BastaBugie n�469 del 31 agosto 2016

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1 CRISI DEMOGRAFICA: IL FATTORE DIMENTICATO NELLA RICOSTRUZIONE DOPO IL TERREMOTO
Ricostruire non vuol dire solo fare le case, ma anche pensare a chi ci abiterà in futuro visto che nei paesi colpiti dal terremoto la popolazione più numerosa è quella ultra 75enne
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 IL TERREMOTO A NORCIA, TERRA DI SAN BENEDETTO
La Basilica e l'altare del santo sono danneggiati (simbolo della civiltà occidentale che sta crollando?), ma la gente si è riunita in preghiera davanti alla statua del patrono d'Europa (simbolo della voglia di ricostruire, confidando nella Divina Provvidenza)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi
3 COSA INSEGNA A NOI TERREMOTATI QUELLA VOLTA IN CUI PERFINO STALIN RINGRAZIO' LA MADONNA
Maria resta sempre vicina a tutti i suoi figli, del resto Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
4 CHI HA PAURA DELLE PREGHIERE PER I MORTI DEL SISMA?
Ho pensato che ognuno potesse avere almeno una persona che pregasse per lui... ma sono stata sommersa da insulti e offese
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
5 MADRE TERESA SARA' PROCLAMATA SANTA IL 4 SETTEMBRE
Vita, opere, preghiere, amici e nemici della suora che ricevendo il Premio Nobel denunciò che l'aborto è il più grande nemico della pace (VIDEO: cartone animato su Madre Teresa)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
6 LA TEORIA SVEDESE SULL'AMORE RENDE SOLI E DISPERATI
In Svezia il femminismo e il socialismo hanno prodotto individui che vivono in solitudine, lavorano per se stessi e per la propria indipendenza, e che muoiono senza che nessuno se ne accorga (VIDEO: Svezia, una nazione avanzata sì, ma verso il baratro)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 FLOP DELLA CIRINNA': IN DUE MESI SOLO 12 MATRIMONI GAY
Altre notizie dal gaio mondo gay: dopo l'eroina trans arriva il supereroe gay; la NBA pretende bagni trans; Londra capitale del sesso libero e (quindi) del ritorno della sifilide
Fonte: Secolo d'Italia
8 LA MANCATA ACCETTAZIONE DEL LIMITE UMANO E LA CONSEGUENTE DERIVA TRANSUMANISTA
Invece di creare l'uomo perfetto in laboratorio va considerato che ogni figlio è un dono (altrimenti aveva ragione Hitler)
Autore: Matteo Carletti - Fonte: Libertà e Persona
9 OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO C - (Lc 14,25-33)
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - CRISI DEMOGRAFICA: IL FATTORE DIMENTICATO NELLA RICOSTRUZIONE DOPO IL TERREMOTO
Ricostruire non vuol dire solo fare le case, ma anche pensare a chi ci abiterà in futuro visto che nei paesi colpiti dal terremoto la popolazione più numerosa è quella ultra 75enne
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2016

Mentre si scava ancora tra le macerie e la terra non smette di tremare, nelle zone comprese tra Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo colpite dal terremoto del 24 agosto si parla già - e giustamente - di ricostruzione. E, come sempre, si confrontano le diverse scuole di pensiero: ricostruire nello stesso posto, rispettando la struttura originaria del paese, o in luogo più sicuro, magari poco distante ma decisamente una realtà nuova? Privilegiare l'identità del luogo, con i tempi che questo comporta, o la rapidità nella riconsegna di case sicure? Iniziare dal centro storico o dalle periferie? Amatrice, il comune più colpito con 229 morti accertati sui 290 totali, ha già fatto la sua scelta: il sindaco Giuseppe Pirozzi ha annunciato che le nuove abitazioni saranno costruite accanto a quelle distrutte, verrà ricreato l'originale centro storico e il lavoro comincerà dalle frazioni (ce ne sono ben 68). Altri comuni forse faranno altre scelte, ma pensando alla ricostruzione c'è un fattore che viene da tutti ignorato o sottovalutato e che pure è la vera ipoteca sul futuro di questi paesi: ovvero la crisi demografica.
Perché ciò su cui non si riflette abbastanza è il fatto che per far rivivere un paese - grande o piccolo che sia - non basta ricostruire le case, ci vogliono abitanti che abbiano sufficienti motivi per viverci, per costruirci il loro futuro, per progettare uno sviluppo dell'area. C'è bisogno di una progettualità e di uno slancio che necessita di una popolazione giovane, capace di immaginare e dare corpo a un futuro.
Già, ma i giovani purtroppo non ci sono. È qui, in queste zone e in occasione di un evento tragico come il terremoto, che vengono i nodi al pettine di una realtà italiana da decenni votata al suicidio demografico. E se a livello nazionale la situazione è drammatica, in queste zone colpite dal terremoto il dramma è all'ennesima potenza.
Se prendiamo come riferimento i maggiori comuni colpiti dal terremoto (Amatrice, Accumoli, Montereale, Arquata del Tronto) possiamo avere un quadro realistico della situazione. Partiamo dall'Indice di invecchiamento, ovvero il rapporto tra ultra-65enni e under 14: in Italia è di 151,4 (cioè ci sono 3 anziani per ogni due ragazzi) contro una media nell'Unione Europea di 116,5. Peggio di noi nella UE c'è solo la Germania con 158,4. Ebbene in questi quattro paesini l'Indice di invecchiamento varia dai 271,03 di Montereale ai 380,56 di Arquata del Tronto. E non è che parliamo di grandi paesi: il più popoloso - prima del sisma - era Amatrice con 2.660 abitanti, seguito da Montereale (2.633), Arquata (1.224), Accumoli (676).
In tutti e quattro i comuni la popolazione con meno di 18 anni varia tra il 10 e il 12% (il 18,8% è il dato nazionale) e tende a diminuire, vale a dire che i giovani rappresentano davvero una parte marginale, mentre gli ultra75enni sono in tutti i comuni la fascia di età più numerosa: erano il 17,58% a Montereale, il 18,53 ad Amatrice, il 19,38 ad Accumoli e addirittura il 20,92 ad Arquata del Tronto. In Italia è l'11,3%. Aggiungiamo che, ampliando l'orizzonte notiamo che, sempre in questi quattro comuni, gli ultra 55enni sfiorano la metà della popolazione totale. E possiamo facilmente intuire che con tutto ciò che il dopo-terremoto comporta - dai tempi tecnici necessari per la ricostruzione al riavvio delle attività - tale rapporto possa solo peggiorare perché almeno parte dei giovani sarà spinta dalle circostanze a cercare opportunità altrove.
I dati perciò sono impietosi: il terremoto - anche se è doloroso dirlo - ha distrutto paesi già agonizzanti. E a maggior ragione non basterà ricostruire le case per riportarli in vita. O meglio: le abitazioni sono necessarie e nei tempi più brevi possibili, ma ricostruire significa anche pensare a una serie di misure che favoriscano sia la permanenza dei giovani sia la natalità. Altrimenti le case ricostruite con grandi investimenti pubblici saranno destinate ad essere abbandonate nel giro di pochi anni.

Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Il karma all'Amatriciana: lo stupidario del sisma" parla delle fesserie che sono state dette, scritte o inventate sul recente terremoto. L'emozione del sisma risveglia l'istitnto presenzialista di chi deve per forza dire qualcosa per attirare l'attenzione. Quasi sempre a sproposito.
Ecco dunque l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 agosto 2016:
La palma va certamente al duo Vespa-Delrio, uno conduttore del più popolare talk televisivo, l'altro ministro in carica. La ricostruzione post sisma? "Un volano per l'economia con i posti di lavoro creati dalle imprese edili". E l'altro a fare da eco: "Certo, crea Pil". Chissà mai che Pil, verrebbe da chiedere a Delrio, dato che quel poco di Pil creato con la ricostruzione non è nulla in confronto al Pil perso con il terremoto. Eppure Delrio dovrebbe saperlo dato che nella sua Emilia ci sono imprese che dopo il terremoto non si sono più riprese. O forse vogliamo fondare la ripresa del Paese sul giochino contabile delle uscite del sisma che non sono conteggiate? Contenti voi.
Va così. Con la gara a chi la spara più grossa: per dovere istituzionale, per narcisismo, per isterismo da social. Ma anche per smania di protagonismo, perché il terremoto ci scuote nel profondo e come in tutti gli eventi collettivi ognuno di noi deve sentirsi in dovere di dire la sua, di far sapere al mondo che sì, ci sta pensando a quei senzatetto che hanno perso tutto, anche la vita. Per questo si mette in moto la macchina della reazione, dell'emozionalismo. Per un sentimento di compassione vero, ma anche per una vanità tutta improntata all'esserci. Viviamo ormai con un'emoticon trapiantata nelle sinapsi, che si attiva a comando per ogni sollecitazione la rete ci invii. Ci indigniamo, ci commuoviamo, ci interroghiamo ad ogni stimolo senza sosta.
Colpa anche dei giornali che per cercare di giustificare le dirette no stop devono fare la pesca a strascico di tutto quello che passa il convento: così, accanto alle notizie di primo livello sulla cronaca, il pianto, i soccorsi e gli approfondimenti, ci tocca sorbirci anche la rumenta di serie B, che viene tirata su dalla rete da pesca perché comunque c'è bisogno di tenere viva la fontana dell'attenzione. Il risultato è che accanto al meglio dell'Italia, che si rimbocca le maniche e inizia a scavare o a donare soldi o viveri, c'è un Italia dietrologa e sospettosa, polemica e arruffapopolo, cinica e tremendamente kitch che ottiene così l'onore della cronaca per saturazione ed eccessiva democraticizzazione del consenso. Un po' di sana censura a volte non guasterebbe.
Nello stupidario di questi giorni c'è l'inviata che chiede al direttore del tg di La7 Mentana di mandare in onda la foto di un'intera famiglia uccisa dalle macerie. E il navigato direttore che si limita a stopparla con un lapidario: "Anche no".
E poi c'è il ministro Alfano che ieri si è recato ad Amatrice a controllare il lavoro di una macchina dei soccorsi che stava funzionando già molto bene senza la necessità che lui si alzasse dalla scrivania del Viminale. Ma Alfano, che soffre come tutti i politici della sindrome da "dichiarite" doveva far sapere ai giornali che la sua visita era un qualche cosa di eclatante. "Cosa posso dire di insolito?", si sarà chiesto. Così ha attirato l'attenzione dei cronisti con la parolina magica: "Quello dei soccorritori è un miracolo laico". In pochi minuti i giornali ci hanno aperto l'home page. Miracolo laico? Chissà che cosa voleva dire, il poveretto? Forse gli stava scappando la parola miracolo, ma avrà pensato che nel codice di regolamentazione del politically correct la parola è di quelle da bollino rosso, che evoca fede, affidamento, trascendenza. Non sia mai - avrà pensato - che qualcuno accusi al ministro di avere ancora qualche retaggio cattolico appiccicato addosso. [...]
E c'è chi sta diventando matto per cercare di destinare i 128 milioni che sono il jackpot del Superenalotto per devolverlo alla ricostruzione. Dimenticando che quei soldi non sono dello Stato, ma del futuro, del tutto ipotetico prossimo vincitore, il quale semmai potrà decidere in autonomia come devolvere la vincita senza bisogno di questo esproprio proletario.
Nel gotha del presenzialismo si nota il fidanzato dell'ex presidente della Provincia de L'Aquila Stefania Pezzopane oggi senatrice del Pd. Una tra l'altro che di terremoti e di dolore dovrebbe intendersene. Lui, che di vocazione fa il toyboy, si è fatto un selfie davanti alle macerie di Amatrice per farci sapere che era finito nella squadra degli angeli delle macerie. Il personaggio è un attore in cerca di trampolino di lancio da un bel po' e ha pensato di condividere con tutti noi il fatto di esistere. Bene, ora che lo sappiamo stiamo tutti meglio. Che poi, nessuno ricorda neanche il suo nome, basta digitare su Google "fidanzato della Pezzopane" e compaiono migliaia di foto e selfie. Se uno di mestiere fa il fidanzato prezzemolino di una senatrice e vive di selfie qualche domanda dovrebbe pur porsela...
C'è anche chi nel momento del dolore non dimentica la vera fede. Sono gli Ultras della Reggiana, che alla presentazione della squadra hanno fischiato il sindaco di Reggio Luca Vecchi mentre chiedeva un minuto di silenzio per le vittime del sisma ancora calde. Il motivo? Sono arrabbiati da qualche anno col presidente del Sassuolo Squinzi per aver comprato lo stadio di Reggio, che era fallito. Oggi il Sassuolo al Mapei stadium porta in provincia la Serie A e l'Europa League, ma a loro questa cosa dei cugini non è mai andata giù. Cosa c'entra col terremoto? Nulla, ma vuoi mettere come si attira l'attenzione dei giornali se la combiniamo così grossa?
Da Premio Pulitzer l'inviato del Tg3 che viene sgridato da un vigile del fuoco che sta scavando in silenzio per sentire il più profondo fremito di vita sotto le macerie e in quanto a tempismo e opportunità non male una sezione Pd emiliana che ha aperto un conto corrente per le vittime del sisma, ma lo ha fatto su un conto Monte Paschi Siena. Poi non lamentatevi se sorgono i soliti sospetti.
Della serie "indignato in servizio permanente" viene da chiedersi: che giova la polemica sui profughi in hotel e i terremotati in tenda? Certo, fa indignare, ma serve? E che dire della super bufala sulla magnitudo del sisma? Era accaduto anche per il terremoto in Emilia ed è stata ripresa come il migliore dei cavalli di ritorno. "Sotto i 7 di magnitudine lo Stato non risarcisce". Così i sismologi, diabolicamente avrebbero abbassato l'intensità per far risparmiare il governo. Ovviamente i social si sono buttati a pesce. Ma la notizia è falsa e non solo perché non esiste una legge che stabilisca questi parametri, ma perché, la storia insegna, di soldi, lo Stato non ne dà comunque neanche se ci fosse un 10° grado della scala Richter.
Nella follia collettiva di istinti bassi non si risparmia neppure una delle poche iniziative sensate per la quale avere almeno un po' di sacro rispetto. La giornalista Costanza Miriano ha promosso una catena di preghiera per ognuna delle 278 vittime che hanno trovato la morte. Saranno morte in grazia? Domanda più che lecita per un cattolico, cosi si è organizzata per "adottare" un'anima a testa da affidare alla misericordia celeste. Fede, rispetto del timor di Dio, comunione dei santi, ma alla feroce platea è sembrato davvero troppo. Così sono partiti improperi e contumelie che neanche dopo un rigore di Rizzoli dato alla Juve. [leggi CHI HA PAURA DELLE PREGHIERE PER I MORTI DEL SISMA?, clicca qui, N.d.BB]
Si va avanti così, con le panzane sfornate in rete come neanche le pizze dal forno a legna e uscite al limite del ridicolo. Tanto per dire di esserci. L'ultima è quella del Comune di Napoli che, per bocca del sindaco Luigi De Magistris ha dichiarato che si costituirà parte civile a seguito dell'arresto dello sciacallo che l'altra notte è stato beccato dai carabinieri nei pressi di una casa diroccata. Il mariuolo è un pregiudicato napoletano. E "Giggino" ci ha visto subito il rischio del "dagli al terùn". Così ha messo le mani avanti. Che poi non si è capito se lo ha fatto per salvaguardare il buon nome dei napoletani o quello dei pregiudicati. Quelli seri.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2016

2 - IL TERREMOTO A NORCIA, TERRA DI SAN BENEDETTO
La Basilica e l'altare del santo sono danneggiati (simbolo della civiltà occidentale che sta crollando?), ma la gente si è riunita in preghiera davanti alla statua del patrono d'Europa (simbolo della voglia di ricostruire, confidando nella Divina Provvidenza)
Autore: Caterina Giojelli - Fonte: Tempi, 25/08/2016

Hanno ricevuto messaggi fin dalle prime luci dell'alba e da tutto il mondo: non erano soli ieri notte i monaci benedettini di Norcia quando «l'edificio ha iniziato a vacillare, i libri a cadere dagli scaffali, le bottiglie di birra a frantumarsi a terra. E i restauri fatti alla casa natale di San Benedetto a trasformarsi in pochi secondi in rovine». Padre Benedict Nivakoff, vicepriore del monastero, ha trascorso il resto della notte e la giornata successiva come tutti gli altri giorni, in silenzio e preghiera secondo la regola di san Benedetto, dove si poteva e come si poteva, ma anche a rispondere all'arcivescovado, alle istituzioni e a centinaia di gente comune e amici, come il giornalista americano Rod Dreher (negli Stati Uniti i lanci di agenzia individuavano l'epicentro del terremoto a Norcia) o il presidente e della Società Chestertoniana Italiana Marco Sermarini alla guida della marchigiana Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati: «We are OK. We are alive, and there are no serious injuries to report», ha risposto padre Benedict, «stiamo tutti bene. Siamo vivi, e non abbiamo feriti gravi da segnalare».

COLPITI TUTTI GLI EDIFICI
Sani e salvi grazie a un giorno di festa, spiega padre Benedict a tempi.it: «Ieri mattina era San Bartolomeo e come accade nei giorni di festa invece di alzarci alle 3.40 per la preghiera mattinale ci siamo alzati alle 3.25: stavamo quindi raggiungendo la chiesa e ci trovavamo in strada quando, alle 3.36 c'è stata la prima, fortissima scossa». Raccolto in piazza, il piccolo gruppo di 15 monaci e i 5 ospiti presenti nella struttura ha vissuto pregando il rosario le scosse successive e appena la terra è sembrata quietarsi padre Benedict ha potuto visitare i locali e la Basilica. «Il terremoto ha colpito tutti gli edifici, sono stati danneggiati gli altari laterali, la cupola, le celle dei monaci, la biblioteca, gli intonaci, la birra di nostra produzione. Non possiamo ancora fare una stima e valutare l'entità dei danni, la situazione è ancora pericolosa e a parte le valutazioni di qualche ingegnere locale che ci ha raggiunto, non c'è stata ancora un'ispezione civile. Certo è triste vedere tutti i meravigliosi restauri appena ultimati diventare macerie in pochi secondi». Verificata la buona tenuta della cripta «ci siamo radunati qui, abbiamo preparato una piccola colazione e qui resteremo, in questi spazi temporaneamente agibili tra il negozio di birra che si affaccia sulla piazza e la cucina finché continueranno le scosse di assestamento. In queste ore ce ne sono state ancora, alcune molto violente e ogni scossa porta nuovi danni aggravando la situazione».

NELLE MANI DELLA PROVVIDENZA
La chiesa e il suo monastero, amatissimi in tutto il mondo, sorgono esattamente sul luogo dove nell'anno 480 nacquero Benedetto e la sorella Scolastica: Tempi ha già raccontato la storia e la vita dei suoi giovani "monaci da combattimento" (l'età media di questi religiosi è 34 anni), provenienti da paesi diversi per vivere in silenzio, preghiera, solitudine, lavoro, digiuno, canto, lavoro, separati dal mondo: il monastero ha un birrificio, un negozio, una biblioteca e stava dando vita a un'azienda agricola. Fino alla notte del 24 agosto, quando il sisma ha travolto anche le mura della casa natale di Benedetto «e le cose costruite con sudore e impegno fino a ieri sono state fatte a pezzi oggi, in un battito di ciglia. Ma non siamo nelle mani del mondo, siamo nelle mani della Provvidenza. Certo, avremo bisogno del vostro aiuto per iniziare il progetto di ricostruzione (sul nostro sito sono già segnalate le possibilità di effettuare donazioni per i restauri) ma soprattutto delle vostre preghiere. Pregate per noi e per chi ha perso la vita, i propri cari e la propria casa nei paesi di montagna qui vicino. Andate a messa, aiutateci con il rosario, i sacrifici e il digiuno».

Nota di BastaBugie: Padre Cassian Folsom, Priore del Monastero di Norcia, nella lettera sottostante racconta che il convento dei benedettini di Norcia, casa natale di San Benedetto, patrono d'Europa, inclusa la famosa basilica, sono gravemente danneggiati e i monaci sono sfollati. Interessanti le riflessioni spirituali per comprendere il tragico evento che li ha visti improvvisamente coinvolti. I padri stanno bene, ma come tanti a Norcia che hanno visto lesionate le loro abitazioni, sono ora costretti a fare i conti con i danni. Ecco come comprendere che oltre ai disagi, oltre ai drammi e alle tragedie c'è una speranza che non muore e che porta al Mistero della salvezza (per aiutare i monaci clicca qui).
Ecco la lettera completa pubblicata su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 agosto 2016:
"Mercoledì 24 agosto era la festa di San Bartolomeo, giorno in cui il Mattutino doveva iniziare alle 3.45. Intorno alle 3.30, quando eravamo già tutti in piedi, ringraziamo Dio, la terra ha iniziato a tremare. Abbiamo altre esperienze di terremoti nei sedici anni passati qua a Norcia, ma mai niente di simile. Fa una gran paura sentire la terra ruggire e vedere l'edificio dondolare di qua e di là quasi fosse ubriaco. Istintivamente siamo tutti usciti e ci siamo assembrati fuori, nella piazza davanti al monastero. Ci siamo stretti l'uno all'altro per via del freddo, mentre nuove scosse facevano scricchiolare la terra sotto i nostri piedi. I monaci e i cittadini si sono tutti ritrovati spontaneamente sotto la statua di San Benedetto che si trova al centro della piazza. I monaci hanno iniziato a pregare il Rosario e molti cittadini si sono uniti a loro. Quindi abbiamo ringraziato Dio con tutto il cuore per averci risparmiato la vita.
Dall'altro lato della montagna, ad Amatrice e ad Accumoli, il terremoto ha livellato le città, lasciandosi appresso morte e distruzione. Ci sentiamo in lutto per la tragica morte di queste persone e siamo addolorati per i parenti e gli amici. Infatti, come dicono le Scritture: "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13). La morte improvvisa è particolarmente dolorosa, perché non ti dà il tempo di prepararti. Ecco perché San Benedetto prescrive ai suoi monaci di "prospettarsi sempre la possibilità della morte", in modo che siano sempre pronti, anche di fronte ad una morte violenta e improvvisa che arriva inaspettata nel mezzo della notte.
L'entità dei danni a Norcia è grave. Non si tratta di un solo terremoto, ma di molti terremoti, con scosse continue, perfino ora che scrivo (48 ore dopo). Nel monastero abbiamo avuto molti danni superficiali, abbastanza facili da riparare, ma sono presenti anche danni strutturali molto più gravi. L'ufficiale della Protezione Civile venuto a fare un'ispezione nel pomeriggio del primo giorno, ci ha esortati a lasciare l'edificio, in quanto alcune parti di esso non erano sicure. Le scosse successive hanno aggiunto danni ai danni. La basilica di San Benedetto è stata gravemente colpita. Il muro dietro l'altare di San Benedetto si è crepato e gli stucchi sono crollati. Se un monaco si fosse trovato a celebrare la messa davanti a quell'altare (come spesso capita la mattina presto) sarebbe morto. La facciata si è separata dal corpo della chiesa. Non sappiamo ancora in che condizione siano i nostri lavori di restauro, sui quali abbiamo investito tanto lavoro e tante risorse! La chiesa è chiusa e ci vorranno mesi, forse un anno, per ripararla.
Naturalmente la realtà dei fatti è che viviamo in una zona sismica. Alcune persone subiscono uragani, altre cicloni o tifoni; noi abbiamo terremoti. Ci sono due tipi di comportamenti rispetto a fatti di questo tipo. Uno, è una specie di rassegnazione. L'altro, è affidare tutto alla provvidenza divina. I monaci fanno un voto di stabilità. Uno dei frutti di questo voto è quello che chiamiamo "amore del luogo". Noi amiamo questo luogo. E lo ricostruiremo.
C'è un'interpretazione spirituale che possiamo dare al terremoto di San Bartolomeo del 2016. Mi viene in mente un'antifona pasquale: "Ecce terraemotus factus est magnus..." (Ed ecco avvenne un grande terremoto...). L'antifona fa riferimento alla reazione della creazione di fronte alla resurrezione di Cristo. Anche noi risorgeremo di nuovo alla fine dei giorni, quando il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti. Un tempo era normale meditare sui Novissimi (morte, giudizio, paradiso, inferno). Sarebbe bello riprendere questa consuetudine.
Ci sono due simboli che possiamo trarre da questa storia e che ci invitano a fare riflessioni importanti. Innanzitutto, la Basilica di San Benedetto e l'altare del santo sono gravemente danneggiati. La cultura cattolica della civiltà occidentale sta crollando. Ce l'abbiamo davanti agli occhi. Il secondo simbolo è l'assembramento di persone attorno alla statua di San Benedetto in piazza, unite nella preghiera. Questo è l'unico modo di ricostruire.

Fonte: Tempi, 25/08/2016

3 - COSA INSEGNA A NOI TERREMOTATI QUELLA VOLTA IN CUI PERFINO STALIN RINGRAZIO' LA MADONNA
Maria resta sempre vicina a tutti i suoi figli, del resto Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 28/08/2016

In questi giorni con la sua presenza addolorata e discreta, fra i vivi e i morti, fin dalla notte del terremoto, il vescovo di Ascoli, monsignor D'Ercole, ha provato ad annunciare l'unica vera speranza. Per tutti.
Dice la Sacra Scrittura che "Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13), ma anzi ha dato la vita di suo Figlio per amore nostro e ha costruito per noi una casa che nessuno potrà mai abbattere: "Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio, la santa dimora dell'Altissimo. Dio sta in essa: non potrà vacillare" (Sal 45,5-6).
Questa è la nostra vera casa. A volte basta una semplice immagine per intuirlo.

QUELLA FOTO
Ieri il sito di "Avvenire" ha rilanciato una foto dove la chiesa di Arquata del Tronto appare tutta distrutta: nel mezzo alle rovine, però, la statua di una Madonnina era stranamente rimasta in piedi. Solo lei, che è la Regina della città celeste.
E' un'immagine suggestiva, che facilmente si presta a diventare metafora. Sia della situazione della Chiesa, sia della situazione del mondo.
Perché nella spiritualità cattolica Maria è colei che resta sempre fedele al Figlio e sempre vicino a tutti i suoi figli. E' la Madre intrepida presente fin sul Calvario, quando gli apostoli erano fuggiti (Pietro aveva anche rinnegato).
Maria è la Madre che sempre protegge e difende noi, suoi figli, è la Madre di tutte le madri, che asciuga le loro lacrime, che chiede a Dio le grazie per noi ancor prima che le domandiamo, come scrive Dante.

SOTTO LA TUA PROTEZIONE
Dopo la tragedia del terremoto e considerando gli immensi problemi in cui sprofonda il nostro Paese, con una situazione internazionale piena di nubi minacciose, è facile essere presi dallo sconforto e pensare che non ne possiamo uscire fuori.
Chi può dare al Paese la svolta di cui ha vitale bisogno? Sinceramente non si vedono giganti né salvatori della patria. Non ci sono dei De Gasperi in circolazione. Del resto il compito è sovrumano e lo scetticismo è ovvio.
Per questo - come accade nei momenti gravi e tormentati - chi ha la fede cristiana mette in campo le sue "armi non convenzionali": quelle della fede.
Benedetto XVI recandosi sui luoghi del terremoto in Emilia, nel 2012, disse: "Sulle macerie del dopoguerra, non solo materiali, l'Italia è stata ricostruita certamente grazie anche ad aiuti ricevuti, ma soprattutto grazie alla fede di tanta gente animata da spirito di vera solidarietà, dalla volontà di dare un futuro alle famiglie, un futuro di libertà e di pace".
Chi può negare che quella ricostruzione fu un autentico miracolo dove la fede del popolo ebbe un grande ruolo? Del resto poi si tradusse in quello che gli storici chiamano "miracolo economico".
Oggi, dopo questo terremoto, considerato lo stato del Paese, alcuni cattolici hanno avanzato l'idea di chiedere al cardinale Bagnasco, come Presidente della Cei, di consacrare l'Italia al Cuore Immacolato di Maria (magari alla Santa Casa di Loreto per affidare a lei tutte le case degli italiani).
Rinnovando così un gesto che altre volte in passato è stato fatto dai vescovi italiani: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio Santa Madre di Dio...".

UN FIUME DI GRAZIE
Solo il Cielo sa quante volte questa materna protezione avrà difeso il nostro Paese da prove dolorose. Così pensano i cattolici.
Non a caso le nostre città sono piene di splendide opere d'arte realizzate come ex voto per ringraziare la Madonna: ricordo solo la bella basilica barocca di Santa Maria della Salute, a Venezia, proprio di fronte a Piazza San Marco (dall'altra parte del Canal Grande), con cui i veneziani celebrarono la liberazione dalla peste nel 1631.
Come ha scritto una volta don Giussani: "Il popolo cristiano, da secoli, è stato benedetto e confermato nell'essere proteso alla salvezza, io credo, specialmente da una cosa: il santo Rosario".
Magari la Madonna potrebbe tenere anche una mano sulla testa dei governanti, perché spesso - nella nostra storia - più che il rimedio sono stati parte del problema.
Per secoli la Chiesa ha insegnato questa devozione alla Madonna, anche con atti pubblici di consacrazione. Oggi sembra spesso presa da considerazioni sociologiche e dal "fare".
Naturalmente è bene che la Caritas sia stata subito presente nei luoghi del terremoto ed è molto bello che il 18 settembre prossimo venga fatta una colletta in tutte le chiese d'Italia per i terremotati.
Ma c'è chi avverte che la cosa più preziosa che la Chiesa può fare per il nostro popolo provato dalla sofferenza è - appunto - di ordine soprannaturale.
Almeno questo pensano molti cattolici. I laici ovviamente hanno altri orizzonti. Ma vorrei segnalare che ci sono esempi storici di ricorso alla protezione della Madonna che dovrebbero colpire anche loro.

STALIN E MARIA
Vittorio Messori - per esempio - nel suo libro "Ipotesi su Maria" ha ricostruito il caso clamoroso di Stalin (proprio quel satanasso, massacratore di cristiani!).
Un giornalista e storico russo, che proviene dalla nomenklatura sovietica, nel 1997, ha pubblicato documenti fino ad allora top secret che svelano una vicenda clamorosa.
E' noto che nel momento in cui le truppe tedesche, invasero l'Urss e sembrarono sul punto di prevalere, Stalin fece qualcosa di inimmaginabile: fece riaprire al culto 20 mila chiese che aveva chiuso e i santuari più popolari, acconsentì all'elezione del Patriarca ortodosso, poi fece organizzare solenni processioni con la veneratissima icona della Madre di Dio di Kazan, protettrice della Russia e addirittura la fece portare in aereo a Stalingrado.
Fece perfino in modo che l'altra icona amata dal popolo, la "Madonna della tenerezza" di Vladimir, su un aereo militare, in segno di benedizione sorvolasse Mosca circondata dai tedeschi; fece appello al popolo della Santa Russia e addirittura recuperò la prassi zarista mandando i soldati in battaglia al grido "Avanti con Dio!".
Fatto sta che i russi combatterono come leoni e i nazisti furono vinti. Gli storici, che conoscevano alcuni di questi fatti, seguiti da una svolta nell'atteggiamento verso i cristiani, ritennero che fossero dettati da Realpolitik. E che la mossa di Stalin fosse riuscita.
Oggi, con l'apertura degli archivi si è scoperto che all'origine di tutto c'è un religioso ortodosso libanese, padre Elia, un mistico che, pregando per la salvezza della Russia ebbe una visione della Madonna la quale - scrive Messori - "gli trasmise le disposizioni del cielo".
Erano esattamente le cose che Stalin poi fece eseguire, dopo aver ricevuto la lettera del metropolita libanese attraverso l'ambasciata sovietica a Beirut.
La conferma è data dal fatto che nel 1947 proprio a quello sconosciuto asceta libanese fu assegnato - nella sorpresa generale - il Premio Stalin (che egli gentilmente rifiutò).
Evidentemente il Cielo non voleva che la Russia fosse conquistata e distrutta dal paganesimo nazista. E oggi, dalla Russia dove rifiorisce meravigliosamente la fede cristiana, quella stessa icona prodigiosa è stata portata da Putin in Vaticano.

Fonte: Libero, 28/08/2016

4 - CHI HA PAURA DELLE PREGHIERE PER I MORTI DEL SISMA?
Ho pensato che ognuno potesse avere almeno una persona che pregasse per lui... ma sono stata sommersa da insulti e offese
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 29/08/2016

Sinceramente, dopo tutto il tempo passato a rimuovere bestemmie e offese surreali dal mio profilo facebook, ero tentata di lasciar cadere la faccenda, ma non lo farò, per due ordini di motivi. Il primo è che continua a sembrarmi preziosissimo pregare per le vittime del terremoto. Il secondo è che da questa assurda vicenda ho imparato alcune cose utili che vorrei condividere con chi lo desidera.
Per chi si era sanamente distratto dal mondo virtuale, riepilogo. La sera dopo il terremoto ero sul divano con tutta la famiglia, incollati a guardare i luoghi nei quali abbiamo trascorso le vacanze degli ultimi anni con gli amici più cari. Cercavamo volti e luoghi noti. Durante la giornata avevamo chiamato persone che erano ancora lì per capire se si potesse andare a dare una mano, ma la risposta, letterale, era stata: "la Protezione Civile sta cacciando tutti" (nel senso di tutti quelli che non sanno esattamente cosa fare in questi casi). A raccolte di cibo e soldi aveva pensato mio figlio. L'unica cosa che rimaneva da fare era pregare. Quando si muore nel sonno, o in pochi secondi, chissà, magari non si ha neanche tempo di raccomandare l'anima a Dio. Chissà in che condizioni erano quelle anime, pensavo. Se fossi al posto loro sarei felicissima che qualcuno mi presentasse al Padre chiedendo misericordia per me.

PREGARE PER CHI NON PUÒ PIÙ PREGARE
La mia amica, che conosceva quasi tutte le vittime, una per una, e con la quale ho condiviso l'idea la mattina dopo, siccome fa l'avvocato come lavoro di copertura, ma nella realtà è un'organizzatrice di amici, ha pensato istantaneamente che ognuno dovesse avere almeno una persona che pregasse per lui. Una per ciascuno. Lei si preoccupava per una in particolare di cui mi poteva dire per certo che difficilmente qualcuno avrebbe pregato per lei, e me l'ha affidata. Poi mi ha chiesto di mettere qui i nomi facendo una griglia in modo che ognuno abbia il suo asterisco accanto quando qualcuno si prenderà l'impegno di pregare per lui.
Ci sarebbero da spiegare un'infinità di cose su questo tema - la comunione dei santi, il purgatorio, l'indulgenza, le colpe e le pene, si potrebbe parlare per ore - ma non sono una teologa, mi basterebbe essere una teofila. La realtà è molto più semplice. È stato un pensiero naturale, quasi ovvio direi. Il culto dei morti è quello che ci distingue dalle bestie. Siamo nell'anno del giubileo della misericordia, e ottenere l'indulgenza non è mai stato così facile (ci sono stati tempi in cui la gente perdeva tempo, soldi, la vita a volte, per intraprendere viaggi lunghi e pericolosi, nella speranza di passare una porta santa e salvarsi l'anima). Facile solo a livello pratico: oggi il Papa lo ha reso possibile in ogni diocesi. Impegnativo come sempre a livello spirituale, perché una vera confessione implica necessariamente una seria conversione, l'impegno rinnovato a seguire Cristo e a fare gesti concreti per i fratelli. Mi sembrava che il mio pensiero fosse abbastanza scontato, e davvero non immaginavo di scatenare questo putiferio.

LA MORTE CI ATTENDE TUTTI
È successo invece che sui social me ne hanno dette di tutti i colori: la maggior parte degli insulti non li posso ripetere, perché sono una signora e ho un bonus di una parolaccia all'anno ma temo di averla già usata, per il 2016, e tra l'altro moltissimi non li ho neppure letti, perché twitter non lo so usare, e il profilo fb non lo gestisco da sola (quando hanno cominciato ero fuori, senza computer). Comunque non ho mai letto tante cattiverie e volgarità tutte insieme, credo che una povera umanità disperata si sia data convegno sul mio profilo. Quasi nessuno, ovviamente, è stato capace di articolare e motivare il suo disaccordo con questa idea, e il livello espressivo era davvero molto basso. Vorrei riuscire a pregare per ciascuno di loro, ma dovrete aiutarmi, sono troppi; sono certa che si tratti di povere creature ingannate, persone totalmente prive dei fondamentali della fede, persone che però sanno, confusamente, che siamo fatti per l'eternità, e che per questo temono la preghiera, perché intuiscono che c'è qualcosa di vero. Persone che desiderano essere amate come Dio ci ama, ma non riescono a crederlo (il demonio non ha tanta fantasia, usa sempre lo stesso trucchetto, dall'Eden in poi: vuole convincerci che Dio sta tentando di fregarci, togliendoci la libertà, invece è solo un padre che vuole il meglio per noi). Persone che non vedendo questo viso innamorato del Padre preferiscono catalogare la nostra fede come superstizione, e la richiesta di indulgenza come un rito magico. Persone che preferiscono nella loro condizione non ricordare che la morte ci attende tutti, e tutti dovremo andare davanti al Creatore, nella speranza che non ci dica "andatevene, io non vi conosco" (quelli che dicono che l'inferno è vuoto forse non hanno letto tutto il Vangelo). È paura, dunque, ma è anche una nostalgia dell'eternità, di un amore perfetto e grandissimo. Questa ce l'abbiamo tutti, e chi cerca questo amore nelle cose e nelle persone sta male, perché niente gli riempie il cuore.
Aggiungiamo la grande ignoranza dei fondamentali della fede (tra i più arrabbiati diversi sedicenti cattolici), e soprattutto l'esito di decenni di propaganda laicista che con scuole mediocri e mezzi di comunicazione mediocrissimi cerca di formare un popolo convinto di essere solo al mondo, di non avere niente sopra la testa, di non dover un giorno affrontare la morte. Per l'uomo di oggi l'idea di non essere totalmente autodeterminato è intollerabile: schiuma di rabbia e vomita offese, ciò che denuncia chiaramente la sua infelicità. Di fronte a questa umanità non si può che provare tenerezza, e non serve rispondere alle offese.

COMMENTI IN ORDINE SPARSO
La più bella è "sciacallo da tastiera": vorrei sapere che ci guadagno chiedendo preghiere. Il mio blog è volutamente senza pubblicità (ci è stata offerta), e per gli oltre dieci milioni di clic non abbiamo preso mezzo euro, ma anzi abbiamo sopportato in due una mole enorme di lavoro, con l'aiuto ogni tanto di qualche amico. Non mi vengono in mente altri guadagni possibili per l'idea dell'indulgenza, sinceramente, ma si sa che il male è negli occhi di chi lo vede.
La più ipocrita: la difesa della privacy. Gli elenchi sono pubblici, e ho visto colleghi spiare volti e storie, addirittura con la telecamera (se finisco sotto le macerie mentre dormo per favore pubblicate ovunque il mio nome per il suffragio, anche sui manifesti di dieci metri per dieci, ma se possibile non mi riprendete piena di calcinacci e in sottoveste; e se perdo un figlio non mi inquadrate mentre piango, ma pregate per lui).
La più surreale: paragonare le nostre preghiere a una messa nera.
La più da premio Nobel: ti denuncio (pensa il magistrato che riceve un esposto; il capo d'imputazione: richiesta di preghiere).
La più diffusa: come ti permetti, e se loro non credevano? A parte che nessuno ha avuto da ridire contro i funerali in chiesa, che io sappia, cosa da cui deduco che le vittime fossero battezzate, comunque le preghiere e le messe non possono nulla di fronte alla libertà dell'uomo, confine che ferma, per il suo rispetto nei confronti dei figli, persino l'azione di Dio. Quindi se uno vuole andare all'inferno ci va (ma dubito che qualcuno possa davvero desiderarlo).
La più banale: vai a scavare invece di scrivere (immagino che loro invece stessero digitando insulti da sotto le macerie). [...]

AVANTI CON LA PREGHIERA
Infine, le cose che ho imparato. Non so quantificare l'entità del problema, perché rispetto al berciare di alcuni, ho ricevuto molte più conferme da persone che avevano pensato la stessa cosa e non si capacitavano delle polemiche (e un intero monastero ha aderito), ma di sicuro c'è una fetta della popolazione che pur vivendo nell'Europa che senza le sue radici cristiane non esisterebbe e nell'Italia in cui quasi ogni pietra parla dell'avventura cristiana, sono di un'ignoranza disarmante (per dirne una, ma questi Dante e Manzoni li hanno mai aperti? Hanno alzato la testa dallo smartphone per vedere l'architettura delle loro città disegnata dalle chiese e dai cimiteri e dai conventi e dagli ospedali e dalle biblioteche che dobbiamo ai fratelli cristiani che ci hanno preceduti?). Dobbiamo prepararci a rendere ragione della speranza che è in noi a questo tipo di persone. Dobbiamo sapere che il pensiero unico troverà sempre di più che la fede è ammissibile, ma solo nel privato. Potremo pensare cristiano, ma solo in chiesa. Per esempio, la cosiddetta legge antiomofobia che presto riprenderà il suo cammino prevede che si possa pensare dell'omosessualità quello che dicono san Paolo e il Catechismo solo nei luoghi di culto, ma se lo dici fuori da una chiesa vai in carcere, e ripeto carcere (nella prima stesura della legge non si poteva proclamare il catechismo manco in chiesa). Dobbiamo sapere che forse alfine ci verrà tolta anche la libertà di culto (il burkini è solo una prova di esercitazione). [...]

Nota di BastaBugie: qui sotto l'aggiornamento dal sito di Costanza Mirano pubblicato il 1° settembre.
Alla fine ognuno dei nomi dei morti del terremoto ha il suo asterisco accanto, e il nome di una persona che si è presa l’impegno di passare una Porta Santa a suo nome. Almeno una, che lo abbia comunicato a noi. Chissà quante altre lo hanno fatto e lo faranno in silenzio. Più siamo meglio siamo. Io per esempio il nome della signora per cui ho passato io la Porta l’ho affidato anche a un’amica, le preghiere non sono mai troppe. Per questo coloro ai quali non sono riuscita a rispondere possono prendere da soli un fratello o una sorella da accompagnare. Nessuno è stato lasciato solo.

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 29/08/2016

5 - MADRE TERESA SARA' PROCLAMATA SANTA IL 4 SETTEMBRE
Vita, opere, preghiere, amici e nemici della suora che ricevendo il Premio Nobel denunciò che l'aborto è il più grande nemico della pace (VIDEO: cartone animato su Madre Teresa)
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 25 agosto 2016

Oggi il Meeting di Rimini chiude i battenti con un attesissimo incontro su Madre Teresa di Calcutta, che verrà proclamata santa il 4 settembre prossimo, e fra i relatori non poteva mancare Brian Kolodiejchuk, il postulatore della causa di beatificazione e di quella di canonizzazione della suora albanese. Kolodiejchuk, canadese di origine ucraina e sacerdote dei padri missionari della Carità, ha frequentato madre Teresa per vent'anni, dal 1977 fino alla morte nel 1997, e oggi è il direttore del Mother Teresa Center. Oltre alla mostra rimasta esposta per tutta la settimana al Meeting, ha curato molti libri di scritti della fondatrice delle Missionarie della Carità, fra i quali Sii la mia luce, il libro che rivela la "notte dell'anima" che Teresa visse fino alla fine dei suoi giorni e che più oggi risulta utile per capire la natura della santità che la Chiesa ha riconosciuto e intende sottolineare celebrando la canonizzazione nel corso del Giubileo della misericordia.
Padre Brian, lei ha detto e scritto che madre Teresa sarà la patrona di chi ha maggiormente bisogno della misericordia di Dio. Cosa intende dire?
In una lettera pubblicata nel libro Sii la mia luce madre Teresa scrive: «Se mai diventerò una santa, sarò una santa dell'"oscurità". Sarò sempre assente dal Paradiso per accendere la luce di coloro che sono nell'oscurità sulla Terra». Questa è la missione di misericordia che si prefigge di svolgere dal Paradiso. Allo stesso tempo l'opera delle sue suore è essenzialmente opera di misericordia. Nell'ultimo libro tradotto in italiano, Il miracolo delle piccole cose, i quattordici capitoli mettono a fuoco le sette opere di misericordia corporale che madre Teresa e le sue suore hanno compiuto, e si tratta della documentazione ufficiale della causa di canonizzazione. Che avviene provvidenzialmente nell'anno del Giubileo della misericordia, per proporre la Madre come un modello di misericordia.
Qual è la cosa che più ha fatto soffrire madre Teresa in vita?
Vedere continuamente la sofferenza dei poveri. Nei suoi ultimi anni di vita ripeteva spesso: «Chi si prenderà cura dei poveri?». E non si riferiva a quelli di cui le Missionarie della Carità si prendevano cura, ma ai poveri di tutto il mondo in generale. Le dava sollievo il fatto che, grazie anche alle sue iniziative, il mondo era diventato più cosciente della condizione dei poveri. Ha accettato di ricevere più di 200 premi, oltre al premio Nobel, nel corso della sua vita, in nome dei poveri e del fatto che attraverso di lei il mondo prendeva coscienza di loro.
Cosa pensava madre Teresa delle critiche che le facevano persone come Christopher Hitchens, di chi la accusava di fare assistenzialismo senza affrontare le cause della miseria?
Alcuni fatti che Hitchens ha riportato nel suo libro non erano precisi, come quando ha accusato madre Teresa di aver reso omaggio alla tomba del dittatore Enver Hoxha a Tirana: lei è stata portata lì come le autorità facevano con tutti i visitatori stranieri, la sua intenzione era quella di pregare sulla tomba dei suoi genitori in Albania. L'ha criticata per essersi limitata a creare una casa per i moribondi a Calcutta, quando avrebbe potuto finanziare una clinica di prim'ordine per loro. Ma quella casa era stata creata proprio per i moribondi, per persone abbandonate e senza speranza di guarigione, affinché potessero morire nella dignità. Tutti sanno la storia di quell'uomo che disse: «Ho vissuto tutta la vita come un animale, ma ora muoio come un angelo». Doveva essere un luogo dove si realizzava un incontro personale profondo fra chi accudiva il morente e il morente stesso. Ho invitato Hitchens a rendere la sua testimonianza durante il processo di beatificazione, e lui ha ammesso che la sua antipatia per madre Teresa è nata quando, nella seconda parte della sua visita alle opere delle missionarie della Carità a Calcutta, caduto il discorso sulla questione dell'aborto lei gli disse che la soluzione per le donne che volevano abortire era che partorissero e dessero il figlio in adozione. [leggi MADRE TERESA: IL PIU' GRANDE DISTRUTTORE DELLA PACE E' L'ABORTO, clicca qui, N.d.BB]
Riguardo alle critiche sul fatto che lei non si occupava delle cause della miseria, la Madre ha sempre risposto che la sua missione era quella di prendersi cura dei bisogni del sofferente qui ed ora, ad altri era data quella di occuparsi della rimozione delle cause, appoggiandosi sulla dottrina sociale della Chiesa. [leggi MADRE TERESA: PORTAVA AI POVERI SIA IL PANE CHE CRISTO (NO ALL'UMANITARISMO RELATIVISTA), clicca qui, N.d.BB]
Quali sono stati il santo e la santa preferiti di madre Teresa?
La santa è Teresina di Lisieux, che era stata canonizzata e poi proclamata co-patrona delle missioni insieme a san Francesco Saverio proprio negli anni della formazione e dei primi voti di madre Teresa. La colpiva tantissimo la «via dell'infanzia spirituale» di Teresina, che consiste nella fiducia e nell'abbandono nelle braccia di Gesù perché lui operi in noi quando a noi è impossibile operare. Teresa tradurrà in inglese "confiance et abandon" con "trust and surrender". Fra i santi amava molto san Francesco: era l'unica immaginetta dentro al suo libro di preghiere. E sant'Ignazio di Loyola, al quale si ispirava il primo ordine religioso a cui si consacrò, quello delle suore di Loreto.
Quale era la sua preghiera preferita?
Era il Memorare, la preghiera di intercessione alla Vergine Maria attribuita a san Bernardo di Chiaravalle. Ne aveva fatto una novena, che chiamava la "novena volante", nella quale si ripeteva per nove volte di seguito la preghiera ogni giorno per nove giorni. Ricordo il caso di una suora che non riusciva ad avere il visto per l'allora Ddr (la Germania comunista): lei e altre suore pregarono e già dopo il primo giorno il visto arrivò. E quella non è stata l'unica grazia ottenuta attraverso la novena volante.
Aveva pratiche ascetiche particolari?
Solo il digiuno in concomitanza del pranzo del primo venerdì del mese. Il corrispettivo del pranzo saltato andava in un fondo speciale a cui si faceva ricorso per le richieste di aiuto impreviste. Non era attratta da pratiche ascetiche straordinarie, anche nella vita ascetica applicava il suo motto generale: "fare le cose ordinarie con un amore straordinario".
Quali persone ha sentito maggiormente amiche nel corso della sua esistenza?
Anzitutto Jacqueline De Decker, una donna belga che voleva diventare missionaria della carità, ma a causa di un grave problema di salute è dovuta tornare in Belgio. Madre Teresa le ha chiesto di essere il suo braccio destro spirituale, di fondare i Cooperanti sofferenti delle missionarie della Carità, che offrivano le loro sofferenze per donare alle suore la forza di compiere la loro opera di misericordia. Poi Anne Blaikie, che condusse con lei la campagna "tocca un lebbroso con la tua compassione" a Calcutta e poi fondò gli Youth Co-workers, giovani che collaborano le Missionarie della Carità. Infine Kathryn Spink, figlia di diplomatici britannici e scrittrice di successo: madre Teresa si fidò tanto di lei da farne la sua biografa autorizzata.
Si è molto parlato della "notte dell'anima" che scese su madre Teresa a un certo momento. Come attraversò quel tempo e come ne uscì?
Non è uscita dall'oscurità per il resto della sua vita. Di solito nella vita dei mistici la notte dell'anima è un passaggio verso l'unione mistica con Cristo. In madre Teresa la cosa è diversa. Lei afferma di avere provato la dolcezza dell'unione della sua anima con Cristo fra il 10 settembre 1946, il giorno in cui si manifesta in lei l'ispirazione per quella che sarà la sua opera, e la metà del 1947, quando comincia a visitare gli slum di Calcutta. In quel momento la dolcezza svanisce e non torna più. Questa seconda esperienza di oscurità, dopo che era avvenuta l'unione mistica con Cristo, la definirei un'oscurità apostolica, missionaria. Lei capisce che la povertà più grande dell'uomo non è quella materiale, ma il sentirsi non amati, abbandonati, soli, ed è ciò che lei stessa sperimenta nel rapporto con Cristo: ha il sentimento che Gesù non la ama e che lei non riesce ad amare Gesù come vorrebbe. Diceva: «Lo stato della mia anima è come quello dei poveri che vivono per strada».
Paradossalmente questa aridità del rapporto con Cristo l'ha unita maggiormente a lui e ai poveri. A lui perché ha condiviso con lui l'esperienza della solitudine nell'orto del Getsemani e dell'abbandono da parte di Dio sulla croce, quando Gesù dice: "Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?". E con i poveri perché è diventata come loro non solo nello stile povero di vita, ma nel condividere il loro senso di abbandono, di solitudine, di assenza dell'amore.
Allora per lei questa sofferenza della notte dell'anima era un dono?
La sofferenza non è mai un dono per se stessa, ma solo se è accettata e offerta per amore. Madre Teresa non glorificava la sofferenza, credeva che l'amore consiste anche nel recare sollievo a chi soffre, lo ha fatto per tutta la vita e lo fanno le sue suore. Ma credeva anche, da buona cattolica, che possiamo essere uniti a Cristo accettando e offrendo a lui le nostre sofferenze, e che questa accettazione produce frutti per gli altri.

Nota di BastaBugie: qui sotto il video completo del bel cartone animato su Madre Teresa prodotto dalla benemerita Mondo Tv (durata 1 ora e mezza).


https://www.youtube.com/watch?v=HXUI5yBvSdo

Nell'articolo sottostante dal titolo "Madre Teresa. Governo indiano onora la sua canonizzazione, gli indù protestano" si mettono in luce le contrastanti reazioni dell'India. Il governo per la prima volta parteciperà a una canonizzazione, mentre gli indù protestano vivacemente perché temono che aumenteranno le conversioni al cristianesimo.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su Tempi il 30 agosto 2016:
Domenica 4 settembre verrà canonizzata Madre Teresa di Calcutta e per l'occasione il premier indiano Narendra Modi ha deciso di inviare a Roma una delegazione di alto livello, composta da 11 persone e guidata dal ministro degli Esteri. È la prima volta che il governo federale, invece di quelli locali, invia un suo membro a Roma per la canonizzazione di un indiano.
Parlando il 28 agosto al paese via radio nel suo consueto discorso settimanale, il premier ha dichiarato: «Madre Teresa ha dedicato tutta la sua vita al servizio dei poveri e dei bisognosi in India. Quando una persona così viene dichiarata santa è naturale che gli indiani si sentano orgogliosi». Della delegazione governativa farà parte anche monsignor Theodore Mascarenhas, segretario generale della Conferenza episcopale indiana.
Le poste indiane realizzeranno anche 1.200 buste di seta in onore di Madre Teresa, che verranno vendute a 250 rupie ciascuna. Sulla busta sarà disegnata la santa insieme a un bambino, sullo sfondo della città di Kolkata. All'interno della busta verrà inserita una moneta da cinque rupie con l'effigie della santa, coniata dal governo indiano nel 2010 in occasione del centenario dalla nascita.
Come ci si poteva aspettare, non sono mancate le polemiche per queste decisioni inedite prese dal governo indiano. Dopo il discorso di Modi, Surendra Jain, segretario generale del Vhp (Vishwa Hindu Parishad, gruppo ultranazionalista indù e paramilitare), ha criticato le parole del premier perché «la canonizzazione di Madre Teresa preannuncia maggiori conversioni al cristianesimo. Modi avrebbe dovuto considerare questo problema, prima di decidere di inviare una delegazione in Vaticano». Poi ha aggiunto: «Non si può dichiarare santa una persona sulla base di miracoli. Vi aspettate che nella nostra epoca avvengano miracoli?».
Non si tratta certo del primo attacco da parte di un nazionalista indù alla santa albanese ed è per questo che anche il presidente del Global Council of Indian Christians, Sajan K. George, non si è affatto scomposto: «È dall'elezione di Modi che i radicali di destra affiliati [al governo] che sostengono la zafferanizzazione del paese hanno spinto in avanti l'ideologia dell'Hindutva, che comprende programmi di ghar wapsi ('ritorno a casa', riconversione all'induismo), molestie e intimidazioni di pastori, interruzione delle preghiere», ha dichiarato ad AsiaNews. «Vengono anche gettati sospetti contro la minoranza cristiana vulnerabile». I sentimenti dei radicali induisti non corrispondono a quelli della popolazione, visto che nell'80 per cento delle case indù è presente un'immagine di Madre Teresa.

Fonte: Tempi, 25 agosto 2016

6 - LA TEORIA SVEDESE SULL'AMORE RENDE SOLI E DISPERATI
In Svezia il femminismo e il socialismo hanno prodotto individui che vivono in solitudine, lavorano per se stessi e per la propria indipendenza, e che muoiono senza che nessuno se ne accorga (VIDEO: Svezia, una nazione avanzata sì, ma verso il baratro)
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/08/2016

Non c'è più traccia degli Abba che cantano Hasta mañana con lo sguardo struggente della biondina anni settanta che ha fatto innamorare mezza Europa. Forse quello è stato l'ultimo addio che ha unito in un fremito il popolo svedese. Perché dopo, nella patria del progresso e della protestantizzazione scientifica, la Svezia ha assistito ad uno sviluppo inversamente proporzionale: maggiore erano il benessere e gli standard qualitativi della pubblica amministrazione e della società in generale, minore era la felicità dei suoi abitanti.
Il risultato dell'esperimento socio-scientifico ha prodotto i suoi frutti oggi e adesso raccontare la Svezia significa raccontare di un paese sull'orlo del suicidio di massa che non si accorge di come tutto sia scivolato via attingendo a piene mani alle promesse di felicità delle filosofie marx-femminsite. Ci vorrebbe a Stoccolma un Checco Zalone che si mettesse a piangere guardando la reunion di Albano e Romina per provare a commuovere qualche vichingo. Ma non c'è in Svezia nessun anelito di riscatto spirituale. Tutto avviene nel solco del più abissale individualismo.

LA TEORIA SVEDESE SULL'AMORE
Lo ha dimostrato in maniera esemplare il video maker Erik Gandini, italiano da tempo residente nel paese nordico che in un documentario andato in onda recentemente su un canale Rai ha raccontato dove ha portato lo scellerato programma sul futuro svedese licenziato dai governanti negli anni '60.
La "Teoria svedese sull'amore" è un documentario di appena un'ora. [...] Uno spaccato di com'è la Svezia e una proiezione di come diventerà la civiltà europea con i suoi miti di liberazione dell'uomo e che con la teoria gender e la frontiera della riproduzione artificiale ci avvicina sempre di più al Paese scandinavo del quale negli anni abbiamo invidiato le politiche welfare.
Indipendenza. Il video insiste su questa parola. Una parola coniata da un manifesto presentato dai politici svedesi negli anni '60 quando si decise che "le donne dovevano essere indipendenti dagli uomini" e "i bambini dai vecchi" perché altrimenti la libertà conquistata non sarebbe stata davvero felice.
Oggi, come mostra Gandini, la Svezia è composta per la metà della popolazione da persone sole, adulte, indipendenti che lavorano per se stesse e solo per la propria indipendenza.

SOLI E DISPERATI
La teoria svedese dell'amore ci porta a Maria Helena, forse un nome di fantasia, ma comunque evocativo, perché riassume i nomi delle donne che nell'antichità hanno polarizzato la concezione dell'universo femminile diviso tra purezza e libido irrefrenabile. La donna in Svezia aspetta a casa il kit per l'inseminazione artificiale che un corriere diligente e maniacalmente puntuale sta consegnando con tanto di ghiaccio secco a protezione dell'involucro "spermatico".
"Ho pensato che fosse meglio avere un figlio da sola ed evitare di avere un partner, quello che mi interessava era avere un figlio, non volevo una relazione con un uomo. Stare da sola non mi fa paura". Dall'altra parte, una ditta danese ha raccolto lo sperma di ragazzotti infelici e altrettanto disperati che si masturbano per "fare felici gli altri", per "pura generosità". In fondo, dice un biondino che non avrà 20 anni "bastano 5 minuti per fare felici gli altri". E lo dice mente si lava le mani e il film appeso alla parete procede con le sue scene per il seguente donatore.
Le donne single si vogliono riprodurre e si chiedono "che cosa ce ne facciamo di un uomo, ci tocca sobbarcarci di altri compiti, sono cose d'altri tempi, vogliamo creare una famiglia da sole. Così interveniamo noi" dice il "filantropo" dell'industria del seme con 170 litri di sperma congelato pronto per la felicità in kit.
Non ricorda forse, questa giustificazione artefatta, lo slogan con il quale le femministe hanno ammorbato negli anni caldi della contestazione università, piazze, parlamenti, case editrici e redazioni? Eccole servite le donne nuove: una siringa già preparata dal produttore invita a iniettare il liquido seminale nel ventre della donna che deve stare a gambe in su per almeno mezz'ora. Poi si rialza e aspetta che la natura faccia il suo corso.

UNA PERSONA SU QUATTRO MUORE SOLA
La disperazione della Svezia è rappresentata da un grafico che mette in relazione i progressi socio-tecnologici con il grado di individualismo. La scandinavia è in alto a destra, sola tra i più progrediti, sola tra i più individualisti. Un uomo abbandonato in metropolitana rappresenta l'immagine spot per dire che la vita non serve a nulla.
E neppure la morte. Una persona su quattro muore sola. C'è un'agenzia specializzata che interviene dopo che la polizia ha recuperato il corpo dello sventurato che muore tra le quattro pareti domestiche. E si incarica di ricostruirne i rapporti per consegnare ai figli qualche effetto personale e disbrigare le faccende come la gestione dei risparmi. Spesso non si trovano nemmeno i figli, così si va a casa sua e si scartabella nelle stanze di vita quotidiana alla ricerca di un legame ombelicale reciso con il tempo.
Ci sono persone che trascorrono l'intera esistenza davanti al computer uscendo soltanto per la spesa settimanale e il fenomeno è in aumento esponenziale. "Non facciamo più parte di un gruppo o di una famiglia, a chi possiamo chiedere aiuto? La lotta per l'indipendenza ci ha accecati, che senso ha avere 100mila euro in banca se non si è felici?", dice Annie, mentre rovista tra i cassetti di un povero uomo impiccatosi e trovato cadavere due anni dopo con una busta piena di soldi per l'ufficiale giudiziario che avrebbe dovuto pensare al funerale. In Svezia non ci si suicida per povertà o miseria, ma per sazietà e solitudine. Si lascia questo mondo evitando al "dio" Stato anche l'incombenza di pagarti il funerale. E' tutto scientificamente proiettato verso l'abisso.

L'INDIVIDUO È AL CENTRO DI TUTTO
C'è una siriana che insegna la lingua ai richiedenti asilo appena arrivati sul suolo scandinavo: "Gli svedesi sono di poche parole, capito? Non amano fare grosse chiacchierate quindi andate al sodo di una risposta o di una domanda", ammonisce ai nuovi arrivati. E gli svedesi? "Io non li vedo mai. Vivono per conto loro, l'individuo è al centro di tutto, si concentrano solo su questo, non so se siano felici.
"La verità è che non c'è più nulla che ci tenga uniti", sospira affranta l'"acchiappamorti". Se una persona si ammala gli aiuti arrivano dallo Stato, ma non puoi piangere sulla spalla di qualcuno". Quando una persona muore è morta, non si dice che è mancata. Perché non c'è nessuno a cui mancherà la sua assenza.
In questo universo di disperazione e solitudine c'è chi prova a ribellarsi. A modo suo. E' un gruppo di ragazzi che hanno persino vergogna a pronunciare la parola amici. Hanno intuito che c'è qualcosa di altro rispetto all'individualismo sfrenato nel quale sono cresciuti. Così hanno provato ad andare nel bosco e da quel giorno si guardano, si parlano, si toccano. Il tutto in un'esperienza quasi primordiale che li fa sembrare degli hippies svitati alla ricerca di un po' di bene.
Nessuno deve avergli detto che stanno semplicemente cercando una persona al posto del freddo individuo. Nessuno però gli ha parlato della differenza tra società e comunità. Ma il seme di bene che germoglia in loro è come se rimanesse ancorato in una caverna mentre proietta delle ombre di verità.
E gridano: "Noi, vogliamo amare", mentre si abbracciano e si toccano con sensuale pudore nel tentativo goffo e primitivo di scoprire il corpo dell'altro.

C'È CHI DICE NO
Ma c'è anche chi ha detto basta. Un medico, un affermato chirurgo, dopo aver conosciuto la donna etiope della sua vita, è andato in Africa. Qui ha un piccolo ospedale che fa funzionare con quello che trova al mercato: con i raggi delle biciclette fissa le fratture, con il filo da pesca sutura le ferite eppure può dire: "Quando torno in Svezia i miei colleghi sono tutti scontenti, io almeno qui mi occupo di qualcuno".
Scelte estreme, la media della popolazione invece è intrappolata nella zona grigia del perverso meccanismo che chiamiamo modernità. Il documentario si chiude con un'intervista del filosofo Sigfrid Baumann, il teorico della società liquida.
"Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto che si possono controllare le sfide poste dal fato", dice osservando come in Svezia in fondo non ci sia nulla sotto controllo perché "l'indipendenza ci priva della capacità di instaurare un dialogo attraverso il quale non sappiamo mai come andrà a finire".
Soli e abbandonati. Questo è il risultato della campagna martellante edonista e nichilista che oggi qualcuno chiama ancora diritti civili. E che ci mostra come sta diventando l'Europa che ha perso il senso della famiglia e della irripetibilità della persona umana.

Nota di BastaBugie: Ecco il trailer del docufilm nel quale Erik Gandini, regista nato in Italia da padre italiano e madre svedese, racconta (in italiano) una storia che inizia in Svezia e finisce a Zygmunt Bauman, passando per l'Etiopia.
È noto che la società svedese è perfettamente organizzata, tanto da essere spesso presa a modello e simbolo delle più alte conquiste del progresso. Erik Gandini, in La teoria svedese dell'amore analizza con attenzione entomologica la società a cui oggi appartiene e nella sua ricerca scopre che la ricetta per lo stile di vita nordico era stata preparata a tavolino dall’illuminata elite politica, che in un manifesto pubblicato negli anni settanta dello scorso secolo aveva decretato l'indipendenza assoluta degli abitanti come necessità e obiettivo per l'intero popolo svedese. Indipendenza dei figli dai padri, delle mogli dai mariti, eccetera. Gli svedesi, capaci di accettare immediatamente le proposte ritenute giuste dalla maggioranza, si sono subito adeguati e da allora l’indipendenza del singolo è favorita a ogni livello sociale.


https://www.youtube.com/watch?v=PQI2Yls4uuw

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/08/2016

7 - FLOP DELLA CIRINNA': IN DUE MESI SOLO 12 MATRIMONI GAY
Altre notizie dal gaio mondo gay: dopo l'eroina trans arriva il supereroe gay; la NBA pretende bagni trans; Londra capitale del sesso libero e (quindi) del ritorno della sifilide
Fonte Secolo d'Italia, 26/08/2016

È entrata in Senato a ottobre 2015, ne è uscita come legge il 12 maggio 2016 sotto le campane a festa del Pd e della madrina del testo, la senatrice del Pd Monica Cirinnà, che aveva definito la giornata una «svolta storica» per il diritti del Paese. E con il premier Matteo Renzi su Facebook a ricordare i tantissimi omosessuali che non stavano «più nella pelle» e che finalmente si sarebbero potuti unire in matrimonio. Ma più che un esercito, per ora quella dei promessi sposi sembra una pattuglia. Una lista da poco più di 500 persone nelle grandi città. Dove solo dodici coppie sono corse in comune appena varata la legge a giurarsi amore (ma non fedeltà) eterno, si legge su "Il Giornale".

FLOP ANNUNCIATO DELLA LEGGE CIRINNÀ
I conti li ha fatti Panorama, fotografando la situazione a due mesi dall'entrata in vigore della Cirinnà, il 29 maggio, in otto città italiane, le stesse che sono state spesso in prima linea a sventolare la bandiera arcobaleno quando la legge era ancora all'esame del Parlamento. Dove i sindaci, area Pd e centrosinistra, prima di scendere in piazza per difendere le unioni civili, hanno ingaggiato un braccio di ferro con i prefetti pur di registrare le nozze gay anche in mancanza della legge, e poi si sono stracciati le vesti quando la stepchild adoption, la possibilità per le coppie omosessuali di adottare il figlio biologico del partner, è stata stralciata.

A TORINO È STATA CELEBRATA UNA SOLA UNIONE CIVILE
A Roma, il sindaco M5s Virginia Raggi dovrebbe unire civilmente la prima coppia gay il 22 settembre, dopo essere stata incalzata dalle reti per i diritti civili affinché il Campidoglio pubblicasse sul sito l'iter da seguire. Ora in lista d'attesa ci sono 111 cerimonie prenotate, di cui 109 da parte di coppie gay. A Bologna, a luglio sono state celebrate le nozze tra Deborah ed Elena, e nei prossimi mesi attendono di unirsi civilmente 111 coppie gay. La città dove si registra il boom di richieste è Milano, con 220 coppie prenotate, ma ci sono già state sei cerimonie. A Pisa, ancora niente nozze omosex; a Firenze si sono sposate appena due coppie. A Napoli primi e finora unici a unirsi in comune sono stati Danilo e Antonello, e a prenotarsi sono state appena 4 coppie. Va detto che la legge è entrata in vigore due mesi fa, ma solo il 29 luglio è arrivato il decreto attuativo ponte che ha dato effettivamente via libera alla nuova procedura dettando le linee guida ministeriali da seguire per le celebrazioni. Nel mezzo c'è stato lo scontro tra i sindaci obiettori e la stessa dem Cirinnà, che si è scagliata contro chiunque «si rifiuti di applicare una legge dello Stato», in primis contro il primo cittadino di Trieste Roberto Dipiazza restio a concedere la sala dei matrimoni per le unioni civili.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie della settimana dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

DOPO L'EROINA TRANSGENDER ARRIVA IL SUPEREROE GAY
Negli Stati Uniti, dopo Chalice, il primo supereroe transgender, arriva anche il supereroe gay. L'emittente televisiva statunitense, The CW Television Network (CW), ha annunciato infatti la prossima programmazione di una nuova miniserie che avrà come protagonista un supereroe dichiaratamente gay.
La serie, intitolata The Ray, prende spunto dal progetto Multiversity di Grant Morrisson, che presenta personaggi provenienti da tutte le 52 terre alternative del DC Universe. [...]
L'annuncio da parte di CW del supereroe gay rientra nell'oramai monotono piano globale di "normalizzazione" dell'omosessualità. Tutti i media, in special modo quelli rivolti ai giovani e ai giovanissimi, sono "precettati" a creare un clima favorevole a tale processo.
(Osservatorio Gender, 26 agosto 2016)

NBA PRO-GAY
In North Carolina è in vigore una norma che consente di utilizzare i bagni pubblici secondo il sesso della nascita e non secondo l'identità di genere. E dunque un transessuale nato maschio ma che poi si è operato dovrà giustamente recarsi solo nelle toilette dei maschi.
La NBA (National Basketball Association) ha fatto sapere che per protesta contro questo Stato probabilmente sposterà l'Nba All Star Game, previsto a Charlotte (North Carolina). «Abbiamo dialogato con numerosi gruppi sia cittadini che nazionali, ma non appoggiamo la versione attuale della legge», hanno spiegato i responsabili dell'NBA, «Noi rimaniamo legati ai nostri principi di inclusione, rispetto reciproco e pari tutele per tutti».
(Gender Watch News, 24 agosto 2016)

OMOSESSUALITÀ: LONDRA CAPITALE DELLA SIFILIDE IN EUROPA
Negli stessi giorni in cui due eminenti studiosi statunitensi hanno pubblicato uno degli studi scientifici più rigorosi compiuti finora, riguardanti i concreti e gravissimi rischi per la salute derivanti dall'assunzione di uno stile di vita omosessuale, il Servizio Sanitario Britannico lancia l'allarme sifilide per la capitale Londra a causa della sempre maggiore diffusione di disordinate abitudini sessuali.
Secondo un recente report redatto dal Public Health England, nel 2015 c'è stato infatti un vero e proprio boom di infezioni, con la malattia diagnosticata a 2.811 londinesi, vale a dire il 56% di tutti i casi dell'Inghilterra, pari a 5.042.
Come scrive Italia Oggi, riportando la notizia: "La percentuale di infezioni riscontrata a Londra è più di tre volte superiore a quella delle altre zone della Gran Bretagna e rispetto al 2010 l'incremento dei casi di sifilide è aumentato del 163%, con un balzo del 22% tra il 2014 e lo scorso anno".
La sifilide è un'infezione a trasmissione sessuale e la sua diffusione ha avuto inizio, a partire dagli anni Novanta, soprattutto nella popolazione omosessuale, nonostante alcune infezioni siano state riscontrate anche negli eterosessuali, dove tuttavia i casi rimangono marginali e stabili.
"Il 90% dei casi diagnosticati nel 2015 - continua Italia Oggi - riguarda gli omosessuali, nonostante rappresentino solamente il 2% della popolazione adulta della capitale britannica, con un aumento del 232% nell'ultimo lustro. L'età media delle persone infettate è di 36 anni, il 74% sono bianchi e il 44% sono nati nel Regno Unito".
Lo studio del Public Health England mette in evidenza come la sifilide sia, in realtà, solo la punta dell'iceberg di quella che è una vera e propria catastrofe sanitaria per la popolazione omosessuale londinese: "il report dell'agenzia mette in luce come a Londra tra gli omosessuali siano in aumento anche altre malattie a trasmissione sessuale, come la shigellosi e il Linfogranuloma venereo, il che indica la diffusione di comportamenti sessuali a rischio, come avere rapporti con più partner, senza il preservativo e sotto l'effetto di droghe".
La capitale del Regno Unito registra il triste primato di essere la città europea con il più alto tasso di infezione di sifilide sebbene il trend sia in crescita in tutta Europa: "lo scorso anno a Londra si è registrato un tasso di infezione di 32,9 casi su 100.000 abitanti. Per far capire la gravità della situazione, in Europa, dove la sifilide è in aumento soprattutto tra gli uomini adulti, il tasso (nel 2014) è stato di 5,1 casi ogni 100.000 abitanti, 24.541 in tutto, secondo i dati contenuti nell'ultimo rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). L'Italia, invece, è in controtendenza: dal 2010 ha registrato un calo importante dei casi, soprattutto dopo il picco (1.236) del 2013, arrivando a 388 nel 2014 e segnando così il tasso europeo più basso in assoluto, con 0,6 casi ogni 100.000 abitanti".
I drammatici dati appena diffusi dal Servizio Sanitario Inglese non stupiscono in quanto fanno seguito al grido di allarme, lanciato già alcuni mesi fa, con il quale i maggiori esperti britannici in materia sessuale, avevano indicato la lotta al cosiddetto "chemsex", neologismo che unisce le parole chemical e sex, come una "priorità di salute pubblica". L'avvertimento, pubblicato sulla nota e autorevole rivista scientifica, "British Medical Journal" (BMJ), sottolineava l'urgenza di una serrato e duro contrasto al "sesso chimico", inteso come mix micidiale di droghe e sesso, diffuso in particolare nella comunità omosessuale.
Il report del Public Health England conferma la correttezza dei risultati scientifici dell'importante studio statunitense appena pubblicato, riportando con numeri e statistiche incontrovertibili i drammatici e reali rischi per la salute insiti nel tanto sbandierato e decantato "gender fluid lifestyle".
(Rodolfo de Mattei, Osservatorio Gender, 23 agosto 2016)

Fonte: Secolo d'Italia, 26/08/2016

8 - LA MANCATA ACCETTAZIONE DEL LIMITE UMANO E LA CONSEGUENTE DERIVA TRANSUMANISTA
Invece di creare l'uomo perfetto in laboratorio va considerato che ogni figlio è un dono (altrimenti aveva ragione Hitler)
Autore: Matteo Carletti - Fonte: Libertà e Persona, 14/08/2016

La recente questione dell'ideologia Gender, che ha investito la scuola pubblica e il mondo civile in genere, ha riacceso l'attenzione verso un altro aspetto riguardante la rivoluzione antropologica in atto. "Il gender edifica un 'transumano' in cui l'uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di identità",
con queste parole, lo scorso marzo, il card. Bagnasco ha definito questa "deriva antropologica" ormai messa in atto e verso la quale bisogna agire in fretta e in maniera determinata.
In questi mesi, inoltre, ha creato particolare scalpore il libello promosso dalla Federazione Italiana Sessuologia Scientifica, con il placet dell'ufficio regionale per l'Europa dell'OMS, riguardante le nuove linee guida per l'Educazione Sessuale in Europa. Proprio in questo controverso documento, oltre che alle ormai già note teorie circa la doverosità di esporre il concetto di sessualità nelle scuole nella sua dimensione più diretta, passando dalla masturbazione infantile precoce a parlare dei rapporti sessuali completi già all'età di nove anni, è presente anche una riflessione circa "la pianificazione familiare in armonia con quella lavorativa".

L'INQUIETANTE FILOSOFIA TRANSUMANISTA
I mass media, come era ovviamente prevedibile e auspicabile, si sono concentrati su quegli aspetti riguardanti proprio l'educazione sessuale nelle scuole, tralasciando un elemento altrettanto inquietante presente nel documento, ovvero il riferimento alla questione dell'utilizzo della genetica. Nella tabella riassuntiva posta alla fine del documento fa capolino, tra i molteplici aspetti trattati, un punto: "bambini 'su misura', genetica". Il card. Bagnasco, facendo proprio riferimento al concetto di 'transumano', ha volontariamente posto l'accento su un aspetto, che in maniera sempre più pervasiva, si fa presente nella coscienza delle future generazioni.
L'idea, in sintesi, che un domani prossimo sarà possibile, letteralmente, fabbricare la vita "su misura". Non solo quella dei nostri figli, ma anche e soprattutto la nostra. Cosa sta infatti alla base della filosofia transumanista? La possibilità, trasformata in certezza grazie all'evoluzione della scienza e della tecnologia, di operare un cambiamento radicale all'essere umano, tale da farlo diventare un nuovo essere capace non solo di autodeterminarsi, ma di poter decidere come e fino a quanto vivere.
Una rivoluzione antropologica oltre l'inimmaginabile, poggiata però su solide basi filosofiche. Nella "Lettera a Madre Natura", che di fatto rappresenta il manifesto della rivoluzione transumanista, viene delineata la nuova "costituzione umana", ovvero un elenco di sette emendamenti che indicano finalità e modi di operare affinché si giunga quanto prima all'epoca dell'oltre-umanità. Tra le righe è facile scorgere parte di quel retaggio darwiniano per cui tutto è sempre in evoluzione, uomo compreso.

OTTERREMO IL TOTALE CONTROLLO DEI NOSTRI PROCESSI BIOLOGICI
E visto che Madre Natura sembra aver perso interesse per lo sviluppo e la crescita della razza umana è arrivato forse il momento, secondo i filosofi e gli scienziati transumanisti, che l'uomo diventi adulto e prenda su di sé la responsabilità attiva del suo cambiamento. In un crescendo di fusione fra corpo, macchine e biotecnologia sarà possibile fabbricare una nuova forma di vita che supererà le abilità percettive di ogni altra creatura. Così recita il quinto emendamento: "Non saremo più schiavi dei nostri geni. Ci assumeremo la responsabilità dei nostri programmi genetici e otterremo il totale controllo dei nostri processi biologici e neurologici. Porremo rimedio a tutti i difetti individuali e della specie lasciatici in eredità della nostra storia evolutiva. Ma non ci fermeremo qui: potremo scegliere sia la forma del nostro corpo che le sue funzioni, raffinando ed aumentando le nostre abilità fisiche ed intellettuali, fino a livelli mai raggiunti da nessun altro essere umano nella storia".
Il concetto di natura che ne emerge è in fondo quello degli ultimi cinquecento anni, ovvero quello che vede l'uomo, sulla scia della rivoluzione scientifica, ridotto ad essere un pezzo di natura, quantificabile, misurabile e per questo manipolabile. La vittoria dell'arte sulla natura, che Bacone, nel Novum Organum, aveva auspicato da tempo. "Il meccanicismo, ricorda Andrea Aguti (Natura Umana, 2010), ovvero quella concezione che considera la natura come materia suscettibile di trasformazioni puramente meccaniche dettate da precise leggi, opera in effetti un vero e proprio ribaltamento del modello tradizionale, per cui non è più la macchina ad essere costruita sulla base del modello offerto dalla natura, ma il contrario. In questo modo si realizza la fusione tra naturale e artificiale".

RIMETTERE AL CENTRO IL CONCETTO DI LIMITE
Ed oggi è proprio questo il principio che non solo sembra essersi affermato a livello scientifico, ma ormai anche antropologico. L'uomo utilizza la propria ragione non più per riconoscere ciò che la natura gli mostra e che egli deve accogliere, ma come potere fabbricante la propria persona e, conseguentemente, la propria realtà. Quest'ultima, proprio perché partorita dalla mente e dalle mani dell'uomo attraverso l'uso della sua ragione diventa, a pieno titolo, "naturale", ovvero frutto dell'evoluzione della natura. È in questo slancio prometeico che va quindi inquadrata non solo la così detta ideologia Gender, ma il desiderio radicale dell'uomo di autodeterminarsi.
La genetica diventa, infine, lo strumento pratico attraverso la quale questa rivoluzione si rende effettiva. Genetica, che vale la pena ricordarlo, si trasforma in eugenetica, ovvero in una selezione tesa a migliorare la condizione genetica della specie umana. Questo filo rosso che unisce modernità a post-modernità passa proprio attraverso il riconoscimento che la mia natura, quello che io sono, non solo viene deciso dai miei sentimenti e dalla percezioni sempre più soggettiva che io ho di me stesso, ma dalla realizzazione che lo sviluppo tecnologico permette e che contemporaneamente muta, a sua volta, la mia percezione. La via d'uscita a questa forma oppressiva di autodeterminismo, per usare le parole del filosofo americano Micheal J. Sandel, sta nel rimettere al centro il concetto di dono e gratuità, ma soprattutto di limite insito nella natura umana.
"Invece di impiegare le nostre nuove possibilità genetiche per raddrizzare il 'legno storto dell'umanità', dovremmo fare il possibile per creare assetti sociali e politici più accoglienti nei confronti dei doni, e dei limiti, di noi imperfetti esseri umani" (M. J. Sandel, Contro la perfezione, 2007).

Fonte: Libertà e Persona, 14/08/2016

9 - OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO C - (Lc 14,25-33)
Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 4 settembre 2016)

Vi è una parola chiave nel Vangelo di questa domenica per avere la giusta lettura di tutto il brano. La parola è la seguente: riflettere. Così, nei paragoni che Gesù offre alla nostra meditazione, colui che vuole costruire una torre deve prima riflettere bene su quella che sarà la spesa per vedere se riuscirà a portare a termine l'opera; così, un re che va in guerra contro un altro re dovrà prima valutare con attenzione i mezzi di cui dispone. Allo stesso modo dovrà fare pure il cristiano. Egli, nel seguire Gesù, dovrà avere a disposizione quella virtù che gli consentirà di essere un fedele discepolo sino alla fine, in modo da non rinnegare mai il Signore.
Di quale virtù si tratta? Ce lo fa comprendere Gesù stesso nel brano del Vangelo. Quella virtù è il distacco da tutti i propri averi. Il testo, infatti, si conclude con queste parole: «Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo» (Lc 14,33). Sono parole molto esigenti che devono essere rettamente intese. Non si tratta di rinunciare materialmente a tutto, come ad esempio ha fatto san Francesco d'Assisi, ma di non essere attaccati a niente se non al Signore e alla sua volontà. I beni di questo mondo devono essere usati con cuore libero, senza diventarne schiavi.
Per arrivare a questo distacco, bisogna però amare Dio con tutto il nostro cuore. Non c'è via di mezzo: o si ama Dio, oppure il nostro cuore si attaccherà inevitabilmente ai beni di questo mondo. Quanto più si ama, tanto più ci si libera da questi legami. Per quale motivo san Francesco d'Assisi era staccato da tutto e bramava la povertà più di quanto un avaro possa desiderare le ricchezze di questo mondo? Perché amava con tutto il cuore.
L'amore farà sì che metteremo Dio al primo posto nella nostra vita, al di sopra degli affetti più cari e al di sopra della nostra stessa vita. Gesù, infatti, ci dice: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo» (Lc 14,26). E, subito dopo, ci dice: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo» (Lc 14,27).
Riflettiamo! Abbiamo noi questo bene così grande dell'Amor di Dio? Se siamo onesti dobbiamo dire che il nostro amore per il Signore è sempre tanto piccolo e deve ancora tanto crescere. Anzi, per dire la verità tutta intera, dobbiamo aggiungere che tante volte non amiamo per niente il Signore, quando a Lui preferiamo il peccato.
Se veramente ci rendiamo conto di non possedere questo bene inestimabile dell'Amor di Dio, adoperiamoci in tutti i modi per ottenerlo. Lo otterremo innanzitutto con una buona Confessione. Chi vive abitualmente in peccato mortale non sta facendo neppure un passo verso il Signore; anzi, si sta allontanando.
Il secondo mezzo per conseguire il bene dell'Amor di Dio è la preghiera. Cosa c'è di più bello e di più facile della preghiera! Il demonio fa di tutto per non farci pregare. Ci fa credere che sia una cosa inutile, una perdita di tempo. Ci fa venire in mente tante cose da fare, tutte urgenti e indispensabili. Così facendo perdiamo di vista l'unica cosa veramente necessaria a discapito della nostra anima. Non cadiamo in questa tentazione! Preghiamo regolarmente. Solo così riusciremo a riportare vittoria su tutte le tentazioni. Un cristiano che non prega è come un soldato che abbassa le armi di fronte al nemico: perirà miseramente. La preghiera, soprattutto, dilaterà il nostro cuore e ci consentirà di amare veramente, di amare non tanto con il nostro piccolo cuore, ma con il Cuore di Gesù.
Affidiamoci infine alla Madonna, chiediamo a Lei la grazia di mettere in pratica queste esigenti parole del Vangelo. Da soli certamente non ci riusciremo, ma, grazie alla sua potente intercessione, otterremo il bene inestimabile dell'Amor di Dio.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 4 settembre 2016)

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