BastaBugie n�494 del 22 febbraio 2017

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1 LA CORAGGIOSA RISPOSTA A ROBERTO SAVIANO DELLA MAMMA DEL RAGAZZO DI GENOVA CHE SI E' SUICIDATO
La mamma risponde all'autore di Gomorra che su Repubblica inneggiava alla liberalizzazione della droga
Fonte: Tempi
2 IL NUOVO FILM DI MEL GIBSON ELEVA LO SPIRITO
La Battaglia di Hacksaw Ridge parla dell'eroismo nella guerra senza essere né guerrafondaio, né pacifista (VIDEO: trailer)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 ANTICO E NUOVO TESTAMENTO: DIO E' LO STESSO
Invece l'eretico Marcione lo negava (peraltro confutato a suo tempo da Agostino, Tertulliano, Giustino, Policarpo, Ireneo)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone
4 LA FINE PROSSIMA DELL'UOMO OCCIDENTALE
Sopravvivrà solo se riconoscerà di essere vulnerabile e di aver bisogno sia dell'infinito che dell'eterno
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Foglio
5 TAKAYAMA, IL SAMURAI DI CRISTO, E' STATO BEATIFICATO
Il martirio dell'aristocratico che non rinnegò il Vangelo
Fonte: Avvenire
6 GIORNALI E TV CONTRO L'OTTIMO STRATEGA DI TRUMP
Ce l'hanno con Stephen Bannon perché dice che dobbiamo recuperare i fondamenti spirituali e morali del cristianesimo
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
7 CARI VESCOVI, AL SINODO SUI GIOVANI, PARLATE AI RAGAZZI DI COSE GRANDI
Attira la radicalità di Cristo, cioè la Verità senza sconti (non servono tecniche pastorali, strategie comunicative, concerti)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
8 IN VENDITA LIBRI GENDER NELLE LIBRERIE DEI PAOLINI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Trump conferma l'ordine di Obama sulla tutela dei gay, in Spagna istituita la polizia che punisce i ''crimini'' di omotransfobia, Mediaset porta in tavola la ''genitorialità'' gay
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 OMELIA VIII DOMENICA DEL T. ORD. - ANNO A (Mt 6,24-34)
Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
10 OMELIA MERCOLEDI' DELLE CENERI (Mt 6,1-6.16-18)
Il Padre tuo, che è nel segreto, ti ricompenserà
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA CORAGGIOSA RISPOSTA A ROBERTO SAVIANO DELLA MAMMA DEL RAGAZZO DI GENOVA CHE SI E' SUICIDATO
La mamma risponde all'autore di Gomorra che su Repubblica inneggiava alla liberalizzazione della droga
Fonte Tempi, 16 febbraio 2017

Nella semplificazione giornalistica era diventato "il ragazzo che si era suicidato per l'intervento della Finanza". Ma ieri alle esequie, la madre di Stefano (nome di fantasia), il ragazzo suicida di Lavagna (Genova), non ha solo ringraziato le forze dell'ordine (che, pare, erano state da lei sollecitate a intervenire), ma ha impartito a tutti i presenti e ai tanti commentatori italiani - in primis Roberto Saviano - una grande lezione di umanità.

LA VICENDA E L'ARTICOLO DI SAVIANO
Due giorni fa, un ragazzo di sedici anni, trovato in possesso di una decina di grammi di hashish all'uscita da scuola, subisce un controllo a casa da parte degli uomini della guardia di Finanza. Il giovane si toglie la vita, gettandosi dalla finestra della sua abitazione. Una storia tragica, tremenda, che sui giornali viene usata per additare il comportamento troppo severo della Finanza, colpevole di aver indotto il ragazzo all'estremo gesto. Così, diversamente che nelle cronache dei giornali locali, dove si intuisce tra le righe anche la difficile situazione personale e familiare di Stefano, il dibattito si sposta sulla legalizzazione della marijuana.
Tra gli altri, ne scriveva ieri Roberto Saviano che su Repubblica firmava un articolo in prima pagina intitolato "I dieci grammi del ragazzo di Lavagna e i miliardi della mafia". La morte di Stefano diventa il pretesto per una tiritera antiproibizionista e per accusare lo Stato «paternalista». Ciò che sconcerta non sono le idee di Saviano su quale sia il metodo più efficace di combattere i cartelli della droga, quanto l'uso di una vicenda tragica a fini politici.

LE PAROLE DELLA MADRE
Ieri, al funerale, la mamma di Stefano ha preso il microfono e rivolto ai presenti - tantissimi ragazzi - alcune parole. «La domanda che risuona dentro di noi e immagino dentro molti di voi è: perché è successo, perché a lui, perché adesso, perché in questo modo? Arrovellandoci sul perché, ci siamo resi conto che non facevamo altro che alimentare uno stato d'animo legato alla sua morte senza possibilità di una via d'uscita. Allora abbiamo capito che forse la domanda da porsi in questa situazione è piuttosto: come? Come trasformare questa perdita straziante in una nuova, seppur dolorosa, ripartenza?».
Rivolgendosi ai giovani ha detto: «In ognuno di voi sono presenti dei talenti che vi rendono unici e irripetibili e avete il dovere di farli emergere. Là fuori, invece, c'è qualcuno che vuole soffocarvi, facendovi credere che è normale fumare una canna, normale farlo fino a sballarsi, normale andare sempre oltre. Diventate, piuttosto, i veri protagonisti della vostra vita e cercate la straordinarietà. Straordinario è mettere giù il cellulare e parlarvi occhi negli occhi, invece che mandarvi faccine su whatsapp. Straordinario è avere il coraggio di dire alla ragazza "sei bella" invece di nascondersi dietro a frasi preconfezionate di Ask. Straordinario è chiedere aiuto, proprio quando ci sembra che non ci sia via di uscita. Straordinario è avere il coraggio di dire ciò che sapete. Per mio figlio è troppo tardi ma potrebbe non esserlo per molti di voi, fatelo. A noi genitori, invece, il compito di capire che la sfida educativa non si vince da soli nell'intimità delle nostre famiglie, soprattutto quando questa diventa connivenza per difendere una facciata. Facciamo rete e aiutiamoci fra noi, non c'è vergogna se non nel silenzio. Uniamoci».

RINGRAZIAMENTI
La donna ha ringraziato gli uomini della Finanza: «Grazie per aver ascoltato l'urlo di disperazione di una madre che non poteva accettare di vedere suo figlio perdersi. E ha provato con ogni mezzo di combattere la guerra contro la dipendenza prima che fosse troppo tardi. Non c'è colpa né giudizio nell'imponderabile, e dall'imponderabile non può che scaturire linfa nuova e ancora più energia nella lotta contro il male. Proseguite».
«Le ultime parole sono per te, figlio mio. Perdonami per non essere stata capace di colmare quel vuoto che ti portavi dentro da lontano. Voglio immaginare che lassù ad accoglierti ci sia la tua prima mamma e come in una staffetta vi passiate il testimone affinché il tuo cuore possa essere colmato in un abbraccio che ti riempia per sempre il cuore. Fai buon viaggio piccolo mio».

Nota di BastaBugie: i responsabili di Cooperativa Sociale In-Presa nella lettera dal titolo "La droga, il ragazzo di Lavagna e noi" rispondono a Roberto Saviano.
Ecco dunque la lettera completa pubblicata su Tempi il 16 febbraio 2017:
Caro Roberto Saviano,
le scriviamo dopo aver letto il suo articolo dal titolo "I dieci grammi del ragazzo di Lavagna e i miliardi della mafia" (Repubblica, 15 febbraio 2017).
Il dramma del giovane che si è tolto la vita dopo essere stato perquisito dalla Guardia di Finanza ci ha colpito anche per una particolare circostanza. Proprio ieri anche presso la nostra scuola, "In-Presa" a Carate Brianza, c'è stata una perquisizione della Guardia di Finanza con il supporto dell'Unità Cinofila.
È una iniziativa che ripetiamo ogni anno, e lo facciamo non solo come un tassello di una necessaria lotta contro il fenomeno della droga; lo facciamo soprattutto per i nostri ragazzi, perché ci stanno a cuore le loro vite, il loro presente e il loro futuro, perché conosciamo tanti dei loro drammi e dei loro disagi, della violenza che hanno subito e delle sconfitte che hanno patito.
E vediamo quanti danni procura loro quella droga (pesante o leggera è solo un dettaglio secondario) in cui cercano una risposta che non arriva mai, anzi che rafforza i loro disagi, il loro sentirsi inadeguati ed estranei a tutto ciò che accade loro.
Lei scrive "Il fumo che si spaccia davanti alle scuole, nelle discoteche, negli stadi e ovunque ci siano ragazzi è fornito dai cartelli criminali. Il problema sono loro o sono gli studenti che fumano?". Caro Saviano, noi crediamo che la questione sia mal posta. L'interrogativo è un altro: «Quando un ragazzo ruba una bicicletta che cosa importa alla società? La sorte della bicicletta o quella del ragazzo?» (G.Cesbron, "Cani perduti senza collare").
La nostra scuola si rivolge soprattutto a ragazzi in dispersione scolastica, neet, giovani a rischio di disagio sociale... Sono ragazzi che hanno bisogno di essere voluti bene, di essere stimati, di sentire che la vita non è loro nemica, che c'è una possibilità buona. Non hanno bisogno di una droga che li stordisca e li affondi sempre di più nel fango da cui cercano di tirarsi fuori. Ne vediamo molti, che arrivano la mattina avendo già fumato il primo spinello: sono spenti, senza motivazioni, assenti...
Qualcuno gli ha fatto credere che il massimo che possono aspettarsi dalla vita è lo sballo, e lo cercano nello spinello o in sostanze più pesanti. Ma è una menzogna dietro cui si nasconde il desiderio più vero di ogni ragazzo: trovare qualcuno che li accompagni ad affrontare la vita e a godersela senza bisogno di fughe in benesseri creati artificialmente.
Lo ha detto benissimo la stessa mamma del ragazzo di Lavagna parlando ieri ai coetanei di suo figlio: "C'è qualcuno che vi vuole soffocare facendovi credere che sia normale fumare una canna, normale farlo fino a sballarvi. Diventate piuttosto veri protagonisti della vostra vita".
Ma per questo c'è bisogno di amici e adulti che aiutino i ragazzi a guardare in faccia la realtà (e anche una ispezione può aiutare a farlo), a guardare in faccia il loro desiderio; amici e adulti che gli diano la possibilità di rialzarsi dopo un errore. La fondatrice della nostra scuola diceva: "Questi ragazzi meritano di più, c'è da fargli provare di più la bellezza della vita".
È questo che si meritano i nostri ragazzi; non una scorciatoia che li stordisca, e nemmeno la complicità mortale di una droga liberalizzata che li renderebbe ancora più schiavi.


DOSSIER "ROBERTO SAVIANO"
L'intoccabile messia della sinistra

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Fonte: Tempi, 16 febbraio 2017

2 - IL NUOVO FILM DI MEL GIBSON ELEVA LO SPIRITO
La Battaglia di Hacksaw Ridge parla dell'eroismo nella guerra senza essere né guerrafondaio, né pacifista (VIDEO: trailer)
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/02/2017

Gran bel film, La Battaglia di Hacksaw Ridge: splendido dal punto di vista tecnico, commuove, appassiona ed eleva lo spirito.
Prima di parlarne, ripercorriamo la carriera dell'autore, il famoso Mel Gibson. Che, forse, dà uno spaccato dell'evoluzione del pensiero di un cattolico negli Stati Uniti... Diventa una star di Hollywood negli anni '70 e '80 grazie alle serie Mad Max e Arma letale. Sembra destinato al genere avventuroso-fracassone quando, nel 1990, Zeffirelli lo chiama per vestire i panni di Amleto. Gibson coglie l'occasione, e sfodera una prova da grande attore. Nel 1993 esce il suo primo film da regista: L'uomo senza volto. Un grande, commovente e drammatico film sulla figura paterna, oggetto di diffidenza e anche odio, ma necessaria.

BRAVEHEART (1996) & IL PATRIOTA (2000)
Tre anni dopo ecco l'epico e monumentale Braveheart Cuore impavido. Di questo film ricordiamo il realismo, la violenza ed uno dei più grandi discorsi della storia del cinema («Agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso...»), probabilmente ispirato all'Enrico V di Shakespeare. Emerge anche il tema politico: l'indipendenza della Scozia dalla tirannia inglese. Il film regala a Gibson, oltre ad un importante incasso, 5 premi Oscar. [leggi: UN CUORE IMPAVIDO PER LA LIBERTA', clicca qui, N.d.BB]
Nel 2000 Gibson interpreta Il patriota. Apparentemente un film sull'indipendenza degli Stati Uniti che nasconde però ben altro. Innanzitutto, il patriota del titolo non combatte per la patria, anzi: al momento dell'arruolamento, si rifiuta, anteponendo i suoi doveri di padre a quelli nei confronti della «nazione americana» («Perché dovrei scambiare un tiranno a tremila miglia di distanza con tremila tiranni lontani solo un miglio?»). Feroce guerriero, Benjamin Martin si schiera risolutamente dalla parte della pace («Vi sono alternative alla guerra»). Più che un film patriottico, Il patriota è piuttosto un film libertario; la sua bandiera non è quella a stelle e strisce, ma quella che verrà usata anni dopo dal Tea Party: «Don't tread on me» (nel 2008 Mel Gibson appoggerà Ron Paul come candidato alla presidenza degli Stati Uniti).
Nel 2002 Mel Gibson è impegnato in un film alla Berretti verdi: We were soldiers - Fino all'ultimo uomo. Interpreta un ufficiale - cattolico ed oltremodo eroico - impegnato nella guerra del Vietnam. Siamo all'esordio alla presidenza di Bush Jr: Gibson sembra concedere un minimo di fiducia alle istituzioni statunitensi dopo due mandati Clinton.

LA PASSIONE DI CRISTO (2004) & APOCALYPTO (2006)
Nel 2004 esce La passione di Cristo: un film brutale e realistico su passione, morte e risurrezione di Gesù, con luci caravaggesche e recitato in aramaico, ebraico, latino. Prima dell'uscita nelle sale si diffonde la notizia secondo la quale il padre di Mel Gibson sarebbe un cattolico sedevacantista antisemita. Appena il film esce nelle sale fioccano le stroncature: si schierano Natalia Aspesi («Un'orgia di sangue...») e Vittorio Zucconi («Sangue, torture e integralismo»); persino eminenti prelati criticano il realismo del film, rimpiangendo la passione proletaria di Pasolini. Ma l'accusa più grave (anche se non ben circostanziata) è quella di antisemitismo: Jim Caviezel, interprete di Cristo, dirà di essersi giocato la carriera con questo film. Nonostante questo, il film incassa più di seicento milioni di dollari. Alle accuse di antisemitismo si accompagnano altri giudizi: Mel Gibson è padre di otto figli ed è sempre stato sposato con la stessa donna, un unicum, ad Hollywood. [leggi: UNA PASSIONE DI VIOLENZA E DI AMORE, clicca qui, N.d.BB]
Due anni dopo Gibson sforna un altro capolavoro: Apocalypto. Ambientato nella brutale e feroce America precolombiana, narra la vicenda di Zampa di Giaguaro, che sfugge alla morte per salvare la famiglia. Alla fine del film, quando il protagonista sta per essere ucciso, ecco sbarcare dall'oceano una nave: trasporta soldati, religiosi e la croce di Cristo. Il film potrebbe chiudersi con Zampa di Giaguaro salvato dalla croce che vi si inginocchia davanti; e invece no. «Dovremmo andare da loro?» chiede la moglie del protagonista; «No», risponde lui, «Il nostro posto è nella foresta». Oltre al tema della lotta per la famiglia, ne emerge prepotentemente un altro: quello dell'aborto. Cos'altro è il sacrificio umano praticato incessantemente dai capi del popolo Maya, se non l'uccisione di milioni e milioni di bambini? La società americana pre-cristiana è dunque quella statunitense? Meglio ritirarsi nella foresta. [leggi: UNA CIVILTA' VIENE DISTRUTTA DALL'ESTERNO SOLO QUANDO SI E' GIA' CORROTTA AL SUO INTERNO, clicca qui, N.d.BB]
Dall'uscita di Apocalypto, la carriera di Gibson va a rotoli. La sua immagine di padre di famiglia irreprensibile è deturpata: al suo fianco compare una giovane musicista russa ebrea Oksana Grigorieva (ma Gibson non era antisemita?), divorzia dalla moglie e va a vivere con lei. Viene fermato illegalmente da un poliziotto (alla presenza di telecamere) mentre è alla guida in stato di ebbrezza: si lascia scappare frasi antisemite («Gli ebrei sono responsabili di tutte le guerre del mondo»). Ha altri progetti cinematografici (un film su Giuda Maccabeo - ma Gibson non era antisemita? - ed un altro sugli insorgenti italiani), ma rinuncia: erano film - dirà - che interessavano solo a me. Solo pochi amici gli restano vicino (Robert Downey Junior e l'attivista lesbica Jody Foster - ma Gibson non era intollerante?). Nel 2010, a carriera ormai distrutta, viene lasciato dalla musicista russa, che lo denuncia per averle detto al telefono frasi razziste (registrate su nastro). Da quel momento Gibson recita in alcuni (anche ottimi) film d'azione: Fuori controllo, Viaggio in paradiso, Machete Kills, Blood father; come autore sembra finito. [leggi: DEBOLEZZE UMANE NELLA VITA DI MEL GIBSON, clicca qui, N.d.BB]

LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE (2017)
Ed eccoci arrivati al febbraio 2017 con la sua nuova prova da regista: La Battaglia di Hacksaw Ridge. È la storia vera di Desmond Doss, un obiettore di coscienza che si arruola volontario durante la Seconda Guerra Mondiale. Non vuole toccare le armi per motivi religiosi (è avventista del settimo giorno); ma non si sente da meno rispetto agli altri giovani che decidono di servire il loro paese in guerra. La sua posizione non viene compresa e, considerato un vigliacco, durante l'addestramento è fatto oggetto di insulti, punizioni e violenze. Viene addirittura incriminato per aver disobbedito agli ordini, rischia il carcere, ma non rinuncia ai suoi principi. Alla fine, grazie all'intervento del padre, alcolizzato e violento, traumatizzato dalla Prima Guerra Mondiale, viene riconosciuto il suo status di soldato obiettore di coscienza ed assegnato alla sanità militare. I compagni e gli ufficiali continuano a considerarlo un vigliacco, ma Doss riuscirà a dimostrare il contrario. Viene inviato nel Pacifico e partecipa alla battaglia di Okinawa; viene assegnato a Hawksaw Ridge, una impervia montagna controllata dai giapponesi. Il primo giorno di battaglia è cruento, ma vede la vittoria degli statunitensi; il giorno seguente, però, i giapponesi riconquistano la posizione. É il momento della ritirata, ma non per tutti: Doss resterà in cima, recupererà uno ad uno i suoi compagni calandoli con delle corde, sarà l'ultimo a calarsi dopo aver salvato commilitoni e giapponesi feriti. Una cinquantina, disse Doss; un centinaio, lo corressero i suoi compagni (alla fine gli vennero attribuiti 75 salvataggi, una via di mezzo).
Del film notiamo l'eccellente tecnica e l'ottima recitazione, soprattutto del protagonista Andrew Garfield (al quale era stato «sconsigliato» di lavorare con Gibson). Colpiscono anche la castità del fidanzamento di Doss (quando mai, nei film hollywoodiani?) e i dialoghi, che rimandano ai valori più nobili. Il film gronda eroismo e fede religiosa: ogni volta che Doss cala un compagno dalla montagna, si ferma a pregare: «Fammene trovare ancora uno». Gibson chiarisce che la vera forza non è quella dei muscoli (la recluta culturista «Hollywood» - sottile ironia - non si distingue, in battaglia, per il coraggio), ma quella interiore: la virtù della fortezza.
E torna, nuovamente, il tema della guerra. Il realismo (che aveva fatto gridare al miracolo in Salvate il soldato Ryan) è terribile e spettacolare: la guerra è morte, dolore e sofferenza. Probabilmente non solo a me, guardando quelle scene orripilanti, sono venute in mente le parole - ancora più orrende - di Hillary Clinton («Siamo venuti, abbiamo visto, è morto. Hihihi»), di John McCain («Bomb bomb bomb, bomb bomb Iran»), l'invocazione «Boots on the ground!». Gibson, pur avendo firmato film di guerra, non è mai stato un guerrafondaio; ma con questo film sembra compiere un passo ulteriore. «Non mi sembra una brutta cosa rimettere insieme qualche pezzo del mondo, mentre sono tutti così intenti a farlo a pezzi», dice Desmond Doss. Lo pensa anche Gibson dopo otto anni di presidenza del premio Nobel per la Pace Obama?
Il suo messaggio è chiaro: la guerra non è di per sé eroismo. L'eroismo è quello di chi - anche in guerra - è disposto a donare la vita per i propri fratelli, anche se di un'altra nazione. L'eroismo è quello di Doss, che salva uno ad uno i propri compagni e i propri nemici, e che prega «Fammene trovare ancora uno». Non per ucciderlo: per salvarlo.

Nota di BastaBugie: per la trama del film, clicca qui!
Per vedere il trailer del film La battaglia di Hacksaw Ridge cliccare qui sotto:


https://www.youtube.com/watch?v=kYf3Wxb7-0Y

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 10/02/2017

3 - ANTICO E NUOVO TESTAMENTO: DIO E' LO STESSO
Invece l'eretico Marcione lo negava (peraltro confutato a suo tempo da Agostino, Tertulliano, Giustino, Policarpo, Ireneo)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: Il Timone, gennaio 2017 (n.159)

L'eretico Marcione (85ca-160) era un ricco armatore di Sinope nel Ponto (oggi in Turchia). Suo padre era il vescovo della città (a quel tempo, data la penuria di personalità adatte e riconosciute autorevoli, non di rado i vescovi erano uomini già sposati che, accettando la carica, si separavano, previo consenso di lei, dalla moglie) e lo aveva cacciato di casa appena scoperto che il giovanotto aveva sedotto una vergine.
Marcione, dopo la grande rivolta giudaica di Bar Kokhba che aveva causato la definitiva cancellazione di Gerusalemme dalla faccia della terra a opera dell'imperatore Adriano, si convinse del tutto che il Dio degli ebrei, quello dell'Antico Testamento, era un poco di buono. Si trasferì a Roma, dove era appena morto il papa Igino. Per ingraziarsi l'importante comunità cristiana locale donò alla Chiesa la ragguardevole somma di duecentomila sesterzi. Ma non tardò a far sapere come la vedeva lui.

ANTICO E NUOVO TESTAMENTO
Il brutale e sanguinario Dio del Vecchio Testamento, secondo Marcione, non era lo stesso Dio di Gesù, tutto amore, compassione e misericordia. Anzi, gli ebrei probabilmente si ingannavano nel tributare adorazione a un demiurgo rozzo e vendicativo. Era più certo che il vero Creatore fosse un altro, cioè quel deus absconditus cui san Paolo aveva accennato nella sua orazione all'Agorà di Atene. La dottrina di Marcione, anzi, era quasi interamente poggiata sulle insistenze di san Paolo, nelle Lettere, sull'Amore contrapposto alla Legge. La Legge uccide, l'Amore vivifica. La Legge rende schiavi, va temuta, l'Amore invece fa liberi. Una cosa, insomma, è la lettera della Legge, tutt'altra è la misericordia. Ovviamente, Marcione fu educatamente accompagnato fuori. Ma lui insistette col trattato Antitesi, e allora venne scomunicato. Lui, a quel punto, chiese indietro i soldi. Glieli ridiedero. Li usò per creare una sua Chiesa personale, le cui idee presto si diffusero e rimasero in circolazione a lungo anche dopo la sua morte.
Come sempre accade, nel circolare e diffondersi si arricchirono di nuovi particolari e sfumature, tanto che gli apologeti cristiani dovettero intervenire per farvi fronte. Agostino, Tertulliano, Giustino, Policarpo, Ireneo scrissero parecchio, e a buona ragione, visto che dalla contrapposizione tra il cattivo Jahvé e il buon Cristo fiorirono molte delle sette dualiste che impensierirono la Chiesa fino al Medioevo, partendo dai manichei e finendo nei catari.
I marcioniti propriamente detti erano presenti ancora nell'VIII secolo, tant'è che si allearono con gli arabi dell'emiro Al-Wahid contro i cristiani bizantini e nel 719 un sinodo in Armenia dovette reiterare la condanna delle loro dottrine. Le quali sopravvissero nei bogomili bulgari in Oriente e negli albigesi in Occidente (di cui si riuscì a venire a capo solo a mano armata).

LE IDEE SIMIL-CRISTIANE SONO PERICOLOSE
Ma perché la Chiesa è sempre stata di manica larga coi peccatori e i pagani ma feroce con gli eretici? Perché le idee simil-cristiane sono più pericolose della dinamite. Vediamo.
Agostino aveva posto le basi della convivenza tra cristiani ed ebrei, diventati "popolo ospite" dal tempo dell'ultima guerra giudaica: la loro stessa esistenza, col loro culto, dimostrava la verità del cristianesimo, perché il Nuovo Testamento deriva dal Vecchio; inoltre, dice chiaramente San Paolo che, alla fine, essi riconosceranno che Gesù è il Messia. Questo insegnamento di Agostino fu la base della pace tra cristiani ed ebrei per tutto il Medioevo, con i papi che intervenivano a protezione se qualche cristiano sgarrava.
Ma quando, col gioachimismo, riprese quota l'idea di un cristianesimo "spirituale", tornò in voga l'antitesi tra l'"amore" e la "legge". E, con un facile passaggio, tra il Nuovo e il Vecchio Testamento. E chi era che incarnava quest'ultimo? Gli ebrei. Infatti, Lutero nel 1543 scrisse il libello Degli ebrei e delle loro menzogne (che i nazisti tirarono in ballo, a loro difesa, nel processo di Norimberga).
Il filosofo Massimo Borghesi, in un suo saggio del 2001 sulla rivista 30giorni, ricordava che questa storia del "cristianesimo spirituale" contrapposto all'arida materialità della dura dottrina era uno dei cavalli di battaglia degli umanisti (cui la Riforma era tributaria), non a caso un Erasmo da Rotterdam si rallegrava per l'avvenuta espulsione degli ebrei dalla Francia. Scrive Borghesi: "È la stessa contrapposizione che, in forme mutate, ritroviamo nell'illuminismo per il quale al deismo come vera religione (interiore, razionale, universale) si oppone la fede ebraica (esteriore, legalistica, particolare) fondata sulla scandalosa pretesa dell'elezione divina e sulla "schiavitù" della legge". Da qui l'ostilità verso gli ebrei di Voltaire, Edward Gibbon, Kant. E quella di Hegel nei suoi scritti giovanili.

IL RITORNO DI UN'ERESIA MAI SPENTA
E poi venne il turno dei teologi "liberali" alla Von Harnack, impegnati a "depurare" il cristianesimo da ogni incrostazione veterotestamentaria. In Oriente, dove gli ortodossi non avevano mai canonizzato Agostino e, dunque, la posizione degli ebrei era sempre periclitante, Vladimir Solov'ev doveva ricordare ancora alla fine dell'Ottocento che il cristianesimo non è un'idea ma una storia che trae origine dai fatti di un popolo scelto da Dio in una zona geografica precisa (Gli ebrei e la questione cristiana). Ma, da quelle parti, neanche Dostojevskij e Tolstoj erano insensibili al "cristianesimo spirituale". Com'è noto, dei pogrom e delle politiche zariste molti ebrei si ricordarono all'ora della Rivoluzione (anche se poi Stalin ripristinò la vecchia idiosincrasia). Ma non divaghiamo. Come abbiamo visto, l'eresia di Marcione fu un sassolino gettato nell'acqua calma, i cui cerchi concentrici non cessarono mai di allargarsi; di certo oltre la portata delle intenzioni dell'eresiarca, ma di buone intenzioni è lastricato un certo posto. Ed è per questo che la Chiesa, come abbiamo rammentato, ha avuto misericordia per tutto tranne che per le eresie. Infatti, non sai mai dove si vada a parare.
Il concetto dell'amore ("misericordia") da preferirsi alla legge ("dottrina") sta ritornando alla grande, perché ci si dimentica l'aureo principio messoriano dell'"et-et", che contraddistingue il cattolicesimo romano. La Sacra Scrittura è costituita da Antico et Nuovo Testamento. Il Dio dell'uno è lo stesso dell'altro. Gesù non è solo amore ma anche dottrina, anche perché il primo discende dalla seconda. L' "amerai il prossimo come te stesso" non è un'invenzione del Nazareno: Lui stesso ricorda che risale ai Comandamenti di Mosè, e "riassume tutta la Legge e i Profeti" (cfr. il dialogo tra Gesù e lo scriba). Per dirla difficile, non si dà ortoprassi senza ortodossia.
Pascal: "Bien penser pour bien agir". Difficile? Oh, sì. Ma si evita un sacco di guai.

Fonte: Il Timone, gennaio 2017 (n.159)

4 - LA FINE PROSSIMA DELL'UOMO OCCIDENTALE
Sopravvivrà solo se riconoscerà di essere vulnerabile e di aver bisogno sia dell'infinito che dell'eterno
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Il Foglio, 21/01/2017

L'uomo occidentale è finito per carenza di stelle. L'uomo è fatto di desiderio, ha bisogno di alzare lo sguardo a cercare le stelle, de-sidera, ed è questa ricerca che lo tiene dritto in piedi, in vita. È questo lo spazio nel quale si infila la ricerca di infinito. Ma, prima ancora, è questo che lo muove nel desiderio di migliorarsi. Per millenni le narrazioni - da Omero in poi - sono stati racconti di come l'uomo, l'eroe, cercasse di superare se stesso, di trascendersi, di cercare fuori di sé qualcosa che lo eternasse.
A un certo punto l'uomo ha deciso che non aveva più bisogno di nessun cielo sopra la sua testa, ha smesso di costruire cattedrali, ha cominciato a pregare - i pochi che lo facevano ancora - in posti più simili a garage che a chiese, senza liturgia, senza guglie che portassero lo sguardo verso l'alto. Ed è nato l'uomo funzionale all'attuale modello di vita, di produzione di beni, di organizzazione della vita pubblica: è un uomo che vive immerso in una palude di soggettivismo assoluto - proprio così, viviamo in un ossimoro - in cui ogni desiderio non solo può, ma ha il diritto di essere soddisfatto, e ogni limite, anche quello biologico, è avvertito con fastidio come fosse una costruzione fittizia, e non lo spazio che ci è dato di abitare.

CHE FARE DELLA LIBERTÀ?
È un uomo talmente liberato che non sa più che fare della sua libertà: la liberazione sessuale, per esempio, ha abbattuto il desiderio. È un uomo solo, senza vincoli, senza legami, senza storia, con pochissimi o zero figli (i figli sono controindicati, ti costringono a risparmiare sui beni superflui, e se proprio devono nascere decidi tu quando e come). È un uomo che non ha lo sguardo verso il cielo, verso le stelle, ma su se stesso, sul suo inconscio, sulle paturnie o nevrosi, chiamiamolo come vogliamo (io e san Paolo preferiamo dire "l'uomo vecchio"). Un uomo che pensa di non avere bisogno di essere guarito, salvato, redento. Un uomo che pensava che senza obbedire a nessuno sarebbe stato meglio. E non basta la depressione generale a insinuargli dubbi in merito.
Prima l'arte era bella perché parlava della ricerca di Dio, adesso ritrae l'uomo che cerca se stesso, per questo è tendenzialmente brutta. Prima la letteratura mostrava il corpo a corpo dell'uomo col suo destino eterno, adesso si portano molto i racconti di piccole felicità trovate nelle piccole cose (si vincono anche i premi Strega così), adesso è l'epoca in cui un candidato al Nobel per la letteratura lancia l'idea di scrivere i dieci motivi per cui vale la pena vivere, e mette in testa la mozzarella. È evidente, quando si vive per sé bisogna trovare in sé le ragioni. Ma non è che reggano tanto. Il punto è che noi siamo nani coi trampoli, siamo creature di fango che il soffio di Dio ha reso poco meno degli angeli. Noi da soli non siamo capaci di infinito, perché veniamo dal cuore di Dio e a lì vogliamo tornare.

C'ERA UN CIELO SOPRA LE TESTE
Non che prima di questa idea di uomo la gente fosse tutta mistica, protesa all'infinito. Ma c'era un cielo sopra le teste, questo è sicuro, e la vita aveva una sua pedagogia. Era il tempo in cui il problema era come fare a vivere, non trovare una ragione per farlo. Quando si teme per la propria sopravvivenza è più facile prendere atto del fatto che non dipende da noi. Quanto al tema di soddisfare tutti i desideri, il problema non si poneva proprio (e il fatto di non soddisfarli li teneva vivi). Anche quando non è stata in questione la sua sussistenza, l'uomo viveva contenuto in una sorta di esoscheletro che lo teneva dritto, norme e convenzioni definivano il recinto dei suoi limiti.
Aperto e scoperchiato tutto, l'unico antidoto alla morte per estinzione dell'uomo occidentale è innanzitutto riconoscere e dichiarare il proprio bisogno, dichiarare la propria vulnerabilità. E può essere quella la ferita aperta, divenuta feritoia, che fa passare Dio, l'unico che può soddisfare il nostro infinito desiderio, quello per cui è fatto il nostro cuore. L'uomo secondo Cristo è un uomo meraviglioso, che fa figli e migliora il mondo e lo feconda e lo costruisce per loro, che salva il seme delle cose belle per i figli suoi e degli altri, che protegge i deboli, che cura i malati, visita i carcerati. L'uomo secondo Cristo fa le cose bene, non è un cialtrone: il buon samaritano, che Gesù stesso prende a esempio di amore per il prossimo, è uno che cura i suoi affari, e grazie a questo ha i soldi per pagare un albergatore che si prenda cura del ferito. È un uomo che costruisce per domani perché sa che qui non è che l'inizio della sua vita, che è eterna. È un uomo che si sa amato teneramente dal Dio che ha inventato gli atomi e i ghiacciai, e il figlio del Re è padrone di tutto e libero, non ha nemici perché ha già vinto, e sa che l'unica battaglia che gli rimane è quella contro l'uomo vecchio, quella che gli impedisce di dire sì a Dio, e riconoscersi veramente figlio. E felice.

Fonte: Il Foglio, 21/01/2017

5 - TAKAYAMA, IL SAMURAI DI CRISTO, E' STATO BEATIFICATO
Il martirio dell'aristocratico che non rinnegò il Vangelo
Fonte Avvenire, 06/02/2017

Sarà beatificato martedì 7 febbraio a Osaka in Giappone Justo Takayama Ukon (1552-1615), più conosciuto come il "samurai di Cristo". La Messa sarà presieduta dal cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, che a Radio Vaticana spiega: «Aveva colto il messaggio centrale di Gesù, che è la legge della carità. Per questo era misericordioso con i suoi sudditi, aiutava i poveri, dava il sostentamento ai samurai bisognosi. Fondò la confraternita della misericordia. Tutto ciò provocava stupore e desiderio di imitazione».
Aggiunge ad Avvenire Joseph Mitsuaki Takami, il 71enne arcivescovo di Nagasaki presidente della Conferenza episcopale giapponese: «La personalità umana e la vita cristiana di Takayama ne fanno un modello per i cattolici giapponesi di oggi, un incoraggiamento a vivere la fede mettendo in pratica iniziative di misericordia che piacciono a Dio».

UNA FAMIGLIA DI DAIMYO CONVERTITA A CRISTO
Takayama era nato in una famiglia di daimyo, l'aristocrazia feudale giapponese. Quando aveva 12 anni, suo padre Dario, affascinato dalla predicazione di san Francesco Saverio che nel 1549 aveva introdotto il cristianesimo Giappone, si era convertito con tutta la famiglia. Justo era il nome che gli aveva dato il gesuita padre Gaspare di Lella al momento del Battesimo.
I Takayama erano una famiglia influente e la loro protezione permise ai missionari gesuiti e francescani di diffondere il Vangelo. Questo "successo" accese il fuoco della persecuzione da parte dello shogunato, il potere militare giapponese. I missionari furono espulsi e i cattolici giapponesi convinti ad abiurare. La famiglia Takayama non si piegò: rinunciò agli onori e alle proprietà ma rimase salda nella fede. Il 5 febbraio 1597 fu ordinata l'esecuzione di 26 cattolici, stranieri e giapponesi: furono crocifissi tutti a Nagasaki dove oggi il Museo dei martiri ricorda una delle pagine più tremende della chiesa nipponica.
Nonostante le forti pressioni cui era sottoposto - l'abiura da parte di un personaggio del suo rango avrebbe rappresentato una vittoria per lo shogunato - Justo Ukon continuò a professarsi discepolo di Cristo. La povertà e gli stenti, in parte alleviati dagli amici aristocratici di un tempo, ne minarono la salute.

IL SAMURAI DI CRISTO
Nel 1614 lo shogun bandì definitivamente il cristianesimo dal Giappone e Justo si mise alla testa di un gruppo di 300 cattolici per guidarli nell'esilio verso le isole delle Filippine. Il gruppo si stabilì a Manila, ma l'inverno rigido aggravò la condizione fisica di Justo Ukon già resa precaria dalle persecuzioni subite in Giappone. Il "samurai di Cristo" morì il 3 febbraio 1615.
Il 21 gennaio 2016 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto per la beatificazione riconoscendone il martirio. Justo Ukon «sarà beatificato come martire -nonostante non abbia avuto una morte violenta -, in considerazione del fatto che questa è stata conseguenza delle sofferenze affrontate per conservare la fede. Tutto ciò rappresenta un buon messaggio per il mondo di oggi», racconta ad Avvenire il gesuita padre Renzo De Luca, direttore del Museo dei martiri di Nagasaki visitato ogni anno da oltre 35 mila visitatori di tutto il mondo. Il sito ricorda i 26 cristiani crocifissi nella città il 5 febbraio 1597 e poi canonizzati nel 1862 da Pio IX che vengono elencati nel martirologio romano come san Paolo Miki e compagni.

Nota di BastaBugie: nel contesto della persecuzione giapponese del XVII secolo ci fu anche la grande rivolta dei samurai cristiani nel 1637 che è stata narrata da Rino Cammilleri nel quaderno del Timone "Shimabara no ran. La grande rivolta dei samurai cristiani". Duramente perseguitati, circa quarantamila cristiani giapponesi, donne e bambini compresi, si arroccarono alla penisola di Shimabara, nel castello i Hara, tenendo testa per cinque mesi al più grande esercito di samurai che la storia del Giappone avesse mai visto. Vennero tutti massacrati. Poi il Giappone si chiuse al mondo esterno. Quando, dopo due secoli, i missionari europei poterono tornare trovarono i discendenti di quegli antichi cristiani che avevano conservato la fede, tramandandosela nella clandestinità. Solo alla fine del XIX secolo cessarono le persecuzioni dei cristiani nel Sol Levante. I pochi rimasti vivevano quasi tutti a Nagasaki. E furono centrati da una delle due bombe atomiche...


https://www.youtube.com/watch?v=k4P0yQeQIT4

Fonte: Avvenire, 06/02/2017

6 - GIORNALI E TV CONTRO L'OTTIMO STRATEGA DI TRUMP
Ce l'hanno con Stephen Bannon perché dice che dobbiamo recuperare i fondamenti spirituali e morali del cristianesimo
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 12/02/2017

Nell'attacco conformista dei media a Trump c'è un bersaglio polemico speciale: Stephen K. Bannon, lo stratega del nuovo presidente.
I media - che hanno militato per Hillary Clinton - hanno fatto di lui una sorta di "uomonero", un Rasputin, ricorrendo ai più stantii codici della demonizzazione.
D'altronde i media sono parte dell'establishment e come tali sono trattati da Trump e da Bannon. Il quale Bannon è un tipo che si rivolge al "New York Times" e agli altri fogli liberal affermando che sono "media delle élite" e non hanno "nessuna autorità" per dire ciò che gli americani vogliono dal nuovo presidente.
Bannon afferma che il sistema mediatico è stato letteralmente "umiliato" dal voto degli americani ed è oggi - di fatto - "il partito di opposizione" dell'attuale amministrazione.
Aggiunge che "i media dovrebbero essere imbarazzati e umiliati" per lo smacco subito e dovrebbero "tenere la bocca chiusa per un po' " per "imparare ad ascoltare".
Perché essi "non capiscono questo paese e continuano a non capire il motivo per cui Donald Trump è il presidente degli Stati Uniti".
Il risultato delle elezioni - prosegue - dimostra che "i media d'élite hanno sbagliato al 100 per cento, hanno avuto torto marcio" e la vittoria di Trump è stata per loro "una sconfitta umiliante che non potranno mai lavare via, che sarà sempre lì". Ecco perché - dice Bannon - "non avete più il potere. Siete stati umiliati".

CHI E'
E' ovvio che un tipo simile sia detestato dal sistema mediatico. Ma non si capisce perché i giornali italiani lo demonizzano scimmiottando quelli americani e non hanno la minima curiosità di capire il suo pensiero.
Intanto va detto che viene da una famiglia irlandese, di operai, cattolici ed elettori democratici. Dettagli molto importanti per capire il Bannon di oggi.
Il quale ha un curriculum di tutto rispetto: laurea in pianificazione urbana, poi master alla Georgetown University, quindi un MBA con lode alla Harvard Businnes School. Si arruola come ufficiale nella Marina, poi approda alla Goldman Sachs, la potentissima banca d'affari dove capisce come funzionano le élite, quindi va a lavorare a Los Angeles nel mondo della produzione e della distribuzione e nel 2012 diventa executive chairman di "Breitbart" facendone uno dei più importanti network conservatori: è vicino al "Tea party", contro il "politically correct" dei liberal, contro l'aborto e pure contro l'establishment repubblicano che - come i democratici - non si cura dei "dimenticati" e del massacro sociale provocato dalla globalizzazione e dalla crisi.
Nel 2016 diventa coordinatore della campagna elettorale di Trump e oggi è membro del Consiglio per la Sicurezza nazionale.
C'è una sintesi del suo pensiero in una conferenza tenuta nel 2014 all'Istituto "Dignitatis humanae", vicino al card. Burke.

IL SUO PENSIERO
Provo a riassumere. Il benessere diffuso dal capitalismo nelle società occidentali deriva dai suoi fondamenti giudaico cristiani.
Sennonché "cento anni fa (nel 1914) l'attentato di Sarajevo dette inizio al grande macello della Prima Guerra mondiale che segnò la fine dell'epoca vittoriana e l'inizio del secolo più sanguinoso nella storia del genere umano. Fino a quell'attentato il mondo era in pace. C'era commercio, c'era la globalizzazione, c'era lo scambio tecnologico… e la fede cristiana era predominante in tutta Europa. Sette settimane più tardi c'erano cinque milioni di uomini in uniforme e dopo trenta giorni si contava già un milione di vittime".
Così sono arrivati i totalitarismi. "Quella guerra" dice Bannon "ha innescato un secolo di barbarie senza precedenti nella storia dell'umanità. Dai 180 ai 200 milioni di persone sono state uccise nel XX secolo. Siamo figli di quella barbarie che in futuro sarà considerata un'epoca oscura".
Secondo Bannon "ciò che ci ha portato fuori" da essa non è stato solo l'eroismo americano sulle spiagge della Normandia, ma la cultura giudaico-cristiana che ha combattuto la barbarie ateista.
Il capitalismo ci ha dati i mezzi e la ricchezza per riportare la pace e per dare il benessere ai popoli, ma un capitalismo animato dalla cultura giudaico-cristiana.
Oggi siamo alla crisi del capitalismo, dell'occidente, della cultura giudaico-cristiana e della fede.
Bannon sosteneva, nel 2014, che siamo alle fasi iniziali di "un conflitto molto brutale e sanguinoso" e se non lotteremo per la nostra fede, tutti insieme, "contro questa nuova barbarie" sarà sradicato "tutto ciò che ci è stato lasciato in eredità nel corso degli ultimi 2.500 anni".
Bannon ricorda, per esempio, che "siamo in guerra aperta contro il fascismo islamico jihadista", che si è diffuso in Africa e "sta per venire in Europa".

DIVERSI CAPITALISMI
Poi spiega che ci sono nel mondo diversi tipi di capitalismo. C'è quello "sostenuto dallo Stato" in Cina.
Inoltre in Occidente si è imposto - dopo il '68 - "un capitalismo del tutto estraneo ai fondamenti spirituali e morali del cristianesimo e della cultura giudaico-cristiana".
Esso guarda alle persone come "materie prime", come merce ed è andato di pari passo con "l'immensa secolarizzazione dell'occidente".
Bannon parla delle élite globalizzate ("il partito di Davos") e sostiene che il governo americano ha fatto pagare il botto della bolla speculativa del 2008 non a loro, ma al ceto medio e alle classi popolari.
Da questa crisi del capitalismo si può uscire solo - secondo Bannon - tornando ai suoi fondamenti morali e spirituali, alle sue radici giudaico-cristiane che hanno dato pace e prosperità alle nazioni, ai ceti medi e popolari.
Un pensiero non banale. Che i media preferiscono ignorare.

Fonte: Libero, 12/02/2017

7 - CARI VESCOVI, AL SINODO SUI GIOVANI, PARLATE AI RAGAZZI DI COSE GRANDI
Attira la radicalità di Cristo, cioè la Verità senza sconti (non servono tecniche pastorali, strategie comunicative, concerti)
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 17/01/2017

È cominciata la preparazione al prossimo Sinodo dei vescovi (ottobre 2018), che sarà sul tema dei giovani e del discernimento vocazionale. Ho letto il documento preparatorio, ho letto la lettera del Papa, ho assistito alla conferenza stampa di presentazione, ma più che in qualità di giornalista vorrei dire qualche cosa ai nostri pastori in qualità di mamma di giovani, e anche da ex giovane che ha fatto, pur se a tentoni, il suo cammino di discernimento vocazionale, con catechismo, corsi e direttori spirituali.
Ho notato nel documento, e nel questionario lanciato (che presto sarà online) un grande e sincero desiderio di ascoltare i giovani, di capire cosa è nel loro cuore. Mi è sembrato di cogliere un tentativo di entrare in sintonia, di ascoltare, di seguire. È bello, davvero, ma c'è un rischio. Non penso che ci sia tanto bisogno di ascoltare, se inteso come tentativo di inseguire i giovani sul loro terreno, perché lì saremo sempre perdenti, saremo ridicoli se proveremo a parlare la loro lingua a noi giustamente impenetrabile. Mi sembra invece che manchi una cosa, che è quella che fa funzionare le esperienze vocazionali di cui so.

VERI PASTORI, UOMINI VIRILI
Queste esperienze sono quelle in cui veri pastori, uomini virili, dicono ai ragazzi che devono buttare via tutto quello su cui hanno fondato le loro certezze prima di incontrare Cristo, devono fare un'esperienza personale e radicale di incontro con l'unico buono, perché l'uomo da sé non è capace di bene, devono partire come Abramo - che è l'immagine da cui parte il Papa - alla ricerca dell'amicizia vera con Dio, quella che i ragazzi forse hanno solo annusato da lontano. Bisogna far capire loro che quello è un grosso affare, e che conviene investirci tutto, buttare il resto, e che non si può salvare qualcosa della vita di prima, perché in questa caccia al tesoro non ti devi distrarre.
I giovani hanno sete di radicalità, di assoluto, di cose grandi. I giovani, i migliori di loro, non tollerano le ingiustizie, le falsità, l'incoerenza, hanno un radar potentissimo contro le falsità. I sacerdoti che hanno il maggior seguito di ragazzi sono quelli che più che stare ad ascoltarli, annunciano loro la radicalità di Cristo: senza di me non potete far nulla. Non cercano di lisciare loro il pelo, come si dice, non li assecondano. Non fanno concerti o balletti per cercare di attrarli. Ricordo che da ragazza questa era una cosa che mi irritava un sacco. Io dalla Chiesa non volevo proposte di pizzate o iniziative conviviali. Se avessi voluto quello sarei andata a cercare i ragazzi più di moda, quelli fighi veri (che negli anni '80 erano i paninari, a Perugia "quelli della Jeans West", casta da me inavvicinabile in quanto sprovvista della divisa di ordinanza, Timberland e Moncler). Va be', mi piacevano, ma non tanto come quella cosa che avevo intuito. Invece a 16 anni partii e andai col treno all'altro capo di Italia, solo per sentire ancora parlare Suor Elvira della comunità Cenacolo di Saluzzo, una suora che, per prima, mi parlava di castità, della mia grandezza in quanto donna, delle mie potenzialità di futura madre, e mi faceva battere il cuore dicendomi che una donna consegnata a Dio poteva cambiare il mondo, ma che tutto sarebbe partito dalle ginocchia. Dalla preghiera. Dal digiuno. Quanti sacerdoti hanno ancora il coraggio di proporre queste cose? Quanti fanno sconti temendo di allontanare la gente, e invece che far crescere vocazioni creano parcheggi (molte parrocchie sono parcheggi)? Non c'è bisogno di convincere le folle, basta qualcuno, qualche giovane santo, che attrarrà gli altri a frotte (come Chiara Corbella Petrillo, come san Jose Sanchez Del Rio, come Carlo Acutis).

PARTIRE DALLA VERITÀ
Non si può sperare in una società più giusta se non si parte dalla verità: noi siamo mendicanti. Noi siamo feriti dal peccato originale. Noi siamo destinati a morire, e con questo dobbiamo fare i conti. Perché c'è una speranza. Dicono che uno sia risorto, e possiamo decidere se scommetterci su tutto, oppure no. Ma non si può proporre un cristianesimo a base di concertini o di concorsi sul presepe più bello, un cristianesimo che assomiglia al mondo migliore che vogliono tutti, con in più Cristo, così, come accessorio, una specie di ciliegina sulla torta. La Chiesa tornerà a sedurre - magari pochi, pochissimi, il piccolo gregge, d'altra parte il lievito è un pizzico rispetto alla farina - quando avrà il coraggio di dire che i nostri matrimoni sono diversi, che la nostra ecologia è diversa, che la nostra giustizia è diversa, perché noi supplichiamo a Dio la grazia di mantenerci giusti, ecologisti e sposati solo perché abbiamo incontrato Cristo. E allora sembriamo sposati come gli altri, mettiamo le bottiglie nella differenziata come gli altri, ma per noi tutto parte da un incontro che cambia le cose in modo sostanziale.
Senza Cristo siamo dei poveracci, dei miserabili. I giovani vogliono qualcuno che dica loro la verità, senza sconti. Venite e vedrete, scrive il Papa ai giovani. La meta ultima di questo viaggio è il nostro cuore, quello nel quale avviene l'incontro che ci salva, che ci definisce. Non credo che servano pastorali, tecniche, strategie comunicative. Serve che noi guide - anche io mi ci metto, da mamma - ci convertiamo seriamente. Che chiediamo al Signore di farsi carico delle nostre povertà. Che (ri)cominciamo a pregare seriamente. Che chiediamo a Dio di farci santi, cioè totalmente abbandonati al suo amore, totalmente confidenti nella sua iniziativa, veramente figli. I giovani non ci seguono quando non siamo credibili, quando non vedono che ci facciamo carico gli uni dei pesi degli altri, perdendoci qualcosa di tasca nostra. I giovani vogliono roba forte (non è un caso che Mein Kampf sia risultato nella classifica dei libri più amati indetta dal Miur: vogliamo lasciare che sia quella roba lì a rispondere alla sete di radicalità dei giovani? Vogliamo lasciare che chi cerca roba forte trovi quello? In un'epoca in cui tutto è sempre più fluido e relativo, noi che sappiamo chi è la Verità vogliamo addomesticare le cose per renderle meno spigolose?). I giovani, i migliori di loro, sono pieni di energie, vogliono spaccare il mondo, vogliono qualcosa per cui combattere. Bisogna dire loro chi è il vero nemico: è il diavolo, è il peccato, e il campo di battaglia il nostro cuore, e la meta la vita eterna. Non servono tanti sondaggi per capire che solo questo infiamma i cuori, solo questo li attrarrà più del mondo. Sennò, se dobbiamo scimmiottare il mondo, preferiranno l'originale (che il principe del mondo le sue cose le sa fare meglio di noi).

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 17/01/2017

8 - IN VENDITA LIBRI GENDER NELLE LIBRERIE DEI PAOLINI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Trump conferma l'ordine di Obama sulla tutela dei gay, in Spagna istituita la polizia che punisce i ''crimini'' di omotransfobia, Mediaset porta in tavola la ''genitorialità'' gay
Autore: Andrea Zambrano - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-02-2017

A forza di bussare dalla porta di servizio alla fine la gender revolution è entrata di diritto dalla porta principale. Si chiama Storie per bambine e bambini ed è uno degli ennesimi libri ispirati all'ideologia del gender. Stavolta però non si tratta di una qualche casa editrice più o meno lobbistica che fa capolino nelle librerie o nelle biblioteche civiche per istruire i giovani virgulti alla fluidità di genere. No, il libro porta il timbro delle edizioni San Paolo. Un colosso dell'editoria cattolica. Anzi, per migliaia di catechisti, sacerdoti e famiglie, l'editrice cattolica per eccellenza.

UNA RACCOLTA DI STORIE LIBERE DA STEREOTIPI E PREGIUDIZI
Non precipitatevi in libreria a comprarlo. Il testo infatti uscirà a marzo, ma una descrizione dell'opera è presente nelle librerie on line. Leggiamo la scheda del libro:
"Una raccolta di storie pensate per offrire alle piccole lettrici e ai piccoli lettori un insieme variegato di personaggi e situazioni in grado di offrire un immaginario sul femminile e sul maschile libero da stereotipi e pregiudizi. C'è la sirena Ornella, protagonista de "La sirena e il bambino", che non ama cantare, non cura molto il suo aspetto fisico e ha una grande passione - studiare le stelle - che insegue con forza e tenacia. Ci sono poi Viola e Margherita, "Due gemelle per la pelle", che rappresentano due modi completamente differenti di essere bambine, e poi ancora, la piccola Alice che grazie all'aiuto di una simpatica babysitter riesce a vedere con occhi diversi i suoi genitori: non solo come "il suo papà e la sua mamma" ma come una bellissima coppia. E poi c'è Andrea che da grande sogna di guidare il taxi, proprio come la sua mamma. Età di lettura: da 4 anni".
Forse è bene partire dalla fine, cioè dall'età di lettura consigliata. Che se un maschietto di 4 anni in quel momento sta giocando con i soldatini è bene che sappia che può giocare tranquillamente con le bambole perché in fondo certe ideologie entrano meglio ad una tenera età. Ovviamente che il libro sia gender oriented lo si deduce da alcune parole talismano che giustificano le storie: stereotipi, pregiudizi, ma lo si comprende bene anche dalla spiegazione offerta dall'ufficio marketing della San Paolo per le librerie: "Le storie – ricche di illustrazioni colorate e divertenti affrontano i temi del rispetto e delle pari opportunità tra maschi e femmine". Ora, che un bambino di 4 anni sia costretto a bersi la cicuta del mito delle pari opportunità, già questo è alquanto rischioso.

UNA CULTURA DELL'EGUAGLIANZA?
Ma è con il riferimento all'autrice, la pedagogista di genere Irene Biemmi, che si capisce come finalmente certe operazioni lobbistiche a forza di spingere l'acceleratore siano riuscite a entrare anche nel mondo dell'editoria cattolica. L'autrice è presidente di Rosaceleste, associazione dedicata alla promozione della parità tra i generi e alla lotta agli stereotipi e alla violenza. Ecco sciorinate in poche parole i concetti fondamentali che hanno costituito l'architettura fondante dei cosiddetti gender studies: il genere uomo/donna come costruzione sociale provocato da stereotipi e foriero di violenza.
Rosaceleste infatti ha svolto anche convegni e spettacoli "destrutturare gli stereotipi di genere: per una cultura dell'eguaglianza tra i sessi nell'educazione e nel lavoro".
Recentemente infatti in tribunale a Firenze è andato in scena uno spettacolo sull'educazione di genere curato proprio da Biemmi, che viene presentata come una accesa nemica dell'educazione sessista: "Nei libri di lettura viene rappresentato un mondo popolato da valorosi cavalieri, dotti scienziati, padri severi, madri dolci e affettuose, casalinghe felici, streghe e principesse che nutre l'immaginario di bambine e bambini, che strutturano le rispettive identità di genere sulla base dei modelli proposti. Scopo della conferenza spettacolo Rosaceleste, che da questa ricerca prende spunto, è decostruire, disarticolare, smontare l'assunto di una "naturalità" delle differenze tra maschi e femmine, svelando alcuni dei meccanismi culturali che stanno a fondamento di un preciso addestramento sociale ai ruoli di genere, attivato sia a scuola che in famiglia".
Basterebbe fermarsi qui, alla necessità di smontare "l'assunto di una naturalità delle differenze tra maschi e femmine", per capire il tranello, che porta a promuovere un'antropologia che nega la natura umana e che in fondo non è altro che l'applicazione pedagogica del rifiuto del progetto creatore di Dio sull'uomo e dello svilupparsi della sua progettualità. Un progetto creativo - giova sempre ricordarlo - che ha permesso alla Chiesa di diffondere il concetto di persona nella differenza tra i sessi e che nessuno pretendeva venisse imposto nelle librerie laiche e generaliste italiane, ma che, almeno, si sperava fosse ancora valido in quelle che tutti riconoscono come cattoliche. Si vede che anche alla San Paolo hanno cambiato idea e che il tarlo catto-gay ha attecchito anche tra gli scaffali.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

TRUMP CONFERMA L'ORDINE DI OBAMA SULLA TUTELA DEI GAY
L'ex presidente Obama aveva varato un ordine esecutivo che imponeva alle aziende che avevano rapporti commerciali con il governo particolari vincoli in ordine alla tutela delle rivendicazioni di omosessuali e transessuali. In buona sostanza si doveva dimostrare di essere gay friendly.
Ora Donald Trump ha confermato questo ordine esecutivo anche per il futuro. Ciò non deve sorprendere. Per Trump il voto dei gay era fondamentale per vincere ed infatti al tempo della corsa alla Casa Bianca c'erano gruppi pro Trump dichiaratamente omosessuali che vendevano le proprie magliette anche sul sito ufficiale dell'attuale presidente.
(Gender Watch News, 01/02/2017)

IN SPAGNA ISTITUITA LGTBIPOL, LA POLIZIA CHE PUNISCE I "CRIMINI" DI OMOTRANSFOBIA
In Spagna, paese in prima linea nella lotta all'omofobia e alla promozione di ogni genere di tendenza sessuale, è ora la volta della polizia specializzata in "crimini" di omotransfobia.
LGBTIpol, questo il nome della neonata associazione, composta da agenti della Guardia Civil e del Cuerpo Nacional de Policía, si avvarrà nel suo operato del supporto dell'Asociación de abogados contra los delitos de odio, presieduta da Manuel Ródenas.
Il nuovo corpo di polizia arcobaleno è stato presentato lo scorso 12 gennaio presso l'ambasciata italiana di Madrid, ricevendo l'applauso entusiasta del nostro ambasciatore Stefano Sannino, dichiaratamente gay e sposato con un catalano di Barcellona, che ha così salutato l'iniziativa:
«L'obiettivo è che tutti possiamo vivere in pace con il nostro modo di essere e che non dobbiamo più lottare quotidianamente per far valere i nostri diritti».
La costituzione di Lgtbipol ha sollevato prevedibili polemiche tra cui quella di Rocío Monasterio, responsabile per gli Affari sociali del partito Vox, che sui social ha così criticato l'istituzione di un ente "fortemente ideologizzato": «Abbiamo bisogno di un corpo di polizia specifico per ogni tipo di reato e movimento? Ci sarà una polizia religiosa? Un'altra per i crimini contro le persone eterosessuali?».
Si sente spesso parlare di Gaystapo, neologismo che contrae le parole Gay e Gestapo, per sottolineare eufemisticamente il carattere poliziesco di una certa modalità di agire del movimento gay, volta ad identificare e colpire con ogni mezzo i dissidenti del regime LGBT+.
Ora, con la creazione della Lgtbipol dalla fantasticheria si è passati alla drammatica realtà. Compito del corpo di polizia appena istituito sarà infatti andare a caccia degli psicoreati per far dormire sonni tranquilli ai tiranni dell'odierno totalitarismo gender.
(Rodolfo de Mattei, Osservatorio Gender, 6 febbraio 2017)

MEDIASET PORTA IN TAVOLA LA "GENITORIALITÀ" GAY
E' andata in onda per la prima volta ieri sera, su Canale 5, la prima puntata della serie "Amore pensaci tu".
Seguiranno altre nove puntate di questo debutto prime time, che racconta la quotidianità di alcune famiglie assolutamente diverse dal modello tradizionale. Fra le varie coppie di divorziati, accompagnati e via di scorrendo, non poteva mancare quella composta da due uomini omosessuali, Francesco e Tommaso - interpretati da Fabio Troiano e Giulio Forges Davanzati - alle prese con la crescita di una nipotina che è stata a loro affidata, e con una suocera molto caratteriale.
La scelta di aver affidato a questo "modello" di coppia gay una nipote potrebbe non essere casuale: sdoganate le unioni fra persone dello stesso sesso ora manca la possibilità di far avere loro dei figli, comprati o fabbricati su misura che siano, e questa mancanza in Francesco e Tommaso potrebbe proprio essere volta a questo, cercando di impietosire e nel medesimo tempo sensibilizzare il pubblico ad una tematica ancora (forse per poco) così osteggiata.
Un vero e proprio progetto avente lo scopo di portare sulla rete Mediaset le cosiddette "famiglie di fatto", addomesticando le menti a vedere come normale la "paternità" composta da una coppia di uomini alle prese con la società odierna.
Insomma, si tratta di un palese lavaggio del cervello studiato con quella minuziosità tipica di chi, attraverso il potere mediatico, infrange i limiti della normalità e del buon senso comune.
(Cristiano Lugli, Osservatorio Gender, 18 febbraio 2017)

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 04-02-2017

9 - OMELIA VIII DOMENICA DEL T. ORD. - ANNO A (Mt 6,24-34)
Cercate, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26 febbraio 2017)

Il Vangelo di questa domenica ci insegna ad avere una fiducia illimitata nella Divina Provvidenza. Parlando alle folle, Gesù afferma solennemente: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza» (Mt 6,24). I due padroni che si contendono l'uomo sono Dio e la ricchezza. La ricchezza seduce l'uomo per farne uno schiavo, Dio lo attira per fare di lui un figlio libero. La scelta dell'uomo è dunque tra un bene effimero e ingannevole e il Bene sommo e necessario, tra la schiavitù e la libertà dei figli di Dio.
Dopo l'iniziale affermazione, il discorso di Gesù si fa pressante, inesorabile, per fugare dall'uomo uno dei mali che è di tutti i tempi e che sembra caratterizzare in modo particolare il mondo in cui viviamo oggi. Questo male è la preoccupazione, l'ansia, l'assillo, l'affanno che invadono l'uomo di fronte al bisogno quotidiano e all'incertezza del futuro. L'angosciosa preoccupazione per i beni della terra è contraria alla fede nell'amore premuroso e provvido del Padre Celeste.
Nella prima lettura, questo amore premuroso e provvidente di Dio è descritto come l'amore di una madre: «Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai» (Is 49,15). Tante volte potrebbe sopraggiungere la tentazione di considerarci abbandonati da Dio, di pensare che Egli non si prenda più cura di noi. Di fronte a questa tentazione dobbiamo reagire prontamente con la preghiera e con la meditazione della Parola di Dio.
Per descrivere la premura più che materna della Divina Provvidenza, Gesù si serve di paragoni molto belli desunti dal creato, paragoni che erano certamente molto familiari agli ascoltatori del Maestro che, per lo più, erano pastori e contadini. Egli parla dei gigli del campo e degli uccelli del cielo ed invita a considerare come il Padre Celeste si prende cura di loro: «Guardate gli uccelli del cielo: non seminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro Celeste li nutre» (Mt 6,26). E, subito dopo, afferma: «Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro» (Mt 6,28-29).
Gesù, dunque, ci esorta a non preoccuparci: noi valiamo molto più degli uccelli del cielo e dei gigli del campo. Se Dio ci ha dato il bene preziosissimo della vita, che costituisce il più, perché non dovrebbe o non potrebbe provvedere a ciò che serve al nostro sostentamento, che è il meno? Come fare per sperimentare questa Provvidenza? Gesù ce lo dice chiaramente: «Cercate [...], anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta» (Mt 6,33). Dobbiamo dunque mettere le esigenze di Dio al primo posto nella nostra vita. Se, invece, faremo come i pagani, e ci preoccuperemo per l'avvenire, e metteremo queste esigenze terrene al di sopra di tutto, allora non otterremo l'aiuto tanto necessario.
Questa fiducia illimitata nella Divina Provvidenza non dispensa l'uomo dall'impegno per le cose della terra. Le parole che abbiamo ascoltato non sono un invito alla pigrizia, alla spensieratezza e ad aspettare che la Provvidenza piova dal cielo senza alcuna nostra collaborazione. Il nostro impegno ci dovrà sempre essere e, insieme al nostro impegno, verrà l'aiuto divino. Con frase molto profonda, san Massimiliano Maria Kolbe insegnava che bisogna "occuparci" ma mai "preoccuparci". Questo, penso, sia l'insegnamento più profondo della pagina evangelica di oggi.
Già un saggio dell'antichità pagana, il noto Seneca, diceva che non si deve sciupare il tempo presente con la paura del futuro. A questa sapienza umana, il Vangelo aggiunge la vastità degli orizzonti divini e la certezza che lassù in cielo non vi è una divinità indifferente a ciò che capita quaggiù sulla terra, ma vi è Dio che vede e provvede. Abituiamoci a vedere nelle piccole cose di ogni giorno un segno della sua bontà. Quanto più aumenterà la nostra fiducia, tanto più cresceranno gli aiuti di Dio.
Terminiamo questa omelia con una frase che Gesù diceva ad un'anima privilegiata, una frase che sintetizza molto bene il messaggio delle letture odierne: «Se Io sono buono per tutti, sono buonissimo verso coloro che hanno fiducia in me. Sai quali sono le anime che approfittano di più della mia bontà? Sono quelle che prima di tutto hanno fiducia... Le anime fiduciose rubano le mie grazie».

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 26 febbraio 2017)

10 - OMELIA MERCOLEDI' DELLE CENERI (Mt 6,1-6.16-18)
Il Padre tuo, che è nel segreto, ti ricompenserà
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1 marzo 2017)

È iniziata la Quaresima. Questo tempo che dura quaranta giorni è il "tempo favorevole" per la nostra conversione, per prepararci nel modo migliore alla celebrazione della Pasqua. Le letture ci offrono diversi spunti di meditazione. La prima lettura ci invita a una profonda conversione. Il signore così ci dice per bocca del profeta Gioele: "Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio, perché egli è misericordioso e pietoso" (Gl 2, 12-13). Dobbiamo convertirci e dobbiamo pregare per la conversione dei nostri fratelli. Infatti, poco più avanti, il Profeta così scrive: "Tra il vestibolo e l'altare piangono i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano: "Perdona, Signore, al tuo popolo e non esporre la tua eredità al ludibrio e alla decisione delle genti"" (Gl 2,17).
Tutti noi, certamente, abbiamo bisogno di conversione, ma non possiamo disinteressarci di tanti nostri fratelli e sorelle che vivono come se Dio non esistesse e vanno verso la loro perdizione. Per loro dobbiamo innalzare continuamente le nostre preghiere, come i sacerdoti di cui parla Gioele, e implorare per tutti misericordia.
Cogliamo l'invito di San Paolo apostolo che così ci dice: "Lasciatevi riconciliare con Dio" (2Cor 5,20). Ci riconcilieremo con Dio ogni volta che ci accosteremo al sacramento al sacramento della Confessione che è l'incontro tra la Misericordia di Dio e l'umiltà dell'uomo pentito. Prepariamoci con cura a questo incontro, con un buon esame di coscienza, con vivo dolore, fermo proposito tra la Misericordia di Dio e l'umiltà dell'uomo pentito. Prepariamoci con cura a questo incontro, con un buon esame di coscienza, con vivo dolore, fermo proposito e una accusa sincera di tutti i nostri peccati.
Infine il Vangelo ci dà tre preziosi insegnamenti.
Il primo riguarda la preghiera, una preghiera fatta con il cuore, una preghiera che deve diventare un dialogo d'amore con Dio. Gesù, infatti, dice: "Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che è nel segreto, ti ricompenserà" (Mt 6,6).
Il secondo insegnamento si riferisce all'elemosina, ovvero alla carità fraterna che riveste tante forme diverse. Gesù ci insena a praticare queste opere di misericordia non per essere lodati dagli uomini, ma unicamente per fare del bene. Riguardo a quelli che fanno del bene per essere approvati dagli altri, Gesù dice: "Hanno già ricevuto la loro ricompensa. Invece, mentre tu fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra" (Mt 6,2-3).
Il terzo insegnamento è quello del digiuno. Il digiuno è una forma di penitenza che in questa Quaresima non dovrà mancare. Digiunare significa togliere qualcosa dalla nostra tavola per darla a che non ne ha. In senso ampio significa rendere più sobria la nostra vita, eliminando sprechi e spese inutili, per favorire la preghiera e la carità fraterna. Se la nostra preghiera sarà accompagnata dall'elemosina e dal digiuno, diverrà molto potente presso il Cuore di Gesù e ci otterrà tutto ciò di cui abbiamo bisogno, noi e i nostri cari.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 1 marzo 2017)

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