal loro posto per scambiarsi il segno della pace tra loro.
- L'allontanamento del sacerdote dall'altare per dare la pace a qualche fedele.
- Che in alcune circostanze, come la solennità di Pasqua e di Natale, o durante le celebrazioni rituali, come il Battesimo, la Prima Comunione, la Confermazione, il Matrimonio, le sacre Ordinazioni, le Professioni religiose e le Esequie, lo scambio della pace sia occasione per esprimere congratulazioni, auguri o condoglianze tra i presenti.
D) CATECHESI LITURGICHE SUL SIGNIFICATO DEL RITO DELLA PACE
Si invitano ugualmente tutte le Conferenze dei Vescovi a preparare delle catechesi liturgiche sul significato del rito della pace nella liturgia romana e sul suo corretto svolgimento nella celebrazione della Santa Messa. A tal riguardo la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti allega alla presente Lettera circolare alcuni spunti orientativi.

7. BEATI GLI OPERATORI DI PACE
La relazione intima tra la lex orandi e la lex credendi deve ovviamente estendersi alla lex vivendi. Raggiungere oggi un serio impegno dei cattolici nella costruzione di un mondo più giusto e più pacifico s'accompagna ad una comprensione più profonda del significato cristiano della pace e questo dipende in gran parte dalla serietà con la quale le nostre Chiese particolari accolgono e invocano il dono della pace e lo esprimono nella celebrazione liturgica. Si insiste e si invita a fare passi efficaci su tale questione perché da ciò dipende la qualità della nostra partecipazione eucaristica e l'efficacia del nostro inserimento, così come espresso nelle beatitudini, tra coloro che sono operatori e costruttori di pace.

8. OPPORTUNA CATECHESI AI FEDELI
Al termine di queste considerazioni, si esortano, pertanto, i Vescovi e, sotto la loro guida, i sacerdoti a voler considerare e approfondire il significato spirituale del rito della pace nella celebrazione della Santa Messa, nella propria formazione liturgica e spirituale e nell'opportuna catechesi ai fedeli. Cristo è la nostra pace, quella pace divina, annunziata dai profeti e dagli angeli, e che Lui ha portato nel mondo con il suo mistero pasquale. Questa pace del Signore Risorto è invocata, annunziata e diffusa nella celebrazione, anche attraverso un gesto umano elevato all'ambito del sacro.

L'APPROVAZIONE DI PAPA FRANCESCO
Il Santo Padre Francesco, il 7 giugno 2014, ha approvato e confermato quanto è contenuto in questa Lettera circolare, preparata dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, e ne ha disposto la pubblicazione.

(i titoli dei paragrafi, il corsivo e il grassetto sono redazionali)

Fonte: Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, 8 giugno 2014

5 - CHE FINE HA FATTO MARIO MONTI, SIMBOLO DELL'EUROPA DEI TECNOCRATI?
In una prestigiosa Accademia francese, Mario Monti subentra a Vaclav Havel: avanza così una concezione dell'Unione europea come governo dei tecnocrati contro l'identità dei popoli
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Il Timone, giugno 2014

Ci sono notizie che, pur non meritando le prime pagine dei giornali, per il loro valore simbolico più di altre danno il senso dei mutamenti in corso. Una di queste, all'inizio di maggio, è stato l'ingresso ufficiale all'Accademia di Scienze Morali e Politiche di Francia dell'ex presidente del Consiglio italiano Mario Monti in sostituzione dell'ex presidente ceco Vaclav Havel, deceduto nel dicembre 2011.

UN PASSAGGIO SIGNIFICATIVO
L'Accademia francese, fondata nel 1795 (e poi ancora nel 1832 dopo la sua soppressione nel 1803) è considerata un'istituzione molto prestigiosa nel promuovere l'approfondimento e la circolazione di idee su politica, economia, diritto, finanza. L'accesso di personalità non francesi - molto limitato e perciò scelto con cura - è anche indicativo del prevalere o meno di certe idee e progetti. Per questo diventa significativo un passaggio come quello fra Havel e Monti. È come se a un'idea di Europa se ne fosse sostituita un'altra, a colui che credeva fortemente in un'Europa dei popoli è succeduto il simbolo dell'Europa delle élites, un po' una metafora di quanto sta accadendo effettivamente a livello politico.

VACLAV HAVEL: CAMPIONE DEL DISSENSO ANTI-SOVIETICO
Havel, scrittore e drammaturgo ceco, divenne noto nell'Europa occidentale per essere uno dei promotori di "Charta '77", la più importante iniziativa del dissenso anti-sovietico nell'allora Cecoslovacchia, un manifesto in cui si chiedeva il rispetto dei diritti umani sistematicamente calpestati dal regime comunista. Si trattò di un'azione figlia di quel "vivere nella verità" contro "il potere della menzogna" che Havel descrisse così efficacemente nel famoso libro Il potere dei senza potere (recentemente rieditato in italiano da La casa di Matriona-Itaca). La vicenda dell'ortolano che mette in crisi un intero sistema totalitario semplicemente togliendo dalla vetrina della propria bottega il cartello con su scritto lo slogan imposto dal potere ("Proletari di tutto il mondo unitevi") è l'esaltazione della rilevanza universale di qualsiasi gesto di libertà e autocoscienza che la singola persona faccia. II problema dunque per Havel non sta nell'azione di questo o quel partito, questo o quel governo, ma nella consapevolezza di sé e della propria identità di ciascun cittadino. È intorno alle ragioni del proprio essere uomo che si gioca il futuro di un Paese e di un Continente.
Già nel 1978, quando scrive Il potere dei senza potere ed è solo un intellettuale dissidente nel cuore dell'impero sovietico, Havel vede con chiarezza il mortale pericolo cui va incontro l'Europa occidentale, incapace di comprendere la natura dei sistemi totalitari, ovvero «l'elusione dell'uomo». Un errore sempre più evidente nello Stato moderno, che mette tra parentesi «l'uomo concreto come soggetto dell'esperienza del mondo» e perciò stesso tende a evolvere in totalitarismo. Si genera così un mondo falso in cui la singola persona sembra irrilevante, ma tutto questo può reggere soltanto se le singole persone si rassegnano a vivere nella menzogna e nell'apparenza. «Finché l'apparenza - scrive Havel ne II potere dei senza potere - non viene messa a confronto con la realtà non sembra un'apparenza; finché la vita nella menzogna non viene messa a confronto con la vita nella verità manca un punto di riferimento che ne riveli la falsità. (...) l'ortolano non ha messo in pericolo la struttura del potere a causa della sua importanza "fisica" o del suo potere oggettivo, ma in quanto il suo gesto ha trasceso la sua persona, ha fatto luce intorno a sé». Per questo il potere reagisce violentemente, con una repressione che appare del tutto sproporzionata alla limitatezza del gesto di non esporre un cartello.

LA MINACCIA DELL'UNIONE EUROPEA
Quando la Cecoslovacchia riconquista la libertà e da presidente della Repubblica si trova anche a gestire la separazione tra Repubblica Ceca e Slovacchia (che lui non voleva al punto di dimettersi per non firmare la secessione), Havel non perde il filo del discorso e, anche se le sue scelte politiche possono essere opinabili come quelle di chiunque altro, mantiene alta l'attenzione sul futuro dell'Europa. E ancora invita alla responsabilità personale, che diventa responsabilità dei singoli Paesi nei confronti di un agglomerato come l'Unione Europea. Ecco cosa dice, con parole così attuali che valgono anche per noi oggi, nel discorso per la Festa della Repubblica Ceca il 28 ottobre 2000: «AI giorno d'oggi si sente parlare della nostra identità in toni molto tetri: si dice che è minacciata. È minacciata dall'Unione Europea, la quale ci vorrebbe, prima della nostra ammissione, rendere più simili agli altri membri; è minacciata dagli standard del Consiglio d'Europa; è minacciata dall'insistenza della Nato sulla nostra affidabilità come alleati; è minacciata dal Fondo Monetario internazionale, dalla Banca Mondiale, dall'ONU, dalla burocrazia di Bruxelles, dal capitale straniero, dall'ideologia dell'Occidente, dalla mafia dell'Est, dall'influenza americana, dall'immigrazione asiatica o africana e da Dio sa cos'altro... In realtà non credo che il mondo si preoccupi soprattutto della questione di come togliere ai Cechi la loro identità e sovranità... Solo da noi dipende se vogliamo chiuderci nelle vallate boeme tra le nostre montagne, con la speranza che tutte le burrasche del mondo ci schiveranno e ci lasceranno in pace a prenderci cura di noi stessi, oppure se ci comporteremo come veri cittadini di questo continente e di questo pianeta, ovvero come persone alle quali non è indifferente che cosa stia succedendo nel mondo e che accettano la loro dose di responsabilità di questi avvenimenti».

MARIO MONTI, SIMBOLO DELL'EUROPA DEI TECNOCRATI
Agli antipodi di questa concezione sta invece Mario Monti che, aldilà delle sue convinzioni personali, è diventato il simbolo dell'Europa dei tecnocrati, di una élite illuminata che per governare può fare a meno della partecipazione popolare, anzi che vede la partecipazione popolare come un inutile fastidio, una sorta di disturbo del manovratore. Non a caso "governa" con qualsiasi tipo di maggioranza politica e anche a prescindere dalla maggioranza politica. Fu nominato dapprima Commissario europeo nel 1994 dal governo Berlusconi, ma fu confermato nel 1999 da un governo di colore opposto, quello di D'Alema. E in Italia, fatto senatore a vita non si sa per quali meriti il 9 novembre 2011, la settimana successiva viene nominato a capo del governo dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in sostituzione di Silvio Berlusconi, costretto alle dimissioni pur godendo di una significativa maggioranza parlamentare. Sulle vicende che hanno portato a quel ribaltone si è molto discusso e le recenti dichiarazioni dell'ex segretario al Tesoro americano Tim Geithner, che ha rivelato una trama europea per rovesciare Berlusconi, rafforzano la convinzione che Monti rappresenti quell'insieme sovranazionale di poteri forti che governano sopra la volontà popolare che si esprime attraverso il voto. Tanto è vero che malgrado la sonora bocciatura che la sua formazione politica ha ricevuto non appena si è affacciato alle elezioni, l'Europa continua ad offrire incarichi prestigiosi a Monti: a gennaio è stato chiamato a presiedere il neonato "Gruppo di alto livello per le risorse proprie". Cosa vuoi dire? Si tratta di una commissione ristretta che dovrà studiare il modo in cui l'Unione Europea potrà finanziarsi in futuro, vale a dire che Monti dovrà inventarsi nuove tasse per l'Europa. E su questo, siamo certi, non deluderà i suoi "elettori".

Nota di BastaBugie: riproponiamo il video shock dove Mario Monti spiega che gli stati devono cedere la propria sovranità all'Europa dei tecnocrati


http://www.youtube.com/watch?v=HORaWaxi6io

Fonte: Il Timone, giugno 2014

6 - GLI PSEUDO MONACI CHE PROPAGANO L'ERESIA (TRA GLI APPLAUSI DEL MONDO)
Attualità di sant'Atanasio: oggi come allora è in pericolo l'ortodossia della fede
Autore: Corrado Gnerre - Fonte: Il Giudizio Cattolico, 09/08/2014

Agli amici de Il Giudizio cattolico voglio offrire la storia di un grande e famoso santo che però non viene solitamente ricordato nella sua completezza. Si tratta di sant'Atanasio (295-373), colui che difese il mistero dell'Incarnazione dalle minacce dell'Arianesimo, l'eresia che negava la divinità di Cristo.
Ma - dicevo - si tratta di un santo grande, anche famoso, ma di cui non si sa completamente tutto. Ed è proprio ciò che solitamente non si ricorda che rende questo santo molto attuale.

LA GRANDE CRISI DELLA ORTODOSSIA
L'epoca in cui visse sant'Atanasio fu di grande crisi della ortodossia, cioè della dottrina autentica. Siamo intorno al 360. In quel periodo (così come oggi) la verità cattolica rischiava di scomparire. Celebre è la frase di San Girolamo che descriveva quei tempi: "E il mondo, sgomento, si ritrovò ariano."
In tale contesto, sant'Atanasio non si piegò. Egli era un giovane vescovo di Alessandria d'Egitto. Rimase talmente solo a difendere la purezza della dottrina che per quasi mezzo secolo la sopravvivenza della fede autentica in Gesù Cristo si trasformò in una diatriba tra chi era per e chi non per Atanasio.

LA VITA DI SANT'ATANASIO
Qualche cenno biografico. Egli nacque ad Alessandria nel 295. Nel 325 presenziò al celebre Concilio di Nicea, in qualità di diacono di Alessandro ch'era vescovo di Alessandria. Concilio famoso quello di Nicea perché fu lì che venne solennemente proclamato la fede nella divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre. E' lì che fu stabilita la definizione per intendere l'uguaglianza del Figlio con il Padre: homoosius, che vuol dire "della stessa sostanza". Attenzione a questa definizione (homoosius) perché questa sarà la sostanza del contendere.
Torniamo alla vita di sant'Atanasio. Il 17 aprile del 328 morì il vescovo Alessandro e il popolo di Alessandria d'Egitto chiese a gran voce Atanasio come vescovo. Fu vescovo per ben 46 anni, ma furono 46 anni durissimi, 46 anni di lotta contro l'eresia ariana e contro gli ariani. Questi ovviamente rifiutavano proprio ciò che il Concilio di Nicea aveva detto di Gesù, il termine homoosius, che, come ho già ricordato, vuol dire: della stessa sostanza del Padre.
Il comportamento degli ariani di quel tempo è indicativo per capire quanto le vicende che toccarono a sant'Atanasio siano straordinariamente attuali. Sant'Ilario di Poiters (315-367) racconta che gli ariani ebbero sempre la scaltrezza di rifiutare ogni scontro dogmatico in merito alla questione della natura di Gesù perché sapevano che le loro tesi non potevano essere fondate sulla Tradizione né sul Magistero definito. Si limitavano a fare ciò che solitamente fa chi non sa controbattere in una discussione: invece di rispondere sugli argomenti, calunnia. La discussione dottrinale veniva spesso trasformata in conflitto su questioni personali. Il povero sant'Atanasio fu accusato delle più grandi nefandezze: di aver imbrogliato, di aver violentato una donna, di aver ucciso, di minare all'unicità della Chiesa. Una tecnica che non passa mai di moda. D'altronde il demonio è sempre lo stesso e ha sempre la stessa monotona fantasia.
Gli ariani però non si limitarono a questo. Operarono anche con grande astuzia. Prima di tutto cercarono di occupare quante più sedi episcopali e poi lanciarono quello che successivamente è stato definito come semiarianesimo. Altra tecnica tipica delle eresie: una volta condannate, riemergono proponendo un compromesso tra la verità e l'errore. Gli ariani propagandarono la necessità di sostituire il termine stabilito dal Concilio di Nicea, homoousion, con il termine homoiousion. Differenza di una sola lettera, minimale, ma che cambiava tutto. Infatti, il primo termine (homoousion) significa "della stessa sostanza", il secondo termine (homoiousion) significa "simile in essenza". Traducendo si capisce quanto la differenza non sia di poco conto.

SANT'ATANASIO RIFIUTA IL COMPROMESSO DOTTRINALE
Mentre molti vescovi si lasciarono convincere da questo compromesso terminologico, che era cedimento sulla dottrina, sant'Atanasio tenne fermo, resistette come un leone. Subì l'esilio per ben cinque volte, ma non cedette. E –come si suol dire- non era tipo che la mandasse a dire né che parlasse alle spalle. Si sentiva il dovere di difendere le anime per cui non lesinò un linguaggio polemico per mostrare a tutti quanto fossero in errore e quanto fossero pericolosi i semiariani, che invece agli occhi di molti sembravano innocui. Se la prendeva anche con chi voleva accettare il compromesso dottrinale. Sentite cosa diceva a riguardo: "Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l'uomo e l'umanità. Portare il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo."
Nel 335 a Tiro, in Palestina, fu convocato un sinodo per dirimere la controversia e dunque per decidere quale atteggiamento avere nei confronti di ciò che affermava sant'Atanasio. Il concilio definì il Vescovo di Alessandria con questi termini: "arrogante", "superbo" e "uomo che vuole la discordia". Il papa Giulio I (?-352) cercò di difenderlo, ma poi di lì a non molto morì e il povero sant'Atanasio fu nuovamente attaccato.

L'IMPERATORE COSTANZO E PAPA LIBERIO
Intanto anche il potere politico si accaniva contro di lui: l'imperatore Costanzo l'odiava. Fu convocato un concilio ad Arles e qui si costrinsero i vescovi a sottoscrivere una condanna di sant'Atanasio. Chi si opponeva difendendolo veniva mandato in esilio, fu il caso di Paolino di Treviri. Stessa sorte toccò anche al papa legittimo Liberio (?-366), che venne sostituito da un antipapa, Felice.
Fu allora che accadde ciò che viene ricordato come "caduta" di un papa. Liberio, per ottenere il potere e tornare a Roma come papa legittimo, decise anch'egli di accettare l'ambigua definizione semiariana, eppure fino ad allora si era distinto per una convinta definizione dell'homoosius del Concilio di Nicea.  
Altri concili segnarono il trionfo dell'eresia: quelli non ecumenici di Rimini e di Seleucia, siamo nel 359. Ma era prevedibile che per come era stato trattato sant'Atanasio e soprattutto per come era stata rinnegata la vera fede il castigo fosse alle porte. All'imperatore Costanzo, morto nel 360, successe Giuliano detto "l'apostata" (330-363), che arrivò a ripudiare il battesimo cercando di restaurare il paganesimo.
Non passò molto tempo e il nuovo imperatore Valente, così come il nuovo papa Damaso, capirono che sant'Atanasio aveva ragione e lo riabilitarono. L'intrepido difensore della fede cattolica morì il 2 maggio del 373.

MANTENERE ACCESA LA LUCE DELLA FEDE
Ancora due cose vanno messe in rilievo. La prima: ai tempi di sant'Atanasio a difendere la fede ci fu solo lui e una piccola comunità, i vescovi dell'Egitto e della Libia. Solo loro seppero mantenere accesa la luce della fede. La seconda: è significativo che colui che combatté da solo contro l'eresia ariana, non fu mai un teologo. La sua grande sapienza teologica, più che dagli studi, gli venne dall'incontro con i suoi maestri cristiani che testimoniarono il martirio durante le persecuzioni di Diocleziano; e soprattutto dall'incontro con il grande sant'Antonio. Ario, invece, raccoglieva grande consenso per la sua grande preparazione biblica e teologica. Era insomma come tanti teologi che oggi vanno per la maggiore nei dibattiti, nelle prime pagine dei quotidiani e nei talk-show televisivi. Atanasio però sapeva quanto qui stesse l'insidia del demonio. Nella sua celebre Vita di Antonio egli riporta un insegnamento del suo grande maestro: "(…) i demoni sono astuti e pronti a ricorrere ad ogni inganno e ad assumere altre sembianze. Spesso fingono di cantare i salmi senza farsi vedere e citano le parole della Scritture. (…). A volte assumono sembianze di monaci, fingono di parlare come uomini di fede per trarci in inganno mediante un aspetto simile al nostro e poi trascinano dove vogliono le vittime dei loro inganni."

Fonte: Il Giudizio Cattolico, 09/08/2014

7 - CHIESA E DENARO: MATRIMONIO POSSIBILE
Un breve excursus storico sui rapporti fra la Chiesa cattolica e la finanza, alla luce della Dottrina sociale della Chiesa
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2014 (n. 135)

All'interno della Chiesa circolano diverse opinioni sull'argomento economico e finanziario, non tanto perché sia argomento "nuovo" o tabù, quanto perché ancora oggi molti confondono l'eticità di uno strumento con l'eticità del suo uso. Ciò avviene sia perché si è persa la capacità di distinguere fra fini e mezzi, sia perché, grazie al nichilismo dominante nella nostra cultura, lo strumento economico-finanziario ha assunto piena autonomia morale e l'uomo ne ha fatto spesso un cattivo uso. L'attuale crisi economica (spiegata moralmente da papa Benedetto XVI), ne è un esempio. Ma questo rischio di cattivo uso in realtà è sempre esistito e ha costantemente preoccupato la Chiesa e i Papi, seppure con reazioni diverse, secondo i tempi e l'intensità della fede.
 
CHIESA E DENARO NEL XVI SECOLO
La Chiesa si è sempre dovuta occupare di finanza. Dai tempi in cui i cattolici dovettero fare "fund raising" (raccolta fondi) per finanziare le Crociate, a quelli in cui si dovettero risolvere problemi finanziari-fiscali riguardo l'obolo di San Pietro. Per questo, la Curia romana ebbe sempre banchieri al suo servizio. Si pensi ai toscani Peruzzi, Acciaroli, Medici, a Jaques Coeur in Francia, ai Fugger nei paesi germanici. Certo, l'obiettivo è sempre stato quello di sostenere le opere religiose, ma anche quello di creare un valore finanziando commerci, flotte mercantili, ecc. in tutto il mondo.
Si dovette pertanto affrontare e risolvere il problema del prestito e naturalmente della liceità dell'interesse. Lo risolsero proprio i Francescani che, oltre alla creazione dei Monti di Pietà, riconobbero l'esigenza dell'interesse per coprire il rischio. Nei primi del Cinquecento, dopo la scoperta dell'America, la Scuola di Salamanca (una scuola filosofica composta soprattutto da Domenicani e Francescani...) arrivò persine a stabilire le leggi economiche fondamentali considerate le basi della cosiddetta Scuola Austriaca, una scuola di pensiero economico che ha due dei suoi esponenti maggiori in Friedrich von Hayek (1899-1982) e Ludwig von Mises (1881-1973).

LA CHIESA NON HA MAI OSTACOLATO IL CAPITALISMO
Quanto sopra ricordato mostra che mai la Chiesa ha ostacolato il capitalismo; semmai, correttamente, ha condannato l'autonomia morale delle scelte economiche. Mi piace ricordare che, mentre l'Ecclesiaste dice che non c'è nulla di più riprovevole che l'attaccamento al denaro, san Tommaso spiega che il peccato corrompe l'uomo che, pertanto, usa male il denaro. Studiando la storia economica si potrebbe persine supporre che la Chiesa, durante il Rinascimento, abbia avviato essa stessa un certo sistema economico "trainante" l'economia e la crescita del Pii, il prodotto interno lordo di un Paese, poiché incoraggiò imprese, costruì palazzi e chiese, utilizzando banchieri internazionali.
E qui forse esagerò un poco nel farsi consigliare dai banchieri, perché questi (i Fugger soprattutto), per finanziare le sue opere, la fecero indebitare sempre più, costringendola, per rientrare dai debiti, a vendere benefici ecclesiastici e indulgenze, offrendo così il pretesto per la "riforma" di Lutero (1483-1546). In realtà, Lutero fece l'interesse dei Principi (tedeschi e inglesi) convertiti al luteranesimo, incamerando i beni della Chiesa cattolica. In più, a rafforzare il potere protestante affinchè potesse creare quel capitalismo, individualista ed egoistico, che poi sarà avversato da Marx, non bastò l'idea della "divina Provvidenza", ma contribuì anche il crollo delle monarchie e delle banche cattoliche nella seconda metà del XVI secolo.
Ricordiamo infatti che la successione al trono imperiale era contesa tra Carlo V (ispano-fiammingo-austriaco, 1500-1558) e Francesco I di Francia (1494-1547). Per aggiudicarsi la competizione (poiché allora non c'era il finanziamento pubblico ai partiti), i contendenti dovevano comprare voti, a debito naturalmente. Ma mentre Carlo si affidò ai Fugger che gli fecero un finanziamento a "success tee" (cioè rimborsabile a successo dell'operazione), Francesco si fece finanziare dai banchieri di Lyon cash, per pagare in anticipo gli elettori, che invece di essergli grati per la fiducia, tradirono le attese.
Ma anche per Carlo V non andò bene nonostante l'elezione. Gli alti interessi da pagare ai Fugger (20%) e le alleanze sbagliate lo portarono al default e suo figlio Felipe II scoprì che i tassi applicati dai Fugger erano da usurai. Così, per "scelta morale" (Filippo era tutto casa e Chiesa..., si racconta), decise di non pagarli ristrutturando il debito, portando d'imperio gli interessi al 5% (decreto di Valladolid 1557), e provocando così anche il fallimento a catena dei banchieri cattolici. Così due Papi successivi, san Pio V (1566-1572) e Sisto V (1585-1590), decisero di praticare austerità e di ritornare ai principi originali di distacco dal danaro, vietarono l'indebitamento, ridimensionarono gli investimenti, i commerci, ecc.

IL CAPITALISMO COMMERCIALE
Dal business e dagli eccessi finanziari, la Chiesa si riconvertì alle opere di religione. Pio V ci riuscì grazie a un santo gesuita, san Francesco Borgia (1510-1572). Negli anni successivi, si sviluppa quella fase economica che chiamiamo capitalismo commerciale. A causa del crollo delle banche cattoliche, si rafforzano le economie del nord Europa, ove si creano i grandi commerci (per esempio la Compagnia delle Indie) che producono indotto nelle infrastrutture e nelle invenzioni. Soprattutto si crea una borghesia pragmatica e razionalista, utilitaristica, cartesiana e poi illuminista che rifiuta il cattolicesimo quale eredità di un medioevo considerato oscuro.
I gesuiti, veri leader di queste epoche, tentano di conquistare invano la borghesia. Ci riesce meglio un papa illuminato, Benedetto XIV (1740-1758), che capisce come il processo capitalistico sia inarrestabile e la mentalità calvinista borghese quasi impossibile da modificare. Così, da una parte, quel Pontefice andò incontro alle esigenze della finanza (liceità del prestito e poi degli interessi per gli investimenti) per cercar di riconquistare la borghesia, dall'altra parte, per avere una base meno irrequieta, andò alla conquista dei poveri contadini avviando campagne di apostolato anche con le feste religiose, i culti popolari (Sacro Cuore, san Giuseppe...), Confraternite, ecc.
 
LA PERSECUZIONE
Dopo il capitalismo commerciale nasce quello industriale grazie alla scoperta di nuove tecniche, con nuove sfide per la Chiesa. Da una parte, la borghesia industriale vuole libertà imposte per legge e avversa la Chiesa ritenuta intollerante perché chiede all'operaio, come a tutti i cristiani, uno stile di vita diverso da quello che la logica del profitto richiedeva. D'altra parte, nascono nuovi "clienti" per la Chiesa, dopo i contadini: i proletari. La borghesia liberale opera allora per negare alla Chiesa cattolica il ruolo di religione riconosciuta e favorita dallo Stato, accusandola di esser ostile al progresso economico.
La Chiesa risponde creando le società di mutuo soccorso, le casse rurali, le confraternite che sono espressione di solidarietà sociale e di aiuto ai poveri. La reazione laicista divenne allora veramente aggressiva. Come Napoleone (1769-1821 ) aveva sottratto i beni della Chiesa espropriandoli, così le rivoluzioni liberali e nazionaliste dell'Ottocento faranno altrettanto, anche se in modo meno violento, e anche il marxismo cercherà di impedire che il proletariato venisse influenzato dalla Chiesa. I Papi cominciano a scrivere encicliche difensive e di condanna (per esempio, il beato Pio IX con la Quanta cura con allegato il Sillabo nel 1864), mentre successivamente Leone XIII prepara la proposta della Chiesa per affrontare la questione sociale con la Rerum novarum (1891) e con un corpo dottrinale che prende il nome di dottrina sociale.
La Prima Guerra mondiale (1914-1918) abbatte il capitalismo liberale e permette la nascita del capitalismo di Stato per la necessaria "provvidenza" post bellica. Pio XI deve fronteggiare il capitalismo di Stato e il comunismo e nel 1931 scrive l'enciclica Quadragesimo anno sulla dittatura economica che asservisce il potere politico. Nel 1937 sempre Pio XI scrive l'enciclica Divini Redemptoris contro il comunismo ateo che sopprime la libertà dell'individuo, talvolta cammuffandosi come servizio caritatevole e umanitario.
Dopo la Seconda Guerra mondiale, i riferimenti chiave per intendere il ruolo della Chiesa in economia sono la Mater et Magistra (1961) di san Giovanni XXIII e la Populorum progressio (1967) del beato Paolo VI, la Centesimus Annus (1991) e la Sollicitudo rei socialis (1987) di san Giovanni Paolo II. Gli anni successivi al 1980 hanno visto il crollo delle nascite e la crescita economica del mondo occidentale fondata sul consumismo a debito che ha cambiato il mondo accelerando il processo di globalizzazione. Questa crisi viene interpretata e spiegata nell'enciclica di Benedetto XVI Caritas in Ventate (2009) sulla globalizzazione, e quindi con l'enciclica scritta a quattro mani dal Pontefice emerito Benedetto XVI e da papa Francesco, la Lumen Fidei (2013).

Fonte: Il Timone, luglio-agosto 2014 (n. 135)

8 - IL VATICANO II E' SOLO UN CONCILIO PASTORALE
L'ultima opera di Padre Serafino Lanzetta analizza l'ermeneutica delle dottrine conciliari analizzando i documenti
Autore: Cristina Siccardi - Fonte: Corrispondenza Romana, 02/07/2014

L'ultima opera pubblicata del teologo Padre Serafino Lanzetta F.I. è un vero e proprio chef-d'œuvre, un capolavoro che arricchisce, con tasselli nuovi e argomentazioni convincenti, gli approfondimenti che da diversi anni vanno sviluppandosi, con sempre maggiore intensità e determinazione speculativa, su quell'evento che ha prodotto un vero e proprio sisma nella Chiesa, riconosciuto tale anche da coloro che ne tessono le lodi per le novità introdotte: il Concilio Vaticano II.

MA QUELLE NOVITÀ FURONO SOLTANTO PASTORALI OPPURE ANCHE DOTTRINALI?
La Fede è ancora quella dei nostri padri, annunciata da Cristo, da San Pietro, da San Paolo, tramandata di Dottore in Dottore della Chiesa, di Concilio in Concilio... oppure è cambiata? Ecco che il laborioso impegno del raffinato teologo Padre Lanzetta viene in soccorso in questi tempi tanto confusi quanto sovvertitori. «Lo studio di P. Lanzetta fornisce un approccio di grande respiro, attento alle fonti storiche e alle varie proposte d'interpretazione negli ultimi decenni. (...) è una trattazione brillante del tema scelto.
L'autore conosce bene la discussione temporanea e le fonti del Vaticano II. La tesi porta un contributo originale nuovo sia dal punto di vista storico (...) sia dal lato della riflessione sistematica. L'autore non si accontenta di presentare le varie posizioni (ciò avviene in maniera precisa), ma fa anche delle proposte chiarificatrici che possono illuminare il dibattito attuale. Vengono toccati dei temi centrali (la discussione sulle fonti della Rivelazione, l'ecclesiologia, la mariologia, l'ermeneutica delle affermazioni magisteriali...). Tutti i vari aspetti sono finalizzati a capire meglio il significato e la portata della dottrina conciliare», così scrive il Professor Don Manfred Hauke dell'Università di Lugano nella sua presentazione del volume Il Vaticano II. Un Concilio pastorale. Ermeneutica delle dottrine conciliari, edito in questi giorni da Cantagalli (pp. 490, € 25.00).

PAOLO VI SULLA DEI VERBUM
Il libro nasce come tesi di abilitazione alla libera docenza, conseguita da Padre Lanzetta alla Facoltà Teologica di Lugano, in Svizzera, presso la quale l'autore diede inizio al suo poderoso lavoro di ricerca nel maggio 2011, sotto la direzione dello stesso Hauke. Fra la documentazione emersa negli archivi si trova un importante intervento di Paolo VI sulla Dei Verbum, così come dalla consultazione all'Archivio Segreto Vaticano Lanzetta ha trovato un prezioso carteggio con il Cardinale Ottaviani dove emerge la preoccupazione di Papa Montini per l'imminente approvazione del De Divina Revelatione, manifestando l'esplicito desiderio di sottolineare il ruolo della Tradizione costitutiva della Fede (p. 245).
Lo stesso Paolo VI, l'8 dicembre 1966, ad un anno dalla chiusura del Vaticano II, in un discorso che ricorda quello che pronuncerà alla Curia romana, 39 anni più tardi, Benedetto XVI (22 dicembre 2005) condannò chi presentava il Vaticano II come «una rottura con la tradizione dottrinale e disciplinare che lo precede, quasi ch'esso sia tale novità da doversi paragonare ad una sconvolgente scoperta, ad una soggettiva emancipazione, che autorizzi il distacco, quasi una pseudo-liberazione, da quanto fino a ieri la Chiesa ha con autorità insegnato e professato, e perciò consenta di proporre al dogma cattolico nuove e arbitrarie interpretazioni, spesso mutuate fuori dell'ortodossia irrinunciabile, e di offrire al costume cattolico nuove ed intemperanti espressioni, spesso mutuate dallo spirito del mondo; ciò non sarebbe conforme alla definizione storica e allo spirito autentico del Concilio, quale lo presagì Papa Giovanni XXIII. Il Concilio tanto vale quanto continua la vita della Chiesa; esso non la interrompe, non la deforma, non la inventa; ma la conferma, la sviluppa, la perfeziona, la "aggiorna"».

SI ERA INTERROTTO QUALCOSA NELLA TRASMISSIONE DELLA FEDE?
Il problema, dunque, era emerso fin da allora: il dubbio serpeggiava ovunque, si era interrotto qualcosa nella trasmissione della Fede? L'auspicio di Paolo VI sopra esposto non poteva avverarsi poiché le ambiguità interne ai documenti conciliari e le linee pastorali degli "aggiornamenti", che per forza di cose hanno influito sulla dottrina stessa, portando la prassi del mondo (cultura e mentalità) dentro la prassi ecclesiale e catechetica, non potevano essere soffocate e continuano a reclamare risposte. Lo stesso processo metodologico con cui si è tenuto il Concilio, fin dal suo esordio, provoca non soltanto perplessità, ma critiche storiche e teologiche facilmente identificabili se si conoscono i fatti, quelli che, grazie a studiosi come Lanzetta, oggi possono essere di pubblico dominio.
Con scrupolo metodologico ed epistemologico viene illustrato il rapporto Scrittura-Tradizione nella Dei Verbum: l'autore parte dal primo schema De fontibus per approdare alla promulgazione della Costituzione sulla Divina Rivelazione. Nessun passaggio viene omesso: si parte dalla preparazione del Concilio, passando attraverso il grande esame teologico delle Commissioni e delle Sottocommissioni, per arrivare allo svolgimento dei lavori conciliari fino alle decisioni definitive, che in molte occasioni contrastano con i lavori preparatori.
I cattolici che continuano a vivere secondo la Tradizione della Chiesa e la Fede dei loro padri non si riconoscono più in quegli «aggiornamenti» che hanno di fatto mutato il volto della Chiesa. «Cosa veramente voleva dire il Vaticano II? Cosa ha rappresentato? Uno "spirito del Concilio", molto spesso confuso con lo spirito del mondo, prese il sopravvento, e i testi magisteriali furono semplicemente tralasciati per fare spazio ad una "primavera" costruita a tavolino da alcuni esperti della pastorale. Si agitava la questione del Concilio come "un tutto" per la fede, come nuova stagione per la Chiesa, come via di non ritorno, dal lato opposto, lo si presentava come un incidente di percorso, un errore di valutazione. Per molti una partenza. Per altri un arresto. Cos'è l'ultimo Concilio per la Chiesa? La domanda divide la Chiesa forse come non mai prima» (p. 26).

PADRE LANZETTA HA INTERROGATO IL CONCILIO
Padre Lanzetta, in definitiva, ha interrogato il Concilio, volendo scoprire soprattutto la sua mens, una mens che poi determinò le scelte e le decisioni e dai risultati raccolti emerge che non sempre è chiaramente distinto il campo pastorale da quello dottrinale «per il semplice fatto che non si dà né una definizione dell'uno né dell'altro, ma spesso, i due lemmi impiegati nella loro accezione tradizionale, servono ora a confermare la sana teologia, ora a lasciare ancora il dato dottrinale alla teologia, ora a provocare uno sviluppo che necessariamente coinvolge la fede e la sua dottrina» (p. 32).
Ciò che accadde in San Pietro fra il 1962 e il 1965 viene sempre più, teologicamente e storicamente, reso noto, perché la Chiesa appartiene a Cristo, che è la Verità e la Verità appartiene a Dio. Nella Lettera agli Ebrei San Paolo dichiara: «Non v'è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto» (Eb 4, 13).

Fonte: Corrispondenza Romana, 02/07/2014

9 - OMELIA XX DOM. DEL TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 15,21-28)
Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 agosto 2014)

Gesù si recò verso la zona di Tiro e Sidone, fuori da Israele, e ascoltò la preghiera di una donna pagana, una Cananea, la quale gridò con fiducia: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molta tormentata da un demonio» (Mt 15,22). Inizialmente sembrava che Gesù non volesse ascoltare la supplica di quella donna; il Vangelo dice che Gesù non le rivolse neppure una parola (cf Mt 15,23), e furono i Discepoli ad implorare il Signore di ascoltarla. In un primo momento non vennero ascoltati neppure i Discepoli, e, alla ulteriore insistente richiesta della donna che si paragonava ad un cagnolino che mangia le briciole che cadono dal tavolo dei padroni, Gesù esclamò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (Mt 15,28).
Questo episodio è ricco di insegnamenti. Per prima cosa ci insegna a non desistere nella preghiera. Anche se sembra che la nostra supplica non venga esaudita, non dobbiamo perderci d'animo. Imitiamo l'insistenza della donna Cananea e non temiamo di essere importuni.
Un secondo insegnamento riguarda l'intercessione dei Santi e dei fratelli nella fede. I Discepoli supplicavano Gesù di ascoltare la preghiera di quella donna, in un certo senso, essi intercedevano per lei presso il Cuore del Salvatore. Così, per noi intercedono gli Angeli e i Santi, pregano le anime buone che su questa terra elevano al Cielo suppliche per i vivi e per i defunti, e, soprattutto, intercede la Beata Vergine Maria, nostra amatissima Madre. La preghiera di intercessione è una meravigliosa grazia che Dio mette nelle nostre mani: anche noi possiamo beneficare tanti nostri fratelli, pregando per loro.
Un terzo insegnamento, il più bello, riguarda la bontà del Cuore di Gesù. Egli non esaudisce la nostra preghiera perché noi siamo santi – la donna Cananea era addirittura una pagana – ma perché Lui è buono e desidera ardentemente farci del bene. Ma, per far questo, Egli vuole vedere una condizione: quella dell'umiltà e del riconoscimento della nostra miseria. La donna Cananea riconobbe candidamente la sua miseria e si paragonò ad un cagnolino indegno di cibarsi alla tavola, ma che si sfama con quanto cade per terra.
L'episodio della donna Cananea ci insegna inoltre che Dio vuole che tutti conoscano il Vangelo e giungano alla salvezza. Gesù si reca appositamente fuori da Israele, in pieno territorio pagano, per far comprendere che tutti i popoli sono chiamati a far parte della Chiesa da Lui fondata. Per gli ebrei, questo, era un discorso un po' ostico da comprendere; essi credevano di essere i soli ad avere questo privilegio e rimanevano chiusi nel loro nazionalismo.
Gesù insegna agli Apostoli ad uscire dal loro angusto guscio e ad aprirsi all'universalità della salvezza. Di questo fu pienamente convinto san Paolo, il quale, nella seconda lettura di oggi, si proclama «apostolo delle genti» (Rm 11,13), ovvero colui che è stato mandato ad annunciare ai pagani il lieto annuncio della salvezza. Egli desiderò ardentemente che tutti conoscessero Gesù, l'unico Salvatore del mondo, e ricevessero il dono del Battesimo.
Già nella prima lettura di oggi troviamo questo messaggio di speranza. Il profeta Isaia, parlando degli stranieri, ovvero di coloro che non appartenevano al popolo d'Israele, diceva: «Li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera» (Is 56,7).
Ma come potranno i pagani udire il Vangelo se nessuno lo annuncia a loro? Per questo motivo è necessario che ci siano i missionari. Ogni cristiano è missionario per il Battesimo; ma alcuni lo sono in modo speciale in forza di una chiamata particolare da parte di Dio. San Paolo avvertì chiaramente questa chiamata da parte del Signore e consumò la sua vita per illuminare i popoli, annunziando loro il Vangelo della salvezza. Egli intraprese diversi viaggi missionari sospinto dall'ansia di portare a Cristo i fratelli. Sulla sua scia, lungo i duemila anni della Chiesa, numerosi missionari hanno percorso le vie di questo mondo animati dallo stesso zelo per la salvezza delle anime.
Dio, il quale vuole la salvezza di tutti, certamente chiama molti alla vita missionaria, ma purtroppo sono sempre pochi quelli che rispondono a questo appello. Uno dei più grandi missionari è stato san Francesco Saverio. Egli raggiunse l'estremo oriente, ove morì nel tentativo di raggiungere la Cina, dopo aver evangelizzato il Giappone. Egli era tormentato dal pensiero che in Europa molti giovani sciupavano la loro vita inutilmente, mentre avrebbero potuto essere molto utili nell'opera missionaria. Lo stesso pensiero lo possiamo fare anche noi oggi: la messe è molta, ma gli operai sono pochi. Non ci rimane che pregare, affinché molti giovani ardimentosi ascoltino la chiamata del Signore, divengano zelanti missionari del Vangelo e, sull'esempio di san Paolo Apostolo delle genti e sull'esempio di tanti Santi missionari, sappiano lasciare tutto per guadagnare a Cristo i fratelli.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 17 agosto 2014)

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