BastaBugie n�417 del 02 settembre 2015

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1 SAN TEODORO E IL SINODO DELL'ADULTERIO
Il monaco si oppose al sinodo che approvò la prassi eretica del secondo matrimonio dopo il ripudio della moglie
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
2 AUMENTANO GLI ATTI DI TERRORISMO FAI-DA-TE IN EUROPA
Quello che hanno fatto a noi in Iraq, tra poco lo faranno qui in Italia (VIDEO: testimonianza di padre Douglas al Meeting 2015)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 TOLKIEN E IL SEGRETO PER UN MATRIMONIO FELICE
La vera gioia senza fine nel matrimonio è possibile, ma non la troveremo mai se siamo concentrati su noi stessi
Autore: Sonia Ritondale - Fonte: Aleteia
4 UN ALTRO PASTICCIO DELLA SEGRETERIA DI STATO
Papa Francesco tirato in ballo per incoraggiare l'editrice di libri gay per bambini, poi la smentita imbarazzata e tardiva
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 PERCHE' NON ABBIAMO MAI TEMPO SUFFICIENTE E CORRIAMO SEMPRE?
La tecnologia ci fa guadagnare tempo, ma abbiamo l'impressione di esserne sempre a corto: va riscoperto il significato cristiano di ogni attimo
Autore: Laura Boccenti - Fonte: Il Timone
6 L'OMBRA DELLA DITTATURA GAY SUL MEETING DI RIMINI
La Repubblica inventa un caso per chiudere la bocca ai frati domenicani che organizzano incontri sul gender, la direzione del Meeting si piega al ricatto e fa sospendere gli incontri
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 QUELLO CHE AVREI DETTO AL MEETING DI RIMINI SE LA CENSURA GAY NON MI AVESSE IMPEDITO DI PARLARE
Ho chiesto spiegazioni ai responsabili del Meeting e mi è stato risposto che si preferiva non creare polemiche inutili
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: MODIFICARE LA PREGHIERA DELL'ALPINO VUOL DIRE ACCETTARE IL PACIFISMO
Dopo le precisazioni del vescovo resta la domanda: il soldato si deve vergognare di essere tale quando compare davanti a Gesù?
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 7,31-37)
Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - SAN TEODORO E IL SINODO DELL'ADULTERIO
Il monaco si oppose al sinodo che approvò la prassi eretica del secondo matrimonio dopo il ripudio della moglie
Autore: Roberto De Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 26/08/2015

Col nome di "Sinodo dell'adulterio" è entrata nella storia della Chiesa un'assemblea di vescovi che, nel IX secolo, volle approvare la prassi del secondo matrimonio dopo il ripudio della legittima moglie. San Teodoro Studita (759-826), fu colui che con più vigore vi si oppose e per questo fu perseguitato, imprigionato e per ben tre volte esiliato.
Tutto iniziò nel gennaio 795 quando l'imperatore romano di Oriente (basileus) Costantino VI (771-797) fece rinchiudere la moglie Maria di Armenia in monastero e iniziò una illecita unione con Teodota, dama d'onore della madre Irene. Pochi mesi dopo l'imperatore fece proclamare "augusta" Teodota, ma non riuscendo a convincere il patriarca Tarasio (730-806) a celebrare il nuovo matrimonio, trovò finalmente un ministro compiacente nel prete Giuseppe, igumeno del monastero di Kathara, nell'isola di Itaca, che benedisse ufficialmente l'unione adulterina.

SAN TEODORO
San Teodoro, nato a Costantinopoli nel 759, era allora monaco nel monastero di Sakkudion in Bitinia, di cui era abate lo zio Platone, venerato anche lui come santo. Teodoro ricorda che l'ingiusto divorzio produsse un profondo turbamento in tutto il popolo cristiano: concussus est mundus (Epist. II, n. 181, in PG, 99, coll. 1559-1560CD) e, assieme a san Platone, protestò energicamente, in nome dell'indissolubilità del vincolo. L'imperatore deve ritenersi adultero - scrisse - e perciò deve ritenersi gravemente colpevole il prete Giuseppe per avere benedetto gli adulteri e per averli ammessi all'Eucarestia. «Incoronando l'adulterio», il prete Giuseppe si è opposto all'insegnamento di Cristo e ha violato la legge divina (Epist. I, 32, PG 99, coll. 1015/1061C). Per Teodosio era da condannare altresì il patriarca Tarasio che, pur non approvando le nuove nozze, si era mostrato tollerante, evitando sia di scomunicare l'imperatore che di punire l'economo Giuseppe.
Questo atteggiamento era tipico di un settore della Chiesa orientale che proclamava l'indissolubilità del matrimonio ma nella prassi dimostrava una certa sottomissione nel confronti del potere imperiale, seminando confusione del popolo e suscitando la protesta dei cattolici più ferventi. Basandosi sull'autorità di san Basilio, Teodoro rivendicò la facoltà concessa ai sudditi di denunciare gli errori del proprio superiore (Epist. I, n. 5, PG, 99, coll. 923-924, 925-926D) e i monaci di Sakkudion ruppero la comunione con il patriarca per la sua complicità nel divorzio dell'imperatore. Scoppiò così la cosiddetta "questione moicheiana" (da moicheia= adulterio) che pose Teodoro in conflitto non solo con il governo imperiale, ma con gli stessi patriarchi di Costantinopoli. E' un episodio poco conosciuto sul quale, qualche anno fa, ha sollevato il velo il prof. Dante Gemmiti in un'attenta ricostruzione storica, basata sulle fonti greche e latine (Teodoro Studita e la questione moicheiana, LER, Marigliano 1993), che conferma come nel primo millennio la disciplina ecclesiastica della Chiesa d'Oriente rispettava ancora il principio dell'indissolubilità del matrimonio.

ARRESTO ED ESILIO
Nel settembre 796, Platone e Teodoro, con un certo numero di monaci del Sakkudion, furono arrestati, internati e poi esiliati a Tessalonica, dove giunsero il 25 marzo 797. A Costantinopoli però il popolo giudicava Costantino un peccatore che continuava a dare pubblico scandalo e, sull'esempio di Platone e Teodoro, l'opposizione aumentava di giorno in giorno. L'esilio fu di breve durata perché il giovane Costantino, in seguito a un complotto di palazzo, fu fatto accecare dalla madre che assunse da sola il governo dell'impero. Irene richiamò gli esiliati, che si trasferirono nel monastero urbano di Studios, insieme alla gran parte della comunità dei monaci di Sakkudion. Teodoro e Platone si riconciliarono con il patriarca Tarasio che, dopo l'avvento di Irene al potere, aveva pubblicamente condannato Costantino e il prete Giuseppe per il divorzio imperiale. Anche il regno di Irene fu breve. Il 31 ottobre 802 un suo ministro, Niceforo, in seguito a una rivolta di palazzo, si proclamò imperatore. Quando poco dopo morì Tarasio, il nuovo basileus fece eleggere patriarca di Costantinopoli un alto funzionario imperiale, anch'egli di nome Niceforo (758-828). In un sinodo da lui convocato e presieduto, verso la metà dell'806, Niceforo reintegrò nel suo ufficio l'egumeno Giuseppe, deposto da Tarasio. Teodoro, divenuto capo della comunità monastica dello Studios, per il ritiro di Platone a vita di recluso, protestò vivamente contro la riabilitazione del prete Giuseppe e, quando quest'ultimo riprese a svolgere il ministero sacerdotale, ruppe la comunione anche con il nuovo patriarca.
La reazione non tardò. Lo Studios venne occupato militarmente, Platone, Teodoro e il fratello Giuseppe, arcivescovo di Tessalonica, vennero arrestati, condannati ed esiliati. Nell'808 l'imperatore convocò un altro sinodo che si riunì nel gennaio 809. Fu quello che, in una lettera dell'809 al monaco Arsenio, Teodoro definisce "moechosynodus", il "Sinodo dell'adulterio" (Epist. I, n. 38, PG 99, coll. 1041-1042c). Il Sinodo dei vescovi riconobbe la legittimità del secondo matrimonio di Costantino, confermò la riabilitazione dell'egumene Giuseppe e anatemizzò Teodoro, Platone e il fratello Giuseppe, che fu deposto dalla sua carica di arcivescovo di Tessalonica. Per giustificare il divorzio dell'imperatore, il Sinodo utilizzava il principio della "economia dei santi" (tolleranza nella prassi). Ma per Teodoro nessun motivo poteva giustificare la trasgressione di una legge divina. Richiamandosi all'insegnamento di san Basilio, di san Gregorio di Nazianzo e di san Giovanni Crisostomo, egli dichiarò priva di fondamento scritturale la disciplina dell'"economia dei santi", secondo cui in alcune circostanze si poteva tollerare un male minore - come in questo caso il matrimonio adulterino dell'imperatore.

NON LICET
Qualche anno dopo l'imperatore Niceforo morì nella guerra contro i Bulgari (25 luglio 811) e salì al trono un altro funzionario imperiale, Michele I. Il nuovo basileus richiamò dall'esilio Teodoro, che divenne il suo consigliere più ascoltato. Ma la pace fu di breve durata. Nell'estate dell'813, i Bulgari inflissero a Michele I una gravissima sconfitta presso Adrianopoli e l'esercito proclamò imperatore il capo degli Anatolici, Leone V, detto l'Armeno (775-820). Quando Leone depose il patriarca Niceforo e fece condannare il culto delle immagini, Teodoro assunse la guida della resistenza contro l'iconoclastia. Teodoro infatti si distinse nella storia della Chiesa non solo come l'oppositore al "Sinodo dell'adulterio", ma anche come uno dei grandi difensori delle sacre immagini durante la seconda fase dell'iconoclasmo. Così la domenica delle Palme dell'815 si poté assistere ad una processione dei mille monaci dello Studios che all'interno del loro monastero, ma bene in vista, portavano le sante icone, al canto di solenni acclamazioni in loro onore. La processione dei monaci dello Studios scatenò la reazione della polizia. Tra l'815 e l'821, Teodoro fu flagellato, incarcerato ed esiliato in diversi luoghi dell'Asia Minore. Alla fine poté tornare a Costantinopoli, ma non nel proprio monastero. Egli allora si stabilì con i suoi monaci dall'altra parte del Bosforo, a Prinkipo, dove morì l'11 novembre 826.
Il "non licet" (Mt 14, 3-11) che san Giovanni Battista oppose al tetrarca Erode, per il suo adulterio, risuonò più volte nella storia della Chiesa. San Teodoro Studita, un semplice religioso che osò sfidare il potere imperiale e le gerarchie ecclesiastiche del tempo, può essere considerato uno dei protettori celesti di chi, anche oggi, di fronte alle minacce di cambiamento della prassi cattolica sul matrimonio, ha il coraggio di ripetere un inflessibile non licet.

Fonte: Corrispondenza Romana, 26/08/2015

2 - AUMENTANO GLI ATTI DI TERRORISMO FAI-DA-TE IN EUROPA
Quello che hanno fatto a noi in Iraq, tra poco lo faranno qui in Italia (VIDEO: testimonianza di padre Douglas al Meeting 2015)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/08/2015

La prontezza di riflessi e il coraggio di alcuni passeggeri - tra cui due militari americani in borghese - ha impedito che venerdì pomeriggio si compisse una strage sul treno ad Alta velocità Amsterdam-Parigi. Un 26enne marocchino, Ayoub El Qahzzani, salito alla stazione di Bruxelles, non appena varcato il confine con la Francia si è chiuso nella toilette caricando le sue armi - una pistola e un fucile kalashnikov - pronto a fare una strage sul treno affollato (554 persone a bordo). Circostanze fortuite e il coraggio di alcuni passeggeri lo hanno impedito, e il bilancio registra il ferimento di due dei passeggeri americani che lo hanno bloccato, di cui uno in condizioni gravi. Dai primi accertamenti si sa che El Qahzzani è legato ad ambienti dell'islam radicale; aveva vissuto in Spagna e poi era passato in Francia due anni fa non prima di aver fatto una puntata in Siria. E le autorità spagnole lo avevano già segnalato a quelle francesi.
Alla fine si può dire che sia andata bene, ma a nessuno sfugge che c'erano tutte le condizioni per una strage che per dimensioni avrebbe fatto impallidire quella di gennaio che aveva colpito la redazione di Charlie Hebdo e il supermercato ebraico. E che si sta moltiplicando il rischio di attentati organizzati e attuati da singoli o piccole cellule che prendono decisioni autonome.

6 MILIONI DI ISLAMICI
Con tutta evidenza la Francia, con i suoi 6 milioni di islamici, è a particolare rischio. Rispondendo alle critiche che parlano di flop dei servizi di sicurezza, questi rispondono affermando che in questo anno sono stati sventati altri sei attentati. È un dato che, nelle intenzioni, dovrebbe rassicurare, in realtà dà l'idea di quanto il pericolo di attentati fai-da-te sia diffuso. E di quanto sia difficile da controllare. È un discorso già affrontato altre volte: è più facile contrastare delle organizzazioni piuttosto che tante singole persone - o microcellule - che in qualsiasi momento possono trasformarsi in terroristi magari ubbidendo a qualche sermone di lontano imam. Non per niente, diversi analisti danno per scontata la necessità della popolazione occidentale di convivere con episodi di terrorismo fai-da-te, come quelli cui stiamo assistendo con un poco rassicurante crescendo.
La Francia, che ha circa 6 milioni di islamici, è da questo punto di vista il paese europeo più a rischio. Certo, non sono 6 milioni di potenziali terroristi, ma sono pur sempre migliaia quelli particolarmente sensibili al richiamo della guerra santa da portare nel cuore dell'Occidente. Non per niente è dalla Francia che partono il maggior numero di volontari alla volta della Siria per combattere al fianco dello Stato Islamico o del Fronte al-Nusra: 1.200, secondo le stime, con altre centinaia pronti a partire. Tra questi anche francesi convertiti all'islam. E quanti tornano sono ovviamente pronti a continuare la guerra santa in patria. È evidente che questa è solo la punta dell'iceberg di una presenza islamica che pone molte domande. Soprattutto, al fondo si deve fare i conti con una comunità - o con una parte consistente di essa - che non ha alcuna intenzione di integrarsi nella società europea.

RELIGIONI TUTTE UGUALI?
Proprio questa realtà evidenzia tutto il limite - per non dire la pericolosità - di una politica migratoria che non tenga conto di questo fattore; ma anche il limite e la pericolosità di un presunto dialogo interreligioso che censuri i dati di partenza, i fatti concreti. Come quello che purtroppo si è visto in apertura del Meeting di Rimini dove un discusso rappresentante islamico francese [...] è stato lasciato libero di impartire una lezione di dialogo e convivenza come se il problema della violenza e del terrorismo riguardasse tutte le religioni allo stesso modo. Come se i problemi di cui stiamo parlando non abbiano a che fare con l'islam. Dando per scontato che ogni religione sia fattore di libertà e che ogni religione persegua la pace e la fratellanza.
È un dialogo che ha ormai dimenticato la grande lezione di Ratisbona sul rapporto tra fede e ragione. Succedesse solo al Meeting sarebbe anche irrilevante, ma purtroppo il "politicamente corretto" in materia di religioni (e non solo) domina a tutti i livelli nella Chiesa, a partire da quelli che sono i più grandi organizzatori di incontri interreligiosi, la Comunità di Sant'Egidio. Per non parlare poi di quei vescovi, come Domenico Mogavero di Mazara del Vallo, che non più di 3 giorni fa parlava di "fandonie" sulla guerra santa e si scagliava contro chi sostiene che l'islam mette a rischio «le radici cristiane dell'Occidente».
A forza di ripetere che l'islam è una religione di pace, che coloro che praticano violenza non rappresentano il vero islam, e di legittimare e riconoscere come interlocutori autorevoli solo leader fondamentalisti, non si fa altro che peggiorare il problema: ignorando e isolando coloro (e ci sono) che dall'interno dell'islam lavorano per una riforma, e consegnando così tutti i musulmani al controllo delle organizzazioni più estremiste.

Nota di BastaBugie: ecco l'imperdibile testimonianza di padre Douglas che sostiene che l'ISIS è il vero islam al 100%: "Quello che hanno fatto a noi in Iraq, tra poco lo faranno qui da voi in Italia!".
Ecco il video di padre Douglas Al-Bazi parroco di Erbil, Iraq, al Meeting di Rimini 2015:


https://www.youtube.com/watch?t=62&v=PiYrzcUG5Kw

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/08/2015

3 - TOLKIEN E IL SEGRETO PER UN MATRIMONIO FELICE
La vera gioia senza fine nel matrimonio è possibile, ma non la troveremo mai se siamo concentrati su noi stessi
Autore: Sonia Ritondale - Fonte: Aleteia, 31/07/2015

J.R.R. Tolkien era un romantico. Quando incontrò la sua futura moglie, Edith, all'età di 16 anni, s'innamorò all'istante e iniziò immediatamente un corteggiamento informale, invitandola regolarmente nelle sale da tè locali. Quando il sacerdote che gli faceva da tutore scoprì la sua storia d'amore, tuttavia, gli proibì di avere contatti con Edith sino all'età di 21anni, per non farlo distogliere dai suoi studi. Tolkien seppur a malincuore obbedì. Per 5 lunghi anni, attese l'unica donna certo che fosse la sua anima gemella. La sera del suo 21 compleanno, scrisse una lettera a Edith, dichiarandole il suo amore e chiedendola in sposa. Una settimana dopo, erano fidanzati in attesa del matrimonio. Durante la sua vita, Tolkien scrisse poesie d'amore alla moglie, e nelle sue lettere agli amici, scrive di lei in maniera brillante. Ma forse il famoso e intramontabile contributo alla sua amata sposa fu l'intrecciare la sua storia d'amore con la mitologia del Middle Earth nella storia di Beren e Luthien. Fu difficile trovare un contributo più commovente. Scrisse al figlio, Christopher: "Non l'ho mai chiamata Edith Luthien - ma ella fu la fonte della storia che a quel tempo divenne la parte principale del Silmarillion. Fu all'inizio pensata in una piccola foresta, una radura traboccante di cicuta a Roos nello Yorkshire (dove fui per un breve periodo al comando di un avamposto di Humber Garrison nel 1917, e lei poté vivere con me per un pò). In quei giorni i suoi capelli color corvino, la sua carnagione chiara, i suoi occhi più brillanti come non li avevo visti mai, e così lei poteva cantare - e ballare."
Neppure dopo la morte, Tolkien avrebbe lasciato la sua Edith. Fu seppellito accanto a lei e sotto un'unica lapide erano scritti i nomi di Beren e Luthien. Per usare una frase popolare, Tolkien fu "innamoratissimo" della sua sposa.
 
L'AMORE VERO FA MALE
J.R.R. Tolkien fu felicemente sposato per 55 anni. In contrasto, il tasso moderno sul divorzio è in maniera scioccante più elevato, e alcuni stanno rinunciando completamente al matrimonio monogamo, sostenendo semplicemente che non è possibile o sano. Che cosa aveva Tolkien che molti matrimoni non hanno? Come lo fece funzionare? La risposta è semplice: capì che il vero amore implica l'ab-negazione.
La nozione moderna di amore è puro sentimento, e si focalizza soprattutto sull'io. Se qualcuno ti eccita, se ti fa palpitare, se sanno affermare l'io e i tuoi desideri, allora si che puoi dire di essere innamorato secondo le definizioni moderne.
Proprio perché era profondamente legato a sua moglie Tolkien rigettava questa idea squallida sull'amore . Egli abbracciava invece l'idea cattolica del vero amore fondato sull'altro - qualcosa che richiede il sacrificio degli istinti naturali e un'azione determinata sulla volontà.
Per illustrare il profondo punto di vista di Tolkien sull'amore coniugale, desidero condividere un estratto della lettera al figlio Michael Tolkien. È un lato diverso di Tolkien che molti non conoscono. A coloro i quali hanno un'eccessiva veduta sentimentale sull'amore, le sue parole possono sembrare scioccanti, persino offensive. Tuttavia, parla delle verità che, se comprese e fatte proprie, portano alla verità e alla felicità che dura a lungo nel matrimonio. Ecco una versione tronca della lettera.
 
NON C'È VIA DI SCAMPO
"Gli uomini non sono [monogami]. Monogami, non dobbiamo fingere, per la natura non lo sono. La monogamia (sebbene sia stata per molto tempo fondamentale per le nostre idee ereditate) è per scelta etica e di fede e non di carne. L'essenza di un mondo decaduto è che il meglio non lo si può ottenere con godimento gratuito, o con quello che è definito" realizzazione dell'io" ( spesso un nome carino per intendere l'indulgenza verso se stesso, completamente nemico della realizzazione dell'altro da sé) ma con sforzo, con sofferenza.
Per un cristiano non c'è scampo. Il matrimonio può aiutarlo a santificarsi e a gestire i suoi impulsi sessuali, la grazia divina può aiutarlo nella lotta, ma la lotta rimane... Nessun uomo può amare la sua sposa in anima e corpo senza un esercizio consapevole e deliberato della volontà, senza abnegazione. Ho sentito questo troppe poche volte in Chiesa, quasi mai fuori...
Quando il fascino finisce, o semplicemente le cose non vanno al meglio, l'uomo pensa di aver fatto un errore, che la vera anima gemella sia ancora da trovare. In realtà, la vera anima gemella risulterà essere solo la prima persona sessualmente attraente che gli capiterà davanti...
E naturalmente, solo in linea di principio ha ragione: hanno fatto un errore. Solo un uomo molto saggio alla fine della sua vita potrebbe esprimere un sano giudizio secondo il quale, tra tutti i rischi possibili, la scelta migliore è stata quella di sposarsi. Tutti i matrimoni, anche quelli felici, sono un errore: nel senso che quasi certamente entrambi i partner avrebbero potuto trovare un compagno più adatto. Ma, in realtà, la "vera anima gemella" è quella che hanno sposato... In questo mondo decaduto abbiamo come nostre uniche guide la prudenza, la saggezza (così poca in gioventù, troppo tardi nella vecchiaia), un cuore puro e la fedeltà nella verità..."  (Lettere di J.R.R. Tolkien, pp. 51-52)

L'AMORE È UN SACRIFICIO
Come ho detto, molti si potrebbero offendere per le parole dirette di Tolkien sul matrimonio. "Se ami davvero qualcuno," litigando, "sarà difficile amarsi! Non dovreste essere in lotta. Matrimonio come mortificazione? Com'è offensivo! Non dovresti amare veramente tua moglie."
Questa linea di pensiero non si capisce, poiché l'amore vero è una lotta contro l'amore per se stessi. È un sacrificio contro le nostre nature decadute e molto egoiste. È il morire a se stessi che dona la vita. E molti uomini che sono onesti con se stessi ammettono che Tolkien aveva ragione. Lo sforzo per la castità e la fedeltà non finisce mai, non importa quanto ami tua moglie.
L'essenza dell'amore è un atto di volontà. I sentimenti vanno e vengono nel matrimonio. Quelli che hanno matrimoni felici sono quelli che scelgono - scelgono di amare le loro mogli più di se stessi, che scelgono di sacrificare i loro desideri " a breve termine" per una felicità a lungo termine, quelli che "scelgono di dare invece che di prendere".
E sai cosa? Quando scegli di essere fedele, la felicità inevitabilmente arriva. Così molti si arrendono quando le cose diventano inevitabilmente difficili - se in quell'istante avessero scelto di essere fedeli e lottare, avrebbero trovato la vera felicità aspettando la fine della lotta.
Come scrisse un altro cattolico felicemente sposato, "ho conosciuto molti matrimoni felici, ma mai uno compatibile . L'unico scopo del matrimonio è combattere e sopravvivere a quell'istante quando l'incompatibilità diventa indiscutibile." La vera gioia e la felicità senza fine nel matrimonio sono possibili. Innumerevoli matrimoni, incluso quello di Tolkien dimostrano il fatto. Ma non troveremo mai la gioia se siamo concentrati su noi stessi. Il paradosso è che ti devi dimenticare di te stesso per trovare la felicità che cerchi.
Uomini, se desiderate un matrimonio fedele e felice, dovete morire a voi stessi. Dovete mettere vostra moglie al primo posto. Dovete amarla con sacrificio e abnegazione allo stesso modo in cui Cristo ama la sua sposa, la Chiesa. Questo è il semplice segreto per cui molti mancano il bersaglio.

Nota di BastaBugie: per leggere la biografia di Tolkien clicca qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/articoli.php?id=15
Per approfondimenti sul Signore degli Anelli e Lo Hobbit, i capolavori di Tolkien, clicca qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=8

Fonte: Aleteia, 31/07/2015

4 - UN ALTRO PASTICCIO DELLA SEGRETERIA DI STATO
Papa Francesco tirato in ballo per incoraggiare l'editrice di libri gay per bambini, poi la smentita imbarazzata e tardiva
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2015

Andiamo al sodo: se io dovessi scrivere al Papa una lettera in tono educato che inneggia al satanismo oppure che richiama la necessità - sempre in tono educato e rispettoso - di sterminare una parte dell'umanità, magari tramite aborto ed eutanasia, dovrei dunque aspettarmi una risposta dalla Segreteria di Stato, a nome del Papa, che mi augura «una sempre più proficua attività al servizio della diffusione degli autentici valori umani e cristiani»?

DOMANDA IDIOTA?
Eppure è quello che la Santa Sede vorrebbe farci credere, a leggere la nota con cui si chiarifica l'ennesimo pasticcio della comunicazione vaticana. Ieri mattina è infatti rimbalzata sui giornali di tutto il mondo la notizia lanciata dal Corriere della Sera, in cui si annunciava che papa Francesco aveva scritto a Francesca Pardi, fondatrice della casa editrice per bambini Lo Stampatello insieme alla sua compagna Maria Silvia Fiengo. Motivo del clamore? Il fatto che la suddetta casa editrice è specializzata nella pubblicazione di storielle che fanno passare la cultura omosessualista insieme al latte del biberon (Piccolo uovo e Perché hai due papà sono fra i più noti). Guarda caso, alcuni di questi libretti risultano fra quelli vietati nelle scuole comunali di Venezia dal sindaco Brugnaro.
È stata la stessa Pardi a raccontare l'emozione indescrivibile nel ricevere e aprire la lettera arrivata dal Vaticano; figurarsi poi quando ha letto che papa Francesco auspicava per lei «una sempre più proficua attività al servizio delle giovani generazioni e della diffusione degli autentici valori umani e cristiani» e le impartiva una solenne benedizione. A dire il vero la Pardi e il Corriere si sono fatti anche un po' prendere la mano e nel titolo del Corrierone auspici e benedizione diventavano anche un forte incoraggiamento ad «andare avanti» nel suo lavoro. Ma si sa, quando c'è da promuovere una buona causa si può anche gonfiare un po', Repubblica docet. Tanto poi a tornare indietro si fa sempre in tempo, si salva la faccia ma intanto il risultato è ottenuto e nessuno riprende la rettifica. La solita operazione cialtronesca. Che però in questo caso non riuscirebbe se non trovasse un'ottima sponda in Vaticano, e non è certo la prima volta.

COMUNICATO VATICANO
In realtà il Papa non ha mai letto la lettera della Pardi né si è sognato di scriverle in prima persona. Semplicemente la lettera - come tantissime altre indirizzate al Santo Padre - si è fermata in Segreteria di Stato dove c'è un apposito ufficio che si incarica di rispondere pazientemente a tutti: la firma è dell'assessore Peter B. Wells, che a nome del Papa, usa a seconda delle lettere una serie di risposte standard (ovviamente sono diverse le persone che vi lavorano e non tutto passa dalle mani di Mons. Wells). Ed è quello che è successo con la Pardi, come ha poi spiegato il comunicato ufficiale della Sala Stampa della Santa Sede (ma solo a mezzogiorno dopo che la notizia aveva già fatto il giro del mondo almeno tre volte). Insomma si tratterebbe di una forma di rituale cortesia strumentalizzata a fini ideologici. Dice infatti il comunicato vaticano: «In risposta ad una lettera al Santo Padre di Francesca Pardi, dai toni educati e rispettosi, la Segreteria di Stato ha accusato ricezione della medesima con uno stile semplice e pastorale, precisando in seguito che si trattava di una risposta privata e quindi non destinata alla pubblicazione (cosa che purtroppo è avvenuta).
In nessun modo la lettera della Segreteria di Stato intende avallare comportamenti e insegnamenti non consoni al Vangelo, anzi auspica "una sempre più proficua attività al servizio delle giovani generazioni e della diffusione degli autentici valori umani e cristiani". La benedizione del Papa nella chiusa della lettera è alla persona e non a eventuali insegnamenti non in linea con la dottrina della Chiesa sulla teoria del gender, che non è minimamente cambiata, come più volte ha ribadito anche recentemente il Santo Padre. Quindi è del tutto fuori luogo una strumentalizzazione del contenuto della lettera».

TUTTO CHIARITO ALLORA?
Eh no, manco per niente. Un fatto del genere è di una gravità tale da non poter non suscitare qualche domanda; senza considerare che è solo l'ultimo (per ora) di una serie di equivoci ed incidenti nella comunicazione che vanno tutti nella stessa direzione.
Chi cerca di minimizzare (si fa per dire) dice che in Segreteria di Stato sfornano queste risposte standard quasi meccanicamente, senza starsi troppo a soffermare su chi e cosa scrive. Il che però non è del tutto vero: anzitutto non tutti quelli che scrivono al Papa ricevono risposta (e tanti cattolici, anche consacrati, se ne lamentano); la stessa Pardi afferma di aver già inviato in precedenza un'altra lettera rimasta senza risposta (incredibile la fede con cui questa donna continua a rivolgersi al Papa). Quindi vuol dire che un qualche meccanismo di selezione esiste. In secondo luogo, il contenuto e il tenore della lettera non poteva passare inosservato. Insieme alla lettera, il cui testo integrale è stato pubblicato dalla Pardi su Facebook, sono arrivati tutti i libri finora stampati dalla casa editrice (una trentina): l'editrice voleva infatti dimostrare al Papa che non c'è in questi testi un tentativo di indottrinamento gender.
Nella lettera, «con toni educati e rispettosi» (ci mancherebbe), la Pardi accusa tanti cattolici (più o meno quelli della manifestazione del 20 giugno) di diffamarla in continuazione, «infangando» il suo lavoro e «aizzando» la gente contro lei e la sua compagna (citandole addirittura per nome negli incontri pubblici). E pensare che loro invece fanno tutto per «amore verso il prossimo», con grande sacrificio, senza aiuti economici da parte di nessuno. Invece «diverse organizzazioni cattoliche si stanno abbassando a comportamenti indegni, deformano la realtà di proposito, proprio loro che dovrebbero mostrare una tempra morale superiore: vorrei tanto che le fermasse». E via di questo passo.

UN CAMPANELLINO D'ALLARME
Si può anche essere superficiali e sbrigare il lavoro meccanicamente ma è un po' difficile leggere una lettera del genere (perché anche per trovare le risposte standard adeguate bisogna almeno leggere le lettere) e non sentire un campanellino d'allarme. Una donna accusa delle peggiori cose una buona parte del mondo cattolico, chiede al Papa di fermarle, e la Segreteria di Stato si mostra «grata per il delicato gesto e per i sentimenti che lo hanno suggerito», ringrazia, incoraggia e benedice? Ma quando mai si è vista una cosa del genere?
E a dire il vero non è che la Sala Stampa si sia poi scaldata più di tanto: oltre alla lentezza di riflessi si tratta di una precisazione, il minimo sindacale per chiarire che l'insegnamento della Chiesa sulla teoria del gender non è cambiato, ma non prima di aver giudicato «educata e rispettosa» una lettera infamante per una fetta consistente dell'associazionismo cattolico.
Se il tutto fosse davvero avvenuto per superficialità bisognerebbe dire con molta schiettezza che in quell'ufficio della Segreteria di Stato ci sono degli imbecilli, di cui ci si aspetta l'immediata rimozione per dare almeno un segnale di serietà e rispetto per il Papa, che non può essere esposto a queste figuracce mondiali (al proposito sarebbe interessante sapere se il tutto è avvenuto anche alle spalle di Mons. Wells).
Oppure dobbiamo pensare che accanto a qualche funzionario superficiale ce ne sia anche qualcuno interessato. Del resto di ecclesiastici tesi a promuovere l'agenda gay se ne notano sempre di più, anche ai piani alti del Vaticano. E anche per quel che riguarda la letteratura per bambini non si tratta del primo incidente. I lettori della Bussola più attenti ricorderanno che appena pochi mesi fa aveva creato notevole imbarazzo in Argentina e in Spagna l'uscita su alcuni quotidiani nazionali di racconti per l'infanzia titolati "Con Francesco vicino a me", sponsorizzata anche da una fondazione creata dall'allora arcivescovo Bergoglio: ebbene furbescamente i curatori dell'opera avevano inserito racconti sul modello di quelli dell'editrice Lo Stampatello, con promozione di tanti tipi di famiglie. Ovviamente tutto era stato fatto all'insaputa del Papa, ma intanto passava l'idea che Bergoglio fosse d'accordo con questi testi.
E anche in questo caso, malgrado le chiarificazioni, quel che resta nell'opinione pubblica è l'idea che Papa Francesco abbia compiuto un ennesimo gesto di rottura. E non sono solo i giornali laici a fare da grancassa. Oltre ai ritardi e alle timidezze della Sala Stampa, non si può non evidenziare che a concedere ulteriore pubblicità alle idee della Pardi sia stato un sito cattolico di informazione come Aleteia, molto legato ad ambienti vaticani. La furba editrice chiarisce a sua volta che il Papa non le ha scritto "Vai avanti", come suggeriva il titolo del Corriere, anzi sicuramente non è cambiato l'insegnamento della Chiesa in materia. Però, «le parole del Papa certificano un cambiamento di tono nel confronto» (e questo va anche nel titolo) e giù a raccontare di quanto sia bella una famiglia omogenitoriale e di come sia giusto e cristiano rispettarla. Cosa che il Papa infatti fa, mica come quelli del 20 giugno, che invece la diffamano. E ovviamente si pubblica il tutto senza distinguo.

TUTTO PREVISTO DAL CARD. RATZINGER NEL 1986
Chissà perché vengono alla mente quelle parole scritte in un documento della Congregazione per la Dottrina della Fede (firma: Ratzinger) datato 1 ottobre 1986. Il documento si intitola "Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali", è breve e semplice, e vale la pena rileggerlo tutto. In questa occasione vorrei però richiamare soprattutto i punti 8 e 9, laddove si dice: «...Oggi un numero sempre più vasto di persone, anche all'interno della Chiesa, esercitano una fortissima pressione per portarla ad accettare la condizione omosessuale, come se non fosse disordinata, e a legittimare gli atti omosessuali. Quelli che, all'interno della comunità di fede, spingono in questa direzione, hanno sovente stretti legami con coloro che agiscono al di fuori di essa. Ora questi gruppi esterni sono mossi da una visione opposta alla verità sulla persona umana, che ci è stata pienamente rivelata nel mistero di Cristo».
E ancora: «Anche all'interno della Chiesa si è formata una tendenza, costituita da gruppi di pressione con diversi nomi e diversa ampiezza, che tenta di accreditarsi quale rappresentante di tutte le persone omosessuali che sono cattoliche. Di fatto i suoi seguaci sono per lo più persone che o ignorano l'insegnamento della Chiesa o cercano in qualche modo di sovvertirlo. Si tenta di raccogliere sotto l'egida del Cattolicesimo persone omosessuali che non hanno alcuna intenzione di abbandonare il loro comportamento omosessuale. Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione.
È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la Chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile».
Più chiaro di così: già trenta anni fa, il cardinale Ratzinger avvertiva che c'è una lobby gay nella Chiesa che in combutta con quelle esterne lavora per sovvertire l'insegnamento cattolico. Forse l'origine dell'incidente di ieri non c'entra con questo ma la sensazione che in questi trent'anni certi lobbysti abbiano fatto una bella carriera ecclesiastica è molto forte.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2015

5 - PERCHE' NON ABBIAMO MAI TEMPO SUFFICIENTE E CORRIAMO SEMPRE?
La tecnologia ci fa guadagnare tempo, ma abbiamo l'impressione di esserne sempre a corto: va riscoperto il significato cristiano di ogni attimo
Autore: Laura Boccenti - Fonte: Il Timone, giugno 2015 (n. 144)

La nostra società ha prodotto una gran quantità di oggetti tecnologici destinati a farci guadagnare tempo; mai prima d'ora tali mezzi avevano raggiunto un simile livello di sviluppo. Tuttavia abbiamo l'impressione di essere sempre a corto di tempo al punto da dover andare sempre più veloci, da dover correre ed agitarci semplicemente per continuare ad essere in grado di svolgere il nostro ruolo professionale e sociale. L'accelerazione della vita è sempre più spesso accompagnata da fatica, senso d'inadeguatezza e spersonalizzazione, in altre parole è diventata una fonte di disumanizzazione. Fare sempre più cose e vivere sempre più esperienze rende l'accelerazione una forza che domina in modo totalitario la società moderna.

UN'ACCELLERAZIONE CONTINUA
Per Harmut Rosa, filosofo e sociologo tedesco (autore di Accelerazione e alienazione, cfr. bibliografia), erede della scuola di Francoforte, l'accelerazione è la caratteristica fondamentale della modernità, una caratteristica che è andata crescendo negli ultimi decenni del secolo scorso, sino ad assumere una dimensione in precedenza inimmaginabile.
L'eccesso di velocità, secondo Rosa, porta a gravi forme di autospossessamento legate al tempo e allo spazio, alle cose e alle azioni, alla percezione di sé e degli altri. Subendo la pressione di un ritmo sempre crescente, gli individui affrontano il mondo reagendo alle sollecitazioni, riuscendo sempre meno a esercitare una signoria sulla propria esistenza.
Per Harmut Rosa ci sono tre forme di accelerazione: accelerazione tecnologica, accelerazione sociale, accelerazione del ritmo di vita.
L'accelerazione tecnologica, di per sé, dovrebbe farci guadagnare tempo: un'email è più veloce di una lettera, un aereo più di un'automobile. La lavatrice o l'email potrebbero farci risparmiare tempo. Ma spesso non è così: ad esempio, la donna che fa la lavatrice lava più spesso; il professionista che rispondeva a dieci lettere al giorno oggi si trova di fronte a cento mail.
Dal canto suo, l'accelerazione sociale consiste nel "cambiamento continuo delle mode (già per loro natura effimere) e del 'panorama' politico, culturale, artistico". Questo cambiamento continuo " ci fa perdere la nozione di un'identità stabile, sostituita da identità fluide e continuamente reinventate" e consiste nel fatto che "molto più spesso di quanto avveniva un tempo, nel corso della vita cambiamo lavoro, città, qualche volta coniuge, affiliazione politica o religione - e qualcuno cambia perfino sesso" (Massimo Introvigne, Non ho più tempo, cfr. bibliografia).
L'accelerazione tecnologica intrecciandosi con l'accelerazione sociale, determina un'accelerazione del ritmo di vita, che ci dà l'impressione di non avere mai tempo. Non solo si mangia e si parla più rapidamente, si riducono le pause e i 'tempi morti' fra un'azione e l'altra, ma inoltre facciamo più cose contemporaneamente, come mangiare e concomitantemente guardare la televisione e leggere messaggi e mail.

LE CAUSE
Per Introvigne la sociologia ha individuato tre motori che spingono l'accelerazione della vita: il motore economico, quello sociale e quello culturale.
Il primo è il bisogno dell'economia di mercato di vendere sempre nuovi prodotti, così che quelli precedenti devono essere sostituiti dopo pochi anni.
Il motore sociale consiste nella molteplicità di ruoli che ciascuno ricopre - siamo professionisti, ma anche genitori, sportivi, soci di un circolo, ecc. - e ogni ruolo cerca di 'colonizzare' il nostro tempo come competitor degli altri. Questa differenziazione dei ruoli, ciascuno con pretese egemoniche, genera facilmente stress e malfunzionamenti nelle relazioni sociali.
Ma il motore principale dell'accelerazione è quello culturale; la "mentalità (post)moderna ci persuade che chi va lentamente è un perdente mentre chi va di fretta alla fine della vita avrà avuto il doppio delle esperienze. Ma questo sostituto secolare dell'eternità fallisce, perché ogni esperienza apre la possibilità di altre, e nessuno potrà davvero viverle tutte".

CHI È SEMPRE RAGGIUNGIBILE LAVORA SEMPRE
Tutto ciò finisce per spossessarci della nostra vita, perché veniamo costretti a viverla nel rispetto dei ritmi accelerati e delle priorità che ci vengo imposti.
Una conseguenza importante dell'accelerazione sociale è la tendenza al venir meno della distinzione fra lavoro e tempo libero. Chi è sempre raggiungibile per email o cellulare lavora sempre.
Le previsioni di Harmut Rosa sono drastiche: l'accelerazione non può che continuare come "corsa in avanti senza briglie verso l'abisso", che porterà a catastrofi ecologiche malattie epidemiche incontrollabili ed esplosioni di violenza da parte degli 'esclusi' dell'accelerazione.
Secondo altri sociologi che studiano l'accelerazione è ormai impossibile rinunciare agli smartphone o ai tablet o ricreare una società pre-digitale e, oltre a non essere fattualmente praticabile, non serve, perché l'accelerazione è ormai dentro di noi e il fatto culturale è più importante di quello tecnologico.
Pertanto, ciò che è invece davvero necessario è riconquistare un rapporto non malato con il tempo, introducendo dei correttivi che impediscono alla velocità di superare la nostra capacità di riflessione e giudizio, in modo da mantenere un'espressione di sé misurata e autentica.

RISCOPRIRE L'OTIUM
Già nel 1952 il filosofo cattolico tedesco Josef Pieper (1904-1997) nel saggio Otium e culto aveva rilanciato l'idea classica e cristiana dell'otium, inteso come atteggiamento spirituale, con cui si contemplano le cose e si decide che la propria azione, opposto sia alla pigrizia sia all'agitazione. Secondo Pieper, nella società moderna l'otium è necessario a salvaguardia e difesa dell'umano.
Non si tratta perciò di rifiutare la tecnologia, ma d'intervenire in modo concreto sul rapporto culturale con il tempo, come il Magistero della Chiesa indica e cioè liberandoci della smania dell'efficienze e dedicando tempo alla preghiera e al silenzio: "Là dove i messaggi e l'informazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio" (Benedetto XVI Messaggio per la XLVI Giornata delle Comunicazioni Sociali, 24.1.2012).

VIVERE CRISTANAMENTE OGNI MOMENTO
Ora, bisogna distinguere il momento, che è l'istante in cui viviamo, dal tempo globale. Come ha detto Papa Francesco, "Forse non possiamo sentirci padroni del momento", ma "l'inganno è crederci padroni del tempo. Il tempo non è nostro. Il tempo è di Dio". Certamente il momento è a volte nelle nostre mani, anzi "noi possiamo diventare sovrani del momento. Ma del tempo c'è solo un sovrano: Gesù Cristo. Per questo il Signore ci consiglia: "Non lasciatevi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: Sono io, e il tempo è vicino. Non andate dietro a loro (Daniele, 2, 31-45). Non lasciatevi ingannare". Papa Francesco a questo proposito ricorda che "il cristiano è […] colui che sa vivere nel momento e sa vivere nel tempo" (meditazione in S.Marta 25.11.2013).
Il cristiano per vivere il momento senza lasciarsi ingannare dai falsi profeti deve orientarsi con la preghiera e il discernimento, ha spiegato il Santo Padre, che ha poi fatto riferimento alla Parabola del fico (Marco 13,28-29), nella quale Cristo riprende quanti sono capaci di intuire l'arrivo dell'estate dal germogliare del fico e non sanno invece riconoscere i segni del progetto di Dio. E ha spiegato che il discernimento serve "per conoscere i veri segni [divini], per conoscere la strada che dobbiamo prendere in questo momento".

Fonte: Il Timone, giugno 2015 (n. 144)

6 - L'OMBRA DELLA DITTATURA GAY SUL MEETING DI RIMINI
La Repubblica inventa un caso per chiudere la bocca ai frati domenicani che organizzano incontri sul gender, la direzione del Meeting si piega al ricatto e fa sospendere gli incontri
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2015

Quella che segue è una storia triste, che chi - come il sottoscritto - ha seguito e vissuto con affetto e passione il Meeting di Rimini fin dalla prima edizione, non avrebbe mai pensato di dover scrivere; né lo avrebbe voluto. Perché la storia ci dice che si è arrivati alla censura di un ordine religioso (fedele alla Chiesa) per acquiescenza a intimidazioni esterne. Ma andiamo con ordine.

ARGOMENTI SCOTTANTI EVITATI
Come ormai è noto da alcuni anni il Meeting di Rimini - seguendo le indicazioni dei vertici di Comunione e Liberazione - evita accuratamente di affrontare argomenti che possano creare polemiche o strumentalizzazioni da parte del mondo laico o anche all'interno della Chiesa; evita qualsiasi intervento che possa essere etichettato come battaglia culturale e che possa essere considerata una forma di contrapposizione. L'obiettivo è invece affrontare quella che viene individuata come la radice del problema umano. È così che anche quando si mette a tema l'uomo, l'antropologia, l'io si evitano accuratamente incontri che diano un giudizio su quanto sta dividendo la società italiana: il gender, la definizione della famiglia, la vita, e così via. Questo solo per spiegare il contesto in cui si sviluppano i fatti di questi giorni.
All'interno dei padiglioni della Fiera di Rimini, oltre alle mostre ufficiali del Meeting, alle sale per gli incontri e agli spazi per gli sponsor, ci sono in questa settimana molti stand che altrettante associazioni pagano per farsi conoscere, per incontrare o poter proporre le proprie iniziative ai visitatori dell'incontro riminese. Tra questi stand da diversi anni spicca la libreria delle Edizioni Studio Domenicano (ESD), la casa editrice dell'Ordine dei predicatori fondato da San Domenico. È uno stand che in questi anni è diventato un vero e proprio punto di riferimento per tante persone che affollano i locali della fiera perché offre ogni giorno diverse possibilità d'incontro: alle 12.45 un momento di preghiera e di testimonianza; alle 16 un incontro di teologia o spiritualità con uno dei padri domenicani; alle 18 un incontro sull'attualità, bioetica e famiglia soprattutto, temi di cui è esperto padre Giorgio Maria Carbone, direttore della casa editrice bolognese nonché collaboratore de La Nuova BQ.

PARLO ANCH'IO! NO TU NO!
E ogni sera infatti padre Carbone si fa affiancare da amici - giornalisti, medici, scienziati - per affrontare questi temi. O perlomeno li affrontava. Quest'anno infatti, il tema ricorrente alle 18 era il gender, tema a cui padre Carbone ha dedicato anche un agile libro, di cui abbiamo già parlato anche su La Nuova BQ, e che spiega in modo semplice ma rigoroso origine, sviluppo ed obiettivi dell'ideologia gender.
Nelle prime due sere di Meeting, giovedì e venerdì, è stato il sottoscritto a tenere compagnia al padre domenicano, ma la crescente popolarità di questi incontri - almeno un centinaio di persone a sera - deve aver attirato la curiosità di qualcuno. Così all'incontro di sabato, che al fianco di padre Carbone vedeva il dottor Renzo Puccetti (altro collaboratore della Nuova BQ), si sono presentati in modo fraudolento due giornalisti di Repubblica, Francesco Gilioli e Giulia Costetti, che spacciandosi per un service ad uso del Meeting hanno filmato l'intero incontro, ovviamente alla caccia di una qualche frase che potesse "incriminare" i relatori.
Così di lì a poco sul sito di Repubblica è apparso un breve servizio con un video del discorso di padre Carbone, titolato: «Meeting Rimini, "Le coppie omosessuali più esposte a malattie cardiovascolari e suicidio"», con un testo che spiega che si tratta di «una singolare teoria di padre Giorgio Carbone» (affermazione ripetuta su Repubblica di ieri). Doppia menzogna: primo, perché si fa credere che si tratti di una posizione del Meeting di Rimini o di uno dei relatori invitati al Meeting, mentre si tratta semplicemente di un evento all'interno di uno stand ospitato che con il programma ufficiale non c'entra nulla; secondo, perché quella enunciata non è una teoria - men che meno singolare - di padre Carbone, bensì il risultato di uno studio approfondito sulla popolazione danese svolto da due ricercatori - M. Frisch e J. Simonsen - e pubblicato nel 2013 nell'International Journal of Epidemiology. Si chiama "Matrimonio, coabitazione e mortalità in Danimarca: studio nazionale su 6,5 milioni di persone seguite per tre decenni (1982-2011)". Lo studio è citato a pagina 65 del libro "Gender - L'anello mancante?", appunto scritto da padre Carbone, il quale si sforza con questo di spiegare che bisogna partire dalla realtà, dai dati veri, e non dall'ideologia.

IL TERRIBILE PRETE AL MEETING
Ad ogni modo è bastato il titolo ad effetto di Repubblica - tanti giornalisti purtroppo non si preoccupano neanche di leggere quel che c'è scritto negli articoli che vengono citati - per far rimbalzare ovunque la notizia di un prete al meeting che dice cose terribili sui gay. Non contenti, i due giornalisti - che in un paese serio sarebbero sanzionati per violazione della deontologia professionale - hanno approfittato della presenza in fiera per giocare un brutto scherzo anche ai volontari del Meeting. Si sono portati due dei libriccini per bambini di scuola materna di cui il neo-sindaco di Venezia Brugnaro ha vietato la diffusione nelle scuole comunali, e - senza spiegare nulla - ne hanno fatto leggere qualche pagina a volontari del Meeting pescati qua e là nella fiera. I quali, non sapendo neanche il motivo di quella richiesta, nelle poche battute lette non hanno trovato nulla di strano. Ed ecco perciò un secondo video, pubblicato sul sito di Repubblica insieme a quello di padre Carbone, che spiega come «I ciellini leggono i libri "gender" ritirati dalle scuole: "Ma non c'è nulla di scandaloso"».
L'effetto voluto è chiaro, e anche la figura barbina assicurata a ospiti e volontari del Meeting.
Avendo presente anche il fresco esempio del Papa, ci si sarebbe potuto aspettare che la direzione del Meeting prendesse almeno i due giornalisti mattacchioni di Repubblica e ritirasse loro l'accredito, viste le evidenti violazioni del codice deontologico. Si possono esprimere tutte le opinioni che si vogliono ma quando si scrivono falsità e si ingannano gli interlocutori, invocare la libertà di stampa è un insulto alla nostra professione. Del resto se il fondatore di quel giornale ammette candidamente di inventarsi i contenuti delle conversazioni con il Papa che pubblica, non ci si può aspettare molto di meglio da chi lavora per lui. E infatti, non paghi, Gilioli e Costetti ieri pomeriggio si sono presentati all'incontro delle 16 e malgrado padre Carbone abbia diffidato pubblicamente dal registrare l'incontro, minacciando azioni legali, i due hanno proseguito imperterriti, infischiandosene di ogni regola e contando evidentemente sull'impunità.
Dunque, un duro richiamo a rispettare fatti e persone ci si aspettava dalla direzione del Meeting. Che invece ha preferito prendersela con padre Carbone, invitandolo gentilmente a sospendere gli incontri sul gender per non prestarsi a ulteriori strumentalizzazioni. Ecco calare così la censura su argomenti che pure il popolo del Meeting dimostra di voler conoscere meglio. Non per niente ieri sera alle 18, dopo l'annuncio della cancellazione dell'incontro che prevedeva anche l'intervento delle giornaliste Benedetta Frigerio (Tempi) e Raffaella Frullone (Radio InBlu), le tante persone presenti hanno continuato a restare sul posto proprio per approfondire il tema del gender.

TUTTO PREVISTO: E' LA DITTATURA GAY
Già questo atteggiamento del Meeting basterebbe per lasciare sconcertati, anche se padre Carbone ha giustamente detto dal microfono che quanto accaduto è in qualche modo già previsto nel suo libro. Leggiamo infatti a pagina 139: «Come ogni teoria che non ha alcuna aderenza alla realtà, anche le teorie del gender si stanno imponendo come ideologia e dittatura. Se non sei in linea con la prospettiva di genere e il pensiero gender, il minimo che tu possa ricevere è sentirti dire che sei un reazionario e arretrato fondamentalista, un troglodito rozzo e bigotto. In questo modo i dittatori del gender rendono impossibile qualsiasi possibilità di dialogo e confronto. Limitano la libertà di pensiero e di espressione, ad esempio introducendo nuovi reati di pensiero, come l'omofobia e la transfobia (…) e discriminano chi non si adegua a questa nuova visione dell'uomo». La novità è che questo accada anche al Meeting di Rimini, la prova che gli spazi di libertà si stanno inesorabilmente restringendo.
Dicevo che già questo basterebbe per lasciare sconcertati. Ma purtroppo c'è anche di più. Ieri sera infatti è stata ancora una volta Repubblica - con evidente soddisfazione - a dare ufficialmente la notizia della sospensione degli incontri allo stand delle Edizioni Studio Domenicano, con queste parole: «Giù la saracinesca, fine dei dibattiti. Non è piaciuta alla direzione del meeting di Rimini l'intraprendenza di padre Giorgio Carbone. Gli incontri nello stand dei domenicani, tutti dedicati alla cosiddetta "teoria gender", sono, per il momento, sospesi. E non è detto che la discussione riprenda. Giustificazione ufficiale: "Evitare la sovrapposizione di dibattiti ed eventi nel già ricco programma della manifestazione". In realtà il meeting scarica il religioso protagonista degli ultimi due giorni della rassegna. Prima per aver dichiarato, davanti alle telecamere, che "le coppie omosessuali sono più esposte al rischio di malattie cardiovascolari e al suicidio", poi per aver cacciato quelle stesse telecamere, sotto minaccia di azioni legali».
Un'altra ricostruzione falsa di quanto accaduto in questi due giorni, ma la versione di Repubblica secondo cui il Meeting tratta come un fastidio insopportabile un frate domenicano, rischia di passare come la versione ufficiale dei fatti visto che - almeno fino a tarda sera - non c'erano comunicati ufficiali sul sito del Meeting da parte della direzione. E peraltro Repubblica non sembra accontentarsi. In coda al servizio, dopo aver registrato con soddisfazione lo stop agli incontri, Giulia Costetti fa infatti notare che «sospesi i dibattiti e silenziati i microfoni, restano i libri, dai titoli inequivocabili. "Gender distruzione", "I veleni della contraccezione", Pillole che uccidono"». Insomma Repubblica vuole che siano fatti sparire anche i libri. Sarà accontentata anche in questo per evitare contrapposizioni?

DOSSIER "MEETING DI RIMINI"
La decadenza di CL

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 24/08/2015

7 - QUELLO CHE AVREI DETTO AL MEETING DI RIMINI SE LA CENSURA GAY NON MI AVESSE IMPEDITO DI PARLARE
Ho chiesto spiegazioni ai responsabili del Meeting e mi è stato risposto che si preferiva non creare polemiche inutili
Autore: Benedetta Frigerio - Fonte: Tempi, 29/08/2015

La prima bugia dell'ideologia gender è la sua negazione come tale. C'è chi dice che non esiste. Ma la storia documenta altro. All'inizio degli anni Sessanta il movimento femminista associa la liberazione della società con la liberazione sessuale secondo lo schema marxista ma rivisitato. Se per Marx la liberazione dell'uomo e della società sarebbe avvenuta attraverso la lotta fra padrone e operaio tramite lo strumento del capitale, per il femminismo sarebbe avvenuta nello scontro fra i sessi tramite lo strumento del corpo e del linguaggio.
Lo stesso Friedrich Engels, ripreso dal pensiero femminista, nel suo saggio L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato, descrive l'inizio della società come fondata sul matriarcato, dove non esiste la proprietà privata. Nello stesso tempo, grazie alla rivoluzione sessuale, la donna pensa che la liberazione sia innanzitutto legata al corpo, che "è mio e lo gestisco io". Grazie a questo anche l'omosessualità diventa per la prima volta un atto di libertà da rivendicare in un movimento che esce allo scoperto nel 1969 a New York. Alla fine degli anni Cinquanta su questa stessa scia aveva costruito il suo pensiero, ripreso poi dalle femministe e dal movimento gay, l'ideatore dell'ideologia gender, lo psicologo americano John Money e lo psicanalista Robert Stoller che separava il sesso dal cosiddetto genere sessuale.

CHI È IL DOTTOR MONEY?
Vale la pena qui ricordare chi è Money. John Colapinto, giornalista musicale americano, ha scritto un libro, Bruce, Brenda e David, in cui si racconta la drammatica vicenda di un bambino, Bruce Reimer, nato nel 1969 in Canada, che perse il pene in seguito a un errore medico.
I suoi genitori disperati videro in tv il dottor Money che spiegava che il sesso non aveva nulla a che fare con il genere sessuale, che poteva essere scelto a prescindere da qualsiasi dato biologico. Bruce fu quindi visitato dallo psicologo che convinse i genitori a crescerlo come Brenda. Peccato che il piccolo giocasse con i maschi, cercasse di fare la pipì in piedi e che, crescendo, fosse attratto dalle donne. Bruce fu anche bombardato di ormoni, ma crescendo, cresceva anche la disperazione e al momento dell'operazione per cambiare definitivamente sesso fuggì disperato. Anche i suoi genitori e il fratello gemello Brian subivano l'infelicità del ragazzo, tanto che un giorno il padre di Bruce gli rivelò la verità. In seguito Bruce cambiò i suoi documenti con il nome maschile di David. Pochi anni dopo si sposò e durante un'intervista, sottotitolata in italiano, fece un appello chiedendo alla gente di combattere questa ideologia e domandando cosa dovesse accadere ancora perché ci si opponesse: "Forse che qualcuno si uccida?". Il suo gemello, la cui esistenza fu rovinata da Money, si suicidò. Di fronte a questo ennesimo dolore David non resse e si tolse la vita.
Nel frattempo Money continuò ad essere premiato dalla comunità scientifica internazionale, che non ha mai smentito le sue teorie.

LA STRATEGIA DEL MOVIMENTO GAY
Intanto, il movimento femminista, sapendo che la società non avrebbe mai accettato tali teorizzazioni decide di organizzarsi in piccoli gruppi culturali interni agli atenei universitari. E negli anni Ottanta vengono istituiti oltre 800 dipartimenti di Women's Studies. Anche il movimento gay capisce che è dalle istituzioni culturali, scientifiche e politiche che occorre partire, occupando i posti di potere. Accade così che nel 1973 si arriva a eliminare dal manuale delle malattie diagnostiche l'omosessualità. Simon LeVay, noto ricercatore e attivista gay, confessa: «L'attivismo gay era chiaramente la forza che ha spinto l'Apa (American psycological association) a declassificare l'omosessualità dai disturbi di mente». Inoltre due ex presidenti dell'Apa, Wright e Cunnings, in un libro Destructive Trends in Mental Health scrivono che «una tempesta politica era stata creata dagli attivisti gay all'interno dell'associazione e quegli psichiatri fortemente contrari alla normalizzazione dell'omosessualità sono stati demonizzati e persino minacciati di morte». Dopo di che fu presa una decisione per alzata di mano e l'omosessualità fu così depatologizzata.
Nel frattempo diventava patologico ciò che è sempre stato normale: la persona che ritiene contro natura la pratica omosessuale viene definita omofoba, ossia con una paura patologica (fobia) dell'omosessuale. Come vedete è già la seconda parola inventata. Anche il genere che oggi usiamo tranquillamente per descrivere il sesso di una persona, fino a poco tempo fa era solo un termine grammaticale. Cambiando il linguaggio si riesce a travisare la realtà.
Ma procediamo, il movimento femminista mirava anche al potere politico e alle sedi internazionali. Come l'autrice americana Dale O'Leary dimostra raccontando ciò di cui fu testimone oculare quando andò alla conferenza Onu del Cairo (1994) e di Pechino (1995) anche su incoraggiamento di Giovanni Paolo II che, a conoscenza del pericolo, chiese a tutti gli Stati di opporsi tramite una missiva. Al Cairo le femministe posero il problema di rimodellare «i confini tra il naturale – e la sua relativa inflessibilità – e il sociale e la sua relativa modificabilità» e di rivisitare «i diritti dell'uomo secondo la prospettiva di genere». A Pechino fu presentata un'agenda politica che andava dai «mutamenti nella struttura della parentela, al dibattito sul matrimonio gay, alle condizioni per l'adozione e l'accesso alla tecnologia riproduttiva».
Il genere fu riferito «alle relazioni tra uomo e donna basati su ruoli definiti socialmente che si assegnano all'uno e all'altro sesso». Tutto ciò fu accolto grazie agli escamotage delle femministe che, ad esempio, la misero ai voti proprio quando la delegazione delle donne africane, ad essa contrarie, erano ormai partite, ottenendo la maggioranza. Di qui il linguaggio passerà in Europa, ma come spiegherò poi.

LA STRATEGIA CAMBIA
Ora torniamo agli anni Novanta quando si diffonde il libro After the ball, di Kirk, neuropsichiatra, e Madsen, esperto di tattiche di persuasione, entrambi noti attivisti Lgbt. Il loro libro serve a denunciare gli errori della battaglia gay, fondata sullo scontro, e a cambiare strategia. Fra le raccomandazioni c'è la desensibilizzazione degli eterosessuali (altro termine inventato e da non utilizzare, poiché esistono solo gli uomini e le donne, mentre l'omosessualità è un'emozione mutevole), che avviene inondano la società di immagini e messaggi omosessuali. Bisogna poi smetterla di differenziarsi e confondersi con le persone comuni in modo da abituarle «ingannandoli a credere che tu e loro parlate lo stesso linguaggio». Bisogna poi dipingersi come vittime e smettere di aggredire, usando come arma la diffusione dell'Hiv se serve. C'è poi la tattica del grippaggio dove «mostrando le terribili sofferenze degli omosessuali» si giochi sul «senso di colpa» dei cristiani, che devono «apparire i cristiani bigotti».
Per chi ancora crede alla dietrologia di chi parla di lobby gay miliardarie vorrei fare l'esempio della Glen (associazione gay irlandese). Breda o'Brian, dell'Irish Time, durante la campagna referendaria sull'introduzione del matrimonio fra persone dello stesso sesso in Irlanda ha documentato che l'associazione americana Atlantic Philanthropies, tra il 2001 e il 2010 ha versato alla Glen oltre 7 milioni di dollari trasformando quella che era un'associazione con un dipendente che si occupava di lotta all'Aids in una vera e propria macchina da guerra. Si legge su un documento della stessa Glen che «le donazioni pluriennali» le hanno permesso di «trasformarsi in una macchina da lobbying operante a tempo pieno» che «lavora nella macchina di governo utilizzando un modello pragmatico che consolida il supporto, conquista i dubbiosi e pacifica coloro che si oppongono».
Esattamente quello che è accaduto in Irlanda dove, come descrive John Waters persino l'intervento della Chiesa è stato soft se non controproducente, dato che ci sono stati vescovi che hanno parlato della famiglia come luogo non unico ma "migliore" dove crescere i figli. Anche per questa assenza, la maggioranza di chi ha votato contro il matrimonio fra persone dello stesso sesso non ha avuto la forza di farlo pubblicamente.

LA SITUAZIONE ITALIANA (ED EUROPEA)
Ma torniamo all'Europa. Nel 2010 il Consiglio d'Europa ha votato una raccomandazione non vincolante, ma comunque adottata dall'allora ministro Elsa Fornero nel 2013, «sulle misure volte a combattere la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere», dove si legge che «le persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (Lgbt)… sono vittime di omofobia, transfobia» e che vanno tutelate negli ambiti legislativi come il lavoro, l'educazione, la salute, la libertà di espressione. Si chiedono quote particolari per le persone Lgbt, che lavorano per educare i bambini a vivere la propria sessualità senza schemi e si raccomanda di vigilare affinché siano puniti espressioni o idee omofobe. Tutto ciò è contenuto nel testo della Fornero: "Strategia Nazionale per la prevenzione ed il contrasto delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere", finanziata dal governo Letta con 10 milioni di euro. Il Dipartimento delle Pari Opportunità e l'Unar la implementano con "Tante diversità uguali diritti" volta combattere l'omofobia tramite la consultazione delle associazioni Lgbt per agire nelle scuole con corsi per dirigenti, docenti e l'empowerment delle persone Lgbt nelle scuole sia tra gli insegnanti sia tra gli alunni. Si è proseguito con le linee guida per i giornalisti che censurano parole come "famiglia" o "utero in affitto", per passare ai libretti Educare alla diversità, i cui testi, denunciati per primo da Tempi e dalle Sentinelle in Piedi, sono stati ritirati, ma che somigliano a quelli di indottrinamento comunista, in cui i bambini vengono messi contro "i genitori omofobi". Ricordo poi il ddl Scalfarotto del luglio 2013, che suscitò la mobilitazione delle Sentinelle in Piedi e che mirava a introdurre il reato di opinione per omofobia. I fatti di cronaca dove già si vede in atto la "caccia all'omofobo", l'odio verso chi difende la fede cristiana e la natura umana, sempre raccontanti da Tempi, sono infiniti.
Ma a chi ancora non crede all'esistenza dell'ideologia gender ricordo il pensiero di quella che viene considerata come l'ideologa vivente principale del movimento femminista, la professoressa americana Judith Butler che parla del genere come «di una costruzione culturale, esso non è il risultato causale del sesso, né è fisso come il sesso» ma «la maschilità potrà essere riferita sia a un corpo maschile sia a uno femminile e la femminilità sia a un corpo maschile sia a uno femminile». Ora siamo alle Unioni Civili dove grazie al grippaggio e ad altri fattori persino all'interno della Chiesa si teme di parlare di unioni contro natura e di spiegare perché per il cristiano sono un peccato morale grave che normato diffonde infelicità in tutta la società.

DOSSIER "MEETING DI RIMINI"
La decadenza di CL

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Fonte: Tempi, 29/08/2015

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: MODIFICARE LA PREGHIERA DELL'ALPINO VUOL DIRE ACCETTARE IL PACIFISMO
Dopo le precisazioni del vescovo resta la domanda: il soldato si deve vergognare di essere tale quando compare davanti a Gesù?
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 01/09/2015

Cari amici di BastaBugie,
sono un lettore fedele del vostro sito e sono anche un ex alpino, anzi un ex artigliere da montagna, classe 1947, soldato semplice di leva, figlio di alpino ex combattente della 2° guerra mondiale. Abito in un paese a circa 20 km dal luogo della "profanazione".
Leggendo il vostro articolo sull'antica Preghiera dell'Alpino [IN ONORE AL PACIFISMO, IN CHIESA VIENE CENSURATA L'ANTICA PREGHIERA DELL'ALPINO https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3876] la cosa che più mi ha colpito è stata quella di aver attribuito all'Ufficio liturgico della diocesi di Vittorio Veneto una responsabilità che non la coinvolgeva direttamente. Il Vescovo stesso ha fatto alcune precisazioni. E quindi non si sarebbe dovuto parlare di censura che mi pare linguaggio più consono a Salvini che a voi.
La decisione di un singolo prete infatti non dipendente direttamente dal Vescovo, essendo lui un religioso Servita, che chiede di sostituire la parola "armi" con "animi" e "contro" con "di fronte", non mi è parsa una proposta disdicevole, né meritevole di tutta quella risonanza mediatica dove persone serie si sono confuse con opportunisti di vario genere che ne hanno travisato il significato.
Certo non trovo nulla di scandaloso nella preghiera originale, ma neppure in chi ha una sensibilità un po' diversa e chiede qualche modifica. Le posso garantire che ci sono molte persone, alpini e non che ritengono che la preghiera abbia un modo di esprimersi un po' datato. Nei nostri paesi questa preghiera durante i funerali è frequentissima. Evidentemente questo povero prete, che veniva da fuori, non si aspettava una reazione del genere, ma non aveva ricevuto ordini, forse ha cercato solo di far valere la sua sensibilità.
Quando durante il mio servizio militare, inizio anni '70, veniva proclamata questa preghiera, già tra i miei commilitoni, non tutti ne condividevano il contenuto e la forma, anche se per la maggioranza risultava del tutto indifferente. Infatti ci sono sensibilità diverse come quando durante la Santa Messa, il Cappellano militare, a Bassano del Grappa, pretendeva che coloro che volevano fare la comunione si recassero a riceverla dopo aver deposto il fucile. Ma secondo il regolamento il soldato non poteva mai abbandonare la propria arma e il Comandante non voleva permetterlo. Ma si è arrivati al compromesso che un soldato veniva incaricato di custodire i fucili per il breve periodo in cui uno si accostava per ricevere il Corpo di Cristo.
Da passato più o meno recente, si possono imparare ancora tante cose, ma non a senso unico.
Cordiali saluti.
Marino

Caro Marino,
la ringraziamo per le sue interessanti precisazioni, ma l'articolo in questione è solo un commento alla notizia apparsa sui giornali.
Detto questo, devo però constatare che ciò che fa problema, e che è stato giustamente messo in risalto nell'articolo, è la mentalità pacifista sottesa ai fatti. Non si vede infatti il motivo per cui si debbano sostituire alcune parole... Perché sostituire "armi" con "animi" e "contro" con "di fronte"? Cosa c'è di disdicevole nella preghiera? Sono d'accordo con lei quando dice "non trovo nulla di scandaloso nella preghiera originale". E qui sta il punto! Visto che non c'è nulla di disdicevole, perché fare modifiche? Perché cambiare delle parole non disdicevoli (anzi!) se non per rispetto della mentalità pacifista oggi così pericolosamente diffusa?
Anche l'episodio da lei raccontato delle armi deposte per fare la comunione contravvenendo a un dovere proprio del soldato, cioè non abbandonare mai e per nessun motivo l'arma, non è forse un altro regalo alla mentalità pacifista? Forse il soldato è un mestiere disdicevole? Forse non è un mestiere cristiano? Forse il soldato si deve vergognare di essere tale quando compare di fronte a Gesù Cristo?
Sarebbe molto utile al proposito, leggere il bel libro di Rino Cammilleri: I Santi militari, ed. Piemme.
Per capire la questione "si pensi ad esempio al Vangelo e agli uomini d’armi incontrati ed elogiati da Gesù, il quale mai intimò loro di “cambiar mestiere” per diventare suoi discepoli... Gesù stesso infatti non era venuto a portare la pace (come la intende il mondo: assenza di conflitti armati per meglio godersi la vita), ma la spada (cioè la lotta contro i propri difetti e per la difesa del Vangelo a costo del sacrificio e della morte).
Si ricordi inoltre che nei primi secoli, al di qua della svolta costantiniana del 313, furono gli eretici e non i Padri della Chiesa ad essere contrari ad ogni uso della forza e alla carriera militare. Nel medioevo cristiano poi, quando «la filosofia del Vangelo governava gli Stati» (Leone XIII) fiorirono la cavalleria e il feudalesimo e nacquero appositi ordini religiosi, di taglio militare, per molteplici scopi di carità sociale e di protezione, i quali ebbero sempre il sostegno dei Papi, dei Concili e dei Vescovi. Che il pacifismo, contemporaneo o antico, fu sempre considerato una dottrina irragionevole e contraria al dogma cattolico appare evidente e, per prenderne atto, basta leggere l’omonima voce nella insuperata Enciclopedia Cattolica, opera impareggiabile di dotti e specialisti, voluta, sostenuta e approvata da Pio XII. Se ancora il “Catechismo della Chiesa cattolica” promulgato in versione definitiva da Giovanni Paolo II nel 1997 ricorda ai nn. 2309 e ss. i criteri e le nozioni della guerra giusta, della legittima difesa con la forza militare e del servizio della patria nella vita militare (quale agente del bene comune e della pace), non si può non lamentare un decadimento generalizzato in ambito cattolico nell’apprezzamento delle “virtù militari” e dell’eroismo del soldato, concetti tante volte celebrati in memorabili discorsi di Pio XI e Pio XII. La lista dei santi militari è davvero lunga, come ricorda Rino Cammilleri nel suo bel testo, e quello che manca di più nel contesto dell’aggiornamento post-conciliare è la visione agonistica della vita quale combattimento, lotta, gara, “guerra santa”, visione però assai presente nella cristianità: sia nella patristica (si pensi alle due città in permanente conflitto di sant’Agostino), sia nella teologia medioevale (cfr. un san Francesco che si voleva cavaliere e araldo del Gran Re o santa Caterina da Siena che sviluppa nelle sue lettere una vera e propria teologia della Crociata), che nella stessa Chiesa contemporanea che ha sviluppato con l’istituzione dei cappellani militari, attivi e intrepidi in ogni guerra del ’900, una paterna presenza accanto ai militi di tutte le bandiere. La virtù di fortezza è un dono dello Spirito Santo conferito al cristiano nel momento della Cresima, dono che lo rende davvero un soldato di Cristo, apostolo e militante della causa cattolica." (Corrispondenza Romana n.1108 del 12/9/2009)

Per leggere un estratto del libro di Rino Cammilleri, I Santi militari, ed. Piemme, si può cliccare sul seguente link:
RIVOLUZIONE FRANCESE: LIBERTE', EGALITE', FRATERNITE', TI S'AMMAZZE'...
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=257

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 01/09/2015

9 - OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 7,31-37)
Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 settembre 2015)

Il profeta Isaia, nella prima lettura, assicura gli israeliti che erano in esilio, e che si erano smarriti di cuore, che il Signore era loro vicino e che sarebbe venuto a salvarli. Come segno della venuta del Salvatore, egli dice: «Allora si apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno gli orecchi dei sordi» (Is 35,5). Venne realmente il tempo della loro liberazione, quando poterono rientrare nella loro patria, ma il segno degli occhi che si aprono e delle orecchie che si schiudono si realizzò pienamente solo con la venuta di Gesù, il vero Salvatore, Colui che ci libera dalla vera schiavitù che è quella del peccato.
Così, andando verso il mare di Galilea, Gesù operò un miracolo il cui significato era molto chiaro: Egli diede la parola e l'udito a un sordomuto che gli era stato condotto affinché Lui lo beneficasse. Gesù lo prese in disparte, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua e, guardando verso il cielo, disse: «"Effatà", cioè: "Apriti!". E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente» (Mc 7,34-35). La folla, ammirata per quel miracolo, disse: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti» (Mc 7,37).
Quel miracolo fu il segno atteso da molto tempo, il segno indicato dal profeta Isaia, che Dio «viene a salvarci» (Is 35,4). Dio ha mandato il suo Figlio a salvarci e a ridonarci l'eredità perduta. Il miracolo operato da Gesù voleva essere soprattutto un ammaestramento che, finalmente, era giunto il tempo della salvezza.
Lo stesso gesto operato da Gesù si ripete ogni volta che viene amministrato il Battesimo: il sacerdote traccia sulle orecchie e sulle labbra del battezzando il segno della croce, augurando al bambino che presto possa udire la Parola di Dio e proclamarla.
Il Vangelo di oggi è dunque un richiamo rivolto a tutti noi a ripensare agli impegni presi con il Battesimo e a rimanerne fedeli. Dobbiamo ascoltare la Parola di Dio, meditandola profondamente nel nostro cuore, e dobbiamo proclamarla con l'esempio della nostra vita e con la nostra parola franca e coraggiosa. Diversamente saremo come il sordomuto del Vangelo, sordo alla Parola di Dio e incapace di annunciarla ai fratelli.
Quanti sordomuti ci sono ai nostri giorni! Un po' lo siamo tutti noi, noi che ogni domenica partecipiamo alla Messa: non meditiamo con amore questa Parola di salvezza e, praticamente, una volta usciti di chiesa, con il nostro comportamento, spesso diamo delle contro testimonianze. Anche noi dobbiamo essere condotti da Gesù, affinché operi per noi il miracolo di scuoterci dalla nostra desolante apatia.
Un Santo che ci è di grande insegnamento per quello che riguarda l'ascolto del Vangelo è certamente san Francesco d'Assisi. Egli desiderava ardentemente, non solo ascoltare la Parola del Signore, ma soprattutto metterla in pratica e proclamarla ai fratelli. Prima di tutto l'ascoltava. Un suo biografo testimonia come egli scolpiva indelebilmente nel suo cuore tutto quello che leggeva o ascoltava del Vangelo, al punto che la sua memoria aveva preso il posto dei libri (cf FF 689). Con l'affetto dell'amore egli riusciva a penetrare il senso profondo della Scrittura. Ogni giorno ascoltava con molta attenzione i brani della Scrittura durante la Messa; e, se non poteva parteciparvi a causa delle sue malattie, se li faceva leggere e non ne perdeva neppure una sillaba.
Egli voleva non soltanto ascoltare, ma anche vivere il Vangelo. Per cui, il suo biografo scrive che egli non era mai stato un ascoltatore sordo del Vangelo, ma, affidando alla sua memoria tutto quello che ascoltava, cercava con ogni diligenza di eseguirlo (cf FF 357). La sua aspirazione più alta, il suo più grande desiderio era di osservare perfettamente e sempre il Santo Vangelo (cf FF 466). In questo modo, egli era come una predica vivente; e, anche senza parlare, riusciva a condurre a Gesù Cristo tante anime smarrite.
Infine, san Francesco voleva proclamare la Parola di Dio in tutto il mondo. Per questo motivo, così egli diceva ai suoi fratelli: «So, fratelli carissimi, che il Signore ci ha chiamati non soltanto per la nostra salvezza. Voglio perciò che ci disperdiamo tra la gente e portiamo soccorso al mondo in pericolo mediante la Parola di Dio e gli esempi di virtù» (FF 2689).
Il Santo di Assisi non si riteneva amico di Cristo, se non amava le anime che Egli ha amato (cf FF 490). Per questo motivo egli andava incontro alle anime annunziando loro la Parola di salvezza. Di preferenza, egli si rivolgeva ai poveri e ai più abbandonati, memore delle parole che abbiamo ascoltato nella seconda lettura di oggi, che cioè Dio ha scelto i poveri agli occhi del mondo per farli ricchi nella fede ed eredi del Regno (cf Gc 2,5).
Sull'esempio di san Francesco cerchiamo anche noi di ascoltare, vivere e annunziare la Parola del Signore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 settembre 2015)

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