BastaBugie n�435 del 06 gennaio 2016

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1 IL FORUM DELLE FAMIGLIE, ADDOMESTICATO DA GALANTINO (FACTOTUM DELLA CEI), APRE ALLE UNIONI CIVILI BLOCCANDO LA STRADA AD UN NUOVO FAMILY DAY
Invece contro le unioni civili è tempo di scendere in piazza e, soprattutto, non devono essere accettate mediazioni politiche che porterebbero comunque alla loro introduzione
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 PADRE RANIERO CANTALAMESSA DEFINISCE LA DEVOZIONE A MARIA ESAGERATA E SCONSIDERATA
Il predicatore della Casa pontificia rimprovera ai cattolici di amare troppo la Madonna... ma i santi hanno sempre avuto un amore sconfinato nei confronti della Madre di Dio
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo Straniero
3 CINQUE ANNI DI PRIGIONE SE FESTEGGI IL NATALE
Nel Brunei, un'isola del Pacifico, è in vigore la Shari'a, il codice penale islamico che prevede pene corporali per i reati morali
Autore: Miguel Cuartero Samperi - Fonte: Redazione di BastaBugie
4 THE 33: IL FILM SULLA STORIA MIRACOLOSA DEI MINATORI CILENI RIMASTI INTRAPPOLATI PER 70 GIORNI
Tra breve al cinema la vicenda del 2010 dei 33 minatori salvati in extremis grazie alla fede e alle preghiere (VIDEO: trailer)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 OSCAR WILDE DIVENNE CATTOLICO E SI PENTI' PER LA SUA PERVERSIONE OMOSESSUALE
Amava dire: ''La Chiesa Cattolica è per i santi e per i peccatori, per le persone rispettabili è sufficiente la chiesa anglicana''
Fonte: UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali)
6 CON IL SACCO DI ROMA, DIO CASTIGO' IL RELATIVISMO, L'EDONISMO E LA MANCATA LOTTA ALLE ERESIE
Fu un evento terribile: malati trucidati, palazzi depredati, chiese profanate, preti uccisi, monache stuprate e fatte schiave, oscene parodie di cerimonie religiose, calici da Messa usati per ubriacarsi tra le bestemmie, ostie arrostite in padella e date in pasto ad animali, tombe di santi violate, ecc. Accadrà di nuovo?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana
7 LO SCOPO DEGLI INSEGNANTI? INDICARE IL PARADISO
Il compito degli insegnanti non si esaurisce nella trasmissione del sapere, ma deve essere caratterizzato da una viva preoccupazione morale e religiosa
Autore: Maurizio Schoepflin - Fonte: Il Timone
8 NON C'E' NESSUNA EMERGENZA SMOG, LA VERA EMERGENZA SONO I POLITICI
E' bastata un po' di pioggia o di vento per riportare le polveri sottili sotto il livello di guardia, ma i politici preferiscono strumentalizzare inquinamento e morti per fini elettorali
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA BATTESIMO DI GESU' - ANNO C (Lc 3,15-16.21-22)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL FORUM DELLE FAMIGLIE, ADDOMESTICATO DA GALANTINO (FACTOTUM DELLA CEI), APRE ALLE UNIONI CIVILI BLOCCANDO LA STRADA AD UN NUOVO FAMILY DAY
Invece contro le unioni civili è tempo di scendere in piazza e, soprattutto, non devono essere accettate mediazioni politiche che porterebbero comunque alla loro introduzione
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06-01-2016

Ma che coincidenza! È in rampa di lancio una nuova manifestazione per la famiglia - dopo quella del 20 giugno - per fermare il riconoscimento delle unioni gay, e toh: il nuovo presidente del Forum delle Famiglie, Gigi (Gianluigi) De Palo, rilascia un'intervista in cui spara che il Family Day del 2007 «è stato uno dei più grandi fallimenti che abbia visto». Opera di revisionismo storico? Tentativo di rileggere la presenza dei cattolici nella società? Non esageriamo, l'operazione è molto più terra terra: colpendo quella del 2007 si cerca semplicemente di minare all'origine l'organizzazione di un'altra manifestazione in vista dell'arrivo in Senato del ddl Cirinnà, messo in calendario per il 26 gennaio.
E ovviamente per la regia si riconosce la mano del segretario della CEI, monsignor Nunzio Galantino. Come si ricorderà aveva tentato già di bloccare in tutti i modi la manifestazione del 20 giugno, aveva convocato i leader di movimenti e associazioni blandendo e ricattando, aveva fatto fuoco e fiamme contro gli organizzatori, aveva dato anche interviste per sconfessare l'iniziativa a nome dei vescovi italiani (senza averne il titolo). Ma, preso in contropiede, ha dovuto subire un grave smacco: quel milione di persone festose in Piazza San Giovanni sono state la risposta più chiara ai nuovi clericali, oltre che a governo e Parlamento.

MONSIGNOR GALANTINO ADDOMESTICA FORUM DELLE FAMIGLIE, SCIENZA & VITA, GIURISTI CATTOLICI
Allora, in previsione di altre probabili puntate, monsignor Galantino ha cominciato a prepararsi nell'ombra: intanto in questi mesi ha di fatto "commissariato" tutti gli organismi laici legati alla CEI, non tanto per ideale quanto per dipendenza pecuniaria. Cominciando proprio dal Forum delle Famiglie: l'allora presidente del Forum, Francesco Belletti, pur persona leale e obbediente alle gerarchie, evidentemente aveva mal digerito il diktat al Forum di non partecipare alla manifestazione del 20 giugno e nell'occasione aveva pubblicato un comunicato che, pur prendendo le distanze dalle modalità della manifestazione, dava l'impressione di un «vorrei ma non posso». In effetti da quel momento Belletti è scomparso dalla scena, fino al termine del suo mandato e alla nomina del nuovo presidente il 28 novembre scorso.
Scomparso anche Massimo Gandolfini dalla vice-presidenza di Scienza e Vita, l'associazione creata nel 2005 ai tempi del referendum sulla Legge 40: Galantino voleva la sua testa come punizione per essersi messo alla testa della manifestazione del 20 giugno. E la testa è rotolata. Dai Giuristi cattolici, guidati dal fidatissimo Francesco D'Agostino, è stato invece fatto sparire il vice-presidente Giancarlo Cerrelli, reo di essersi messo troppo in mostra nel contrastare i ddl Scalfarotto e Cirinnà.
In questo quadro si può capire con quali regole d'ingaggio sia stato nominato De Palo il quale, pur ancora giovane (39 anni), ha già maturato una certa esperienza sociale e politica, anche saltando di palo in frasca: da presidente delle Acli, sostenitore a Roma di Francesco Rutelli sindaco nel 2008, ad assessore alla Famiglia nel 2011 nella giunta Alemanno prima di essere sloggiato dagli elettori che nel 2013 preferirono Ignazio Marino al sindaco uscente. E ora eccolo lì al servizio di monsignor Galantino (il presidente del Forum delle Famiglie è di fatto un dipendente della CEI) a sconfessare tutto quanto aveva sostenuto fino a ieri: bisogna infatti anche ricordare che De Palo è stato il principale organizzatore della prima manifestazione romana contro il ddl Scalfarotto nonché della famosa "marcia dei passeggini". Uno insomma che alle manifestazioni di piazza ci ha sempre creduto.

LA METAMORFOSI DI GIGI DE PALO
Ora invece afferma, lui che in piazza c'era anche nel 2007, che quella manifestazione è stata un fallimento perché non si è ottenuto l'obiettivo del quoziente familiare, ovvero un fisco a misura di famiglia. È una storia già sentita: «Non sono le manifestazioni di piazza a cambiare il corso della storia». Peccato che proprio il Family Day dimostri il contrario, perché esso fu convocato non per il quoziente familiare ma per fermare i DICO voluti dal governo Prodi, ovvero una forma di unioni civili decisamente più blanda di quella che si vorrebbe approvare ora. E i DICO furono fermati: non ci fosse stato il Family Day i matrimoni omosessuali ce li avremmo già da tempo.
Si può legittimamente discutere sul dopo, sul come quel successo fu gestito e sprecato, ma non è questo che interessa l'uomo di Galantino. Quello che vuole è ribadire in altra forma la linea che il "capo" ha già dato in numerose interviste. Tutta l'insistenza sulla storia del quoziente familiare fa il paio con la richiesta di risorse da destinare alle famiglie che il segretario della CEI ha chiesto più volte a gran voce. Ma in pratica è la proposta alla maggioranza parlamentare di una sorta di baratto: approvate pure una forma di unioni civili (basta che non siano formalmente equiparate al matrimonio) però in cambio date più soldi alla famiglia ("costituzionale" la definisce Galantino).

COME ANDREBBE A FINIRE?
Come andrebbe a finire ce lo spiega Simone Pillon, umbro, ex esponente del Forum delle Famiglie e ora nel direttivo del "Comitato Difendiamo i nostri figli" nato per dare un seguito alla manifestazione del 20 giugno: «Se mettiamo la "vertenza famiglia" esclusivamente sul piano economico corriamo un grandissimo rischio. Quattro soldi ce li daranno molto volentieri. Qui in Umbria abbiamo chiesto un sostegno alle famiglie e la governatrice - davanti a 12 mila firme - ha fatto approvare una legge che sosteneva economicamente la famiglia. Poi, con un atto di giunta, ha promulgato un regolamento che stornava tali finanziamenti indirizzandoli a tutte le "famiglie", purché anagraficamente riconosciute, ivi comprese le ossimoriche famiglie "unipersonali". Tutto è famiglia, dunque niente è più famiglia». Politiche familiari senza più la famiglia, ecco dove rischia di portarci la "politica" del segretario della CEI.
Così De Palo ci spiega che «la famiglia è un fatto concreto, non un'idea. Ed è stato un errore trasformarla in un concetto astratto, ideologico, identitario». Strano, quel milioni di persone in piazza lo scorso 20 giugno non sembravano affatto «un concetto astratto e ideologico», erano molto più concrete delle famiglie che si immaginano negli uffici della CEI e sapevano benissimo le priorità da chiedere alla politica.
Ma per De Palo sono inutili le discussioni su cosa sia una famiglia, pensiamo piuttosto agli assegni familiari e agli asili nido. E pensare che appena un anno e mezzo fa diceva esattamente il contrario. Alla vigilia del ballottaggio tra Marino e Alemanno, nel constatare che la visione politica del sindaco uscente è «vicina alla Dottrina sociale della Chiesa», De Palo spiegava a Formiche: «Molta gente pensa che siano più importanti le buche e il traffico. Io penso che sia prioritaria la visione dell'umano, della famiglia, del futuro».
Chissà cosa gli avrà fatto cambiare idea...

Nota di BastaBugie: in un altro articolo intitolato "Unioni civili, inaccettabile qualsiasi mediazione" Riccardo Cascioli fa ben capire che in questo campo ogni mediazione sarebbe già una sconfitta. Ecco in versione integrale l'articolo pubblicato sulla Nuova Bussola Quotidiana il 04-01-2016:
La conferenza stampa di fine anno del presidente del Consiglio Matteo Renzi ha rilanciato il dibattito sulle unioni civili in vista della discussione del ddl Cirinnà in aula al Senato prevista per il 26 gennaio. Il premier e segretario del PD ha chiaramente detto che vuole arrivare in fretta all'approvazione della legge, stepchild adoption inclusa.
Proprio su questo punto si è riaccesa la polemica ma anche l'ennesimo tentativo di mediazione. Come è noto la stepchild adoption prevede la possibilità all'interno di una relazione gay per un convivente di adottare il figlio dell'altro convivente. Si tratta di un istituto che oltre a rendere l'unione civile ancora più assimilabile al matrimonio, spalanca la porta all'adozione in quanto tale e alla pratica dell'utero in affitto. Proprio quest'ultima possibilità sta creando perplessità e discussioni anche all'interno del partito di maggioranza, oltre alla divisione nel movimento femminista.
Per superare l'ostacolo e guadagnare il massimo consenso anche nelle file del centrodestra, negli ultimi giorni alcuni deputati "cattolici" del PD (Rosa Maria Di Giorgi, Emma Fattorini e Stefano Lepri) starebbero valutando il consenso intorno alla proposta di sostituire la stepchild adoption con quello che è stato definito un "affido rinforzato", vale a dire un prendersi cura del figlio del partner fino alla maggiore età dopo di che sarà quest'ultimo a decidere per l'adozione o meno.
È una strada che potrebbe in effetti convincere gran parte dei senatori del centro-destra ancora contrari all'adozione, visto che la maggior preoccupazione finora espressa riguarda proprio questo aspetto della legislazione proposta. A parte i centristi Sacconi e Giovanardi, contrari in toto al disegno di legge, che minacciano pregiudiziali d'incostituzionalità e chiedono che il ddl Cirinnà torni in commissione dove è stato bypassato ogni dibattito, in effetti la resistenza del centrodestra sembra piuttosto fragile. Peraltro ormai è chiaro che se si va alla conta in aula la Cirinnà passa senza problemi grazie all'asse PD-5 Stelle.
Non per niente il "Comitato Difendiamo i Nostri Figli", formatosi in occasione della manifestazione del 20 giugno a Piazza San Giovanni a Roma, ha fatto sapere che si sta preparando alla convocazione di un nuovo Family Day, che solo un ritiro del ddl Cirinnà potrebbe evitare. In questa prospettiva sarà interessante vedere questa volta come si comporterà il segretario della Conferenza Episcopale Italiana, monsignor Nunzio Galantino, che per la manifestazione dello scorso 20 giugno fece fuoco e fiamme per evitare che si tenesse.
Tutte cose che vedremo nei prossimi giorni e settimane, intanto però c'è da registrare una pericolosa tendenza. Vale a dire che il concentrarsi del dibattito intorno all'adozione e all'utero in affitto sta facendo lentamente accettare l'idea delle unioni gay. Che ormai sempre più raramente si mettono in discussione in quanto tali, al massimo si discute su quanto estesi debbano essere i loro diritti.
Come abbiamo più volte detto, quello dell'adozione è un falso problema perché è solo una conseguenza: il vero problema è invece il riconoscimento delle unioni civili. Se passa questo, in qualsiasi forma, tutto il resto arriva di conseguenza, è solo questione di tempo.
A questo scivolamento non è certo estraneo il mondo cattolico, visto che i vertici della Chiesa italiana sembrano aver scelto la strada del "sì a un certo riconoscimento delle unioni gay, ma no all'equiparazione con il matrimonio" (o anche "sì ai diritti patrimoniali, no ai diritti matrimoniali"). È la posizione più volte espressa e argomentata dal quotidiano della Conferenza Episcopale, Avvenire, il cui direttore ha anche teorizzato una fantomatica "via italiana" alle unioni civili. È una posizione che si appoggia su una interpretazione molto estensiva dell'articolo 2 della Costituzione, fatta propria anche dalla Corte Costituzionale, in cui si riconosce alle unioni omosessuali il valore di formazione sociale «ove si svolge la personalità» del singolo. Come abbiamo più volte spiegato si tratta di una posizione ideologica che tradisce la mens dei padri costituenti, che in nessun modo prevedevano le convivenze - di qualunque tipo - tra le formazioni sociali indicate.
Ad ogni modo si tratta di una posizione che oggettivamente indebolisce la resistenza contro il progetto (qualsiasi progetto) di unioni civili. E non basta chiedere come contropartita maggiori risorse per sostenere la famiglia naturale. Il primo e fondamentale aiuto alla famiglia è impedire che vengano riconosciute forme qualsiasi di convivenza. Su questo dovrà essere chiaro anche chi convocherà un eventuale secondo Family Day: i temi dell'adozione e dell'utero in affitto sono gravi e forse fanno anche più presa sull'opinione pubblica, ma oggi il "nemico" da combattere sono le unioni civili.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 06-01-2016

2 - PADRE RANIERO CANTALAMESSA DEFINISCE LA DEVOZIONE A MARIA ESAGERATA E SCONSIDERATA
Il predicatore della Casa pontificia rimprovera ai cattolici di amare troppo la Madonna... ma i santi hanno sempre avuto un amore sconfinato nei confronti della Madre di Dio
Autore: Antonio Socci - Fonte: Lo Straniero, 30/12/2015

Fino a ieri la Chiesa ci ha insegnato che avremmo dovuto ascoltare e pregare di più la Vergine Maria, che è la nostra Madre premurosa e la potente protezione contro il male.
Giovanni Paolo II ci ha fatto scoprire la bellezza della consacrazione a Lei. E Ratzinger ci ha pure insegnato che la Madonna è la garanzia contro tutte le eresie.
Ma oggi sembra proprio che stia venendo giù tutto...
Adesso ci vengono a dire addirittura il contrario, cioè che non bisogna essere troppo devoti alla Madre di Dio altrimenti si disturba il "dialogo" con i luterani...
Chi lo ha detto?
Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, che durante gli anni di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI aveva ben altri toni, adesso appare cambiato...
Ebbene, costui, nella terza predica di Avvento alla Curia Romana, auspicando un riavvicinamento tra cattolici e protestanti, ha spiegato che un ostacolo sarebbe rappresentato dalla nostra "sconsiderata" devozione alla Vergine.
Ha testualmente detto che occorre prendere un'altra via: "Tale via passa per un sincero riconoscimento da parte di noi cattolici del fatto che spesso, specialmente negli ultimi secoli, abbiamo contribuito a rendere Maria inaccettabile ai fratelli protestanti, onorandola in modo talvolta esagerato e sconsiderato e soprattutto non collocando tale devozione dentro un quadro biblico ben chiaro che ne facesse vedere il ruolo subordinato rispetto alla Parola di Dio, allo Spirito Santo e a Gesù stesso".
A sentire queste sciocchezze non so se è più grande l'indignazione o la tristezza... Io infatti penso esattamente il contrario, cioè che non si è onorata e ascoltata abbastanza la Madonna (mi riferisco ad esempio alle richieste che Ella aveva fatto a Fatima...).
In ogni caso lascio volentieri, a Cantalamessa, Lutero e quei luterani che non gradiscono la nostra devozione a Maria. Se li tenga lui. [...]
Preferisco stare con tutti i papi e con tutti i santi ai piedi di Maria. Preferisco essere "esageratamente" devoto a Lei che devoto ai poteri di questo mondo...
E siccome il "predicatore pontificio" Cantalamessa ha deprecato "gli ultimi secoli", perché avrebbero onorato in modo "esagerato e sconsiderato" la Vergine, ricordo alcuni dei santi che (negli ultimi secoli) hanno affermato l'esatto contrario:
San Massimiliano M. Kolbe: «Non temete di amare troppo la Madonna, perché non arriverete mai ad amarla come l'ha amata Gesù».
San Bonaventura: «nessuno può essere mai troppo devoto della Beata Vergine»; «Bisogna guardarsi con diligenza dallo scemare minimamente l'onore dovuto a Maria... bisogna essere pronti a difendere i privilegi di Maria Santissima anche con pericolo della vita».
Padre Pio: «Vorrei poterLa amare quanto merita, ma ricordati che tutti i Santi e gli Angeli insieme non possono degnamente amare e lodare la Madre di Dio».
San Bernardo di Chiaravalle: «O Maria, Tu sei unica al mondo; tu non avesti mai nessuno prima di te che ti somigliasse, ed il mondo, durasse anche eternamente, non avrà mai l'uguale».
Aggiungo che Pio IX, nella Bolla con cui definì dogmaticamente l'Immacolata Concezione scrisse che Ella è «superiore a tutte le lodi del cielo e della terra... è il miracolo di Dio per eccellenza, anzi, il vertice di tutti i miracoli». [...]
Questi sono i nostri maestri degli "ultimi secoli". Li preferiamo a Cantalamessa e a Lutero...

Fonte: Lo Straniero, 30/12/2015

3 - CINQUE ANNI DI PRIGIONE SE FESTEGGI IL NATALE
Nel Brunei, un'isola del Pacifico, è in vigore la Shari'a, il codice penale islamico che prevede pene corporali per i reati morali
Autore: Miguel Cuartero Samperi - Fonte: Redazione di BastaBugie, 02/01/2016

Non solo il presepe nei luoghi pubblici, ma anche gli alberi, gli addobbi, le luci e la musica natalizia sono stati proibiti dalla massima autorità del Brunei, il sultano Bolkiah. La decisione, resa pubblica in questi giorni dal governo del piccolo stato asiatico, rientra nel piano di islamizzazione del paese iniziato lo scorso anno e che prevede la sua ultima e definitiva fase nel 2016.

MONARCHIA ASSOLUTA AGLI ORDINI DEL SULTANO
Il Brunei è un piccolo, ricco e giovane stato islamico, un'isola del pacifico (Isola del Borneo, sud-est asiatico) con un regime politico d'altri tempi: una monarchia assoluta di stampo feudale attualmente retta dal Sultano Hassanal Bolkiah, capo supremo politico e religioso, su cui si accentrano i poteri esecutivi, legislativi, giudiziari e militari.
Il paese, indipendente dall'Inghilterra dal 1984, è abitato da 400mila anime, o meglio 400mila sudditi agli ordini del Sultano che guida l'unico partito politico autorizzato senza necessità che il popolo esprima mai il suo parere con il voto.
Il Brunei è considerato uno dei paesi più ricchi del mondo grazie alle grosse risorse di idrocarburi. Un paradiso fiscale che basa la sua economia sul commercio del gas e del petrolio (93% delle entrate statali). L'ingente disponibilità economica dello stato permette alla famiglia reale una vita di lusso e sfarzo fino all'esagerazione; le enormi ricchezze hanno anche permesso al Brunei di diventare un paese tax-free, ossia di "non richiedere alcuna imposta o tassa ai propri sudditi e di rendere totalmente gratuiti i sistemi scolastico e sanitario, senza che ciò abbia inciso in modo eccessivo sul bilancio".

LIBERTÀ RELIGIOSA... SULLA CARTA
La costituzione del Brunei (1959) afferma che la religione di stato è l'Islam ma che tutte le altre religioni potranno essere praticate liberamente e in pace: "La religione del Brunei Darussalam è la religione musulmana Shafi'ita di quella religione: a condizione che tutte le altre religioni possono essere praticate in pace e armonia dalla persona che professa in qualsiasi parte del Brunei Darussalam".
Nonostante questo, ciò che ora preoccupa di più è la situazione dei non-musulmani nel paese (circa il 25%) i quali, negli ultimi anni, sono stati vittime di diverse misure restrittive. Già prima dell'applicazione della sharia, il Brunei era considerato tra i paesi con più limitazioni riguardo la libertà religiosa, una situazione più volte denunciata da diversi organismi internazionali come ad Open Doors, ACS (Aiuto alla Chiesa che Soffre), International Christian Concern e Pew Research Center. Nell'ultima classifica 2015 dei 50 paesi dove i cristiani sono maggiormente perseguitati (uno studio pubblicato ogni anno da Open Doors), il Brunei si situa al 27° posto.

LA DURA VITA DEI NON-MUSULMANI
I non-musulmani vengono sottoposti a diverse restrizioni: ad esempio la censura di alcuni canali delle antenne paraboliche, il sequestro di alcolici e carne non conformi alle regole alimentari, l'interdizione di tutte le riunioni pubbliche non autorizzate; le ragazze vengono obbligate a vestire secondo la moda islamica indossando il Tudong e i ristoranti rifiutano di servire pasti ai cristiani (9,4%) e buddisti (8,7%) durante il Ramadam per non infrangere le prescrizioni coraniche sul digiuno rituale; in Brunei sono vietati i matrimoni misti e in ogni caso - se si ottiene il permesso speciale - sarà la parte non-musulmana a doversi "convertire", il proselitismo religioso è severamente proibito così come l'importazione delle Bibbie; l'insegnamento del cristianesimo è interdetto anche alle scuole cristiane mentre i corsi di islam sono obbligatori in tutte le scuole, pubbliche e private; anche la vicinanza con persone del sesso opposto può essere motivo di arresto se non viene rispettata la distanza prudenziale.
La fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre denuncia che "In linea generale il governo impedisce l'ingresso nel Paese a religiosi esteri non islamici; e difficilmente permette la costruzione o riparazioni di edifici religiosi i gruppi religiosi non salafiti debbono registrarsi, indicando i nomi di tutti i membri. La partecipazione a gruppi non registrati è punita anche con il carcere. Deve essere autorizzata ogni riunione pubblica di 5 o più persone, sia religiosa che di altro tipo. E' proibito usare case private per incontri religiosi". Uno speciale "Ministero per gli Affari religiosi" ha la funzione di "favorire e promuovere l'islam" in tutto il paese.

LA LEGGE DI ALLAH: PENE CORPORALI PER REATI MORALI
Nel paese è in vigore dal 2014 la legge della Shari'a, il severo codice penale islamico che prevede pene corporali per i reati morali. Il processo di islamizzazione del paese prevede tre fasi e si concluderà nel 2016 con la piena attuazione della Shari'a. Il Sultano ha celebrato questa iniziativa politica come l'adempimento di un dovere religioso: "Per grazia di Allah, con l'entrata in vigore di questa normativa, il nostro dovere nei suoi confronti sarà così adempiuto". Sono previste multe per gravidanze indesiderate o proselitismo religioso che non sia islamico salafita (prima fase); previste anche l'amputazione degli arti per i ladri, la fustigazione per l'aborto o l'assunzione di alcool così come condanna a morte tramite lapidazione per il reato di sodomia ed adulterio (terza fase, dal 2016). Puniti anche i reati di "indecenza" o per la mancata partecipazione alla preghiera rituale del venerdì. Qualche mese fa il missionario italiano Pietro Gheddo affermava che questa intransigenza e radicalità religiosa, unita allo scarso impegno nello sviluppo integrale dei cittadini, finisce per scontentare anche i cittadini musulmani costretti a sottoporsi in silenzio alle decisioni del sovrano.

IL NATALE COME UN CRIMINE: 5 ANNI DI CARCERE PER I CRISTIANI
Il nome ufficiale del paese è tutto un programma: Brunei Darussalam, ovvero, "Stato del Brunei, Dimora della Pace". Peccato, però, che per vivere in pace nel Brunei sarebbe altamente consigliabile rinunciare alla propria fede e alle proprie tradizioni per sottomettersi nel più perfetto dei modi ad Allah e al suo sultano. Solo così infatti si diventerà cittadini di prima categoria e non si rischierà di andare incontro a restrizioni, controlli e censure. Le minoranze sono ormai destinate a scomparire, l'imposizione della Shari'a peggiorerà le condizioni di vita dei pochi buddisti e cristiani presenti, che da qui a pochi anni lasceranno il paese ai musulmani. Così il Brunei è destinato a diventare il paradiso fiscale e sociale degli emiri arabi.
Al fine di evitare "danni alla comunità musulmana" il Sultano ha recentemente vietato i festeggiamenti del Natale! I cristiani potranno celebrare la loro festa solo dopo il permesso delle autorità locali e limitandosi a riunioni domestiche senza nessuna manifestazione o segno pubblico. Chi sarà fermato a celebrare il Natale sarà condannato a 5 anni di reclusione. Già lo scorso anno, il governo aveva proibito le insegne luminose e le decorazioni di natale nei negozi della capitale, affermando ufficialmente che "ai musulmani è proibito imitare le abitudini delle altre religioni".

Fonte: Redazione di BastaBugie, 02/01/2016

4 - THE 33: IL FILM SULLA STORIA MIRACOLOSA DEI MINATORI CILENI RIMASTI INTRAPPOLATI PER 70 GIORNI
Tra breve al cinema la vicenda del 2010 dei 33 minatori salvati in extremis grazie alla fede e alle preghiere (VIDEO: trailer)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/12/2015

Tra breve arriverà nelle sale cinematografiche il film The 33, che narra la vicenda dei trentatré minatori cileni rimasti intrappolati sottoterra cinque anni fa e salvati in extremis in diretta mondiale. La loro odissea, trasmessa in tempo reale, commosse il pianeta e papa Ratzinger, che inviò una sua benedizione speciale. Il film, della pluripremiata regista messicana Patricia Riggen, conta su un cast stellare: Antonio Banderas, Juliette Binoche, Lou Diamond Phillips, Josh Brolin, Gabriel Byrne.

COME MAI?
Ma come mai si è mossa Hollywood per una storia toccante, sì, ma tutto sommato uguale a tante altre? Non è il primo dramma minerario della storia, né sarà l'ultimo, almeno finché i robot non saranno in grado di sostituire l'uomo anche nel cuore della terra. Il fatto è che questa storia è davvero speciale, sia per l'happy end, sia per il suo svolgersi, che ebbe realmente del miracoloso. L'ha raccontata per l'agenzia Aleteia.org la scrittrice americana Patty Maguire Armstrong, la quale è andata a intervistare colui che tale miracolo rese possibile. Riassumiamo intanto la vicenda. Nell'agosto del 2010 un gigantesco cedimento sotterraneo intrappola a diverse centinaia di metri di profondità trentatré lavoratori nella miniera cilena di oro e rame di San José. Si attiva la macchina dei soccorsi ma ci si accorge subito che quelli non hanno speranza.
Le mappe della miniera sono imprecise, non si sa esattamente dove sono i minatori. Hanno, sì, un rifugio di sicurezza per le emergenze ma questo è dotato di viveri per soli tre giorni. Non si sa nemmeno se siano riusciti a raggiungerlo. La roccia da perforare è durissima e solo poche ditte al mondo hanno l'attrezzatura adatta. Di una di queste è titolare il texano Greg Hall, che viene contattato dal governo cileno. Quello arriva, ispeziona, capisce la gravità della situazione. I trentatré disgraziati possono essere bloccati da qualche parte tra i 400 e gli 800 metri in basso, e a 800 metri le trivelle non arrivano. Anticipiamo subito che il primo a parlare di miracolo è stato proprio Greg Hall, titolare della Drillers Supply International, perché, visto il successo cileno, la sua ditta è stata chiamata altre quattro volte, qua e là nel mondo, a ripetere l'exploît, ma ha sempre fallito. Tranne che in Cile.

RIPRENDIAMO IL NOSTRO RACCONTO
Trivellando quasi alla cieca, finalmente si incontra il vuoto. A 650 metri sotto. Il rifugio. I minatori sono riusciti a raggiungerlo. Sì, ma sono lì da diciassette giorni, a quaranta gradi di temperatura. Razionando allo spasimo il cibo, sono tuttavia ancora vivi. Battono sulla trivella, si fanno sentire. Dal buco può calare cibo e acqua. Ma non c'è mezzo di tirare fuori loro. Passano i giorni, Greg Hall forse è il solo a sapere come stanno davvero le cose. Ma Greg Hall è un diacono della comunità cattolica di Cypress, vicino a Houston. E pure i minatori sono cattolici. Nel buco vengono calati trentatré rosari inviati personalmente dal Papa e da quel momento la preghiera scandisce il tempo e l'incessante lavoro di salvataggio.
Greg Hall fa venire le attrezzature provviste della tecnologia più avanzata disponibile, ma anche così è un'impresa disperata, perché tale tecnologia prevede l'immissione di liquidi e questi farebbero annegare i minatori. Niente, bisogna farne a meno. Hall continua a trivellare con cocciutaggine e riesce ad arrivare a soli trenta metri dagli uomini intrappolati. Ma a questo punto le macchine si bloccano, non ce la fanno più. Hall, anziché buttare la spugna, si rivolge a quel Cristo Redentore che dà il nome alla parrocchia in cui è diacono. Gli dice, in sostanza, questo: io sono arrivato fin qui e di più non posso, adesso tocca a Te.
E, proprio quando ha finito di pregare, ecco che la trivella, d'incanto, si riattiva. Non si fermerà più e, dopo quasi settanta giorni di angoscia, i trentatré rivedranno la luce. Uno ad uno. Ci vogliono due giorni per tirarli fuori tutti. L'ultimo è il loro capo, la cui testa emerge dal buco il 13 ottobre 2010. I cattolici Greg Hall e Patty Maguire Armstrong notano che il 13 ottobre è l'anniversario dell'ultima apparizione della Madonna a Fatima. Ogni minatore salvato ha al collo il rosario del Papa, i cui grani avevano punteggiato l'interminabile attesa sottoterra.

Nota di BastaBugie: ecco il trailer del film The 33


https://www.youtube.com/watch?v=XFVjpa6AF2g

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/12/2015

5 - OSCAR WILDE DIVENNE CATTOLICO E SI PENTI' PER LA SUA PERVERSIONE OMOSESSUALE
Amava dire: ''La Chiesa Cattolica è per i santi e per i peccatori, per le persone rispettabili è sufficiente la chiesa anglicana''
Fonte UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali), 27/07/2012

«Il cattolicesimo è la religione in cui muoio», così disse il celebre poeta e drammaturgo Oscar Wilde poco prima di morire a Parigi, il 30 novembre 1900. Lo scrittore e saggista esperto del mondo britannico Paolo Gulisano si è concentrato anche sulla conversione di Wilde nel suo libro "Ritratto di Oscar Wilde" (Ancora 2009) in cui ha definito «un mistero non ancora pienamente svelato» la sua complessa personalità, arrivando a descrivere il profondo e autentico sentimento religioso del celebre poeta.
Il cammino esistenziale di Oscar Wilde è stato un lungo e difficile itinerario verso il cattolicesimo, una conversione - ha spiegato Gulisano - «di cui nessuno parla, e che fu una scelta meditata a lungo, e a lungo rimandata, anche se - con uno dei paradossi che tanto amava - , Wilde affermò un giorno a chi gli chiedeva se non si stesse avvicinando troppo pericolosamente alla Chiesa Cattolica: "Io non sono un cattolico. Io sono semplicemente un acceso papista". Dietro la battuta c'è la complessità della vita che può essere vista come una lunga e difficile marcia di avvicinamento al Mistero, a Dio». Molte le persone che sono entrate in rapporto con lui e si sono convertite, come Robbie Ross, Aubrey Beardsley, e - ha continuato lo scrittore - «addirittura quel John Gray che gli ispirò la figura di Dorian Gray che diventato cattolico entrò anche in Seminario a Roma e divenne un apprezzatissimo sacerdote in Scozia. Infine, anche il figlio minore di Wilde divenne cattolico». Wilde soleva ripetere: «Il cattolicesimo è la sola religione in cui valga la pena di morire» (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 669).
Wilde è oggi celebrato sopratutto come "icona gay", ma Gulisano ha spiegato che «non può essere definito tout court "gay": aveva amato profondamente sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli che aveva sempre amato teneramente e ai quali, da bambini, aveva dedicato alcune tra le più belle fiabe mai scritte, quali "Il Gigante egoista" o "Il Principe Felice". Il processo fu un guaio in cui finì per aver querelato per diffamazione il Marchese di Queensberry, padre del suo amico Bosie, che lo aveva accusato di "atteggiarsi a sodomita". Al processo Wilde si trovò di fronte l'avvocato Carson, che odiava irlandesi e cattolici, e la sua condanna non fu soltanto il risultato dell'omofobia vittoriana». Tuttavia ebbe contemporaneamente diverse relazioni omosessuali, ma verso l'epilogo della sua vita si pentì del suo comportamento. Già nel celebre "De profundis", una lunga lettera all'ex amante Alfred Douglas, scrisse: «Solo nel fango ci incontravamo», gli rinfacciò, e in una confessione autocritica: «ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi» (Ediz. Mondadori, 1988, pag. 17). Tre settimane prima di morire, dichiarò ad un corrispondente del «Daily Chronicle»: «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L'aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni. Ho intenzione di esservi accolto al più presto» (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 669).
Mentre si trovava in punto di morte, il suo amico Robert Ross condusse presso di lui il reverendo cattolico irlandese Cuthbert Dunne. Wilde rispose con un cenno di volerlo vicino a sé (era impossibilitato a parlare), il sacerdote gli domandò se desiderava convertirsi, e Wilde sollevò la mano. Quindi padre Dunne gli somministrò il battesimo condizionale, lo assolse dai suoi peccati e gli diede l'estrema unzione (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 670).

Nota di BastaBugie: come approfondimento trovate qui sotto due articoli. Il primo è un estratto ricavato dal sito Rai Vaticano. Il secondo, dal titolo "Oscar Wilde, l'inquieto che implorava la pietà di Gesù" è di Francesco Agnoli ed è stato pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana. Lo pubblichiamo integralmente.

OSCAR WILDE BANDIERA GAY? NON PROPRIO...
Recentemente, in un talk show radiofonico, un esponente del movimento gay italiano intervistato sulla storia del movimento omosessuale, citava, tra i tanti personaggi del mondo della cultura, dell'arte e della scienza che hanno avuto chiare tendenze omosessuali anche - e con ragione - Oscar Wilde.
Di lui, oltre alle doti di scrittore, saggista e commediografo, il nostro intervistato apprezzava soprattutto il coraggio di non aver nascosto la sua "diversità", specialmente nell'Inghilterra del XIX secolo intrisa di perbenismo vittoriano, nonché la sua intelligenza ed il suo sarcasmo tipici - sottolineava - proprio del mondo omosessuale. Insomma - concludeva - una vera bandiera gay contro i troppi bigottismi, specialmente religiosi, di cui propriola Chiesa cattolica è ancora oggi il maggior fautore.
Peccato che questa prolusione dimenticasse un piccolo particolare: la "bandiera" dell'orgoglio gay ebbe non solo un pentimento totale riguardo la propria vita, ma concluse i suoi giorni con la conversione alla tanto "vituperata" fede cattolica, tanto da esalare l'ultimo respiro avendo tra le mani un rosario. [...]
Poche settimane prima di morire, intervistato da un giornalista del Daily Chronicle, dichiarava tra l'altro: "Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L'aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni". Concludeva quindi in maniera risoluta: "Ho intenzione di esservi accolto al più presto". (Ediz. Rizzoli, 1991).
In un celebre aforisma dichiarava tra l'ironico e il feroce che: "La Chiesa cattolica è per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana". Riguardo il peccato e il peccatore, merita di riportare quanto scrive, sempre nel "De Profundis": "Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi. Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell'iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato". […]
Forse, prima di definire Oscar Wilde "bandiera" dell'orgoglio gay, bisognerebbe rivedere con onestà intellettuale anche il significato della conversione proprio a quella religione, la cattolica, definita dagli ambienti gay - e non solo - la più oscurantista e retrograda. Alla luce della vita di Oscar Wilde, ci permettiamo di dire che non è così.
Fonte: sito Rai Vaticano, 15/12/2011

OSCAR WILDE, L'INQUIETO CHE IMPLORAVA LA PIETÀ DI GESÙ
Il 30 novembre 1900, a Parigi, moriva Oscar Wilde, l'autore de Il ritratto di Dorian Gray. La sua figura è spesso strumentalizzata e incompresa, nella sua profondità e nel suo dramma. Per questo può essere utile ricordare almeno alcune cose. Oscar Wilde nasce a Dublino il 16 ottobre 1854. Come racconta il biografo Francesco Mei, suo padre, sir William, è un medico affermatissimo, che «cambia più spesso le amanti che non le camicie» (Francesco Mei, Oscar Wilde, Rcs, Milano, 2001). Sua madre, Jane, è «portata a trascurare l'andamento della casa, compresa l'educazione morale dei figli».
William e Jane sono una coppia "aperta", con tutte le caratteristiche del caso. Quando Oscar nasce, la madre, «che aspettava ardentemente una bambina», resta delusa. Proietta sul figlio, maschio, i suoi desideri: il piccolo Oscar viene vestito da bambina, «agghindato con trine e pizzi» e patisce tanto le imposizioni della madre, quanto l'assenza del padre. Vari biografi mettono in luce come Wilde abbia interiorizzato una figura negativa di padre, e questo gli abbia impedito di sviluppare appieno la sua virilità e il suo senso di paternità: cercherà sempre, in altre figure maschili, il padre che non ha avuto, e sarà, con la moglie e con i figli, il marito infedele e il padre assente che non aveva apprezzato in suo padre.
Presto Wilde si distacca dalla famiglia, andando a studiare in collegio, prima al Trinity College di Dublino, poi ad Oxford. Rimanendo per certi aspetti «un eterno fanciullo», incapace di «maturare, almeno sul piano affettivo». Suo padre non è per lui oggetto di ammirazione, anzi Oscar non approva «lo sfrenato libertinaggio del genitore. E non è escluso che proprio per reazione agli eccessi paterni, egli abbia concepito sin dall'adolescenza una sorta di riluttanza a stabilire rapporti impegnativi con le donne». Si sposerà, amerà sua moglie, ma, un po' come il padre, senza mai riuscire a farlo veramente, alternando i rimorsi e il desiderio di tornare da lei, all'insicurezza e alla mutevolezza, ai rapporti fuggevoli e molteplici con donne, uomini e ragazzini. In un vortice di depravazione, come dirà lui stesso, che lo porterà, dopo il successo, alla prigione, ma anche ad una salute inferma, causa l'uso prolungato di alcool, liquori, assenzio... sino alla fine dei suoi giorni.
Condannato al carcere nel 1895, con l'accusa di aver avuto rapporti omosessuali con svariati ragazzini e prostituti, Wilde scrive da lì alla moglie Constance: «Perdonami... i miei peccati sono stati tremendi e imperdonabili...». Wilde si vergogna della sua vita passata, anela alla rigenerazione, alla rinascita, si fa dare il Vangelo, gli scritti dei cardinali inglesi Newman e Manning, la Storia dei Papi... e progetta di scrivere, una volta fuori dal carcere, qualcosa su san Francesco, quasi a riparazione del suo «perseguimento selvaggio del piacere che inaridisce il corpo e lo spirito». Nel 1897 scrive una lettera che prende il titolo da un salmo, De profundis, a lord Alfred Douglas, il suo amante. Il 30 novembre 1900 Oscar Wilde muore, dopo essere entrato nella Chiesa cattolica, di cui era sempre stato un estimatore, e aver ricevuto l'estrema unzione (Paolo Gulisano, Il ritratto di Dorian Gray, Ancora, Milano, 2009, p. 181).
Come per Baudelaire, Verlaine, Rimbaud e Huysmans (il cui romanzo Controcorrente è considerata la"bibbia dell'estetismo" e che poi diventerà oblato benedettino), passati tutti, chi più chi meno, da un forte rapporto con la fede religiosa, anche Wilde non può essere compreso se non riandando alla sua domanda: sono i piaceri del mondo, i "frutti terrestri" a saziare la fame dell'uomo, oppure la nostra "inquietudine", per citare Agostino, è saziata solo dall'incontro con Dio? Riportiamo qualche frase dal De profundis, scritto quando il poeta non è più sul palcoscenico, ma giù dal piedistallo su cui lui stesso aveva voluto mettersi, per essere da sé il senso della propria vita; scritto quando al posto dei piaceri sensuali e della dissipazione, vi sono il dolore e la solitudine; quando il tentativo di costruire una vita splendida, al di là del bene e del male, «come se Dio non ci fosse» e «tutto fosse lecito», si è rivelato un fallimento.
Scrive Wilde: «Bisogna, sì, ch'io mi dica che da me stesso io mi sono distrutto e che nessuno, piccolo oppure grande, non si può rovinare che con le sue proprie mani. Io sono pronto a dirlo; mi sforzo di confessarlo, quantunque, forse, in questo momento, non lo si creda. Senza alcuna compassione io sostengo contro di me l'implacabile accusa. Per quanto terribile sia stato ciò che il mondo mi ha fatto di male, quel che io feci a me stesso fu più tremendo ancora... Mi divertii a fare l'ozioso, il dandy, l'uomo alla moda. Mi circondai di poveri caratteri e di spiriti miserevoli. Divenni prodigo del mio proprio genio e provai una gioia bizzarra nello sperperare una giovinezza eterna. Stanco di vivere sulle cime, discesi volontariamente in fondo agli abissi per cercarvi delle sensazioni nuove. La perversità fu nell'orbita della passione quel che il paradosso era stato per me nella sfera del pensiero. Infine il desiderio si cangiò in una malattia, o in una follia, o in entrambe le cose. Divenni noncurante della vita altrui. Colsi il mio bene dove mi piacque e passai oltre. Dimenticai che ogni più piccola azione quotidiana forma o deforma il carattere e che, per conseguenza, ciò che si è compiuto nel segreto della propria intimità si sarà poi costretti a proclamarlo al mondo intero. Così, non fui più padrone di me stesso. Non riuscii più a dominare la mia anima e la ignorai. Permisi al piacere di governarmi e finii coll'essere abbattuto da una sventura orrenda. Adesso non mi rimane più che una cosa: l'assoluta umiltà...».
Poi, parlando di Gesù, scrive: «Certo, egli ha il senso della pietà per i poveri, per coloro che sono relegati nelle prigioni, per gli umili, per i miserabili, ma egli ha molta più compassione per i ricchi, per gli edonisti, per coloro che sacrificano la loro libertà e divengono gli schiavi delle cose, per quelli che portano abiti preziosi e abitano in palazzi regali. Le ricchezze e le voluttà a lui sembrano invero delle tragedie più grandi che la penuria e il dolore. Per Natale sono riuscito a procurarmi un Testamento Greco e ogni mattina, dopo aver spazzato la mia cella e forbito i miei utensili, leggo un passo dei Vangeli, una dozzina di versetti presi a caso, non importa dove. È una deliziosa maniera di cominciar la giornata. Ciascuno, anche vivendo una vita turbinosa e disordinata, dovrebbe fare così...». Sentiva Wilde, che Gesù aveva pietà anche di lui, del suo edonismo sfrenato, su cui aveva cercato di costruire la propria felicità, e che era stato, invece, al contrario, la sua condanna.
Francesco Agnoli
Fonte: La nuova Bussola Quotidiana il 02-12-2015

Fonte: UCCR (Unione Cristiani Cattolici Razionali), 27/07/2012

6 - CON IL SACCO DI ROMA, DIO CASTIGO' IL RELATIVISMO, L'EDONISMO E LA MANCATA LOTTA ALLE ERESIE
Fu un evento terribile: malati trucidati, palazzi depredati, chiese profanate, preti uccisi, monache stuprate e fatte schiave, oscene parodie di cerimonie religiose, calici da Messa usati per ubriacarsi tra le bestemmie, ostie arrostite in padella e date in pasto ad animali, tombe di santi violate, ecc. Accadrà di nuovo?
Autore: Roberto de Mattei - Fonte: Corrispondenza Romana, 02/12/2015

La Chiesa vive un'epoca di sbandamento dottrinale e morale. Lo scisma è deflagrato in Germania, ma il Papa non sembra rendersi conto della portata del dramma. Un gruppo di cardinali e di vescovi propugna la necessità di un accordo con gli eretici. Come sempre accade nelle ore più gravi della storia, gli eventi si succedono con estrema rapidità.

L'ATTACCO ALLA CITTÀ ETERNA
Domenica 5 maggio 1527, un esercito calato dalla Lombardia giunse sul Gianicolo.
L'imperatore Carlo V, irato per l'alleanza politica del papa Clemente VII con il suo avversario, il re di Francia Francesco I, aveva mosso un esercito contro la capitale della Cristianità. Quella sera il sole tramontò per l'ultima volta sulle bellezze abbaglianti della Roma rinascimentale. Circa 20 mila uomini, italiani, spagnoli e tedeschi, tra i quali i mercenari Lanzichenecchi, di fede luterana, si apprestavano a dare l'attacco alla Città Eterna. Il loro comandante aveva concesso loro licenza di saccheggio.
Tutta la notte la campana del Campidoglio suonò a storno per chiamare i romani alle armi, ma era ormai troppo tardi per improvvisare una difesa efficace. All'alba del 6 maggio, favoriti da una fitta nebbia, i Lanzichenecchi mossero all'assalto delle mura, tra Sant'Onofrio e Santo Spirito. Le Guardie svizzere si schierarono attorno all'Obelisco del Vaticano, decise a rimanere fedeli fino alla morte al loro giuramento. Gli ultimi di loro si immolarono presso l'altar maggiore della Basilica di San Pietro. La loro resistenza permise al Papa di riuscire a mettersi in fuga, con alcuni cardinali.
Attraverso il Passetto del Borgo, via di collegamento tra il Vaticano e Castel Sant'Angelo, Clemente VII raggiunse la fortezza, unico baluardo rimasto contro il nemico. Dall'alto degli spalti il Papa assisté alla terribile strage che cominciò con il massacro di coloro che si erano accalcati alle porte del castello per trovarvi riparo, mentre i malati dell'ospedale di Santo Spirito in Saxia venivano trucidati a colpi di lancia e di spada.
La licenza illimitata di rubare e di uccidere durò otto giorni e l'occupazione della città nove mesi. «L'inferno è nulla in confronto colla veste che Roma adesso presenta», si legge in una relazione veneta del 10 maggio 1527, riportata da Ludwig von Pastor (Storia dei Papi, Desclée, Roma 1942, vol. IV, 2, p. 261).
I religiosi furono le principali vittime della furia dei Lanzichenecchi. I palazzi dei cardinali furono depredati, le chiese profanate, i preti e i monaci uccisi o fatti schiavi, le monache stuprate e vendute sui mercati. Si videro oscene parodie di cerimonie religiose, calici da Messa usati per ubriacarsi tra le bestemmie, ostie sacre arrostite in padella e date in pasto ad animali, tombe di santi violate, teste degli apostoli, come quella di sant'Andrea, usate per giocare a palla nelle strade. Un asino fu rivestito di abiti ecclesiastici e condotto all'altare di una chiesa. Il sacerdote che rifiutò di dargli la comunione fu fatto a pezzi. La città venne oltraggiata nei suoi simboli religiosi e nelle sue memorie più sacre (si veda anche André Chastel, Il Sacco di Roma, Einaudi, Torino 1983; Umberto Roberto, Roma capta. Il Sacco della città dai Galli ai Lanzichenecchi, Laterza, Bari 2012).

LA MANCATA RIFORMA DELLA CHIESA
Clemente VII, della famiglia dei Medici non aveva raccolto l'appello del suo predecessore Adriano VI ad una riforma radicale della Chiesa. Martin Lutero diffondeva da dieci anni le sue eresie, ma la Roma dei Papi continuava ad essere immersa nel relativismo e nell'edonismo. Non tutti i romani però erano corrotti ed effeminati, come sembra credere lo storico Gregorovius. Non lo erano quei nobili, come Giulio Vallati, Giambattista Savelli e Pierpaolo Tebaldi, che inalberando uno stendardo con l'insegna "Pro Fide et Patria", opposero l'ultima eroica resistenza a Ponte Sisto, né lo erano gli alunni del Collegio Capranica, che accorsero e morirono a Santo Spirito per difendere il Papa in pericolo.
A quella ecatombe l'istituto ecclesiastico romano deve il titolo di "Almo". Clemente VII si salvò e governò la Chiesa fino al 1534, affrontando dopo lo scisma luterano quello anglicano, ma assistere al saccheggio della città, senza nulla poter fare, fu per lui più duro della morte stessa. Il 17 ottobre 1528 le truppe imperiali abbandonarono una città in rovina.

UN QUADRO TERRIFICANTE
Un testimone oculare, spagnolo, ci dà un quadro terrificante della città un mese dopo il Sacco: «A Roma, capitale della cristianità, non si suona campana alcuna, non sì apre chiesa non si dice una Messa, non c'è domenica né giorno di festa. Le ricche botteghe dei mercanti servono per stalle per i cavalli, i più splendidi palazzi sono devastati, molte case incendiate, di altre spezzate e portate via le porte e finestre, le strade trasformate in concimaie. È orribile il fetore dei cadaveri: uomini e bestie hanno la medesima sepoltura; nelle chiese ho visto cadaveri rosi da cani. Io non so con che altro confrontare questo, fuorché con la distruzione di Gerusalemme. Ora riconosco la giustizia di Dio, che non dimentica anche se viene tardi. A Roma si commettevano apertissimamente tutti i peccati: sodomia, simonia, idolatria ipocrisia, inganno; perciò non possiamo credere che questo non sia avvenuto per caso. Ma per giudizio divino» (L. von Pastor, Storia dei Papi, cit., p. 278).
Papa Clemente VII commissionò a Michelangelo il Giudizio universale nella Cappella Sistina quasi per immortalare il dramma o che subì, in quegli anni, la Chiesa di Roma. Tutti compresero che si trattava di un castigo del Cielo. Non erano mancati gli avvisi premonitori, come un fulmine che cadde in Vaticano e la comparsa di un eremita, Brandano da Petroio, venerato dalle folle come "il pazzo di Cristo", che nel giorno di giovedì santo del 1527, mentre Clemente VII benediceva in San Pietro la folla, gridò: «bastardo sodomita, per i tuoi peccati Roma sarà distrutta. Confessati e convertiti, perché tra 14 giorni l'ira di Dio si abbatterà su di te e sulla città».
L'anno prima, alla fine di agosto, le armate cristiane erano state disfatte dagli Ottomani sul campo di Mohacs. Il re d'Ungheria Luigi II Jagellone morì in battaglia e l'esercito di Solimano il Magnifico occupò Buda. L'ondata islamica sembrava inarrestabile in Europa. Eppure l'ora del castigo fu, come sempre l'ora della misericordia. Gli uomini di Chiesa compresero quanto stoltamente avessero inseguito le lusinghe dei piaceri e del potere. Dopo il terribile Sacco la vita cambiò profondamente.

ROMA: DA CITTÀ GAUDENTE A CITTÀ AUSTERA E PENITENTE
La Roma gaudente del Rinascimento si trasformò nella Roma austera e penitente della Contro-Riforma. Tra coloro che soffrirono nel Sacco di Roma, fu Gian Matteo Giberti, vescovo di Verona, ma che allora risiedeva a Roma. Imprigionato dagli assedianti giurò che non avrebbe mai abbandonato la sua residenza episcopale, se fosse stato liberato. Mantenne la parola, tornò a Verona e si dedicò con tutte le sue energie alla riforma della sua diocesi, fino alla morte nel 1543.
San Carlo Borromeo, che sarà poi il modello dei vescovi della Riforma cattolica si ispirerà al suo esempio. Erano a Roma anche Carlo Carafa e san Gaetano di Thiene che, nel 1524, avevano fondato l'ordine dei Teatini, un istituto religioso irriso per la sua posizione dottrinale intransigente e per l'abbandono alla Divina Provvidenza spinto al punto di aspettare l'elemosina, senza mai chiederla. I due cofondatori dell'ordine furono imprigionati e torturati dai Lanzichenecchi e scamparono miracolosamente alla morte.
Quando Carafa divenne cardinale e presidente del primo tribunale della Sacra romana e universale Inquisizione volle accanto a sé un altro santo, il padre Michele Ghislieri, domenicano. I due uomini, Carafa e Ghislieri, con i nomi di Paolo IV e di Pio V, saranno i due Papi per eccellenza della Contro-Riforma cattolica del XVI secolo. Il Concilio di Trento (1545-1563) e la vittoria di Lepanto contro i Turchi (1571) dimostrarono che, anche nelle ore più buie della storia, con l'aiuto di Dio è possibile la rinascita: ma alle origini di questa rinascita ci fu il castigo purificatore del Sacco di Roma.

Fonte: Corrispondenza Romana, 02/12/2015

7 - LO SCOPO DEGLI INSEGNANTI? INDICARE IL PARADISO
Il compito degli insegnanti non si esaurisce nella trasmissione del sapere, ma deve essere caratterizzato da una viva preoccupazione morale e religiosa
Autore: Maurizio Schoepflin - Fonte: Il Timone, novembre 2015

Tra le opere di La Salle, spiccano due scritti pedagogici: la Guida delle Scuole cristiane e le Regole di buona creanza e di cortesia cristiana. Nonostante siano stati redatti circa tre secoli fa, da esse emergono esigenze e orientamenti educativi di straordinaria attualità. Due sono le questioni fondamentali che stanno al centro della Guida: la prima riguarda la possibilità di dar vita a una scuola aperta a chiunque, utile alla salvezza delle anime e capace di presentarsi come un luogo attraente, non dominato soltanto dalla preoccupazione di sorvegliare e punire. La seconda questione che La Salle affrontò nello scrivere quest'opera fu quella di definire positivamente il ruolo dell'insegnante.

LA VITA ETERNA DEGLI STUDENTI
Il grande educatore seppe dare risposta ad ambedue i problemi sopra ricordati: egli infatti riuscì a far sorgere un nuovo tipo di scuola, attenta ai veri bisogni degli alunni e gratuita, e seppe altresì indicare un modello di insegnante davvero innovativo, il "fratello delle scuole cristiane", un religioso non prete che fa dell'insegnamento il proprio ministero apostolico; non più, dunque, solamente un mestiere, ma un'azione derivante da una speciale consacrazione e finalizzata alla salvezza eterna dei giovani studenti, specialmente quelli provenienti da situazioni di povertà e disagio sociale. Per tali motivi, la Guida prevede che durante la giornata scolastica sia dedicato il tempo necessario alla Santa Messa, alla preghiera e alla riflessione spirituale, che le letture proposte agli allievi provengano sempre dalla Sacra Bibbia o comunque da testi edificanti e che gli insegnanti, trasformati in autentici testimoni del vangelo, si sentano costantemente tenuti a fornire il buon esempio ai giovani. Le numerosissime prescrizioni contenute nella Guida trovano la loro giustificazione in un unico desiderio che anima La Salle: la scuola cristiana e l'attività di coloro che vi operano hanno senso soltanto se inquadrate nel disegno salvifico predisposto da Dio per l'umanità. Secondo il Santo di Reims, educare significa soprattutto cooperare con il Signore affinchè le anime conquistino il Paradiso.

UN APPELLO ALLA SANTITÀ
Le Regole di buona creanza e di cortesia cristiana, che ebbero un'amplissima diffusione, sono una sorta di galateo che indica uno stile di vita elevato e autenticamente cristiano: con esso La Salle rivolge un accorato appello alla santità personale e alla santificazione dei rapporti sociali. Egli è convinto che soltanto vivendo secondo lo spirito di Gesù Cristo sia possibile compiere azioni buone e gradite a Dio: non si tratta di rispettare fredde regole formali, ma di improntare la vita a uno stile evangelico, l'unico che permette di rendere gloria a Dio e di salvare la propria anima. Seppur per ragioni diverse, sia la Guida delle Scuole cristiane che le Regole di buona creanza e di cortesia cristiana contengono numerose indicazioni pratiche che in questa sede non è possibile riportare. Qui sembra maggiormente importante richiamare l'attenzione su alcuni aspetti comuni alle due opere e, attraverso di essi, sul significato complessivo dell'insegnamento lasalliano.

UNA SCELTA ACCURATA DEI DOCENTI
La prima basilare certezza di La Salle riguarda la necessità di poter disporre di maestri fedeli al Vangelo, perché l'educazione cristiana presuppone la presenza di educatori ben formati: di qui la sua particolare cura per la preparazione degli insegnanti, che egli vuole solidi interiormente e moralmente ineccepibili. Per il Santo di Reims, il compito della scuola non si esaurisce nell'ambito della trasmissione del sapere, ma deve essere caratterizzato da una viva preoccupazione morale. Vi sono altri elementi distintivi della scuola lasalliana sui quali è opportuno soffermare l'attenzione.

NON PUNIZIONI MA PERSUASIONE
Innanzitutto, una nuova concezione della disciplina, che non viene più basata su castighi e punizioni, bensì sulla persuasione: al maestro devono stare a cuore le convinzioni interiori maturate dall'alunno e non certo la sua paura nei confronti degli educatori. Inoltre La Salle raccomanda che si tengano in speciale considerazione il carattere e le propensioni naturali di ogni singolo allievo: i maestri devono sapere comprendere il più a fondo possibile la personalità dei giovani a loro affidati dalla scuola. Una sintesi molto valida della luminosa testimonianza del Santo francese è offerta dalle seguenti considerazioni apparse sulla «Rivista lasalliana» nel 1957: «Ciò permette di collocare [...] tutta l'opera di San Giovanni Battista de La Salle [...] sotto il doppio aspetto di restaurazione dell'uomo nella società (il riscatto dalla miseria e dall'ignoranza) e nella santificazione delle forme sacramentali e liturgiche (vita parrocchiale, culto pubblico, voti religiosi, disciplina della penitenza e dei sacramenti) [....]. Metteremo dunque anche noi il Santo istitutore accanto a San Francesco di Sales (1567 - 1622), la cui opera pare tuttavia più conclusa nel campo ecclesiastico-monacale; a San Vincent de Paul (1581 - 1660), che non lasciò quasi miseria senza riscatto, cercando le anime attraverso i corpi; a San Jean Eudes (1601 - 1680) e a San Louis Grignion de Montfort (1673 - 1700), che rinnovarono la devozione cristiana, richiamandola alla sostanzialità della fede e delle opere».

DOSSIER "EDUCAZIONE PARENTALE"
Insegna tu ai tuoi figli

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Fonte: Il Timone, novembre 2015

8 - NON C'E' NESSUNA EMERGENZA SMOG, LA VERA EMERGENZA SONO I POLITICI
E' bastata un po' di pioggia o di vento per riportare le polveri sottili sotto il livello di guardia, ma i politici preferiscono strumentalizzare inquinamento e morti per fini elettorali
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/12/2015

Non c'è nulla come la presunta emergenza smog per mettere in rilievo la cialtronaggine dei politici e l'inconsistenza degli ecclesiastici.
Cominciamo dai primi: come stiano le cose riguardo allo smog lo abbiamo già spiegato in due articoli (leggi: PAURA PER L'EMERGENZA SMOG... CHE NON ESISTE https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4040, N.d.BB).

INQUINAMENTO ATMOSFERICO IN COSTANTE DIMINUZIONE
In sintesi: gli alti livelli di smog di questi giorni non cancellano la realtà di un inquinamento atmosferico in costante diminuzione da alcuni decenni a questa parte, tanto che seppure le concentrazioni di polveri sottili sono da oltre un mese sopra i livelli definiti accettabili restano pur sempre al di sotto dei livelli a cui si era abituati 30 anni fa. L'attuale situazione è cioè da imputarsi a condizioni meteo eccezionali: non piove e non tira vento da due mesi, per cui le sostanze inquinanti ristagnano nell'aria. Un evento certamente non piacevole né salutare, ma transitorio, e che non va neanche sovrastimato e soprattutto preso a pretesto per interventi straordinari che si risolveranno in grosse spese pubbliche senza peraltro ottenere benefici rilevanti.
Ebbene, davanti a questa situazione, nel migliore dei casi sindaci, governatori e membri del governo invece di spiegare - dati alla mano - come stanno le cose, vanno dietro agli allarmismi e chiedono, annunciano, polemizzano a soli scopi elettorali. Poi, cominciano a fioccare statistiche sulle morti per inquinamento e il più cialtrone di tutti, il comico a 5 stelle, imputa all'inquinamento i 68mila morti in più che complessivamente in Italia ci saranno nel 2015 rispetto al 2014. Una menzogna smascherata dallo stesso professor Giancarlo Blangiardo - il demografo responsabile dello studio che ha messo in rilievo questo dato - ma che non ha ovviamente fermato la strumentalizzazione.

ASPETTATIVA DI VITA SUPERIORE
A proposito però di speculazioni sulle migliaia di morti per inquinamento che vorrebbero assimilare Milano, Torino e Roma a Pechino o, peggio, alla Londra dei primi anni '50 (quando i morti per smog c'erano davvero) occorre ricordare qualche altro dato. Perché se davvero le cose stessero così come ce le stanno raccontando non si spiegherebbe come mai a Milano - capitale dell'inquinamento - l'aspettativa di vita alla nascita sia di gran lunga superiore a quella media nazionale.
Guardiamo alle tabelle Istat: nel 2014 in Italia l'aspettativa di vita era 80,3 anni per i maschi e 84,9 per le femmine; a Milano era di 81,4 per i maschi e 86,1 per le femmine. Se poi prendiamo la serie storica ci accorgiamo che in venti anni l'aspettativa di vita alla nascita - sempre a Milano - è cresciuta di sette anni per i maschi (era di 74,2 anni nel 1994) e di quasi 5 anni per le femmine (era 81,3 nel 1994). Analoga la situazione a Torino: nel 2002 (anno da cui comincia la disponibilità dei dati) l'aspettativa era di 77,1 anni per i maschi e di 83,1 per le femmine contro gli attuali 80,7 e 85,2. Ma anche Roma non fa eccezione nel miglioramento: 80,3 anni per i maschi e 84,7 per le femmine nel 2014 contro rispettivamente i 74,4 e gli 80,8 del 1994. Numeri che mal si conciliano con il tragico scenario che ci viene dipinto.
Ragionassimo come gli ecologisti dovremmo dire che l'inquinamento fa bene alla salute, ma è evidente che le spiegazioni sono altre perché la realtà è più complessa degli slogan di politici e militanti. Dobbiamo pensare soprattutto al generale miglioramento delle condizioni di vita, economiche e non solo, che permettono una migliore alimentazione, di proteggersi meglio dal caldo e soprattutto dal freddo eccessivo, di accedere a migliori servizi sanitari, e così via. Allo stesso modo lo sviluppo permette la realizzazione da una parte e l'acquisto dall'altra di nuove tecnologie meno inquinanti, che a loro volta - come abbiamo visto - migliorando le condizioni dell'aria migliorano anche la salute.
È molto importante capire questo circolo virtuoso perché, ora, il perdurare della crisi economica potrebbe invertire la tendenza. Il picco di morti nel 2015 potrebbe essere proprio il segno di questa inversione, altro che smog.

ALCUNI UOMINI DI CHIESA SEGUONO IL MONDO NELLA SUA FOLLIA
Ma veniamo a certi ecclesiastici: è davvero fragoroso il silenzio in questi giorni dopo l'ubriacatura della Conferenza di Parigi sul clima di appena due settimane fa. Dove sono finiti tutti quei monsignori che marciavano contro i cambiamenti climatici, facevano e invitavano a fare omelie per spiegare la drammaticità del riscaldamento globale provocato dall'uomo, che parlavano di ultima spiaggia per salvare il pianeta? In questi giorni non uno ha pronunciato una parola di giudizio sull'«emergenza smog», eppure il clima c'entra e molto. Perché basterebbe una bella pioggia o un po' di vento per riportare le polveri sottili sotto controllo. Certo, con il loro silenzio ci hanno risparmiato un po' di inutili emissioni di anidride carbonica, ma possiamo anche sperare che qualcuno si sarà reso conto che l'ideologia non riesce a dare una risposta ai problemi posti dalla realtà.
Basterebbe un po' di pioggia, un cambiamento delle condizioni meteo; sarebbe necessario non solo per chi respira in città ma anche per gli agricoltori che vedono i loro raccolti a rischio per questa prolungata siccità. Eppure a nessuno di questi importanti monsignori viene in mente ciò che ai semplici parroci di non molto tempo fa sarebbe venuto immediato: pregare perché il Signore mandi la pioggia. La Chiesa prevede anche una messa speciale a questo scopo, così come per altre «necessità particolari», ma chi se lo ricorda? Roba da sciamani o da pagani, pensa qualcuno, figurarsi se un vescovo post-conciliare può credere in queste cose. Invece bisognerebbe essere consapevoli che Dio è davvero il Signore della natura, è davvero il Creatore, capace - come Gesù ha mostrato più volte ai suoi discepoli - di comandare alle forze della natura.
Ormai chi si è convinto che tutto dipende dalle attività dell'uomo, spenderà piuttosto i soldi delle offerte per mettere i pannelli solari in parrocchia (gesto profetico che dovrebbe avere l'effetto di fermare il riscaldamento globale: questo sì che è sciamanesimo!), ma non gli verrà in mente di proporre una novena a san Giuseppe o di celebrare messe particolari per invocare la necessaria pioggia.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30/12/2015

9 - OMELIA BATTESIMO DI GESU' - ANNO C (Lc 3,15-16.21-22)
Tu sei il Figlio mio, l'amato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 gennaio 2016)

Oggi celebriamo la festa del Battesimo del Signore. Questa festa è stata collocata dopo quella dell'Epifania perché è sempre stata considerata come la manifestazione di Gesù, Figlio prediletto del Padre.
La prima lettura di questa festa ci narra il ritorno festoso del popolo di Israele nella città santa di Gerusalemme, dopo lunghi anni di esilio in terra straniera. Dio aveva perdonato il suo popolo e aveva posto fine alle sue sofferenze. Questa lettura si addice molto bene al tema di oggi, in quanto, con il Battesimo, Dio perdona i nostri peccati e ci riunisce nella Nuova Gerusalemme che è la sua Chiesa. Il profeta Isaia così esclama: «Consolate, consolate il mio popolo – dice il vostro Dio –. Parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata, perché ha ricevuto dalla mano del Signore il doppio per tutti i suoi peccati» (40,1-2).
Il peccato ci separa da Dio, ci condanna all'esilio, ovvero alla lontananza da Lui che è il nostro Creatore. Inoltre, con il peccato si innalza come un muro tra noi e i nostri cari, per cui ci sentiamo veramente soli con la nostra miseria e viviamo come in esilio.
Gesù è venuto a salvarci e a ricondurci al suo ovile. L'annunzio di questo evento di salvezza è dato da un gesto simbolico: Gesù si sottopone al Battesimo amministrato da Giovanni. Ciò che sorprende è come mai il Figlio di Dio abbia voluto ricevere quel Battesimo. Non furono certamente le acque a santificare Gesù, ma, al contrario, fu Lui a santificarle e a renderle poi materia del sacramento del Battesimo. Gesù si assoggettò al Battesimo di Giovanni per dare a noi un esempio di umiltà e per farci comprendere che siamo noi ad aver estremo bisogno di purificazione.
Vi è una grande differenza tra il Battesimo di Giovanni e il Sacramento istituito da Gesù. Il primo fu solamente un segno di penitenza che richiamava il fedele all'impegno nel mutare condotta di vita. Esso era un gesto simbolico di umiltà da parte dell'uomo che si riconosceva peccatore e prova di un grande desiderio di purificazione e di rinnovamento. Il Battesimo di Gesù, invece, è il Sacramento che ci toglie realmente il peccato originale che abbiamo ereditato dai nostri Progenitori, ed è il Sacramento che ci rende figli adottivi di Dio.
Dopo aver ricevuto il Battesimo Gesù ha iniziato a vivere in noi, per cui valgono anche per noi le parole che il Padre pronunciò dopo che Gesù ebbe ricevuto il Battesimo: «Tu sei il Figlio mio, l'amato: in te ho posto il mio compiacimento» (Lc 3,22).
Nel giorno del nostro Battesimo, per bocca dei nostri genitori e dei nostri padrini e madrine, noi abbiamo preso degli impegni molto importanti davanti a Dio. Abbiamo, infatti, promesso solennemente di rinunciare al peccato e di credere fermamente a tutto quello che la Chiesa ci propone di credere. Di tanto in tanto è cosa molto buona rinnovare queste promesse battesimali, con convinzione sempre maggiore.
Come san Paolo, anche noi dobbiamo «rinnegare l'empietà e i desideri mondani e vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà» (Tt 2,11-12).
Da questo impegno dipenderà la nostra felicità su questa Terra e in Cielo. Chiediamo alla Madonna, alla Vergine Fedele, che ci renda sempre fedeli alle esigenze del Battesimo.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 gennaio 2016)

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