BastaBugie n�117 del 04 dicembre 2009
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IL MONDO FINIRA' NEL 2012? LA BUFALA DELLA PROFEZIA MAYA
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Cesnur
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IN SPAGNA E IN ITALIA SI PREPARA IL PARTITO ISLAMICO
Fonte: Corrispondenza Romana
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IL PAPA AL VERTICE DELLA FAO SULLA FAME: IL PROBLEMA SONO LE STRUTTURE SOCIALI INGIUSTE, NON L'AUMENTO DELLA POPOLAZIONE
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop
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L'ULTIMO LIBRO DI GNOCCHI E PALMARO: CATTIVI MAESTRI, INCHIESTA SUI NEMICI DELLA VERITA'
Autore: Francesco Natale - Fonte: ragionpolitica.it
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ECCO PERCHE' DA SEMPRE SI TROVANO LE SCUSE PER UCCIDERE ABELE
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Svipop
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BENEDETTO XVI AGLI ARTISTI: LA CHIESA E IL BELLO, UN MATRIMONIO POSSIBILE E DOVEROSO
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte:
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ECCO IL SITO DOVE SI PUO' GIA' DA OGGI PRENOTARE GRATUITAMENTE LA VISITA ALLA SACRA SINDONE PER L'OSTENSIONE STRAORDINARIA DAL 10 APRILE AL 23 MAGGIO 2010
Fonte: sindone.org
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A RISPOSTA A PROPOSTE DI LEGGE SULLA NON DISCRIMINAZIONE DELLE PERSONE OMOSESSUALI DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Fonte: cesnur.org
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OMELIA PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
Autore: Giacomo Biffi - Fonte:
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IL MONDO FINIRA' NEL 2012? LA BUFALA DELLA PROFEZIA MAYA
Autore: Massimo Introvigne - Fonte: Cesnur, 30 novembre 2009
LIBRI, TRASMISSIONI TELEVISIVE E FILM CI SPIEGANO CHE IL MONDO FINIRÀ IL 21 DICEMBRE 2012. LO ASSICURA, DICONO, UNA PROFEZIA DEGLI ANTICHI MAYA. CHE COSA C’È DI VERO? Per rispondere con una parola sola: nulla. Ammettiamo che gli antichi Maya abbiano davvero previsto la fine del mondo per il 21 dicembre 2012. Questo ci direbbe qualcosa sui Maya, ma nulla sulla fine del mondo. La cultura e le credenze dei Maya non sono “la verità” ed è bizzarro che qualcuno oggi le prenda come guida. Per esempio, i Maya credevano che gli dei avessero bisogno di sacrifici umani, un elemento assolutamente centrale nella loro cultura. Credevano anche che migliaia di sacrifici umani avrebbero reso i loro regni invincibili ed eterni. Non è successo: i regni Maya sono stati spazzati via dalla conquista spagnola. MA I MAYA HANNO, IN EFFETTI, PREVISTO LA FINE DEL MONDO PER IL 21 DICEMBRE 2012? No. Si tratta di una teoria inventata da un teorico del New Age nato in Messico ma cittadino statunitense, José Argüelles, a partire dagli anni 1970 e illustrata particolarmente nel suo volume del 1987 The Mayan Factor (in italiano Il fattore maya. La via al di là della tecnologia, WIP, Bari 1999). Argüelles ha ottenuto un dottorato e ha tenuto corsi in varie università, ma la sua materia è la storia dell’arte, non l’archeologia o la cultura Maya. Inoltre egli ha francamente dichiarato che molte sue teorie derivano da “visioni” che avrebbe avuto sotto l’influsso dell’LSD. Neppure un solo specialista accademico dei Maya ha mai preso sul serio Argüelles o le sue teorie sul 2012 e “ciarlatano” non è neppure la più severa fra le molte espressioni sgradevoli che la comunità accademica ha usato nei suoi confronti. SU CHE COSA SI BASA L’IDEA DELLA PROFEZIA MAYA SUL 2012? Sul fatto che per i Maya questo mondo è iniziato a una data che può essere calcolata. Varie fonti danno diverse versioni, ma la data più diffusa corrisponde all’anno 3114 a.C. del nostro calendario. Da questa data iniziano cicli di anni chiamati b’ak’tun. Molti testi Maya parlano di venti b’ak’tun, dopo di che finirà questo mondo o ciclo. In una data fra il 21 e il 23 dicembre 2012, sempre secondo la versione più attestata dalle fonti del calendario Maya, finirà il tredicesimo b’ak’tun e inizierà il quattordicesimo. In genere la fine di un b’ak’tun per i Maya è occasione di celebrazioni e feste. Le iscrizioni e altre fonti che parlano di avvenimenti rilevanti in occasione della fine del tredicesimo b’ak’tun, nel dicembre 2012, fanno riferimento appunto a celebrazioni. Argüelles e i suoi sostenitori insistono sul Monumento 6 del sito archeologico Maya di Tortuguero, in Messico, che in corrispondenza della fine del tredicesimo b’ak’tun allude in termini peraltro confusi alla discesa di divinità e al fatto che “verrà il nero”. I commentatori accademici delle iscrizioni di Tortuguero pensano che si faccia riferimento anche qui a future cerimonie. In ogni caso, se si guarda al complesso dei testi di Tortuguero, si trovano riferimenti anche ai b’ak’tun dal quattordicesimo al ventesimo, per cui è certo che i Maya dell’epoca di questi monumenti (secolo VII d.C.) non pensavano che il mondo sarebbe finito nel nostro 2012, cioè alla fine del tredicesimo b’ak’tun. E non è neppure certo che i Maya pensassero a una fine del mondo con la fine del ventesimo b’ak’tun (da cui comunque ci separa qualche millennio) perché prima del nostro mondo ce n’era stato un altro, e potrebbe dunque trattarsi della fine di un mondo e non del mondo. Rimane anche vero che delle credenze dei Maya noi abbiamo un quadro incompleto e frammentario. I MAYA NON AVEVANO ANCHE UN’ASTROLOGIA, SULLA CUI BASE PREVEDEVANO EVENTI FELICI OPPURE CATASTROFICI, E IN PARTICOLARE UNA CATASTROFE NEL 2012? In linea concettuale si può dire che il calendario ci dice quando secondo un certo modo di calcolo termina un ciclo: ma che cosa succede alla fine di questo ciclo non ce lo dice l’astronomia ma la religione o l’astrologia. Il problema, però, è che non è neppure certo che i Maya avessero un’astrologia. Tutto quello che si può dire è che è possibile – ma non certo – che alcuni segni trovati in diversi codici (principalmente quello di Parigi, acquisito dalla Biblioteca Nazionale della capitale francese nel 1832 e qui riprodotto nell'immagine, ma ce ne sono di meno chiari anche altrove) mettessero in corrispondenza animali e costellazioni, creando una sorta di zodiaco, forse con significato astrologico. Siamo dunque in presenza di una congettura sull'esistenza di tredici simboli che potrebbero formare uno zodiaco e che secondo l'interpretazione più autorevole sono: due tipi diversi di uccelli (ma è difficile identificare quali siano), uno squalo o pesce “xoc”, uno scorpione, una tartaruga, un serpente a sonagli, un serpente più grande ma non identificato quanto alla specie, uno scheletro, un pipistrello, più due animali che corrispondono a zone del codice (di Parigi) troppo danneggiate per un'identificazione certa. Dal momento che non è neppure certo che esistesse un’astrologia Maya, ogni congettura su “previsioni” collegate a questa astrologia è del tutto insensata. MA GLI ATTUALI INDIOS DISCENDENTI DEI MAYA PREVEDONO LA FINE DEL MONDO NEL 2012? Assolutamente no. Vari studi di antropologi ed etnologi mostrano che non attendono nulla di particolare per questo anno, anzi non hanno mai sentito parlare di presunte profezie. SE SI TRATTA DI UNA BUFALA, PERCHÉ È COSÌ DIFFUSA? Diversi studiosi dei Maya, piuttosto infastiditi, hanno parlato di una pura speculazione commerciale. E' servita a lanciare film alcuni dei quali dal punto di vista meramente cinematografico sono anche ben fatti e gradevoli, purché li si consideri appunto dei semplici film. Da un punto di vista sociologico, forse si possono dire due cose in più. La prima riguarda l’enorme impatto della popular culture – romanzi, film, televisione – su un’opinione pubblica dove ormai è la vita a imitare l’arte e non viceversa e la fiction è considerata fonte d’informazioni sulla realtà (Il Codice da Vinci insegna). L’ultima puntata, del 2002, della popolarissima serie televisiva X-Files annunciava l’invasione degli alieni per il 21 dicembre 2012. Serie TV e film hanno una grandissima influenza su un pubblico “postmoderno”, dove i confini fra finzione e realtà si sono fatti davvero molto labili. La seconda osservazione parte da un fatto: l’idea della profezia Maya lanciata da Argüelles era parte integrante del New Age. Oggi il New Age è in crisi, ma ci sono molti che – per le più svariate ragioni – hanno interesse a rilanciarlo. La diffusione della presunta profezia sul 2012 è stata ed è una grande occasione di rilancio del New Age. MA DELLA FINE DEL MONDO NON PARLANO ANCHE I CRISTIANI? Sì. Anzi, Papa Benedetto XVI nell’enciclica del 2007 Spe salvi lamenta che non se ne parli abbastanza, perché la prospettiva della fine del mondo e del Giudizio Universale, dove i sacrifici dei buoni e la malizia dei malvagi emergeranno agli occhi di tutti e saranno definitivamente giudicati, illumina l’intera storia umana. La Chiesa, però, ha sempre condannato il millenarismo, che pretende di detenere un sapere dettagliato, che va oltre la Sacra Scrittura e l’insegnamento del Magistero, sul “come” della fine del mondo e di poterne determinare anche il “quando”. La Chiesa annuncia la parola del Vangelo di Matteo (25, 13): “Non sapete né il giorno né l’ora”. E chi afferma di saperli s’inganna, e inganna chi gli presta fede.
Fonte: Cesnur, 30 novembre 2009
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IN SPAGNA E IN ITALIA SI PREPARA IL PARTITO ISLAMICO
Fonte Corrispondenza Romana, 28/11/2009
La Spagna sempre più islamicamente corretta. Dopo la più grande moschea d’Europa (inaugurata nel 1992 a Madrid dal re Juan Carlos) e l’ora di religione musulmana (facoltativa) dal 2005 in 4 delle 17 regioni, ora è nato il primo partito politico maomettano su scala nazionale, il Prune (Partido Renacimiento y Unión de España). La sua ideologia si fonda sui principi del Corano. I suoi obiettivi sono chiarissimi: presentarsi alle amministrative del 2011 e fare il pieno di voti (“La Stampa”, 11 novembre 2009). Il bacino elettorale potenziale è notevole: i fedeli di Allah, nell’unica nazione d’Europa che è stata quasi 8 secoli (dal 711 al 1492) sotto occupazione araba, sono 1,3 milioni su una popolazione di 43 milioni; 500 mila sono spagnoli. In realtà, di partiti musulmani ce ne sono già due, nelle colonie spagnole sulla costa marocchina, Melilla e Ceuta, in cui la metà degli abitanti sono fedeli del Corano (Coalición por Melilla ha ottenuto il 21,7 % dell’elettorato nelle ultime comunali). Ma è la prima volta, in un Paese ove il terrorismo islamico di Al Quaeda ha causato finora la più grave strage d’Europa (191 morti alle stazioni ferroviarie di Madrid l’11 marzo 2004), che i maomettani aspirano a entrare nell’arena della competizione nazionale. Anche in Italia l’Islam si muove e si organizza. Il programma politico si accinge a dettarlo l’Unione delle Comunità e delle Organizzazioni islamiche in Italia (Ucoi), la sigla che vanta al contempo le maggiori pretese di leadership e il più ampio numero di antipatizzanti fra i musulmani associati e non (“Libero”, 19 novembre 2009). Così si va alla conta dei consensi e «per le prossime elezioni, formazioni politiche di ispirazione islamica saranno, a livello nazionale, una realtà anche in Italia, nome e simbolo sono allo studio», annuncia su youtube, ospite del programma KlausCondicio, il portavoce dell’Ucoii Ezzeddine Elzir. Senza troppe pretese perché, spiega, «gli italiani di fede islamica sono 50.000 ed è giusto che chi lo desidera possa votare un partito che difenda le esigenze della comunità musulmana, come è avvenuto in Spagna con la nascita del Prune».
Fonte: Corrispondenza Romana, 28/11/2009
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IL PAPA AL VERTICE DELLA FAO SULLA FAME: IL PROBLEMA SONO LE STRUTTURE SOCIALI INGIUSTE, NON L'AUMENTO DELLA POPOLAZIONE
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: Svipop, 17-11-2009
Non è il cibo a mancare, ha detto il Papa lunedì 16 novembre al Vertice della Fao sulla sicurezza alimentare, ma quell’insieme di istituzioni economiche che ne rendono possibile l’accesso. "Il riferimento è principalmente alle istituzioni economiche interne ai singoli Paesi, perché le strutture di relazione sociale ed economica sono il primo ostacolo all’accesso al cibo", afferma Simona Beretta, docente di Politiche Economiche Internazionali all’Università Cattolica di Milano e direttore del Master in Cooperazione Internazionale e Sviluppo all’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali (Aseri). PROFESSORESSA BERETTA, PUÒ FARE QUALCHE ESEMPIO DI STRUTTURE CHE BLOCCANO L’ACCESSO AL CIBO? Basti pensare al sistema delle caste in India, che presuppone che non ci siano contatti tra i membri di caste diverse. Se la povertà si concentra in una casta diventa impossibile un rapporto tra chi ha e chi non ha, con il perpetuarsi di una situazione di povertà anche in presenza di disponibilità di cibo. La stessa cosa accade laddove la divisione è in base al sesso, con le bambine che muoiono di fame in percentuale molto più alta rispetto ai maschi. Poi ci sono tanti altri fattori, come ad esempio la capacità di conservare il cibo: se in un villaggio non c’è lo spazio per un magazzino o mancano mezzi di trasporto, per poter accedere al cibo non basta neanche avere un reddito potenzialmente adeguato. Non dobbiamo dimenticare che la sicurezza alimentare non è solo la disponibilità di alimenti, ma l’insieme di molteplici fattori che rendono possibile un accesso al cibo, in modo regolare, adeguato e continuativo. ALLORA LE ISTITUZIONI INTERNAZIONALI SONO "ASSOLTE"? Niente affatto, ci sono responsabilità importanti dei Paesi ricchi e delle organizzazioni internazionali, e lo spiega il Papa quando parla di cooperazione basata sulla sussidiarietà. COSA VUOL DIRE CONCRETAMENTE? Che la cooperazione deve essere un rapporto alla pari, che punti alla valorizzazione e allo sviluppo integrale dei popoli poveri, a cominciare proprio dalla sicurezza alimentare. Tanto per capirci: un conto è un tecnico europeo che arriva in un villaggio africano, studia la situazione e poi se ne va dopo aver formulato un progetto che non si sa bene chi dovrà realizzarlo; e un altro conto sono tecnici europei che arrivano nello stesso villaggio realizzando una presenza in cui portano le loro competenze ma entrando in dialogo con gli agricoltori locali, imparando anche da loro quali terreni sono migliori, quali i periodi delle piogge, e così via: insomma un rapporto in cui si fonde il meglio delle conoscenze di entrambi i soggetti. QUINDI LO SVILUPPO DELL’AGRICOLTURA HA UN RUOLO CENTRALE. Sì, ma purtroppo l’agricoltura è sempre più dimenticata dalla cooperazione internazionale. Già in passato, gli aiuti elementari di emergenza assorbivano maggiori risorse rispetto ai progetti agricoli. Negli ultimi venti anni poi, mentre sono diminuiti gli aiuti alimentari, la parola agricoltura è addirittura sparita dagli aiuti allo sviluppo. Le risorse vengono dirottate in modo sempre più massiccio su progetti sociali, a partire da istruzione e sanità. Ma oggi le parole magiche per ottenere finanziamenti allo sviluppo sono identità di genere e ambiente. A PROPOSITO DI COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, IL PAPA PARLA DELLA NECESSITÀ DI NUOVI PARAMETRI, PRIMA ETICI, POI GIURIDICI ED ECONOMICI. QUALI SONO? Il parametro etico fondamentale è riconoscere l’unità della famiglia umana. Si ha pari dignità perché ognuno ha immensa dignità. È la riproposizione della «legge naturale» che infatti il Papa cita espressamente. Come conseguenze, dal punto di vista giuridico c’è senz’altro l’acquisizione del diritto allo sviluppo, del diritto al cibo e all’acqua come parte dei diritti fondamentali della persona. Dal punto di vista economico c’è senz’altro la condanna dell’assistenzialismo, nemico numero uno dello sviluppo, e invece la promozione di una politica in cui i fondi per lo sviluppo siano destinati a progetti in cui a cooperare siano i soggetti reali. Con la sottolineatura che ogni Paese deve avere il suo spazio di decisione politica ed economica.
Fonte: Svipop, 17-11-2009
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L'ULTIMO LIBRO DI GNOCCHI E PALMARO: CATTIVI MAESTRI, INCHIESTA SUI NEMICI DELLA VERITA'
Autore: Francesco Natale - Fonte: ragionpolitica.it, 16 ottobre 2009
Gnocchi e Palmaro mettono a segno un altro centro perfetto con questo gustosissimo e originalissimo libro. Libro che si presenta come una collatio di 30 schede, legate tra loro da un originale filo narrativo che si ispira al romanzo noir americano. Nelle 30 schede troveremo la «fedina penale», per così dire, delle 30 tipologie di cattivi maestri responsabili della morte dell'«uomo moderno». Abbiamo così l'«Archistar», ovvero l'architetto di grido che non vede l'ora di cementare ed inscatolare ogni residuo di tradizione architettonica o paesaggistica anche solo lontanamente legata alla Civiltà Cristiana, pur essendo a modo suo ecumenicamente devoto. Abbiamo il «Cattonotaio», ovvero l'opposto, per certi versi del «Cattoprogressista» ma altrettanto dannoso, perché il suo conservatorismo si concretizza non tanto nella sana difesa delle sane tradizioni, quanto più nel far della Fede una sequenza infinita ed inutile (nella migliore delle ipotesi) di atti notori: parte in quarta a difesa della vita ma accetta il compromesso sulla Legge 40 in quanto «inevitabile». Ecco poi scendere in campo il «pauperista che veste Prada»: colui che continua a parlare della bellezza del deserto e del suo silenzio ma non rinuncia ad un vernissage o ad un talk show di grido. Poveri i giovani, quindi, che finiscono nelle mani del «catechista ridens», il quale per rendere - bontà sua - più interessante il Credo o il Pater Noster ne remixa una versione rap o ragamuffin. Per chi volesse poi salvare il pianeta da questo così volgare eccesso di antropizzazione, imperdibile l'«ambientalista illuminato», ennesimo relitto del 1989 berlinese che pensa davvero di salvare il pianeta evitando di tirare lo sciacquone del WC o vivendo in perenne penombra perché l'energia elettrica inquina (ed è prodotta dalle multinazionali, aggiungiamo noi). Colui che a Dio ha sostituito la raccolta differenziata e, come molti altri cattivi maestri ha la caratteristica di «indignarsi» ogni due per tre. Per chi volesse dimagrire senza spendere una fortuna dal dietologo, suggeriamo di aderire alla weltanschauung del «radicale libero», prontissimo a (laici) digiuni quaresimali ogni qual volta una tonaca «ingerisce» (leggi: esprime una legittima e talvolta doverosa opinione) nella politica italiana. Occhio al «predicatore incontinente» che ha due principali caratteristiche: non parla mai del Papa e appena dice qualcosa di pur vagamente ortodosso se ne scusa immediatamente. E' il principale responsabile dell'epidemia di narcolessia che affligge innumerevoli parrocchie in tutto il globo. Doppiamente colpevole, poiché abusa di uno spazio unico e privilegiato: è il solo che possa, a pieno diritto, parlare per venti minuti ad una platea senza contraddittorio alcuno. E via via imparerete a conoscere e a difendervi dal «filosofo postmoderno», dal pericolosissimo «vaticanoterzista», dall'insopportabile «scienziato in talare» e dal pessimo «semi-cristiano». Ora, al di là della condivisibilità o meno dell'approccio sicuramente ortodosso (ma mai pedante) degli autori, questo libro, nella sua scorrevolezza e nella sua felicità di contenuti, rappresenta davvero un formidabile vademecum per quanti desiderino smascherare e sbugiardare i tanti, tantissimi falsi profeti che animano televisione, patinate testate giornalistiche, sfilate e prime teatrali. E' un libro scritto di cuore e viscere, galvanizzato da una vis comica degna dell'Asterix di Goscinny e Uderzo. E il grandissimo merito che và ai due autori è soprattutto quello di avere individuato nelle sue molteplici sfaccettature il Grande Nemico dei tempi moderni: la tiepidezza. L'incapacità di osare, il costante timore che le proprie idee, nelle quali si dice di credere, possano sempre e comunque recare offesa a qualcuno, rendendo così ogni confronto potenzialmente gustoso e «futurista» una insulsa passeggiata sulle uova, un assolo (noiosissimo) di burocrazia dialettica. In questo senso appare evidente la valenza metapolitica dell'opera, poiché, pur non parlando quasi mai apertamente di politica, Gnocchi e Palmaro individuano punto dopo punto i limiti e le lacune che affliggono troppo spesso il dibattito politico, sia sui temi cosiddetti «sensibili» che sulle bagatelle da consiglio comunale. Cattivi Maestri susciterà un vespaio di polemiche e sarà sicuramente messo all'indice, in particolare nell'ambiente dei cosiddetti «cattolici adulti», o, meglio, secondo la vulgata degli autori, «adulterati». Della qual cosa non possiamo che compiacerci... come se ne compiaceranno gli autori. Niente male davvero, considerando che tutto si concentra in 252 pagine che leggerete in una notte o poco più... per poi tornare a rileggerne paragrafi o capitoli ogni volta che sarete colti dal sospetto (fondato) di aver incontrato sul vostro cammino un cattivo maestro.
Fonte: ragionpolitica.it, 16 ottobre 2009
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ECCO PERCHE' DA SEMPRE SI TROVANO LE SCUSE PER UCCIDERE ABELE
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Svipop, 25-11-2009
«L'età della pietra non finì perché l'uomo rimase senza pietre e l'età del ferro non finì perché rimase senza ferro ... Finirono perché l'uomo seppe escogitare qualcosa di nuovo, di meglio...». Così scrive l'economista indiano Indur Goklany in The improving state of the world (Cato Institute 2007). Con troppa frequenza negli ultimi tempi abbiamo letto o ascoltato considerazioni di chi, per spiegare fenomeni economici o climatici, mette in discussione l'utilità della vita umana. E queste tesi cerco di contestarle da circa due anni sulle colonne dell'Osservatore Romano diretto da Giovanni Maria Vian. Il maggior economista-demografo contemporaneo, Alfred Sauvy, ha spiegato e dimostrato che tra crescita della popolazione e sviluppo economico c'è una perfetta correlazione. Ancora oggi, al contrario, altri studiosi affermano disinvoltamente che la crescita demografica origina il cambiamento climatico e non è invece origine della crisi economica, anzi: che il crollo della natalità ha fatto bene ai paesi occidentali mentre nei paesi più poveri ha provocato maggior povertà. L'insistenza con cui si continua a imputare alle nascite umane molti mali di cui soffriamo, senza poterlo dimostrare, ci ha portato invece a soffrire danni peggiori. Si pensi alle teorie neomalthusiane di metà anni 70, divulgate e accettate proprio nel mondo occidentale, che - estrapolando dati confusi - previdero che prima della fine del secolo milioni di persone sarebbero morte di fame per mancanza di risorse (in Cina e India). Oggi verrebbe da ridere a pensare a queste capacità interpretative e previsionali, eppure l'attitudine a continuare a credere a spiegazioni "intuitive" riguardo la popolazione non cessa. La stessa Onu spiegò che tra il 1900 e il 2000 la popolazione mondiale era sì cresciuta di 4 volte, ma il Pil mondiale era cresciuto di ben 40 volte. In più è bene ricordare che, mentre negli anni Sessanta la crescita della popolazione nei paesi poveri era di ben sei figli a coppia, nel 2005 scende a tre figli. Così nel 1960 il Pil dei paesi ricchi era 26 volte quello dei poveri, negli ultimi anni, grazie allo sviluppo di Cina e India è sceso a 5/7 volte. Già il reverendo Malthus nel 1798 e l'economista del Mit Lester Thurow più recentemente, hanno cercato di spiegare che per far crescere il Pil si devono ridurre le nascite, ciò perché la crescita economica è più alta quanto il rapporto Pil/popolazione è superiore a uno. Così basta ridurre il denominatore, anziché aumentare il numeratore... Ma altri due economisti, Shumpeter e Solow, negarono queste teorie malthusiane proponendo come soluzione invece proprio la crescita del numeratore, cioè il genio innovativo dell'uomo capace di sviluppare tecnologie per far crescre il Pil senza ridurre le nascite. Fu allora che si manifestarono le vere “intenzioni” verso la razza umana, spostando il problema dalla crescita economica all'ambiente. Ciò fu fatto affermando che la crescita economica legata alla crescita della popolazione era intrinsecamente perversa perché peggiorava la qualità della vita, incoraggiava bisogni superflui provocando consumo di risorse non rinnovabili e conseguentemente inquinando il pianeta. Dimenticando o ignorando che è la ricerca tecnologica che migliora questo tipo di qualità della vita e che questa ricerca si può sostenere se la ricchezza cresce e questa cresce realmente e sostenibilmente se cresce la popolazione. Se in un paese la popolazione non cresce, il suo rischio non è solo di regressione economica, ma anche di riduzione di potere politico verso altri paesi. Non si dimentichi lo shock provocato da un report di una nota banca d'affari americana a fine anni 90 quando spiegò che, crescendo gli Usa del 3% all'anno e l'Asia del doppio o più, entro il 2020 gli Usa sarebbero cresciuti dell'80% e l'Asia del 165% con conseguenti effetti di potere economico e politico. Non è illecito pensare che questa previsione possa aver influenzato la diponibilità dei governi Usa a sostenere la politica di crescita del Pil anche con i famosi mutui subprime... Riguardo il rapporto tra cambiamento climatico e popolazione, quel che si dovrebbe auspicare è un vero confronto e chiarimento scientifico fra opposte tesi. Non è pensabile che vi siano scienziati che sostengono che i cambiamenti climatici siano dovuti all'eccesso di popolazione e altri che li imputino a fluttuazioni climatiche assolutamente naturali e per nulla eccezionali. Così come non è pensabile che esistano differenze così grandi sul fatto che la scienza empirica abbia stabilito o no una connessione univoca tra l'aumento dell'anidride carbonica e il riscaldamento globale osservato. Se è vero che nel XX secolo la temperatura media globale è cresciuta solo di circa 0,6 gradi centigradi, il problema del riscaldamento globale cosa è, fantasia o realtà? Il vero problema però, riguardo questa risposta, è che non si chiede tanto un dovuto risparmio energetico o maggior sobrietà nei consumi, entrambi opportuni, si sta invece suggestionando l'opinione pubblica affinché si veda nell'uomo e nelle nascite origine e causa della distruzione della Terra. È l'uomo il nemico da sconfiggere per salvare la Terra? Da sempre, dai tempi più remoti, l'uomo sulla Terra ha temuto che si fosse in troppi. Anche per Caino, Abele era di troppo, creava problemi di competizione economica nell'allevamento ovino e inquinava l'ambiente con i suoi troppi sacrifici a Dio...
Fonte: Svipop, 25-11-2009
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BENEDETTO XVI AGLI ARTISTI: LA CHIESA E IL BELLO, UN MATRIMONIO POSSIBILE E DOVEROSO
Autore: Giacomo Samek Lodovici - Fonte:
Il discorso rivolto sabato da Benedetto XVI agli artisti suggerisce molti commenti, data la sua grande profondità. Aggiungiamo un ulteriore tassello alle riflessioni già svolte su queste colonne, considerando un altro dei passaggi importanti di questo suo intervento. Per il Papa c’è una «seducente ma ipocrita bellezza» che «ridesta la brama, la volontà di potere, di possesso, di sopraffazione sull’altro». «L’autentica bellezza, invece, schiude il cuore umano […] al desiderio profondo di conoscere, di amare». In effetti, la grande arte figurativa suscita nel fruitore una contemplazione ammirata e disinteressata, perciò ci insegna a guardare e ad amare la realtà senza volercene impadronire, senza volerla consumare e usare. Con buone ragioni un filosofo come Schopenhauer diceva che durante l’esperienza estetica si verifica nell’uomo una sospensione della sua volontà di potere ed egli diventa «puro occhio del mondo»: smette di percepire le cose come utili o nocive in rapporto ai suoi desideri, si immerge nell’oggetto bello, cosicché non è più focalizzato su se stesso, bensì sull’oggetto contemplato, è talmente concentrato e proiettato sull’opera d’arte che dimentica se stesso; così i suoi desideri sono sospesi, almeno per un certo tempo. Pertanto, l’educazione al bello e l’esperienza estetica (e, similmente, la contemplazione della natura) sono particolarmente propizie sia alla conoscenza della verità sul bene e sul giusto, i quali spesso divergono dall’utile, sia all’amore. Infatti, la prima espressione aurorale dell’amore, la sua prima attivazione, è una commozione disinteressata, è uno stupore, è un destarsi all’amabilità dell’altro, un apprezzamento e una confermazione del suo valore, un’ammirazione che fa uscire l’altro dall’anonimato. Per san Tommaso il primo momento dell’amore è proprio una reazione di apprezzamento, è una confermazione del valore dell’amato, quasi come dirgli: 'È bene che tu sia, grazie perché esisti'. Perciò è molto simile all’atteggiamento estetico, dato che la risposta primaria che il soggetto esprime davanti al bello è appunto l’ammirazione disinteressata, l’apprezzamento. Quest’ammirazione che è l’origine dell’amore è ben diversa dal mero accorgersi dell’esistenza di una persona, ed è ben di più che non avere nulla in contrario nei suoi confronti. Piuttosto, grazie all’amore, la realtà dell’altro dischiude la sua preziosità unica e irripetibile. Sennonché – ha aggiunto Benedetto XVI citando il teologo von Balthasar –, «la bellezza disinteressata […] ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidità e alla sua tristezza», e chi disdegna l’arte «non è più capace di pregare e, presto, nemmeno di amare». Nei rapporti umani, cioè, predomina molto spesso una logica utilitarista, predomina la logica degli interessi e dell’avidità e rischiamo spesso di guardare gli altri non come esseri preziosi da amare e di cui promuovere il bene, bensì come meri strumenti dei nostri scopi utilitari. Quand’anche facciamo qualcosa per l’altro, egli ci preme solo in vista di un contraccambio. Insomma, un’educazione al bello può in parte mitigare il male nelle sue diverse espressioni, può in parte contrastare la predatorietà, la sopraffazione e la violenza perché la fruizione dell’arte è un addestramento all’amore. Perciò, possiamo senza dubbio mutuare, anche in senso estetico-etico e non solo teologico, l’espressione di Dostoevskij: la bellezza può salvare il mondo.
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ECCO IL SITO DOVE SI PUO' GIA' DA OGGI PRENOTARE GRATUITAMENTE LA VISITA ALLA SACRA SINDONE PER L'OSTENSIONE STRAORDINARIA DAL 10 APRILE AL 23 MAGGIO 2010
Fonte sindone.org, 27 Novembre 2009
Basterà un clic per entrare nel sito www.sindone.org, o, in alternativa, nelle pagine web di www.piemonteitalia.eu, e prenotare la visita alla Sindone. Una volta collegati sarà sufficiente inserire i dati anagrafici, scegliere il giorno e l’ora e aggiungere poche altre informazioni per ricevere al proprio indirizzo di posta elettronica o, se si preferisce direttamente a casa via posta tradizionale, il tagliando che attesta l’avvenuta prenotazione. Semplice, chiaro, rapido e accessibile a tutti, anche a chi ha meno dimestichezza con i prodotti della telematica. Così vuol essere il sistema di prenotazione on line ideato dal Csi Piemonte per l’ostensione 2010, che questa mattina è stato presentato nell’aula magna del Seminario metropolitano. “Nel 2000 – ha ricordato il presidente del Comitato per l’ostensione, Fiorenzo Alfieri - in occasione dell’esposizione giubilare il 20% delle prenotazioni furono effettuate utilizzando la rete Internet, mentre per il restante 80% ci si affidò al telefono”. Oggi il computer non è più tabù per larga parte della popolazione, anzi. “L’elaboratore elettronico è ormai uno strumento assai diffuso e d’uso comune, anche tra i meno giovani e pertanto – ha sottolineato Alfieri – è tutt’altro che impensabile ribaltare le proporzioni del 2000, registrando on line l’80% delle prenotazioni”. Il sistema di prenotazione telematica, le cui pagine web sono disponibili in sette lingue (italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo e polacco) sarà attivo a partire da martedì prossimo, 1° dicembre. L’attenzione per l’appuntamento del 2010 con l’ostensione è già molto alta anche fuori dall’Italia. Fatto “confermato – come ha sottolineato monsignor Ghiberti, presidente della Commissione per la Sindone - dal grande numero di richieste di informazioni giunte dalla Romania, dalla Slovacchia e dalla Russia”. A proposito di Russia. Tra le lingue del sito www.sindone.org è stato inserito anche il russo. Da qualche giorno infatti - insieme alle informazioni in italiano, inglese, spagnolo, tedesco e francese - sono disponibili sul web della Sindone notizie scritte con caratteri cirillici. Un gesto di attenzione verso i milioni di fedeli che vivono in quei paesi dell’Europa orientale dove il cristianesimo, cattolico e ortodosso, ha profonde radici. Nel corso dell’incontro con la stampa avvenuto questa mattina, monsignor Ghiberti ha anche annunciato che, con ogni probabilità, in occasione della sua visita a Torino, il 2 maggio, Benedetto XVI celebrerà la Messa in piazza San Carlo. (nota di BB: suggeriamo il link http://www.amicideltimone.splinder.com/tag/sindone per avere notizie dettagliate sulla Sindone)
Fonte: sindone.org, 27 Novembre 2009
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A RISPOSTA A PROPOSTE DI LEGGE SULLA NON DISCRIMINAZIONE DELLE PERSONE OMOSESSUALI DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE
Fonte cesnur.org
Nota: In pendenza di campagne e polemiche in tema di “omofobia”, riteniamo utile ripubblicare un documento del 1992 della Congregazione per la Dottrina della Fede, guidata dal Cardinale Joseph Ratzinger, di notevole attualità, che esprime con chiarezza la posizione della Chiesa cattolica. INTRODUZIONE Da qualche tempo la Congregazione per la dottrina della fede è stata interessata alla questione di proposte di legge avanzate in varie parti del mondo in merito al problema della non-discriminazione delle persone omosessuali. Lo studio della questione ha portato alla preparazione di una serie di osservazioni che potrebbero essere di aiuto a coloro che sono interessati nella formulazione di una risposta cattolica a tali proposte di legge. Dette osservazioni offrono alcune considerazioni fondate sui passi più rilevanti della Lettera dei vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, pubblicata dalla Congregazione nel 1986, e forniscono alcune applicazioni che ne potrebbero derivare. Poiché la questione è particolarmente urgente in certe parti degli Stati Uniti, dette considerazioni erano state fatte pervenire ai vescovi di quella nazione, tramite i buoni uffici del Pro-Nunzio Apostolico, per l’aiuto che essi ne avrebbero potuto ricevere. Si deve notare che con quelle osservazioni non si intendeva esprimere un giudizio sulle risposte che eventualmente i vescovi locali o le Conferenze nazionali avessero già dato in merito a tali proposte di legge. Esse non erano quindi da intendersi come una istruzione pubblica e ufficiale della Congregazione sulla materia, ma come uno strumento di base per offrire un certo aiuto a coloro che potrebbero trovarsi in dovere di valutare progetti di legislazione riguardanti la non-discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale. Ritenendo che la pubblicazione delle osservazioni potrebbe essere di qualche utilità, è stata curata una lieve revisione del testo che ha portato a una seconda versione. Nel frattempo sono apparsi sui mezzi di comunicazione sociale diversi riferimenti e citazioni delle suddette osservazioni. Per offrire una accurata informazione sulla questione, il testo rivisto di Alcune considerazioni concernenti la Risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali è stato quindi consegnato per la pubblicazione su L’Osservatore Romano. PREMESSA Recentemente, in diversi luoghi è stata proposta una legislazione che renderebbe illegale una discriminazione sulla base della tendenza sessuale. In alcune città le autorità municipali hanno reso accessibile un’edilizia pubblica, per altro riservata a famiglie, a coppie omosessuali (ed eterosessuali non sposate). Tali iniziative, anche laddove sembrano più dirette a offrire un sostegno a diritti civili fondamentali che con indulgenza nei confronti dell’attività o di uno stile di vita omosessuale, possono di fatto avere un impatto negativo sulla famiglia e sulla società. Ad esempio, sono spesso implicati problemi come l’adozione di bambini, l’assunzione di insegnanti, la necessità di case da parte di autentiche famiglie, legittime preoccupazioni dei proprietari di case nel selezionare potenziali affittuari. Mentre sarebbe impossibile ipotizzare ogni possibile conseguenza di proposte legislative in questo settore, le seguenti osservazioni cercheranno di indicare alcuni principi e distinzioni di natura generale che dovrebbero essere presi in considerazione dal coscienzioso legislatore, elettore, o autorità ecclesiale che si trovi di fronte a tali problemi. La prima sezione richiamerà passi significativi dalla Lettera ai vescovi della chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali pubblicata nel 1986 dalla Congregazione per la dottrina della fede. La seconda sezione tratterà della loro applicazione. 23 luglio 1992 Joseph Card. Ratzinger, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede
A. PASSI SIGNIFICATIVI DELLA LETTERA DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE 1. La Lettera ricorda che la Dichiarazione su alcune questioni di etica sessuale pubblicata nel 1975 dalla Congregazione per la dottrina della fede "teneva conto della distinzione comunemente operata fra condizione o tendenza omosessuale e atti omosessuali"; questi ultimi sono "intrinsecamente disordinati" e "non possono essere approvati in nessun caso" (n. 3). 2. Dal momento che "nella discussione che seguì la pubblicazione della (summenzionata) Dichiarazione, furono proposte delle interpretazioni eccessivamente benevole della condizione omosessuale, tanto che qualcuno si spinse fino a definirla indifferente o addirittura buona", la Lettera prosegue precisando che la particolare inclinazione della persona omosessuale "benché non sia in sé peccato, costituisce tuttavia una tendenza, più o meno forte, verso un comportamento intrinsecamente cattivo dal punto di vista morale. Per questo motivo l’inclinazione stessa dev’essere considerata come oggettivamente disordinata. Pertanto coloro che si trovano in questa condizione dovrebbero essere oggetto di una particolare sollecitudine pastorale perché non siano portati a credere che l’attuazione di tale tendenza nelle relazioni omosessuali sia un’opzione moralmente accettabile" (n. 3). 3. "Come accade per ogni altro disordine morale, l’attività omosessuale impedisce la propria realizzazione e felicità perché è contraria alla sapienza creatrice di Dio. Quando respinge le dottrine erronee riguardanti l’omosessualità, la chiesa non limita ma piuttosto difende la libertà e la dignità della persona, intese in modo realistico e autentico" (n. 7). 4. Con riferimento al movimento degli omosessuali, la Lettera afferma: "Una delle tattiche usate è quella di affermare, con toni di protesta, che qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali, delle loro attività e del loro stile di vita, è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione" (n. 9). 5. "È pertanto in atto in alcune nazioni un vero e proprio tentativo di manipolare la chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile. Il fine di tale azione è conformare questa legislazione alla concezione propria di questi gruppi di pressione, secondo cui l’omosessualità è almeno una realtà perfettamente innocua, se non totalmente buona. Benché la pratica dell’omosessualità stia minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone, i fautori di questa tendenza non desistono dalla loro azione e rifiutano di prendere in considerazione le proporzioni del rischio, che vi è implicato" (n. 9). 6. "Essa (la chiesa) è consapevole che l’opinione, secondo la quale l’attività omosessuale sarebbe equivalente, o almeno altrettanto accettabile, quanto l’espressione sessuale dell’amore coniugale, ha un’incidenza diretta sulla concezione che la società ha della natura e dei diritti della famiglia, e li mette seriamente in pericolo" (n. 9). 7. "Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni. Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano" (n. 10). 8. "Dev’essere comunque evitata la presunzione infondata e umiliante che il comportamento omosessuale delle persone omosessuali sia sempre e totalmente soggetto a coazione e pertanto senza colpa. In realtà anche nelle persone con tendenza omosessuale dev’essere riconosciuta quella libertà fondamentale che caratterizza la persona umana e le conferisce la sua particolare dignità" (n. 11). 9. "Nel valutare eventuali progetti legislativi, si dovrà porre in primo piano l’impegno a difendere e promuovere la vita della famiglia" (n. 17). B. APPLICAZIONI 10. La "tendenza sessuale" non costituisce una qualità paragonabile alla razza, all’origine etnica, ecc. rispetto alla non-discriminazione. Diversamente da queste, la tendenza omosessuale è un disordine oggettivo (cf. Lettera, n. 3) e richiama una preoccupazione morale. 11. Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare. 12. Le persone omosessuali, in quanto persone umane, hanno gli stessi diritti di tutte le altre persone, incluso il diritto di non essere trattate in una maniera che offende la loro dignità personale (cf. n. 10). Fra gli altri diritti, tutte le persone hanno il diritto al lavoro, all’abitazione, ecc. Nondimeno questi diritti non sono assoluti. Essi possono essere legittimamente limitati a motivo di un comportamento esterno obiettivamente disordinato. Ciò è talvolta non solo lecito ma obbligatorio, e inoltre si imporrà non solo nel caso di comportamento colpevole ma anche nel caso di azioni di persone fisicamente o mentalmente malate. Così è accettato che lo stato possa restringere l’esercizio di diritti, per esempio, nel caso di persone contagiose o mentalmente malate, allo scopo di proteggere il bene comune. 13. Includere la "tendenza omosessuale" fra le considerazioni sulla base delle quali è illegale discriminare può facilmente portare a ritenere l’omosessualità quale fonte positiva di diritti umani, ad esempio, in riferimento alla cosiddetta "affirmative action" o trattamento preferenziale nelle pratiche di assunzione. Ciò è tanto più deleterio dal momento che non vi è un diritto all’omosessualità (cf. n. 10) che pertanto non dovrebbe costituire la base per rivendicazioni giudiziali. Il passaggio dal riconoscimento dell’omosessualità come fattore in base al quale è illegale discriminare può portare facilmente, se non automaticamente, alla protezione legislativa e alla promozione dell’omosessualità. L’omosessualità di una persona sarebbe invocata in opposizione a una asserita discriminazione e così l’esercizio dei diritti sarebbe difeso precisamente attraverso l’affermazione della condizione omosessuale invece che nei termini di una violazione di diritti umani fondamentali. 14. La "tendenza sessuale" di una persona non è paragonabile alla razza, al sesso, all’età, ecc. anche per un’altra ragione che merita attenzione, oltre quella sopramenzionata. La tendenza sessuale di un individuo non è in genere nota ad altri a meno che egli identifichi pubblicamente se stesso come avente questa tendenza o almeno qualche comportamento esterno lo manifesti. Di regola, la maggioranza delle persone a tendenza omosessuale che cercano di condurre una vita casta non rende pubblica la sua tendenza sessuale. Di conseguenza il problema della discriminazione in termini di impiego, alloggio, ecc. normalmente non si pone. Le persone omosessuali che dichiarano la loro omosessualità sono in genere proprio quelle che ritengono il comportamento o lo stile di vita omosessuale essere "indifferente o addirittura buono" (cf. n. 3), e quindi degno di approvazione pubblica. È all’interno di questo gruppo di persone che si possono trovare più facilmente coloro che cercano di "manipolare la chiesa conquistandosi il sostegno, spesso in buona fede, dei suoi pastori, nello sforzo volto a cambiare le norme della legislazione civile" (cf. n. 9), coloro che usano la tattica di affermare con toni di protesta che "qualsiasi critica o riserva nei confronti delle persone omosessuali... è semplicemente una forma di ingiusta discriminazione" (cf. n. 9). Inoltre, vi è il pericolo che una legislazione che faccia dell’omosessualità una base per avere dei diritti possa di fatto incoraggiare una persona con tendenza omosessuale a dichiarare la sua omosessualità o addirittura a cercare un partner allo scopo di sfruttare le disposizioni della legge. 15. Dal momento che nella valutazione di una proposta di legislazione la massima cura dovrebbe essere data alla responsabilità di difendere e di promuovere la vita della famiglia (cf. n. 17), grande attenzione dovrebbe essere prestata ai singoli provvedimenti degli interventi proposti. Come influenzeranno l’adozione o l’affido? Costituiranno una difesa degli atti omosessuali, pubblici o privati? Conferiranno uno stato equivalente a quelli di una famiglia a unioni omosessuali, per esempio, a riguardo dell’edilizia pubblica o dando al partner omosessuale vantaggi contrattuali che potrebbero includere elementi come partecipazione della "famiglia" nelle indennità di salute prestate a chi lavora (cf. n. 9)? 16. Infine, laddove una questione di bene comune è in gioco, non è opportuno che le autorità ecclesiali sostengano o rimangano neutrali davanti a una legislazione negativa anche se concede delle eccezioni alle organizzazioni e alle istituzioni della chiesa. La chiesa ha la responsabilità di promuovere la vita della famiglia e la moralità pubblica dell’intera società civile sulla base dei valori morali fondamentali, e non solo di proteggere se stessa dalle conseguenze di leggi perniciose (cf. n. 17).
Fonte: cesnur.org
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OMELIA PER LA SOLENNITA' DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE
Autore: Giacomo Biffi - Fonte:
Affascinante e singolarmente cara al cuore cristiano è questa festa dell’immacolata concezione di Maria, come del resto cara all’amorosa sapienza di Dio è la verità che oggi è gioiosamente celebrata dai credenti in tutte le regioni della terra. Che cosa dice questa verità? Dice che la Madonna fu preservata da ogni contaminazione dell’anima, persino dal misterioso deterioramento primigenio col quale dopo la prevaricazione di Adamo tutti gli uomini giungono all’esistenza. Fu cioè preservata, come ci insegna il catechismo, da quel “peccato originale” che in noi viene cancellato col battesimo. Non è che Maria non abbia avuto bisogno dell’intervento salvifico del Figlio di Dio crocifisso e risorto, di cui abbiamo bisogno tutti. Anche lei come noi, arriva in un mondo immerso nel male e contaminato; ma in lei l’azione redentrice ha dimostrato il massimo della sua potenza. Il dono d’amore di Cristo si manifesta in Maria subito nel grado più alto, perché fin dal primo istante questa creatura è in comunione con Dio. Nessun dissidio interiore ha potuto neppure per un momento lacerare la sovrumana armonia del suo animo. La vittoria del Salvatore, che in noi ha avuto la conseguenza di guarirci, in lei è stata così radicale da tutelarla anticipatamente da ogni malessere. Per noi la redenzione è stata il farmaco che cicatrizza la piaga; per lei è stata la medicina che previene il deperimento ed evita la ferita. In ogni uomo, anche nei più santi, la misericordia del Signore ha assunto necessariamente anche la forma del perdono; in lei no: in lei è stata soltanto una sublimazione che l’ha sollevata “più su del perdono”, per usare l’espressione ammirevolmente sintetica e intensa di un grande poeta cristiano: “ Te sola più su del perdono l’Amor che può tutto locò” A.MANZONI, Ognissanti 47-48). * * * Il racconto dell’annunciazione, che abbiamo ancora una volta ascoltato, ci consente di renderci conto almeno un poco della bellezza interiore e del pregio trascendente dell’intera vita di questa creatura, che ha avuto un inizio tanto splendente ed eccezionale. La Vergine è lodata dall’angelo come “piena di grazia” prima di tutto per la piena disponibilità ad aprirsi alla luce inattesa che l’investe dall’alto. Maria non conosce tutto e non comprende subito il piano di Dio: perciò non teme di chiedere con semplicità delle spiegazioni. Non possiede la “scienza infusa”: possiede la fede; e appunto la fede motiverà il primo elogio umano da lei ricevuto, quello di Elisabetta che le dice: “Beata sei tu che hai creduto” (cfr. Lc 1,45). Anche nel seguito dei suoi anni non le era immediatamente chiaro ciò che le avveniva in conformità al misterioso disegno del Padre, proprio come càpita a noi; e - sempre mantenendosi in un atteggiamento di fede intemerata - come noi ha dovuto camminare in una penosa oscurità: Maria e Giuseppe “si stupivano” (Lc 2,33), nota una volta l’evangelista Luca; e più avanti: “Essi non compresero” (Lc 2,50). Ma quanto più era ardua, tanto più la sua fede era preziosa agli occhi di Dio. Come si vede, la sua “pienezza di grazia” coesisteva con una condizione di normalità, di semplicità, di umile impegno quotidiano che l’avvicina a noi. * * * “ Eccomi, sono la serva del Signore” (Lc 1,38). Maria pronuncia questa frase con tutto lo slancio del suo essere intatto e luminoso, con la candida passione di un cuore nemmeno sfiorato dall’egoismo. E sta qui la ragione della sua grandezza incomparabile e della sua soprannaturale bellezza. “ Eccomi”. Non dice, come direbbe una femminista: “Io sono mia”; dice, come una donna davvero capace di amare: “Io sono tua”; e con questa parola incanta il cuore del suo Creatore. E incanta anche noi, che abbiamo la fortuna e la gioia di averla per madre: ce l’ha donata il Figlio suo dall’alto della croce, appunto perché fosse la nostra madre più vera e più amata. “ Eccomi, io sono tua”, dice Maria: in questa donazione senza riserve c’è la fonte, oltre che della divina maternità, anche della sua universale fecondità nei confronti dell’intera famiglia umana; in questa offerta di tutta se stessa c’è al tempo stesso la premessa della gloria di questa “serva del Signore” che diviene così la regina dell’universo. * * * “Avvenga di me secondo la tua parola” (Lc 1,38). “Non le molte inutili parole umane, ma la tua parola, o Dio, sia la regola e l’ispirazione della mia vita”: così prega la Madonna nella sua coscienza immacolata; una preghiera che si è poi puntualmente inverata in ogni stagione della sua vita. E’ costantemente attenta alla parola del Signore e ai “segni” della divina volontà che a mano a mano le si rivelavano: “Serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore”, annota di lei ripetutamente l’evangelista Luca (Lc 2,19.51). Singolarmente attenta alla parola di Dio, per questo Maria non è prodiga di parole sue: è silenziosa sul Calvario, è silenziosa nell’immensa allegrezza della Pasqua, è silenziosa durante l’esperienza pentecostale dell’effusione dello Spirito. E se parla a Cana di Galilea, parla per far convergere l’attenzione non su di sé ma su Gesù, il solo da cui dobbiamo attendere ogni salvezza e ogni dono. Non dice: “Fate quello che io vi dirò”; dice con animo colmo di fiducia e di affetto per il suo Figlio e Signore: “Fate quello che lui vi dirà” (Gv 2,5). Ci insegni allora la Vergine Immacolata ad amare sopra ogni altro amore Gesù, l’unico necessario Redentore di tutti; ci insegni a ricercare nella fede la volontà del Padre e l’adesione al suo disegno provvidente; ci insegni a preferire il silenzio orante alle parole superficiali, insipide, vane, e a difenderci dalle ossessive abitudini pubblicitarie del mondo di oggi.
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