BastaBugie n�395 del 01 aprile 2015

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1 QUELLO CHE NON CI DICONO SULL'AEREO PRECIPITATO IN FRANCIA
Fuori dalla cabina l'Europa ha chiuso Dio (e ora precipitiamo)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
2 UN EDITORIALISTA DI AVVENIRE SOSTIENE CHE L'IDEOLOGIA GENDER NON ESISTE
Eppure due settimane fa a Napoli il Papa l'ha definita uno sbaglio della mente umana e il cardinal Bagnasco si è appellato ai genitori perché reagiscano contro di essa
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 CARA ANGELINA JOLIE, ASCOLTA ME, CHE IL CANCRO CE L'HO DAVVERO
E' stata una fesseria farti togliere seno e ovaie solo per una percentuale di rischio... Rifletti: tu non hai il tumore, non sei malata (io invece sì... ed è l'amore di Cristo che mi dà forza)
Autore: Erica Bassi - Fonte: Aleteia
4 LA STORIA RACCONTATA BENE E' APOLOGETICA
Del resto il progresso della nostra civiltà è merito del cristianesimo (che vince sull'islam)
Autore: Marco Respinti - Fonte: Il Timone
5 LA SETTIMANA SANTA NON PUO' ESSERE SOLTANTO UNA PARENTESI SACRA
Sull'esempio di Cristo, disponiamoci ad accogliere la volontà di Dio anche se appare in contrasto con i nostri desideri
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 UTERI AFFITTATI, RITORNO ALLA SCHIAVITU'
Come possiamo manifestare contro la violenza sulle donne e non alzare un sopracciglio contro questa violenza suprema?
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
7 ECCO FINALMENTE LA SENTENZA DEFINITIVA CHE STRONCA LA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA
L'Obamacare voleva imporre ai datori di lavoro la copertura assicurativa per i propri dipendenti anche alle pratiche di sterilizzazione ed agli anticoncezionali, abortivi compresi
Fonte: No Cristianofobia
8 ELEZIONI IN FRANCIA: IL FRONTE NAZIONALE DI LE PEN E' IL PRIMO PARTITO, MA NESSUNO LO DICE
Giornali e televisioni parlano della vittoria di Sarkozy, ma dimenticano che rispetto all'ex presidente il Fronte Nazionale ha preso un milione di voti in più (se non si è aggiudicato nessun dipartimento è solo a causa della legge elettorale)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA PER IL GIOVEDI' SANTO - ANNO B (Gv 13,1-15)
Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso
10 OMELIE PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO B
Veglia Pasquale e Messa del giorno
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso

1 - QUELLO CHE NON CI DICONO SULL'AEREO PRECIPITATO IN FRANCIA
Fuori dalla cabina l'Europa ha chiuso Dio (e ora precipitiamo)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 29/03/2015

Le cronache sulla tragedia dell'aereo precipitato in Alta Provenza descrivono tutto nel dettaglio, ma ne manca sempre uno. Essenziale.
Anche nei giorni del dolore di tante famiglie, nell'elaborazione del lutto, quando si cerca di arginare l'oceano di lacrime che sale dal cuore con la rabbia, manca dalle cronache la sola presenza capace di illuminare la notte oscura del male e della morte: Dio.
E' stato notato che i giornali parlano di soccorritori, volontari e psicologi, ma mai della presenza di sacerdoti...
Forse nella Francia della "laicité", la Francia che legifera contro i segni religiosi negli spazi pubblici, Dio continua ad essere come il Pilota che è stato chiuso fuori dalla cabina: fuori dalla scena pubblica, fuori dalla storia.
Del resto è stato proprio un poeta francese come Jacques Prévert a cantarlo: "Padre nostro che sei nei Cieli/ Restaci./ E noi resteremo sulla terra".
Totalmente diverso il comportamento degli americani dopo l'11 settembre 2001 e dopo altre tragedie simili.
Oltreoceano il dolore della comunità assume subito un orizzonte religioso, si esprime con la preghiera, con segni e riti che rimandano alla grande speranza che vince il male e la morte.
Negli Stati Uniti la religione cristiana esprime la forza morale che illumina la vita comune, la democrazia e la libertà personale (non a caso è consuetudine che il giuramento del presidente venga fatto sulla Bibbia).
E' stato detto, banalmente, che questa dell'Alta Provenza è la prima tragedia aerea europea: volo partito dalla Spagna, diretto in Germania, precipitato in Francia con passeggeri di tutte le nazionalità.
Ma è una tragedia europea anche perché mostra lo smarrimento spirituale della nostra Europa, incapace di dare un nome al mistero del Male e di accogliere la testimonianza di un Bene più forte della morte.

NEUROPA
In fin dei conti potremmo dire che questa tragedia assume un valore simbolico. Perché l'oscura follia individuale del copilota, che ha causato la strage, evoca le nostre follie collettive e i loro fiumi di sangue.
E' un po' la metafora del Novecento europeo, il tempo delle ideologie, dei totalitarismi e delle due guerre mondiali.
Forse qualcuno troverà eccessivo o arbitrario questo parallelo. Ma l'immagine di un uomo solo, perso nei meandri della sua mente, che impedisce al vero pilota di rientrare nella cabina, e – suicidandosi – porta a schiantarsi sulla roccia tutta un'umanità, fotografa in modo impressionante il Novecento europeo.
Somiglia al secolo in cui si è preteso di espellere Dio dalla cabina della storia e l'uomo, solo, nel suo delirio di onnipotenza, nel suo superomismo che ha partorito tiranni sanguinari, ha prodotto l'inferno sulla terra.
E oggi? Oggi che apparentemente quelle ideologie e quei totalitarismi, in Europa, sono stati spazzati via? Siamo sicuri che i loro veleni non circolino ancora nelle nostre vene?
Siamo certi che la laica tecnocrazia europea, così politically correct, nichilista e accanita gendarme dei parametri economici, non ci stia portando in picchiata contro la montagna?
Oggi che continuiamo a tenere il Pilota fuori dalla cabina della vita sociale e della storia, stiamo andando verso un mondo più umano? Siamo sicuri che stavolta l'espulsione di Dio ci sta facendo volare nei cieli della felicità e della libertà?
La potenza tecnologica e scientifica di cui disponiamo, mirabile come il jet della Lufthansa, appare guidata da un'ideologia tecnocratica faustiana che è incapace di distinguere il bene dal male e addirittura rifiuta di porsi il problema del Bene e del Male. Infine rifiuta i "limiti" che si devono imporre al "copilota", cioè all'uomo.
Crediamo che così ci arridano davvero le magnifiche sorti e progressive? Molti segni dicono l'esatto contrario.

IN PICCHIATA
Non c'è solo la perdurante crisi economica che sembra condannare l'Europa a un declino che porterà povertà e crisi sociali devastanti, mentre veniamo "comprati" dall'imperialismo economico di giganti totalitari come la Cina o dalla finanza petrolifera islamica.
Ma c'è di più: c'è la sistematica guerra contro la vita e contro la famiglia, il vertiginoso restringimento delle libertà personali e dei diritti dei popoli, il disprezzo verso ogni riferimento morale e spirituale, l'incapacità totale di far fronte alla pesantissima minaccia islamista, se non con il dileggio satirico delle religioni e delle cose sacre.
C'è il declino demografico, l'immigrazione massiccia, il nichilismo dilagante che rende un deserto la vita spirituale delle giovani generazioni.
Sono solo alcuni dei segnali di allarme che ci dicono: attenzione, l' "aereo Europa" perde vertiginosamente quota e sta andando in picchiata contro una montagna. Poi come sempre l'Europa trascina con sé il mondo.

LO SCHIANTO ?
Un grande filosofo francese contemporaneo, René Girard, in un suo libro recente, analizzando proprio questi segni, scriveva: "l'impressione è che l'intera umanità si stia recando a una sorta di appuntamento planetario con la propria violenza".
Girard, grande convertito, ritiene che la sorte della civiltà si giochi nel prendere posizione di fronte a Gesù Cristo, colui che ha tagliato in due la storia umana e che pone ogni epoca davanti al bivio: o lui o la violenza distruttrice del Male.
Del resto è quello che la Chiesa ha provato a ripetere per tutta la modernità. Scrisse il grande John Henri Newman: "L'eccesso dell'iniquità è l'indizio di una morte prossima. Se si rimuovesse dal mondo la Chiesa, il mondo giungerebbe in breve tempo alla sua fine".
Anche Benedetto XVI, che nei nostri anni è la voce del "Pilota divino" rifiutato dal mondo, nell'enciclica sulla speranza ha messo a tema "la fine perversa di tutte le cose" come conseguenza della cancellazione definitiva del cristianesimo.
Lo ha fatto con una citazione di Kant molto eloquente: "Se il cristianesimo un giorno dovesse arrivare a non essere più degno di amore (...) allora il pensiero dominante degli uomini dovrebbe diventare quello di un rifiuto e di un'opposizione contro di esso; e l'anticristo (...) inaugurerebbe il suo, pur breve, regime (fondato presumibilmente sulla paura e sull'egoismo). In seguito, però, poiché il cristianesimo, pur essendo stato destinato ad essere la religione universale, di fatto non sarebbe stato aiutato dal destino a diventarlo, potrebbe verificarsi, sotto l'aspetto morale, la fine (perversa) di tutte le cose".
E' un pensiero drammatico, quasi apocalittico. Ma c'è una controprova? Sì e ce la fornisce la storia.

CONTROPROVA
Infatti l'Europa, che era il continente più piccolo e svantaggiato, messo al tappeto dalle invasioni barbariche, ha potuto letteralmente conquistare tutto il pianeta alla sua civiltà proprio grazie all'energia intellettuale e morale che si è sprigionata dai secoli cristiani, che non sono solo quelli del Medioevo, ma anche quelli dell'umanesimo, del Rinascimento e dell'epoca barocca post-tridentina.
Proprio in questi giorni rileggevo due pensieri di un grande sociologo e storico delle religioni, Rodney Stark (non cattolico) che parlando ai moderni europei li ammoniva così: se il cristianesimo non avesse fatto irruzione nella storia "la maggior parte di voi non avrebbe imparato a leggere e gli altri leggerebbero papiri scritti a mano".
E ancora:
"Senza una teologia affidata alla ragione, al progresso, all'uguaglianza morale, il mondo intero sarebbe oggi più o meno dove le società non europee erano, diciamo, nell'800: un mondo pieno di astrologi e alchimisti ma non di scienziati. Un mondo di despoti, senza università, banche, fabbriche, occhiali, camini e pianoforti. Un mondo dove la maggior parte dei bambini non raggiunge i 5 anni di vita e molte donne muoiono dando alla luce un figlio. Un mondo che vive veramente in 'secoli bui' ".
L'uomo contemporaneo, credente o no, deve tutto al cristianesimo. Eppure lo disprezza e volendo escludere la fede, rischia di perdere la ragione. E di suicidarsi.

Nota di BastaBugie: Patty Santarossa ha scritto: «Ieri, la TPNN (Tea Party News Network), pubblica una ''breaking news'', dove si apprende che Lubitz nei mesi di addestramento al volo della Lufthansa a Brema, avesse frequentato la vicina moschea Mesjid-ul-Fuqran con successiva conversione all'Islam. Una moschea molto frequentata e di grande influenza nella comunita' (ricordiamo la Fondazione Al Furqan di cui parlavo pochi giorni fa), che e' stata oggetto di ispezioni da parte della polizia nel Dicembre del 2014, per indagini sulla partenza di giovani appartenenti alla moschea verso la Siria per combattere la jihad. La TPNN inoltre, parla di una fidanzata musulmana, che Lubitz avrebbe lasciato di recente. Il giornale tedesco BILT, identifica la fidanzata come Mary W, alla quale Lubitz avrebbe rivelato che ''un giorno avrebbe compiuto un gesto molto importante e che il suo nome sarebbe stato conosciuto in tutto il mondo''. Il noto blog tedesco di Michael Mannheimer, aggiunge un'osservazione in merito alla rotta del volo della Germanwings: il luogo della tragedia si trova a pochi minuti dalle centrali nucleari francesi di de Cruas e de Saint-Alban, ipotizzando la possibilità, da parte del co-pilota, di un tentativo di colpirle».

Fonte: Libero, 29/03/2015

2 - UN EDITORIALISTA DI AVVENIRE SOSTIENE CHE L'IDEOLOGIA GENDER NON ESISTE
Eppure due settimane fa a Napoli il Papa l'ha definita uno sbaglio della mente umana e il cardinal Bagnasco si è appellato ai genitori perché reagiscano contro di essa
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2015

Da un paio d'anni a questa parte, lo sappiamo, moltissimi genitori hanno avuto un brutto risveglio. Hanno scoperto che, a scuola, i loro figli vengono sottoposti a programmi che diffondono l'ideologia di genere; ovviamente senza il loro consenso (informato ma anche no). Con il pretesto di insegnare il rispetto e combattere il bullismo e le discriminazione, ai bambini viene insegnato che il mondo maschile e femminile sono solo una convenzione, per di più cattiva e pericolosa.
La reazione (tardiva, a mio parere) è stata comunque capillare e pugnace. Un buon segno, da un lato; significa che, a differenza di ciò che accade in altri paesi europei, gli italiani ai loro figli ci tengono. Un cattivo segno, dall'altro; perché la scuola è la linea del Piave, e se un concetto viene insegnato a scuola diventa, in pochi anni, patrimonio di tutto il Paese.
Questa reazione non avrebbe potuto passare inosservata e, soprattutto, indisturbata. Come era probabile, in queste ultime settimane sono arrivate diverse prese di posizione contro le reazioni all'ideologia di genere. Queste prese di posizione ruotano intorno a due affermazioni che ricorrono frequentemente.

1. «L'IDEOLOGIA DI GENERE NON ESISTE»
Il dottor Alberto Pellai, editorialista di Avvenire, ha scritto un post sul suo blog chiedendo di mobilitarsi contro «l'ideologia di chi è contro l'ideologia del gender», definita «pericolosa e dannosa». Il dottor Pellai racconta che da alcuni mesi, al termine delle sue numerose conferenze, «il dibattito è quasi sempre monopolizzato da persone che appartengono ai movimenti che si oppongono alla diffusione dell'ideologia gender nelle scuole e che lanciano forti allarmi chiedendo ai genitori presenti di fare molta attenzione perché nelle scuole italiane i nostri figli vengono avvicinati da programmi fortemente diseducativi che diffondono l'ideologia gender e che inducono l'omosessualità». L'allarme, scrive Pellai, è isterico e ingiustificato, perché l'ideologia di genere non esiste: «Io non conosco l'ideologia del gender e personalmente come padre di quattro figli io non l'ho mai incontrata sulla mia strada». Risposta che ricorda quella di Jurij Gagarin, astronauta sovietico, il quale disse che Dio non esiste perché nello spazio non l'aveva incontrato.
L'ideologia di genere non esiste, lo dice anche l'Associazione Italiana di Psicologia: «L'AIP ritiene opportuno intervenire per rasserenare il dibattito nazionale sui temi della diffusione degli studi di genere e orientamento sessuale nelle scuole italiane e per chiarire l'inconsistenza scientifica del concetto di «ideologia del gender». Italiani, state sereni: il concetto di "ideologia di genere" non ha consistenza scientifica, lo dice l'Associazione Italiana di Psicologia. «Esistono, al contrario, studi scientifici di genere, meglio noti come Gender Studies che, insieme ai Gay and Lesbian Studies, hanno contribuito in modo significativo alla conoscenza di tematiche di grande rilievo per molti campi disciplinari (dalla medicina alla psicologia, all'economia, alla giurisprudenza, alle scienze sociali)». I Gender Studies sì, che hanno consistenza scientifica: incomprensibili elucubrazioni di donne con evidenti difficoltà nei confronti del genere femminile (Butler, Fireston, Wittig, Rubin...), che hanno pensato bene di risolvere questi loro problemi personali dichiarando che il mondo si è sbagliato per millenni, e che i generi sessuali vanno semplicemente aboliti perché provocano loro disagio (Fedro ha mirabilmente dipinto questo atteggiamento nella favola La volpe e l'uva).
L'ideologia di genere non esiste, lo dice anche la rivista Wired: è solo «un'espressione usata dai cattolici (più conservatori) e dalla destra più reazionaria per gridare "al lupo al lupo" e creare consenso intorno a posizioni sessiste e omofobe». Chiaro, no? L'ideologia di genere è uno spauracchio e, probabilmente, Judith Butler è uno pseudonimo del cardinale Bagnasco.

2. «GLI STEREOTIPI DI GENERE SONO DANNOSI»
Se per il dottor Pellai non esiste l'ideologia di genere, esistono invece gli «stereotipi di genere», ossia «quei condizionamenti educativi per cui alle nostre figlie viene insegnato che per avere successo come femmine conviene mostrarsi "ammiccanti, disponibili, magari anche molto sexy" e ai nostri figli maschi viene invece insegnato che mostrarsi machi, insensibili e potenti è il miglior modo per appropriarsi della loro identità di genere». Per aiutare i bambini a liberarsi dagli stereotipi di genere che li affliggono, il dottor Pellai ha scritto un libro destinato alle scuole.
Il libro del dottor Pellai non è l'unico strumento che le scuole hanno per combattere gli stereotipi di genere; esistono anche dei programmi appositi, ad esempio «Non sono una principessa. Educare al genere attraverso la lettura». Nella presentazione di questo programma si chiarisce che le «immagini stereotipate sono mutilanti per le bambine ma anche per i maschietti. La simmetria vuole, infatti, che se i maschi sono attivi e coraggiosi, le femmine non possono che essere passive e timide. Se le bambine sono affettuose e sensibili, ai maschi non rimane che essere violenti».
In sostanza, vediamo i ruoli di genere ridotti a ridicole macchiette: la femminilità consiste nel «mostrarsi ammiccanti, disponibili, magari anche molto sexy»; la virilità nel «mostrarsi machi, insensibili» e nell'essere violenti (del resto, «ai maschi non rimane altro che»). È il famosissimo artificio retorico detto "dell'uomo di paglia" o dello "spaventapasseri": consiste nel rappresentare in modo caricaturale le argomentazioni dell'avversario in modo da confutarle facilmente. Le specificità femminili e maschili vengono ridotte a odiose caricature (gli uomini machi violenti, le donne ammiccanti e disponibili) che nessuno potrebbe condividere.
A questo punto non resta che condurre una battaglia di civiltà, e combattere questi dannosi e ridicoli stereotipi a partire dalla scuola, con opportuni programmi educativi; magari senza avvisare i genitori, perché sono loro a perpetuare quei malefici «condizionamenti educativi».
Va da sé che: separare la parte biologica della sessualità da quella psicologica, sociale e relazionale; definire quest'ultima come mero condizionamento culturale ed educativo; rappresentarla in modo grottesco e caricaturale al fine di eliminarla dalla società; inserire nelle scuole (senza il consenso dei genitori) programmi che abbiano questo fine, tutto questo è, precisamente quello che viene chiamato "ideologia di genere" (che, quindi, esiste eccome).
Opporsi all'ideologia di genere non significa sostenere che i maschi debbono essere violenti e le femmine sessualmente disponibili. Significa rifarsi ad una antropologia leggermente più ricca, che fa riferimento – ad esempio – a questi testi:
- GIOVANNI PAOLO II, Lettera alle donne, 29 giugno 1995,
- SEGRETERIA DI STATO, Dichiarazione riguardante l'interpretazione del termine «genere», 15 settembre 1995,
- PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Famiglia, Matrimonio e «unione di fatto», 26 luglio 2000,
- CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 31 maggio 2004,
- BENEDETTO XVI, Discorso del santo padre Benedetto XVI alla curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 22 dicembre 2008,
- PONTIFICIO CONSIGLIO PER LA FAMIGLIA, Lexicon. Termini ambigui e discussi su famiglia vita e questioni etiche, Edizioni Dehoniane Bologna, Bologna 2003, 2006,
- BENEDETTO XVI, Discorso del santo padre Benedetto XVI alla curia romana in occasione della presentazione degli auguri natalizi, 21 dicembre 2012,
- Lettera Episcopato Polacco.

Nota di BastaBugie: dopo che il Papa, a Napoli, domenica 22 marzo 2015 ha definito la teoria del gender uno "sbaglio della mente umana", il Cardinale Bagnasco, nella sua recente Prolusione del 23 marzo si è appellato ai genitori:
GENITORI, VOLETE QUESTO PER I VOSTRI FIGLI?
L'attenzione al mondo della cultura e della scuola – compresa la formazione professionale – è promettente: è in gioco la libertà di educazione dei genitori per i loro figli. Non è una cortesia concessa a qualcuno, ma è un diritto dei genitori: diritto fondamentale che – unico caso in Europa – in Italia è stato affermato a parole, ma negato nei fatti da troppo tempo. A proposito di cultura, non possiamo non dar voce anche alla preoccupazione di moltissimi genitori, e non solo, per la dilagante colonizzazione da parte della cosiddetta teoria del "gender", "sbaglio della mente umana", come ha detto il Papa a Napoli sabato scorso.
Il gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità, autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione... ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell'umano per edificare un "transumano" in cui l'uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità. La categoria "Queer Theory", nata negli Stati Uniti, combatte contro il normale, il legittimo, e ingloba tutte le soggettività fluide: non si riferisce a nulla in particolare, si presenta paradossalmente come "un'identità senza essenza".
Sembra di parlare di cose astratte e lontane, mentre invece sono vicinissime e concrete: costruire delle persone fluide che pretendano che ogni loro desiderio si trasformi in bisogno, e quindi diventi diritto. Individui fluidi per una società fluida e debole. Una manipolazione da laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella "governance mondiale" che va oltre i governi eletti, e che spesso rimanda ad Organizzazioni non governative che, come tali, non esprimono nessuna volontà popolare!
Vogliamo questo per i nostri bambini, ragazzi, giovani? Genitori che ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin dall'infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri Paesi d'Europa? Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo. È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori, che noi Pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini.

(card. Bagnasco, Prolusione, 23 marzo 2015)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/03/2015

3 - CARA ANGELINA JOLIE, ASCOLTA ME, CHE IL CANCRO CE L'HO DAVVERO
E' stata una fesseria farti togliere seno e ovaie solo per una percentuale di rischio... Rifletti: tu non hai il tumore, non sei malata (io invece sì... ed è l'amore di Cristo che mi dà forza)
Autore: Erica Bassi - Fonte: Aleteia, 27/03/2015

"Knowledge is power": così l'altro giorno Angelina Jolie ha concluso la sua intervista in cui raccontava le motivazioni che l'hanno spinta a farsi operare per ben due volte, una prima volta per una mastectomia bilaterale totale, la seconda volta per farsi rimuovere le ovaie: tutto questo per una percentuale di rischio di contrarre il tumore che le era stata data dai medici tempo fa.

CARA ANGELINA, NON HAI IL CANCRO, NON SEI MALATA
Mi chiamo Erica, ho 40 anni, sono sposata con Davide, ho tre bambini sotto gli otto anni e, circa un anno fa, ho scoperto di avere il cancro.
Cara Angelina, sei sposata, hai sei figli e non hai il cancro, non sei malata. Ti sei resa malata per paura, per mancanza di fiducia; forse ti sei resa malata perché credi di dover bastare a te stessa e ancora non hai scoperto che non sei padrona della tua vita. Pensi: "In questo modo i miei figli non diranno che la loro mamma è morta per un cancro al seno o alle ovaie": bene, è vero. Ma fattene una ragione, non puoi pensare di controllare e prevenire ogni evento. E, scusa se mi permetto di ricordartelo, ma quando nasciamo abbiamo una sola certezza: ci sarà un giorno in cui moriremo. Puoi pensare di vivere tutta la vita sotto controllo, in una campana di vetro come la rosa del Piccolo Principe, con la paura del vento, degli insetti, del sole e della pioggia. Magari arrivando – paradosso dei paradossi! - a mutilare il tuo corpo (con tutto quello che ne consegue) proprio per paura di quella malattia che ti mutilerebbe.
Oppure. Sì, perché c'è un'alternativa. Che è – secondo me – quella di vivere qui ed ora, al meglio delle tue capacità e possibilità, con le persone che sono nella tua vita, nel modo più "incarnato" possibile e nella consapevolezza che non possiamo controllare ogni cosa. E che c'è chi pensa a noi.
Noi siamo di Dio, e sapere che siamo suoi e che Lui ci ama è il nostro potere. Sapere che farà sempre il meglio per noi e che non lascerà che si perda neanche un capello del nostro capo.

DENTRO A CRISTO, ACCOCCOLATA NEL SUO CUORE
Trovo offensive le tue parole nei confronti miei e di tutte le persone che convivono e combattono con il tumore; e provo pena per te che vivi nel terrore di morire e così non godi della vita e per le persone che sono intorno a te. Certo, nella malattia la tentazione di lasciarsi prendere dalla paura è grande; nel mio caso ogni tanto arriva la paura perché ho tre bambini piccoli; paura di essere dimenticata da loro; paura di non vederli crescere; mi fa star male vedere la loro paura e sentire Chiara che dice: "Com'era bello quand'eravamo piccoli e avevamo la nostra vita normale e la mamma non era malata". Chiara ha solo sei anni, è ancora piccola, non dovrebbe vivere questo. Ogni tanto mi assale la paura di lasciare solo Davide, e di non invecchiare con lui.
Il giorno che ho saputo del tumore avevo così tanta paura che non riuscivo neanche a stare in piedi e camminare. Quel giorno ho provato a pregare e non riuscivo a ricordare neanche le parole dell'Ave Maria; allora mi sono aggrappata, letteralmente, al crocefisso del mio rosario e ho detto al Signore: "Vieni tu ad abitare la mia paura e trasformala, perché da sola non posso farcela". E pian piano, aggrappata a Lui, ho scoperto che la paura si è smorzata, si è trasformata in consapevolezza della fatica, a volte in stanchezza, ogni tanto in preoccupazione, ma il miracolo è stato che ho cominciato a vedere anche altro e oltre; siamo i destinatari di una Provvidenza travolgente, il Signore ci accarezza e ci accompagna!
Per Cristo, con Cristo ed in Cristo: è questa la conoscenza che mi dà il potere; potere di imparare, un passo dietro l'altro anche io che sono zuccona ed ho bisogno delle lezioni di recupero! - che posso vivere ogni cosa, anche la mia malattia, per Cristo, offrendogli la mia povertà e la mia fatica, insieme a Cristo che ha vissuto la sofferenza prima di me e mi cammina vicino, e dentro a Cristo, accoccolata nel suo cuore, tra le sue braccia, accolta come un bimbo in braccio a sua madre.
Cara Angelina, ti auguro di scoprire che non è la conoscenza delle percentuali di rischio che ti rende potente, ma è la scoperta di un Amore più grande e la fiducia in quell'unico Amore che ti rende davvero invincibile.

Fonte: Aleteia, 27/03/2015

4 - LA STORIA RACCONTATA BENE E' APOLOGETICA
Del resto il progresso della nostra civiltà è merito del cristianesimo (che vince sull'islam)
Autore: Marco Respinti - Fonte: Il Timone, febbraio 2015

La vittoria dell'Occidente. La negletta storia del trionfo della modernità di Rodney Stark - docente di Scienze sociali nella Baylor University di Waco, in Texas - non spiega, non dimostra, ma semplicemente racconta che il cristianesimo è stato il motore primo del progresso materiale occidentale, dalla meccanica al capitalismo. Vien da sé (cioè emerge naturalmente dal racconto) che la maggior parte del cristianesimo civilizzatore sia cattolico: sia perché in Europa occidentale tutto il cristianesimo è stato cattolico per 15 secoli, tre volte il tempo della Cristianità divisa (le eresie, da questo punto di vista, sono state eccezioni di poco conto); sia perché in Europa i cristiani più civilizzatori sono stati i cattolici anche dopo la fine dell'unità religiosa. Fare bene il mestiere dello storico è insomma apologetico, perché raccontare i fatti senza censure e reticenze, lasciando emergere i criteri ermeneutici dalle scelte dei protagonisti e dalle dinamiche delle civiltà, vuol dire difendere la verità delle cose; una verità al cui fondo c'è sempre, immancabilmente, il Dio trinitario del cristianesimo.

LA PRIMA GLOBALIZZAZIONE
Delle molte, puntuali considerazioni svolte da Stark - che non è cattolico - quelle più ricche riguardano il Medioevo. Per nulla stagnante e monolitico, è stato il lungo corso di avanzamenti multiformi e imprescindibili per lo sviluppo dell'Occidente. È a quella stagione umana che si debbono mille invenzioni, dall'arte figurativa al sapone, dagli orologi a quella rappresentanza politica che è il vero antidoto alla tirannide diffusa pressoché ovunque nel mondo non cristiano sino all'alba dell'evo moderno (e nel mondo postcristiano anche oltre). E persino di cose come gli occhiali da vista, da cui, attraverso ingegnosi perfezionamenti successivi, sono derivati il telescopio, il microscopio e il periscopio che hanno consentito alle scienze empiriche salti di qualità unici. Persino con la micidiale polvere da sparo (di per sé inventata dai cinesi), l'Europa cristiana ha saputo fare cose di straordinaria utilità nelle miniere da scavare, sui monti da frantumare e nelle acque dei fiumi da deviare per migliorare la vita di società intere. Decisivo fu quanto accadde nel comparto agricolo. L'introduzione di strumenti nuovi e la scoperta delle virtù della semina a rotazione, le strategie d'irrigazione e l'invenzione (in ambito monastico) delle marcite, portarono allo sfruttamento più intensivo del suolo, ma anche a una più congrua razionalizzazione delle risorse. Ciò mise in moto una vera e propria catena industriale che migliorò la produzione e incrementò la qualità del cibo, impattando significativamente sugli assetti sociali giacché comportò la riduzione dei danni prodotti dallo malattie, il conseguente irrobustimento fisico generale sfociato anche nell'allungamento della vita media delle persone e dunque l'aumento sia della quantità sia dell'efficacia del lavoro svolto. Il progresso fu rapido e profondo. Permise che la gente - più gente - si arricchisse lecitamente con i frutti del proprio sudore; rese possibili i viaggi, a raggio più vasto e per periodi più lunghi; e questo beneficiò su scala enorme gli scambi sia mercantili sia culturali. Gli scambi mercantili si tradussero in una nuova economia di ampio respiro, fatta di investimenti e di risparmio, che al centro poneva il benessere della persona e il profitto, l'interesse e lo sviluppo; mentre gli scambi culturali comportarono il confronto, l'integrazione e la vicendevole mutuazione delle forme del pensiero, e dunque ulteriore sviluppo. L'Europa s'integrò così, condividendo merci e saperi, radici e frutti, per quella che è stata la prima grande globalizzazione, ma cristiana, della storia.

L'EUROPA SUPERIORE ALL'ISLAM
Del resto, i cristiani meglio nutriti risultarono essere da subito anche soldati migliori. Quegli uomini aitanti nel fisico e forti nello spirito sconfissero clamorosamente i musulmani, più arretrati, a Poitiers nel 732, salvando l'Europa intera fino a oggi. Certo, il confronto armato tra cristianesimo e islam sarebbe stato ancora assai lungo, dalle Spagne alle Mura di Vienna, ma fu la primigenia superiorità tecnica della cavalleria franca a rimettere sanamente tutto in gioco. Peraltro, se nel lungo confronto successivo l'islam non è mai riuscito a prevalere, nonostante temporanei successi anche importanti, lo si deve al fatto che tutto nel cristianesimo, dalle arti militari alla cultura, è stato superiore: le cavallerie da guerra e i navigli da combattimento l'islam li copiò dai bizantini (e in alcuni casi furono opera proprio di cristiani, rinnegati e passati al soldo dei califfi); e le sin troppo sbandierate innovazioni musulmane in filosofia, astronomia e matematica portarono praticamente sempre la firma di cristiani obbligati a celarsi sotto nomi arabi.
L'Europa cristiana fu persino capace di socializzare la carità spirituale attraverso un'invenzione di per sé antichissima qual era la ruota ad acqua. I romani già la conoscevano, ma la usarono poco giacché disponevano di schiavi in quantità. Quando invece l'interiorizzazione della fede cristiana impedì di soggiogare in catene altre creature a immagine e somiglianza di Dio, il fabbisogno di energia si rivolse altrove, appunto al mulino ad acqua o a trazione animale, consegnando la schiavitù all'inesorabile estinzione. Parla saggiamente Stark quando, a questo punto, scrive che sarebbe allora «più corretto parlare di cristianità, più che di Europa».

IL RISCALDAMENTO AUTONOMO MIGLIORA LA MORALITÀ
Un altro esempio di superiorità cristiano-europea spicca per semplicità e genio. Avvenne per effetto della cosiddetta Piccola Glaciazione (l'innalzamento della temperatura media europea dal secolo XIV), quando, per sopravvivere, l'uomo inventò «pannelli di vetro alle finestre, porte a prova di maltempo, sci, pattini da ghiaccio, occhiali da sole (usati inizialmente per prevenire la cecità dovuta ai riflessi sulla neve), liquori distillati, pantaloni, tessuti a maglia, bottoni e canne fumarie». I camini, appunto. Perché «la canna fumaria fece molto di più che mantenere le stanze ben riscaldate e senza fumo, per quanto importanti fossero questi sviluppi. In realtà, cambiò radicalmente il modo in cui la gente organizzava la propria casa e viveva la propria vita». Comparve verso il secolo XII e dapprima fu adottata solo dai ricchi. Certi storici ipotizzano «che le abitazioni delle classi popolari abbiano continuato a essere prive di canna fumaria fin quasi all'epoca moderna. Avrebbero dovuto consultare gli storici dell'arte: molti dipinti dell'inizio del XV secolo mostrano canne fumarie nella maggior parte degli edifici in aree rurali così come nelle case di città più modeste. Poiché le canne fumarie funzionano meglio in stanze relativamente piccole, ben presto le grandi sale vennero abbandonate o usate soltanto in estate. Gli edifici medievali vennero così suddivisi in piccole stanze, ciascuna con il proprio camino e la relativa canna fumaria. Grazie a tante piccole stanze, si ebbe un grado di privacy prima sconosciuto e con la privacy un nuovo senso del pudore».
Sì, avvenne tutto nel Medioevo, periodo in cui «furono evidenti anche i passi di quella che divenne la Rivoluzione Industriale. Già da molto tempo l'Europa era più avanti del resto del mondo in fatto di tecnologia, ma alla fine del XVI secolo il divario era ormai abissale».
E come fu possibile un progresso simile, partendo praticamente da zero? Fu possibile perché l'Europa cattolica premoderna era il tempo della discussione vera e del dibattito sincero; le idee circolavano abbondantemente permettendo quell'onesto confronto che genera lo sviluppo. Altro che "secoli bui". Anche sul piano politico, i lunghi e frequenti periodi di frazionamento istituzionale furono preziosi, garantendo quella sana concorrenza che ha evitato monopoli e paralisi. Tutto grazie alla peculiare forma religiosa, sia privata sia pubblica, di cui l'Europa fu la casa comune: il cattolicesimo, fonte delle libertà.

Fonte: Il Timone, febbraio 2015

5 - LA SETTIMANA SANTA NON PUO' ESSERE SOLTANTO UNA PARENTESI SACRA
Sull'esempio di Cristo, disponiamoci ad accogliere la volontà di Dio anche se appare in contrasto con i nostri desideri
Autore: Don Stefano Bimbi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/03/2015

La Settimana Santa inizia con la Domenica delle Palme e finisce con il Sabato Santo alle soglie della Pasqua di Risurrezione.
Il Figlio di Dio, dopo essersi fatto uomo in obbedienza al Padre, ha accettato di compiere fino in fondo la sua volontà, affrontando per amore nostro la passione e la croce, per farci partecipi della sua risurrezione. È bene capire che Gesù ha scelto liberamente di vivere la passione, non è stato costretto dalle guardie che l'hanno arrestato o dai tribunali umani che l'hanno condannato. Più volte nel Vangelo si legge che la folla voleva uccidere Gesù perché pur essendo uomo, si proclamava Dio. Una volta volevano buttarlo giù dal precipizio, un'altra volevano lapidarlo e per questo avevano raccolto le pietre, ma in tutti questi casi Gesù si dileguava e non riuscivano ad ucciderlo. È quindi per una sua precisa volontà che è stato crocifisso quando è venuta l'Ora che aveva più volte annunciato. Questo ci permette di capire che Gesù è morto in croce per i nostri peccati, non perché è stato costretto dagli eventi. Ciascuno di noi vivendo la Settimana Santa può quindi dire: "Gesù è morto per i miei peccati, per salvarmi dalla morte e quindi io devo partecipare con il cuore vedendo il giusto (Gesù) che muore per l'ingiusto (che sono io)!". Ecco perché, in vista di una fruttuosa partecipazione alla Settimana Santa, ogni cristiano è invitato a confessarsi per poter partecipare con maggiore frutto alla Santa Pasqua.

DOMENICA DELLE PALME
Nella Domenica delle Palme si ricorda l'ingresso di Gesù a Gerusalemme quando fu salutato dalla folla festante; ma, a quell'ingresso trionfale, seguì ben presto la condanna e la morte di Gesù. Dall'"osanna" al "crucifige": è questo il mistero del cuore umano. Certamente, in mezzo a quella folla che gridò "crocifiggilo" vi furono molti che poco prima accolsero trionfalmente Gesù e che, forse, furono stati anche miracolati da Lui.
Non si può ascoltare la parola di Cristo per quanto riguarda i nostri rapporti in chiesa, e poi ascoltare i criteri del mondo per quanto riguarda la vita pratica. Gesù e il suo Vangelo devono essere la direttiva costante della nostra vita.

GIOVEDÌ SANTO
Con il Triduo Pasquale, "centro di tutto l'anno liturgico" come recita l'annuncio della Pasqua che si legge nella Santa Messa dell'Epifania, la Chiesa fa memoria del grande mistero della passione, morte e risurrezione di Gesù.
Il Giovedì Santo è il giorno in cui si fa memoria dell'istituzione del sacramento della Comunione e del Sacerdozio ministeriale. In mattinata (o, in alcune città, il mercoledì sera), ciascuna diocesi, radunata nella Chiesa Cattedrale attorno al Vescovo, celebra la Messa crismale, nella quale vengono benedetti il sacro Crisma, l'Olio dei catecumeni e l'Olio degli infermi. Durante la Messa crismale, avviene anche il rinnovo delle promesse sacerdotali. Ogni sacerdote rinnova gli impegni che si è assunto nel giorno dell'Ordinazione. È bene che i fedeli accompagnino i sacerdoti con la preghiera personale.
Nel pomeriggio del Giovedì Santo inizia effettivamente il Triduo pasquale, con la memoria dell'Ultima Cena, nella quale Gesù istituì il Memoriale della sua Pasqua, dando compimento al rito pasquale ebraico. Qui è bene chiarire che la Santa Messa, ogni Santa Messa, non è rivivere l'Ultima Cena. Memoriale non vuol dire semplicemente ricordare, ma attualizzare il sacrificio sulla croce di Gesù. Infatti senza la morte e risurrezione di Nostro Signore, l'ultima cena perderebbe qualunque significato di nuova ed eterna alleanza. Infatti le parole di Gesù che vengono utilizzate nella consacrazione ebbero durante l'Ultima Cena il verbo al futuro, sottintendendo che il pane spezzato e il vino versato erano il corpo spezzato e il sangue versato sulla croce. Noi utilizziamo i verbi al passato per intendere un fatto già compiuto, la passione, morte e risurrezione di Gesù, ma non dobbiamo dimenticare questo importante particolare e cioè che alla Santa Messa noi attualizziamo, cioè rendiamo nuovamente presente, l'unico sacrificio di Cristo: la sua morte in croce e la risurrezione. Tanti cristiani purtroppo dimenticano questo fatto e pensano che la Santa Messa sia un banchetto, una festa, un ritrovo della comunità, ecc. Solo se si comprende che la Santa Messa è invece la partecipazione ad un sacrificio, la si vive appieno in un clima di raccoglimento e di preghiera. Come Maria sotto la croce parteciperemo con il cuore agli eventi drammatici che Cristo vive per noi. Bando quindi a canti sguaiati, battimani e tutto ciò che distrae da un clima di raccoglimento necessario alla preghiera. Di recente anche Papa Francesco ha approvato un documento [vedi https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3401] che vieta sia il "canto della pace", definito un "abuso liturgico" in quanto inesistente nel Rito romano, sia lo scambio della pace dato tra celebrante e fedeli o tra fedeli che si spostino dalla propria panca: questi accorgimenti mirano appunto a mantenere un clima di raccoglimento proprio prima dell'Agnello di Dio. Questo momento, che rischia di essere adombrato appunto dallo scambio della pace, è in realtà uno dei più importanti della Santa Messa perché, nello spezzare il pane, ricorda il corpo di Cristo offerto sulla croce e invita quindi al riconoscimento dei propri peccati (non certo a un festoso scambio di auguri, come talvolta si ottiene durante lo scambio della pace).
Il Giovedì Santo, si chiude infine con l'Adorazione eucaristica, nel ricordo dell'agonia del Signore nell'orto del Getsemani. Nella consapevolezza della sua imminente morte in croce, Egli sente una grande angoscia per la vicinanza della morte.

VENERDÌ SANTO
Durante il Venerdì Santo la Chiesa ricorda la passione, la morte e la sepoltura di Gesù. Contempleremo quindi Cristo Crocifisso, parteciperemo alle sue sofferenze con la penitenza e il digiuno. È bene partecipare non solo alle varie Via Crucis o Processioni di Gesù morto che sono tradizionali nelle vie dei nostri paesi, ma anche alla Celebrazione della Passione che è un rito molto particolare e si svolge in chiesa. Visto che né il Venerdì Santo, né il Sabato Santo si celebrano Messe in nessuna parte del mondo, coloro che stanno facendo la pratica dei primi nove venerdì è bene che sappiano che non è richiesta la partecipazione alla Messa, bensì la sola Comunione. Quindi partecipando alla Celebrazione della Passione, pur non essendo una Messa, si può fare la Comunione e quindi la pratica dei primi venerdì non viene interrotta.

SABATO SANTO
Il Sabato Santo si può, facoltativamente, prolungare il digiuno del venerdì. È un giorno in cui la Chiesa ci invita ad aspettare, assieme alla Madonna, in religioso silenzio, il grande avvenimento della Resurrezione in attesa di poter recitare con gioia nella Veglia pasquale: "O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto".
Concludendo, la Settimana Santa merita davvero di essere vissuta bene. Così potremo riflettere sul criterio che ha guidato ogni scelta di Gesù durante tutta la sua vita: la ferma volontà di amare il Padre. Questa decisione di corrispondere al suo amore lo ha spinto ad abbracciare, in ogni singola circostanza, il progetto del Padre, anche quando questo ha comportato sacrificio e sofferenza.
Nel rivivere la Settimana Santa, disponiamoci ad accogliere anche noi nella nostra vita la volontà di Dio, consapevoli che nella volontà di Dio, anche se appare dura, in contrasto con i nostri desideri, si trova il nostro vero bene, la via della vita.
Come ha scritto san Josemaria Escrivá, "meditare sulla morte di Cristo diventa un invito ad affrontare con assoluta sincerità i nostri impegni quotidiani, un invito a prendere sul serio la fede che professiamo. Per cui la Settimana Santa non può essere soltanto una parentesi sacra nel contesto di una vita guidata da interessi umani: è invece un'occasione per introdurci con maggiore profondità nel mistero dell'Amore di Dio e poterlo poi mostrare agli uomini con la parola e con l'esempio".

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/03/2015

6 - UTERI AFFITTATI, RITORNO ALLA SCHIAVITU'
Come possiamo manifestare contro la violenza sulle donne e non alzare un sopracciglio contro questa violenza suprema?
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 22/03/2015

Quando ho saputo la prima volta di essere incinta ero davvero una squinternata. Ancora più di adesso, dico subito per chi mi conosce bene, e se lo sta chiedendo. Ero ancora più squinternata, e di parecchio. Eppure sapere di avere una vita dentro di me ha cominciato immediatamente – non si vedeva ancora niente, niente era cambiato, apparentemente, ma io sapevo – un cammino di guarigione, un miracolo di allegria, consapevolezza, paura, responsabilità, terrore, coraggio, un cambiamento che io non controllavo in nessun modo, e che mi ha stupita per la sua irruenza. Uno sconvolgimento radicale di ogni cellula, e insieme la certezza inattesa di essere nel mezzo dell'avventura per la quale ero programmata da sempre.
Io, addirittura io, perfino io sono capace di fare questa cosa incredibile? – mi chiedevo incredula. E la responsabilità di cui mi sono sentita investita mi ha in un secondo fatto venire il desiderio di fare tutto il meglio per il mio corpo cioè per il mio bambino o bambina, di mangiare decentemente, di dormire abbastanza – fino ad allora dormire più di quattro ore a notte era contrario ai miei principi morali, una spregevole perdita di tempo – e tutto fatto con slancio ed entusiasmo, tranne rinunciare agli affettati, quello sì che era un sacrificio supremo (ogni volta che ho partorito, arrivata alla fine del travaglio ho supplicato mio marito di andarsene a comprarmi un panino al salame, col doppio risultato di non avere uomini in sala parto e di approntare il dovuto risarcimento della fatica che stavo per fare).

NON CREDEVO DI ESSERE VOTATA ALLA MATERNITÀ, INVECE...
Eppure non ero, non credevo di essere votata alla maternità, non avevo mai creduto nella mistica del sacrificio femminile, tra l'altro ero un'atleta e non ho mai smesso di correre, magari un po' più lenta, fino al giorno del parto. Non avevo aspettato quel momento sin da quando ero bambina, non avevo amato particolarmente le bambole, piuttosto a volte avevo cullato i fagiani o le beccacce morti portati a casa da mio padre, cacciatore, sperando di farli rinvenire, adoravo lo sport e i libri, non sapevo rompere un uovo senza farmelo colare tra le mani e l'unica cosa bella che la gravidanza mi sembrava prospettarmi era la possibilità di passare a una taglia di reggiseno degna di nota (cioè, diciamo la verità, di passare al reggiseno tout court). Questo per dire che non c'è bisogno di essere supermaterne, o molto femminili, o avere una particolare inclinazione all'accudimento di pargoli per sapere che avere un figlio tra le proprie viscere è una cosa che coinvolge e sconvolge ogni singola fibra del corpo di una donna.
Ora, mi chiedo, come possiamo fingere di dimenticare che pagare una donna perché porti una vita dentro di sé per nove mesi, farla partorire, e poi portarle via quel bambino, è una violenza inenarrabile, forse la peggiore che si possa infliggere a una donna? Come possono le istituzioni mondiali sedicenti paladine dei diritti umani non gridare allo scandalo davanti al ritorno alla schiavitù, alla compravendita di esseri umani, e addirittura ammonire l'Italia perché non permette questo commercio di vita? Come possiamo gridare contro lo sfruttamento della prostituzione e non contro l'utero in affitto, quando a essere venduta è solo un'altra parte dello stesso apparato del corpo? Come possiamo manifestare contro la violenza sulle donne, e non alzare un sopracciglio contro questa violenza suprema? Sono libere, ci dicono. Sono libere? Davvero qualcuno può pensare che ci sia una donna che faccia questa cosa liberamente, e non per necessità assoluta disperata di soldi? Come possiamo fingere di credere che una donna, anche se indiana, anche se del terzo quarto ultimo mondo, povera e lontanissima dalla nostra cultura, a cui si chieda di far crescere un bambino dentro di sé per poi lasciarlo andare via nel momento del parto, possa non soffrire in modo devastante, oserei dire letale, e possa accettare di farlo per la simpatia umana e la carità che prova verso due facoltosi sconosciuti? Che possa essere spinta da qualcos'altro che non sia il bisogno? Perché non ne trovano una in Occidente, benestante e realizzata? E le donne povere che si prestano dicono di farlo per garantire possibilità di riscatto ai figli che già hanno, solo questo pensiero permette loro di sopravvivere allo strappo di vedersi portare via un neonato appena partorito.

I MEDIA CI RACCONTANO SOLO UNA PARTE
Possiamo dimenticarlo, certo, o pensarci solo distrattamente, perché i media ci raccontano queste storie dicendo solo la parte, per così dire, bella: vediamo i due genitori, che siano dello stesso sesso o meno, che tengono in braccio un piccolino e gli sorridono commossi. Cosa c'è di più bello di un grande che accoglie un bambino? – è la domanda che sembra suggerirci la copertina del settimanale patinato, il pezzo del tg, la paginata del quotidiano.
A parte la questione dei due genitori dello stesso sesso – ne abbiamo parlato, ne riparleremo – la bestialità è la stessa anche quando i committenti del prodotto bambino sono due genitori dello stesso sesso, che usano i soldi per soddisfare i loro desideri sfruttando il corpo di una donna nel bisogno. È solo una questione di soldi, ricordiamolo. A parte l'aumento della taglia di reggiseno per quelle piatte come me, non c'è niente che una farebbe gratis, in una gravidanza. Tutti i disagi, come minimo un po' di mal di schiena, ritenzione idrica – che pizza – doloretti vari, difficoltà a dormire o a digerire, o proprio il minimo sindacale di un po' di pelle rilassata, una donna li affronta con gioia non perché siano piacevoli in sé, ma solo perché sa che sta dando la vita al suo bambino, sa che sta cooperando a un miracolo, che sta cominciando a spendersi per quell'essere umano a cui sarà legata per l'eternità.
Con quel bambino, anche se l'ovulo e lo spermatozoo sono stati comprati da un catalogo in qualche parte lontana del mondo, la mamma, anche se non ha fornito il suo ovulo, mischia il sangue (qualche genio ha scritto che tra la mamma che presta l'utero e il bambino non c'è legame biologico!), le cellule, il nutrimento, il respiro, il battito del cuore per nove mesi. Il bambino si abitua a sentire quel cuore che batte, quella voce, quel respiro, e poi all'improvviso viene strappato via a quella mamma, per essere stretto e baciato e stropicciato da due perfetti estranei. Ci credo che il bambino che si è procurato Elton John ha pianto per due anni, e chissà gli altri di cui nessuno ci parlerà.

GLI SCUDI DEL BUON SENSO
Deve essere stato lo stesso pianto accorato, disperato, inconsolabile dei bambini le cui mamme muoiono nel parto, come raccontano i medici. Però quei bambini un giorno sapranno che quella mamma che non li ha potuti stringere, consolare, abbracciare, attaccare al seno a ciucciare le prime gocce di colostro, non è una mamma che li ha venduti, ma al contrario è una mamma che è morta per loro, per farli nascere, e quindi il dolore, che sempre c'è, sarà pacificato, avrà una risposta. Un bambino che sa di essere stato amato fino all'ultima goccia di sangue dalla mamma potrà affrontare la sua assenza con la forza che viene dalla certezza di essere stati amati. Un bambino che sa di essere stato venduto come potrà fidarsi dell'amore, della gratuità, come potrà ascoltare quello che dice la sua carne, quella carne che ha cellule di una mamma che l'ha venduto?
E il dolore della mamma? Nessuno ne parla perché nessuno ritiene le donne indiane degne di essere intervistate, forse, né ascoltate. Ma qui non è questione di fede o di cultura: può forse una madre dimenticare il frutto delle sue viscere?, dice la Bibbia per parlare dell'amore più certo e indubitabile, del legame più forte e violento che ognuno di noi conosce (anche le cattive madri, anche quelle che impazziscono hanno viscere che fremono per i loro bambini). Forse è il caso di dare il nome a questo dolore che permettiamo e incoraggiamo con leggi pseudocivili, con falsi miti di progresso, per cui uomini politici possono orgogliosamente annunciare che presto avranno un bambino col loro compagno, senza che nessuno si preoccupi di tutto il dolore che il soddisfacimento di questo desiderio seminerà, seppure a pagamento.
C'è poi tutta la questione degli ovuli e dei semi venduti (basta con la parola donatore, qui è di vendita che si parla), e anche qui ogni fibra dell'umano si ribella – e non c'è bisogno di essere cattolici per inorridire, basta essere umani. Bambini che non sanno da dove vengono, quale storia hanno alle spalle, a chi somigliano, e quale parte invece del loro corredo è tutta nuova, e solo loro. Neanche la psichiatria è pronta a fare i conti con uomini e donne senza passato. Io vedo solo dolore, o peggio, vuoto, buio, assenza, indefinitezza, che è qualcosa di peggio del dolore. Persone che passeranno tutta la loro vita a farsi domande destinate a rimanere senza risposta, persone sole, senza passato. Che è anche peggio del dolore. È avere a che fare con il nulla, l'indefinitezza, l'angoscia totale e irrimediabile. Leviamo gli scudi del buon senso, difendiamo quello che è umano, il diritto di sapere da dove si viene, perché ognuno possa almeno decidere dove andare.

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 22/03/2015

7 - ECCO FINALMENTE LA SENTENZA DEFINITIVA CHE STRONCA LA RIFORMA SANITARIA DI OBAMA
L'Obamacare voleva imporre ai datori di lavoro la copertura assicurativa per i propri dipendenti anche alle pratiche di sterilizzazione ed agli anticoncezionali, abortivi compresi
Fonte No Cristianofobia, 28/03/2015

Ce l'hanno fatta, giustizia è compiuta! Stati Uniti, Distretto del Colorado: il giudice John Kane ha emesso una sentenza definitiva, con la quale ha riconosciuto piena tutela a quanti, in nome della propria fede, non intendano assecondare il diktat liberticida, che il Dipartimento Salute e Servizi Sociali intendeva loro imporre.
Diktat, per il quale qualsiasi datore di lavoro – che sia cattolico o meno – sarebbe stato costretto ad estendere la copertura assicurativa per i propri dipendenti anche alle pratiche di sterilizzazione ed agli anticoncezionali, abortivi compresi. Salate le multe previste per gli inadempienti, ma ottemperare alla normativa avrebbe significato calpestare la propria coscienza, oltre alla Costituzione americana.

IL RICORSO
Da qui, la decisione assunta dai titolari delle Hercules Industries – Christine Ketterhagen con William, Paul e James Newland (nella foto) – di presentare ricorso contro tali direttive, aiutati dall'organizzazione Alliance Defending Freedom, ma anche e soprattutto dalle preghiere e dall'appoggio di molti fedeli e di molte famiglie. Ed i fatti hanno dato loro ragione: «Ciò ha dimostrato che abbiamo fatto bene a porre Dio al primo posto e a proteggere il nostro diritto a vivere e lavorare in armonia con la nostra fede – ha commentato William Newland - I tesori spirituali vengono prima degli strumenti del business».
La sua è un'azienda, che produce impianti di riscaldamento, ventilazione ed aria condizionata. Tutto lo staff dirigenziale è dichiaratamente cattolico, non ne fa mistero e non intende assolutamente porre tra parentesi i principi non negoziabili in cui crede.

LA SENTENZA DEFINITIVA
Questa sentenza, come detto definitiva, ha posto fine alla diatriba, ribadendo per gli imprenditori cattolici piena tutela in virtù della legge sulla libertà religiosa, vigente negli Stati Uniti d'America. Non solo: rappresenta un'importante vittoria legale contro l'arroganza abortista, manifestata ancora una volta dall'amministrazione Obama.
Commentando positivamente la decisione del giudice, il legale di Alliance Defending Freedom, Kevin Theriot, ha precisato come non si possa «essere liberi, quando le convinzioni restino confinate nella propria mente». Ad oggi, oltre 300 ricorrenti han fatto appello alla libertà di coscienza e quindi all'istituto dell'obiezione contro il Dipartimento federale. Di questi, oltre 100 sono organizzazioni senza fini di lucro.

Fonte: No Cristianofobia, 28/03/2015

8 - ELEZIONI IN FRANCIA: IL FRONTE NAZIONALE DI LE PEN E' IL PRIMO PARTITO, MA NESSUNO LO DICE
Giornali e televisioni parlano della vittoria di Sarkozy, ma dimenticano che rispetto all'ex presidente il Fronte Nazionale ha preso un milione di voti in più (se non si è aggiudicato nessun dipartimento è solo a causa della legge elettorale)
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/03/2015

"Se non mi piaci, ti cancello". Così sembra ragionare la stragrande maggioranza dei commentatori politici dopo le elezioni dipartimentali in Francia, dopo che domenica si è votato al primo turno (il secondo sarà domenica prossima). Infatti la stragrande maggioranza dei commenti constata la risurrezione di Nicolas Sarkozy e del suo schieramento di centrodestra moderato e della battuta di arresto del Fronte Nazionale di Marine Le Pen.

A PRIMA VISTA SEMBREREBBE CHE SIA ANDATA COSÌ
Ma ad un esame più attento vediamo che questa interpretazione del voto nasconde un "dettaglio" molto importante. Il Fronte Nazionale, infatti, è il primo partito di Francia e Nicolas Sarkozy, con la sua formazione (alleati esclusi) ha preso un milione di voti in meno. In pratica, si votasse oggi a turno unico e in tutto il paese, il Fronte Nazionale sarebbe il primo partito. Se la Le Pen non si aggiudicherà la maggioranza dei dipartimenti (l'equivalente delle province in Italia) è solo perché c'è il doppio turno e socialisti e conservatori faranno blocco contro l'estrema destra.
Risulta difficile capire come mai non sia emersa questa realtà dalle analisi sul voto in Francia, se non, appunto, con quel senso di paura che commentatori e giornalisti provano ogni volta che parlano di Fronte Nazionale, con il loro timore di vederlo trionfare definitivamente o con altri fattori spiegabili più con la psicologia che non con la statistica. Perché i numeri dei risultati definitivi parlano chiaro: il Fn ha preso 5 milioni e 108mila voti, il partito di Sarkozy (Unione della Destra) 4 milioni e 246mila, il Partito Socialista (che esprime il presidente Hollande) solo 2 milioni e 703mila, circa la metà di quelli conquistati dal partito della Le Pen. Il resto lo hanno fatto le coalizioni.
Non affrontare l'argomento, non parlando neppure del Fronte Nazionale, non permetterebbe di capire la Francia di oggi. Non esistono ancora analisi serie e non stereotipate di questo fenomeno, che è innegabilmente travolgente. Vedere la mappa del voto, capire dove e in quali circostanze il Fn ha vinto, può aiutarci a capire qualcosa.
In primo luogo, il voto è molto territorializzato. A parte poche eccezioni, è concentrato nel Sud e nel Nord. Il Sud è la porta francese al Mediterraneo, dunque anche al Nord Africa e all'immigrazione che arriva da quell'area. La maggioranza dei fatti di cronaca legati al terrorismo islamico (non solo attentati, ma anche arresti e retate) riguardano le città della costa mediterranea, Marsiglia e Tolosa in particolar modo. Il Nord è invece il lungo confine di terra con il resto dell'Europa centrale. La Francia, votando in questo modo, denuncia una forte volontà popolare di blindare i confini che ritiene più insicuri, quelli con il Medio Oriente, in primo luogo, ma anche quelli con un'Unione Europea che è sempre meno gradita, vuoi sempre per l'immigrazione, vuoi per la concorrenza economica in tempi di crisi.

ENTRANDO PIÙ NEL DETTAGLIO
Il Fn domina nel Nord Pas de Calais, che è la porta dell'Inghilterra e che, da anni, assiste all'aumento esponenziale dell'immigrazione di transito, di tutti coloro (clandestini mediorientali, soprattutto) che vogliono entrare in Inghilterra. Già nelle elezioni municipali dell'anno scorso questo fattore era stato considerato determinante per il voto in questa area della Francia. Il Nord è una zona tradizionalmente industriale e di sinistra, Calais è anche una zona industriale e portuale. Il mix di voto proletario in tempo di crisi e disagio per l'immigrazione incontrollata, è risultato determinante per la vittoria del Fn. Hanno votato per l'estrema destra anche i dipartimenti di alcune delle regioni più povere della Francia, quelle che registrano (territori oltremare e Corsica escluse) i più bassi livelli di Pil pro-capite: Piccardia, Loira e Lorena. Tutti i dipartimenti della costa mediterranea che hanno votato per Fn sono invece fra i più prosperi della Francia, ma sono anche quelli che registrano il più alto tasso di immigrazione. E soprattutto il più alto tasso di immigrazione clandestina dal Mediterraneo. Dunque ha prevalso questo fattore sulle scelte dell'elettorato.
Sicuramente non è neppure una coincidenza che molti dei dipartimenti che hanno votato Fn siano anche quelli che ospitano il maggior numero di "no go zones", aree di urbanizzazione e integrazione particolarmente difficile, dove la polizia, i servizi sociali e le autorità municipali non usano le stesse regole che nel resto del paese e in cui le comunità di immigrati si creano dei veri e propri stati separati. A parte le Banlieues parigine, che continuano a votare a sinistra, le "no go zones" sono concentrate nel Nord Pas de Calais, Mosella, Bouches du Rhone, Gard e Hérault, tutti dipartimenti che hanno votato a maggioranza il Fn. Anche in questo caso è stata seguita la regola comunicativa del "se non mi piaci, ti cancello" e non ne parlo: il governo francese, pur avendo recensito e mappato tutte queste aree, preferisce non parlarne. E a gennaio, dopo l'attentato di Parigi, ha addirittura denunciato l'emittente statunitense Fox News per aver trasmesso un servizio sulle "no go zones" francesi.

IL FATTO CHE NON SE NE PARLI, NON VUOL DIRE CHE IL PROBLEMA NON ESISTA
I francesi sanno bene che esistono aree in cui non sentono il controllo delle autorità, hanno assistito allo stillicidio di attentati alla vigilia delle feste natalizie (anche quelle sminuite o addirittura negate dalle autorità) culminate con la "battaglia di Parigi" a gennaio. Hanno fatto i conti, li hanno sommati alla crisi e hanno preso le loro decisioni. La loro scelta può non piacere, suscitare perplessità e paura, perché è quella di un partito nazionalista chiuso all'Europa, ostile all'immigrazione e al libero scambio. Ma va presa seriamente in considerazione, non taciuta, nascosta o negata. Anche perché oggi si è votato in Francia, ma anche in Italia i sentimenti dell'opinione pubblica non sono troppo diversi.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 25/03/2015

9 - OMELIA PER IL GIOVEDI' SANTO - ANNO B (Gv 13,1-15)
Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 2 aprile 2015)

Secondo la testimonianza del vangelo di Luca, Gesù si mette a tavola per l'ultima volta coi suoi discepoli dicendo queste parole: "Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi" (Lc 22,14).
Queste parole ci sembra stasera di risentirle rivolte anche a noi: il Figlio di Dio crocifisso per noi e risorto - che non ha certamente bisogno della nostra attenzione e del nostro affetto - desidera ardentemente di averci suoi commensali e di ammetterci alla sua intimità; un'intimità superiore ad ogni altra: è l'intimità che ci deriva dal suo sangue versato per noi e dal suo corpo che ci viene donato.
E noi - che senza di lui vagheremmo nel deserto dell'esistenza come creature miserabili e smarrite - talvolta tentiamo di sfuggire a questo amore gratuito e di sottrarci al suo abbraccio che salva. Ma questa sera siamo qui ben decisi a diventare più saggi e a non deludere le attese di chi si è dato tutto per noi.
Noi stiamo rivivendo la "cena del Signore": non è il puro ricordo di un fatto avvenuto una volta a Gerusalemme e ormai perso in un lontano passato; è una memoria che anche oggi è arricchita della medesima realtà di quella prima celebrazione. Sotto un rito semplice e significante, il Signore Gesù si fa davvero presente con la sua persona adorabile, col suo sacrificio che ha sancito la Nuova Alleanza, con un nutrimento arcano - la sua "carne per la vita del mondo" (cf Gv 6,51) - che ci consente misteriosamente ma realmente di vivere la sua stessa vita.
La "cena del Signore", che qui rievochiamo, non è dunque un'esperienza remota ed estranea, che impallidisca sempre più con l'implacabile fuggire dei secoli: al contrario, ci propone una partecipazione personale e coinvolgente all'avvento centrale della storia, che è reso presente; non è la cenere di un fuoco irrimediabilmente spento, è la fiamma di un amore che continua a divampare nei cuori.
"Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi". L'istituzione dell'Eucaristia avviene, come si vede, nel contesto del banchetto pasquale ebraico, quando - in obbedienza alle prescrizioni ricevute da Mosè, che abbiamo riascoltato nella prima lettura - ogni famiglia mangiava un agnello immolato.
Quell'agnello - nella coscienza israelitica - raffigurava, compendiandole in sé, tutte le vittime di espiazione e tutte le sofferenze innocenti: lo strazio di Abele, trucidato dall'invidia del fratello Caino; l'angoscia di Isacco già disteso sulla catasta dell'immolazione; lo sgomento di Giuseppe venduto dai suoi familiari a ignoti mercanti; il pianto della vergine figlia di Iefte, sacrificata dal padre; il sangue di Zaccaria, il profeta abbattuto tra il vestibolo e l'altare; fino al martirio di Giovanni il Battezzatore, ultima voce della Rivelazione antica e primo annunciatore dei tempi evangelici.
Ma soprattutto in quell'agnello che gli sta davanti sulla mensa Gesù riconosce se stesso, nella sua prerogativa di vittima unica e pienamente sufficiente per il riscatto dell'intera famiglia umana: le "figure" sono finite, colui che era stato in esse presagito e aspettato ormai è presente, le avvera tutte e tutte le oltrepassa.
"Era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori" (Is 53,7): così era preannunciato nelle pagine di Isaia il Servo di Iahvè "trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità" (Is 53,5).
Davanti al pane e al vino - che agli apostoli e a tutti noi egli consegna trasnaturati e colmi della sua passione redentrice - il Figlio di Dio accetta interamente il disegno del Padre e si dispone a prendere su di sé tutto il male del mondo, per espiare ogni colpa, ogni ingratitudine, ogni ribellione. Come ancora sta scritto: "Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe siamo stati guariti" (Ib.).
In conformità a questo progetto eterno, Gesù distende liberamente le braccia sulla croce in una suprema offerta d'amore; e nel "pane santo della vita eterna" e nel "calice dell'eterna salvezza" racchiude per sempre e ci ripresenta la realtà e il valore di questo olocausto.
Perciò san Paolo ci ha detto che ogni volta che mangiamo di questo pane e beviamo a questo calice noi annunziamo la morte del Signore finchè egli venga (cf 1 Cor 11,36).
In ogni messa noi annunziamo la morte redentrice dell'Agnello; lo stesso Agnello che ora vivo e splendente nel santuario celeste - ci dice l'Apocalisse - "è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore, gloria e benedizione" (Ap 5,12).
Prorompe dunque dall'azione eucaristica un messaggio totalizzante, che proclama in sintesi l'intera vicenda salvifica; un messaggio di immolazione e di vita, di sconfitta e di vittoria, di umiliazione e di universale e definitivo dominio.
Tutto questo ci viene rammentato quando, al momento di cibarci del Pane celeste, lo stesso Signore Gesù - nella realtà della sua palpitante presenza - viene offerto alla nostra fede con le parole: "Ecco l'Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo".
Entrare in comunione con questo Agnello significa assimilarne l'indole e la missione. Significa rinunciare a ogni forma di prepotenza e a ogni rancore, per incamminarci sulla via della mansuetudine e del perdono. Significa abbandonarci fiduciosamente e pazientemente a quanto il Padre ha stabilito che ci avvenga per il bene nostro e della santa Chiesa. Significa accettare di spenderci per Cristo, che è morto e risorto per noi, e per ogni uomo che è sempre la sua immagine viva.
"Dì soltanto una parola e io sarò salvato", noi diciamo.
Questa parola che salva, questa sola parola che spiega tutto, la parola che tutto racchiude e tutto trasforma, la parola che il Signore ci sussurra in questa sera suggestiva del Giovedì Santo è la parola "amore".

Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 2 aprile 2015)

10 - OMELIE PASQUA DI RISURREZIONE - ANNO B
Veglia Pasquale e Messa del giorno
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 4-5 aprile 2015)

1) VEGLIA PASQUALE
Il trionfo di Cristo sulla malvagità umana


Questa è la notte dell'evento più determinante dell'intera storia umana.
È la notte del "passaggio" del nostro Capo - il Figlio di Dio fatto uomo - dalla morte alla vita, dall'umiliazione alla vittoria, dalla tomba al Regno. È la notte del rinnovamento dell'universo - decaduto e contaminato fin dall'origine - che si riconcilia con il suo Creatore e riceve le premesse della gloria futura.
Ed è altresì la notte della nostra personale rinascita dall'acqua e dallo Spirito Santo: noi tutti riviviamo questa nostra fortuna con animo grato, attraverso le letture e le preghiere di questa veglia, e più ancora attraverso la commossa attenzione che presteremo all'esperienza battesimale di alcuni nostri fratelli.

UN ALTO GRIDO
Gesù sulla croce davanti a tutti si era congedato dalla vita terrena con un "alto grido" (cf Mt 27,50); voce di tutta l'angoscia umana ed espressione del veemente appello dei figli di Adamo a Dio Padre che sembra averli abbandonati.
Risorge invece nell'oscurità e nel silenzio: non ci sono testimoni dell'ora in cui egli "mise il potente anèlito della seconda vita".
Ma la sorprendente notizia che il profeta di Nazaret si è ridestato, trapela, si diffonde e a poco a poco si impone.
Dapprima c'è lo sconcerto e l'ansia strana davanti al sepolcro vuoto, coi lini funebri ripiegati con ordine. Poi l'inquietudine diventa bisbiglio di donne che, "piene di timore e di spavento" (cf Mc 16,8) raccontano di aver ricevuto il giubilante messaggio di un angelo. Infine è Gesù stesso vivo e splendente - con la verità e l'integrità del suo essere, autenticato dalle cicatrici delle sue piaghe - a mostrarsi e a parlare a Maria di Magdala, a Pietro, a Giacomo, ai due viandanti di Emmaus, agli apostoli e a più di cinquecento discepoli.
"Il Signore è risorto"; l'annuncio di quei giorni non si è più spento: si è diffuso di cuore in cuore, di generazione in generazione, ha attraversato i secoli, ha varcato gli oceani. E noi questa notte l'abbiamo ancora una volta proclamato con la gioiosa consapevolezza che questa risurrezione è anche principio della nostra, che il trionfo di Cristo sulla morte è primizia e causa del nostro trionfo, che il suo risveglio a un'esistenza trasfigurata e imperitura è premessa della nostra interiore giustificazione e del nostro possesso dell'eredità di Dio.

LA VERA LIBERTA'
Un giorno Gesù aveva chiesto agli incauti figli di Zebedeo, che speravano di fare con lui una bella carriera nel mondo: "Potete bere il calice che io bevo e ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?" (Mc 10,38), rivelando così che il suo più vero battesimo sarebbe stato proprio la sua vicenda pasquale di passione, di morte e di risurrezione.
La vita cristiana, che comincia dal lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo (cf Tt 3,5), è dunque sostanzialmente un inserimento nel "battesimo" di Cristo, cioè nella sua Pasqua.
Il "Primogenito dei risorti" ha voluto che fossimo tutti coinvolti in quel suo felice "passaggio". Egli, ormai libero da ogni miseria e da ogni condizionamento terrestre, ha disposto che per mezzo del battesimo noi potessimo camminare nel mondo godendo di una libertà che è riverbero della sua:
a) libertà dal buio dell'errore e dalle nebbie del dubbio,
b) libertà dalla paura di una fine annientatrice,
c) libertà dalle colpe commesse,
d) libertà dalla nostra debolezza congenita di fronte alle forze del male.
San Paolo ce lo ha insegnato poco fa con molta chiarezza: "Per mezzo del battesimo siamo sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova" (Rm 6,4). Dunque "anche noi condiseriamoci morti al peccato, ma viventi per Dio in Cristo Gesù" (Rm 6,12).
In questa lunga veglia - scandita dal succedersi di molte significative pagine del Libro di Dio, dai nostri salmi responsoriali, dalle orazioni del vescovo - noi abbiamo celebrato appunto la nostra libertà: nessun uomo è più libero di chi è stato riscattato dal sacrificio di Cristo, di chi è stato integralmente riplasmato dalla sua risurrezione, di chi si lascia ogni giorno guidare dalla luce e dall'energia dello Spirito inviatoci dal Signore che siede alla destra del padre.
Le più vere oppressioni non stanno fuori di noi. Le radici di ogni alienazione sono nel nostro mondo interiore. Su quelle radici lo Spirito, che ci è elargito nel battesimo, fa scendere la sua affilatissima scure per abbattere tutte le possibili tirannìe che ne possono derivare: quella dei sensi, che incatena al piacere sregolato e senza finalità; quella dell'avidità per i beni economici, che induce troppe volte all'imbroglio, al sopruso, alla durezza di cuore; quella dell'aspirazione al potere e dell'orgoglio, che spinge a sostituirsi a Dio e a spadroneggiare sugli altri.
Questa della Pasqua è la sola festa incontestabile e universale della liberazione dell'uomo.
Il Signore ci aiuti a non perdere mai questa certezza: una liberazione che non nasca dalla purificazione della coscienza - compiuta nel fuoco dello Spirito (cf Mt 3,11) - non approda mai a una piena e non illusoria libertà.
Solo chi è purificato e liberato nell'intimo, in virtù della rinascita battesimale e della vita di grazia che dal battesimo si sviluppa, porta in sé un vigore che da nessuna coazione esterna può venire mai soffocata; un vigore che consente all'uomo di spendersi coraggiosamente per ogni giusta causa a favore della verità, della giustizia, dell'autentico bene dell'uomo.

2) MESSA DEL GIORNO DI PASQUA
Come Cristo, anche la Chiesa non può restare sepolta


"Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci e in esso esultiamo".
Chi ha la fortuna di celebrare la Pasqua, e di celebrarla non come un appuntamento immancabile del calendario di cui non si coglie più il senso e l'origine; chi ha la fortuna di celebrare la pasqua nella sua verità sostanziale, come la vittoria del Figlio di Dio, morto in croce per noi, che risorge; chi ha la fortuna di celebrare la Pasqua come il riconoscimento che c'è ed è vivo un Signore dell'universo e dei cuori, riscopre che nel mondo - oltre la dura scorza delle nostre paure e delle nostre tristezze - c'è una sorgente inesauribile di speranza e di gioia.
Pasqua è l'inizio del Regno di vita e di libertà, instaurato con il sacrificio e la gloria di Cristo. Al tempo stesso è la festa del nostro ingresso in questo Regno, mediante la rinascita battesimale che ci ha fatti "uomini nuovi". Perché il destino del Signore è anche il nostro.
Anche la comunità ecclesiale come tale è chiamata costantemente a risorgere e a vincere le potenze mondane, le quali a ogni epoca cercano, con vario metodo e vario successo, di racchiuderla nello spazio irrespirabile di una tomba.

IL DEFUNTO DEVE RESTARE DEFUNTO
Vedete con quanta cura le autorità di Gerusalemme si preoccupano di estromettere definitivamente Gesù dalla loro esistenza.
Non contenti di averlo condotto a una morte atroce, "andarono - dice il vangelo di Matteo - e assicurarono il sepolcro, sigillando la pietra e mettendovi le guardie (Mt 27,66).
Per una sepoltura dignitosa non hanno lesinato i permessi: hanno consentito che fosse un sepolcro nuovo, di lusso, circondato da un giardino (Gv 19,41). Tutti gli onori funebri dunque sono concessi; purché quel defunto resti defunto e non torni a inquietare con la sua parola di fuoco: "assicurarono il sepolcro", con una sollecitudine che tocca la comicità.
Ma, a ben guardare, così avviene anche alla Chiesa, che è il "Cristo totale" che cammina nella storia.
Molti ossequi, purché non disturbi e non interferisca con la sua pretesa di dire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato; molta attenzione e molta stima, se si limita a custodire il patrimonio artistico dei suoi templi e si accontenta di organizzare dei bei concerti di musica sacra. Tutto a condizione che il suo insegnamento non susciti contrasti e la sua azione non incida più.
Ci sono epoche e luoghi in cui alla Chiesa è fatto persino divieto di esistere; o, tollerandone l'esistenza, la si opprime con persecuzioni aperte che arrivano anche a imprigionare e a uccidere.
Il nostro secolo ha conosciuto - forse con un'abbondanza senza precedenti - queste situazioni di ostilità violenta nei confronti delle comunità cristiane, nei paesi dell'Est - noi lo sappiamo, anche se pare che ci siamo affrettati tutti a dimenticarlo - questa stagione dei martiri è finita da poco.
E ci sono epoche e luoghi dove, senza leggi esplicitamente vessatorie, si arriva "culturalmente" a soffocare il "Christus hodie" (il "Cristo totale", che è la Chiesa) con la riduzione progressiva della sua voce nella società e nei mezzi di comunicazione (quasi interamente appaltati agli imbonitori di frivolezze e ai maestri del niente), con l'alterazione della verità storica e la tendenziosità dell'informazione, con le complicazioni burocratiche e i capestri finanziari che non consentono più di vivere alle istituzioni cattoliche. Eccetera.
Il sinedrio e gli scribi di turno sono sempre irritati verso il Signore Gesù che non si rassegna a restare quieto e inerte nel suo bel sepolcro. Ma questo Crocifisso, che nessuna tomba riesce più a rinserrare, non è fatto per lasciare tranquilli coloro che pensano di aver risolto col suo seppellimento i problemi della loro licenza di sragionare.

L'UNICO SALVATORE DEL MONDO
In ogni epoca e in ogni luogo Gesù prosegue, nonostante tutto, la sua missione di unico e necessario Salvatore degli uomini.
La grazia specifica da chiedere nella giornata di oggi è quella di capire, con persuasione più limpida e cuore ringiovanito, che la fede è la scoperta e la lieta sorpresa che Gesù Cristo è vivo: la scoperta e la lieta sorpresa del mattino di Pasqua, che si rinnova ogni giorno sino alla fine del mondo.
Ancora oggi, dopo quasi duemila anni, ci deve prendere lo stesso entusiasmo degli apostoli quando si sono resi conto che il loro Maestro amato era risorto: "Gioirono i discepoli al vedere il Signore" (Gv 20,20).
Per la sua nuova condizione di gloria, che gli consente di eccedere i limiti dello spazio e del tempo, Gesù adesso è sempre con noi. E noi ne sentiamo la benedetta presenza, quando ci apriamo con animo semplice all'autenticità e alla integralità della vita ecclesiale.
La percepiamo, questa presenza, nel Vangelo - messaggio di luce e viatico di coraggio - che continua a guidarci e a consolarci, mentre siamo frammisti a un'umanità troppo spesso intristita e persa.
La percepiamo nel dono stupendo dell'Eucaristia, che ci coinvolge nell'offerta del sacrificio del Calvario, principio di ogni salvezza, e che colma e anima le nostre chiese con la realtà della divina presenza di colui che è il nostro redentore e il nostro non deludente amico.
La percepiamo nei santi, in cui egli rivive e agisce efficacemente in mezzo a noi. Palesi o nascosti, i santi non mancano mai tra i credenti: ci sono sempre, a ogni svolta del cammino del popolo di Dio. Con la loro testimonianza essi ci richiamano fortemente al Signore Gesù: sono il profumo e la trasparenza della sua obbedienza al Padre e della sua dedizione ai fratelli.
Cristo risuscitato dai morti non muore più: la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,9). Questo è il fondamento di ogni nostra fiducia, questa è la vera ragione dell'esultanza di questo giorno.

Fonte: La rivincita del crocifisso, (omelia per il 4-5 aprile 2015)

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