BastaBugie n�115 del 20 novembre 2009
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MINISTRO CARFAGNA 1: DUE MILIONI DI EURO PER LA PROPAGANDA A FAVORE DI GAY, LESBICHE, OMO E TRANSESSUALI
Autore: Marco Invernizzi - Fonte:
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MINISTRO CARFAGNA 2: LE VIOLENZE CONTRO GLI OMOSESSUALI? EPPURE LE LEGGI GIA' LE PUNISCONO!
Autore: Massimo Introvigne - Fonte:
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EGITTO: CRISTIANE RAPITE DAI MUSULMANI E SPOSATE CON LA FORZA
Autore: Simona Verrazzo - Fonte: Avvenire
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CONVEGNO SCIENTIFICO SULL'EVOLUZIONISMO: NULLA PIU' CHE UNA IPOTESI ACCADEMICA
Fonte: Corrispondenza Romana
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INGHILTERRA 1: EDUCAZIONE SESSUALE OBBLIGATORIA AI BAMBINI DAI 5 ANNI IN SU'
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: Avvenire
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INGHILTERRA 2: LA CONTRACCEZIONE A PORTATA DEI RAGAZZI... E IN ITALIA CI PENSA FOCUS JUNIOR
Fonte: Corrispondenza Romana
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COME SI SONO PUTUTI TACERE PER TANTO TEMPO I CRIMINI DEL COMUNISMO
Autore: Sandro Fontana - Fonte: Le grandi menzogne della storia contemporanea
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LE SORPRESE DEL MATERIALISTA MAESTRO CILIEGIA
Commento al primo capitolo di Pinocchio
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Contro Maestro Ciliegia (ed. Jaca Book)
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OMELIA PER CRISTO RE DELL'UNIVERSO - B - (Gv 18,33-37)
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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MINISTRO CARFAGNA 1: DUE MILIONI DI EURO PER LA PROPAGANDA A FAVORE DI GAY, LESBICHE, OMO E TRANSESSUALI
Autore: Marco Invernizzi - Fonte:
C’è una domanda preventiva a qualsiasi discussione o valutazione sul tema dell’ideologia di genere e dell’omofobia: è una cosa positiva che ci siano gay, lesbiche, bi e transessuali?, ossia è una ricchezza, una possibilità in più che arricchisce l’umanità? Oppure no, rappresenta un disordine, un problema per loro anzitutto, ma anche per la società nella misura in cui questa condizione richiede visibilità, equiparazione con le persone eterosessuali, possibilità di diventare una famiglia a tutti gli effetti? Qualcuno dirà semplicemente che è un fatto, del quale prendere atto. Certamente, ma per fare che cosa? Per affermare che le differenze non sono importanti, come sostiene la campagna del ministro Carfagna, che non esistono identità e ruoli naturali, come sostengono le associazioni glbt (gay, lesbiche, bi e transessuali) in perfetta sintonia con il Dipartimento delle pari opportunità, oppure per sostenere il matrimonio e la famiglia naturali, aiutando coloro che subiscono un disturbo e vorrebbero trovare l’equilibrio che non hanno, come dovrebbe fare la Chiesa cattolica? Perché la domanda, semplicemente, è se esiste una natura e un progetto che si esprime anche attraverso la sessualità, oppure se tutto è nelle mani del desiderio del singolo. Il resto, ossia le aggressioni contro gli omosessuali e i transessuali, le ingiurie o il disprezzo per questa condizione di diversità, c’entrano veramente poco. Sono atti criminali da perseguire penalmente perché offensivi dei diritti di una persona, da tutelare come tutte le altre, indipendentemente dal fatto di essere omo o transessuale. E il modo più umano di riconoscere la dignità di queste persone sarebbe proprio quello di tutelarne l’umanità come avviene con chiunque, indipendentemente dall’orientamento sessuale. Invece l’obiettivo della legge contro l’omofobia è un altro. Si tratta di ripetere quello che avviene nella grande maggioranza dei Paesi europei, dove gay, lesbiche, omo e transessuali beneficiano di una legge speciale che li tutela non come persone ma appunto come una categoria a parte. Lo scopo è evidente: si tratta di “sdoganare” queste categorie, di attribuire loro dei diritti come tali, non come persone eguali alle altre. E’ uno dei principali presupposti perché glbt possano ottenere il diritto di “fare una famiglia”, di adottare bambini; soprattutto, si tratta di un passaggio culturale di straordinaria portata, che colpisce un punto centrale della cultura e della civiltà occidentali. In Italia, una legge contro l’omofobia è stata dichiarata incostituzionale dalla Camera dei deputati. Forse non tutti i protagonisti di questa vicenda politico-parlamentare si sono resi conto della portata del gesto, che ha visto un Parlamento in controtendenza annunciare «la verità sull’uomo». Ma se ne sono accorte le associazioni glbt che hanno cercato di correre ai ripari, trovando la sponda del Dipartimento delle pari opportunità, sfruttando anche il tema dell’inaccettabile diversità dell’Italia rispetto all’Europa, ossia ai dettami della Unione Europea. Così è nata la campagna propagandistica da due milioni di euro del ministro Carfagna, esplicitamente orientata a ripresentare in Parlamento una nuova legge contro l’omofobia che contenga lo stesso principio di quella dichiarata anticostituzionale, entro sei mesi; inoltre, il progetto prevede un filmato, volantini e manifesti che verranno distribuiti e affissi in tutte le città e nelle scuole. Chi ha visto la conferenza stampa di presentazione del progetto del ministro Carfagna ha ricavato motivi di profondo stupore. Intanto per l’enfasi con cui il ministro ha voluto coinvolgere la Presidenza del consiglio e il governo tutto nell’iniziativa e poi per l’entusiasmo con cui ha ringraziato le associazioni lgbt, tutte presenti con i loro dirigenti, che sono quindi intervenuti per ringraziare il ministro e annunciare il proseguimento della lotta nella società e nel Parlamento. Sembrava di assistere alla festa di conclusione di un progetto concordato. Chi ha avuto una diretta esperienza di questo mondo perché conosce un parente o un genitore o un amico che vi sono stati coinvolti a diverso titolo, sa quanto dolore nasca da queste esperienze. Si ripete il dramma del divorzio, dell’aborto, della droga: presentati come conquiste di libertà, in realtà producono sofferenza e lacerazioni. Ed è quasi soltanto la Chiesa, fra l’altro, a piegarsi sulle vittime per aiutarle a recuperare la pace e la dignità. Altro non piccolo paradosso, questo, che puntualmente si ripete nel caso dell’omosessualità, dove di tutto si parla, almeno in Italia, tranne che del diritto di cercare un accompagnamento psicologico verso l’eterosessualità da parte di chi lo desidera. Così, proprio nei giorni in cui il Parlamento approva una finanziaria senza alcuna facilitazione per le famiglie, soprattutto quelle con figli, il ministero delle pari opportunità spende due milioni dei soldi degli italiani per una campagna ideologica sostenuta dalle associazioni glbt.
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MINISTRO CARFAGNA 2: LE VIOLENZE CONTRO GLI OMOSESSUALI? EPPURE LE LEGGI GIA' LE PUNISCONO!
Autore: Massimo Introvigne - Fonte:
Anche i ministri del governo di centro-destra non hanno sempre ragione. (...) Sia ben chiaro: le violenze contro gli omosessuali e ogni gesto che nega la loro dignità di persone vanno condannati. Le leggi già li puniscono. Ma i progetti contro l'omofobia non hanno lo scopo di punire chi picchia gli omosessuali. Vogliono punire chi sostiene che il comportamento omosessuale non ha pari dignità rispetto a quello eterosessuale. Su questo punto, qualcuno aveva già risposto nel 1982, con parole che domani potrebbe essere vietato ripetere. (...) Leggete queste citazioni: "Includere la ‘tendenza omosessuale’ fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta 'affirmative action' o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità”. “La ‘tendenza sessuale’ non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non-discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo”. “Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare”. “Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale. Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato”. Tutte le frasi fra virgolette sono da un documento del Magistero: "Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali", documento della Congregazione per la Dottrina della Fede il 23 luglio 1992 e firmato dall’allora cardinale Joseph Ratzinger come prefetto di quella Congregazione.
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EGITTO: CRISTIANE RAPITE DAI MUSULMANI E SPOSATE CON LA FORZA
Autore: Simona Verrazzo - Fonte: Avvenire
In Egitto i rapimenti di ragazze copto-cristiane costrette a convertirsi all’islam per sposare un uomo musulmano sono una realtà molto frequente ma che in genere resta nel silenzio. Ora, per far conoscere il fenomeno, è stato pubblicato un rapporto che racconta le storie di alcune protagoniste vittime di questa piaga sociale. I copti rappresentano l’8-12 per cento della popolazione. Su 80 milioni di egiziani si stima possano oscillare tra i sei e i nove milioni. Il rapporto, realizzato dalla Christian Solidarity International e dalla Coptic Foundation for Human Rights, si intitola «La scomparsa, la conversione forzata e i matrimoni forzati delle donne copto-cristiane in Egitto». Le autrici sono Michele Clark, che insegna Traffico di esseri umani alla George Washington University, e Nadia Ghaly, avvocatessa copta. Il rapporto raccoglie 25 testimonianze di altrettanti casi di sequestro, frequenti anche in città. Come è successo a una ragazza, H., rapita al Cairo nel 2005 quando aveva 17 anni e che ancora non ha fatto ritorno a casa. La sua famiglia si è rivolta alla polizia, ma inutilmente. Tra le storie più toccanti quella di M., rapita a 15 anni a El Menya (nel sud del Paese) da un amico di una sua compagna di classe musulmana. La ragazzina è stata deportata al Cairo, a oltre 200 chilometri dalla sua famiglia. Costretta a drogarsi e prostituirsi, è rimasta nelle mani del marito per nove anni, prima di riuscire a tornare a casa. Scappare non è semplice. Diventando musulmane, sulla carta di identità viene cambiata la voce “religione”, da cristiana a islamica. Le donne che vogliono ritornare cristiane vedono negarsi la richiesta di un nuovo documento perché non più modificabile: l’islam non consente conversioni. Nel 1976 il patriarca della Chiesa copto-ortodossa, Shenouda III, denunciò la pratica, ignorata dalle autorità egiziane. Un muro di omertà rotto solo ora, quando a settembre il principale settimanale del Paese, “Al Ahram”, ha dedicato un articolo ai rapimenti di ragazze copte da parte di uomini musulmani.
Fonte: Avvenire
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CONVEGNO SCIENTIFICO SULL'EVOLUZIONISMO: NULLA PIU' CHE UNA IPOTESI ACCADEMICA
Fonte Corrispondenza Romana, 14 Novembre 2009
Nulla più che un’ipotesi accademica. A un secolo e mezzo esatto dalla pubblicazione dell’Origine della specie di Charles Darwin, l’evoluzionismo risulta una teoria scientifica ampiamente confutata e carica di gravissime conseguenze etiche, quali la giustificazione dell’aborto, dell’eutanasia e dell’eugenetica in generale. Lo scorso 23 febbraio, fuori dal grande coro di compiaciute celebrazioni dei 150 anni dell’Origine della specie (coincidenti con il bicentenario della nascita di Darwin), un gruppo di scienziati, filosofi ed accademici si è riunito a porte chiuse presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dagli atti del convegno è scaturito il volume Evoluzionismo: il tramonto di un’ipotesi (Cantagalli, 2009), antologia curata e introdotta dal Vice-presidente del CNR, Roberto de Mattei e comprendente testi di Josef Seifert, Alma von Stockhausen, Guy Berthault, Jean de Pontcharra, Joseph Holtzschuh, Hugh Miller, Thomas Seiler, Pierre Rabischong, Maciej Giertych, Hugh Owen e Dominique Tassot. Il saggio è stato presentato lo scorso 6 novembre all’Hotel Columbus, nei pressi del Vaticano. La tavola rotonda è stata aperta dal giornalista Marco Respinti, collaboratore di “Libero” e già caporedattore de “Il Domenicale”. Respinti ha sottolineato che, per la sua evidente inconsistenza scientifica, l’evoluzionismo è da considerarsi «meno che un’ipotesi: esso è una semplice affermazione». Il serio problema costituito dalla teoria di Darwin è che essa «sfugge al metodo scientifico nel senso galileiano del termine. Ciò che manca, in primo luogo, è l’oggetto della teoria». «Inoltre – ha proseguito Respinti – l’evoluzionismo afferma che talune specie sono apparse sulla terra casualmente e che determinate specie sono discese da altre: tutte queste asserzioni non sono vagliabili scientificamente, né tantomeno sono sperimentabili in laboratorio». Il biologo Pierre Rabischong, professore emerito alla facoltà di Medicina dell’Università di Montpellier, dopo aver fornito una sintesi storica della teoria evoluzionista, ha citato i suoi principali critici. A partire dal sedimentologo Guy Berthault, il quale ha dimostrato che i tempi di stratificazione delle rocce e dei fossili sono molto più rapidi di quelli indicati dagli evoluzionisti. Inoltre una componente fondamentale del pensiero di Darwin era il teorema della “mutazione”, tuttavia il genetista Maciej Giertych sostiene che «è impossibile trovare un solo esempio di mutazione positiva in tutta la storia dei sistemi viventi». Argomentazioni come queste dimostrano che «l’evoluzione del vivente non è scientificamente provata e l’evoluzionismo rimane un’ipotesi» ormai destinata ad essere «inclusa nella storia delle scienze naturali», ha aggiunto il professor Rabischong. A conclusione della conferenza, il professor Roberto de Mattei ha esposto una critica all’evoluzionismo sul piano filosofico, etico e teologico. Secondo il Vice-presidente del CNR, a differenza di altre ideologie otto-novecentesche, l’evoluzionismo è rimasto in voga, in quanto perfettamente in linea con il “materialismo relativista”, discendente diretto del “materialismo dialettico” di Marx ed Engels. «Il socialismo reale – ha proseguito de Mattei – è crollato, con il Muro di Berlino, vent’anni fa, ma il suo nucleo dottrinale, il cuore ideologico del comunismo, il materialismo dialettico, è sopravvissuto e il suo nome oggi è evoluzionismo». Legati a doppio filo all’evoluzionismo darwiniano sono anche la “teofobia” e la “Cristofobia”, naturali conseguenze della «radicale negazione di ogni verità metafisica, a cominciare dall'esistenza di un Dio creatore dell’universo». Alla conferenza, particolarmente affollata, oltre al Presidente Marcello Pera, hanno partecipato numerosi prelati, ambasciatori e giornalisti.
Fonte: Corrispondenza Romana, 14 Novembre 2009
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INGHILTERRA 1: EDUCAZIONE SESSUALE OBBLIGATORIA AI BAMBINI DAI 5 ANNI IN SU'
Autore: Elisabetta Del Soldato - Fonte: Avvenire
Continua la polemica in Gran Bretagna dopo la decisione del governo di imporre educazione sessuale agli studenti già dall’età di cinque anni. Qualche giorno fa il ministro della Scuola Ed Balls ha annunciato che l’educazione sessuale diventerà «materia obbligatoria» per tutte le scuole e comprenderà anche lezioni sulle relazioni gay e infezioni sessuali trasmissibili, tra cui l’Hiv. Gli alunni delle scuole primarie otterranno informazioni sul loro corpo e la pubertà, insieme ai matrimoni, divorzi e unioni civili. Successivamente alle medie si parlerà di concezione, legami omosessuali e Hiv, comprendendo anche le implicazioni emotive dell’atto sessuale. In questo contesto saranno penalizzate le scuole religiose, soprattutto quelle cattoliche che sono reputate tra le migliori della Gran Bretagna. A queste sarà permesso di insegnare l’educazione sessuale in linea con i loro credo, sebbene sia richiesta e obbligatoria la «tolleranza verso l’omosessualità». «Certe religioni – ha detto Balls – hanno un punto di vista su cosa sia giusto e sbagliato, ma quello che non possono non insegnare è l’importanza della tolleranza». Le nuove regole minacciano di ricreare la situazione che era seguita all’introduzione dell’obbligo per le agenzie di adozione di dare spazio alle unioni gay e che è finita con la chiusura di alcune di queste, tra l’altro reputate tra le migliori del Regno e rappresentative di un terzo di tutte le agenzie di adozione.
Fonte: Avvenire
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INGHILTERRA 2: LA CONTRACCEZIONE A PORTATA DEI RAGAZZI... E IN ITALIA CI PENSA FOCUS JUNIOR
Fonte Corrispondenza Romana, 14 Novembre 2009
Ha suscitato un comprensibile scalpore la decisione del ministro dell’Istruzione britannico, Ed Balls, di rendere obbligatorie per tutti, nelle scuole inglesi, le lezioni di educazione sessuale entro il quindicesimo anno di età, indipendentemente dalle convinzioni religiose e morali degli alunni (Cfr. “Libero, 7 novembre 2009). Purtroppo, non ci si rende conto di quanto – in modo silente ed anche per questo problematico – entrino già da tempo nelle case degli italiani estemporanei e mai richiesti “maestri” della medesima delicata materia, il cui insegnamento in genere si suppone debba essere riservato per lo meno a famiglie e – al più – ai docenti. Un esempio per tutti: il numero di novembre della rivista “Focus Junior”, versione per ragazzi del più noto periodico scientifico “Focus”, che dedica un intero speciale alla riproduzione, con tanto di scrupolosi particolari. E annuncia con orgoglio il “videocorso di educazione sessuale” non solo promosso sul sito del giornale (quindi accessibile a tutti on line), bensì anche pubblicato come libro, per spiegare «tutto quello che non hai mai osato chiedere ai tuoi genitori, tanto meno ai professori, figuriamoci agli amici» (e un motivo ci sarà…). Su che cosa? In primis, su come cambi «il nostro corpo durante l’adolescenza». Già al secondo posto, però, nell’ordine delle priorità proposte dalla testata, compare “la contraccezione”, prima ancora di spiegare come ci si baci, come nascano i bambini e cosa voglia dire “fare l’amore”. Tutte nozioni che è discutibile vengano veicolate in modo acritico e senza filtro da una rivista, per lo più all’insaputa dei genitori, scavalcati nelle loro competenze. E a dare il tono del tipo d’informazione veicolata dal periodico provvede un “assaggio” ovvero una vignetta, che compare a pag. 43, dove si nota un bambino suggerire a proprio padre: «Se non vuoi farmi una sorellina, posso procurarti dei preservativi»: un messaggio moralmente discutibile che contiene un implicito rifiuto della vita ed una chiusura preconcetta alla famiglia, oltre a proporre la contraccezione come normalità ed a supporne la già ampia diffusione presso le giovani generazioni. Bell’insegnamento... Una battuta? Sì, certo. Ma non fa ridere.
Fonte: Corrispondenza Romana, 14 Novembre 2009
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COME SI SONO PUTUTI TACERE PER TANTO TEMPO I CRIMINI DEL COMUNISMO
Autore: Sandro Fontana - Fonte: Le grandi menzogne della storia contemporanea, ed. Ares 2009
Ciò che più colpisce gli studiosi che hanno esaminato con attenzione i regimi comunisti non è tanto l’entità e la mostruosità dei crimini commessi, quanto la vastità delle complicità e delle omertà che essi sono sempre riusciti a trovare nei Paesi occidentali. Eppure non era necessario attendere la caduta del Muro nel novembre 1989 per conoscere la tragica realtà dei Paesi sfortunati che avevano subito il comunismo, tante e tali erano le testimonianze rilasciate in Occidente non solo dai visitatori occasionali ma anche dai protagonisti di quei crimini. In un recente libro di Renzo Foa, che è stato anche direttore de l’Unità organo del Pci, vengono dedicate pagine illuminanti all’opera autobiografica di un alto esponente del comunismo sovietico Victor Kravchenko dal titolo Ho scelto la libertà, che venne pubblicato negli Usa nel 1946 e che fu tra i libri più venduti in America e nei Paesi dove venne tradotto. La testimonianza di Kravchenko era molto attenta e fedele non solo perché egli aveva scalato tutti i gradini della nomenklatura sovietica, dirigendo fabbriche e grandi complessi industriali, ma anche perché aveva vissuto sul terreno, in Ucraina, prima la collettivizzazione forzata delle terre, con la carestie nelle campagne, e poi le «grandi purghe». Egli cioè era stato uno dei grandi protagonisti d’una immane tragedia, che s’era conclusa con lo sterminio di oltre venti milioni di contadini. La sua fu una descrizione spietata e terribile delle carestie provocate artificialmente da Stalin per piegare con ogni mezzo la resistenza dei contadini, che per sopravvivere erano costretti a regredire nel cannibalismo, scrivendo testualmente: «Per impedire ai contadini disperati di mangiare il grano ancora verde, perché i colcos non finissero sotto cattive gestioni e per lottare contro i nemici della collettivizzazione, nei villaggi furono create speciali sezioni politiche, poste sotto l’autorità di uomini di fiducia del partito. Fu allora mobilitato un vero e proprio esercito di centomila uomini che era composto da militari, uomini della polizia segreta, studenti e funzionari considerati fedeli e risoluti, i quali vennero inviati nei territori sottomessi al collettivismo». Egli costatò che in quelle campagne desolate non si parlava altro che di carestia, di tifo endemico e di atti di cannibalismo. Kravchenko si accorse che le prigioni e le stazioni di polizia «rigurgitavano di contadini incarcerati per aver falciato i loro campi senza autorizzazione, per aver sabotato o rubato a danno dello Stato». Il primo giorno trovò un villaggio «immerso in un anomalo silenzio» e gli venne spiegato che «sono stati mangiati tutti i cani» e che, «se non vedete nessuno per strada, è perché la gente non cammina più, non ne ha più la forza». In quei giorni e mesi terribili i contadini ridotti a larve gli raccontarono che «ogni tanto un carro percorre il paese e raccoglie i cadaveri», che «abbiamo divorato tutto quello che ci capitava per le mani: gatti, cani, topi, uccelli», che «domattina quando farà giorno, vedrete che gli alberi non hanno più corteccia: abbiamo mangiato anche quella» e «perfino il letame dei cavalli». E tutto ciò perché, secondo il parere del potente segretario del partito comunista ucraino, «le autorità locali dovevano conoscere la vera potenza bolscevica: era perciò necessario schiacciare gli agenti dei kulaki ovunque avessero sollevato la testa e ottenere la consegna del grano a qualsiasi prezzo». L’ordine era: «Strappate il frumento a quella gente, dovunque sia nascosto, nelle stufe, sotto i letti, nelle cantine o nei nascondigli scavati nelle aie. Non abbiate paura di ricorrere a misure estreme». Al termine dell’operazione, durata un intero biennio, il segretario del partito comunista ucraino poteva affermare con fierezza: «L’anno appena finito ci ha permesso di dare la misura della nostra forza. È stata necessaria una carestia per far comprendere ai contadini chi comanda in questo Paese. La collettivizzazione è costata milioni di vite, ma ora è saldamente radicata». Insomma, fin dal febbraio del 1946, quando cioè venne pubblicata l’autobiografia di Kravchenko, il mondo occidentale conosceva l’orrore dei regimi comunisti. Ma allora perché si è taciuto così a lungo? Perché nel frattempo, non sono stati denunciati e impediti altri crimini ed altri orrori? Perché, per conoscere la verità, abbiamo dovuto attendere il crollo del Muro? Certo, il Partito comunista sovietico disponeva, all’interno di ogni Paese occidentale, di numerosi partiti fedeli che venivano, come ha dimostrato Valerio Riva, non solo finanziati, ma anche collegati in organismi internazionali come il Comintern o il Cominform, e quindi trasformati in strumenti formidabili di propaganda e di difesa del mito sovietico. Tutto ciò è vero, ma secondo gli storici non è ancora sufficiente per spiegare la persistenza della menzogna. È necessario perciò esaminare almeno due cause che hanno operato nel lungo periodo. La prima riguarda il famigerato processo sui crimini di guerra di Norimberga del 1945-’46, nel quale, come scrisse allora Piero Calamandrei, tutti gli imputati appartenevano alle nazioni sconfitte, mentre tutti i giudici vennero scelti tra i vincitori. E poiché la Russia di Stalin faceva parte di questi ultimi, venne operata una colossale amnistia nei confronti di tutti i suoi crimini, compreso lo sterminio di 4.500 ufficiali polacchi, cioè della futura classe dirigente della Polonia, a Katyn nel 1940. La seconda causa va ricercata nella guerra fredda, durante la quale tra i due schieramenti contrapposti venne stabilita una sorta di turpe e reciproca omertà, per cui tutto ciò che, sul piano dei diritti umani, poteva compromettere la stabilità complessiva venne sistematicamente ignorato o rimosso per lunghi decenni. A queste cause di lungo periodo vanno aggiunte cause specifiche che riguardano l’atteggiamento assunto nei vari Paesi, prima e dopo il conflitto mondiale, nei confronti del comunismo sovietico. Per esempio, quando negli Usa uscì la denuncia di Kravchenko, l’opinione pubblica del più grande Paese antagonista della Russia venne fortemente influenzata da un altro libro, Missione a Mosca, che divenne subito un best-seller e che era stato scritto da Joseph Davies, ambasciatore di Roosevelt in Unione Sovietica tra la fine del 1936 e il 1938, cioè nel periodo famigerato delle «grandi purghe» con cui Stalin, attraverso processi-farsa, veniva eliminando migliaia di oppositori interni. Davies credette ciecamente alla propaganda comunista e si schierò apertamente dalla parte di Stalin, che accusava gli avversari interni di collaborare con i servizi segreti tedeschi e giapponesi. In un suo rapporto inviato a Washington, l’ambasciatore americano scriveva infatti: «Debbo confessare che ero prevenuto contro l’attendibilità delle deposizioni di questi accusati. L’unanimità delle loro confessioni, la lunga prigionia subita con la possibilità della coercizione usata verso di loro o verso le loro famiglie suscitavano in me dei gravi dubbi. Ma, giudicando con obiettività e basandomi sulla mia esperienza, sono dovuto arrivare, sia pure malvolentieri, alla conclusione che lo Stato era riuscito a dimostrare quanto desiderava o per lo meno a provare l’esistenza di una estesa cospirazione a danno del governo sovietico». Giustamente Renzo Foa ha ricordato che, nel 1943, da Missione a Mosca venne anche ricavato un film, prodotto a Hollywood dalla Warner Bros, come omaggio diretto di Roosevelt all’alleato russo. Naturalmente anche nel film la vita quotidiana sovietica veniva descritta in maniera idilliaca. Lo stesso discorso può essere fatto anche a proposito dell’Italia, dove s’era affermato, nel secolo scorso, dal 1921 al 1989, il più grande partito comunista occidentale. Qui la presenza di un intellettuale e di un martire del comunismo come Antonio Gramsci, aveva consentito a Togliatti di sviluppare una strategia avvolgente e penetrante in ogni settore e àmbito della società italiana senza mai venir meno alla tradizionale fedeltà nei confronti dell’Unione Sovietica: al punto che, quando nel 1989 è crollato l’impero sovietico, non sono stati tanto i comunisti italiani ad abbandonare l’Urss quanto quest’ultima, con la sua rovinosa caduta, ad abbandonarli, lasciandoli orfani e disperati. Di qui le reticenze, le amnesie, le titubanze che ancor oggi caratterizzano l’atteggiamento degli intellettuali e degli storici ex comunisti di fronte alla storia del comunismo e che impediscono di conoscere la verità non solo sulla settantennale dipendenza del Pci da Mosca, ma anche sulla stessa storia dell’Unione Sovietica. (...)
Fonte: Le grandi menzogne della storia contemporanea, ed. Ares 2009
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LE SORPRESE DEL MATERIALISTA MAESTRO CILIEGIA
Commento al primo capitolo di Pinocchio
Autore: Giacomo Biffi - Fonte: Contro Maestro Ciliegia (ed. Jaca Book)
Maestro Ciliegia è un uomo senza grilli sotto la parrucca. Attende al suo lavoro e non si lascia incantare da divagazioni che tentino di spingere il suo interesse oltre ciò che vede e che tocca. Non si domanda neppure da che parte arrivi quel pezzo di legno che, a suo dire, è capitato a tempo: la ritiene probabilmente una questione troppo metafisica. Per lui un pezzo di legno è solo un pezzo di legno, in tutto uguale a quelli, che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e riscaldare le stanze. Sicché non gli potrà toccare sorte diversa. Che se diventerà invece una gamba da tavolino, questa - agli occhi di un uomo positivo come maestro Ciliegia - è indubbiamente per quel legno una fortuna insperata. Un progetto come questo è il massimo della fantasia e dell'ardimento che è consentito al nostro tranquillo e ragionevole falegname. Il quale, uomo di princìpi e di buon senso com'è, può essere considerato, senza offesa per nessuno, raffigurazione di ogni sano e scientifico materialismo. I princìpi di tutti i maestri Ciliegia sono chiari e indiscussi. Ne elenchiamo qualcuno. Primo: solo ciò che si vede e si tocca è vero; il resto è abbaglio, frode, superstizione, superstruttura. Secondo: solo ciò che è sempre capitato può capitare; se è avvenuto qualcosa di diverso da ciò che è sempre avvenuto, è segno che non è avvenuto. Terzo: un pezzo di legno è solo un pezzo di legno. Con questi bei princìpi - sui quali non accetterà mai di discutere perché gli parrebbe di mettere in dubbio il sole - il nostro maestro Ciliegia finisce col picchiare il sedere sul pavimento: "Si trovò seduto per terra. Il suo viso pareva trasfìgurito, e perfino la punta del naso, di paonazza come era quasi sempre, gli era diventata turchina dalla gran paura". Per cominciare vorremmo sollevare qualche riserva proprio sul terzo principio, quello che sembra così evidente da coincidere addirittura con lo stesso principio di identità. Ma, se lo si esamina da vicino, non convince: ogni essere, considerato per se stesso, senza che si colga nessun legame con la realtà totale e nessun aspetto che ecceda i suoi apparenti confini, è menzognero o, nel più benevolo dei giudizi, astratto. Nessun essere infatti esiste da solo, ma tutti sono parte di una totalità, la sola cosa che sia veramente e pienamente reale, e questa partecipazione conferisce di necessità ai singoli frammenti qualcosa di più di ciò che essi sono. Un pezzo di legno, guardato per se stesso, è meno di un pezzo di legno, perché un simile sguardo non coglie il vincolo con l' «unitutto» - vincolo che è sempre in atto - né arriva a rendersi conto di tutte le virtualità che l'oggetto desume da questo vitale inserimento. D'altra parte un pezzo di legno che sia visto come parte del tutto vitalmente unificato è più che un pezzo di legno e le sue virtualità sono senza possibili previsioni. La prevalenza della filosofia di maestro Ciliegia è la fonte delle più numerose e gravi aberrazioni che affliggono il mondo contemporaneo, intrigato com'è dallo scientismo e dal fisicismo. Tanto per capirci, facciamo qualche piccolo esempio: una medicina che curasse il fegato come fosse un paziente perfettamente autonomo rispetto al resto dell' organismo; una società che pretendesse di saper educare un bambino allontanandolo dalla famiglia; una dottrina sociologica convinta che un uomo possa essere ancora un uomo dopo che lo si è reciso dalla comunità e lo si è privato delle sue tradizioni; un pensatore cristiano che esaltasse una verità considerata per se stessa e avulsa dal concerto di tutte le verità raccolte nell'unità vivente dell'ortodossia: sono trovate tutte degne di maestro Ciliegia e dei suoi principi. Per non parlare degli abbagli che si riferiscono alla stessa struttura dell'essere, allorché si ritiene di poter conoscere un ente creato senza che sia coinvolto in questa conoscenza l'ente creatore, al quale invece ogni creatura è sempre ontologicamente correlativa. Insomma, ogni essere parziale è veramente se stesso, se è visto nell' «unitotalità» entro la quale è stato progettato e voluto. Ma in quanto è nell'«unitotalità» è più che se stesso. A questo punto tutti vedono che anche il secondo principio non si regge più: se nessun essere è una monade autarchica, ma è aperto alla vita dell'«unitutto», nessuno può misurare o presagire le reali virtualità di nessuno e le sorprese sono sempre possibili. Il primo principio poi è interiormente contraddittorio, in quanto la forma assoluta, universale, eterna in cui viene formulato ne fanno nell'intenzione una privilegiata verità; verità che per altro non si presenta come alcunché di materiale verificabile dai sensi, sicché è palese la contraddizione dell' assunto. Se avessero detto a maestro Ciliegia che quel semplice pezzo da catasta sarebbe diventato dopo molte traversie un ragazzino perbene, non avrebbe retto all'indignazione, lui che soltanto per avere udito uscire dal legno una vocina canzonatoria cadde giù come fulminato. Agli albori del mondo, nessun maestro Ciliegia - se avesse potuto godersi lo spettacolo tra la folla degli spiriti celesti - avrebbe saputo anticipare il futuro. E agli inizi del fenomeno umano, avrebbe tutt'al più formulato l'ipotesi dell'avvento di una speciale varietà di scimmia, diversa morfologicamente dai quadrumani, ma con una sorte non dissimile. L'homo sapiens sarebbe stato per lui una bella sorpresa. I materialisti non mancano di logica, mancano di immaginazione; più che dal ragionamento, sono sconfitti dalla fantasia: la storia effettiva del mondo è più grande di loro. Ci sono molti buoni motivi per prendere sul serio l'ipotesi evoluzionista. Anzi, potrebbe addirittura essere ritenuta una persuasione certissima, se potessimo escludere in assoluto la probabilità che Dio si diverta un po' bonariamente alle nostre spalle. Dovremmo cioè essere sicuri che l'umorismo di Dio non stia allestendo lo spettacolo della vicenda cosmica come una commedia offerta agli angeli nel pomeriggio di un loro giorno di festa. A tal fine potrebbe avere disseminato gli strati terrestri di mandibole, di crani, di tibie e di ogni genere di reliquie appartenenti a esseri che non si sono mai sognati di esistere, per rallegrare i Cherubini con la contemplazione delle ingegnose ricostruzioni che noi coi metodi sottili della scienza ne sappiamo ricavare. È un sospetto che a rigore né la scienza né la filosofia sono in grado di dissipare. In ogni caso, per rientrare nel novero delle persone posate diciamo che, se evoluzione c'è stata, lo sbalordimento è tutto di maestro Ciliegia. Per quanto si affatichi a tenere nei ranghi della destinazione comune il terribile pezzo di legno, non vi riesce. Il pezzo di legno rifiuta di assimilarsi alla catasta. Nel complicato - ma in definitiva omogeneo procedere del cosmo, l'uomo è obiettivamente un sovversivo. Emerge da un frammento di materia che non si lascia travolgere dall'andamento generale delle cose, e cresce e si evolve secondo una linea inedita, unica, capricciosa. Con la sua comparsa l'«armonia» della natura è rotta per sempre, e ogni equilibrio ecologico a ogni epoca è rimesso in crisi. L'uomo nasce da un pugno di materia viva che anarchicamente si è trovata una sua linea di sviluppo. Questo sviluppo prosegue ancora implacabile, mettendo seriamente a repentaglio l'ordine cieco, sordo e noioso della così detta natura. Chi sa che esiste lo Spirito, non se ne meraviglia. Ma un tipo come maestro Ciliegia resta senza fiato e arriva alle ipotesi materialisticamente più eterodosse: Che vi sia nascosto dentro qualcuno? Come a dire: che non sia vero che un pezzo di legno sia solo un pezzo di legno? Il suo buon senso però alla fine si impone e gli detta la regola fondamentale di tutti gli uomini come lui: lo non lo posso credere. Ci deve pur essere - egli pensa - una causa accettabile dell'improvvisa anomalia che per un momento ha sconvolto un mondo fino allora ordinato e prevedibile: "Guardò sotto il banco, e nessuno; guardò dentro un armadio, e nessuno; guardò nel corbello dei trucioli e della segatura, e nessuno; aprì l’uscio di bottega per dare un 'occhiata anche su la strada, e nessuno. O dunque?.. Ho capito, disse allora ridendo..." Né aveva capito né aveva molte ragioni per essere allegro. Eppure la sola strada che egli si ostina a voler seguire è quella di riportare tutto entro le dimensioni di una realtà materialisticamente ammissibile e di negare che ci sia una vera differenza tra le cose: tutto è uguale, tutto entra negli schemi, lo spirito è troppo estroso e va rifiutato. Questo legno eccolo qui: è un pezzo di legno da caminetto come tutti gli altri: e a buttarlo sul fuoco c'è da far bollire una pentola di fagioli. Ma è una strada che non lo porta lontano, anzi lo porta a trovarsi alla fine malinconicamente seduto per terra.
Nota di BastaBugie: questo brano è tratto dal primo capitolo del libro del Cardinal Giacomo Biffi, "Contro Maestro Ciliegia. Commento teologico a Le avventure di Pinocchio", ed. Jaca Book
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Fonte: Contro Maestro Ciliegia (ed. Jaca Book)
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OMELIA PER CRISTO RE DELL'UNIVERSO - B - (Gv 18,33-37)
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 novembre 2009)
Oggi, ultima domenica del Tempo ordinario, è la solennità di Cristo Re. Il Vangelo ci propone la scena dell’incontro di Cristo con Pilato. Il Re dell’universo sta davanti al rappresentante di una potenza terrena destinata a cadere. Egli, l’uomo che proclama la libertà dei figli di Dio, è prigioniero: Egli, la Santità stessa, è punito come un malfattore. È proprio in questo violento contrasto che appare in tutta la sua grandezza la Missione reale di Cristo Salvatore. Gesù, interrogato da Pilato, afferma chiaramente di non aspirare ad un potere politico: «Il mio regno non è di questo mondo» (Gv 18,36), ma non nega di avere un regno di natura ben diversa. Gesù non rifiuta il titolo di re, ma ne precisa il significato profondo. Mentre il Signore si era sempre sottratto alle folle che nei momenti di entusiasmo volevano proclamarlo re, ora che sta per essere condannato a morte e si sta avviando alla Croce, confessa chiaramente la sua regalità. E, alla domanda di Pilato: «Dunque tu sei re?» (Gv 18,37), risponde: «Tu lo dici: io sono re» (ivi). Gesù è il Re dell’universo perché è il Figlio di Dio, perché, insieme al Padre e allo Spirito Santo è il Creatore di ogni essere visibile e invisibile. Inoltre, è il Re dell’universo perché, con la sua Incarnazione, Morte e Risurrezione, Egli è il Redentore, ovvero Colui che salva il mondo intero dal naufragio del peccato. Noi tutti siamo di Gesù, apparteniamo a Lui, per creazione e per redenzione: Egli è il nostro Re. Su questa terra, tutte le potenze umane sono destinate a cadere. La storia insegna che ad un impero ne succede un altro e che tutto ciò che è umano poggia su delle fondamenta vacillanti. Solo il Regno di Gesù Cristo durerà per sempre e la prima lettura di oggi dice chiaramente: «Il suo potere è un potere eterno, che non finirà mai» (Dn 7,14). Lungo i secoli in molti hanno cercato di cancellare il Cristianesimo dalla faccia della terra, ma nessuno di essi vi è riuscito. Uno dei più fieri persecutori della Chiesa fu Napoleone, il quale finì la sua vita relegato all’isola di Sant’Elena chiedendo perdono a Dio dei suoi peccati e confessandosi con vero pentimento da un sacerdote mandato appositamente dal Papa. La regalità di Cristo consiste nell’annunciare la Verità, nel condurre gli uomini alla Verità suprema, liberandoli da ogni tenebra di errore e di peccato: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità» (Gv 18,37). Se pertanto vogliamo che Gesù regni su di noi, in nessun modo devono regnare in noi il peccato e la menzogna. Dobbiamo dunque professare la retta Fede, la Fede trasmessa dagli Apostoli che si custodisce nella Chiesa, e vivere in conformità al Vangelo, secondo la morale insegnata infallibilmente dal Magistero. Non accettare la Fede e la morale della Chiesa significa rifiutare la Verità e allontanarci da Cristo Re. Per questa Fede, molti cristiani hanno affrontato la morte, preferendo la regalità di Cristo piuttosto che la schiavitù del peccato. Uno di questi martiri è stato il beato Michele Pro che rese la suprema testimonianza di fedeltà a Cristo e alla Chiesa durante la violenta persecuzione che scoppiò nel Messico nella prima metà del secolo ventesimo. Egli era un sacerdote gesuita e, durante la persecuzione fino al giorno della sua cattura, esercitò di nascosto il suo ministero sacerdotale in mezzo a pericoli di ogni genere. Venne purtroppo il giorno della sua cattura e, infine, fu condannato alla fucilazione. Morì gridando: «Viva Cristo Re!», entrando così nel Regno eterno preparato per tutti coloro che servono fedelmente su questa terra Gesù, il Re eterno.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 22 novembre 2009)
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