I BAMBINI A MESSA? SOLO SE SANNO STARE IN SILENZIO
Prima dell'età del catechismo, spesso è inutile portare i bambini alla Messa: a loro non serve e distrae sia i genitori che gli altri (un conto è venire in chiesa, un altro è partecipare alla Messa)
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani
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CEREBROLESO = RITARDATO MENTALE? FALSO! NESSUN RAPPORTO FRA LESIONE CEREBRALE E INTELLIGENZA
I cerebrolesi hanno difficoltà a esprimersi, ma spesso hanno una perfetta comprensione delle cose... Ritenerli stupidi crea in loro una grande frustrazione (VIDEO: Il potenziale umano)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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ORMAI L'EUROPA E' DEBOLE E VULNERABILE
L'Occidente ha umiliato il cristianesimo dicendo che ''le religioni sono tutte uguali'' e ora si trova invasa da gruppi religiosi che programmano stragi in nome di Allah
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Osservatorio Van Thuân
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VEGANI: UNA SCELTA IDEOLOGICA FRUTTO DELLA DECADENZA MORALE DELL'OCCIDENTE
I vegetariani non mangiano animali, i vegani nemmeno i prodotti di derivazione animale come latte e latticini, uova e miele
Autore: Rodolfo de Mattei - Fonte: Radici Cristiane
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ZUCCHERO CANTA ''PARTIGIANO REGGIANO'' E CIOE' LA LIBERTA' DELLA RESISTENZA... MA SBAGLIA
Peccato non ci sia neppure un accenno ai 4.000 morti, tra cui diversi sacerdoti, della violenza partigiana sul finire della guerra
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LE DIFFERENZE E LA COMPLEMENTARIETA' TRA IL CERVELLO MASCHILE E QUELLO FEMMINILE: LE DONNE SONO INTUITIVE E MULTITASKING, GLI UOMINI LOGICI E RAZIONALI
Invece Darwin, visto che il cervello maschile è più grande, sosteneva che la donna è inferiore all'uomo
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
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COME VIVE UN RIFUGIATO IN ITALIA? MANGIA, DORME, SPIPPOLA SUL CELLULARE... A NOSTRE SPESE
L'Italia riproduce le peggiori tare dell'assistenzialismo senza pretendere lo sforzo di imparare un mestiere, né le leggi o la lingua del Paese ospitante (VIDEO: Le priorità degli immigrati)
Fonte: Tempi
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IN MARCIA PER LA VITA: SFIDA ALLA CULTURA DI MORTE
Scuotere chi considera normale abortire è il senso della Marcia per la Vita che si svolgerà l'8 maggio a Roma
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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OMELIA ASCENSIONE - ANNO C (Lc 24,46-53)
Uomini di Galilea, perchè state a guardare il cielo?
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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I BAMBINI A MESSA? SOLO SE SANNO STARE IN SILENZIO
Prima dell'età del catechismo, spesso è inutile portare i bambini alla Messa: a loro non serve e distrae sia i genitori che gli altri (un conto è venire in chiesa, un altro è partecipare alla Messa)
Autore: Padre Angelo Bellon - Fonte: Amici Domenicani, 09/03/2011
Caro Padre Angelo, mi chiamo Rossella, ho 32 anni e sono sposata con Marco da 5 anni. Abbiamo 2 bambini di 4 e 2 anni, e un terzo in arrivo fra pochi giorni. Il quesito che le pongo mi sta molto molto a cuore, ed è motivo di discussione con mio marito in quanto la vediamo in modo diverso e non riusciamo a trovare un accordo insieme. Il problema riguarda l'educazione cristiana cattolica che abbiamo promesso di trasmettere ai nostri figli, e che entrambi desideriamo "assolvere"... Io sono dell'idea che la fede in Cristo vada trasmessa giorno per giorno, fin da piccoli, educando alla gioia di un rapporto vivo con il Signore, che nella pratica poi si esterna anche in momenti rituali come le preghiere ai pasti, al mattino e alla sera, la messa domenicale, qualche piccolo segno nei momenti liturgici forti... cose piccole adatte a bimbi piccoli, ma che trasmettano il cuore di un rapporto vivo con Cristo, non solo formalismo. Mio marito all'opposto, ritiene che forzarli a quelle che per loro sono solo pratiche esteriori sia inutile, anzi dannoso per la loro fede perché li svia da quella che è la vera fede instradandoli in una arida pratica esteriore... In particolare siamo in disaccordo sulla partecipazione alla messa domenicale: lui ritiene che i bimbi non dovrebbero partecipare (perché non ci vanno liberamente ma costretti da noi e quindi fa più male che bene, e inoltre noi grandi non riusciamo a partecipare), mentre io penso sia importante educarli alla messa domenicale come momento di incontro forte col Signore e con la comunità, come un dono grande che ci viene offerto, e anche come abitudine... nel senso positivo del termine, di "habitus"... qualcosa che diventa parte di te. Certo a 4 e 2 anni non si può pretendere il silenzio totale né l'immobilità, ma pian piano impareranno dico io.... Abbiamo chiesto un parere al nostro parroco e lui ha dato ragione a mio marito, sostenendo che prima dell'età del catechismo è inutile portare i bambini in chiesa, perché a loro non serve dal punto di vista spirituale e distrae i genitori. Questo mi ha confusa ancora di più, e non condivido affatto la sua posizione. Andare a messa separati non mi piace e credo sia un esempio negativo; se provo ad andare da sola il grande di 4 anni vuole venire con me... e che senso ha proibirgli di entrare in chiesa se lo desidera? Siamo molto confusi, e le saremmo grati se vorrà aiutarci a vedere un po' di luce... grazie! pace e bene.
RISPOSTA DEL SACERDOTE Cara Rossella, mi complimento anzitutto per la vostra volontà di edificare una famiglia cristiana, nella quale Cristo sia il centro della vostra vita comune e della vita di ciascuno di voi. Dal momento che non siamo solo anime ma anche corpi, e dal momento che i corpi esigono segni, mi pare che sia necessario creare proprio attraverso un segno il clima che aiuta a vivere in comunione con il Signore e a vivere con Lui, in Lui e per Lui. È importante che i bambini crescano vedendo papà e mamma che pregano prima dei pasti, che si fanno il segno della croce, che pregano insieme. Anche la loro preghiera, per quanto infantile, è importante e preziosa per tutti voi: è una benedizione, una protezione continua. L'attenzione che ponete attraverso piccoli segni nel far sentire ai bambini che vivete momenti forti dell'anno liturgico vale più di tanti discorsi. È vero che la preghiera dei bambini dà l'impressione di essere poco interiorizzata e che talvolta la facciano solo perché i genitori lo chiedono. Ma quante altre cose le fanno solo perché i genitori le chiedono. E talvolta sono costretti a farle per forza. L'educazione passa anche attraverso questa strada. Per quanto riguarda la partecipazione alla Messa le cose vanno ponderate per bene. Se i bambini stanno bravi e non disturbano, si fa bene a portarli. Ma se la loro presenza fosse un motivo continuo di distrazione per i genitori o per altri fedeli, allora almeno per rispetto degli altri, bisognerebbe lasciare i bambini a casa. Mi capita talvolta di vedere, o meglio, di sentire bambini che anche durante la consacrazione corrono in Chiesa e di sentire che i genitori corrono dietro di loro. E che tutta la messa è un accompagnarli di qua o di là per distrarli un poco. A questo punto mi dico: sì, i genitori sono venuti in Chiesa nel giorno di festa. Ma è un altro paio di maniche vedere se hanno partecipato alla S. Messa. Ora la partecipazione all'Eucaristia è troppo importante per sostenere e alimentare la vostra vita cristiana. Su questo secondo punto, pertanto, non sarei drastico. È necessario valutare il loro comportamento. Decidere di portali a Messa comunque, anche se stanno in perenne agitazione e disturbando, è più nocivo che benefico. Non dobbiamo dimenticare che il sacro silenzio che si vive nella liturgia è talvolta più potente di tanti canti ed è più benefico di tante parole. La gente ha bisogno anche di questo silenzio profondo, sacro. Toglierglielo con grida, pianti e scorribande dei bambini non mi pare un atto di carità. Forse ormai sei già diventata mamma per la terza volta. Anche questa è nuova nascita è una benedizione per te e per tutta la tua famiglia. E ringrazio Dio insieme con te e tutti i tuoi familiari. A tutti voi assicuro la mia preghiera e tutti vi benedico, in particolare l'ultimo.
Nota di BastaBugie: per vedere alcune reazioni dei nostri lettori a questo articolo clicca nel link sottostante LETTERE ALLA REDAZIONE: BAMBINI A MESSA... SI O NO? Una cosa è certa: quando Gesù ha detto ''Lasciate che i bambini vengano a me'' non era nel tempio e non stava pregando di Giano Colli https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=4224
DOSSIER "BIMBI, MESSA E CATECHISMO" Come si sta in chiesa e come si studia la dottrina Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Amici Domenicani, 09/03/2011
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CEREBROLESO = RITARDATO MENTALE? FALSO! NESSUN RAPPORTO FRA LESIONE CEREBRALE E INTELLIGENZA
I cerebrolesi hanno difficoltà a esprimersi, ma spesso hanno una perfetta comprensione delle cose... Ritenerli stupidi crea in loro una grande frustrazione (VIDEO: Il potenziale umano)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 18/04/2016
Janet Doman, è CEO degli "Institutes for the achievement of Human Potential" che, da sessant'anni, lavorano a Filadelfia ottenendo straordinari risultati nella riabilitazione delle cerebrolesioni (dalla nascita o acquisite). La parola "cerebroleso" evoca una situazione terribile che, normalmente, viene considerata sinonimo di ritardo mentale. Invece voi affermate che non c'è nessun rapporto fra una lesione cerebrale e l'intelligenza. Perché? Non vi è alcuna correlazione tra lesione cerebrale e intelligenza. È possibile essere cerebrolesi e molto intelligenti, così come è possibile non essere cerebrolesi ed essere intellettivamente limitati. Vi è una forte correlazione tra lesione cerebrale e la capacità di esprimere l'intelligenza. Le persone cerebrolese molto spesso non sono in grado di parlare o emettere suoni, oppure parlano molto male o quando lo fanno dicono cose che non hanno senso. Proprio per questo si pensa che non parlino perché non sono abbastanza intelligenti da avere qualcosa da dire, o quando parlano male o dicono cose che noi non comprendiamo, ciò significa automaticamente che hanno una scarsa capacità di ragionamento oppure non capiscono. In moltissimi casi invece queste persone hanno una perfetta comprensione, ma scarse capacità di esprimere la propria intelligenza perché hanno seri problemi respiratori e quindi non riescono a respirare abbastanza bene da parlare o hanno gravi problemi uditivi e non riescono a tirare fuori le parole di cui hanno bisogno e che vogliono usare. Come potrà immaginare, ciò crea un'enorme frustrazione in queste persone, perché vengono trattate come se fossero stupide. A Filadelfia riabilitate bambini con cerebrolesioni e parallelamente avete istituti scolastici dove si sviluppano al massimo le potenzialità intellettive degli studenti. C'è un legame fra le due cose? Il bambini che il mondo considera "ritardati" hanno le stesse potenzialità di coloro che vengono considerati "geni"? La risposta è "sì". Un esempio: molti anni fa abbiamo trattato un bambino gravemente leso nel mesencefalo. Si trattava di un caso molto difficile: non era in grado di gattonare, né di camminare, né riusciva ad usare bene le mani. Abbiamo insegnato ai suoi genitori come creare a casa un ambiente intellettivamente stimolante e ricco. I genitori hanno lavorato duramente per anni. Oggi quel bambino cammina, parla e usa le mani, ma soprattutto, è diventato un importantissimo matematico e professore in una delle più antiche università europee. Non è mai stato un solo giorno a scuola fino a quando non ha frequentato l'università, da adulto. Negli anni abbiamo visto migliaia di bambini cerebrolesi dalle qualità intellettive decisamente molto superiori a quelle dei loro coetanei. Nella nostra esperienza, quando un bambino leso è avanti intellettivamente, la lacuna rispetto a un bambino medio si farà sempre più grande se non facciamo qualcosa. Tale è la superiorità del bambino leso quando gli vengono fornite le giuste stimolazioni e opportunità. Abbiamo orrendamente sottovalutato il potenziale intellettivo di tutti i bambini, ma soprattutto di quelli cerebrolesi. Da voi arrivano bambini per i quali la medicina ritiene che non ci sia nessuna prospettiva di guarigione. Ma voi in tutti i diversi ambiti ottenete risultati straordinari. Potrebbe ricordare alcuni dati? Noi registriamo i cambiamenti neurologici significativi dal momento in cui il bambino inizia a fare il nostro programma. Questi sono alcuni dei risultati raggiunti dai bambini che abbiamo seguito dal 1998 al 2015, quindi alcuni di loro stanno ancora facendo il programma e potranno ottenere nuove vittorie: dei 390 bambini che erano ciechi, 326 (l'83%) hanno visto per la prima volta nella loro vita; dei 162 bambini che erano sordi, 137 (l'84%) hanno udito per la prima volta nella loro vita; dei 589 bambini che non erano in grado di camminare, 306 (il 52%) hanno iniziato a camminare senza aiuto per la prima volta nella loro vita; Dei 684 bambini capaci di camminare ma non di correre, 354 (il 51%) hanno imparato a correre per la prima volta; Dei 1710 bambini che erano incapaci di leggere, 1661 (il 97%) hanno letto per la prima volta; Dei 1414 bambini che non erano in grado di parlare, 591 (il 41%) hanno parlato per la prima volta nella loro vita; Dei 766 bambini che non erano capaci di scrivere, 194 (il 25%) hanno scritto per la prima volta nella loro vita. Perché, se voi ottenete questi risultati straordinari, le altre istituzioni che si occupano di riabilitazione e cura non studiano i vostri metodi? Non siamo noi che possiamo rispondere. Dovrebbe fare questa domanda alle istituzioni a cui si riferisce. Io so solo che noi porremmo loro questi quattro semplici interrogativi: 1) Quanti bambini cerebrolesi avete trattato? 2) Qual è il vostro protocollo di trattamento? 3) Quali sono i vostri risultati? 4) Dove pubblicate i vostri risultati? Sono rimasto molto colpito dalla figura di Suo padre, Glenn Doman. Meriterebbe di essere conosciuto da tutti per la sua straordinaria umanità e per quello che è riuscito a fare per tanti bambini sofferenti. Qual era la motivazione più profonda che lo muoveva? Io credo che il primo bambino cerebroleso che mio padre abbia mai incontrato lo abbia influenzato profondamente. Quel bambino era paralizzato, completamente incapace di muoversi. Mio padre non riusciva nemmeno a immaginare come potesse essere trascorrere una vita intrappolato in una gabbia della stessa misura del proprio corpo. Questo pensiero lo assillava. Nel suo libro mio padre scrisse che l'unica gabbia buona era una gabbia vuota. Decise che nessun bambino avrebbe dovuto passare una vita intera intrappolato nel proprio corpo. Una seconda, enorme, motivazione fu la sua scoperta che i bambini cerebrolesi non solo erano più intelligenti di quanto si potesse pensare, ma potevano anche essere molto più intelligenti dei loro fratelli e sorelle. Fu molto colpito dalla differenza tra il modo in cui veniva insegnato a leggere ai bambini sani e il modo in cui i bambini lesi imparavano a leggere agli Istituti. Questo lo motivò a scrivere il libro "Leggere a tre anni" nel 1963. Il cervello umano ha veramente le risorse necessarie per superare una grave lesione? Quali sono le sue potenzialità che normalmente non usiamo o non sappiamo sfruttare? Chiaramente il cervello ha le risorse per superare una lesione grave. Lo vediamo accadere spesso. Il cervello ha un potere di recupero eccezionale. Anzitutto perché il cervello umano è enorme. Abbiamo molto più cervello di quanto ne usiamo. Forse usiamo meno del 10% delle sue capacità. Nessun altro organo del nostro corpo è così sotto-utilizzato. Nessuno sa perché le cose stanno così. Quindi il potenziale c'è. È chiaro che il cervello cresce con l'uso. Questo è oggi ampiamente documentato in numerosissimi articoli e studi sulla neuroplasticità. Infine, oggi sappiamo che siamo in grado di generare continuamente nuove cellule cerebrali, dalla nascita fino alla morte. Questa neurogenesi è una scoperta molto recente. Ma la ricerca mostra che queste nuove cellule non si mantengono e muoiono facilmente. L'unico modo che abbiamo per mantenerle è fare qualcosa 'che non abbiamo mai fatto prima'. Il nostro programma richiede effettivamente che ogni giorno i bambini facciano qualcosa che non hanno mai fatto oppure che facciano nuovamente qualcosa che non fanno da molti anni, e quindi forse anche se non eravamo consapevoli della neurogenesi, l'abbiamo sicuramente sfruttata! Il punto di forza del vostro metodo è la famiglia. Glenn Doman sosteneva che è l'istituzione più antica della storia umana ed ha potuto attraversare i millenni, perché applica, tacitamente, quel nobilissimo principio che lui imparò nell'esercito Americano, prima di imbarcarsi per la liberazione dell'Europa, nella II Guerra Mondiale, ovvero: "Non si abbandonano mai i nostri feriti". Lei non creda che la cultura oggi dominante tenda invece a scartare e abbandonare i feriti, i più deboli e sofferenti? Sì, credo che sia così in generale, ma solo in alcune culture, non in tutte. I nostri genitori vengono da tutto il mondo ed è chiaro che in alcuni paesi ci sono ancora famiglie molto forti in cui la madre è rispettata e dove i bambini sono la priorità assoluta. Abbiamo sempre avuto molti bambini provenienti dal Messico, dall'Italia e dal Giappone. Oggi gli australiani, gli indiani e i russi stanno scoprendo il nostro lavoro e hanno iniziato a portarci i loro bambini. Queste famiglie sono la dimostrazione che ci sono ancora molti genitori che farebbero qualsiasi cosa per aiutare il proprio figlio ad avere l'opportunità per guarire. Una famiglia italiana che fosse interessata a conoscervi cosa deve fare? Anzitutto i genitori devono leggere il libro "Cosa fare per il vostro bambino cerebroleso". La nuova edizione (con una nuova traduzione) è pubblicata dal nostro nuovo editore Red!, gruppo Castello. Per maggiori informazioni, le famiglie possono contattare il nostro Istituto europeo a Fauglia, Pisa, in Via Delle Colline Di Lari, 6, tel. 050 650 237, www. irpue.it
Nota di BastaBugie: ecco il video con la storia, le testimonianze, i successi degli Istituti per il Raggiungimento del Potenziale Umano narrati da Glenn e Janet Doman e confermati da alcune delle famiglie partecipanti ai programmi che dal 1955 aiutano persone sane e malate a esprimere il massimo delle loro capacità. Il video ha i sottotitoli in italiano:
https://www.youtube.com/watch?v=6keMyK8py68
Fonte: Libero, 18/04/2016
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ORMAI L'EUROPA E' DEBOLE E VULNERABILE
L'Occidente ha umiliato il cristianesimo dicendo che ''le religioni sono tutte uguali'' e ora si trova invasa da gruppi religiosi che programmano stragi in nome di Allah
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Osservatorio Van Thuân, 24/03/2016
Anche dopo la tragica strage di Bruxelles - in continuità dell'apocalittica serie di attentati terroristici jihadisti a Charlie Hebdo del gennaio 2015 e al Bataclan del novembre 2015 - circola l'espressione: "siamo in guerra". Si tratta però di una guerra civile, secondo le famose indicazioni di Carl Schmitt, in quanto gli attentatori sono in genere europei. Di nuove generazioni, ma europei. Una nuova guerra civile europea, dopo quella raccontata da Ernst Nolte?
L'OCCIDENTE È ORMAI DEBOLE E VULNERABILE Alla complessità dei problemi (e dei poteri) che stanno dietro a simili tragici eventi ce n'è uno da mettere in particolare luce. Ciò che disarma l'Occidente è la sua filosofia di vita e in particolare il modo in cui considera la religione e le religioni. E' questo che lo rende debole e vulnerabile e che spiega come sia possibile che esso si sia creato dei nemici in casa e accetti di essere colonizzato dall'interno. L'Osservatorio Cardinale Van Thuân ha appena pubblicato due testi sul problema delle "Nuove guerre di religione", il VII Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo dal titolo "Guerre di religione, guerre alla religione" e il libro Le Nuove guerre di religione (Cantagalli). La tesi generale che vi si sostiene è proprio questa: l'occidente fa una sua guerra alla religione e, in questo modo, si disarma di fronte agli attacchi terroristici a sfondo religioso, soprattutto quelli di matrice islamica. Si sa che dietro questi fenomeni non c'è solo la religione, ma è superficiale negare che lo jihadismo sia una religione.
UNA GUERRA CONTRO LA RELIGIONE CATTOLICA L'Occidente, e l'Europa in particolare, ha condotto una guerra contro la religione cristiana e cattolica in particolare. Ha lavorato sodo per espellere Dio dalla pubblica piazza. Ha approvato leggi e prodotto politiche di vera e propria messa fuori legge del cristianesimo. In cambio, si trova il territorio delle proprie città occupato da gruppi religiosi e nei quartieri delle sue metropoli si formano le leve dei suoi giustizieri. In ciò l'Occidente è stato anche fortemente aiutato dai cattolici stessi che hanno interpretato tutto ciò come esempio di una sana laicità. Si sono limitati a denunciare le forme più estreme di laicismo e intanto la laicità si trasformava in laicismo sistematico sotto i loro occhi e con la loro collaborazione. La lotta alla religione cristiana e cattolica in particolare è stata condotta in nome di un indifferentismo religioso secondo cui tutte le religioni sono uguali, perché tutte sono scelte immotivate e non conformi a ragione, quella ragione tanto cara all'Occidente che però ora non sa dare ragioni delle stragi terroristiche. Se tutte le religioni sono uguali, tutte hanno diritto di accesso nel nostro Continente e tutte hanno diritto di sistemarsi nei quartieri delle nostre città. Tutte hanno anche diritto a non integrarsi e a condurre vita propria come delle isole nel mare. Il fallimento del multiculturalismo ha origine proprio nel nostro indifferentismo religioso
COSA CHIEDIAMO AI NUOVI ARRIVATI? Le richieste fatte ai nuovi arrivati sono sempre più ridotte, quasi minime o addirittura inesistenti, perché la ragione politica occidentale, non più sostenuta dalla religione cristiana alla quale ha dichiarato guerra, ha perso la passione della verità e non riesce più a pretendere dai nuovi arrivati il rispetto di nessuno dei suoi valori legati alla persona, alla famiglia, alla vita sociale e politica. Anzi, cede e riforma le proprie stesse leggi in funzione delle esigenze religiose dei nuovi cittadini d'importazione, al punto da immettere elementi di legge islamica nei propri ordinamenti giuridici. Del resto come potrebbe essere altrimenti se a demolire i propri valori è stata dapprima proprio la nostra società occidentale? Dopo aver distrutto la famiglia con quali argomenti si può dire no alla poligamia? Come nei precedenti attentati terroristici di matrice islamica, i politici europei ostentano decisione e fermezza nella difesa dei nostri valori, ma nessuno sa ormai quali essi siano. Al centro delle loro dichiarazioni di questi giorni c'è il valore della libertà. Ma la concezione occidentale della libertà è proprio il nostro tallone d'Achille, é lì il varco non controllato dove passa di tutto. Altro che Schengen. E' impossibile trovare la forza morale per difendere una libertà vuota di contenuti come la nostra. Nessuno è disposto a soffrire, lottare o morire per un involucro vuoto. Se la difendiamo così com'è, non riusciamo a fare altro che contribuire ulteriormente alla nostra dissoluzione. Essa infatti non ci permette di arginare altre visioni della vita perché in questo caso negheremmo proprio il principio della libertà. Per valutare le religioni la libertà non è sufficiente, ci vuole la verità, un concetto che l'occidente ha dimenticato ormai da molto tempo. Per la verità sì che la gente può essere disposta a soffrire, lottare e anche morire. La verità sì ci permetterebbe di accogliere e di integrare veramente. In questo modo, invece, si crea un panico che va a discapito della vera accoglienza e della vera integrazione. Non c'è integrazione senza porre dei limiti all'integrazione. Se non ci sono limiti vuol dire che non ci sono nemmeno criteri. E i criteri, come i limiti, sono prima di tutto interiori. L'Europa è debole dentro.
Fonte: Osservatorio Van Thuân, 24/03/2016
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VEGANI: UNA SCELTA IDEOLOGICA FRUTTO DELLA DECADENZA MORALE DELL'OCCIDENTE
I vegetariani non mangiano animali, i vegani nemmeno i prodotti di derivazione animale come latte e latticini, uova e miele
Autore: Rodolfo de Mattei - Fonte: Radici Cristiane, febbraio 2016 (n. 111)
Negli ultimi tempi, probabilmente favorito dai nuovi rischi derivanti dalla globalizzazione alimentare e dallo spettro della scarsità delle risorse disponibili, lo stile di vita vegano ha conosciuto una crescente diffusione e popolarità. Il termine stesso, vegano, rappresenta un'italianizzazione della lingua inglese vegan, neologismo ideato, come contrazione di vegetarian, da Donald Watson (1910 - 2005), l'attivista britannico che ne è considerato il pioniere. Watson, assieme a Elsie Shrigley, fondò infatti, il 1° novembre 1944, la "Vegan Society", dopo che la "Vegetarian Society", di cui entrambi facevano parte, non accettò la loro proposta di escludere i latticini dai prodotti considerati vegetariani.
ABOLITI LATTE, UOVA E LANA Quindi se i vegetariani si rifiutano di mangiare animali di qualsiasi specie, i vegani, oltre a questo, non mangiano nemmeno i prodotto derivati, come latte e latticini, uova e miele. Accanto all'alimentazione, vi sono poi gli altri settori correlati. Come si legge infatti sul sito web www.vegan-home.it, aderire integralmente allo stile vegano significa non nuocere agli animali in alcun modo e quindi evitare anche l'utilizzo di prodotti da essi derivanti "per vestirsi, per arredare, per l'igiene personale e della casa (come lana, piume, pelle, cuoio, pellicce, seta, cosmetici testati su animali, ecc.); non divertirsi a spese della vita e della libertà di altri animali (tenendosi lontani da zoo, circhi, acquari, ippodromi, maneggi, caccia, pesca, feste con uso di animali), non trattare gli animali come oggetti e merce (come avviene nella compravendita di animali domestici)". I vegani, sia per l'igiene personale che per la cura della persona, promuovono l'utilizzo di prodotti cosiddetti "cruelty-free", ossia per la cui realizzazione non siano stai effettuati test su cavie animali. Lo stesso discorso vale anche per detersivi ed altri prodotti contenenti sostanze chimiche. Anche in questo caso i vegani invitano a comprare esclusivamente quelle marche, che abbiano aderito allo Standard internazionale "Non Testato su Animali". Altro settore critico, per chi abbia compiuto tale scelta, è quello dell'abbigliamento. In particolare, il vegano deve fare attenzione a giacche, pullover, scarpe e stivali, evitando di comprare i prodotti ottenuti con l'utilizzo di pelle, lana o seta.
LA FILOSOFIA ANTISPECISTA Recita il sito www.veganhome.it: "Diventare vegan è la scelta più importante da fare per cambiare in meglio il mondo. Si salvano animali, si salva l'ambiente, si combatte la fame nel mondo, si migliora la propria salute". In realtà dietro la promozione di questo stile di vita vi è una delle più radicali espressioni dell'ideologia ecologista. I suoi promotori la definiscono "Ecologia profonda" ovvero "una filosofia o ecosofia contemporanea basata su uno smarcamento dalle enfasi antropocentriche dell'ambientalismo costituito e degli attuali movimenti ecologisti", come scrive Adriano Fragano nel suo libro Proposte per un manifesto antispecista. Teoria, strategia, etica e utopia per una nuova società libera. Secondo tale approccio, l'ecologia sarebbe semplicemente una branca delle scienze biologiche, mentre l'ambientalismo sarebbe puramente utilitaristico, in quanto basato sul benessere dei soli umani. Il rimedio sarebbe dato appunto da quest' "ecosofia", neologismo utilizzato per la prima volta nel 1960 dal filosofo Arne Naess dell'università di Oslo, ad indicare un rovesciamento della prospettiva antropocentrica, per cui, scrive Fragano, l'uomo non starebbe "alla sommità della gerarchia dei viventi, ma si inserisce al contrario nell'ecosfera; l'uomo è una parte nel Tutto".
RIECCO SINGER Il punto di fondo di tale riflessione consiste nelle elucubrazioni filosofiche e nella critica alla società occidentale antropocentrica di Peter Siger e Tom Regan, ispirate, a loro volta, all'utilitarismo del filosofo inglese Jeremy Bentham (1748-1832). Da qui deriva l'ideologica distinzione tra animali umani e non umani, finalizzata a mettere sullo stesso piano gli uomini e le bestie, negando, in un'ottica evoluzionista, l'esistenza di un primato dell'uomo sugli animali, nonché la differenza di specie. L'uomo, privato dell'anima, della ragione e della libertà viene ridotto ad un essere "senziente" al pari delle bestie. Lo "specismo", inteso come teoria volta ad affermare la superiorità della "specie umana", viene così considerato come un pregiudizio equiparabile al "razzismo" o al "sessismo". Ad attribuire dignità di persona all'essere vivente non sarebbero la ragione e la volontà, bensì la capacità di "autocoscienza" e di "desiderio". Una delirante visione, che si riconosce nella tesi del filosofo australiano Singer, per il quale "uno scimpanzé, un cane, un maiale, per esempio, avranno un ben più alto grado di autocoscienza ed una maggiore capacità di relazioni significative con gli altri rispetto ad un bambino gravemente ritardato o a qualcuno in stato di avanzata vecchiaia", come scrive il filosofo australiano nel Liberazione animale.
BIMBI SENZA VALORE È sulla base di questa concezione che la vita di un feto di 3 mesi varrebbe quanto quella di un animale non umano per livello di razionalità, autocoscienza e consapevolezza. Il passaggio dalla liceità dell'aborto alla giustificazione dell'infanticidio è coerente: poiché il valore di una persona, "le ragioni per non uccidere una persona non valgono per i neonati", ribadisce Singer in Etica Pratica. Un'assurdità, che induce Singer a giustificare le proprie teorie, mettendo sullo stesso piano neonati e cuccioli di foca: "Pensare che le vite dei bambini abbiano un valore speciale perché i bambini sono piccoli e carini è lo stesso che pensare che un cucciolo di foca, con la sua morbida pelliccia bianca e grandi occhi espressivi, sia meritevole di maggior protezione di una balena, che manca di questi attributi". I vegani fanno dell'antispecismo uno dei capisaldi della loro filosofia alimentare. Lo stile di vita vegano pare essere allora un'ipocrita moda radical chic, spesso adottata ignorando la vera ideologia ad essa soggiacente. Una tendenza favorita dall'opulenza del mondo occidentale, ma frutto della sua decadenza morale.
Fonte: Radici Cristiane, febbraio 2016 (n. 111)
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ZUCCHERO CANTA ''PARTIGIANO REGGIANO'' E CIOE' LA LIBERTA' DELLA RESISTENZA... MA SBAGLIA
Peccato non ci sia neppure un accenno ai 4.000 morti, tra cui diversi sacerdoti, della violenza partigiana sul finire della guerra
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/04/2016
Sicuramente Zucchero non lo sapeva, ma ieri ricorreva il 71esimo anniversario della barbara uccisione del seminarista Rolando Rivi, che è stato torturato e ammazzato a soli 14 anni da due partigiani comunisti sul finire della guerra, reo di essere «il prete di domani». Peccato, perché nel suo nuovo singolo in programmazione proprio in questi giorni di aprile su tutte le radio, ci sarebbe stato bene un accenno ad almeno una (quella più simbolica dato che poi la Chiesa l'ha beatificato in odium fidei?) delle 4.000 persone uccise tra il '44 e il '45 durante la guerra civile, altrimenti detta Resistenza. Il cantante reggiano sta facendo ballare mezza Italia con il suo Partigiano Reggiano, canzone dalla facile presa blues e dal messaggio banalmente consolatorio teso a cantare le gesta dei partigiani come coloro che ci hanno consegnato la libertà dopo il Ventennio fascista e la seconda guerra mondiale: «Canto libero», «amore libero», «un sogno libero... come un partigiano reggiano».
FACILE NO? Il conformismo storico si impone anche grazie a queste operazioni musical-culturali. Tanto a che serve conoscere davvero come sono andati i fatti? L'operazione di Zucchero è davvero furba e protetta dalla vulgata resistenziale, che per 70 anni ci ha trasmesso la falsa idea che dobbiamo la libertà grazie ai partigiani e non agli americani. E siccome a Reggio Emilia i partigiani sono stati davvero tanti e sono stati celebrati in tutti i modi dalle istituzioni e dalla storiografia resistenziale, occupando anche tutti i gangli della vita politica ed economica, che cosa c'è di più facile che una canzone per celebrare le gesta a 71 anni da quei fatti? Verrebbe da dire che Sugar Fornaciari non abbia fatto un grande sforzo, d'altra parte che cosa si pretende da una canzone? Eppure anche le canzoni sono un riflesso della cultura dominante. E anche nel video si strizza l'occhio al partigiano come liberatore da un mondo oppresso e cattivo. Ambientazione tarantiniana e western dove vige il clima plumbeo della schiavitù e dell'odio. Ah... se solo ci fosse un partigiano reggiano, lui si che ci darebbe la vera libertà, sembra dire il messaggio della canzone. Peccato che le cose non siano andate proprio così. L'ha notato anche Camillo Langone nei giorni scorsi, quando ha dedicato una "preghiera" su Foglio proprio al seminarista beato del quale Zucchero pare proprio non accorgersi nella sua canzone. E oltre a lui a tutti i sacerdoti reggiani uccisi dai partigiani comunisti perché ostacolo alla penetrazione del comunismo nell'Italia finalmente liberata. Solo a Reggio furono nove, altrettanti a Bologna e Modena per un totale in tutt'Italia, come s'incaricò di documentare lo storico Giorgio Pisanò, di 98 preti uccisi con la scusa della Liberazione.
UN CANTO LIBERO E' questo il canto libero cantato da Zucchero? Sicuramente no, però la sua canzone risente di un clima ancora vigente nelle zone del cosiddetto Triangolo della morte (le province di Reggio, Ferrara e Bologna) dove più spietata e violenta fu l'attività dei partigiani delle formazioni garibaldine che, con la scusa della liberazione dal nazifascismo, ne approfittavano per esecuzioni sommarie, vendette ed uccisioni di italiani che col regime o non avevano a che fare o erano stati fascisti come tutti. Ma comunque non erano comunisti e pertanto andavano fatti fuori. Ma evidentemente Zucchero non ha colpe. E' il clima che ha respirato fino ad oggi a fargli sognare un mondo libero di questo genere. Prova ne è che proprio nei giorni scorsi, in occasione del convegno degli istituti storici resistenziali, Massimo Storchi, uno storico dell'Istoreco Reggio Emilia, che della storia dei partigiani è il custode, abbia detto che i partigiani sono stati un argine alla violenza di quegli anni. 4.000 morti, precisamente 3.976 esecuzioni, nelle sole province di Ferrara, Bologna, Modena e Reggio Emilia, devono essere un argine sufficiente. Figuriamoci se non ci fossero stati, forse avremmo 4.000 morti in meno sul conto complessivo della tragedia della seconda guerra mondiale. «La nostra provincia vide stragi compiute dai fascisti, dai tedeschi, vide bombardamenti alleati e stragi partigiane. Le stragi partigiane vennero sempre compiute da formazioni comuniste militarmente inquadrate e politicamente legate al Partito comunista. Non si tratta di guerriglieri sbandati o che agiscono fuori dai comandi», gli ha fatto eco lo storico Luca Tadolini, che in una canzone di Zucchero non potrebbe mai entrare perché considerato troppo di destra e revisionista. Ma tant'è. Per continuare a tenere viva la vulgata resistenziale del partigiano sempre buono e dei compagni che eventualmente potrebbero aver al massimo sbagliato, non servono queste scomode riflessioni. Basta una canzone.
TENERE VIVO IL MITO Intanto però il tempo passa e la vulgata epica che alimenta canzoni come quella di Zucchero deve essere tenuta viva nei secoli. Anche se oggi di partigiani ancora in vita, a 71 anni da quei fatti, ce ne sono davvero pochi. Lo sanno bene all'Anpi di Reggio Emilia, l'associazione che riunisce i combattenti di quella stagione. Il consiglio ha dovuto procedere al cambio del presidente dopo il decennio di guida di Giacomo Notari: è stato scelto per la prima volta un presidente che non ha fatto il partigiano, ma è figlio di partigiani. Si tratta di Ermete Fiaccadori, reggiano molto conosciuto per essere stato anche presidente della Reggiana. Uomo del partito e che fino allo scorso anno era anche tesoriere dello stesso Pd. Insomma: verrebbe da chiedersi che senso ha oggi un'associazione, finanziata anche dalle istituzioni pubbliche, di reduci combattenti che non ha più al suo interno dei partigiani, ma solo figli o nipoti di... Forse serve solo a tenere vivo il mito costruito dai padri, con uomini fidati del partitone rosso, perché la cassaforte della memoria nella Chiesa resistenziale deve avere sempre gli stessi ideali. Non sia mai che qualcuno non si metta a cantare la storia di un prete ammazzato.
Nota di BastaBugie: qui sotto trovate il link ad alcuni articoli sul tema dei partigiani
ROLANDO RIVI, IL SEMINARISTA UCCISO DAI PARTIGIANI, SARA' BEATIFICATO IL 5 OTTOBRE La formazione partigiana garibaldina ne sentenziò la morte con questa motivazione: ''Domani... un prete di meno'' di Antonio Borrelli https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2958
PROPOSTA LA BEATIFICAZIONE DI GRUPPO PER 80 PRETI UCCISI DAI PARTIGIANI COMUNISTI TRA IL 1944 E IL 1946 Dopo Rolando Rivi, ucciso in odio alla fede, il ''Timone'' propone una beatificazione di gruppo nel 70esimo della Liberazione di Andrea Zambrano https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=3730
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 14/04/2016
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LE DIFFERENZE E LA COMPLEMENTARIETA' TRA IL CERVELLO MASCHILE E QUELLO FEMMINILE: LE DONNE SONO INTUITIVE E MULTITASKING, GLI UOMINI LOGICI E RAZIONALI
Invece Darwin, visto che il cervello maschile è più grande, sosteneva che la donna è inferiore all'uomo
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 29/03/2016
L'Almanacco delle scienze del CNR, nel numero di marzo 2016 riporta un articolo sulle differenze tra il cervello dei maschi e quello delle femmine. Elisabetta Menna, dell'Istituto di neuroscienze del Cnr, riassume così lo status delle ricerche: "Di differenze ve ne sono a livello sia strutturale sia funzionale. In generale gli uomini hanno più neuroni (materia grigia) e le donne hanno maggiori connessioni (materia bianca)". Ciò significa, per semplificare al massimo, che la percezione popolare della differenza tra maschio e femmina, riassumibile pressappoco in un concetto come questo: "le donne sono intuitive e multitasking, gli uomini logici e razionali", non è peregrina. Non si tratta certo di utilizzare la scienza, oggi, come si faceva nell'Ottocento e nella prima metà del Novecento, quando un' eccessiva fiducia nel metodo sperimentale, applicato agli uomini portarono a stabilire graduatorie molto rigide sulla superiorità del maschio sulla femmina.
IL CERVELLO DEL MASCHIO PESA DI PIÙ DI QUELLO DELLA FEMMINA Nel contesto materialista e riduzionista di allora, l'intelligenza, per usare una parola molto generica, doveva essere connessa non a qualche entità spirituale (la classica e ormai negletta "anima"), ma a fattori fisici ben documentabili e sperimentabili. Si riteneva che l'uomo fosse studiabile, per citare Emile Zola, come "un ciottolo della strada", non solo quanto alla sua corporeità, ma anche riguardo alle sue scelte. E che l'intelligenza, trasformata in un' entità sconnessa e isolata da educazione, passioni, emozioni, motivazioni..., fosse misurabile con opportuni test creati da psicologi, antropologi e psichiatri. Per questo specialisti in fisiognomica, antropometria, frenologia e craniometria, tutte discipline che oggi consideriamo senza fondamento (pseudoscienze), ma allora ritenute il top del pensiero scientifico di contro alle vecchie "superstizioni religiose", non avevano dubbi: come nel cranio di un uomo bianco stanno più pallini di piombo di quelli contenuti nel cranio di un nero, così il cranio dei maschi è più capiente di quello delle donne. E ciò ne dimostra la superiorità. Ancora: poiché il cervello del maschio pesa di più di quello della femmina, possiamo stare tranquilli sulle conclusioni già desunte grazie a pallini e misurazioni effettuate con compassi di vario genere. A queste convinzioni aderivano personalità come Charles Darwin, ne L'origine dell'uomo, o Cesare Lombroso, psichiatra di grido e fondatore dell'antropologia criminale, che nel suo La donna delinquente, la prostituta e la donna normale, pubblicato nel 1893 con grande successo internazionale, spiegava che la donna è in tutto inferiore all'uomo, menzognera, stupida e cattiva, che "ha molti caratteri che l'avvicinano al selvaggio, al fanciullo, e quindi al criminale: irosità, vendetta, gelosia, vanità", e che "nella mente e nel corpo, la donna è un uomo arrestato nel suo sviluppo". Oggi sappiamo che le misurazioni con il bilancino degli scienziati materialisti ottocenteschi erano esatte. Come ricorda Giulio Maira, direttore Istituto di Neurochirurgia Policlinico Gemelli di Roma, "l'encefalo di una donna pesa in media 1.200 grammi, quello di un uomo un po' di più: 1.350 grammi"; inoltre il cervello maschile ha anche un maggior numero di neuroni.
PIÙ IMPORTANTE IL COLTELLO O LA FORCHETTA Ma, qui sta la "novità", il cervello delle donne possiede le sue caratteristiche peculiari, originali, tra cui un maggior numero di connessioni tra i due emisferi ("Pur avendo le donne un numero minore di neuroni, tuttavia possiedono aree cerebrali con almeno il 10% di neuroni e connessioni in più..."; G. Maira, Sole 24 ore, 25/7/2014). Ciò sta a significare, come scrivono lo psichiatra Tonino Cantelmi e lo psicologo Marco Scicchitano, nel loro Educare al femminile e al maschile (un ottimo mix di conoscenze scientifiche, esperienza, buon senso e buona filosofia), che decidere chi sia "superiore" o "inferiore" tra l'uomo e la donna, è come stabilire se a tavola sia più importante il coltello o la forchetta. Uomo e donna, è sempre più evidente, sono dunque diversi in tutto, dai genitali agli ormoni, e persino nel cervello (nonostante il maschilismo scientista di Lombroso, il femminismo radicale e l'ideologia gender): proprio per questo complementari. Se è vero che un figlio nasce dalla relazione tra due persone con differente identità sessuale, un maschio e una femmina, è altrettanto vero che costoro non si completano soltanto perché uno mette lo spermatozoo e l'altra l'ovulo, ma anche perché persino i loro cervelli sono strutturalmente e funzionalmente differenti, complementari. Come a dire che solo con entrambi, cervello maschile e cervello femminile, si legge la realtà a 360 gradi. Il buon senso lo insegna e le neuroscienze lo confermano: camminando a braccetto, maschio e femmina, vedono più chiaro (F.A., Libero, 24/3/2016)
Fonte: Libertà e Persona, 29/03/2016
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COME VIVE UN RIFUGIATO IN ITALIA? MANGIA, DORME, SPIPPOLA SUL CELLULARE... A NOSTRE SPESE
L'Italia riproduce le peggiori tare dell'assistenzialismo senza pretendere lo sforzo di imparare un mestiere, né le leggi o la lingua del Paese ospitante (VIDEO: Le priorità degli immigrati)
Fonte Tempi, 26/04/2016
Il Corriere della Sera propone oggi un reportage di Federico Fubini da Briatico (Vibo Valentia) dove è raccontato in maniera esemplare come l'Italia rispetto all'emergenza immigrazione «sta riproducendo le peggiori tare dell'assistenzialismo degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso». Un «welfare che dà qualcosa in cambio di niente» come «sola risposta che la macchina amministrativa sia in grado di fornire nell'emergenza». Il nostro sistema, denuncia Fubini elencando alcuni casi assai significativi, «distribuisce vitalizi e protezione senza pretendere dai beneficiari lo sforzo di imparare un mestiere, né le leggi o la lingua del Paese ospitante, o anche solo senza chiedere loro una mano a tenere pulita la strada comunale». A Briatico l'inviato del Corriere ha raccolto la testimonianza di Fofana Samba, 19enne cittadino del Mali che «da quando è sbarcato senza documenti dalla Libia a Vibo Valentia nel giugno di due anni fa» vive in Italia da perfetto mantenuto. «Di solito si sveglia alle nove - scrive Fubini - e trascorre le sue giornate in modo semplice: "Manger, dormir, Facebook, un film". Qualche volta, una partita di calcio. Tiene pulita la sua stanza? No: ci pensa la signora Antonella, la donna delle pulizie. Si prepara da mangiare? "No. Vedo il cibo quando è pronto. Io non cucino"». Come Fofana secondo il Corriere vivono «tanti altri ragazzi sub-sahariani assorti nei loro smartphone all'ombra dei pini dell'hotel sul mare che oggi li accoglie».
RICORSI E CONTRORICORSI A differenza dei profughi siriani e iracheni di cui si è tanto parlato negli ultimi mesi, le persone incontrate da Fubini in Calabria in genere non arrivano da paesi in guerra e non sono vittime di persecuzioni, ma «tutti hanno presentato domanda d'asilo politico per guadagnare tempo e intanto restare qui». Giocano con «ricorsi e controricorsi» sfruttando «la lentezza della giustizia italiana». Lo stesso Fofana dice al Corriere: «Voglio essere un rifugiato» e per questo «ha presentato una serie di domande di asilo» tramite avvocato, pagandolo con il denaro che gli arriva dall'accoglienza italiana (100 euro a domanda, informa Fubini). Le pratiche, per la cronaca, sono state «tutte respinte fino al ricorso attuale, pendente da mesi», ma comunque nel frattempo «Fofana non ha mai fatto lo sforzo di imparare una parola d'italiano». Altro esempio che lascia a bocca aperta è quello dell'Associazione Monteleone, che Fubini descrive come «una delle centinaia che gestiscono l'accoglienza per conto delle Prefetture». L'organizzazione ha vinto una gara per la gestione dei migranti e infatti incamera «1.100 euro al mese per ciascuno di essi». E come impiega tutti questi soldi? Spiega il giornalista del Corriere: «Ha investito 85 mila euro in un centro computer nell'hotel dell'accoglienza, ha organizzato corsi di italiano e da elettricista, fabbro, pizzaiolo, cartongesso, guida macchine agricole, salvataggio e primo soccorso in spiaggia, teatro. Non si è presentato quasi nessuno. I 219 richiedenti asilo sono rimasti tutti in camera a sonnecchiare e guardare la tivù, semplicemente perché potevano». Per convincerli a muoversi hanno dovuto offrire loro «50 euro in cambio della frequenza dei corsi».
IN GERMANIA Il sistema italiano secondo Fubini è improntato a un tipo di assistenzialismo che non esiste da nessuna parte, «neanche nei Paesi più aperti agli stranieri». In Germania, per dire, il governo ha annunciato una nuova legge per «rendere più facile per chi richiede asilo accedere al mondo del lavoro». Lo scopo è proprio «non renderli alienati, passivi e depressi, con un futuro da accattoni o da manovalanza criminale», e la chiave è esattamente l'approccio contrario al nostro: vitto, alloggio e diaria sì, ma in cambio Berlino «pretende dagli stranieri (...) frequenza a corsi di lingua, cultura e legislazione tedesca, con regolari verifiche dell'apprendimento; per chi non adempie c'è il ritiro progressivo dei benefici». L'Italia è lontana anni luce da questa impostazione. Scrive ancora Fubini: «A novembre scorso il prefetto Mario Morcone, capo dipartimento per l'immigrazione al ministero dell'Interno, ha scritto ai sindaci invitandoli a far fare ai richiedenti asilo piccoli lavori per i Comuni. Non è successo quasi nulla».
Nota di BastaBugie:guarda il video seguente dal titolo "Le priorità dei clandestini? Soldi, smartphone e wi-fi"
https://www.youtube.com/watch?v=u8tq8TFsjLM
Fonte: Tempi, 26/04/2016
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IN MARCIA PER LA VITA: SFIDA ALLA CULTURA DI MORTE
Scuotere chi considera normale abortire è il senso della Marcia per la Vita che si svolgerà l'8 maggio a Roma
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/04/2016
«Quando la notte guardo Miriam mi rendo conto che non poteva essere un grumo di cellule, ma solo mia figlia, solo Miriam, e per questo non potrà mai deludermi!». Queste sono le parole della mamma di Miriam, giovane studentessa universitaria che voleva abortire. La sua amica Sara, meno di un anno fa, le aveva fatto ascoltare una canzone intonata dal palco della Marcia per la Vita svoltasi a Roma nel 2015. La musica e soprattutto le parole di quella canzone hanno fatto breccia del cuore della giovane mamma che ha deciso di far nascere la figlia che custodiva in grembo.
LA MARCIA PER LA VITA 2016 Questo è alla fine il senso ultimo della Marcia per la Vita (per il programma completo: www.marciaperlavita.it) che quest'anno si svolgerà proprio l'8 maggio, festa della mamma: scuotere le coscienze, quelle coscienze che considerano abortire fatto normale come respirare. Se anche una sola vita sarà salvata grazie a questa iniziativa ne sarà valsa la pena. Scopo finale della Marcia allora è quello di non aver più ragione di essere organizzata, di essere cancellata dal calendario dei pro-life, perché ormai gli anticorpi della società saranno in grado da soli di lottare contro tutte le minacce rivolte alla vita nascente e morente. Il cardinal Gerhard Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, in una lettera di due pagine indirizzata a Virginia Coda Nunziante, portavoce della Marcia, benediceva questa sesta edizione con le seguenti parole: «di cuore mi congratulo con tutti coloro che si adoperano per difendere, promuovere e tutelare in ogni modo la vita umana, dato che questa si pone al vertice di quei beni che sono irrinunciabili e che costituiscono valori talmente essenziali da non consentire deroga, eccezione o compromesso a loro riguardo». Forse il minimo comun denominatore di ogni partecipante alla Marcia è proprio questo: la radicalità nel rifiutare qualsiasi compromesso sulla vita umana.
CARATTERE APOLITICO Un "No" tondo tondo che fa il paio con un "Sì" altrettanto rotondo nel difendere la vita in ogni circostanza. É il significato originario di ortodossia: un giudizio retto, cioè diritto, che non tollera deviazioni, che non deflette perché conscio che via più veloce e più pulita per arrivare alla verità è propria quella retta. Anche quest'anno i partecipanti verranno da mezzo mondo. Francia, Olanda, Spagna, Polonia, Romania, Germania, Svizzera, Croazia, Slovenia, Romania, Irlanda, Malta, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti: da questi Paesi molti pro-life l'anno scorso hanno marciato per le vie di Roma ed altrettanti lo faranno a maggio. Gli organizzatori, proprio perché la Marcia si svolge un mese prima delle amministrative, vogliono sottolineare che l'iniziativa, così come è accaduto negli anni precedenti, ha carattere apolitico. Questo perché il suo Dna è soprattutto culturale e, si voglia chiudere un occhio sul termine un po' impreciso ma forse suggestivo ed evocativo, esistenziale. La Marcia, infatti, da una parte vuole essere un richiamo per cuori e menti non solo dei credenti, ma di tutti coloro che hanno per l'appunto un cuore battente e una mente pensante. Ecco il perché di incontri culturali, conferenze e convegni che negli anni precedenti, come in quello presente, si sono svolti nei giorni prima della Marcia. Il valore "esistenziale" dell'iniziativa romana sta invece nel dare voce non solo a intellettuali, giuristi e alti prelati, ma anche e soprattutto a chi ha guardato in faccia l'aborto di persona. Donne che hanno abortito, bambini salvati dall'aborto con la presenza delle loro madri si alterneranno sul palco per raccontare la loro esperienza.
MARCIA E FAMILY DAY La Marcia riuscirà ad eguagliare il numero di partecipanti del Family Day? Quasi certamente no. Per quale ragione? Il motivo è duplice. Da una parte il popolo cattolico ed anche chi sta ai piani alti è arciconvinto che indietro non si torna e che la battaglia sull'aborto è persa in modo definitivo. Inutile chiamare a raccolta le truppe dato che da tempo tra capi di Stato maggiore cattolici e quelli abortisti è stato firmato un trattato di non belligeranza a tempo indeterminato che ha consegnato mani, piedi e le nostre intelligenze migliori al nemico. In cambio abbiamo avuto pillole abortive, fecondazione artificiale, divorzi istantanei e "nozze" gay. Non male. Al suo confronto il Trattato di Versailles è stato una benedizione per i tedeschi. Inutile a dirsi che questa anoressia culturale che ammorba lo spirito di rivincita deriva in ultima istanza dalla mancanza di fede di molti. Satana sarà pure il principe di questo mondo, ma è Dio il Signore della storia e a Lui niente è impossibile. Altra ragione per cui i numeri della Marcia per la vita non saranno quelli del Family è quella a cui abbiamo fatto cenno prima: l'aborto è diventato fenomeno assorbito dai più, metabolizzato, interiorizzato come pratica normale. Il compianto Mario Palmaro, già membro del Comitato organizzatore della Marcia, ebbe a scrivere una volta che, di fronte alla spaventosa carneficina dell'aborto, le coscienze erano come anestetizzate, narcotizzate, in preda ad un attacco decennale di letargia morale. Ciò non è ancora accaduto - ma è probabile che accada in futuro - per i temi legati alla teoria del gender e all'omosessualità, temi che, almeno sino ad oggi, vengono percepiti da una buona fetta di mondo cattolico come un grave pericolo per l'istituto della famiglia. Ecco allora un appello a tutti coloro che si sono riuniti al Circo Massimo a gennaio: partecipate anche voi alla Marcia perché se ritenete abominevole uccidere la famiglia a maggior ragione dovreste giudicare altrettanto abominevole uccidere un bambino.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 15/04/2016
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OMELIA ASCENSIONE - ANNO C (Lc 24,46-53)
Uomini di Galilea, perchè state a guardare il cielo?
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 8 maggio 2016)
Quaranta giorni dopo la Risurrezione, Gesù ascende al Cielo davanti agli sguardi stupiti degli Apostoli. Prima di benedirli, Egli dà loro la missione di predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati (cf Lc 24,47). Da una parte, dunque, l'Ascensione del Signore ci invita a innalzare il nostro pensiero alle realtà celesti, distaccandolo dalla terra; dall'altra parte essa ci insegna a non rimanere inerti in una passiva attesa del ritorno del Signore, ma a edificare il Regno di Dio in questo mondo. Nella prima lettura gli angeli richiamarono gli Apostoli con queste parole: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?» (Ap 1,11). Con queste parole non si vuole assolutamente mettere in secondo piano la preghiera, che è senz'altro indispensabile nella Chiesa, ma si vuole richiamare l'attenzione sul fatto che è urgente l'annuncio missionario da diffondere nel mondo intero. Pertanto, se in poche parole vogliamo sintetizzare il messaggio di questa Solennità, possiamo dire che, alla luce dell'Ascensione del Signore, siamo esortati a innalzare i nostri cuori al Cielo e a poggiare bene i nostri piedi a terra, adoperandoci per la diffusione del Vangelo. Ci vuole la contemplazione e ci vuole l'azione. Questi due elementi vanno sempre insieme. Le sorti di questo mondo non si migliorano nelle discussioni, nelle riunioni, nelle pianificazioni, ma innalzando il cuore al Signore e attingendo da Lui la luce e la forza per operare e per diffondere il bene nel mondo. Nella prima lettura di oggi, tratta dagli Atti degli Apostoli, si legge infatti che gli Apostoli dovevano essere testimoni del Signore Risorto «in tutta la Giudea e la Samaria e fino ai confini della terra» (1,8). La Chiesa ha dato sempre grande importanza a questa richiesta del Signore, adoperandosi con impegno all'opera missionaria. La vita del missionario è caratterizzata da tante buone opere a favore dei poveri e dei bisognosi. Pensiamo a quanto si fa per loro in tutte le missioni cattoliche sparse per il mondo. Queste opere non devono mancare, ma non sono la cosa più importante. La cosa più urgente è messa in luce dalle parole di Gesù e consiste nel predicare a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati (cf Lc 24,47). In poche parole il missionario, innanzitutto, deve portare Gesù alle anime, deve farglielo conoscere e amare. Insieme a questo, poi, verranno le opere di carità corporale che testimonieranno l'autentica carità cristiana. L'Ascensione non ha separato Gesù dalla sua Chiesa. Anche se è salito al Cielo, Egli continua ad essere sempre con noi. «Egli non si è separato da noi, ma ci ha preceduti nella dimora eterna, per darci la serena fiducia che dove è lui saremo anche noi, uniti nella stessa gloria» (dal Prefazio). Fin da adesso pensiamo spesso a questa gloria che ci attende nei Cieli. In Gesù risorto e asceso al Cielo, noi contempliamo quella che sarà anche la nostra meta finale. La festa di oggi ci insegna che non siamo stati creati per questa terra, ma per il Paradiso. Solo lì i nostri cuori troveranno la vera pace. Qui giù ci sarà sempre qualcosa per cui penare e, questo, Dio lo permette per farci desiderare ancor più ardentemente il Cielo. Anche se tante saranno le prove da superare, abbiamo però un porto sicuro ove rifugiarci: la preghiera. Con la preghiera, che giustamente è stata definita l'«elevazione della mente a Dio», noi ci innalzeremo al di sopra di tutte le miserie umane e attingeremo la forza per affrontare meglio i doveri della nostra giornata. Come un albero si riconosce dai frutti; così la bontà della nostra preghiera si riconoscerà dal miglioramento della vita che ne dovrà conseguire. Se compiremo i nostri doveri meglio di prima, allora sarà segno che avremo pregato veramente bene.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 8 maggio 2016)
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