BastaBugie n�419 del 16 settembre 2015

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1 UNA GRAVE FERITA AL MATRIMONIO CRISTIANO
Riabilitiamo Erode perché il matrimonio di suo fratello con Erodiade era nullo? E che dire del primo matrimonio di Enrico VIII? Nullo anch'esso? E chi glielo va a dire a San Giovanni Battista e San Tommaso Moro (che ci hanno rimesso la testa)?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
2 TUTTA LA VERITA' SUI VALDESI
La visita di papa Francesco ai valdesi permette di rivedere i rapporti tra cattolici e valdesi: aveva ragione la Chiesa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 LE SEI REGOLE DELLA RICERCA DELLA VERITA'
Cercare la verità ci migliora perché ci fa conoscere la nostra vera natura, il senso della vita ed il nostro vero bene
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Il Timone
4 L'OLIO DI LORENZO: IL FILM DEL 1992 SULLA VERA STORIA DI LORENZO ODONE E DEI SUOI ECCEZIONALI GENITORI
La loro lotta contro la malattia incurabile è diventata simbolo di perseveranza e di speranza: il fondamento della famiglia è infatti il sacrificio dei genitori per i figli
Fonte: FilmGarantiti
5 AUSTRALIA: TRA I PROFUGHI, PRECEDENZA AI CRISTIANI (ANCHE SE NON SI PUO' DIRE)
Due ministri australiani hanno osato dire che la priorità spetta ai cristiani, membri della minoranza più perseguitata al mondo
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 IL DNA NON BASTA, PRIMA C'E' QUALCUNO
Non vedremo mai le dita del Musicista all'origine della sinfonia del mondo fin che le vorremmo vedere solo con lo scientismo
Autore: Umberto Fasol - Fonte: Il Timone
7 MADRE TERESA: ''IL PIU' GRANDE DISTRUTTORE DELLA PACE E' L'ABORTO''
Nel 1979 nel discorso per l'accettazione del Premio Nobel per la pace disse: ''Se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa ci impedisce di ucciderci a vicenda? Nulla'' (VIDEO: Premio Nobel a Madre Teresa)
Autore: Madre Teresa di Calcutta - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 LETTERE ALLA REDAZIONE: NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM?
La dissimulazione è normale per il musulmano che mente all'infedele (cioè noi) sapendo di mentire
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
9 OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 9,38-48)
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - UNA GRAVE FERITA AL MATRIMONIO CRISTIANO
Riabilitiamo Erode perché il matrimonio di suo fratello con Erodiade era nullo? E che dire del primo matrimonio di Enrico VIII? Nullo anch'esso? E chi glielo va a dire a San Giovanni Battista e San Tommaso Moro (che ci hanno rimesso la testa)?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 9 settembre 2015

I due Motu proprio di Papa Francesco Mitis iudex Domins Iesus per la Chiesa latina e Mitis et misericors Jesu per le Chiese orientali, resi noti l'8 settembre 2015, infliggono una grave ferita al matrimonio cristiano.
L'indissolubilità del matrimonio è legge divina e immodificabile di Gesù Cristo. La Chiesa non può ''annullare'', nel senso di sciogliere, un matrimonio. Essa può, con una dichiarazione di nullità, verificarne l'inesistenza, dovuta alla mancanza di quei requisiti che ne assicurano la validità. Ciò significa che in un processo canonico la priorità della Chiesa non è l'interesse dei coniugi nell'ottenere la dichiarazione di nullità, ma la verità sulla validità del vincolo matrimoniale.
Pio XII ci ricorda a questo proposito che «nel processo matrimoniale il fine unico è un giudizio conforme alla verità e al diritto, concernente nel processo di nullità la asserita non esistenza del vincolo coniugale» (Allocuzione alla Rota Romana, 2 ottobre 1944). Il fedele può imbrogliare la Chiesa per ottenere la nullità, per esempio attraverso l'uso di testimonianze false, ma la Chiesa non può raggirare Dio e ha il dovere di un accertamento della verità limpido e rigoroso.

FAVOR MATRIMONII
Nel processo canonico deve essere difeso prima di tutto il supremo interesse di un'istituzione divina qual è il matrimonio. Il riconoscimento e la protezione di questa realtà sono formulati in ambito giuridico con la sintetica espressione favor matrimonii, ovvero la presunzione, fino a prova contraria, della validità del matrimonio. Giovanni Paolo II ha ben spiegato che l'indissolubilità è presentata dal Magistero come la legge ordinaria di ogni matrimonio celebrato, proprio perché ne è presupposta la validità, a prescindere dal successo della vita coniugale e dalla possibilità, in taluni casi, della dichiarazione di nullità (Discorso alla Rota Romana, 21 gennaio 2000).
Quando l'illuminismo cercò di colpire a morte il matrimonio cristiano, Papa Benedetto XIV, con il decreto Dei miseratione del 3 novembre 1741, ordinò che in ogni diocesi venisse nominato un defensor vinculi e introdusse, per ottenere la dichiarazione di nullità, il principio della necessaria conformità delle sentenze in due gradi di giudizio. Il principio della doppia sentenza conforme fu consacrato dal Codice di Diritto canonico del 1917 ed è stato recepito nella codificazione promulgata da Giovanni Paolo II il 25 gennaio 1983. Nei Motu proprio di Papa Francesco l'ottica è ribaltata. L'interesse dei coniugi ha il primato su quello del matrimonio. È lo stesso documento ad affermarlo, riassumendo in questi punti i criteri fondamentali della riforma: abolizione della doppia sentenza conforme, sostituita da una sola sentenza in favore della nullità esecutiva; attribuzione di una potestà monocratica al vescovo, qualificato come giudice unico; introduzione di un processo breve, e di fatto incontrollabile, con la sostanziale esautorazione del ruolo della Sacra Rota.

L'ABOLIZIONE DELLA DOPPIA SENTENZA
Come altro interpretare, ad esempio, l'abolizione della doppia sentenza? Quali sono i gravi motivi per i quali, dopo 270 anni, questo principio viene abrogato? Il cardinale Burke ha ricordato come esiste in proposito una catastrofica esperienza. Negli Stati Uniti, dal luglio 1971 al novembre 1983, entrarono in vigore le cosiddette Provisional Norms che eliminarono di fatto l'obbligatorietà della doppia sentenza conforme. Il risultato fu che la Conferenza Episcopale non negò una sola richiesta di dispensa tra le centinaia di migliaia ricevute e nella percezione comune il processo iniziò ad essere chiamato ''il divorzio cattolico'' (Permanere nella Verità di Cristo. Matrimonio e comunione nella Chiesa cattolica, Cantagalli, Siena 2014, pp. 222-223).
Più grave ancora è l'attribuzione al vescovo diocesano della facoltà, come giudice unico, di istruire discrezionalmente un processo breve e arrivare alla sentenza. Il vescovo può esercitare personalmente la sua potestà giurisdizionale o delegarla ad una commissione, non necessariamente composta da giuristi. Una commissione formata a sua immagine che seguirà naturalmente le sue indicazioni pastorali, come già avviene con i ''centri diocesani di ascolto'', fino ad oggi privi di competenza giuridica. Il combinato tra il can. 1683 e l'articolo 14 sulle regole procedurali ha sotto questo aspetto una portata esplosiva. Sulle decisioni peseranno inevitabilmente considerazioni di natura sociologica: i divorziati risposati avranno, per ragioni di ''misericordia'', una corsia preferenziale. «La Chiesa della misericordia – osserva Giuliano Ferrara – si è messa a correre» (''Il Foglio'', 9 settembre 2015). Si corre su una strada non amministrativa, ma ''giudiziaria'', in cui di giudiziario resta ben poco.

UNA PURA FORMALITÀ
In alcune diocesi i vescovi cercheranno di assicurare la serietà della procedura, ma è facile immaginare che in molte altre diocesi, per esempio del Centro-Europa, la dichiarazione di nullità diventerà una pura formalità. Nel 1993 Oskar Saier, arcivescovo di Friburgo im Br. Karl Lehman, vescovo di Mainz, e Walter Kasper, vescovo di Rottenburg-Stuttgart, produssero un documento a favore di coloro che erano certi in coscienza della nullità del loro matrimonio ma non avevano gli elementi per provarlo in tribunale (Vescovi dell'Oberrhein, Accompagnamento pastorale dei divorziati, ''Il Regno Documenti'', 38 (1993), pp. 613-622).
La Congregazione per la Dottrina della Fede rispose con la Lettera Annus Internationalis Familiae del 14 settembre 1994, affermando che questa via non era percorribile, perché il matrimonio è una realtà pubblica: «non riconoscere questo essenziale aspetto significherebbe negare di fatto che il matrimonio esiste come realtà della Chiesa, vale a dire, come sacramento». Ma la proposta è stata ripresa recentemente dall'ufficio pastorale della Diocesi di Friburgo (Orientamenti per la pastorale dei divorziati, ''Il Regno Documenti'', 58 (2013), pp. 631-639), secondo cui i divorziati risposati, in seguito alla ''nullità di coscienza'' del precedente matrimonio, potranno ricevere i sacramenti e ottenere incarichi all'interno dei consigli parrocchiali.

FAVOR NULLITATIS
Al favor matrimonii si sostituisce il favor nullitatis, che viene a costituire l'elemento primario del diritto, mentre l'indissolubilità è ridotta a un ''ideale'' impraticabile. L'affermazione teorica dell'indissolubilità del matrimonio si accompagna infatti, nella prassi, al diritto alla dichiarazione della nullità di ogni vincolo fallito. Basterà, in coscienza, ritenere invalido il proprio matrimonio per farlo riconoscere come nullo dalla Chiesa. È lo stesso principio per cui alcuni teologi considerano ''morto'' un matrimonio in cui a detta di entrambi, o di uno dei coniugi, ''è morto l'amore''.
Benedetto XVI, il 29 gennaio 2010, ha ammonito il Tribunale della Sacra Rota Romana a non indulgere nell'annullamento dei matrimoni per «accondiscendenza ai desideri e alle aspettative delle parti, oppure ai condizionamenti dell'ambiente sociale». Ma nelle diocesi del Centro-Europa la dichiarazione di nullità diventerà un atto di pura formalità, come avvenne negli Stati Uniti all'epoca delle Provisional Norms. Per la nota legge, secondo cui «la moneta cattiva scaccia quella buona», nel caos che si verrà a determinare, il ''divorzio breve'' è destinato a prevalere sul matrimonio indissolubile.
È da più di un anno che si parla di scisma latente nella Chiesa, ma ora a dirlo è il card. Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Fede, che in un suo discorso a Ratisbona ha evocato il rischio di una scissione nella Chiesa, invitando a essere molto vigili e non dimenticare la lezione dello scisma protestante che incendiò l'Europa cinque secoli fa.
Alla vigilia del Sinodo sulla famiglia di ottobre, la riforma di Papa Francesco non spegne nessun incendio, ma lo alimenta e spiana la strada ad altre disastrose innovazioni. Il silenzio non è più possibile.

Nota di BastaBugie: a proposito dei motu proprio del Papa sulle procedure per la nullità matrimoniale ecco la parte conclusiva dell'interessante articolo di Riccardo Cascioli ''Nullità matrimoniale, si scatena la bagarre'' pubblicato il 14-09-2015 su La Nuova Bussola Quotidiana:
''Sia Giovanni Paolo II sia Benedetto XVI hanno più volte richiamato i giudici della Rota romana ad evitare di concedere dichiarazioni di nullità con troppa facilità.
Ma oltre alla questione procedurale, c'è quella dei contenuti. La riforma prevede infatti l'introduzione di nuove cause per la nullità, i cui confini non sono chiaramente limitati: ad esempio, la brevità della convivenza coniugale, l'aborto procurato per impedire la procreazione, il permanere in una relazione extraconiugale dopo le nozze. Tutti elementi citati nell'articolo 14 delle regole procedurali, che lasciano molte domande aperte, anche perché in alcuni casi sembrerebbero più intervenire su condizioni emerse dopo più che al momento del matrimonio.
Soprattutto però la grande novità consiste nell'introduzione di ''quella mancanza di fede che può generare la simulazione del consenso''. Questo è un punto particolarmente delicato perché, come ha ricordato papa Benedetto XVI nel discorso alla Rota Romana del 2013, pochi giorni prima delle sue dimissioni, «Il patto indissolubile tra uomo e donna, non richiede, ai fini della sacramentalità, la fede personale dei nubendi; ciò che si richiede, come condizione minima necessaria, è l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa».
E se la fede non viene richiesta come condizione per sposarsi, come è possibile renderla una causa di nullità? È questo il problema che si pone. In effetti il dibattito sulla questione della fede e del sacramento del matrimonio è da anni dibattuta, e proprio nel discorso alla Rota Romana del 2013 viene affrontato specificamente da Benedetto XVI, ritenendo anch'egli che non sia possibile separare totalmente l'intenzione dei contraenti dalla loro fede. Ma il discorso di Benedetto XVI, che va letto integralmente, va nella direzione di approfondire il senso del matrimonio cristiano e la sua verità, non certo quello di rendere più semplice risposarsi in chiesa. L'introduzione improvvisa, senza alcuna precisazione, della mancanza di fede quale criterio per la nullità lascia ovviamente grande potere discrezionale che può avere esiti molto diversi a seconda del vescovo chiamato a giudicare.
In ogni caso - e ripeto, aldilà delle intenzioni - aumentare le cause di nullità va oggettivamente nella direzione di rendere più facile lo scioglimento del vincolo matrimoniale.
Alcuni vaticanisti poi hanno letto la riforma come un modo per stemperare il dibattito al Sinodo che, sulla questione dei divorziati risposati, prometteva di diventare incandescente. Se questo era davvero un obiettivo, bisogna dire che difficilmente sarà raggiunto, visto che il cardinale Marx, a nome dei vescovi tedeschi, ha detto chiaramente che una cosa non c'entra con l'altra e quindi al Sinodo non ci saranno sconti."

Fonte: Corrispondenza Romana, 9 settembre 2015

2 - TUTTA LA VERITA' SUI VALDESI
La visita di papa Francesco ai valdesi permette di rivedere i rapporti tra cattolici e valdesi: aveva ragione la Chiesa
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/09/2015

La visita di papa Francesco ai valdesi di Torino e la richiesta di perdono per i torti da loro subiti centinaia di anni fa da parte cattolica ha lasciato dietro di sé qualche polemica, perché i leader valdesi hanno cortesemente fatto capire che non si sentono autorizzati a perdonare a nome dei loro antichi predecessori. Qualcuno in Vaticano si è urtato, qualche esponente valdese ha cercato di ricomporre e in pochi giorni il caso è stato chiuso. Ma quando un Papa chiede perdono in qualità di pastore supremo dei cattolici per colpe storiche, se la cosa finisce lì per i vertici, gli strascichi tra la gente comune rimangono a volte per un bel pezzo. Da qui la richiesta di alcuni (miei) lettori nei miei confronti di chiarire loro le idee giacché si ritrovano impegolati in discussioni senza fine con i denigratori in servizio permanente della Chiesa.

CATTOLICI E VALDESI
Non c'è qui lo spazio per rifare la cronistoria dei rapporti tra cattolici e valdesi nel corso di mille (!) anni, ma dobbiamo dire subito che il primo a lamentarne il cattivo trattamento fu Voltaire; prima di allora, quasi nessuno se ne era accorto. Cioè, le vicende di questa minoranza religiosa costituivano uno dei tanti rivoli collaterali della lotta al catarismo medievale e poi delle guerre di religione succedute allo scisma luterano. I catari sono scomparsi da un pezzo, e non ci sono storici catari a sostenerne le ragioni. Non così per i valdesi, la cui memoria (come quella dei protestanti, degli anglicani e degli ortodossi) è per forza di cose una narrazione "contro" la realtà da cui illo tempore presero le distanze. É il motivo per cui la stragrande maggioranza dei libri sui valdesi sono scritti da valdesi o intellettuali à la Voltaire. Così che rimane nei più, se non in tutti, l'impressione che si tratti della solita storia di poveretti che volevano solo pregare diversamente, ma la Chiesa, sempre oppressiva e totalitaria, non ha esitato a ricorrere a ogni efferatezza per impedirglielo. Le cose, anche qui, sono leggermente diverse.
L'idea di "religione = fatto privato" è tutta contemporanea. Non c'è mai stato eretico che non abbia cercato di imporre a tutti la sua eresia. Lo stesso hanno fatto gli illuministi, i liberali, i comunisti, i nazisti. E così fanno le ideologie odierne, anch'esse nient'altro che eresie secolarizzate. Per restare ai valdesi, don Bosco ne fu gratificato da attentati a mano armata, e più volte. E nella Torino dei suoi tempi i valdesi non erano affatto discriminati, anzi: nel 1848 il re Carlo Alberto aveva riconosciuto loro i pieni diritti civili e politici. Se l'esempio vi pare troppo recente, ecco allora l'inquisitore Pietro da Ruffia, un domenicano che fu pugnalato a morte dai valdesi il 2 febbraio 1365 mentre era ospite dei francescani di Susa. Il suo successore, Antonio Pavoni, fece la stessa fine il 9 aprile 1374 a Bricherasio: linciato dentro la chiesa dove aveva appena finito di predicare. Il movimento del commerciante lionese Pierre Valdès fu pressoché contemporaneo a quello di San Francesco. Però il secondo fu ammesso dalla Chiesa, il primo no. Perché? Perché pretendeva la libertà di predicazione estesa a chiunque in un tempo in cui era permesso solo ai vescovi. Francesco non pretese nulla, solo di vivere in povertà. I valdesi non obbedirono e, dopo mille ammonimenti, vennero condannati da Lucio III nel 1184. Sei anni dopo, invitati a esporre la loro dottrina nella cattedrale di Narbona, dichiararono che chiunque ha il diritto di predicare, anche i laici; che il Papa e i vescovi non hanno alcun diritto all'obbedienza dei cristiani; che le chiese non servono a niente; che il Purgatorio non esiste; che il cristiano non deve giurare mai, e Dio punisce con malanni temporali chi lo fa.

LE AUTORITÀ CIVILI ALLARMATE DAI VALDESI
Più che la Chiesa, chi si allarmò sul serio furono le autorità civili, dal momento che tutto il sistema politico e sociale medievale era basato sul giuramento. Come sempre accade (e ancora oggi continua ad accadere alle denominazioni protestanti), il cristiano che si stacca da Roma finisce papa a sé stesso. Infatti, già nel 1205 all'interno del valdismo cominciarono gli scismi. Con alterne vicende il valdismo sopravvisse come minoranza e nel 1532 aderì ufficialmente al calvinismo, finendo coinvolto nelle guerre di religione che insanguinarono l'Europa. Il ducato di Savoia, per la sua particolare posizione e i non facili rapporti con la confinante Francia, addivenne coi valdesi alla pace di Cavour nel 1561. Infatti, la questione era ormai politica. La Francia, per esempio, pur impegnata al suo interno con la guerra agli ugonotti (calvinisti), con Mazarino (cardinale) accolse i valdesi che fuggivano dai Savoia. Nel 1655 alla guerra contro i valdesi (cosiddette Pasque piemontesi) c'era anche un reparto di irlandesi scampati al genocidio perpetrato in patria dai puritani di Cromwell. Gli inglesi appoggiavano la lotta al papismo da chiunque combattuta in tutta l'Europa e nel 1689 i valdesi, finanziati da Guglielmo d'Orange, tornarono in Piemonte da cui quattro anni prima il duca Vittorio Amedeo II li aveva espulsi.
Come si vede, il problema era più politico che religioso nel senso che intendiamo oggi: la pace di Augusta del 1555 aveva stabilito il principio (politico) cuius regio eius religio: chi professava un credo diverso da quello del principe doveva adattarsi oppure emigrare. Era l'unico sistema per chiudere con le guerre tra cattolici e protestanti, anche se la cosa non finì lì e fu, anzi, foriera di ulteriori conflitti. Questo era il punto, e se la si smettesse di usare il lontano passato come clava polemica sarebbe meglio per tutti. Come dice Toro Seduto a Buffalo Bill nel film interpretato da Paul Newman, in fondo «la Storia è mancanza di rispetto per i morti».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 02/09/2015

3 - LE SEI REGOLE DELLA RICERCA DELLA VERITA'
Cercare la verità ci migliora perché ci fa conoscere la nostra vera natura, il senso della vita ed il nostro vero bene
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Il Timone, maggio 2015

Per riuscire, almeno in parte, a trovare la verità, per riuscire a conoscerla il più possibile, sono di grande aiuto alcune utili "regole". Vediamone di seguito almeno sei, seguendo in larga parte le riflessioni dell'ultimo intervento pubblico di Emanuele Samek Lodovici, pubblicato postumo da pochissimo.

1) CHIARIFICARE LO SCOPO
Bisogna chiarificare a se stessi il fine della ricerca della verità, il quale non è in primo luogo fuori di noi, non è in primo luogo una qualche trasformazione del mondo (sebbene questa possa poi essere giustamente perseguita in seguito), bensì è il nostro perfezionamento: la ricerca della verità dovrebbe vertere anzitutto e principalmente sulle grandi domande esistenziali («chi sono?», «qual è la mia origine?» «qual è lo scopo della mia vita?» «esiste Dio?» «perché c'è la sofferenza?», «siamo liberi?», «in che cosa consistono il bene e il male?», ecc.) e dovrebbe servire a migliorarci, dovrebbe aiutarci a ben vivere e a ben morire. L'investigazione della verità su queste grandi questioni ci migliora perché ci fa conoscere la nostra vera natura, il senso della nostra vita ed il nostro vero bene. Insomma, nella vita non conta innanzitutto (pur avendo la sua importanza) ciò che faccio, bensì come lo faccio (come a teatro, dove la comparsa può essere migliore del protagonista, perché interpreta meglio il suo ruolo, pur breve e piccolo). E questa convinzione è antitetica rispetto a quella delle ideologie (emblematica la famosa 11^ tesi di Marx su Feuerbach: «i filosofi si sono finora sforzati di interpretare il mondo, si tratta [piuttosto] di cambiarlo»).
Ciò vuol dire che dobbiamo cercare una giusta proporzione tra ciò che sappiamo per via della nostra professione o per interesse e ciò che dobbiamo sapere come uomini: posso sapere tutto sull'informatica, sull'economia, sullo sport, ecc., ma, senza voler sminuire le varie sfere dello scibile, quello che conta principalmente è saper rispondere, almeno in parte, alle grandi domande.
Peraltro, se è vero che l'investigazione sulle grandi domande è tipica delle discipline umanistiche, nondimeno anche quelle scientifiche possono in parte contribuirvi.
Infatti, la scienza può registrare il finalismo dei viventi, che rinvia all'Autore del mondo (la propensione verso l'autoconservazione dei viventi, delle parti delle loro parti, ecc. esige una serie di attività che richiedono un'Intelligenza Superiore che abbia creato i viventi: per un'argomentazione su ciò cfr. G. Samek Lodovici, L'esistenza di Dio, Quaderni del Timone, 2004). Come dice il salmo 8: «i cieli narrano la gloria di Dio»; cfr. anche la Lettera ai Romani 1, 19-21; anche Galileo diceva che la natura è uno dei libri scritti dal Creatore, insieme alla Bibbia.
E la matematica può fornire gli strumenti per rendere conto del finalismo.
Inoltre, ogni disciplina contribuisce almeno indirettamente alla ricerca della verità sulle grandi domande nella misura in cui potenzia lo strumento di questa ricerca, cioè la ragione e quest'attività di potenziamento è cruciale soprattutto oggi in tempi di emozionalismo (cfr. punto 4).

2) COLTIVARE LE VIRTÙ NECESSARIE
Bisogna essere umili, ed evitare l'orgoglio, perché chi è orgoglioso difficilmente riconosce di sbagliare e persevera nel difendere una tesi falsa per non dover ammettere di aver sbagliato.
Del resto, per conoscere bisogna voler conoscere ed esercitare virtù preziosissime nella ricerca intellettuale, come la fortezza, l'onestà intellettuale, la costanza, ecc.

3) EVITARE IL MALE
Bisogna inoltre anche evitare il male. Infatti, chi compie il male non solo fa fatica a compiere in concreto il bene, ma fa anche fatica a capire qual è il bene, o non arriva più a comprenderlo. La distorsione della comprensione morale è simile (l'analogia è di Aristotele) a quella del gusto: chi è malato giudica erroneamente i sapori (oppure sente freddo/caldo quando invece la temperatura è gradevole), perché le sue disposizioni fisiche sono alterate e perciò il gusto è falsato. Chi è lussurioso, ad esempio, fatica a percepire che la temperanza è bene e chi è temerario fatica a percepire che la cautela è (a volte) una virtù.

4) VAGLIARE LE EMOZIONI
Bisogna evitare di seguire solo le emozioni perché non sono fonte indefettibile di verità: possono depistarci, non possono essere il criterio del nostro comportamento, non possiamo seguire la regola che dice «va dove ti porta il cuore» e non è vero che «il cuore ha sempre ragione» (su ciò cfr. G. Samek Lodovici, il cuore ha sempre ragione?, «il Timone», 86 [2009], pp. 30-31, reperibile su www.iltimone.org, e Id., L'emozione del bene. Alcune idee sulla virtù, Vita e Pensiero, 2010, pp. 23-84).
Non si tratta affatto di bandire le emozioni, bensì di vagliarle con la ragione: quando ciò accade, esse diventano un'energia straordinaria, che incrementa la nostra capacità di agire.
Se però non le sottoponiamo alla ragione e le assecondiamo continuamente, diventiamo progressivamente sempre meno liberi.
E chi perde la libertà difficilmente riuscirà a conoscere la verità, perché sarà facile conculcargli delle menzogne facendo leva sulle sue pulsioni.
 
5) COLTIVARE LO SPIRITO DI MERAVIGLIA
Per conoscere la verità bisogna essere desti nei riguardi della realtà e coltivare lo spirito di meraviglia (da cui nasce la filosofia, come dicono già Platone e Aristotele; cfr. anche Gregorio di Nissa: «Solo lo stupore conosce»). Bisogna sapersi stupire, bisogna mantenere lo stupore dei bambini, bisogna continuare ad essere colpiti ed affascinati dalle cose preziose e belle che esistono.
Come coltivare lo spirito di meraviglia? In due modi apparentemente contraddittori.
- Bisogna evitare di vivere solo nel futuro (pur progettandolo, come è giusto), sempre nell'attesa di qualcosa di ulteriore (è la strategia delle ideologie rivoluzionarie, cfr. G. Samek Lodovici, Ma come parla?, «il Timone», 101 [2011], pp. 30-31, reperi-bile su www.iltimone.org), altrimenti non si apprezza il presente e si è incapaci di stupirsene.
- Bisogna anticipare nella mente la fine di tutto ciò che sperimentiamo: tutto ciò che viviamo e sperimentiamo potrebbe accadere per l'ultima volta, o perché non ci capiterà più quella cosa (si legga la poesia Limiti, di J.L. Borges) o perché possiamo morire di lì a poco (cfr. il monito evangelico: «siate sempre pronti»). Se viviamo con questa consapevolezza possiamo apprezzare molto di più le cose belle.

6) AF-FIDARSI AD UNA SOLIDA RIVELAZIONE
Bisogna esercitare la ragione quanto più possibile, ma anche essere consapevoli che da sola non può formulare una risposta definitiva sul senso della vita, sul bene e sul male, sulla sofferenza, sulla destinazione ultima dell'uomo: «l'ultimo passo della ragione consiste nel riconoscere che c'è un'infinità di cose che la sovrastano» (Pascal), di cose che sono accessibili solo con la fede. È l'ultimo passo della ragione, perché la ragione dovrebbe riconoscere di non essere onnipotente e dunque di non poter conoscere tutte le cose.
Del resto, paradossalmente, il razionalismo è un fideismo, perché crede, in forza di una fede cieca e incrollabile, che la ragione possa conoscere la totalità della realtà, squadernandola tutta, prima o poi.
Arrivata ad una certa soglia, la ragione deve cioè riconoscere umilmente di avere bisogno di una solida e credibile Rivelazione (sulla quale peraltro eserciterà il suo vaglio: le religioni, infatti, sono molte e differiscono in moltissime affermazioni). Proprio una simile Rivelazione desiderava Platone, quando diceva che circa i destini ultimi dell'uomo si può «accettare tra i ragionamenti umani, quello migliore [...] e su quello, come su una zattera, affrontare il rischio del mare della vita [...]. A meno che non si possa fare il viaggio in modo più sicuro e con minor rischio su una più solida nave, cioè affidandosi ad una divina rivelazione». Ebbene, la solida nave a cui anelava Platone è costruita - come dice S. Agostino sette secoli più tardi - col lignum crucis: «Nessuno [...] può attraversare il mare di questa vita, se non è portato dalla croce di Cristo».

Fonte: Il Timone, maggio 2015

4 - L'OLIO DI LORENZO: IL FILM DEL 1992 SULLA VERA STORIA DI LORENZO ODONE E DEI SUOI ECCEZIONALI GENITORI
La loro lotta contro la malattia incurabile è diventata simbolo di perseveranza e di speranza: il fondamento della famiglia è infatti il sacrificio dei genitori per i figli
Fonte FilmGarantiti

Il film racconta la vera storia di Lorenzo Odone e dei suoi eccezionali genitori, i quali, con straordinario coraggio e tanta fede hanno lottato contro il tempo e contro la prassi della classe medica per salvare la vita del figlio. Il regista George Miller è un medico, e questo gli ha facilitato il compito. Malgrado qualche lentezza narrativa l'opera è di un buon livello, e soprattutto possiede altri valori morali: la voglia di vivere del bambino, pur fra tante sofferenze; la fede dei genitori e del loro amore reciproco; la loro solidarietà verso gli altri; la generosità e la dedizione di alcuni personaggi, primo fra tutti il giovane negro Omouri, che si sostituisce validamente alle infermiere prezzolate. La critica al comportamento dei medici è comprensibile da parte degli Odone: se gli uomini di scienza si fossero uniti tra loro, il ragazzo avrebbe migliorato prima, rimanendo più integro. Le scene migliori del film sono due: quella in cui la madre sussurra al piccolo di ritornare in cielo (se non può più sopportare la sofferenza), senza preoccuparsi di mamma e papà, e l'altra in cui i genitori si chiedono se tutte le loro fatiche serviranno solo ai figli di altre persone, poiché temono che per Lorenzo sia troppo tardi. Valida l'interpretazione di Susan Sarandon nella parte di Michaela, la madre di Lorenzo.

TRAMA DEL FILM
Nel luglio del 1983, alle isole Comore, il piccolo Lorenzo Odone, di 5 anni, figlio di Augusto, un economista italiano, che lavora per la World Bank, e di Michaela, una glottologa irlandese-americana, diventa amico di un giovane negro, Omouri. Pochi mesi dopo trasferitosi a Washington, Lorenzo ha improvvise crisi, sia a scuola che a casa, e comincia a camminare con difficoltà. Dopo molti esami medici, i genitori apprendono che il loro unico figlio è stato colpito da una malattia rarissima ed ereditaria la adrenoleucodistrofia, l'ALD, che viene trasmessa dalla madre e colpisce solo i maschi e che causa una degenerazione del cervello. I medici non hanno cure per questo morbo conosciuto da poco, e per il bambino due anni di vita, sempre più penosa, perché diventerà cieco e paralizzato. I genitori, pur essendo straziati, non si arrendono, e si rivolgono ad un anziano dottore, Gus Nikolais, che consiglia una dieta, per tentare di ridurre i grassi nel sangue di Lorenzo, ma invece i grassi aumentano, e presto il piccolo parla male ed è paralizzato. Gli Odone cercano poi inutilmente aiuto, rivolgendosi ai coniugi Muscatine, che dirigono un'associazione di famiglie, i cui figli sono stati colpiti dall'ALD. Infine Augusto decide di mettersi a studiare con la moglie, nella biblioteca dell'Istituto di Sanità, tutto il materiale, che può riguardare quella malattia. Poiché i rapporti di Michaela con le infermiere professioniste, che consigliano il ricovero del bambino in ospedale, sono molto difficili, viene a vivere in casa Odone una sorella di lei, Deirdre Murphy e, poco dopo, la coraggiosa madre trova in biblioteca notizie su di un esperimento fatto in Polonia sui topi, del quale si parla poi al I° simposio sull'ALD, che viene finanziato dai coniugi Odone, e al quale partecipano molti medici di vari paesi. Alcuni di essi accennano all'olio d'oliva, cioè all'acido oleico, che viene sperimentato sul bambino, mentre Nikolais collabora in modo non ufficiale. I grassi del sangue del piccolo malato cominciano subito a calare e giungono al 50%, quello sarà dunque l'olio di Lorenzo. Intanto però il bambino, ormai paralizzato, ha difficoltà ad ingoiare la saliva, e ciò gli provoca delle dolorosissime convulsioni, durante la quale la madre lo aiuta con pazienza e coraggio infiniti. Poiché gli Odone vogliono comunicare agli altri genitori i benefici effetti dell'olio, si scontrano coi Muscatine, che invece seguono solo la medicina ufficiale. Poi anche Deirdre viene cacciata da Michaela, quando esorta lei e Augusto a non vivere solo per Lorenzo. Frattanto le crisi convulsive del bambino sono sempre più gravi e frequenti e il medico gli somministra invano i sedativi, perciò crede che la morte sia vicina.
Augusto decide di riprendere con la moglie gli studi in biblioteca, per scoprire perché l'olio ha ridotto i grassi solo al 50%; egli cerca gli acidi grassi a lunghissima catena, e scopre che l'acido fatto coi semi di colza, difficile da reperire, può completare la cura per Lorenzo. Procuratosi quest'olio Deirdre lo prova su di sé, mentre giunge accanto a Lorenzo l'amico Omouri, chiamato dalla instancabile madre. Superata la strumentalizzazione presto inizia la cura con il nuovo acido, che porta le analisi del bambino a livelli assolutamente normali, ed egli ricomincia a respirare senza l'aiuto di una macchina. Ora Nikolais annuncia esperimenti e riconosce il ruolo fondamentale avuto dagli Odone nelle ricerche. Ma i due sposi temono che per il loro figlio sia troppo tardi: invece Lorenzo riprende lentamente a comunicare, dapprima battendo le ciglia, poi muovendo il mignolo della mano. Le ricerche intanto continuano: Lorenzo, che adesso ha 14 anni, ha riacquistato la vista, muove la testa e aspetta qualche altro miglioramento.

LA STORIA VERA
Lorenzo è morto nel 2008, il giorno dopo il suo trentesimo compleanno. Una vita troncata dalle conseguenze di una brutta polmonite, ma ciononostante, per la sua famiglia una vittoria sulla sorte. Nel 1984, al piccolo Lorenzo Odone era stata diagnosticata una malattia neurologica rarissima e con questa era giunto il verdetto di morte. L'adrenoleucodistrofia - o Adl - stava causando un incontrollato accumulo di acidi grassi e la conseguente distruzione della mielina, la guaina protettiva delle fibre neurologiche, e avrebbe provocato la perdita delle capacità motorie e psichiche.
La medicina non avrebbe avuto alcun modo di fermare la malattia neurodegenerativa genetica e al bambino sarebbero rimasti solo pochi anni di vita. I genitori, Augusto Odone - un economista di origine italiana impiegato alla Banca mondiale - e la moglie Michaela non vollero però accettare la condanna e si imbarcarono in quella che si presentava come una battaglia senza speranza: trovare un rimedio al male che già causava al piccolo Lorenzo un calo della vista, dell'udito e delle capacità di concentrazione.
La loro lotta contro la malattia incurabile - e contro la scienza - è diventata un simbolo di perseveranza e di speranza, ma anche una storia di successo.
"L'olio di Lorenzo", il rimedio messo a punto dagli Odone dopo interminabili ore di ricerca su manuali medici avrebbe infatti permesso al bambino di vivere fino a diventare adulto. E contemporaneamente ha portato l'attenzione mondiale sulle malattie demielinizzanti, potenzialmente aiutando molti altri affetti dagli stessi mali. Dalla vicenda di Lorenzo è uscito nel 1992 un film, «L'olio di Lorenzo», per la regia di George Miller che non solo valse a Susan Sarandon la nomina all'Oscar, ma grazie alla notorietà dei protagonisti - Sarandon, appunto, nelle vesti di Michaela e Nick Nolte, Augusto - fece conoscere al mondo le traversie della famiglia Odone e la loro seppur parziale "vittoria" sull'Adl. La miscela di acido oleico e acido erucico, ottenuti da olio di oliva e di colza, somministrata a Lorenzo nonostante il parere contrario dei medici, avrebbe infatti mostrato proprietà terapeutiche, neutralizzando il dannoso accumulo di acidi grassi e di fatto rallentando il decorso della malattia.
Purtroppo, nemmeno il composto "miracoloso", avrebbe potuto rimediare ai danni celebrali causati dall'adrenoleucodistrofia prima dell'uso del trattamento casalingo. Lorenzo ha così trascorso gli ultimi anni della sua breve esistenza cieco, incapace di comunicare e gravemente disabile, ma, secondo il padre, fino all'ultimo era consapevole di ciò che gli accadeva attorno. Una vittoria amara, ma dai risvolti importanti. L'«Olio di Lorenzo», la medicina brevettata dagli Odone, non solo gli ha allungato la vita di oltre vent'anni, ma - secondo una ricerca scientifica pubblicata nel 2005 e basata sullo studio di 84 bambini affetti dalla malattia - può prevenire il manifestarsi dei terribili sintomi se somministrato tempestivamente dopo la diagnosi dell'Adl. Ecco perchè Augusto Odone nonostante la morte della moglie per un cancro, nel 2000, e ora del figlio, intende proseguire con il "Progetto Mielina". Per far continuare a «vivere» Lorenzo.

Nota di BastaBugie: per vedere il trailer del film e il video con l'intervista di Tv2000 all'italiano Augusto Odone che racconta la sua storia, clicca nel link qui sotto
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=5

Fonte: FilmGarantiti

5 - AUSTRALIA: TRA I PROFUGHI, PRECEDENZA AI CRISTIANI (ANCHE SE NON SI PUO' DIRE)
Due ministri australiani hanno osato dire che la priorità spetta ai cristiani, membri della minoranza più perseguitata al mondo
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10-09-2015

L'Australia accoglierà 12mila rifugiati dalla Siria, secondo quanto ha annunciato il premier Tony Abbott ieri. Si tratta della più grande quantità di rifugiati finora ospitata da un paese del mondo industrializzato. Questo giusto per smentire la fama di ''duro'' che il primo ministro conservatore si è fatto in questi mesi, secondo probabilmente solo all'ungherese Viktor Orban. La decisione di accogliere così tanti rifugiati, a quattro anni e mezzo dall'inizio della Guerra Civile Siriana, non è priva di ragioni opportunistiche. Il governo ha cambiato rotta dopo massicce manifestazioni a favore dell'accoglienza, dalla campagna via Twitter #LightTheDark, a loro volta ispirate dalla pubblicazione della foto del corpo di Aylan al Kurdi sulla spiaggia di Bodrum, Turchia.

ACCUSATI DI DISCRIMINAZIONE
Nonostante la generosità, il governo conservatore è ugualmente finito nel mirino della polemica di sinistra. Nel suo primo annuncio sull'accoglienza dei rifugiati, membri dell'esecutivo Abbott hanno dichiarato di voler dare la priorità ai rifugiati perseguitati cristiani. E per questo motivo sono stati accusati di ''discriminazione'' dall'opposizione laburista. Più in dettaglio, è stato Eric Abetz, ministro del Lavoro, che ha dichiarato la sua preferenza per un'accoglienza prioritaria dei cristiani siriani, poiché i cristiani, in Medio Oriente, costituiscono ''la minoranza più perseguitata al mondo''. Le parole di Abetz sono state seguite da quelle del ministro degli Esteri Julie Bishop: ''Io credo che la minoranza cristiana sia perseguitata in Siria e lo sarà anche una volta finita la guerra. Vi sarà un'attenzione maggiore nell'assicurare l'accesso alle minoranze etniche e religiose perseguitate. Queste includono i cristiani maroniniti, gli yezidi, i drusi e altre minoranze etniche e religiose della popolazione siriana e irachena''. Invece di constatare la ragionevolezza dell'argomento (accettare coloro che non possono tornare a casa, altrimenti verrebbero privati della vita o della libertà), i laburisti si sono indignati. Il deputato Richard Marles, ad esempio, ha definito ''molto pericoloso'' il discorso del ministro Abetz, perché l'Australia dovrebbe preservare la sua ''politica non discriminatoria dell'immigrazione''.
Ovviamente è intervenuta, contro il governo, anche la comunità islamica australiana. Maha Abdo, un'esponente in vista della minoranza musulmana, ha dichiarato all'agenzia Sbs quanto sia importante ''lavorare assieme ad altra gente, indipendentemente dalla loro appartenenza razziale e religiosa'', perché questo è ''lo stile di vita australiano''.  La Abdo si dice ''oltraggiata'' dalle parole dei ministri conservatori (colpevoli di voler aiutare cristiani perseguitati e altre minoranze che rischiano l'estinzione). E ritiene che il loro appello sia in contraddizione con ''i valori dell'Australia che conosco e amo. È frustrante vedere che qualcuno assegni priorità sulla base della fede''. La Ong Save the Children si accoda al coro di denuncia e per bocca del suo amministratore delegato Paul Ronalds, dichiara che i perseguitati ''appartengono a tutte le confessioni e culture''. Quindi ''distinguere fra di loro, non è la risposta più appropriata''.

PERSECUZIONE DEI CRISTIANI? PER AMNESTY INTERNATIONAL NON CI SONO
A parte il fatto che non si parla di ''immigrazione'' (come fa Maha Abdo), ma della necessità contingente di ospitare rifugiati di guerra, qual è il significato di queste contestazioni? L'istinto egualitario, assieme alla paura di subire l'accusa di islamofobia, sta raggiungendo il paradosso di mettere sullo stesso piano perseguitati e persecutori. Al punto che è ormai diventato impossibile constatare (e agire di conseguenza) che in Siria c'è una maggioranza musulmana e una minoranza cristiana e che la minoranza cristiana sta subendo una persecuzione sistematica ad opera dei più fanatici fra i musulmani. A quanto pare, lo si può constatare, ma non dire, come testimonia anche l'assenza di specifici capitoli dedicati alla persecuzione dei cristiani nel rapporto di Amnesty International, così come nelle iniziative umanitarie statunitensi.
Pressato da queste critiche, il premier Abbott ha dovuto annunciare la sua politica di accoglienza, annacquando non poco il discorso. Non ha mai parlato di ''cristiani'', ma semplicemente: ''donne, bambini e famiglie delle minoranze perseguitate, ospiti dei campi in Giordania, Libano e Turchia, avranno la priorità''. E ha voluto aggiungere, sottolineando e rimarcando bene le sue parole, durante la conferenza stampa: ''Lo ripeto: donne, bambini e famiglie, i più vulnerabili di tutti'', poi ha negato di voler riservare qualsivoglia corsia preferenziale ai cristiani. ''Noi ci concentreremo su coloro che non possono tornare a casa''. Cioè soprattutto i cristiani, ma non lo si può dire. Abbott è stato abbastanza convincente da attrarre il plauso del leader dell'opposizione laburista Bill Shorten, che ha dichiarato: ''La nostra compassione non deve badare al colore della pelle o al nome del Dio che si sta pregando''.

ACCOGLIERE I CRISTIANI NON È RAZZISMO
Eppure, accogliere i cristiani non è razzismo. Come sottolineava, su La Nuova Bussola Quotidiana, anche Alfredo Mantovano (presidente della sezione italiana della fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre): ''Di fronte alla enorme quantità di richiedenti asilo, svolgere dettagliate istruttorie uno per uno - pur aumentando il personale e i mezzi - impedisce di dare risposte in tempi adeguati. Se si constata senza incertezze che una persona proviene da Mosul e che è un cristiano, non dovrebbe avere una corsia preferenziale e tempi più rapidi per il riconoscimento del suo status? Si pensi - per fare un altro esempio - alle persone che provengono dall'area intorno a Qaryatayn, in Siria, vicino a Homs: lo Stato Islamico si è impossessato di quel territorio due mesi fa e ha sequestrato 230 persone, delle quali non si sa più nulla. Un'indicazione del genere, che richiami l'attenzione sulla zona di provenienza e sulla confessione religiosa di appartenenza, applicata in modo omogeneo da tutte le Commissioni incaricate di valutare le domande di asilo in territorio Ue, renderebbe meno duro l'inserimento nel nuovo ambiente, dopo tante sofferenze provate''.
In Europa, il paese che più ha dato scandalo per aver dato la priorità ai rifugiati cristiani è stata la Slovacchia. A difenderla si sono levate solo poche voci, fra cui anche quella di Silvano Tomasi, nunzio apostolico della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra. Secondo monsignor Tomasi, sentito da La Nuova Bussola Quotidiana accogliere i cristiani ''Non è discriminazione è il tentativo di far valere il diritto alla propria identità pur ottemperando al dovere dell'accoglienza''.

Nota di BastaBugie: non ci stancheremo mai di consigliare la lettura del discorso del card. Giacomo Biffi
L'EUROPA O RIDIVENTERA' CRISTIANA O DIVENTERA' MUSULMANA
Il Cardinal Biffi aveva visto giusto nel 2000 mettendo in luce il problema della denatalità e della necessità di selezionare i flussi migratori
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1980

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10-09-2015

6 - IL DNA NON BASTA, PRIMA C'E' QUALCUNO
Non vedremo mai le dita del Musicista all'origine della sinfonia del mondo fin che le vorremmo vedere solo con lo scientismo
Autore: Umberto Fasol - Fonte: Il Timone, giugno 2015 (n. 144)

Carpire il segreto della vita biologica è una delle massime aspirazioni per gli uomini e le donne di tutti i tempi.
Nell'antichità e fino a tutto il Medioevo si pensava che la vitalità del corpo dipendesse dal suo cuore; poi, in epoca moderna, si è pensato al cervello, come cabina di regia di tutto quanto accade istante dopo istante.

IL CODICE GENETICO
Nel secolo scorso gli sforzi si sono concentrati sulla cellula, sempre più indagabile dai nostri microscopi, e in particolare sul suo nucleo, quella vescicola che misura cinque o sei centimetri di millimetro (quindi infinitamente più piccola sia del cuore che del cervello), ma che contiene quello specialissimo acido desossiribonucleico, la cui struttura a doppia elica, affascinante ed intrigante, venne disegnata su "Nature" nel 1954.
Da lì a qualche anno, nel 1966, avvenne la scoperta clamorosa ed inattesa del Codice Genetico, il DNA.
Trovare nella cellula microscopica un vero e proprio dizionario con le informazioni che presiedono alla vita del vivente, ha consentito di assimilare la vita ad un software, rendendola da una parte più misteriosa di prima della ricerca… e dall'altra foriera comunque di nuove conoscenze e di nuove certezze.
Infatti, alla fine degli anni Ottanta viene lanciato il grandioso Progetto Genoma Umano (Human Genome Project) su scala mondiale, guidato dagli USA, con l'ambizioso scopo di "leggere" l'intera sequenza di DNA presente in una cellula umana. Il 26 giugno del 2000, in conferenza stampa mondiale, Bill Clinton e Francis Collins, direttore del Progetto, comunicano i risultati della ricerca che ha coinvolto i Paesi più sviluppati: il DNA umano è un nastro lungo circa due metri e formato da una sequenza di tre miliardi e duecento milioni di lettere. Oggi conosciamo queste lettere, anche se contengono differenze da persona a persona.

SCOPERTO IL SEGRETO DELLA VITA?
È stato così scoperto il segreto della vita? Per nulla! Genoma ha solo rivelato i volumi di messaggi e di istruzioni contenuti nel nucleo di una cellula ma sorgono, come accade dopo ogni scoperta scientifica, nuove domande: " Come si sono formati quei volumi?"; "come è possibile che la cellula riesca ad aprirli e a cercare la pagina "giusta", quella che serve istante per istante per presiedere alle attività vitali dell'organismo?"; " come fa la cellula a "leggere" un messaggio scritto in termini di atomi e molecole?"; "qual'è la regia che ordina la lettura di un messaggio piuttosto di un altro?".
È nata così l'epigenomica, parola greca che significa "sopra i geni", che si occupa di quel livello di organizzazione della materia biologica che è superiore alla mera disposizione sequenziale delle lettere del DNA.
Sono i meccanismi epigenetici quelli che agiscono sul DNA e che, per esempio, danno la forma stellata ai neuroni (gonfiandoli di neurotrasmettitori come la dopamina), e che danno la forma a disco schiacciato ai globuli rossi.
Insomma l'epigenoma è la chiave della vita? Sembrerebbe. Ma che cos'è? È una serie di meccanismi molecolari che agiscono a monte dei geni, accendendo o spegnendo i geni stessi presenti nei volumi della "biblioteca" nucleare, e a valle, modificando le proteine fabbricate prima che raggiungono la loro destinazione funzionale in qualche distretto biologico.
Importante? Certamente! Ma è davvero la conclusione della nostra ricerca? Assolutamente no! Fin che si trovano "meccanismi" non si trova mai "l'intelligenza" che li ha creati e quindi la ricerca non si sazierà mai.
Ma si può trovare l'intelligenza della regia? Non con la provetta e il microscopio.
Vuol dire che non esiste? Vediamo che cosa dicono gli autori di un servizio, intitolato Epigenome Roadmapping, apparso sulla rivista "Nature" nel numero di febbraio 2015. Sono scienziati del prestigioso MIT del Massachussets, che fanno un primo bilancio dopo anni di esperimenti importanti e pioneristici in questo campo su cellule vive e umane e in particolare su cellule dell'embrione umano (hanno investigato su cellule staminali embrionali umane provenienti da aborti spontanei, a seguito di esplicito consenso dei genitori, secondo un protocollo internazionale).
Questo articolo su "Nature" pubblica la conferma sperimentale dell'esistenza, nella cellula, di una sorta di progetto che agisce per estrarre dal DNA le informazioni opportune di volta in volta a formare e sviluppare l'embrione umano.

I FATTORI DI TRASCRIZIONE INTRACELLULARE NON SI ATTIVANO DA SOLI
Perché conferma sperimentale? Perché, già da Aristotele in avanti, dal punto di vista filosofico è noto il principio di causalità [ndr. Attaccato da diversi filosofi, ma erroneamente: cfr. l'articolo di G.Samek Lodovici in questo numero del Timone]: "omne quod movetur ab alio movetur", tutto ciò che si muove, si muove ad opera di altri, tutto ciò che comincia è causato. I fattori di trascrizione intracellulare non si attivano da soli. Che cosa li attiva? Li attiva un altro segnale che proviene da un piano organizzativo a monte. Questo segnale a sua volta è mosso. C'è come una catena di cause moventi complessa e rigorosa, che deve avere un punto di start. Così come il numero dieci segue al nove, all'otto, al sette e giù fino al numero uno: l'inizio.
Ora, sembra che il numero una nella vita della cellula zigote sia una "rete", non un punto o una molecola.
Questa rete è la manifestazione del mistero della vita. Infatti, mentre i nostri manufatti hanno sempre un inizio puntuale, le cellule del nostro corpo, invece, sono acheiropite (non fatte da mano d'uomo) e sono una sorta di rete, che si muove in tutte le direzioni, modificandosi di continuo (pur mantenendo costanti i parametri funzionali necessari per le attività vitali).

OGNI VIVENTE DA UN ALTRO VIVENTE
Non è possibile identificare l'inizio della vita sulla terra, bensì solo una catena di viventi, in cui ogni vivente proviene da un vivente precedente, che proviene da un vivente precedente e così via: "omne vivum ex vivo" (ogni essere vivente proviene appunto da un altro essere vivente). Che all'origine della vita ci sia dunque un Primo Vivente? In effetti, il confronto tra i manufatti e gli esseri viventi apre la nostra ragione all'evidenza di un mistero della vita, che resta inafferrabile.
E che dire sulla genesi di questi organismi epigenetici?

UN RINVIO VERSO LA VERA ORIGINE
La sensazione che abbiamo maturato dopo anni di biologia molecolare è che essi siano così complessi che non osiamo nemmeno ipotizzare che abbiano potuto formarsi da soli, senza "orchestrazione" (come dicono gli scienziati) premeditata da Qualcuno. La presunta evoluzione spontanea e imprevista della vita, affidata da alcuni evoluzionisti alle mutazioni genetiche casuali e alla selezione naturale, per cui da un grumo di atomi si sarebbero in questo modo formate balene, querce, api e uomini ecc. senza alcun 'progetto', è sempre di più un racconto di 'fantascienza'.
Come dire noi vediamo tutti i giorni nel mondo i tasti di una sorta di pianoforte che si abbassano per suonare la sinfonia dei fenomeni vitali e fisici, con note che si aggiungono di continuo, in armonia con le precedenti, da miliardi di anni: nella cellula l'amminoacido viene trasportato dal transfert ad occupare la posizione che gli compete nella lunghissima catena di perline dell'emoglobina; nel corpo il cuore pompa instancabile e autonomamente il sangue nel cervello fino all'ultimo neurone; nello spazio la Terra percorre i suoi 29,8 kilometri al secondo attorno al Sole, per non precipitare; nel giardino le foglie catturano l'energia elettromagnetica solare, stanca di otto minuti di viaggio, e la usano per trasformare l'aria e l'acqua in quello zucchero e in quell'ossigeno che avviano la catena alimentare sul Pianeta. Ma non vedremo mai le dita del Musicista fin che le vorremo vedere con gli occhi fisici e con la scienza.

Fonte: Il Timone, giugno 2015 (n. 144)

7 - MADRE TERESA: ''IL PIU' GRANDE DISTRUTTORE DELLA PACE E' L'ABORTO''
Nel 1979 nel discorso per l'accettazione del Premio Nobel per la pace disse: ''Se una madre può uccidere il proprio bambino, cosa ci impedisce di ucciderci a vicenda? Nulla'' (VIDEO: Premio Nobel a Madre Teresa)
Autore: Madre Teresa di Calcutta - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/12/2014

Il discorso della Beata Madre Teresa di Calcutta per l'accettazione del Premio Nobel per la pace è un discorso che rimane di una attualità sorprendente, nell'indicare l'aborto come la principale minaccia alla pace, e anzi è anche profetico rispetto al destino della nostra società. Ma è un discorso importante anche per un altro motivo, di metodo. Davanti a un consesso laico, anzi laicista, interessato soltanto alla sua opera per i poveri, Madre Teresa con grande semplicità e con grande autorevolezza ha parlato di Cristo. Rileggendo queste parole si comprende cosa significhi testimoniare la fede in qualsiasi circostanza, un abisso rispetto ai tanti prelati e teologi odierni che si preoccupano soltanto di parlare il linguaggio del mondo. Una grande lezione da riscoprire e imparare, perché il rinnovamento della Chiesa può nascere solo da questa santità vissuta.

DISCORSO DI MADRE TERESA
Poiché ci troviamo qui riuniti insieme penso che sarebbe bello per ringraziare Dio per il premio Nobel per la pace che pregassimo con una preghiera di S. Francesco d'Assisi che mi sorprende sempre molto – noi diciamo questa preghiera ogni giorno dopo la Santa Comunione, perché è molto adatta a ciascuno di noi, e penso sempre che quattro-cinquecento anni fa quando S. Francesco d'Assisi compose questa preghiera dovevano avere le stesse difficoltà che abbiamo oggi, visto che compose una preghiera così adatta anche a noi.
Penso che alcuni di voi ce l'abbiano già, dunque pregheremo insieme. Ringraziamo Dio per l'opportunità che abbiamo tutti insieme oggi, per questo dono di pace che ci ricorda che siamo stati creati per vivere quella pace, e Gesù si fece uomo per portare questa buona notizia ai poveri. Egli essendo Dio è diventato uomo in tutto eccetto che nel peccato, e ha proclamato molto chiaramente di essere venuto per portare questa buona notizia. La notizia era pace a tutti gli uomini di buona volontà e questo è qualcosa che tutti vogliamo – la pace del cuore – e Dio ha amato il mondo tanto da dare suo Figlio – è stato un dono – è come dire che a Dio ha fatto male dare, perché ha amato tanto il mondo da dare suo Figlio, e lo dette alla Vergine Maria, e lei allora che cosa fece? Appena arrivò nella sua vita, fu subito ansiosa di darne la buona notizia, e appena entrò nella casa di sua cugina, il bambino – il bambino non ancora nato – il bambino nel grembo di Elisabetta, sussultò di gioia. Era un piccolo bambino non ancora nato, fu il primo messaggero di pace.
Riconobbe il Principe della Pace, riconobbe che Cristo era venuto a portare una buona notizia per me e per te. E se non fosse abbastanza – se non fosse abbastanza diventare uomo – egli morì sulla croce per mostrare quell'amore più grande, e morì per voi e per me e per quel lebbroso e per quell'uomo che muore di fame e per quella persona nuda nelle strade non solo di Calcutta ma dell'Africa, e New York, e Londra, e Oslo – e insistette che ci amassimo gli uni gli altri come lui ci ha amato. Lo abbiamo letto molto chiaramente nel Vangelo – amatevi come io vi ho amato – come io vi amo – come il Padre ha amato me così io amo voi – e tanto più forte il Padre lo ha amato, tanto da donarcelo, e quanto ci amiamo noi, noi pure dobbiamo donarci gli uni agli altri finché non fa male. Non è abbastanza per noi dire: amo Dio, ma non amo il mio prossimo. San Giovanni dice che sei un bugiardo se dici di amare Dio e non il prossimo. Come puoi amare Dio che non vedi se non ami il prossimo che vedi, che tocchi, con cui vivi? Così è molto importante per noi capire che l'amore, per essere vero, deve fare male.
Ha fatto male a Gesù amarci, gli ha fatto male. E per essere sicuro che ricordassimo il suo grande amore si fece pane della vita per soddisfare la nostra fame del suo amore. La nostra fame di Dio, perché siamo stati creati per questo amore. Siamo stati creati a sua immagine. Siamo stati creati per amare ed essere amati, ed egli si è fatto uomo per permettere a noi di amare come lui ci ha amato. Egli è l'affamato – il nudo – il senza casa – l'ammalato – il carcerato – l'uomo solo – l'uomo rifiutato – e dice: l'avete fatto a me. Affamato del nostro amore, e questa è la fame dei nostri poveri. Questa è la fame che voi e io dobbiamo trovare, potrebbe stare nella nostra stessa casa. Non dimentico mai l'opportunità che ebbi di visitare una casa dove tenevano tutti questi anziani genitori di figli e figlie che li avevano semplicemente messi in un istituto e forse dimenticati.
Sono andata là, ho visto che in quella casa avevano tutto, cose bellissime, ma tutti guardavano verso la porta. E non ne ho visto uno con il sorriso in faccia. Mi sono rivolta alla Sorella e le ho domandato: come mai? Com'è che persone che hanno tutto qui, perché guardano tutti verso la porta, perché non sorridono? Sono così abituata a vedere il sorriso nella nostra gente, anche i morenti sorridono, e lei disse: questo accade quasi tutti i giorni, aspettano, sperano che un figlio o una figlia venga a trovarli. Sono feriti perché sono dimenticati – e vedete, è qui che viene l'amore. Come la povertà arriva proprio a casa nostra, dove trascuriamo di amarci.
Forse nella nostra famiglia abbiamo qualcuno che si sente solo, che si sente malato, che è preoccupato, e questi sono giorni difficili per tutti. Ci siamo, ci siamo per accoglierli, c'è la madre ad accogliere il figlio? Sono stata sorpresa di vedere in Occidente tanti ragazzi e ragazze darsi alle droghe, e ho cercato di capire perché – perché succede questo, e la risposta è: perché non hanno nessuno nella loro famiglia che li accolga. Padre e madre sono così occupati da non averne il tempo. I genitori giovani sono in qualche ufficio e il figlio va in strada e rimane coinvolto in qualcosa. Stiamo parlando di pace. Queste sono cose che distruggono la pace, ma io sento che il più grande distruttore della pace oggi è l'aborto, perché è una guerra diretta – un'uccisione diretta – un omicidio commesso dalla madre stessa.
E leggiamo nelle Scritture, perché Dio lo dice molto chiaramente: anche se una madre dimenticasse il suo bambino – io non ti dimenticherò – ti ho inciso sul palmo della mano. Siamo incisi nel palmo della Sua mano, così vicini a lui che un bambino non nato è stato inciso nel palmo della mano di Dio. E quello che mi colpisce di più è l'inizio di questa frase, che persino se una madre potesse dimenticare, qualcosa di impossibile – ma perfino se si potesse dimenticare – io non ti dimenticherò. E oggi il più grande mezzo – il più grande distruttore della pace è l'aborto. E noi che stiamo qui – i nostri genitori ci hanno voluti. Non saremmo qui se i nostri genitori non lo avessero fatto. I nostri bambini li vogliamo, li amiamo, ma che cosa è di milioni di loro? Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla. [...]

Nota di BastaBugie: nel seguente video si ripercorrono le fasi salienti della consegna del Premio Nobel per la pace del 1979 a Madre Teresa di Calcutta


http://www.youtube.com/watch?v=FMtgEIMgWI0

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/12/2014

8 - LETTERE ALLA REDAZIONE: NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM?
La dissimulazione è normale per il musulmano che mente all'infedele (cioè noi) sapendo di mentire
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 12/05/2015

Gentile redazione di BastaBugie,
ho avuto modo di conversare recentemente, in quattro distinte e distanti circostanze, con quattro musulmani delle mie parti totalmente estranei tra loro, sia beninteso. Tutti e quattro sedicenti "musulmani moderati".
D. M. marocchino, meccanico
M. M. egiziano, operaio edile
A. M. tunisino, assistente presso una « ONLUS »
S. K. senegalese (tra l'altro questi ha pure ottenuto la cittadinanza italiana), disoccupato.
A tutti loro ho rivolto press'a poco le stesse domande, in una sorta di "crescendo rossiniano", relative a pratiche riscontrabili anche nella vita quotidiana.
È emerso, in sintesi, quanto segue:
Circolare a volto mascherato? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Pretesa delle donne di essere identificate da Pubblico Ufficiale solo di sesso femminile? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Poligamia? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Pedofilia? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Oppressione delle donne? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Ripudio della moglie da parte del marito (non ammesso viceversa)? IDEM COME SOPRA
Matrimoni validi tra uomini adulti e bambine? IDEM COME SOPRA
Matrimoni forzati? Violenze coniugali sulle mogli? IDEM COME SOPRA
Separazione forzata delle donne dagli uomini nei luoghi di "culto"? IDEM
Discriminazione delle donne in certi luoghi di lavoro? IDEM
Mutilazioni rituali imposte ai minori (beninteso : si praticano senza anestesia)? IDEM
Sgozzamento rituale di animali senza anestesia con lenta morte per dissanguamento? IDEM
Pene corporali comminate a coloro che bevono alcolici? IDEM
Costrizione, sotto minacce di punizioni o percosse, a praticare digiuno rituale per un intero mese consecutivo -gravemente nocivo alla salute fisica e psichica-? IDEM
Minacce di morte, aggressioni, violenze, per chi critica o deride le gesta di un certo "Maometto"? NIENTE A CHE FARE CON L'ISLAM
Interdizione di rapporti sociali e/o legami affettivi con persone "infedeli"? IDEM
Predicazione dell'odio e della discriminazione obbligatori verso coloro i quali non professano la stessa religione? Soppressione degli omosessuali? Lapidazione delle adultere? Uccisione degli apostati? Distruzione simboli e templi di altre religioni?
Avete indovinato! NIENTE-A-CHE-FARE-CON-L'ISLAM.
Ho provato un certo sollievo, e anche un certo rincrescimento.
A quanto pare, io dell' "islam" niente avevo capito. Avevo frainteso tutto.
Evidentemente, stando ai miei interlocutori -che devo presumere siano molto più informati di me in materia- le pratiche di cui sopra (che in Italia - devo ricordarvelo?! - tutte costituiscono REATO) NON SONO PRATICHE ISLAMICHE. Chissà mai a quale religione criminale e primitiva apparterranno.
Attendo i chiarimenti di qualche lettore sapiente.
Tutti e quattro i miei interlocutori, curiosa coincidenza, hanno rifiutato il mio amichevole invito ad andare a berci una birra. Presumo come anche l'essere astemi abbia niente a che fare con l'islam. Pura coincidenza. Brava gente, quei quattro.
Andrò a cercarmi altri nemici.
Giancarlo

Spettabile redazione,
vorrei riferirvi un caso accaduto due anni fa in una scuola elementare vicino alla mia città. Una bambina musulmana nel tema fatto in classe ha scritto: "Voglio molto bene alla mia maestra, ma la mia mamma mi ha detto che non mi ci devo affezionare troppo perché poi quando saremo aumentati di numero la uccideremo perché è una infedele. Spero che questo non accada". Evidentemente la bambina ancora non ha appreso l'arte della dissimulazione che però le sarà insegnata tra poco, probabilmente a suon di botte, come si usa fare con le donne in quella religione di pace e di amore che notoriamente è l'Islam.
Simone

Cari Giancarlo e Simone,
la dissimulazione fa parte della normale modalità del musulmano medio che, rispettoso del corano, mente sapendo di mentire. Il motivo è presto detto: è proprio il corano ad affermare che per far trionfare la "presunta" vera religione (cioè l'islam) è giusto mentire, cioè dissimulare la realtà agli infedeli (cioè noi). A buon intenditor poche parole...
Per approfondimenti su cosa c'è scritto nel corano e per leggere alcune sure direttamente dal libro di Maometto, consiglio la lettura del seguente articolo:
TAGLIARE LA TESTA AI CRISTIANI? LO ORDINA IL CORANO E COSI' FECE MAOMETTO
Non esiste un islam moderato (del resto chi se la sentirebbe di dire che esisteva un nazismo moderato?)
di Luigi Santambrogio
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3413

DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE"
Le risposte del direttore ai lettori

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Fonte: Redazione di BastaBugie, 12/05/2015

9 - OMELIA XXVI DOMENICA T. ORD. - ANNO B - (Mc 9,38-48)
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27 settembre 2015)

La pagina del Vangelo di questa domenica è ricca di insegnamenti. Prima di tutto essa ci insegna a guardarci dal brutto peccato della gelosia. Questo difetto lo possiamo riscontrare sia nell'atteggiamento di quel giovane che, nella prima lettura, voleva che Mosè impedisse a Eldad e a Medad di profetizzare; e sia nell'apostolo Giovanni, il quale desiderava che Gesù impedisse ad un t0ale di scacciare i demoni, per il semplice fatto che non era dei loro. Nella prima lettura, Mosè rispose: «Sei tu geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore!» (Nm 11,29); nel Vangelo, invece, Gesù risponde: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi» (Mc 9,39-40).
Il messaggio che riceviamo da questi due episodi è molto importante: dobbiamo apprezzare tutto il bene che il prossimo opera, come se fosse nostro, e dobbiamo, per questo, ringraziare il Signore. Il rattristarsi per questo bene operato dal prossimo non è certamente un buon segno ed è, purtroppo, una mancanza di carità molto diffusa anche da parte di quelli che pregano e frequentano la Messa alla domenica. Impariamo a ringraziare il Signore per tutto il bene che vediamo attorno a noi: il Signore premierà questo nostro sentimento di carità, donandoci lo stesso bene che ammiriamo nel prossimo.
Il secondo insegnamento riguarda invece la triste realtà dello scandalo. Gesù dice: «Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Mc 9,42). Queste parole sono tra le più severe che Gesù abbia pronunciato in tutto il Vangelo e, ai nostri giorni, sono più che mai attuali. Quanti scandali rovinano le anime! Lo scandalo è un bruttissimo peccato, in quanto trascina nel male tutti quelli che lo subiscono. Scandalizzare significa spingere al male con il proprio cattivo esempio. Guardiamoci da questo brutto peccato e proponiamoci di dare sempre buon esempio a tutti.
Ai nostri giorni si dà scandalo in tanti modi: nel parlare, nel comportarsi, nel vestire indecentemente, nel proporre modelli di vita contrari al Vangelo. I moderni mezzi di comunicazione non fanno altro che orientare l'opinione pubblica verso questi esempi sbagliati. Il cristiano deve reagire e opporsi in tutti i modi.
Il Vangelo di oggi ci insegna a fuggire risolutamente tutte le occasioni prossime di peccato, ovvero tutte quelle situazioni che ci espongono imprudentemente al peccato. In questo senso devono essere lette le severe parole di Gesù: «Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile» (Mc 9,43). Non sono parole da prendere alla lettera, esse si devono intendere come la necessità di fuggire le occasioni prossime di peccato.
San Filippo Neri insegnava che, di fronte a queste occasioni prossime di peccato, chi ha coraggio fugge, chi è debole vi rimane e cade miseramente. Nessuno si deve sopravvalutare. Siamo tutti deboli e, se finora non siamo caduti in certi peccati, non è certo per merito nostro, ma perché il Signore ci ha sostenuti per riguardo alla nostra debolezza; ma, se ci esponiamo imprudentemente al pericolo, come a quello di frequentare amicizie equivoche, di vedere spettacoli immorali, non potremo confidare nell'aiuto di Dio, il quale fugge quando noi ci esponiamo temerariamente al male, dando per scontato che comunque Dio ci aiuterà. L'umiltà e la prudenza ci devono sempre guidare.
Per non cadere nei grandi peccati è cosa fondamentale dare importanza anche alle più piccole cose. Mi spiego meglio: se un cristiano inizia a sorvolare sui piccoli peccati, dicendo che comunque sono cose da nulla, prima o poi cadrà anche nei più grandi peccati. Bisogna spegnere la scintilla finché è piccola, altrimenti essa si trasformerà in un grande incendio. Se si inizia a togliere una piccola piastrella, prima o poi verrà via tutto il pavimento; se si comincia a cedere nelle piccole cose, senza un minimo pentimento, si finirà con l'offendere il Signore nelle cose più gravi.
L'ultimo insegnamento riguarda la carità. Gesù dice: «Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa» (Mc 9,41).
Il Signore ricompensa anche il più piccolo gesto d'amore: facciamo in modo che le nostre giornate ne siano piene.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 27 settembre 2015)

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