BastaBugie n�370 del 10 ottobre 2014

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1 VEGLIA NAZIONALE DELLE SENTINELLE IN PIEDI, MA GLI ATTIVISTI LGBT INSULTANO, MINACCIANO E AGGREDISCONO
Più di 10mila persone in 100 piazze d'Italia hanno manifestato in silenzio in difesa della famiglia naturale (VIDEO: Bologna)
Autore: Andrea Lavelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 LA LEGGE NATURALE NON E' NEGOZIABILE
Al Sinodo dei Vescovi c'è chi propone di abbandonare il concetto di legge naturale, ma la legge oggettiva scritta nella natura umana nemmeno il Papa può modificarla
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radici Cristiane
3 DONNE, MOGLI E MADRI: MINIERA PER LA CHIESA
Intervista a Costanza Miriano: ''Non credo che le donne non siano valorizzate nella Chiesa''
Autore: Laura Badaracchi - Fonte: Avvenire
4 TUTTO CIO' CHE SAPETE SU ISLAM E CROCIATE E' FALSO
L'islam non è una religione di pace, non porta il progresso e minaccia i cristiani non a causa delle crociate (VIDEO: 10 minuti sull'Islam)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
5 ANCHE A BOLOGNA I CORSI PER PROSTITUTE PER DISABILI
La chiamavano ''Bocca di Rosa'', ora si chiama ''Assistente Sessuale''
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL SINODO SULLA FAMIGLIA NON POTRA' DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Lo stesso famigerato cardinale Kasper (che oggi la vorrebbe dare) solo dieci anni fa scriveva che non è possibile darla
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo straniero
7 RAPPORTI PREMATRIMONIALI: WHY NOT?
Non basta mettersi d'accordo per rendere lecito un saccheggio reciproco (VIDEO: L'amore è il motivo della castità)
Autore: Don Arturo Cattaneo - Fonte: Il Timone
8 LA BUFALA DEL SIGNORAGGIO BANCARIO
Non è vero che la Banca centrale venda al valore nominale le banconote che essa stessa stampa
Autore: Gianfranco Fabi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA XXVIII DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 22,1-14)
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - VEGLIA NAZIONALE DELLE SENTINELLE IN PIEDI, MA GLI ATTIVISTI LGBT INSULTANO, MINACCIANO E AGGREDISCONO
Più di 10mila persone in 100 piazze d'Italia hanno manifestato in silenzio in difesa della famiglia naturale (VIDEO: Bologna)
Autore: Andrea Lavelli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/10/2014

All'indomani della grande veglia nazionale organizzata dalle Sentinelle in Piedi nella giornata di ieri sarebbe bello poter parlare solo del grande risultato raggiunto: più di 10.000 persone hanno riempito le piazze di 100 città italiane da nord a sud (si tratta di dati ancora provvisori) per testimoniare ancora una volta che in Italia esiste un popolo che non ci sta a piegarsi di fronte all'avanzata di leggi che minacciano la libertà d'espressione e la famiglia.
E invece la cronaca ha nuovamente fatto registrate in tutta Italia episodi di intolleranza nei confronti delle Sentinelle da parte di sigle della sinistra estrema, dei centri sociali e da militanti LGBT. Nel migliore dei casi i veglianti sono stati "solo" pesantemente insultati, mentre in alcune piazze si è arrivati al linciaggio vero e proprio.

ROVERETO E BOLOGNA
È il caso di Rovereto, dove i veglianti hanno subito un'aggressione che ricorda da vicino i peggiori metodi dello squadrismo d'altri tempi. Mentre gli organizzatori erano intenti a preparare la piazza per la veglia, ecco arrivare un gruppo di una ventina di giovani identificati come anarchici che distruggono il loro materiale e aggrediscono fisicamente le Sentinelle: uno di loro ha subito la rottura del setto nasale, mentre un sacerdote, ha avuto una lesione alla testa e due giorni di prognosi.
Ha del surreale anche il caso di Bologna, dove più di cento Sentinelle hanno vegliato in un clima da vera e propria guerriglia urbana. «Mentre ci stavamo predisponendo per la veglia è giunto in piazza un corteo formato da militanti di Rifondazione comunista e dei centri sociali che hanno subito cercato di sfondare il cordone formato dagli uomini della polizia per proteggerci», racconta il portavoce Gianluigi Veronesi. «La situazione è precipitata al punto che la polizia è stata costretta a caricare, mentre i contromanifestanti hanno cominciato a lanciare sui veglianti fumogeni e razzetti da stadio che hanno raggiunto alcune sentinelle». Seppure in un clima surreale, le Sentinelle si vedono costrette ad anticipare l'inizio della veglia, cosa che scatena una fitta pioggia di uova e bottiglie da parte degli antagonisti: «Molti veglianti sono stati imbrattati e una bottiglia ha letteralmente sfiorato una bambina di sei anni».
I veglianti a questo punto si sono trovati praticamente in trappola: «dietro di noi avevamo la cattedrale di San Petronio, mentre eravamo chiusi su tutti i lati, con alcuni di noi che si sono trovati vicinissimi ai contromanifestanti: hanno vomitato bestemmie e ingiurie di ogni tipo», racconta Gianluigi. «Circa 80 persone non hanno potuto raggiungere la piazza per il caos, mentre molte famiglie con bambini sono state costrette a uscire. Una mamma che spingeva una carrozzina con un bambino di un anno è stata coperta di insulti e sputi: questo è il fatto che più di tutti ci ha addolorato».
Le Sentinelle si sono viste costrette a concludere la veglia anzitempo e solo l'intervento della polizia ha permesso ai veglianti di lasciare la piazza indenni. «Le Sentinelle non hanno ceduto ad alcuna provocazione: abbiamo visto negli occhi dei veglianti molto orgoglio e tenacia. Molti hanno espresso il desiderio di partecipare più attivamente all'organizzazione».
Mentre in altre città italiane la veglia è proseguita senza troppi problemi, sono diversi gli episodi di aggressione simili a quelli di Bologna e Rovereto in cui la veglia ha scatenato la rabbiosa reazione dei contestatori.

TORINO E LE ALTRE
È successo anche a Torino dove gli antagonisti hanno circondato i 200 veglianti protetti dalle transenne degli uomini delle forze dell'ordine, come racconta Daniele Barale. «Per tutta la durata della veglia ci hanno insultato, ci hanno definito fascisti e omofobi e ci hanno invitato a restarcene nelle chiese e non in piazza», il che fa pensare a una curiosa analogia con il ddl Scalfarotto che vorrebbe relegare l'espressione della libertà di opinione all'interno di chiese e associazioni. «I contromanifestanti hanno poi provato a sfondare le transenne della polizia (che è stata impeccabile) e a rompere il nostro banner. Si sono anche organizzati per andare a prendere di mira diverse personalità come un rappresentante locale del Movimento per la Vita. Per tutto il tempo le Sentinelle sono rimaste impassibili».
Nessuna aggressione invece a Milano, dove però la veglia silenziosa di 400 Sentinelle è stata disturbata da militanti LGBT che con un megafono hanno urlato volgarità e oscenità di ogni tipo. Pesanti contestazioni si sono registrate anche a Genova dove 200 contromanifestanti hanno invaso le fila delle sentinelle, portando anche dei cani che hanno colpito una vegliante, per non parlare dei casi di Trieste, Pisa, Napoli e di altre città d'Italia.
Da parte loro le Sentinelle hanno mantenuto ovunque lo stile pacifico e silenzioso che le contraddistingue, rifiutandosi di reagire alle provocazioni e ribadiscono che «queste contestazioni mettono in luce l'enorme inganno che le politiche LGBT portano avanti, ovvero quello di creare una contrapposizione tra omosessuali e eterosessuali. Non è l'orientamento sessuale a definire un individuo, ma la sua integrità. Parlare di omosessuali» continuano le Sentinelle «come se fossero una categoria uniforme è il primo modo di creare una divisione e una disuguaglianza. Non tutte le persone con tendenze omosessuali infatti si riconoscono nei diritti rivendicati dagli attivisti LGBT. E anche quelli che ci si ritrovano per noi non sono nemici da combattere ma persone come le altre a cui aprire gli occhi».
In sostanza questa prima grande veglia nazionale è servita una volta di più a farci rendere conto che manifestare in silenzio a favore della famiglia naturale e del diritto di ogni bambino ad avere un padre e una madre è sufficiente oggi per essere definiti omofobi da detestare e ridurre al silenzio con le buone o con le cattive.
È servita a farci capire che è questa la sfida del presente, riaffermare con decisione e pacatezza ciò che c'è di più ovvio e naturale e svegliare le coscienze addormentate da chi vuole imporre un'ideologia che mira a distruggere la natura stessa dell'uomo.

Nota di BastaBugie: per i dettagli di ciò che è successo a Rovereto, provincia di Trento, ecco l'articolo di Gianluca Helfer pubblicato sulla nuova Bussola Quotidiana
Una ventina di giovani anarchici a volto scoperto, prevalentemente vestiti di nero, si sono presentati, ieri pomeriggio, un quarto d'ora prima dell'inizio della veglia delle Sentinelle in Piedi a Rovereto, nella provincia di Trento.
La portavoce del manipolo si è immediatamente rivolta con fare minaccioso ai referenti delle Sentinelle presenti sul posto, intimando loro di abbandonare la piazza. Alla risposta pacata ma ferma delle Sentinelle, che hanno ricordato loro di essere in possesso dell'autorizzazione di manifestare rilasciata dalla Questura, si è verificata un'escalation di violenza: dalle minacce verbali – l'appellativo "omofobi" si è sprecato – si è infatti repentinamente passati all'aggressione fisica e al lancio di uova fresche e gavettoni d'acqua. Da segnalare per gravità, anche il fatto che uno degli aggressori ha eloquentemente mostrato al portavoce delle Sentinelle, quale tacita minaccia, il calcio di una pistola (vera o finta, non si sa).
Di fronte a tale violenza le Sentinelle non hanno potuto far altro che rifugiarsi all'interno di un locale – fortunatamente aperto – nei pressi della piazza dov'era prevista la veglia, da dove hanno proseguito nel tentativo d'instaurare un dialogo con i loro aggressori e, nel contempo, hanno allertato la polizia.
Dopo circa una decina di minuti il drappello di anarchici – o presunti tali – ha abbandonato la piazza, rubando alle Sentinelle una borsa contenente del materiale utile per la veglia. La polizia, arrivata sul posto ad aggressione conclusa nonostante il preavviso delle Sentinelle in Piedi circa la realizzazione della manifestazione, non ha potuto far altro che raccogliere le testimonianze degli organizzatori e dei passanti, tutti sconcertati per l'aggressività manifestata dai contestatori.
La violenza dell'aggressione subita dalle Sentinelle in Piedi a Rovereto è ben documentata dalle significative foto che vi mostriamo: il banner esplicativo è stato divelto e stracciato, i volantini e i segnalibri sono stati stracciati e sparsi per terra e sono ben visibili i rimasugli delle uova…
Tuttavia la conseguenza più grave è che due persone sono state portate al Pronto Soccorso: un sacerdote – che indossava il clergyman e quindi era chiaramente riconoscibile quale consacrato – cui sono state lanciate delle uova in testa e che è stato ripetutamente spintonato, e uno degli organizzatori della veglia, che ha ricevuto una testata sul setto nasale. Il primo è stato dimesso dal Pronto Soccorso con una prognosi di due giorni, mentre il secondo ha riportato la rottura del setto nasale.
Nonostante queste premesse, le eroiche Sentinelle in Piedi – che hanno tra i propri fini anche quello di manifestare a tutela della libertà di opinione e di espressione – hanno deciso di portare a termine la veglia prevista.
Quello che è successo a Rovereto rivela la gravità del frangente storico in cui siamo immersi e dell'urgenza sempre più pressante per ogni singola persona di prendere posizione e di difenderla pubblicamente: è il tempo della testimonianza. Una testimonianza - com'è sempre stata quella delle Sentinelle in Piedi – chiara, pacifica e rispettosa di ogni singola persona, ma soprattutto coraggiosa: perché, è inutile negarlo, oggigiorno chi ha il coraggio di difendere la vita, la famiglia fondata sull'unione tra un uomo e una donna e la libertà di pensiero sarà vittima di aggressioni sempre più violente.

Ecco invece in questo video cosa è successo a Bologna:

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06/10/2014

2 - LA LEGGE NATURALE NON E' NEGOZIABILE
Al Sinodo dei Vescovi c'è chi propone di abbandonare il concetto di legge naturale, ma la legge oggettiva scritta nella natura umana nemmeno il Papa può modificarla
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Radici Cristiane, Settembre 2014

Il Sinodo dei Vescovi di ottobre discuterà sulla base di uno "strumento di lavoro" (Instrumentum laboris), che riassume le risposte al "questionario preparatorio" ricevute da conferenze episcopali, dicasteri e, più in generale, diocesi, parrocchie, movimenti, associazioni ecclesiali, consultati sul tema del matrimonio e della famiglia. Il documento, al di là del taglio sociologico che lo caratterizza, contiene alcuni passi inquietanti. Uno di questi è la svalutazione implicita e spesso esplicita della nozione di legge naturale. Nell'Instrumentum laboris viene infatti detto che «per la stragrande maggioranza delle risposte e delle osservazioni, il concetto di 'legge naturale' risulta essere come tale oggi nei diversi contesti culturali, assai problematico, se non addirittura incomprensibile» (n. 21). La soluzione proposta sarebbe quella di abbandonare il concetto e il termine di legge naturale o di "rileggerlo" con un linguaggio accessibile, facendo attenzione al mondo giovanile «da assumere come interlocutore diretto anche su questi temi» (n. 20). Sembra di capire dunque che, poiché il mondo cattolico non comprende più la nozione di legge naturale, tanto varrebbe accantonarla e sostituirla con qualcosa di più adatto alla mentalità corrente.

L'IMPORTANZA DELLA LEGGE NATURALE SECONDO I PAPI
Questa posizione appare tanto più sorprendente in quanto tutti i recenti Pontefici hanno proclamato con vigore l'importanza della legge naturale.
Paolo VI, nell'enciclica Humanae Vitae del 25 luglio 1968, ha insegnato a proposito della dottrina morale del matrimonio che questa è «una dottrina fondata sulla legge naturale illuminata e arricchita dalla rivelazione divina» (Humanae vitae, n. 4). E' alla legge naturale che Papa Montini si è richiamato, per ribadire che, secondo la Chiesa, «qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita» (Humanae vitae, n. 11).
Giovanni Paolo II, nella enciclica Evangelium Vitae del 25 marzo 1995, ha fondato sulla stessa legge il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine. In questo importante documento, egli afferma che «ogni uomo sinceramente aperto alla verità e al bene, con la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a riconoscere nella legge naturale scritta nel cuore (Rm 2, 14-15) il valore sacro della vita umana dal primo inizio fino al suo termine» (n. 2). Nell'enciclica Veritatis Splendor del 6 agosto 1993, il Papa appena canonizzato, denuncia il rifiuto della legge naturale come frutto dell' «influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità». «Sulla base di tale legge — ha affermato il 6 febbraio 2004 — si può costruire una piattaforma di valori condivisi, intorno ai quali sviluppare un dialogo costruttivo con tutti gli uomini di buona volontà e più in generale con la società secolare».
Anche Benedetto XVI ha spesso ribadito l'importanza di questa dottrina, affermando come nell'attuale momento storico «appare in tutta la sua urgenza la necessità di riflettere sul tema della legge naturale e di ritrovare la sua verità comune a tutti gli uomini». «Ogni ordinamento giuridico — infatti — a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l'arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica» (Discorso alla Pontificia Università Lateranense del 12 febbraio 2007). In un chiaro volumetto dedicato a La legge naturale nella dottrina della Chiesa (Consult Editrice Roma 2008), il cardinale Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l'Educazione Cattolica, ha spiegato come il Magistero ordinario, nel primo grado del suo insegnamento infallibile, comprende, accanto al deposito della fede, ciò che gli è connesso, quindi anche la legge naturale. La legge naturale, di cui è custode la Chiesa, gode dunque dell'infallibilità. Neanche il Papa, che all'interno della Chiesa esercita un'autorità assoluta, può modificare e rendere relativa la legge divina e naturale, che egli ha il compito di trasmettere, di diffondere e di tutelare. Coloro che chiedono alla Chiesa di aggiornare la sua morale, parificando alla famiglia le coppie di fatto, chiedono alla Chiesa di esercitare un'autorità assoluta che essa non ha.

LA LEGGE NATURALE NON È UNA VERITÀ CONFESSIONALE
Accanto ai pronunciamenti dei Pontefici, sono da ricordare i numerosi interventi della Congregazione per la Dottrina della Fede e in particolare il documento Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali del 3 giugno 2003, dedicato a ribadire la verità del matrimonio. Tutto il problema è trattato a partire dal concetto di moralità naturale. In questo testo del Magistero si dice chiaramente che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie neppure remote tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e famiglia. Il matrimonio è santo, mentre le relazioni omosessuali contrastano con la legge morale naturale» (nn. 3-4).
La legge naturale non è una verità confessionale, ma in primis una verità appartenente alla retta ragione universale. Essa è infatti una legge oggettiva iscritta nella natura non di questo o quell'uomo, ma nella natura umana considerata in se stessa, nella sua permanenza e nella sua stabilità. In questo senso, non è una legge imposta dall'esterno, ma, come già avvertiva Leone XIII nell'Enciclica Libertas del 20 giugno 1888, è indelebilmente iscritta, anzi «scolpita nell'anima di ogni uomo». La differenza tra la legge naturale e qualsiasi legge positiva è che le leggi positive sono elaborate dagli uomini e sono per così dire esterne, mentre la legge naturale appartiene alla stessa struttura spirituale dell'uomo.

SI È PERSA LA NOZIONE DI NATURA
La principale difficoltà nel comprendere la legge naturale sta nel fatto che oggi si è persa la nozione di natura. Il cardinale Ratzinger ha osservato come la legge naturale sia diventata «una parola per molti quasi incomprensibile a causa di un concetto di natura non più metafisico, ma solamente empirico» (Discorso del 12 febbraio 2007). La legge naturale non è infatti la legge fisico-biologica della natura umana, ma l'ordine morale e metafisico del creato, che l'uomo può scoprire con la sua ragione. Tutti i Padri e i Dottori della Chiesa hanno parlato di questa legge, definendola talvolta scintilla animae, la scintilla che illumina la coscienza. San Tommaso d'Aquino è colui che meglio ne ha approfondito e sintetizzato il concetto, definendola «la partecipazione della legge eterna nella creatura ragionevole» (Summa Theologiae,I-II, q. 91, a. 2).
Se si perde il concetto di legge naturale, si è costretti ad accettare la teoria del gender, basata sulla negazione del concetto di natura umana. L'uomo viene considerato come un'entità puramente materiale, modificabile a piacere, secondo le necessità e gli interessi del momento. Alla legge naturale, che discende da Dio, si sostituisce la legge positiva, imposta dai gruppi di pressione politici e mediatici. Invece di riflettere la legge naturale e divina, le leggi e il comportamento umano si adeguano all'opinione fluttuante delle mode anticristiane. E' comprensibile che, su questo punto, nel prossimo Sinodo dei vescovi, la discussione si faccia incandescente.

Fonte: Radici Cristiane, Settembre 2014

3 - DONNE, MOGLI E MADRI: MINIERA PER LA CHIESA
Intervista a Costanza Miriano: ''Non credo che le donne non siano valorizzate nella Chiesa''
Autore: Laura Badaracchi - Fonte: Avvenire, 29/09/2014

Scrive di notte, mentre di giorno si "divide" fra marito, figli, lavoro, preghiera e mille altre commissioni o impegni che affollano la sua agenda. Dichiarandosi perennemente «in ritardo su tutto», Costanza Miriano svela che le piacerebbe avere tempo per correre le maratone ma che preferisce affiancare i figli nei compiti. E lo dice con un sorriso in cui dolcezza e autoironia si mescolano inesorabilmente, suscitando simpatia. Una donna multitasking come tante, a cui piace curare il suo look non solo esteriore, innamorata della vita e della fede che cerca di testimoniare in giro per l'Italia.
Essere donna, moglie, madre, giornalista e scrittrice credente. Come armonizzare fra loro questi ruoli?
«Intanto direi mettendoli in fila. Essere cristiana è la prima cosa. Quello di Dio è lo sguardo che davvero ci definisce. Fare le cose sotto il suo sguardo, o cercare almeno di farlo, permette di mettere in fila le priorità. Nella certezza assoluta e granitica che, se la "to do list" ha 756 punti al giorno, a malapena arriverò al punto 15. La vita di ogni donna è un ricamo complicatissimo: gli uomini certi intrecci di fili non riuscirebbero proprio a sbrogliarli: abbiamo così tante cose e persone che ci stanno a cuore! È decisivo saper mettere in fila, e saper dire dei no (la parola per me più difficile da pronunciare, mi s'incastra sempre a metà gola). Per quello che mi riguarda faccio tanta fatica, ma quando devo difendere il tempo dei miei figli riesco a tirar fuori le unghie».
Percepisce che la sua voce sia ascoltata nella Chiesa?
«Decisamente sì, e a volte ho il dubbio, anzi, di essere troppo ascoltata. M'invitano a convegni e incontri (la Cei, le parrocchie, le università pontificie, i pontifici consigli) senza nessuna preclusione per il fatto di essere laica, e donna. Ho scritto un libro che mi ha stravolto la vita. Non avrei mai pensato: avevo una cosa da dire e semplicemente l'ho detta. Ho trovato grande entusiasmo e disponibilità all'ascolto, e grande umiltà da tanti uomini di Chiesa, fino ai cardinali che, oserei dire, hanno bisogno della vera amicizia di noi laici».
I suoi libri sul matrimonio cristiano sono best-seller, non solo in Italia. Ma è stata tacciata di concepire un ruolo non emancipato della donna all'interno della coppia.
«Credo che ci si debba intendere sulle parole. Chi critica il discorso della sottomissione non ha letto il libro, il più delle volte. La sottomissione intesa come sostegno grazie alla maggiore disponibilità e capacità femminile di accoglienza è qualcosa che rende la donna preziosa, e felice, perché la donna è felice quando nutre. Se emancipazione significa rinunciare a questo talento, credo sia piuttosto un tarparsi le ali, rinunciare alla nostra grandezza».
Il ruolo delle donne nella Chiesa: quale potrebbe essere, per valorizzarne i carismi?
«Sinceramente non credo che le donne non siano valorizzate nella Chiesa. Credo che le donne siano come il vento che soffia nelle vele, e noi siamo il vento della Chiesa. Siamo l'anima di tante realtà, la carne. Educhiamo alla fede i nostri figli e spesso quelli degli altri, scriviamo, organizziamo, inventiamo, apriamo strade. Non credo, sinceramente, che ci serva avere ruoli "di comando": anche se nell'ottica cristiana il comando non dovrebbe esistere se non in chiave di servizio».
Di recente ha scritto: «Credo che le donne che chiedono gli stessi diritti degli uomini manchino di fantasia e di ambizione; non sono mai stata discriminata come donna (come madre sì)».
«Mi riferivo al mondo del lavoro, che è pensato per gli uomini, con orari e regole totalmente inconciliabili con la maternità, se non a prezzo di grandi sofferenze di mamme e bambini. Credo che noi donne abbiamo lottato per entrare in questo mondo maschile, ma siamo state disponibili a pagare un prezzo troppo alto in termini di felicità personale, la nostra e quella dei nostri figli. Avrei anche molto da dire sull'imperativo di lavorare tout court. Per me il lavoro – quello di giornalista – è un dovere, non una fonte di realizzazione, ed è un dovere anche cercare di contribuire al miglioramento del mondo in cui viviamo, nei limiti del possibile. Scrivere invece mi piace e mi gratifica, ma quello lo posso fare solo di notte. Non intendo però il lavoro come realizzazione».
Cosa pensa delle recenti nomine di donne (finora suore) all'interno di organismi curiali?
«Ne sono contenta; credo che le donne possano dare un contributo diverso da quello maschile in ogni ambito. Il nostro sguardo sul mondo è totalmente non sovrapponibile a quello maschile, ed è bene, è prezioso che diamo anche noi il nostro contributo».
Le laiche come potrebbero dare il loro apporto alla Chiesa?
«Parlando, se hanno qualcosa da dire. Scrivendo, agendo. Ma soprattutto essendo se stesse, pregando, vivendo, facendo ogni cosa da cristiane. Non credo che la Chiesa la cambino, cioè la rendano santa quelli che stanno nei posti "che contano". Chiara Lubich e Chiara Amirante hanno creato due movimenti fortissimi. Chiara Corbella Petrillo è la sorella maggiore di tutte noi mogli e mamme. Chiara Luce Badano è una piccola Teresa di Lisieux. Io credo, come diceva Fulton Sheen, che il livello spirituale di un'epoca sia dato dal livello spirituale delle sue donne. A maggior ragione vale per la Chiesa. Piuttosto, chiediamoci perché le quarantenni la disertino. E torniamo a riempirla, partendo però dalla preghiera».
Suggerimenti sul protagonismo femminile nella pastorale parrocchiale e non?
«A me sembra che i sacerdoti siano così bisognosi di una mano che, se va una donna a proporsi, di solito sono ben lieti di accogliere ogni tipo di aiuto. Le catechiste – secondo me il ruolo più alto, dopo l'amministrazione dei sacramenti – sono quasi tutte donne, per esempio. Insomma, io una donna che abbia detto "vorrei dare il mio contributo" e a cui sia stato detto di no, la devo ancora incontrare. E anzi invito le donne, insieme alle loro famiglie, a farsi amiche dei sacerdoti, a far loro compagnia, a bussare ogni tanto non solo a chiedere aiuto, ma anche a offrirne. Chi si occupa di ricordare loro le visite mediche, di rifare gli occhiali, di portare i vestiti in lavanderia, se non c'è una donna? Chi, anche, può dare al sacerdote il modo femminile di guardare Dio?»

Fonte: Avvenire, 29/09/2014

4 - TUTTO CIO' CHE SAPETE SU ISLAM E CROCIATE E' FALSO
L'islam non è una religione di pace, non porta il progresso e minaccia i cristiani non a causa delle crociate (VIDEO: 10 minuti sull'Islam)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2008 (n.76)

Nel 2005 in Inghilterra una troupe stava realizzando un film sul razzismo islamofobo dei britannici. Si girava la scena in cui un attore dai tratti mediorientali veniva aggredito da alcuni inglesi. Due passanti, che non si erano accorti della cinepresa, si fermarono a difenderlo. Il film però fu realizzato lo stesso, anche se l'episodio ne era la più plateale sconfessione.

PARLAR MALE DELLA PROPRIA CULTURA E DELLA PROPRIA RELIGIONE
Tutto ciò è emblematico. Parlar male della propria cultura e della propria religione ma usare ogni riguardo con quelle altrui (e in modo del tutto speciale con i suscettibilissimi musulmani) fa ormai parte di quel che per l'Occidente è il c.d. pensiero politicamente corretto. Detto pensiero, tuttavia, abbisogna di essere imposto con la forza della legge, il che significa che gli occidentali sarebbero portati a pensarla in modo ben diverso. Dal tempo dell'attentato alle Twin Towers, infatti, ogni sforzo è stato fatto per convincere gli occidentali che: a) la guerra che fanno gli Stati Uniti è «contro il terrore» e non contro terroristi che esplicitamente si richiamano all'islam; b) le crociate sono un episodio vergognoso della storia occidentale e, quantunque risalenti al Medioevo, agli islamici ancora brucia l'umiliazione subita; c) l'islam è una religione di pace. E via di seguito. [...]

BASTA CON I LUOGHI COMUNI
A mettere i puntini sulle «i», stufo di queste storie, ha pensato l'americano Robert Spencer, che ha dato alle stampe una Guida (politicamente scorretta) all'Islam e alle Crociate (Lindau). Sottotitolo: Tutto ciò che sapete sull'Islam e le Crociate è falso. Non a caso nel risvolto di copertina si avverte che l'autore vive sotto protezione in una località segreta, alla faccia del punto c). Spencer si è preso la briga di analizzare uno per uno tutti i luoghi comuni politicamente corretti sull'argomento, con risultati talvolta grotteschi. Per esempio, nel testo Le crociate viste dagli arabi, di Amin Maalouf (stranamente - ma mica tanto - pubblicato dalla Sei, l'editrice dei salesiani), i crociati appaiono esattamente come nel film Le crociate di Ridley Scott: rozzi e guerrafondai. Mentre i saraceni sono miti e civili, e Saladino è un campione di tolleranza. Spencer ci ricorda però che l'iniziativa bellica risale allo stesso Maometto, il quale scrisse a tutti i re vicini (gli imperatori di Persia e di Bisanzio, il Negus d'Africa), chiedendo loro di scegliere tra la conversione alla «vera fede» o l'invasione. È un fatto che di lì a pochi anni quei regni sparirono e Bisanzio, ridotta quasi alla sola Constantinopoli, cominciò a chiedere disperatamente aiuto ai cristiani d'Europa, che erano riusciti a fermare la marea islamica alle porte della Francia alla fine dell'VIII secolo. Si può giudicare le crociate come si vuole (e sono molti, oggi, i cristiani che se ne rammaricano) ma non si può negare che fino a quando gli europei tennero la posizione in Palestina l'aggressività islamica segnò il passo. Con la caduta dei regni crociati, ricominciò e gli europei si ritrovarono a dover combattere sotto le mura di Vienna per ben due volte. Anche l'India finì in mani islamiche, ed è il premio Nobel Najpaul a ricordare la tabula rasa che i conquistatori fecero della sua antichissima e splendente civiltà.

TOLLERANZA MUSULMANA?
Un altro dei luoghi comuni politicamente corretti (e insegnato nelle scuole occidentali) riguarda la «tolleranza» musulmana nei confronti di ebrei e cristiani sottomessi. Ma non dice che ebrei e cristiani dovevano cedere il passo e la sedia ai musulmani, non andare a cavallo, non costruire case più alte, portare segni esterni di riconoscimento (talvolta davvero umilianti), rasarsi la fronte, non edificare né riparare chiese, non esporre croci, pagare la tassa di «protezione» (all'atto del versamento, pubblico, il cristiano o l'ebreo doveva piegare il capo per ricevere il tradizionale schiaffo sulla nuca da parte dell'esattore). Ogni anno ai cristiani dell'impero ottomano venivano sottratti i figli migliori per farne giannizzeri, convertiti a forza e mandati in guerra contro gli europei (Scanderbeg, eroe nazionale albanese, era un giannizzero disertore).
Ancora un luogo comune: l'epoca d'oro della cultura islamica ai tempi di Harun al-Rashid, il califfo delle «Mille e una Notte». Ma i costruttori di tale «epoca d'oro» erano tutti cristiani dhimmi e il sapere islamico era farina di sacco greco o indiano (come lo zero e i numeri «arabi»). Poi, a partire dal XII secolo, qualcuno richiamò alla stretta osservanza coranica e la fiaccola culturale passò all'Occidente. Caduta Costantinopoli nel 1453, torme di dotti greci ripararono in Europa, determinando il boom di Aristotele e Platone (e fu il Rinascimento). La contemporanea scoperta dell'America avvenne perché Colombo cercava una nuova «via delle Indie», essendo quella vecchia in mani islamiche.

E OGGI?
Ma torniamo a oggi. Gli occidentali si scandalizzano più per Abu Graib e Guantanamo che non per le decapitazioni, le mani tagliate, le lapidazioni all'ordine del giorno altrove. Potremmo anche aggiungere il fasto a volte stomachevole in cui certi capi di Stato (ereditari, per giunta) vivono, con una discrepanza di ricchezza tra sovrano e popolo che da noi non sarebbe tollerata: harem con centinaia di concubine, decine di rolls-royce d'oro, panfili galattici, piste da sci con vera neve nel deserto... Nel maggio 2008 uno di tali personaggi, in visita in Puglia con seguito sterminato, donò al presidente della regione Vendola un orologio Rolex, che il presidente in questione dovette affrettarsi a versare all'erario per evitare critiche.
Sembra, dice Spencer, «una tacita ammissione di qualcosa che l'establishment politicamente corretto nega con fermezza in ogni altro caso: che il cristianesimo, cioè, propone uno standard morale superiore rispetto a quello islamico. Di conseguenza ci si aspetta di più non soltanto dai cristiani osservanti ma da tutti coloro che hanno assorbito questi alti principi vivendo in società da essi plasmate». Già.

DOSSIER "LE GLORIOSE CROCIATE"
Tutto quello che ci hanno insegnato è falso

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Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2008 (n.76)

5 - ANCHE A BOLOGNA I CORSI PER PROSTITUTE PER DISABILI
La chiamavano ''Bocca di Rosa'', ora si chiama ''Assistente Sessuale''
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2014

La chiamavano "Bocca di Rosa" ed ora si chiama "assistente sessuale", e al di là dell'Oceano – ed anche da noi per gli anglofili – "love giver", "donatrice d'amor" se vogliamo fare gli aulici. In modo più prosaico è una prostituta. Ma una prostituta con tanto di diploma che potrà offrire i suoi servizi solo ad una categoria particolare di persone: i disabili (perché in politichese corretto l'assistente sessuale sta al disabile come la prostituta sta all'handicappato).

UNA FIGURA PROFESSIONALE?
C'è anche un disegno di legge che vuole introdurre questa figura professionale, proposta presentata nell'aprile scorso dal senatore Pd Sergio Lo Giudice, omosessuale dichiarato che in barba alle leggi italiane volò all'estero per avere un bambino tramite la pratica dell'utero in affitto. Il disegno di legge si intitola "Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone con disabilità". Maximiliano Ulivieri, portavoce del primo comitato italiano per una legge sull'assistenza sessuale, spiega la bontà di una tale proposta normativa: per la persona disabile «si è concepito un aiuto per ogni tipo di necessità, ma non per quella sessuale. Come se il disabile non sentisse il bisogno di toccarsi, di ricevere piacere, come se non fosse idoneo a certe esigenze. Ma non è così, e chi ha limiti psichici o fisici tali per cui non può provvedere da sé a questi bisogni deve essere assistito». Se la premessa è che il sesso è come mangiare o andare in bagno – un bisogno fisiologico come altri – la conclusione appare ovvia: occorre che vi sia qualcuno che soddisfi le esigenze sessuali anche di chi sta in carrozzina o inchiodato in un letto di ospedale.

DIRITTO ALLA SESSUALITÀ ASSISTITA PER I DISABILI
«Per capire l'importanza di questa figura professionale», continua Ulivieri, «bisogna immaginare cosa possa significare il non potersi toccare perché magari le proprie mani non si muovono come dovrebbero, o il non potere avere momenti di intimità per via della propria disabilità. Il proprio corpo, quando non si è autosufficienti, in certi casi è considerato come un peso, e l'intimità è la prima cosa che si perde con la disabilità». Se già la malattia non ha rispettato il corpo di queste persone, ci si mette ora pure l'assistente sessuale per degradarlo maggiormente. Ma se il deficit patologico può incidere solo sulle carni e sulla psiche, nulla può sulla dignità delle persona. Non così invece le pratiche sessuali di una meretrice che sviliscono la propria umanità e, se il disabile è consenziente e capace di intendere e volere, anche quella di quest'ultimo.
Naturalmente non poteva mancare anche un sito per promuovere la figura professionale dell'assistente sessuale, figura già presente in Svizzera, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Austria. In esso si spiega che questa lavoratrice/lavoratore del terziario a luci rosse può essere eterosessuale, omosessuale o bisessuale e che «parlare semplicemente di assistenza sessuale può risultare estremamente riduttivo; qualificarne il concetto più complesso attraverso i termini assistenza all'emotività, all'affettività, alla corporeità e alla sessualità permette di assaporare tutte quelle sfumature in essa contenute». Una figura che mancava al fine di tutelare appieno il «diritto alla salute e al benessere psicofisico e sessuale» delle persone con handicap.

MA COSA FA IN CONCRETO "L'OPERATORE DEL BENESSERE SESSUALE"?
Poco è lasciato alla fantasia del lettore: «gli incontri», spiega il sito, «si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l'esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull'attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell'esperienza orgasmica».
A Bologna a breve si terrà anche corso per diventare assistente sessuale. Sono arrivate una sessantina di domande da tutta Italia, più donne che uomini, tra i 25 e i 50 anni. Il corso sarà tenuto da un medico, da un sessuologo e da uno psicologo, nonché da due assistenti sessuali provenienti da Germania e Svizzera. Il giochino messo in piedi da questi signori del welfare erotico, alle cui spalle c'è la solita associazione radicale Luca Coscioni, è facile facile. È un tentativo di sdoganare la prostituzione, di renderla legittima. E la si sdogana in due modi. In primo luogo ammantandola di fini buoni e caritatevoli: chi più indifeso di un tetraplegico o di un malato in carrozzina bisognoso di cure? In secondo luogo basta dipingere il lavoro più vecchio del mondo come lavoro professionale e il gioco è fatto. La battona non è più tale se ha studiato, si è formata ed ha superato alcuni esami (saranno previste anche prove pratiche di laboratorio?). La tecnicalità accademica-scolastica eleva, nobilita, cambia il vizio a pagamento in un valore etico perché «mira a scoprire il valore della corporeità». Il tutto sulla pelle di chi è più sfortunato ed indifeso perché così bisognoso di affetto, ma di quello vero , che per averne anche un surrogato è disposto pure a sborsare quattrini.

STEP SUCCESSIVI
Gli step successivi sono assai prevedibili se questa pratica del sesso sulla sedia a rotelle prenderà piede. I normo-abili diranno che è discriminatorio permettere il meretricio solo per alcune categorie di persone e non per tutti. Lucciole per tutti, dunque. Inoltre, al pari di altri lavori anche l'assistente sessuale avrà una pensione assicurata quando la propria avvenenza avrà lasciato il posto a molti acciacchi che avranno consigliato di appendere i tacchi a spillo al chiodo. Probabilmente tale pratica verrà poi rubricata sotto la voce "lavori usuranti", con tutti i benefit previsti per legge. A motivo di ciò è facile pronosticare che non poche prostitute vorranno legalizzare il proprio mestiere diventando assistenti sessuali. Tanto chi andrà a verificare nel casino per disabili se il cliente è invalido o meno? Le Fiamme Gialle?

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 13-09-2014

6 - IL SINODO SULLA FAMIGLIA NON POTRA' DARE LA COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI
Lo stesso famigerato cardinale Kasper (che oggi la vorrebbe dare) solo dieci anni fa scriveva che non è possibile darla
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo straniero, 05/10/2014

C'è molta confusione nella Chiesa per il Sinodo che si apre oggi e discuterà sulla comunione ai divorziati risposati. Molti credenti sono smarriti di fronte alla via "rivoluzionaria" indicata dal cardinale Kasper che fu incaricato da papa Francesco di lanciare la novità al Concistoro di febbraio e che dice sempre di parlare a nome di papa Francesco ("Io ho parlato con il Santo Padre. Ho concordato tutto con lui").
La schiacciante maggioranza dei cardinali è in totale dissenso da lui. Dunque ora cosa accadrà?
Davvero il Papa può intraprendere una via che capovolge quanto la Chiesa, in base alle stesse parole di Gesù e ai testi paolini, ha costantemente insegnato per duemila anni? E' possibile mettere in discussione i comandamenti, il Vangelo e i sacramenti?
 
VERITA' DI FEDE SUL PAPATO
Qualcuno crede che i Papi possano farlo e i media alimentano questa aspettativa. In realtà non è affatto così, perché – come ha sempre ripetuto Benedetto XVI – la Chiesa è di Cristo e non dei papi, i quali sono temporanei amministratori e non padroni.
Essi sono sottoposti alla legge di Dio e alla Parola di Dio e devono servire il Signore e custodire il "depositum fidei" loro affidato. Non possono impadronirsene o mutarlo secondo proprie idee personali.
Quello che tanti – anche fra i credenti – ignorano sono i limiti strettissimi che la Chiesa da sempre ha posto ai papi, mentre riconosceva l'"infallibilità" petrina nei pronunciamenti "ex cathedra" sui temi di fede e di morale.
Proprio nella Costituzione dogmatica "Pastor Aeternus" con cui al Concilio Vaticano I si definiva l'infallibilità papale, si legge:
"Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede".
Il grande Joseph Ratzinger così spiegava questo principio ignorato dalla gran parte dei credenti:
"Il papa non è il signore supremo – dall'epoca di Gregorio Magno ha assunto il titolo di 'servo dei servi di Dio' – ma dovrebbe essere – amo dire – il garante dell'ubbidienza, della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, escludendo ogni arbitrio da parte sua. Il papa non può dire: La Chiesa sono io, oppure: La tradizione sono io, ma al contrario ha precisi vincoli, incarna l'obbligo della Chiesa a conformarsi alla parola di Dio. Se nella Chiesa sorgono tentazioni a fare diversamente, a scegliere la via più comoda, deve chiedersi se ciò è lecito. Il papa non è dunque un organo che possa dare vita a un'altra Chiesa, ma è un argine contro l'arbitrio".
Dopo queste chiare spiegazioni Ratzinger aggiungeva:
"Faccio un esempio: dal Nuovo Testamento sappiamo che il matrimonio sacramentale è indissolubile. Ci sono correnti d'opinione che sostengono che il Papa potrebbe abrogare quest'obbligo. Ma non è così. E nel gennaio del 2000, rivolgendosi ai giudici romani, il papa (Giovanni Paolo II) ha detto che, rispetto alla tendenza a voler vedere revocato il vincolo dell'indissolubilità del matrimonio, egli non può fare tutto ciò che vuole, ma deve anzi accentuare l'obbedienza, deve proseguire anche in questo senso il gesto della lavanda dei piedi".
Anche il cardinale Caffarra, un'autorità sui temi morali già dal pontificato di Giovanni Paolo II, opponendosi alla proposta di Kasper, ha sottolineato che nemmeno i pontefici possono sciogliere il vincolo del primo matrimonio, quindi la Chiesa non può riconoscere un secondo matrimonio, né di diritto, né di fatto, come prospetta Kasper con l'ammissione all'eucarestia dei divorziati risposati.
Caffarra ha anche voluto ricordare la parole di Giovanni Paolo II in un'allocuzione alla Sacra Rota: "emerge con chiarezza che la non estensione della potestà del romano Pontefice ai matrimoni rati e consumati, è insegnata dal magistero della Chiesa come dottrina da tenersi definitivamente anche se essa non è stata dichiarata in forma solenne mediante atto definitorio".
Il cardinale di Bologna ha spiegato il peso di queste parole di papa Wojtyla: "La formula è tecnica, 'dottrina da tenersi definitivamente' vuol dire che su questo non è più ammessa la discussione fra i teologi e il dubbio tra i fedeli".
In pratica questa verità non può nemmeno essere messa in discussione fra i credenti. Conseguentemente non è possibile nemmeno mutare la disciplina relativa all'accesso all'eucaristia.
 
IL KASPER DI IERI E QUELLO DI OGGI
C'è un libro significativo dello stesso cardinale Kasper, un volume oggi introvabile e dimenticato da tutti che fu pubblicato appena dieci anni fa da Herder e Queriniana e s'intitolava "Sacramento dell'unità. Eucaristia e Chiesa".
Fu scritto e pubblicato in occasione dell'anno eucaristico indetto da Giovanni Paolo II fra 2004 e 2005. Quel libro di Kasper che tocca vari punti spinosi e contestati e sembra davvero in linea col magistero di sempre della Chiesa e di papa Wojtyla.
Per quanto riguarda l'accesso alla comunione sacramentale, Kasper sottolinea che non può essere per tutti: "non possiamo invitare tutti a riceverla".
Non vi si può accedere in stato di peccato grave, ma solo quando – tramite la confessione – si è in grazia di Dio per "non mangiare e bere indegnamente il corpo e il sangue del Signore".
Kasper aggiunge: "L'affermazione che l'unità e la comunione sono possibili soltanto nel segno della croce ne include un'altra, e cioè che l'eucaristia non è possibile senza il sacramento del perdono. La Chiesa antica era pienamente cosciente di questo nesso. Nella Chiesa antica la struttura visibile del sacramento della penitenza consisteva nella riammissione del peccatore alla comunione eucaristica. Communio, excommunicatio e reconciliatio costituivano tutt'uno. Dietrich Bonhoeffer, il teologo luterano giustiziato dai nazisti nel 1945, ha messo giustamente in guardia dalla grazia a buon mercato. 'Grazia a buon mercato è sacramento in svendita, è la cena del Signore senza la remissione dei peccati, è l'assoluzione senza confessione personale'. La grazia a buon mercato è per Bonhoeffer la causa della decadenza della Chiesa".
La "concezione superficiale" dell'eucaristia, spiegava Kasper, "disgiunta dalla croce e dal sacramento della penitenza conduce alla banalizzazione di tali aspetti e alla crisi dell'eucaristia quale quella a cui oggi assistiamo nella vita della Chiesa".
Il cardinale tedesco arrivava a scrivere giustamente: "La crisi della concezione dell'eucaristia è il nucleo stesso della crisi della Chiesa odierna".
Ognuno può facilmente valutare la contraddizione fra questo Kasper dell'altroieri e il Kasper di oggi.
 
NON ESISTE PASTORALE SGANCIATA DALLA DOTTRINA
Gli "innovatori" del Sinodo, di cui egli è uno dei capifila, ovviamente non hanno il coraggio di mettere in discussione apertamente la dottrina, perché questo significherebbe mettere in soffitta il Vangelo stesso.
Essi sostengono che non si tratta di cambiare la dottrina, ma solo la pastorale sull'accesso all'eucaristia.
Ma nella Chiesa dogma e pastorale non possono assolutamente essere separate. La ragione teologica della loro unione indissolubile l'ha spiegata ancora una volta Joseph Ratzinger: "pastorale e dogma s'intrecciano in modo indissolubile: è la verità di Colui che è a un tempo 'Logos' e 'pastore', come ha profondamente compreso la primitiva arte cristiana che raffigurava il Logos come pastore e nel pastore scorgeva il Verbo eterno, che è per l'uomo la vera indicazione della via".
In sostanza Gesù Buon Pastore è anche il Logos, il Verbo eterno di Dio. Non è possibile separare la misericordia dalla verità.
Ciò significa che non si può mutare l'accesso all'eucaristia per una categoria particolare di persone come i divorziati risposati (per i quali vale la legge che vale per tutti), ma vuol dire pure che verso di loro la Chiesa – come hanno ripetuto papa Wojtyla e Benedetto XVI – intende manifestare in mille altri modi la sua amorosa accoglienza di madre.

Fonte: Lo straniero, 05/10/2014

7 - RAPPORTI PREMATRIMONIALI: WHY NOT?
Non basta mettersi d'accordo per rendere lecito un saccheggio reciproco (VIDEO: L'amore è il motivo della castità)
Autore: Don Arturo Cattaneo - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2008 (n.76)

C'è chi dice: «Cosa c'è di male? Come mai non ne abbiamo diritto? Perché deve esserci negato oggi ciò che domani, compiuta la cerimonia nuziale, diviene un fatto grande e santo? Come si può congelare un'esperienza d'amore così vitale e profonda?». Questa richiesta, che ad una prima considerazione può sembrare legittima, non comprende appieno la portata dell'atto coniugale e non riconosce l'autentico valore del matrimonio. L'ambiente erotizzato che ci circonda non incoraggia certo a cercare vie diverse da quella, molto comoda, del «lasciarsi andare», né a considerare le nostre azioni secondo criteri diversi dal principio del piacere.

UNA QUESTIONE DI AMORE VERO
La risposta al perché i due non ne abbiano ancora il diritto, anche se si amano e sono decisi a sposarsi, è in fondo molto semplice: fin tanto che non sono sposati non si appartengono ancora del tutto e l'atto coniugale è donare e ricevere mutuamente ciò che uno ha di più intimo del proprio corpo. Volerlo o darlo senza essere sposati è quindi ingiusto, è una specie di furto, è qualcosa di falso. Si può dire, con il filosofo Étienne Gilson, che «non basta mettersi d'accordo per rendere lecito un saccheggio reciproco».
Particolarmente attento alla grandezza del matrimonio e della famiglia è stato Giovanni Paolo II che, fra l'altro, ha osservato: «La comunione fisica e sessuale è qualche cosa di grande e di bello. Ma è soltanto degna dell'uomo, se è integrata in una unione personale, riconosciuta dalla comunità civile ed ecclesiastica. La piena comunione sessuale tra l'uomo e la donna ha perciò il luogo legittimo soltanto nell'ambito dell'esclusivo e definitivo personale vincolo di fedeltà nel matrimonio».
La differenza tra due fidanzati e due coniugi sta proprio qui: solo questi ultimi si sono donati pienamente l'un l'altro per sempre; una donazione piena non può infatti che essere per tutta la vita. Che donazione sarebbe quella di chi si impegnasse solo finché gli farà comodo?
Ciò denoterebbe che non è la persona dell'altro a interessargli, ma solo ciò che, per un certo tempo, potrà ottenere da lei: la persona viene quindi trasformata in oggetto. Come reagiremmo se qualcuno ci dicesse: «Ecco, ti faccio un regalo, ma se poi cambio idea me lo riprendo». Si dovrebbe quantomeno dire che non si tratta di una vera donazione.
Queste considerazioni aiutano anche a capire l'indissolubilità del matrimonio. La Chiesa non fa quindi altro che proporre la legge naturale quando afferma che l'atto coniugale è autentico solo fra coloro che si sono reciprocamente donati in un modo «totale e definitivo». Rifacendosi allo stesso principio, ricorda che «la donazione fisica totale sarebbe menzogna se non fosse segno e frutto della donazione personale totale, nella quale tutta la persona, anche nella sua dimensione temporale, è presente». L'atto coniugale va considerato come il coronamento della piena unione della coppia. L'unità affettiva, dei cuori, della mente e della vita deve quindi precedere l'unione dei corpi.
Chi, cedendo alla sensualità, altera quest'ordine provoca l'illusione di una fusione già realizzata, quando invece c'è ancora solo una confusione, Il partner resterà facilmente con l'impressione di essere stato «usato», ridotto cioè a strumento di piacere. C'è un «amore per prova» dopo il quale ci si sente particolarmente soli, con la triste consapevolezza di non avere costruito nulla e di aver solo consumato qualcosa di sé. L'unione sessuale nel matrimonio è invece piena di bellezza, di verità e di gioia quando conferma e manifesta l'unione della vita di entrambi i coniugi.

PROVE D'AMORE O PRETESTI?
Quanto detto fino ad ora dimostra anche l'inconsistenza, l'infondatezza della richiesta di rapporti prematrimoniali come «prova d'amore» o come mezzo per verificare l'affinità di coppia. A chi dice: «Se mi ami, dimostralo», intendendo i rapporti prematrimoniali come «prova d'amore», si potrebbe rispondere che tali rapporti non provano proprio niente. L'amore non si prova, dal momento che le persone coinvolte non si provano, ma si scelgono e si accettano. Provare una persona è ridurla a oggetto di sperimentazione circa un certo rendimento, mentre le realtà più significative e fondamentali (nascere, morire, amare fino a dare la vita) sono tanto importanti da essere uniche, irripetibili.
Il matrimonio non si prova: lo si vive responsabilmente. Alla domanda: «Non mi ami abbastanza per venire a letto con me?» bisogna perciò avere il coraggio di rispondere: «Certamente, anzi ti amo di più, tanto da sposarmi con te». E sposarsi vuoi dire non solo condividere il letto, ma lavorare insieme per un progetto comune, fondare una famiglia. A chi dice: «Ma io non compro a scatola chiusa», si può far notare che se un matrimonio non «funziona» non è per l'inesperienza sessuale, ma per ben altri motivi come la debolezza di carattere e l'egoismo, e il volere subito rapporti sessuali non è certamente prova di fermezza di carattere, né di generosità e grandezza d'animo.
Il matrimonio esige qualcosa di più del possesso sempre godibile; esige anche sacrifici e rinunce, fra l'altro anche il saper aspettare fino alle nozze per godere dell'atto coniugale.
Si potrebbe anche obiettare dicendo che l'atto sessuale è un modo di conoscersi e capire se si è fatti l'uno per l'altro.
Ma l'atto sessuale non è affatto il modo adeguato per conoscersi. Il piacere intenso che si prova può infatti indurre a idealizzare l'altra persona in modo entusiastico e a minimizzare le differenze esistenti, nell'illusione che le differenze (di carattere, interessi e visione della vita) si possano facilmente superare. Di conseguenza, se le intimità sessuali divengono l'aspetto dominante del rapporto, la necessaria reciproca conoscenza tra due persone che desiderano sposarsi viene facilmente relegata in secondo piano. Le divergenze e le eventuali incompatibilità di carattere emergeranno poi, una volta sposati, quando l'iniziale entusiasmo viene meno. Perciò l'atto sessuale prematrimoniale non è affatto il miglior modo per una vera e profonda conoscenza. Si potrebbe dire che l'atto sessuale cementa un rapporto, ma solo quale coronamento di un percorso di conoscenza reciproca, condivisione e donazione, altrimenti è come fare una colata di cemento sulle strutture di una capanna distruggendola.
Alcuni estendono il discorso, parlando dell'opportunità di una convivenza prematrimoniale quale test molto significativo per sapere se sono fatti l'uno per l'altro. Ma la convivenza non è un buon test per provare l'affinità di due soggetti. Ciò è ormai confermato da varie ricerche sociologiche e dal numero dei divorzi che è nettamente superiore fra coloro che hanno convissuto prima delle nozze. Al fidanzato o alla fidanzata che non volesse accettare le riflessioni e gli argomenti esposti, si può dire: «Anche se non riesci a capirlo fino in fondo, mi ami tu abbastanza per rispettare la mia coscienza, e aspettare?». E poi, se nonostante tutte le «precauzioni» nascesse un figlio? Un bambino ha il diritto sacrosanto alla famiglia. E allora? O si ha un matrimonio «riparatore», che precipitosamente deve risolvere una quantità di problemi, oppure si ha una madre senza marito e un figlio senza padre. Fine davvero triste di tanto «lieto e spensierato» inizio...

UN'ESIGENZA PER IL BENE E LA FELICITÀ DELLE PERSONE
In conclusione: se la Chiesa insegna - sulla base di riflessioni antropologiche e alla luce della Rivelazione - che l'intimità sessuale non è lecita prima o al di fuori del matrimonio, non lo fa certamente per rendere la vita difficile, ma per il bene delle persone, per la loro felicità. Viene in mente una frase di Simone Weil: «I beni più preziosi non devono essere cercati, ma attesi». Ogni cosa a suo tempo. Per gustarla come dono. Perciò il comportamento di oggi decide il matrimonio di domani. Se lui o lei diventerà un coniuge solo avido di piacere, un egoista pronto soltanto a esigere o addirittura a farla da tiranno; o un fedele compagno per la vita, pronto sia al comune piacere sia al comune sacrificio, tutto questo viene deciso quasi al cento per cento prima, non durante il matrimonio. Chi con disinvoltura chiede anticipi all'amore, dovrà poi pagarne le ipoteche mettendo a dura prova il suo equilibrio emotivo ed affettivo e a danno, non di rado, di se stesso e della propria felicità. Chi invece prende sul serio l'amore, vi troverà la gioia. Per tutta la vita.

Nota di BastaBugie: consigliamo vivamente la visione del nuovo video con Jason Evert che trovate qui sotto.


http://www.youtube.com/watch?v=7zugQyJpIPE

Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2008 (n.76)

8 - LA BUFALA DEL SIGNORAGGIO BANCARIO
Non è vero che la Banca centrale venda al valore nominale le banconote che essa stessa stampa
Autore: Gianfranco Fabi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/10/2011

«Le banche centrali sono all'origine del debito pubblico. Esse fanno da tipografia ma incamerano il signoraggio come se il denaro che stampano fosse il loro anziché del popolo. Il valore alla moneta la dà il sistema paese, non i banchieri». Così scrive un lettore a La Bussola Quotidiana interpretando sicuramente il pensiero di molti altri che vedono nelle Banche centrali i capisaldi dell'attuale sistema capitalistico, i santuari dove si adora la moneta, i centri nevralgici di quella tecnocrazia liberista che sarebbe all'origine della più grave recessione del dopoguerra.
Al di là delle considerazioni politiche o ideologiche guarderei al problema da un profilo attuale e concreto.

LE BANCHE CENTRALI
Nei Paesi occidentali, pur con diverse formule, le Banche centrali sono delle realtà sicuramente ibride: sono in gran parte di proprietà nominalmente privata (in Italia il loro capitale fa capo alle banche), ma le nomine dei vertici sono di responsabilità politica e fanno direttamente capo ai Governi. Peraltro gli azionisti della Banca (che vengono elegantemente chiamati i partecipanti al capitale) non ricevono per Statuto che in piccola parte gli utili che derivano dall'attività dell'istituto. Nel 2010 per esempio gli utili della Banca d'Italia sono stati pari a 852 milioni di euro, di questi solo 61 milioni sono stati versati ai "partecipanti", cioè ai soci, mentre 340 milioni sono stati destinati alle riserve e 511 milioni sono stati versati direttamente allo Stato.
Oltre a questi la Banca d'Italia ha pagato allo Stato 925 milioni di imposte. Quindi lo Stato ha ricavato lo scorso anno oltre 1 miliardo e 400 milioni di euro dall'attività dell'Istituto di emissione (si chiama ancora così anche se la competenza dell'emissione delle banconote in euro è ormai tutta della Banche centrale europea).

IL SIGNORAGGIO BANCARIO
Ma veniamo al cuore del problema: il signoraggio. Nel Medioevo, quando non c'erano le banche centrali, la moneta veniva "battuta" dai signori che comandavano i vari ducati o principati. Le monete erano d'oro o d'argento ed avevano quindi anche un valore intrinseco e non solo facciale: ma i signori iniziarono ben presto a lucrare sulla loro attività facendo pagare un aggio, un sovrapprezzo, rispetto al valore reale delle monete e imponendo quest'aggio ai propri sudditi.
Rispetto al Medioevo molte cose sono cambiate. Le esigenze di crescita dell'economia e quindi degli scambi hanno fatto in breve tempo sparire le monete in metalli nobili e alle fine del 1600 hanno fatto la loro comparsa le banconote dapprima in Svezia e poi in tutta Europa.
Ora è chiaro che il valore intrinseco di una banconota è pressoché uguale a zero e quindi, come sanno bene i falsari, in teoria il potere di stampare banconote potrebbe equivalere al poter accumulare a poco prezzo ingentissime ricchezze. E così sarebbe se, tornando all'oggi, la Banca centrale vendesse al valore nominale le banconote che essa stessa stampa. Ma è così solo per una piccola parte cioè per la vendita di banconote in cambio di valuta estera, mentre la maggior parte dei soldi stampati vengono ceduti alle banche ordinarie in base alle esigenze del mercato e dietro il pagamento di un tasso di interesse che veniva chiamato "tasso di sconto" e che ora, con l'euro, è definito "tasso ufficiale di riferimento" e che attualmente è fissato all'1%.
Compito della Banca centrale quindi è quello di mantenere una sufficiente liquidità al sistema dei pagamenti adeguando la quantità di moneta alla ricchezza prodotta ed evitando che un eccesso di moneta crei le premesse per una perdita di valore e quindi contrastando quanto più possibile l'inflazione. (Questo non vuol dire che le banche centrali attuino una politica inappuntabile: di errori ne hanno commessi e molti).

LEGGENDE METROPOLITANE
Quindi sfatiamo la prima leggenda metropolitana: la Banca centrale non vende a cento quello che a lei costa pochi centesimi (cioè la carta e la stampa delle banconote). Il signoraggio esiste, ma in misura limitatissima e non per procurare guadagni, ma in funzione di politica monetaria, cioè per tenere sotto controllo l'inflazione. E, come abbiamo visto, i guadagni che l'istituto di emissione riesce a fare vengono comunque riversati in gran parte allo Stato.
Seconda leggenda metropolitana. Le banche centrali sarebbero all'origine del debito pubblico, cioè le prime responsabili dell'attuale profonda crisi finanziaria.
Il debito pubblico nasce dall'accumularsi nel corso degli anni dei deficit di bilancio degli Stati. In Italia il debito pubblico ha superato a giugno i 1900 miliardi di euro (pari al 120% del Pil), 400 miliardi in più rispetto a cinque anni prima. Questo vuol dire che lo Stato italiano ha speso ogni anno quasi 80 miliardi in più di quanto ha incassato e questi 80 miliardi ogni anno li ha ottenuti emettendo titoli e aumentano così il proprio debito. Lo Stato spende per il proprio personale, per la sanità, le pensioni, l'istruzione e mille altre cose; e spende anche per pagare gli interessi sui debiti che si sono accumulati negli anni. In questo giro di denaro la Banca centrale c'entra poco o nulla. Lo Stato infatti, non solo quello italiano, copre la differenza tra quanto spende e quanto incassa attraverso l'emissione di titoli che vengono offerti sul mercato e vengono acquistati dai propri cittadini o da chi vuole in tutto il mondo. La Banca centrale europea, così come la Banca d'Italia dal 1981, non può acquistare per statuto titoli dei Governi al momento della loro emissione: in pratica la Bce non può finanziare i Governi stampando banconote. La Bce, come ha fatto nelle scorse settimane, può invece intervenire acquistando titoli già in circolazione per cercare di evitare temporanee crisi di mercato.

LE BANCONOTE SONO SOLO DEGLI STRUMENTI
E qui veniamo al punto centrale. Perché un compito così importante, come la stampa delle banconote, non viene lasciato ai governi, espressione della sovranità popolare? Perché le banche centrali è bene siano autonome dal sistema politico?
Molto semplicemente perché il denaro è uno strumento che deve difendere la ricchezza, la produzione, il lavoro. In una democrazia i governi hanno il dovere di cercare il consenso attraverso la buona politica: sarebbe una tentazione troppo forte quella di distribuire una ricchezza che non c'è e questo avverrebbe se i governi avessero la responsabilità diretta della produzione di banconote. E ci sarà una ragione perché in tutti, sottolineo tutti, i paesi ad economia di mercato le banche centrali hanno tutte un livello più o meno ampio di autonomia. L'inflazione è la peggiore delle tasse perché colpisce i redditi da lavoro e da pensione.
Per questo una banca centrale autonoma non è una rinuncia alla sovranità popolare, ma una forma che pone al riparo la stessa democrazia dai facili populismi. La ricchezza e il benessere, così come l'equità e la solidarietà, non si creano per legge o per decisione del sovrano, ma con il lavoro, la capacità creativa, i valori umani capaci di servirsi in maniera intelligente di quelli che sono semplici strumenti: e l'economia di mercato e le banconote non sono valori, ma semplici strumenti operativi. Come dice la dottrina sociale della Chiesa.

Nota di BastaBugie: alcuni nostri lettori ci hanno scritto preoccupati che l'articolo sopra riportato che scopre la bufala del signoraggio bancario significhi un nostro appoggio all'Euro e alla Banca Centrale Europea.
In realtà dire che non esiste il signoraggio bancario non vuol dire essere europeisti o a favore dell'Euro.
A vantaggio soprattutto dei lettori che ci seguono da poco tempo, ecco qui di seguito alcuni articoli da noi pubblicati che testimoniano la nostra convinta visione antieuropeista

CON L'AVVENUTA CONSEGNA ALLA BCE (PRIVA DI MANDATO ELETTORALE) DELLA DECISIONE SULLE TASSE DEGLI EUROPEI, SI CELEBRANO I FUNERALI DELLA DEMOCRAZIA
Ecco come Ciampi, Napolitano, Draghi e compagni hanno permesso la vittoria del socialismo mondialista di Mario Monti
di Roberto de Mattei
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2068

DIECI ANNI DI EURO, LA MONETA NATA CONTRO L'ETICA, CHE MONTI VUOLE SALVARE A TUTTI I COSTI (OVVIAMENTE A CARICO NOSTRO)
In attesa del passaggio finale dall'Euromoneta all'Eurotassazione vi proponiamo il video di De Mattei con le riflessioni di fine 2011
di Roberto de Mattei
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UNIONE EUROPEA = UNIONE SOVIETICA
L'Europa ha rifiutato le radici cristiane e ora è sotto la dittatura simil-sovietica del ''politicamente corretto'', dominata da una tecnocrazia antidemocratica e (economicamente) fallimentare
di Antonio Socci
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IL TRATTATO DI MAASTRICHT E L'EURO CI PORTANO ALLA ROVINA
Ecco perché la bancarotta della Grecia è solo una pallida prefigurazione di ciò che ci attende...
di Roberto de Mattei
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CON L'EURO SI E' CONSUMATO UN VERO COLPO DI STATO
La soluzione? Abbandonare l'Euro (cosa possibile ed anzi auspicabile: ecco come e perché)
di Federico Catani
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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04/10/2011

9 - OMELIA XXVIII DOMENICA TEMPO ORD. - ANNO A - (Mt 22,1-14)
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 ottobre 2014)

Nella parabola del Vangelo di oggi, il regno dei cieli è paragonato ad un banchetto di nozze. Già nella prima lettura il profeta Isaia annunciava la salvezza di Dio adoperando la stessa immagine del convito, al quale tutti i popoli sono invitati. Questo banchetto è simbolo della redenzione offerta da Dio a tutte le nazioni. Allora il Signore «eliminerà la morte per sempre e asciugherà le lacrime su ogni volto» (Is 25,8).
La parabola del Vangelo è molto simile a quella della domenica scorsa. Essa parla di «un re che fece una festa di nozze per suo figlio» (Mt 22,2). Il re è Dio che offre al suo popolo la salvezza. I servi mandati a chiamare gli invitati alle nozze sono i profeti che dovevano preparare gli Ebrei alla venuta del Messia. Gli invitati, che rifiutano l'invito e maltrattano e uccidono i servi, sono proprio i Giudei, come pure tutti quelli che rifiutano Gesù.
Allora il re si rivolge il suo invito a tutti, e manda i suoi servi a chiamare chiunque essi avessero trovato. Questo particolare simboleggia la predicazione della Chiesa, la quale annuncia la salvezza al mondo intero. Così «la sala delle nozze si riempì di commensali» (Mt 22,10). Questa sala simboleggia proprio la Chiesa dove non tutti sono santi, e vi è una compresenza di buon grano e di zizzania.
Per prendere parte alla festa di nozze del Figlio di Dio, ovvero per conseguire la salvezza, bisogna indossare l'abito nuziale. L'abito nuziale rappresenta la grazia di Dio di cui deve essere rivestita l'anima. Chi manca di questo abito è cacciato fuori della sala, nelle tenebre, ove «sarà pianto e stridore di denti» (Mt 22,13). Queste parole indicano chiaramente l'inferno, dove finiscono eternamente tutti quelli che muoiono in peccato mortale. La verità dell'inferno e della sua eternità è stata ripetutamente insegnata dalla Chiesa. È una verità scomoda, certamente, di cui però non possiamo tacere senza renderci gravemente responsabili.
La Chiesa deve richiamare l'attenzione di tutti i fedeli su questa tremenda possibilità di perdere eternamente l'amicizia con Dio. L'inferno testimonia in qualche modo l'infinito amore di Dio per l'uomo. Dio, infatti, ci ha donato la libertà e la possibilità di scegliere il destino eterno che noi vogliamo. Ciascuno raccoglierà ciò che avrà seminato.
Quando moriremo entreremo nell'eternità e così si fisserà irrevocabilmente la condizione della nostra anima: se sarà in grazia di Dio, essa sarà eternamente salva; se, al contrario, sarà in peccato mortale, l'anima rimarrà eternamente in questo rifiuto di Dio e della sua salvezza.
A commento di questa parabola, Gesù dice: «Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti» (Mt 22,14). Questa frase di Gesù ci fa comprendere tutto il rispetto che Dio ha per la nostra libertà: Egli chiama tutti, ma spetta a noi decidere se accogliere il dono di Dio e conseguire così la nostra eterna felicità.
Noi perdiamo la candida veste della Grazia divina con il peccato mortale. I peccati mortali più diffusi, per fare solo alcuni esempi, sono le bestemmie, i peccati contro la purezza e contro la vita, e il peccato di non andare alla Messa la domenica. Pensiamo poi ai furti e alle maldicenze con le quali roviniamo gravemente la buona fama del nostro prossimo. Con il sacramento della Confessione, se ci confessiamo con vivo pentimento e sincero proposito, noi recuperiamo la splendente veste dell'innocenza e possiamo assiderci degnamente al banchetto dell'Eucaristia.
Tante volte si sente dire che non è bene parlare dell'inferno, che ciò spaventa i fedeli, e che bisogna parlare solo della Misericordia di Dio. Riflettiamo bene che un tale modo di agire è pericoloso. Un fedele deve conoscere tutta la verità e deve sapere bene a cosa porta il cattivo uso della sua libertà, e quelle che sono le conseguenze eterne dei nostri pensieri, delle nostre parole, opere e omissioni.
Ai giorni d'oggi si pensa molto poco all'eternità e si trascura la salutare meditazione sui "Novissimi", ovvero sulle realtà ultime che ci attendono alla fine della nostra vita: morte, Giudizio, inferno e Paradiso. Non si pensa a questo preferendo dormire tranquilli, mettendo a tacere la nostra coscienza. Un Santo diceva: penso all'inferno per non andarci dopo morte. Pensiamo anche noi a queste ultime realtà, le uniche veramente certe nella nostra vita.
A Fatima, la Madonna fece vedere l'inferno a tre piccoli bambini, invitandoli a pregare e a offrire sacrifici affinché i peccatori si convertano e tornino nell'amicizia con Dio. Di fronte ad un appello così accorato rivolto non solo ai tre bambini, ma a tutti i cristiani di buona volontà, non possiamo rimanere indifferenti. Preghiamo e offriamo sacrifici anche noi e così eserciteremo la più grande carità fraterna.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 12 ottobre 2014)

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