BastaBugie n�131 del 12 marzo 2010

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1 CHI CREDE AI MIRACOLI LO FA IN BASE A UN FATTO, CHI NON CI CREDE LO FA IN BASE A UN'IDEA
I clamorosi fatti di Lourdes
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera
2 C'E' QUALCOSA DI PIU' UMILIANTE DELL'8 MARZO?
La giornata dedicata alle donne e' il frutto avvilente della omologazione all'uomo
Autore: Alessandra Nucci - Fonte: Zenit.org
3 CHIUSO SU FACEBOOK UN GRUPPO CONTRO I BAMBINI HANDICAPPATI
Riflessioni controcorrente...
Autore: Gianpaolo Barra - Fonte: Il Timone
4 LA TRAPPOLA DEL TESTAMENTO BIOLOGICO
Si ripete l'errore compiuto anni fa per la legge sulla fecondazione artificiale
Fonte: Corrispondenza Romana
5 INTERVISTA AD ANGELA PELLICCIARI SUL RISORGIMENTO ANTICATTOLICO
La farsa del proclamare quella cattolica come la religione di stato (ecco il video che smonta in modo efficace tutte le bugie che ci hanno raccontato su Cavour, Garibaldi, Mazzini, ecc.)
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire
6 IL VERO RISPETTO PER IL CREATO
Combattere l'inquinamento, ma anche i falsi allarmismi
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop
7 LEONARD NUOVO ARCIVESCOVO DI BRUXELLES
La Chiesa cattolica torna protagonista in Belgio
Fonte: Corrispondenza Romana
8 L'UOMO RIVENDICA LA LIBERTÀ, IN MODO INDIVIDUALISTICO, COME TOTALE AUTONOMIA E INDIPENDENZA, MA LA REALTA' DICE CHE EGLI E' INVECE STRUTTURALMENTE RELAZIONALE

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire
9 OMELIA PER LA IV DOMENICA TEMPO QUARESIMA - ANNO C - (Lc 15,1-3.11-32)

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - CHI CREDE AI MIRACOLI LO FA IN BASE A UN FATTO, CHI NON CI CREDE LO FA IN BASE A UN'IDEA
I clamorosi fatti di Lourdes
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Corriere della Sera, 23 febbraio 2010

Su  Internet sembra essersi riaccesa  quella “guerra di Lourdes” che, nell’Ottocento, riempi gazzette e pamphlets. Il film che Jessica Hausner ha dedicato al maggior santuario mariano del mondo, ha risvegliato la sfida tra credenti e increduli. In blog e forum, alla convinzione dei primi si oppongono i dubbi e le negazioni degli altri, soprattutto quanto ad attendibilità delle guarigioni dichiarate “prodigiose”. Ma alcuni la mettono sul piano storico, riesumando magari vecchie leggende, più volte sfatate a suon di documenti ma che ora ritornano. In quel regno del “secondo me” che è Internet, Lourdes è una provocazione ghiotta, con un intrecciarsi impressionante di pareri opposti, spesso tanto più appassionati quanto più disinformati, sia per chi difende il sì che per chi sta per il no. Proprio per questo può essere interessante anche oggi vedere come abbiano reagito davanti alla  Grottai tre che, nella Francia dell’epoca, simboleggiavano la “nuova cultura” in polemica con “la superstizione clericale“: Auguste Voisin, Emile  Zola, Ernest Renan.   
Cominciamo da Auguste Voisin, il più celebre psichiatra che, all’università di Parigi, così insegnava: “Bernadette Soubirous è una demente allucinata che i preti, dopo averla utilizzata, hanno rinchiuso in un remoto monastero”. Il vescovo di Nevers indirizzava al  professore una lettera aperta, pubblicata dai giornali, dove si precisava che la giovane si trovava nella sua città nel convento delle Suore della Carità avendolo liberamente scelto, dopo ben otto anni di riflessione, ed era libera di andarsene in qualunque momento. Inoltre, invitava Voisin a venire, a spese della diocesi, a visitare come e quanto volesse la religiosa, per constatarne la perfetta salute nervosa e mentale. Ma dal docente della Sorbona, malgrado i solleciti, non giunse mai alcuna risposta.    
Ecco ora Emile Zola, il maestro del naturalismo ateo. Deciso a smascherare “l’impostura dei preti”, nell’agosto del 1892 si imbarcò sul treno dei malati del Pellegrinaggio Nazionale. Stette a Lourdes una decina di giorni, ma passò solo due ore al Bureau medico. Eppure, cosa straordinaria, in quel tempo brevissimo si presentarono due donne sanate in modo spettacolare. Per prima Marie Lemarchand, 30 anni, il volto orribilmente devastato da lupus tubercolotico, i polmoni distrutti, il  respiro affannoso. Fu portata al Bureau da un medico belga sconvolto: l’aveva vista prima e dopo l’immersione e aveva constatato la sparizione istantanea delle piaghe.  Gli esami proveranno che erano scomparsi anche i bacilli delle tisi. In effetti, già data per moribonda, vivrà ancora 40 anni e avrà cinque figli. Zola, che l’aveva vista anch‘egli prima e dopo, scrisse nel romanzo che vi era stato solo un lieve miglioramento, presto sparito, dovuto “allo choc da pellegrinaggio”. 
Ma se la Lemarchand si limitò a sorridere delle deformazioni dello scrittore e a  pregare per lui la Vergine di Lourdes, non così la popolana Marie Lebrauchu, che si offerse come parte lesa nel processo per diffamazione contro Zola che molti chiedevano  a gran voce. In effetti, le testimonianze sono unanimi: sul marciapiede della stazione di Parigi, lo scrittore l’aveva osservata sulla barella e aveva esclamato: <<Se questa guarisce, io crederò>>. Il fatto è che “la Grivotte”, come la chiamò nel suo romanzo, guarì davvero e fu portata essa pure al Bureau in quelle due ore in cui vi era Zola. Ridotta a 30 chili, tisica all’ultimo stadio, coperta di piaghe purulenti, quando fu  immersa nell’acqua fu scossa da un brivido impressionante, allontanò con forza le infermiere che la sostenevano e andò, sulle sue gambe, fino alla Grotta. Quando Zola la vide guarita, tutti osservarono che, divenuto pallido, barcollò. Ciò non gli impedirà di parlare, anche qui, di  una assurda “guarigione nervosa”, seguita poi da una ricaduta e dalla morte al ritorno a Parigi. E invece, la vera Grivotte visse ancora 30 anni, si sposò ella pure, ebbe due figli e divenne inserviente al grande magazzino Au bon marché. Imbarazzato dalle lettere ai giornali delle miracolata, che non sopportava la mistificazione, Zola andò a trovarla nella sua soffitta e le propose di pagarla bene se accettava di trasferirsi nel Belgio, smettendola con le denunce pubbliche. In quel momento, tornò il marito, solido operaio, che buttò il romanziere giù per le scale, gridando: “Va al diavolo, falso scribacchino!”. I giornali riferirono la clamorosa scenata.
Infine, il terzo testimone, Ernest Renan, l’ex-seminarista che -con la sua Vie de Jésus, uno dei maggiori best seller dell’Ottocento- si propose egli pure di smascherare la credulità cristiana. Anche per lui, Lourdes costituiva un imbarazzante problema e, per cercare di rimuoverlo ricorse, pure stavolta, al denaro. In effetti, un suo intermediario (gli archivi ne hanno conservato il nome) offrì ben 40.000 franchi a Dominique Jacomet. Costui era il commissario di polizia a Lourdes al tempo delle apparizioni e, attiratosi il malcontento popolare, era stato trasferito. Aveva dunque del rancore e Renan, saputolo, gli propose la grossa somma se lo avesse aiutato a scrivere un pamphlet contro quanto era avvenuto e avveniva attorno sotto i Pirenei . Ma Jacomet era cattolico, Renan per i cattolici era una sorta di “anticristo” e i 40.000 franchi furono rifiutati. 
Insomma, non è deformazione apologetica, è un dato oggettivo: il match tra fedeli e intellettuali  increduli, si chiuse, almeno nella Francia dell’Ottocento, con un secco 3 a 0 per i credenti.

Fonte: Corriere della Sera, 23 febbraio 2010

2 - C'E' QUALCOSA DI PIU' UMILIANTE DELL'8 MARZO?
La giornata dedicata alle donne e' il frutto avvilente della omologazione all'uomo
Autore: Alessandra Nucci - Fonte: Zenit.org, 7.3.2005

La mitologia femminista ha tramandato per decenni il racconto che la data dell'8 marzo fu scelta alla seconda Conferenza internazionale di donne socialiste a Copenhagen, nel 1910, per commemorare il massacro di oltre cento operaie di una camiceria di New York, intrappolate in un incendio appiccato dal padrone della fabbrica per vendicarsi di uno sciopero.
Qualche anno fa qualcuno è andato a spulciare le cronache vere, e si è saputo che un tale terribile incendio ci fu, ma che non era riconducibile né a scioperi né a serrate, che fece vittime anche fra gli uomini, e che avvenne nel 1911, un anno dopo Copenhagen.
Così adesso noto che le versioni che vengono avanzate si sono diversificate, cercando sempre però di ricordare qualche evento negativo che sarebbe avvenuto in America. In realtà, l'istituzione dell'8 marzo come Festa della donna risale alla III Internazionale comunista, svoltasi a Mosca nel 1921, dove fu lanciata da Lenin come "Festa internazionale delle operaie", in onore della prima manifestazione delle operaie di Pietroburgo contro lo zarismo.
Il racconto di un 8 marzo istituito in memoria di un massacro frutto di odio classista e capitalista fu opera del Partito Comunista Italiano, che nel 1952, in piena Guerra Fredda, pubblicò la cronaca di questo incendio vero, ma manipolato in chiave anti-americana. La versione fu ripresa dall'Unione Donne Italiane, il settore femminile della Cgil, per organizzare quell'anno la festa dell'8 marzo, e poi dalla Cgil stessa, che vi ricamò ulteriormente, aggiungendo altri personaggi al racconto due anni dopo.
La vicenda è indicativa dell'egemonia cercata, e alla lunga ottenuta, dalla sinistra italiana sulle istanze delle donne, dove spesso oggi anche la voce di chi di sinistra non è raccoglie gli stessi temi, le stesse parole d'ordine. Così l'8 marzo in Italia è effettivamente sentita come festa generica di tutte le donne.

Fonte: Zenit.org, 7.3.2005

3 - CHIUSO SU FACEBOOK UN GRUPPO CONTRO I BAMBINI HANDICAPPATI
Riflessioni controcorrente...
Autore: Gianpaolo Barra - Fonte: Il Timone, marzo 2010

Il mese scorso, su Facebook, uno dei social network più frequentati nel mondo, un gruppo che pare abbia superato il migliaio di iscritti ha condiviso una pagina che molti hanno definito – inorriditi – «scioccante». La pagina aveva un titolo: “Tiro a segno con i bimbi Down”. In primo piano veniva mostrato il volto di un neonato, manifestamente affetto da quella sindrome, sulla cui fronte, in bella vista, appariva la scritta “scemo”.
Nei commenti degli iscritti, i piccoli colpiti da quella patologia venivano qualificati come «un peso inutile per la nostra società», «parassiti», «esseri stupidi e buoni a nulla», «creature ignobili» con le quali sarebbe, ovviamente, impossibile convivere.
Come risolvere il problema? Un utente particolarmente “sveglio” annunciava d’aver trovato la via d’uscita: utilizzare i piccoli come bersagli – «mobili o fissi», specificava – nei poligoni di tiro al bersaglio. Una soluzione da alcuni ritenuta «utile e divertente», da altri malamente “edulcorata” con una patina di buone (si fa per dire) intenzioni: «così non soffrono». Questo il livello (meglio: l’abisso) raggiunto da quel gruppo.
Sdegno, ribrezzo, orrore, indignazione, inviti minacciosi di farsi riconoscere rivolti a quegli utenti con il proposito di fargliela pagare cara: queste alcune delle furibonde reazioni suscitate da quella pagina. Pagina che è stata prontamente – e giustamente – rimossa, ma che non è passata inosservata alle autorità di polizia postale, postesi subito a caccia degli autori di una così spregevole vicenda.
Capisco e condivido le reazioni. Tuttavia, bisognerà pure avere il coraggio di dire che quanto è apparso su Facebook non dovrebbe sorprendere più di tanto, perché corrisponde esattamente, né più né meno, a ciò che pensa, promuove e realizza la cultura che oggi va per la maggiore. Per la quale ben pochi s’indignano e che si distingue dagli utenti di quel gruppo solo perché si guarda bene dall’imitarne la rozzezza.
Infatti, non è forse vero che quando si reclama il diritto alla selezione degli embrioni per scartare quelli “malformati”, quando si giustifica l’interruzione volontaria di una gravidanza perché la creatura portata in grembo non è sana, quando si rivendica il diritto al figlio “perfetto” perché se tale non fosse il piccolo «soffrirebbe troppo», non è forse vero – dicevo – che la logica è la stessa? E che identico è l’esito della risoluzione del “problema”?
Quella auspicata dagli utenti di Facebook chiede di eliminare i piccoli Down prendendoli a fucilate; quella di chi li seleziona nel grembo della madre (è accaduto realmente!) li elimina a colpi di bisturi, protetta da leggi infami. In un caso e nell’altro, alla loro soppressione si giunge. Per il primo, però, doverosa indignazione. Per il secondo, invece, comprensione benevola e plauso.
Sì, cari amici, tale è la follia di un mondo che fa a meno di Dio. Perché una cosa ci pare chiara: senza la fede, l’uomo perde la ragione. Sprovvisto di ragione, smarrisce ciò che lo rende umano. E senza umanità, scade al livello delle bestie. Forse anche peggio: queste, prive di libertà, non hanno colpa dei loro “misfatti”: se un leone sbrana un bimbo, nessuno lo accuserà d’aver peccato e assassinato.
Con l’aborto volontario (e su Facebook) noi facciamo l’uno e l’altro.
Non si scappa: senza Dio, siamo peggio – talvolta – delle bestie.

Fonte: Il Timone, marzo 2010

4 - LA TRAPPOLA DEL TESTAMENTO BIOLOGICO
Si ripete l'errore compiuto anni fa per la legge sulla fecondazione artificiale
Fonte Corrispondenza Romana, 6/3/2010

La commissione Affari sociali della Camera ha approvato a maggioranza un emendamento che modifica l’art. 3 del ddl sul biotestamento in discussione al parlamento: l’idratazione e l’alimentazione artificiale possono essere sospese nel caso in cui non risultino più efficaci per garantire al paziente i fattori nutrizionali necessari alle funzioni fisiologiche essenziali del corpo.
Domenico Di Virgilio, il relatore dell’emendamento, precisa che anche se il testo non specifica chi dovrebbe prendere la decisione di sospendere la nutrizione si evince naturalmente che questa spetterà al medico (sic!).
«Per lo stato vegetativo – dichiara Di Virgilio – non avrei presentato nessun emendamento perché nutrizione ed alimentazione non sono trattamenti medici e non vanno sospesi, ma diverso è il caso di pazienti in coma traumatico, ischemico, che hanno fatto le dat, per i quali il medico valuterà se ci sono le condizioni di continuare idratazione e alimentazione. Si tratta dunque di un punto di partenza diverso, cosa che non tutti hanno compreso».
Oltre ad annoverarci tra quelli che non hanno compreso a chi effettivamente possa giovare una tale modifica, ci preme sottolineare come si stia puntualmente verificando ciò che era lecito attendersi: il ddl Calabrò sul testamento biologico, già sufficientemente ambiguo da permettere una “capacità di manovra” piuttosto ampia, rischia di vedere allargate a dismisura le già lacerate maglie normative così da far passare senza particolari difficoltà il suicidio assistito dei malati.
L’emendamento è stato approvato grazie ai voti del centrodestra e di Paola Binetti (passata all’Udc di Casini), mentre l’opposizione ha votato contro, giudicando la modifica (effettivamente a ragione) un gran pasticcio che complica ulteriormente il guazzabuglio normativo del ddl Calabrò. Quel che preoccupa ulteriormente dell’attuale situazione è la mancanza quasi totale di voci serie ed autorevoli che si oppongano all’approvazione di una legge palesemente ipocrita.
Neppure la Pontificia accademia della Vita sembra accorgersi del tranello, al punto che il presidente mons. Rino Fisichella ha dichiarato che si tratta di «un emendamento che va ancora una volta a favore della vita perché specifica quanto il rispetto per l’ammalato e la dignità del malato non debba mai arrivare ad una forma di accanimento». L’obiettivo principale (se non unico) sembra essere quello di approdare ad un compromesso politico, una nuova “verità” da difendere ad oltranza. In effetti, l’ansia che trapela dalle dichiarazioni di diversi esponenti, politici e non, di chiudere la vicenda e giungere finalmente ad una legge, sembra derivare, più che dal timore di trovarsi di fronte ad un nuovo caso Englaro, dall’impellente necessità di giungere a ciò che è considerato il fine ultimo del legislatore e dell’attività politica, ossia il compromesso tra le diverse istanze rappresentate in parlamento. Una volta approvata la legge che spiana la strada all’eutanasia sarà sempre possibile per i neo pro-life appellarsi alla mancata applicazione delle parti buone in essa contenute oppure richiamare all’integrale applicazione della stessa.

Fonte: Corrispondenza Romana, 6/3/2010

5 - INTERVISTA AD ANGELA PELLICCIARI SUL RISORGIMENTO ANTICATTOLICO
La farsa del proclamare quella cattolica come la religione di stato (ecco il video che smonta in modo efficace tutte le bugie che ci hanno raccontato su Cavour, Garibaldi, Mazzini, ecc.)
Autore: Andrea Galli - Fonte: Avvenire, 6 marzo 2010

«Tutte le fonti dell'800, sia di parte cattolica che di pare massonica, dicono la stessa cosa: che la fine del potere temporale del papato era l'obiettivo di forze internazionali legate al protestantesimo e alla massoneria per distruggere la Chiesa». Angela Pellicciari, la studiosa che ha riportato alla luce negli ultimi anni una mole di documenti e fatti sulla violenza dell'utopia risorgimentale – da Risorgimento da riscrivere (Ares 1998) a I panni sporchi dei Mille (Liberal 2003) a Risorgimento anticattolico (Piemme 2004) – si dice sconcertata all'idea che ci sia ancora chi, anche nel mondo cattolico, neghi od occulti queste cose.
NON FU DUNQUE, QUELLO CONTRO LA CHIESA, UN CONFLITTO COLLATERALE ALL'OBIETTIVO DELL'UNITÀ D'ITALIA?
«Pio IX lo disse in decine di interventi e così Leone XIII: la fine del potere temporale era strumentale al crollo del potere spirituale. Liberali e massoni erano convinti che togliendo al Papato le sue ricchezze questo sarebbe crollato anche spiritualmente.
Perché proiettavano sulla Chiesa le loro categorie».
FU ANTICATTOLICESIMO O PIUTTOSTO ANTICLERICALISMO, CONTRO L'INVADENZA DELLA CHIESA IN AMBITO SECOLARE?
«Non si è trattato di anticlericalismo, ma di anticattolicesimo, che è cosa molta diversa. Una circolare del Grande Oriente del 1888 dice proprio questo ai fratelli: guardatevi bene dal non usare la parola anticattolicesimo, ma di usare la parola anticlericalismo, perché noi non siamo ufficialmente contro Cristo e la Chiesa, siamo solo contro i clericali che la snaturano».
ANCHE LO STATUTO ALBERTINO, INFATTI, RICONOSCEVA, ALL'ARTICOLO 1 QUELLA CATTOLICA COME LA SOLA RELIGIONE DI STATO...
«Nell'800 la grande maggioranza degli italiani era alla ricerca di una qualche forma di Stato unitario o federale. Pio IX era favorevole e insieme a lui tutta la Chiesa.
Quando di questo progetto si appropriano in modo anti-cattolico i Savoia e i liberali di tutto il mondo – liberali di tutto il mondo unitevi è il vero slogan dell'800, che precede quello marxista – in un tale contesto il papa e i cattolici, ovviamente, si tirano indietro. Ora, qual era la motivazione ufficiale per cui competeva ai Savoia liberare l'Italia? Era che loro erano moralmente migliori degli altri sovrani, perché favorevoli a una monarchia costituzionale in uno Stato cosiddetto liberale. Arriviamo al punto. Nel 1848 è approvato lo Statuto Albertino e nel 1848 il parlamento sabaudo discute di come sopprimere i gesuiti. Ma i gesuiti non sono un ordine della Chiesa cattolica, unica religione di Stato? Fatto sta che i beni della Compagnia di Gesù vengono espropriati mentre i gesuiti sono sottoposti a domicilio coatto perché rei del nome. Sottolineo: uno Stato liberale che mette al domicilio coatto delle persone... perché ree del nome! Nel '55 allungano il passo e sopprimono gli ordini mendicanti e le monache di clausura: 35 ordini religiosi. Alla fine del Risorgimento, nel '73, vengono estese a Roma le leggi eversive, ovvero i 57mila membri di tutti gli ordini religiosi (ribadisco: della Chiesa di Stato...) sono messi sulla strada e i loro beni vengono espropriati. Beni donati dal popolo italiano nell'arco di secoli, che finiscono ad arricchire i liberali: migliaia di edifici bellissimi, circa due milioni di ettari di terra, dipinti, sculture, oggetti d'argento, pietre preziose, archivi, biblioteche... Questa operazione la vogliamo chiamare rispettosa della Costituzione? Per non parlare delle 24mila opere pie che operavano in tutta Italia: soppresse. È grazie a provvedimenti di questo tipo che l'Italia si è trasformata – per la prima volta nella sua storia millenaria – in una nazione di emigranti. Il Risorgimento è riuscito nell'impresa di trasformarci in una nazione da nulla: l'Italietta».
SI SONO ACCANITI MENO SUL CLERO SECOLARE, TUTTAVIA. COME MAI?
«Perché i religiosi non vivevano come i parroci in mezzo alla gente e i liberali volevano evitare una sollevazione di massa. Questo era chiarissimo già dal '48, nei dibattiti del Parlamento subalpino. Non di meno, il codice penale approvato nel '59, agli articoli 268, 269 e 270, imponeva al clero di obbedire a tutte le leggi dello Stato e puniva con il carcere di due anni e duemila lire di multa tutti coloro che disobbedivano con 'parole, opere e omissioni'. In sostanza, i preti che si azzardavano in chiesa a ricordare che il governo liberale era scomunicato incorrevano in questo reato di 'parole'… Un prete, ovviamente, non poteva sposare o celebrare il funerale di un liberale scomunicato: qui scattava la disobbedienza per 'omissione'. Questo era il rispetto della 'sola religione di Stato'. Il Risorgimento ha attuato gli stessi provvedimenti anticattolici messi in atto tre secoli prima dalle nazioni protestanti: l'unica differenza è stata che, mentre Lutero, Calvino ed Enrico VIII, agivano in odio dichiarato alla Chiesa cattolica, i liberali italiani erano vincolati al rispetto formale della Costituzione e si professavano più cattolici del papa. Una menzogna radicale che invano Pio IX ha denunciato in decine di encicliche, oggi del tutto dimenticate».
UNA 'LIBERAZIONE' PIÙ O MENO BRUTALE DEL KULTURKAMPF IN GERMANIA, PER ESEMPIO?
«Certamente più violenta del Kulturkampf, che è stato fermato dall'azione del Zentrum, il partito cattolico di centro. Qui sono andati ben oltre e non li ha fermati nessuno. Si sono arrestati, ad un certo punto, solo per la paura dell'ondata socialista».
SI CITA SPESSO, PER RIDIMENSIONARE LA PORTATA DI QUEGLI AVVENIMENTI, LA FRASE DI PAOLO VI SULLA «PROVVIDENZA CHE TOLSE AL PAPATO LE CURE DEL POTERE TEMPORALE PERCHÉ MEGLIO POTESSE ADEMPIERE LA SUA MISSIONE SPIRITUALE NEL MONDO».
«Una frase strumentalizzata. Intanto dire che è finito il potere temporale, come fanno in molti, è dire un'inesattezza. Il potere temporale è ridotto a un territorio simbolico, ma c'è e questo salva la libertà della Chiesa nella libertà del papa dal non essere suddito/cittadino di nessun altro Stato. Il papa è sovrano in Vaticano. Secondo, Dio è capace di estrarre da un male un bene maggiore. Ma questo è, per l'appunto, opera della sua provvidente onnipotenza. Fosse stato per i liberali, la Chiesa cattolica avrebbe semplicemente cessato di esistere».

Nota di BastaBugie: ti invitiamo a guardare il seguente filmato di 30 minuti sul risorgimento che smonta in modo efficace tutte le bugie che ci hanno raccontato su Cavour, Garibaldi, Mazzini, ecc.


http://www.youtube.com/watch?v=zVkZZ_O5WBk

Fonte: Avvenire, 6 marzo 2010

6 - IL VERO RISPETTO PER IL CREATO
Combattere l'inquinamento, ma anche i falsi allarmismi
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop, 15-2-2010

“Ogni anno in Italia muoiono per smog xxxx persone”. Quante volte abbiamo letto e ascoltato questa notizia? Non a caso però abbiamo messo”xxxxx” al posto del numero, perché ogni volta i dati sono diversi e anche difficilmente conciliabili.
Partiamo ad esempio dal 2005: il 13 gennaio un dispaccio dell’Ansa ci avverte che ogni anno in Italia ci sono “diecimila morti per colpa dell’inquinamento”.  Si trattava di un’indagine (Mesa-2, “pubblicata come supplemento della rivista ‘Epidemiologia e& Prevenzione’”) compiuta in quindici città italiane, mettendo “in correlazione giorno per giorno per sei anni mortalità e ricoveri delle 15 città italiane più popolose con gli andamenti delle centraline che monitorano i principali inquinanti per tutto il periodo 1996-2002”. Il dato di 10mila morti è la proiezione sulla popolazione totale della mortalità riscontrata nelle città campione, tra cui  Napoli, Roma e Milano risultano le più a rischio.
Passano pochi mesi, siamo al 23 giugno, e il quotidiano Repubblica ci informa che secondo uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in Italia muoiono 106 persone al giorno, circa 39mila l’anno, e in generale l’inquinamento atmosferico costa agli italiani in media 9 mesi di vita. Un dato che ricalca quello reso pubblico nel febbraio precedente dalla Commissione Europea, che calcola in 310mila le morti per inquinamento in Europa: peggio di tutti sta la Germania con 65 mila decessi all’anno. L’Italia è seconda, appunto con 39mila.
Passa poco più di un anno – è il 19 settembre 2006 -  e i morti per inquinamento in Italia scendono a 9mila l’anno: “8220 muoiono in media per effetti a lungo termine delle concentrazioni eccessive di materiale particolato (Pm10) e 516 per le eccessive concentrazioni di ozono”. Curiosamente la fonte delle nuove cifre - decisamente discordanti con quelle precedenti – è ancora l’Organizzazione Mondiale della Sanità, che questa volta ha redatto un rapporto per l’Apat (l’agenzia nazionale per l’ambiente) basandosi sui dati relativi a 13 città italiane con oltre 200mila abitanti, raccolti tra il 2002 e il 2004. Ad ogni modo, se facciamo un raffronto con l’analoga ricerca del 2005, di cui abbiamo parlato in precedenza e riferita al 1996-2002, scopriamo che c’è un miglioramento di oltre mille morti l’anno.
Andiamo avanti ancora pochi mesi: 23 febbraio 2007, i morti per l’inquinamento atmosferico per l’Italia scendono a 3500. Lo dicono gli Amici della Terra, citando i dati dell’Apat e – guarda un po’ – del Centro Ambiente e Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Ma non è finita. Facciamo un salto più lungo e arriviamo ai nostri giorni: il 26 gennaio 2010 è il presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, a presentare un dossier su “Le polveri assassine” e ci dice che in Italia muoiono 20 persone al giorno per inquinamento atmosferico, 7400 l’anno. E i dati, neanche a dirlo, provengono dal Centro Ambiente e Salute dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Cosa dire davanti a queste cifre? Come minimo, che andrebbero prese con le molle. Come è possibile passare in pochi mesi da 10 a 39mila, per poi scendere a 3500 e quindi risalire a 7400? E oltretutto ogni volta si sparano numeri per lanciare allarmi, senza neanche prendere in considerazione quanto affermato pochi mesi prima. Come a dire che l’importante è creare la sensazione dell’emergenza, se poi i dati corrispondono alla realtà o meno, poco conta: il problema comunque c’è e giustifica l’allarme.
Noi crediamo invece  che i numeri contino, e vadano presi sul serio per capire la reale portata dei problemi.  E da questo punto di vista un certo giornalismo – scientifico o meno – non rende certo un servizio alla verità e al bene comune. Prendendo il caso dell’inquinamento atmosferico, nessuno dice che non ci sia o che l’aria delle grandi città sia salubre, ma non si possono nemmeno confondere fattori di rischio con la causa della morte, come si usa fare in questo caso. Dire che l’inquinamento è causa aggravante di certe patologie è diverso dal sostenere che c’è una relazione diretta – un rapporto causa-effetto - tra inquinamento e morte. Altrimenti, quando si sostiene che a Milano ogni giorno muoiono tre persone per inquinamento, bisognerebbe essere anche in grado di fare nomi e cognomi.
Inoltre bisogna prendere in esame tutti i fattori che contribuiscono a una situazione. Sempre rimanendo sull’inquinamento, se fossero veri certi allarmi riguardo alle grandi città, a cominciare da Milano,  dovremmo poterli verificare ad esempio con una diminuzione dell’aspettativa di vita. E invece cosa scopriamo? Che a Milano l’aspettativa di vita è più alta della media italiana: nel 2007, ultimo dato disponibile, l’aspettativa di vita delle femmine alla nascita era a Milano di 84,78 anni contro gli 84,04 nazionali; per i maschi di 79,54 contro i 78,67 (fonte Istat). Risultati analoghi si ottengono per le altre grandi città del nord Italia. E l’aspettativa di vita, oltretutto, è in costante crescita, in barba a chi sostiene che nelle città va sempre peggio. Dovessimo seguire il ragionamento di coloro che lanciano continuamente allarmi, isolando il fattore “aspettativa di vita” dovremmo sostenere che l’inquinamento fa bene alla salute.
Ma così non è: la questione vera è considerare tutti i fattori della realtà. In altre parole: l’inquinamento è anche l’effetto di un modo di vivere che permette di avere attività economiche che ci consentono di vivere bene e a lungo: mangiare, vestirci, vivere in appartamenti riscaldati così da non morire di freddo, curarci, spostarci in sicurezza e così via. Questo spiega perché, malgrado l’inquinamento, la vita media è più alta della media nazionale, e anche perché la gente continua a vivere e spostarsi in realtà urbane piuttosto che fuggire in aree rurali. 
Oltretutto si dovrebbe riconoscere che l’inquinamento atmosferico già da decenni è in costante e significativo calo e che, mantenendo questo livello di sviluppo, lo sarà ancora nei prossimi anni.
Quindi, continuiamo pure a lavorare per abbattere il più possibile l’inquinamento, ma senza isterismi e allarmi infondati che servono solo a ritagliarsi spazi politici e a finanziare associazioni e partiti che pretendono di essere i salvatori del pianeta.

Fonte: Svipop, 15-2-2010

7 - LEONARD NUOVO ARCIVESCOVO DI BRUXELLES
La Chiesa cattolica torna protagonista in Belgio
Fonte Corrispondenza Romana, 6/3/2010

Quanti credono di conoscere il Belgio rimangono spesso stupiti quando apprendono che un Paese che è stato forgiato dalla Chiesa cattolica e che deve la sua esistenza alla volontà di rimanere cattolico, contro le provincie del Nord diventate calviniste, è oggi uno dei Paesi più anticlericali d’Europa.
Il liberalismo politico in Belgio è, in origine, un movimento di opposizione alla sola Chiesa cattolica e il socialismo è inconcepibile senza una forte dose di cinismo verso la Chiesa. È quindi sintomatico che da prima della sua nomina ad arcivescovo di Malines-Bruxelles e già prima dell’incarico di primate del Belgio, mons. André-Mutien Léonard, vescovo di Namur, fosse l’oggetto di regolari attacchi dei media. Ancora più sintomatico è il fatto che il cardinale Danneels, suo predecessore, che ha occupato questa carica per trent’anni, è stato meno attaccato dai media durante tutto questo periodo di quanto non lo sia stato mons. Léonard nelle ultime tre settimane.
Cosa si rimprovera a mons. Léonard? In particolare nulla. Attraverso di lui, tuttavia, è la Chiesa a essere attaccata. A mons. Léonard viene rimproverato, in fondo, di essere un fedele pastore della Chiesa cattolica, di essere veramente il rappresentante di Roma in Belgio e di non scusarsene.
Gli anticlericali, gli scettici e i liberi pensatori di questo Paese, ma anche la maggioranza dei cattolici, si erano abituati al fatto che l’autorità della Chiesa belga, da almeno la seconda metà del pontificato di Giovanni Paolo II, si stesse allontanando chiaramente da Roma, spesso apertamente. Le istruzioni romane erano taciute o criticate. Alla volontà del Papa si opponeva una forma di inerzia critica e di condiscendenza. Non si è mai visto, come in Spagna, un arcivescovo scendere in strada contro l’aborto. Tutto ciò avveniva per mezzo di comunicazioni ufficiali pubblicizzate solo in minima parte e nei termini più concilianti. Non si è mai immaginato un braccio di ferro tra Chiesa e Stato sui temi bioetici, mentre il Belgio è uno dei Paesi più degradati in materia. Ora è probabile che questa situazione cambi.
Questa situazione, però, spiega solo in parte l’opposizione alla nomina di mons. Léonard. Se almeno Roma avesse nominato un uomo rigido, duro e incapace! Tutto il suo messaggio si sarebbe rivoltato contro di lui e sarebbe stato facile screditarlo. Ma quello che fa arrabbiare i nemici della Chiesa in Belgio – ciò che fa sì che alcuni ministri in carica arrivino persino a chiedere le sue dimissioni – è che quando si incontra mons. Léonard la maldicenza e le calunnie contro di lui diventano infondate. Dalla sua nomina, mons. Léonard (diventato André-Joseph – in quanto Joseph è il santo patrono del Belgio) non ha evitato nessuna domanda o nessuna occasione per parlare in pubblico. Tanto più è criticato quanto più acquista popolarità. Fermo sulla dottrina, senza cambiamenti improvvisi, si mostra affabile e compassionevole.
Quelli che l’avevano dipinto come un nuovo Torquemada si sono sbagliati. I belgi, che negli ultimi sondaggi si mostravano per la maggior parte contro l’aborto, hanno ritrovato un padre e un pastore. Di conseguenza la Chiesa di questo Paese può ricominciare a sperare. Il compito rimane gravoso poiché bisogna ripartire da zero. I nemici sono numerosi, soprattutto quelli che sono stati nominati negli ultimi decenni. I fedeli entusiasti sono però ancora più numerosi e appoggiano il loro nuovo vescovo. In alcune settimane una petizione di sostegno ha raccolto circa 10.000 firme e grazie speciali accompagnano i vescovi che restano fedeli a Roma.

Fonte: Corrispondenza Romana, 6/3/2010

8 - L'UOMO RIVENDICA LA LIBERTÀ, IN MODO INDIVIDUALISTICO, COME TOTALE AUTONOMIA E INDIPENDENZA, MA LA REALTA' DICE CHE EGLI E' INVECE STRUTTURALMENTE RELAZIONALE

Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte: Avvenire, 5 marzo 2010

 «L’uomo non è perfetto in sé, l’uomo ha bisogno della relazione, è un essere in relazione. […] Ha bisogno dell’ascolto, dell’ascolto dell’altro, soprattutto dell’Altro con la maiuscola, di Dio. Solo così conosce se stesso, solo così diviene se stesso». È un passaggio del discorso pronunciato sabato scorso dal Papa, al termine degli esercizi spirituali predicati per lui e per la Curia Romana. Si tratta di una profonda verità, perché l’essere umano, che spesso rivendica la libertà, in modo individualistico, come totale autonomia e indipendenza dagli altri, è invece strutturalmente relazionale. Come scriveva già il cardinal Ratzinger, questo aspetto emerge in modo illuminante considerando il concepito nel grembo materno, dove l’essere di un uomo è a tal punto strettamente intessuto con quello della madre che può sussistere solo nella correlazione corporea con lei, in un’unità che però non nega la sua autonomia. Ma, anche dopo la nascita, il bambino resta dipendente dai genitori, in senso sia materiale, sia psicologico-spirituale: san Tommaso diceva che i genitori devono fornire ai figli non solo un grembo fisico, ma anche un «grembo spirituale», cioè un adeguato ambiente affettivo, psicologico e spirituale: l’amore, cioè, realizza una cruciale «procreazione spirituale». In effetti, il neonato può morire se non viene minimamente amato (come mostra già un famoso esperimento di Federico II di Svevia). Al bambino, poi, l’amore altrui non è più necessario per sopravvivere, ma, quando manca, egli attiva difficoltosamente le sue capacità e talvolta solo parzialmente (come si vede in molti bambini di strada), o regredisce psicologicamente (come si vede nei casi di quei bambini che, ritrovati nella foresta dopo anni di vita trascorsi solo fra animali, risultano psicologicamente regrediti, sebbene anagraficamente cresciuti). Anche per un adulto l’affetto­riconoscimento altrui resta cruciale, pena patire diversi problemi della personalità: un pensatore tutt’altro che cattolico come Sartre diceva efficacemente che l’uomo ha bisogno di sentirsi «giustificato di esistere». Ancora: man mano che cresce, l’uomo può alimentarsi dell’amore di Dio e, anzi, nel nostro cuore alberga un desiderio di relazione con una Persona Infinita. Pertanto, presto o tardi nella vita, le relazioni con gli altri, per quanto fondamentali, si rivelano insufficienti. E, come dice la Spe salvi, anche in situazioni di sofferenza atroce, «se non mi ascolta più nessuno, Dio mi ascolta ancora. Se non posso più parlare con nessuno, più nessuno invocare, a Dio posso sempre parlare. Se non c’è più nessuno che possa aiutarmi – dove si tratta di una necessità o di un’attesa che supera l’umana capacità di sperare – Egli può aiutarmi». Alla radice di questa nostra necessità della relazione si trova il Dio-Trinità, la cui natura intima non è quella della solitudine, bensì è quella di una famiglia, di una comunione di Persone che sono distinte e insieme reciprocamente immanenti in una vertiginosa circolazione d’amore.
  Insomma, come ci ricorda la Familiaris consortio  di Giovanni Paolo II: «Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza: chiamandolo all’esistenza per amore, l’ha chiamato nello stesso tempo all’amore. Dio è amore e vive in se stesso un mistero di comunione personale d’amore. […] Dio iscrive nell’umanità dell’uomo e della donna la vocazione, e quindi la capacità e la responsabilità dell’amore e della comunione. L’amore è pertanto la fondamentale e nativa vocazione di ogni essere umano».

Fonte: Avvenire, 5 marzo 2010

9 - OMELIA PER LA IV DOMENICA TEMPO QUARESIMA - ANNO C - (Lc 15,1-3.11-32)

Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14 marzo 2010)

La parabola del figliuol prodigo è una delle più belle pagine della Sacra Scrittura, che ci parla della Misericordia di Dio per noi peccatori. Il padre è Dio e il figlio è l’uomo. Per quanto grande possa essere il peccato dell’uomo, molto più grande, infinitamente più grande, è la Misericordia di Dio. Giuda ha commesso due peccati molto grandi: il primo è stato quello di tradire il Signore; il secondo quello di disperarsi, di non credere alla Misericordia di Dio. Di certo, molto più grande è stato il peccato di disperazione. Se avesse confidato in Dio, nella sua Bontà, e avesse chiesto perdono, certamente Dio lo avrebbe perdonato.
Un giorno san Luigi Orione fu invitato in una parrocchia a predicare. Il tema della predicazione era quello della Misericordia di Dio. Volendo dare un esempio della Bontà di Dio, sempre pronto al perdono, ad un certo punto gli venne in mente di dire che, se anche uno avesse ucciso la propria madre mettendo del veleno nel piatto dove mangiava, se veramente pentito di questo enorme peccato, Dio lo perdonerebbe. Al termine della funzione, lasciò quella parrocchia e andò alla stazione ferroviaria per tornarsene a casa. Alla stazione fu raggiunto da una persona sconvolta. Quell’uomo gli disse: «Lei, padre, certamente mi conosce!». «No – rispose –, non l’ho mai vista!». «Eppure lei mi deve conoscere – continuò l’uomo – perché ha parlato proprio di me nella predica: io sono quell’uomo che ha avvelenato la propria madre. Ma veramente Dio mi può perdonare?». L’uomo spiegò che vent’anni prima aveva compiuto quell’orribile peccato e che dopo si era amaramente pentito, ma non credeva di poter essere perdonato. Aveva trascorso vent’anni di disperazione, ma finalmente quel giorno scoprì, come il figliuol prodigo, l’immensa Misericordia di Dio. Si confessò, lì alla stazione, da san Luigi Orione, e ritrovò finalmente la pace.
Nel brano del Vangelo che abbiamo letto ci sono dei particolari da cui possiamo ricavare dei preziosi insegnamenti.
Lontano da casa e sperperati tutti i suoi averi, il figliuol prodigo fu costretto «a pascolare i porci» (Lc 15,15). Desiderava sfamarsi con le carrube, ma nessuno gliene dava. Il peccato ci priva del bene più grande che è la grazia di Dio e noi diventiamo le creature più miserabili. Inoltre, il peccato, a volte, porta anche alla miseria materiale. Dove c’è miseria, sovente ci sono dei peccati alla base, propri o altrui. La povertà è una virtù evangelica; la miseria è una piaga da combattere e si combatte eliminando prima di tutto i peccati, in modo particolare la bestemmia, le profanazioni delle feste e i peccati contro la vita.
Allora il figliuol prodigo rientrò in se stesso e disse: «Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio» (Lc 15,18). Dio visita i nostri cuori con i rimorsi di coscienza: dobbiamo essere solleciti a levarci, a rialzarci dopo la caduta, ad andarci subito a confessare. Se brutto è il peccato, più brutto è lo scoraggiamento che ci impedisce di tornare a Dio.
«Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò» (Lc 15,20). La Misericordia di Dio ci insegue fino al letto di morte e aspetta il momento del nostro pentimento. La sua grazia previene e accompagna sempre il nostro ritorno a Lui.
Una volta tornato a casa il figlio, il padre disse ai servi: «Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi» (Lc 15,22). Non è il padre a rivestire il figlio, ma sono i servi. E così Dio si serve dei suoi servi, dei sacerdoti, per rivestire i peccatori, per ridare loro la veste nuova della grazia. Ecco dunque la Confessione. Dio ci perdona subito dopo il nostro pentimento, ma dobbiamo andare dal sacerdote per essere rivestiti, per essere assolti con il sacramento della Riconciliazione, e solo dopo aver fatto questo possiamo prendere parte al banchetto dell’Eucaristia.
Il testo del Vangelo continua dicendo che il figlio maggiore, udite la musica e le danze, «si indignò, e non voleva entrare» (Lc 15,28). È questo un peccato di invidia, un peccato contro lo Spirito Santo. Quante volte anche noi, senza pensarci, invidiamo la grazia altrui e ci rattristiamo per i benefici che Dio largisce al nostro prossimo. Se grande è stato il peccato del figliuol prodigo, ancor più grande è stato il peccato del figlio maggiore.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14 marzo 2010)

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