BastaBugie n�365 del 05 settembre 2014
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LE DOCCE GELATE PER LA RICERCA CONTRO LA SLA CI RIVELANO QUALCOSA DI INQUIETANTE
La moda dell'Ice Bucket Challenge dimostra la debolezza di una società senza valori sul viale del tramonto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LA DOMENICA ANDANDO ALLA MESSA
Un'ora di noia, ma una volta... (VIDEO: applaudire in chiesa? San Giovanni XXIII riprovava fermamente questo abuso)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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QUEI PAPI E SANTI CHE FECERO LA GRANDE GUERRA
Tra i soldati della prima guerra mondiale c'erano anche don Minzoni, Riccaro Pampuri, Padre Pio, Agostino Gemelli e Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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L'ALTRO VIZIETTO DEI GAY: TAROCCARE LE STATISTICHE
Gli omosessuali sono il 10% come disse il Rapporto Kinsey nel 1948? Falso! Studi recenti certificano che sono meno dell'1%
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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AMERICA: PER PAGARSI GLI STUDI FA LA PORNOSTAR
Ha scandalizzato gli americani, ma perché tanto clamore? Tutte le rivoluzioni sessuali le hanno lanciate loro...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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CONTR'ORDINE COMPAGNI: SEGUIAMO L'AMERICA (GAY-FRIENDLY, ANIMALISTA, BUDDISTA, VEGETARIANA...)
Da Karl Marx a Rocco Siffredi, passando per le pornostar alle Feste del Pd: ecco come i trinariciuti affrontano il futuro
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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CATTOLICI E POLITICA: LA BATTAGLIA PERSA CHE NON E' STATA NEMMENO COMBATTUTA
I temi cattolici per acquistare visibilità devono essere proposti da laicisti: l'esempio della Francia costretta ad accettare l'utero in affitto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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IL MATRIMONIO NON SI ANNULLA: O C'E' O NON C'E'
Non si può dare la comunione ai divorziati risposati o ai conviventi... la Chiesa non ci può far niente perché i sacramenti li ha stabiliti Gesù e vanno rispettati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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MA CHE FINE HA FATTO SUOR CRISTINA?
Si dice che i superiori le abbiano negato il nulla osta per partecipare a Sanremo...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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IL TEMPO E' GALANTUOMO... COME GOTTI TEDESCHI
Assolto a pieni voti dalla magistratura italiana, anche l'indagine su Finmeccanica si è chiusa con un proscioglimento (è sempre più evidente che fu un errore cacciarlo dalla presidenza dello IOR)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A - (Mt 18,15-20)
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LE DOCCE GELATE PER LA RICERCA CONTRO LA SLA CI RIVELANO QUALCOSA DI INQUIETANTE
La moda dell'Ice Bucket Challenge dimostra la debolezza di una società senza valori sul viale del tramonto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26-08-2014
Il destino, di solito cinico e baro, qualche volta è anche tragicamente beffardo. É stato il caso dell'inventore (o uno degli inventori) dell'ultimo tormentone estivo: la doccia fredda a scopo benefico, detta, nella lingua globale (l'americano, che somiglia all'inglese quanto il linguaggio di Cicerone somigliava a quello della Suburra), «Ice Bucket Challenge», letteralmente «sfida del secchio gelato». Come avrete visto nei tg e letto sulla Bussola, consiste nel versarsi addosso o farsi scaricare in testa una secchiata d'acqua, meglio se si è vestiti di tutto punto. Questo, chissà perché, dovrebbe "sensibilizzare" la gente sul problema della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), detta anche Morbo di Lou Gehrig o di Charcot o dei motoneuroni. É una terribile malattia che paralizza progressivamente il corpo e a tutt'oggi non ha rimedio.
CHI D'ACQUA FERISCE D'ACQUA PERISCE Gli ideatori, americani, tanto per cambiare, della campagna benefica a secchiate hanno realizzato un video selfie e l'hanno postato su Youtube, raccogliendo un bel po' di soldi. L'iniziativa goliardica era partita due anni fa dagli amici di tal Peter Frates, americano, un trentenne che si era ammalato di Sla. Si vede uno che, dopo essersi tirato una secchiata d'acqua in capo, invita il prossimo a imitarlo, fare offerte pecuniarie alla ricerca sulla Sla e diffondere la cosa. Ma chi d'acqua ferisce d'acqua perisce, è il caso di dire. Infatti, il 16 agosto l'iniziatore della campagna a colpi di autogavettoni è morto annegato. A Nantucket, nel Massachussetts. Si chiamava Corey Griffin, aveva ventisette anni e si era tuffato in mare di notte. Dice il Boston Globe che un testimone l'ha visto riaffiorare ma poi tornare sotto e non più riemergere. Si potrebbe pensare alla famosa "maledizione dei ventisette anni", ma questa colpisce solo le rockstar (Amy Winehouse, Kurt Cobain, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Janis Joplin) e si tratta di suicidio oneshot (tipo fucilata autoinflitta) o "a rate" tramite overdose. É pur vero che anche il Griffin aveva finito per far parte del mondo dello spettacolo, data la diffusione planetaria della sua "sfida" a mezzo video. Boh. Sia come sia, qualcuno si è giustamente chiesto se innaffiarsi d'acqua in diretta sia un modo serio di raccogliere fondi a favore della ricerca medica. Il metodo di Griffin, in effetti, ha funzionato, perché il poveretto, solo il giorno prima di annegare, aveva raggranellato ben centomila dollari di offerte. Vabbe', ennesima americanata. Tuttavia, quando vedi il premier e una fetta di governo italiano contagiati dall'ennesima americanata, ti vien da pensare alla corte di Bisanzio che dibatteva sul sesso degli angeli mentre l'islam premeva alle porte. É vero, è una leggenda, ma almeno - ti dici - i capi bizantini discutevano di raffinata teologia, questi qua si tirano secchiate in testa. E il pericolo islamico è il medesimo. L'islam radicale sta riempiendo il vuoto lasciato dal marxismo. É un'ideologia totalitaria e, come quello, dice chiaro e tondo di voler conquistare il mondo. Come quello, non tiene in alcun conto la vita umana. E, di nuovo, l'Occidente libero è minacciato da un nemico senza scrupoli che non conta i propri caduti.
LA STORIA CHE SI RIPETE: IERI CON LE BRIGATE ROSSE, OGGI CON LE BRIGATE ISLAMICHE Di nuovo i giovani occidentali irrequieti si ritrovano tentati da una sirena ideologica. E i media fanno la conta di quanti sono quelli tra loro che sono partiti per arruolarsi nel jihad. I "modelli" offerti dall'Occidente - che so, Vasco Rossi o un attore Lgbt - non li attirano e preferiscono il mujahid. Ma solo perché è quest'ultimo, oggi, a somigliare al modello ideale del combattente per una causa. Il cristianesimo, demolito e pure autodemolito da chi lo ha ridotto a sentimentalismo buonista, non ha più appeal. E anche sul piano psicologico l'odio è più facile dell'amore: il primo va contro gli altri, il secondo ti costringe a vincere te stesso. Video contro video: l'avanzante Califfato diffonde le altrui teste mozze, l'America obamiana le proprie teste bagnate. Si ha veramente l'impressione che, all'Occidente dominato dai sessantottini cristofobici, è come se quel Cristo cacciato dalla scena abbia detto: il mio giogo leggero e soave vi è sembrato troppo pesante? Ok, beccatevi allora quello di Maometto. I più anziani tra noi ricordano l'ostinazione con cui molti intellettuali parlavano delle Brigate "sedicenti" Rosse e, quando non fu più possibile negarne il colore, fu lanciato lo slogan «meglio rossi che morti». La storia si sta ripetendo: si comincia con l'autoillusione («l'islam religione di pace») e si finisce con «meglio islamici che morti». Questione di tempo. Anche questo, di nuovo, sarà un problema tutto europeo. Agli americani, tanto, che gli frega? I loro immigrati sono tutti sudamericani e messicani, dunque cristiani. Come dice il politologo Edward Luttwak, José Martinez entra negli Usa sognando di diventare Joe Martin e, se non lo fa, viene rispedito a calci a casa. Da noi Ahmed, musulmano, non ha alcuna intenzione di diventare Amedeo, e pretende di avere cibo halal alla mensa pubblica. Sa bene che noi, cattocomunisti, lo accontentiamo scusandoci dell'eventuale ritardo.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 26-08-2014
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LA DOMENICA ANDANDO ALLA MESSA
Un'ora di noia, ma una volta... (VIDEO: applaudire in chiesa? San Giovanni XXIII riprovava fermamente questo abuso)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/08/2014
Premetto che in quel che dirò non c'è alcuna vocazione polemica, perché le dispute intraecclesiali non mi appassionano. Anzi, mi infastidiscono. Sono cose di preti, nelle quali i laici, a mio avviso, meno mettono bocca e meglio è. Troppo spesso i preti si comportano come se la Chiesa fosse «cosa loro» e rispondono piccati quando li si critica. É da cinquant'anni, cioè dai tempi del Concilio, che il clero si riempie le gote del famoso «ruolo dei laici», ma poi, a conti fatti, il ruolo dei laici lo vorrebbe così: sempre in ginocchio, obbedienti e col portafogli aperto.
MIO NONNO MI DICEVA: STA' LONTANO DAI PRETI Ho ormai una certa età e confesso che, quando sento parlare o leggo di dispute sul Concilio cambio canale o pagina o clicco qualcos'altro. Lo stesso dicasi per la Messa, nuovo rito, vecchio rito, rito straordinario, progressismi e tradizionalismi. Saranno gli anni, ma sono stufo da un pezzo. Quando mio nonno aveva l'età che ho io adesso e io ero un ragazzino, lui mi diceva sempre: sta' lontano dai preti; onorali, riveriscili e salutali per strada, bacia loro la mano (allora usava) e va' a Messa, ma non ti ci mischiare. Con sorpresa, diventato scrittore, mi accorsi che Padre Pio era dello stesso parere. Non sopportava i laici che ronzavano attorno alle tonache: allora si chiamavano «baciapile», oggi «impegnati nella pastorale». Il Santo diceva, col suo solito modo ruvido: «O dentro o fuori». Cioè: se ti piace l'ambiente entra nel clero, sennò esci di sacrestia e fai davvero il laico. L'esperienza è quella cosa che quando l'hai fatta è troppo tardi. Infatti, oggi so per esperienza che sia mio nonno (uomo religiosissimo) che Padre Pio (santo, asceta e mistico) avevano ragione. Entrambi passarono i guai loro per colpa del clero: le vicissitudini di Padre Pio sono note (rileggersi il mio libro Vita di Padre Pio, Piemme, più volte ristampato), mio nonno (che era imprenditore) uscì mezzo rovinato economicamente per essersi fidato di preti in un affare. Premesso tutto questo, vengo al dunque.
LA MESSA DOMENICALE È UN'ORA DI MARTIRIO Sono tanti anni ormai che nella mia mente la Messa domenicale è associata a un'ora di martirio di cui farei volentieri a meno. Tedio. Noia. Omelie banali e interminabili. Canzonette pop dal testo cretino. Estenuanti e retorici assilli al Padreterno terminanti con «…ascoltaci Signore». Segni di pace sudaticci. Ridicola miniprocessione per portare i «doni» all'altare. Chilometrici avvisi parrocchiali da ascoltare in piedi prima di avere la benedizione finale (dunque, abusivamente inglobati nella liturgia). Un «rendiamo grazie a Dio» che è un (mio) urlo di sollievo prima di uscire - finalmente! - a riveder le stelle. Ripeto: nessuna polemica. Trattasi solo di mie personali sensazioni. Ora, però, ho scoperto che nella cittadina sul Lago Maggiore in cui passo di solito l'estate c'è un prete che dice l'antica Messa. Una sola, il sabato pomeriggio. Ci sono andato, per curiosità. Già, perché quando vigeva il vecchio rito io a Messa non ci andavo proprio, perciò per me era una vera novità. Stupore: il celebrante faceva quasi tutto lui, gli astanti dovevano «rispondere» di rado. Silenzio. Il centro del tutto era il tabernacolo, non lo show del prete. Uno, in un angolo, intonava gli antichi inni in latino e - sorpresa - qualcosa mi si scioglieva dentro. Non mi accorgevo del tempo che passava, mi ritrovavo attento e concentrato come non mai, «partecipavo» davvero. Uscii ancora pervaso da un senso del sacro quale mai avevo provato prima. C'erano a disposizione dei libri per seguire la Messa, di quelli coi nastrini segnapagine rossi. Io non ci capivo granché, ma - altra sorpresa - una bengalese seduta accanto a me, colta la mia difficoltà, prese a indicarmi i passi giusti.
IL GOLPE CLERICALE Una bengalese! Il 5 agosto una lettrice romana mi ha scritto, raccontandomi della Messa a cui aveva assistito al mattino nella basilica di Santa Maria Maggiore. Ogni anno, per la ricorrenza della festa, vi si celebra solennemente in latino. Scrive la lettrice: «Mi sono trovata a cantare e a rispondere accanto a una coppia di giovani tedeschi e a due nere americane che conoscevano alla perfezione le parti della Messa in latino sia recitate che cantate; lo stesso mi capitò anni fa con dei giapponesi; è questo un modo davvero commovente di sentire e di vivere la cattolicità della Chiesa». Eggià: per «aggiornarsi» con gli anni Sessanta - del secolo scorso - la Chiesa rinunciò alla sua lingua sacra (mentre ebraismo e islamismo mantengono rigorosamente le loro). Il risultato di quello che Vittorio Messori definì in un'intervista «un golpe clericale» è che se percorro, che so, la Spagna devo assistere a Messe in catalano, castigliano, basco e via dicendo. Nel turista cattolico, con difficoltà avverto un fratello e la «cattolicità» di cui parlava la lettrice diventa teoria, non una sensazione palpabile. Scusate, ma siamo fatti anche di corpo. In quella chiesina sul Lago Maggiore ho visto un sacerdote che portava a Dio le preghiere del popolo che gli stava alle spalle in religioso (è il caso di dirlo) raccoglimento. Naturalmente - mi ha raccontato poi - si è inimicato il vescovo e tutti i colleghi della diocesi per via della sua ostinazione - qualificata di «lefebvriana» - a voler celebrare una (una!) Messa alla settimana secondo il motu proprio di Benedetto XVI. Tranquilli, quando finirà l'estate e tornerò in città non ho alcuna intenzione di macinare chilometri per andare a cercare una Messa di rito «straordinario» (sic!). Offrirò, come sempre, la mia pena domenicale al Signore nella solita parrocchia, a sconto dei miei peccati.
Nota di BastaBugie: consigliamo la visione del seguente video che ci mostra San Giovanni XXIII, il papa che aprì il Concilio Vaticano II, il quale riprova fermamente l'uso (anzi l'abuso) di applaudire in chiesa.
https://www.youtube.com/watch?v=xGbsVGrtN68
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/08/2014
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QUEI PAPI E SANTI CHE FECERO LA GRANDE GUERRA
Tra i soldati della prima guerra mondiale c'erano anche don Minzoni, Riccaro Pampuri, Padre Pio, Agostino Gemelli e Angelo Roncalli, il futuro Papa Giovanni XXIII
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-07-2014
Papa san Pio X ebbe solo il tempo di sentir tuonare i «cannoni d'agosto» prima di morire nel 1914. Il suo successore, il sessantenne Benedetto XV, fece di tutto affinché almeno l'Italia restasse fuori da quella che si rivelò ben presto una (parole sue) «inutile strage». Ma la Santa Sede aveva giurisdizione solo spirituale sui cattolici, e questi militavano sotto governi laicisti (Francia e Italia) o luterani (Germania) o semplicemente antipapisti (Inghilterra, Stati Uniti, Russia). L'unico governo ufficialmente cattolico era quello austriaco e, infatti, l'imperatore Carlo I (che è stato addirittura beatificato) si batté (inutilmente) per la pace a fianco del Papa in una guerra che non aveva voluto ma solo ereditato.
SOLDATI CONSACRATI AL SACRO CUORE Per quanto riguarda Francia e Italia, benché popolate al novantanove per cento da cattolici, erano in pugno a minoranze anticlericali che non consentivano esenzioni alla leva militare al clero. Fu già tanto se, quando le cose si misero al peggio, permisero la presenza di cappellani tra i soldati. Ma ciò fu dovuto più che altro all'ostinazione dei comandanti in capo, il francese Foch e l'italiano Cadorna, personalmente molto religiosi. Il primo, addirittura, fece consacrare l'Armée al Sacro Cuore, cosa che i suoi soldati già facevano, per conto loro, a milioni, nell'ora più buia del conflitto (e in capo a poche settimane la Germania chiese l'armistizio). In Italia le cose stavano, se possibile, ancora peggio: il ministro degli esteri Sidney Sonnino, ebreo e fanatico anticlericale, nel patto segreto di Londra con cui l'Italia rovesciava le alleanze e scendeva In campo a fianco dell'Intesa, si incaponì affinché la Santa Sede venisse esclusa dai successivi negoziati di pace.
PRETI-SOLDATO DECORATI AL VALOR MILITARE L'Italia entrò dunque in guerra nel 1915 e i cattolici, pur contrari all'intervento, fecero il loro dovere come gli altri. I preti e i religiosi dovettero vestire la divisa grigioverde e fu già tanto se a molti di loro fu concesso il privilegio di servire nella Sanità senza dover impugnare le armi. Ma, come si è detto, il generalissimo Luigi Cadorna fece sì che dai venticinquemila sacerdoti arruolati venisse estratto un corpo di duemilaquattrocento cappellani militari comandati da un «ordinario castrense», cioè un vescovo inquadrato col grado di generale. Non pochi tra i preti-soldato vennero decorati al valor militare (il famoso don Minzoni, poi vittima di un agguato squadrista, ebbe una medaglia d'argento). E non pochi combattenti cattolici di quella guerra, anche laici, sono stati in seguito elevati dalla Chiesa agli onori degli altari. Del beato Carlo d'Asburgo, ultimo imperatore austroungarico, abbiamo già detto.
SAN RICCARDO PAMPURI E GLI ALTRI Laico era anche san Riccardo Pampuri, che a quel tempo era il tenente Erminio e meritò una medaglia per un'azione eroica durante la disastrosa ritirata di Caporetto. E pure Padre Pio dovette entrare in guerra, sebbene fosse già frate. Non aveva ancora le stimmate, ma era talmente malato che, alla visita, il medico militare lo definì un «morto ambulante». Intanto, però, era stato dichiarato «disertore» perché non si era presentato spontaneamente (le sue febbri misteriose facevano scoppiare i termometri) e avevano mandato i carabinieri a prelevarlo. Ma la Patria non sentiva storie e il cappuccino Francesco Forgione finì in uniforme. Date le sue condizioni lo misero a fare l'infermiere, ma presto dovettero gettare la spugna perché il malato era lui e alla fine lo rimandarono in convento. Già: la Patria non sentiva ragioni. Ho personalmente visto la fotocopia di un documento d'epoca, la sentenza con cui il Tribunale militare condannava alla fucilazione un povero cristo analfabeta che era rientrato al campo due giorni dopo la scadenza della sua licenza. Fu, quella, la guerra descritta nel film Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, con le decimazioni per futili motivi, le esecuzioni per «viltà» quando la mitraglia non permetteva neanche di uscire dalla trincea, i carabinieri che avevano ordine di sparare su quelli che non avanzavano. Un altro film, Joyeuse Noël, ebbe una versione italiana a opera di Vincenzo Lojali, Servo di Dio. Capitano degli Arditi (due medaglie d'argento, una di bronzo e due encomi solenni al valor militare) la notte di Natale del 1916 fece intonare in trincea «Tu scendi dalle stelle» e gli austriaci risposero col coro di Stille Nacht. Ferito in azione e rimasto zoppo, si fece sacerdote e nel 1938 fu vescovo di Amelia. La sua cospicua pensione andava tutta ai poveri. Una volta il Re, vedendolo sfilare con le decorazioni sul petto, infranse il protocollo per stringergli la mano. Sul fronte francese, il beato Daniel Brottier, già missionario in Africa, si arruolò come cappellano volontario e fece tutta la guerra in prima linea. Era presente anche nel terribile carnaio di Verdun. Fu lui a fondare l'Union National des Combattants de France. Un altro cappellano beato è il nostro Giulio Facibeni, medaglia d'argento al valore. A conflitto finito fondò l'Opera Madonnina del Grappa per gli orfani di guerra. Scrisse: «Deporre l'abito talare per indossare la veste del soldato non era neanche un'interruzione del ministero sacerdotale; un po' di quella misteriosa relazione che intercorre tra la vita del sacerdote e quella del soldato, ambedue impegnati in questo dono di sé per i fratelli, fino alla immolazione suprema». Due Servi di Dio, il barnabita Giovanni Semeria (amico di Cadorna, fu il primo a far domanda come cappellano volontario) e Agostino Gemelli, che allora era ufficiale: insieme promossero la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore. Il padre Semeria fondò poi l'Opera del Mezzogiorno d'Italia per gli orfani dei caduti, specialmente in quelle regioni meridionali che dell'Italia unita non avevano visto altro che l'ufficiale di leva e l'esattore delle imposte. Adempiva così a una promessa che aveva fatto a molti soldati moribondi. Amava dire: «Si può essere buoni cattolici essendo buoni italiani».
IL RITORNO DEI CAPPELLANI MILITARI Fu il beato Pirro Scavizzi, figlio di un alto funzionario governativo, a convincere Cadorna a ripristinare i cappellani militari che il governo liberale aveva abolito nell'Ottocento. Lui stesso fu cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta e prestava servizio su un treno-ospedale. Divenne prelato domestico del Papa e autore del famoso canto «Inni e canti sciogliamo, fedeli, al divino eucaristico Re». Il venerabile Egidio Laurent, aostano, era frate laico nei Canonici Regolari Lateranensi. Fu arruolato come alpino e mandato a combattere sul Pasubio. Offrì la sua vita a Dio perché cessassero gli orrori della guerra e morì di polmonite (chi ha visitato uno dei musei della Grande Guerra ha visto i panni di semplice feltro con cui i soldati dovevano ripararsi dal gelo delle alte quote). In quella guerra c'era anche san Giovanni XXIII, che fu prima sergente di fanteria e poi cappellano nell'ospedale militare di Bergamo. Così annotò nel suo diario: «Di tutto sono grato al Signore, ma particolarmente Lo ringrazio perché a vent'anni ha voluto che facessi il mio bravo servizio militare e poi durante tutta la Prima Guerra Mondiale lo rinnovassi da sergente e da Cappellano».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 27-07-2014
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L'ALTRO VIZIETTO DEI GAY: TAROCCARE LE STATISTICHE
Gli omosessuali sono il 10% come disse il Rapporto Kinsey nel 1948? Falso! Studi recenti certificano che sono meno dell'1%
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03-08-2014
Gabriele Mangiarotti su queste stesse pagine ha riferito dell'avanzata della "cultura" Lgbt pure nella romita rocca di San Marino (della serie: non si butta via nulla) e del politico locale che ha affermato, in un inciso: «considerando il dato Istat secondo cui in Italia la popolazione omosessuale è attorno al 7%». Chissà dove l'ha visto questo «dato Istat». E va già bene, perché la fola ripetuta fino allo sfinimento è anche superiore: il 10% della popolazione mondiale di ieri, oggi e domani è stata, è e sarà costituita da omo. Ma davvero gli omosessuali sono il dieci per cento della popolazione mondiale?
ANCHE CAMERON C'E' CASCATO Com'è noto, a furia di sentire sparare una cifra si può finire per crederci. Anche il britannico Cameron prese per buoni i numeri forniti dalle associazioni Lgbt, secondo cui gli omosex inglesi erano tre milioni, il 6%, e finì con lo spaccare il suo stesso partito. Solo che, a cose fatte, il 3 ottobre 2013 l'Office of National Statistics gli fece sapere che la cifra giusta era 545 mila, l'1,1%. Poiché molti conservatori avevano sbattuto la porta, Cameron ammise alla Bbc di essersi sbagliato in buona fede. La guerra delle cifre, in tema, parte dai soliti Usa, dove il movimento dell'orgoglio gay aveva addirittura una rivista «Ten percent». Si era sbagliato pure lui, perché si era fidato del famigerato Rapporto Kinsey del 1948. Era stato Kinsey a sparare il «dieci per cento circa degli americani». E subito si erano levate grida di trionfo, continuamente ripetute e rimbalzate fino a diventare verità inconcussa. Studi specifici successivi (specialmente quelli commissionati da Clinton quando si accorse di non poter mantenere le promesse fatte alle lobby di settore che lo avevano sostenuto) chiarirono che, sì, Kinsey aveva intervistato 5.300 individui, ma il 25% erano detenuti. Per giunta, non aveva chiesto loro se erano omosessuali ma se avevano avuto esperienze omo. Il che in carcere era molto più probabile che altrove. Da questa ricerca farlocca Kinsey estrapolò il dato del dieci per cento. Anche se, esattamente, disse che il dieci per cento dei maschi bianchi americani tra i 16 e i 65 anni erano stati omosessuali per almeno tre anni della loro vita.
STESSA TATTICA USATA PER INTRODURRE L'ABORTO Uno studio più accurato condotto dal 1984 al 1987 dallo specialista David Forman del Radcliffe Infirmary di Oxford trovò che solo l'1,7% del campione studiato aveva avuto rapporti omosessuali. E nel 1990 l'Università di Chicago riportò una cifra inferiore all'1% per quanto riguardava le persone esclusivamente omosessuali. Finale: ormai il Rapporto Kinsey è così screditato in campo scientifico da non meritare attenzione. Per quanto riguarda il dibattito politico (politico, si badi) odierno, è giusto che ogni minoranza abbia la sua tutela, ma è anche corretto che se ne conosca la effettiva consistenza. Noi italiani non siamo nuovi a cifre-slogan che non molti sono in grado di verificare. I più anziani tra noi forse ricordano le famose «ventimila» vittime annuali di aborto clandestino, negli stessi anni in cui l'Istat certificava solo qualcosa di più di 11.500 italiane in età fertile morte per ogni causa, dal decesso naturale all'incidente stradale. Ognuno, si sa, porta l'acqua al suo mulino come può, ed è normale che sia così. Ma spesso chi grida di più finisce per far ritenere un'emergenza nazionale (o mondiale) quella che è solo un'esigenza di parte. Così, l'opinione pubblica, ma anche i politici e i giornalisti che non hanno tempo di compulsare statistiche, non viene informata ma solo tirata per la giacchetta.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03-08-2014
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AMERICA: PER PAGARSI GLI STUDI FA LA PORNOSTAR
Ha scandalizzato gli americani, ma perché tanto clamore? Tutte le rivoluzioni sessuali le hanno lanciate loro...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03-06-2014
Sta scandalizzando l'America la vicenda di Belle Knox (nessuna parentela con Amanda), la diciottenne che gira film porno per pagarsi la retta (da grande vuole fare la sociologa) in una delle più prestigiose università degli Usa, la Duke University di Durham, North Carolina. A noi, invece, scandalizza che l'America si scandalizzi. Infatti, è da lì che si è diffusa nel mondo la cosiddetta rivoluzione sessuale.
SESSO, DROGA E ROCK'N'ROLL L'America ha cominciato con i Roary Twenties, gli Anni Ruggenti: sesso, whisky e charleston; rivoluzione negli abiti femminili: gonne sopra il ginocchio laddove prima arrivavano alle scarpe, aboliti i reggiseni, capelli à la garçonne. Poi ha esportato il boogie-woogie, ballo non proprio casto e morigerato (se qualcuno vuole approfondire può rileggersi il classico "La pelle" di Curzio Malaparte o riguardarsi il film che ne trasse la regista Liliana Cavani con Marcello Mastroianni). Sempre in formato esportazione, subentrò il rock'n'roll, musica da ballo che prendeva il nome, in gergo yankee, da una posizione che le coppiette assumevano sui sedili delle auto nei drive-in (i cinema per automobili, diffusissimi negli Usa). Suo alfiere mondiale fu Elvis Presley, detto per assonanza «the pelvis» dai movimenti provocatori che faceva col bacino mentre cantava. A stretto giro di posta seguì il movimento «beat», che era un'intera filosofia onnicomprensiva, ma che aveva il suo perno nella «liberazione» dell'individuo (che poi, per quanto uno possa scervellarsi, non c'è «liberazione dell'individuo» che non finisca nella solita cosa). Ai beatniks subentrarono gli hippies e la mitologia del «gipsy» (che sarebbe lo zingaro, supposto sradicato e seguace dei soli istinti), che aggiunsero fiori e droghe psichedeliche alla solita «liberazione» indovinate di che.
LA LAVATRICE E LA PILLOLA A quel punto ci si misero anche gli «scienziati» -sempre americani- come Kinsey e Pincus, e fu un dilagare di «inchieste» e «rapporti» sempre e comunque sul sesso, pillola anticoncezionale adiuvante (è stato giustamente osservato che a «liberare» le donne sono state due invenzioni: la lavatrice e la pillola; ma quest'ultima nulla avrebbe potuto senza tamtam culturale). A fare da grancassa e, talvolta, da apripista (al grido di «piatto ricco mi ci ficco») pensava Hollywood, con la sua spaventosa capacità di diffondere costumanze e stili di vita nell'intero pianeta. L'attuale pensiero politically correct nonché la filosofia «gender» e Lgbt (le altre lettere da acronimo aggiungetele voi, perché l'elenco è praticamente senza fine) da dove provengono? Sempre dagli Usa, insieme al mai defunto femminismo, ormai recepito anche a livello politico con le obbligatorie (e, diciamolo, grottesche) «quote rosa».
DUNQUE, PERCHE' SCANDALIZZARSI? Adesso gli americani si scandalizzano perché una signorina fa la pornostar per pagarsi gli studi? Ma non sono stati proprio loro a premiare, e non solo al botteghino, quel capolavoro di film che fu "Pretty woman"? Aggiornamento di Cenerentola, si disse, perché una ragazza povera, Julia Roberts, veniva impalmata dal ricco squalo finanziario Richard Gere. Ma, nel film, la «ragazza povera» faceva, guarda un po', la prostituta per pagarsi il college, con tanto di look appropriato. Sì, direte, però la pretty woman del film faceva il mestiere in modo discreto, classico, in albergo, mica girava pellicole hard. E' vero, tuttavia lo sdoganamento del pornofilm è sempre made in Usa, con quel famoso Gola profonda che, anche qui, fece il giro del mondo e lanciò un'industria dai fatturati da capogiro. Perciò, born in Usa, Belle Knox non fa altro che ciò che le è stato da lunga pezza esemplato. È una pioniera? Non crediamo. Lei è stata notata perché, per forza di cose, ha dovuto metterci la faccia. Ma ogni tanto la cronaca, anche nostrana, ci mostra la diffusione del fenomeno. Che la legge vieta fino al compimento dei diciassette anni e trecentosessantaquattro giorni, poi non vieta più. Ma sappiamo che il legislatore è da tempo un semplice notaio del mutamento di costume. E l'attività sessuale ormai comincia con la pubertà. Perciò, prima o poi vetuste regole «fasciste» (fino a non molto fa si diceva «da Codice Rocco») verranno abbandonate per far posto al nuovo che avanza. Per il resto, basterà, come al solito, ricorrere al semplice espediente di cambiare nome alle cose: puttana e prostituta sono già state soppiantate da «escort» e «pornostar». Fa più fino e non «discrimina».
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03-06-2014
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CONTR'ORDINE COMPAGNI: SEGUIAMO L'AMERICA (GAY-FRIENDLY, ANIMALISTA, BUDDISTA, VEGETARIANA...)
Da Karl Marx a Rocco Siffredi, passando per le pornostar alle Feste del Pd: ecco come i trinariciuti affrontano il futuro
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28-07-2014
Era stato giusto Karl Marx a dire che spesso la storia finisce in farsa. Mica sapeva che sarebbe stata proprio la sua. Ecco, infatti, com'è finita la parabola comunista dopo i settant'anni che hanno fatto tremare il mondo e le centinaia di milioni di morti ammazzati per un «sol dell'avvenire» che non venne mai: la Russia è diventata la paladina dei valori cristiani, della famiglia, della lotta all'ideologia gender nonché la casa dei capitalisti ricchi sfondati; e i partiti comunisti che l'Unione Sovietica aveva sparsi per il mondo sono diventati liberals all'americana. Per forza: abituati da sempre a prendere gli input dalla casa-madre (ricordate i «trinariciuti» guareschiani?), crollato il marxismo si sono sentiti persi e per un po' hanno continuato col riflesso condizionato della demonizzazione del «nemico». Poi, sgomenti, hanno girato le antenne della fu Radio Praga verso l'ultima sinistra potente & influente rimasta, quella americana.
DA FILOSOVIETICI A FILOAMERICANI E pazienza se (ecco la farsa) dopo settant'anni di antiamericanismo viscerale il faro culturale sono adesso gli Usa. E così eccoli tutti "gay-friendly", salutisti, antitabagisti, ecologisti, buddisti, antirazzisti, immigrazionisti, antiproibizionisti, filopalestinesi, vegani, animalisti, ciclisti, relativisti e politicamente corretti anche nel linguaggio. In Italia, dove c'era il più grande e organizzato partito comunista d'Occidente, per i vent'anni seguiti alla caduta dei muri hanno campato di antiberlusconismo bilioso e forcaiolo, però hanno dovuto piegare il collo a leaders democristiani, Prodi, Letta, Renzi. Loro, il cui slogan era sempre stato «non moriremo democristiani». Già: la storia che finisce in farsa.
DALLA CARFAGNA ALLA BOSCHI: SONO MERITI SESSUALI? Quando la ministra più bella del mondo era la berlusconiana Carfagna, i loro nani & ballerine hanno affrontato impavidi la querela pur di proclamare ai quattro venti che, quella lì, il posto se l'era guadagnato per meriti sessuali. Ora che, col governo Renzi, le belle ministre sono uno squadrone, ecco che Rocco Siffredi, famoso attore porno, dice tranquillamente al programma La zanzara su Radio24 che «la Boschi secondo me è una vera maiala, un animale» e nessuno protesta; anzi, ci sta che i politici e le politiche a cui, richiesta dai conduttori, la pornostar ha assegnato le pagelle sexy siano pure lusingati dei complimenti. Il fatto è che ormai il Siffredi è stato arruolato dalla sinistra-che-pensa, la cui rivista di punta è la prestigiosa MicroMega. L'ultimo numero, il 5 del 2014, è infatti un monografico interamente dedicato al sesso.
MICROMEGA INTERVISTA PORNOSTAR DI "LIVELLO" Nel sommario si legge che «due pornostar internazionali», appunto Rocco Siffredi e la collega Valentina Nappi, «discutono» con la regista Roberta Torre. Segue un'intervista condotta dalla famosa giornalista Maria Latella. Segue «l'assistenza sessuale ai disabili». I quali, secondo la cultura liberal, è bene che siano abortiti, ma quelli che in qualche modo la scampano hanno diritto alle «carezze» di infermiere all'uopo specializzate. Segue una pensosa riflessione su «storia e fenomenologia del porno e sua presenza nel cinema d'autore» (Pasolini? Tinto Brass? Von Trier? Non sappiamo, abbiamo solo scorso l'indice e ci è bastato). Poi «due lunghi saggi ricostruiscono il rapporto delle religioni cristiana e islamica con (contro) le donne». E te pareva. Non poteva mancare, infine, la firma di Umberto Veronesi, il medico-star secondo il quale l'amore gay è più «puro» di quello etero perché sterile e la cui totale devozione alla political correctness è incrinata dal sostegno agli ogm (che sono uno dei diavoli della sinistra). Subito dopo la corposissima monografia, emblematico il titolo del tema scelto dal direttore Paolo Flores d'Arcais: «Salviamo i valori dell'Italia nata dalla Resistenza».
PROLETARI DI TUTTO IL MONDO, COPULATE Quali siano questi valori e quale la loro evoluzione è stato già esposto nel numero monografico. Voi mi direte: vabbe', ma questi qui sono radical-chic, l'ala italiana della gauche-caviar francese e degli obamiani di Harvard. Invece no. Per esempio, ricordate la vecchia e gloriosa e proletaria per definizione Festa dell'Unità? Ora si chiama Festa Democratica, anche perché L'Unità è fallita e se la vuole comprare nientemeno che la Santanchè (come già detto, la storia diventa farsa). Ebbene, che ti fanno a Napoli? Voi penserete: l'anniversario di Berlinguer? No, un dibattito serissimo sulla «pornosofia» incentrato su Lisa Torrisi, di professione attrice hard. La quale, dall'alto dei suoi studi che immaginiamo intensi e titolati, ha lanciato l'originalissima idea di una «cittadella dell'amore» a Napoli. Cioè, il quartiere a luci rosse con le «case» e le signorine del felliniano Amarcord. Così, la parabola moralistica decollata con la senatrice Merlin (ovviamente di sinistra) si sfracella dove doveva: sul marciapiede. Già detto: la storia diventa farsa. Il motto del «Manifesto» di Marx ed Engels? Ecco il nuovo: proletari di tutto il mondo, copulate. Pane & lavoro? Scordateveli.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 28-07-2014
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CATTOLICI E POLITICA: LA BATTAGLIA PERSA CHE NON E' STATA NEMMENO COMBATTUTA
I temi cattolici per acquistare visibilità devono essere proposti da laicisti: l'esempio della Francia costretta ad accettare l'utero in affitto
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-07-2014
Che la battaglia culturale sia perduta (anzi, non è mai stata nemmeno combattuta) è dimostrato dal fatto che i temi cattolici per acquistare, non tanto rilevanza, quanto almeno visibilità, devono essere proposti da laicisti di intemerato curriculum. La rispettabilità infatti è data dalla qualifica «laico, democratico e antifascista», meglio se di lunga data. Se di qualcosa parlano Repubblica o il Corriere della sera esiste, sennò non conta. Così, anche gli argomenti strettamente religiosi vengono alla ribalta solo se accennati da Scalfari, Augias, Della Loggia e compagnia «autorevole», e pazienza se non sanno nemmeno il catechismo.
CATTOLICI, SE CI SIETE BATTETE UN COLPO I cattolici non hanno neanche uno straccio di rappresentanza politica e dei loro voti non importa niente ad alcun politico, proprio perché sono, parafrasando il Vangelo, «come pecore senza pastore». Venuta meno la Dc, i vertici ecclesiali si sono ripiegati su una specie di «scelta religiosa» (che poi non è nemmeno religiosa, ma sociologica) e quando hanno provato a indirizzarsi su qualcuno hanno fatto solo disastri (vedi il fallimentare appoggio a Monti, che ha avuto, per giunta, il bel risultato di dare forza alla componente laicista dei berluscones). Certo, non è che i democristiani fossero granché come defensores fidei, ma adesso è senz'altro peggio. Così, non resta che pregare (e infatti i cattolici «votano coi piedi», andando ad affollare i grandi santuari mariani), possibilmente uti singuli. Già, perché dalle gerarchie c'è da aspettarsi al massimo qualche preghiera interreligiosa, che non si sa bene quanta efficacia abbia al cospetto del Padreterno. Ci si faccia caso: l'unica preghiera pubblica che ha funzionato è stata quella indetta, con digiuno, da papa Francesco, per scongiurare l'intervento americano in Siria. I vescovi francesi, invece, hanno chiamato a un digiuno «ecologico» per la famosa «salvaguardia del Creato». E in Francia il buonsenso resta appaltato a chi comanda davvero, cioè ai neo-giacobini, sperando che qualcuno di loro faccia il girondino quando si accorge che forse si sta esagerando.
LA FRANCIA SI RISVEGLIA Il fatto è questo: il 26 giugno ultimo scorso la solita Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato la Francia accogliendo il ricorso di due coppie omosessuali francesi. Questi quattro si erano serviti da uteri in affitto esteri e pretendevano che i frutti dei contratti fossero regolarmente iscritti all'anagrafe nazionale. Ma in Francia il ricorso a uteri in affitto è vietato e il presidente François Hollande, bontà sua, ha detto chiaro e tondo che finché ci sarà lui non se ne parlerà nemmeno. Sì, però il governo francese non ha ancora fatto appello contro la sentenza della Corte europea. Ora, poiché il tempo passa e tal governo sull'argomento latita, un nutrito gruppo di intellettuali e politici francesi è sceso in campo a tirare Hollande per la giacchetta. Tutti di sinistra. Tra loro ci sono nomi noti anche da noi, come Lionel Jospin, che è socialista ed è stato premier, e M. G. Buffett, addirittura ex segretario del Pcf, il partito comunista francese. Questi hanno ricordato a Hollande che la sua contrarietà alla maternità surrogata risale al febbraio 2013 e che la République si aspetta da lui che faccia qualcosa. Gli argomenti addotti vanno da quelli congeniali alla loro «cultura» (i ricchi possono andare a ordinare figli all'estero, i poveri no) a quelli di mero buonsenso e che riguardano la dignità della persona: una donna non può essere un sacco che si riempie e si svuota a pagamento, né un bambino può essere «commissionato». Dunque, Hollande si spicci a fare ricorso perché altrimenti chiunque potrà farsi fabbricare figli chissà dove e poi pretendere che vengano registrati come francesi. A noi non rimane che sperare che qualche levata di scudi del genere avvenga anche in Italia, scudi di sinistra s'intende, perché da noi una destra semplicemente non esiste.
IL PRESUNTO "PRESTIGIO" DELLA CORTE EUROPEA I valori cattolici (che poi non sono neanche cattolici ma semplicemente umani) sono nelle mani di iniziative spontanee dal basso, da cui è già tanto se i capoccioni di riferimento non prendono le distanze. La Corte europea? Basta dire che a quegli scranni si è candidato Luigi «Giggino» De Magistris, ex magistrato e ora sindaco di Napoli, città dove ha appena celebrato con grande enfasi di stampa nozze gay (che in Italia sarebbero – ancora - vietate). Data la sua provetta gestione della città più difficile d'Italia, sa bene che la rielezione può scordarsela, perciò aspira a officiare nientemeno che i diritti umani d'Europa, bacchettando addirittura gli Stati. Diceva un grande napoletano: ma ci faccia il piacere!
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20-07-2014
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IL MATRIMONIO NON SI ANNULLA: O C'E' O NON C'E'
Non si può dare la comunione ai divorziati risposati o ai conviventi... la Chiesa non ci può far niente perché i sacramenti li ha stabiliti Gesù e vanno rispettati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/05/2014
Letta attentamente, e condivisa, la bella paginata di Marcello Veneziani sul «Giornale» (11 maggio 2014) a proposito del quarantennale del referendum sul divorzio, una frase verso il finale, tuttavia, mi ha lasciato perplesso: «Reputo saggio, umano e realistico che la Chiesa accolga i divorziati. Un conto è condannare il divorzio, un altro è dannare i divorziati».
IL SOLITO EQUIVOCO L'equivoco, qui, è il solito: il «divorzio» non esiste, è un lemma giuridico, esistono i divorziati, persone concrete. E la Chiesa, questi, non li ha mai respinti. La Chiesa - meglio: la dottrina cattolica - non si interessa del matrimonio-contratto, istituto pubblico che attiene allo Stato. Il quale, a mio avviso e dato l'andazzo, ormai forse farebbe bene a derubricarlo, lasciando in pace i funzionari comunali: chi vuole accoppiarsi con chi gli pare lo faccia a suo ludibrio senza coinvolgere le istituzioni ma rivolgendosi a privatissimi notai. No, la Chiesa si occupa solo del matrimonio-sacramento. Questo, dice il catechismo, ha due soli ministri: i nubendi; il prete serve solo ad aggiungere la comunione (che è un altro sacramento). Ora, un sacramento (e i sacramenti sono sette) c'è o non c'è. Per esempio, il battesimo. Se sei stato battezzato non puoi più tornare indietro: sei cristiano. Puoi anche smettere di comportarti da tale e puoi perfino ricorrere, come fanno alcuni fanatici, alla richiesta di farti cancellare dai registri parrocchiali (c.d. «sbattezzo», roba da fissati ateisti militanti). Ma battezzato rimani. Per sempre. Sul piano terrestre, non essendo un marchio a fuoco sulla faccia, non ha alcuna conseguenza. Ce l'ha sul piano soprannaturale ma, se non ci credi, la cosa è del tutto –per te- irrilevante: nell'Aldilà, se esiste (ed esiste), si vedranno le carte.
IL MATRIMONIO-SACRAMENTO O C'È O NON C'È Così è per il matrimonio-sacramento: o c'è o non c'è. Se c'è, permane per sempre. Lo stesso vale per i preti cosiddetti spretati: sono ridotti allo stato laicale, nel senso che non fanno più i preti, ma preti restano per l'eternità. Il sacramento matrimoniale, tra i sette, è l'unico a far problema, perché coinvolge non un singolo ma due persone. Così, è importante il consenso, cum sensum o idem sentire. Perché il sacramento ci sia occorre dire «sì» a un sacco di cose: la persona scelta, l'indissolubilità, l'educazione cristiana di un numero potenzialmente imprecisato di figli, la fedeltà fino all'eroismo. Certo, l'uomo odierno, vittima della civiltà del fatuo, spesso dà il consenso più che altro all'abito bianco, la festa coi parenti, le foto, la torta, ma non al resto. Perciò è sempre più probabile che il sacramento non ci sia per difetto di consenso. La Chiesa, infatti, con la Sacra Rota (che non è affatto un tribunale e si chiama così solo perché sulla sede romana c'è un bassorilievo a forma di ruota) accerta se il (pienamente consapevole) consenso c'era e, dunque, c'è il sacramento. Se non c'è, si limita a dichiarare che il matrimonio è nullo. Nullo, non "sciolto" o, come dicono i giornalisti, "annullato". Ma, se c'è, deve allargare la braccia. Se non c'è e uno, in seguito, vuole riprovare con altro partner, la Rota lo sottopone a severo esame, onde assicurarsi che questa volta sappia davvero quello che fa. Appunto perché un sacramento è eterno.
LA CHIESA NON PUÒ DARE LA COMUNIONE AI CONCUBINI Ora, tutto questo non c'entra con la faccenda dei divorziati risposati. Il punto è un altro. La dottrina cristiana vieta la fornicazione. Anche a chi non è sposato. Dunque, non può dare la comunione (altro sacramento) a chi vive in stato di peccato mortale (v. catechismo). Tutto qui. Che un cardinale tedesco sollevi il caso e che i suoi dubbi teologici trovino ampio spazio sui media non ha alcuna importanza. Ma la Chiesa non può dare la comunione ai concubini, punto e basta. La comunione si dà a chi si toglie da una situazione di «peccato» e sinceramente promette di non più tornarvi. Ammesse le ricadute, ma non la cronicità strutturale. Se la Chiesa cambiasse questo punto, ammetterebbe che la dottrina di Cristo non esiste ma l'ha inventata lei e, perciò, può farne quel che vuole. E' vero, è difficile, sempre più difficile, vivere da cristiani cattolici. Ma non è obbligatorio, non lo è mai stato. Che direste di uno che, dopo essersi iscritto al club del bridge, pretendesse regole diverse perché le trova troppo dure? Vada al club dello scopone, e saremo contenti tutti.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 22/05/2014
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MA CHE FINE HA FATTO SUOR CRISTINA?
Si dice che i superiori le abbiano negato il nulla osta per partecipare a Sanremo...
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/08/2014
Ma che fine ha fatto suor Cristina? All'ora del suo maggior trionfo mi chiedevo: riuscirà suor Cristina Scuccia da Comiso a evangelizzare il mondo dello spettacolo? Le auguravo di sì, anche se qualche addetto ai lavori dello showbiz si domandava se il suo successo mondiale fosse dovuto alle capacità canore o all'abito che portava. Certo, i precedenti non incoraggiavano. Ci fu a suo tempo, fra Cionfoli, terziario francescano, che addirittura calcò le passerelle di Sanremo. Anche allora, sorpresa, interviste, clamore. E lui, ieri come oggi, parlava di «dono», parola-talismano che, ieri come oggi, manda in solluchero i preti e li rende favorevoli senza se e senza ma pure all'espianto degli organi.
HO UN DONO, VE LO DONO L'abuso del termine, oggi, equivale a quello che negli anni Settanta teneva banco nel clero: «profetico». Qualsiasi posizione o gesto che fosse al limite dell'ortodossia o anche oltre veniva acclamato da certuni come «profetico». Oggi, invece, è tutto un «dono»: la visita del vescovo, una lettera pastorale, una nuova enciclica, il saluto scritto del cardinale eccetera. Vabbe', torniamo a noi. Fra Cionfoli, passato il suo momento, rientrò nell'oblio e risulta che oggi sia un tranquillo padre di famiglia. Negli stessi anni i rotocalchi riportavano notizie e foto su quello che era considerato il cappellano del mondo dello spettacolo, frate Eligio, che accompagnava il calciatore Rivera perfino in discoteca. In quest'ultimo caso non indossava il saio ma un più comodo look adatto alla circostanza, sia pur di color marrone francescano. Con tutta la sua buona volontà, nemmeno lui riuscì nell'impresa di evangelizzare l'ambiente e finì col ritirarsi in buon ordine. Erano i tempi della «conversione» di Celentano, il che è tutto dire. Ho conosciuto personalmente un sacerdote espressamente incaricato di seguire quel mondo, un compianto monsignore, sociologo nell'ateneo pisano. In occasione di un incontro, confidò a noi, pubblico ristretto, il suo pratico flop. Anzi, disse che, quando nelle sue lezioni di spiritualità per artisti accennava al sesto e al nono comandamento, lo pregavano nemmeno tanto velatamente di parlare d'altro. Il fatto è che si tratta di un mondo per definizione trasgressivo, nel quale, anzi, molti hanno fondato vistose carriere proprio sulla trasgressione pubblica e privata.
IL RICORDO DEI PRETI-OPERAI Nel campo della musica, un settore rimasto abbastanza indenne è quello della lirica e della sinfonica, per via della severa disciplina personale richiesta. Ma la nostra orsolina Cristina ha scelto il pop. Auguri. Certi ambienti, va detto, sembrano realmente imbattezzabili. É ormai lontano il ricordo dei preti-operai, esperimento che la Chiesa permise -soprattutto in Francia e, successivamente, in Italia- negli anni Quaranta e Cinquanta, con qualche appendice nei primi Sessanta. L'esperimento fallì in pieno, perché quei preti, entrati in fabbrica per evangelizzare, tornarono evangelizzati dal verbo di Marx e del sindacalismo socialista. L'ambiente era davvero proibitivo. Meglio aspettarli fuori, gli operai. Così come fece il Servo di Dio Felice Prinetti (1842-1916), sacerdote Oblato di Maria Vergine, quando gli venne assegnata la parrocchia del quartiere operaio dominato dal sindacalismo anarchico.
L'ESEMPIO DEI SANTI Ogni giorno si sedeva su una panca della sua chiesa col borsellino accanto e aspettava. Poiché i sindacalisti erano buoni solo ad aizzare allo sciopero, le mogli degli operai, di nascosto, ricorrevano alla carità del prete quando la tavola piangeva o non avevano i soldi per le medicine ai figli. Poco alla volta anche i loro mariti si ammorbidirono e, in qualche anno, andò a finire che quel quartiere «rosso» divenne «bianco». E pensare che, al suo arrivo, il Prinetti era stato accolto con aggressioni e attentati (chi vuol saperne di più può leggere la biografia che gli ho dedicato, Ufficiale e sacerdote, Paoline 1994). Uno che, per necessità, era costretto a battere cassa in ambienti poco adatti a un sacerdote era don Bosco. Quando veniva invitato nei salotti dell'alta società, per prima cosa invitava le dame presenti a coprire le loro vistose scollature: in caso contrario si sarebbe visto costretto ad andarsene, e pazienza per la raccolta-fondi. Potremmo continuare con gli esempi, ma avvertendo che, pur prescindendo dalla santità, si è sempre trattato di forti personalità. Che però hanno preferito non entrare ma, appunto, aspettare fuori chi era dentro. Si chiama prudenza, ed è una virtù cardinale.
LA RIVEDREMO SU TECHETECHETÈ? Nel nostro caso, la personalità adeguata dovrebbe averla suor Scuccia, la prudenza i suoi superiori. Detto questo, de hoc satis: non sta a noi giudicare. Staremo a vedere. Il tempo, si sa, è galantuomo. Infatti, è molto probabile che, come si dice nel gergo televisivo, suor Cristina sia stata solo una «meteora». Forse la si rivedrà nella rubrica «indovina chi è» del programma di amarcord Techetechetè. Nel frattempo, l'unico a mantenerne viva la memoria è il Gabibbo. In data 7 agosto si legge sui giornali un «si dice». Si dice che i superiori della suora abbiano negato il nulla osta alla sua partecipazione a Sanremo, con prevedibile delusione dell'editore musicale, già pronto ad adattare a sala d'incisione uno spazio del convento. Forse, in effetti, si stava esagerando...
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/08/2014
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IL TEMPO E' GALANTUOMO... COME GOTTI TEDESCHI
Assolto a pieni voti dalla magistratura italiana, anche l'indagine su Finmeccanica si è chiusa con un proscioglimento (è sempre più evidente che fu un errore cacciarlo dalla presidenza dello IOR)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-08-2014
Si usa dire che il tempo è galantuomo, ma spesso non è vero. Le poche volte in cui lo è, magari l'interessato è defunto da un pezzo. Non è il caso di Ettore Gotti Tedeschi, che, una a una, sta avendo la ventura di veder cadere tutte le teste che lo cacciarono in malo modo dalla presidenza dello Ior appena due anni fa. Nel febbraio di quest'anno è stato assolto a pieni voti dalla magistratura italiana, che ha invece messo sotto processo quelli che lo avversarono. A fine luglio si è chiusa con un proscioglimento generale l'indagine su Finmeccanica che ha avuto come unico bel risultato la perdita di un lucroso contratto internazionale a tutto svantaggio di quest'ultima. Gotti Tedeschi, che si era visto sequestrare le relative carte in suo possesso (con tanto di perquisizione all'alba), ne è uscito pulitissimo. L'ultima soddisfazione gli è venuta il 31 luglio dall'Ordine dei Medici di Roma, che ha sanzionato con la «censura» lo psichiatra Pietro Lasalvia, come riferisce il vaticanista de L'Espresso Sandro Magister nel suo blog «Settimo cielo». Lasalvia, che assisteva i dipendenti dello Ior, durante un rinfresco in occasione dello scambio degli auguri per il Natale del 2011, aveva "analizzato", a distanza e a insaputa del "paziente", Gotti Tedeschi. Poi, nel marzo dell'anno dopo, questa diagnosi era finita, su carta intestata dello stesso Lasalvia, sul tavolo della Segreteria di Stato vaticana, allora retta dal cardinale Tarcisio Bertone. Proprio nel momento in cui si preparava la giubilazione di Gotti Tedeschi, già in contrasto col direttore generale Paolo Cipriani, col vicepresidente Hermann Schmitz (che aveva minacciato le dimissioni se Gotti Tedeschi non fosse stato mandato via) e il segretario Carl Anderson (che, con più garbo, aveva dichiarato a Bertone di non ritenere Gotti Tedeschi in grado di guidare l'Istituto). Il 9 giugno 2012 «Il Fatto Quotidiano» aveva riportato il contenuto della famosa "diagnosi" eseguita dal Lasalvia sull'inconsapevole Gotti Tedeschi, mai conosciuto prima e accanto al quale si era ritrovato seduto al rinfresco. Scrisse Lasalvia che l'analizzato aveva «monopolizzato completamente la mia attenzione celebrando la sua persona con, a mio avviso, inopportune osservazioni sia sulla moralità dei dipendenti sia sulle capacità del clero», evidenziando «tratti di egocentrismo, narcisismo ed un parziale scollamento dal piano di realtà assimilabile a una disfunzione psicopatologica nota come "accidia sociale"». Questa diagnosi si sommò alle lamentele degli altri critici e fu così che il 24 maggio Gotti Tedeschi venne letteralmente buttato fuori dall'Istituto per le Opere di Religione con toni inauditi per i modi, di soliti felpati, vaticani. A questo punto Gotti Tedeschi è stato praticamente riabilitato da tutti, tranne che dal Vaticano. Osserva Magister che la commissione istituita dal Papa per riformare lo Ior ha terminato i suoi lavori senza nemmeno interpellare una sola volta l'ex presidente. E continuano a restare senza risposta le due lettere indirizzate da Gotti Tedeschi personalmente al Papa per poter dire la sua, anche nel segreto del confessionale.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-08-2014
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OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A - (Mt 18,15-20)
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 settembre 2014)
Il tema centrale delle letture di questa domenica è la carità fraterna. San Paolo, nella seconda lettura, dice chiaramente: «Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole; perché chi ama l'altro ha adempiuto la Legge» (Rm 13,8). Egli insegna che i Comandamenti di Dio, come non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare, e qualsiasi altro comandamento, «si ricapitola in questa parola: amerai il tuo prossimo come te stesso» (Rm 13,9). Da ciò si capisce che ogni peccato, ogni trasgressione ai Comandamenti di Dio, è una mancanza di carità. Questo vale anche per i Comandamenti della purezza, ovvero il sesto e nono, in quanto, se si ama veramente il prossimo, si desidera vivamente il suo bene spirituale e lo si rispetta anche nel più piccolo pensiero. Per questo motivo, sant'Agostino affermava: «Ama e fa' quello che vuoi», nel senso che per chi ama veramente Dio e il prossimo diventa una esigenza osservare i Comandamenti di Dio, per lui non potrebbe essere diversamente; al contrario, quando prevale l'egoismo, allora la nostra volontà si oppone a quella di Dio e noi desideriamo ciò che Dio proibisce. San Paolo conclude questa breve lettura affermando che «pienezza della Legge infatti è la carità» (Rm 13,10). Quando si parla di carità si parla sempre di una comunione di persone. Dio stesso è una Comunione di Persone: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, e l'Amore reciproco tra il Padre e il Figlio è lo Spirito Santo. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, e, insieme, le tre divine Persone sono l'unico vero Dio. Le creature umane, create a sua immagine e somiglianza, devono riflettere questa Comunione divina d'amore. Per tale motivo, la prima cosa che Dio chiede alle sue creature è l'amore reciproco. Gesù, nel brano del Vangelo di oggi, afferma con autorità: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Dove regna la carità, la vita in comune si trasforma in un Paradiso anticipato, e Gesù rimane tra di noi; ma, dove trionfa l'egoismo, l'esistenza umana preannuncia l'eterna perdizione. Faremo rimanere Gesù in mezzo a noi se ci ameremo scambievolmente come Lui ci ha amati e se ognuno di noi cercherà non tanto di stare bene, ma di far stare bene il prossimo. Le letture di oggi ci indicano alcune forme di carità fraterna, ai giorni d'oggi poco praticate. La prima è quella della "correzione fraterna", la seconda riguarda la "preghiera". La correzione fraterna è forse la carità più difficile da praticare. Nella prima lettura, Dio diceva al profeta Ezechiele che se egli non avesse richiamato il peccatore, questi sarebbe morto nei suoi peccati, ma il profeta avrebbe dovuto rendere conto della sua morte; se invece egli lo avesse messo in guardia, egli non sarebbe stato responsabile della sua perdizione. Così, nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù dice che guadagneremo un fratello se riusciremo a convertirlo dalla sua condotta perversa (cf Mt 18,15). Queste parole devono farci riflettere seriamente. Quante volte noi, per non avere fastidi, non diciamo niente ai nostri fratelli che sbagliano e vivono lontani da Dio! Tuttavia, questo silenzio è pieno di responsabilità. Dobbiamo parlare, e la nostra parola sarà accolta solo se sarà unita all'umiltà e alla carità. Diversamente le nostre parole allontaneranno ancora di più le anime da Dio. Dove le parole non arrivano, giunge la preghiera. Ecco la seconda forma di carità indicataci dal Vangelo di oggi. L'efficacia della preghiera, e soprattutto della preghiera in comune, è messa in luce da queste parole di Gesù: «In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà» (Mt 18,19). Raccontava un sacerdote, che poi divenne vescovo di Praga e cardinale, mons. Giuseppe Beran, che quando egli doveva richiamare qualche fratello che sbagliava, lo faceva con parole umili e piene di carità. Lo richiamava alcune volte; poi, quando si accorgeva che le sue parole cadevano nel vuoto, egli non diceva più nulla e si limitava a pregare e ad offrire sacrifici. Gli effetti desiderati non si facevano di molto attendere: alla fine egli riusciva sempre ad ottenere la sospirata conversione. Imitiamo anche noi un esempio così bello e ci accorgeremo che la preghiera da sola otterrà molto di più di tutte le più belle parole.
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Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 7 settembre 2014)
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