SAPEVATE CHE LA TEORIA DEL BIG BANG FU IDEATA DA GEORGES LEMAITRE, SCIENZIATO E PRETE CATTOLICO?
All'inizio gli scienziati la snobbarono, anzi Einstain disse che questa teoria ''puzzava di bibbia'' perché era in armonia con la creazione dal nulla di cui parla la Genesi (VIDEO: Lemaitre e il Big Bang)
Autore: Nicola Ferrante - Fonte: TG 2000
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COSA STA SUCCEDENDO NELLA CHIESA
Perché la Tradizione cattolica non può dire nulla su temi sociali, economici, oltre che teologici e dottrinali?
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Formiche
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TORINO, OBBLIGATORIA A SCUOLA LA DIETA VEGANA
E intanto in parlamento si discute di imporre la mensa scolastica, anche contro il volere dei genitori, perché è solo lo Stato che decide, vaccina, educa e nutre i figli... non la famiglia
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LE RAGAZZE (CRISTIANE) VITTIME DI BOKO HARAM LIBERATE, MA POI COSTRETTE A TORNARE DA CHI LE AVEVA RAPITE E VIOLENTATE
Ma anche a Mosul la situazione è drammatica perché l'Isis è stato sconfitto, ma la società islamica che lo ha creato esiste ancora tale e quale
Fonte: Tempi
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EMMA BONINO PARLA DAL PULPITO DI UNA CHIESA, MENTRE GLI ANTIABORTISTI SONO CACCIATI FUORI
La leader radicale ha parlato della necessità di accogliere gli immigrati per colmare il calo demografico ''dimenticando'' di essere la paladina dell'aborto libero che ha ucciso 6 milioni di italiani
Autore: Giuseppe Tetto - Fonte: Intelligo News
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AVVENIRE, PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA E VESCOVI INGLESI SI ADEGUANO ALL'EUTANASIA: GIUSTO FAR MORIRE CHARLIE!
Su Rai Uno il professor Francesco D'Agostino, già presidente del Comitato Nazionale di Bioetica e presidente dei Giuristi Cattolici, si uniforma alla cultura della morte nascondendosi dietro un presunto accanimento terapeutico (che per Charlie non c'è stato)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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NUOVI STUDI CONFERMANO CHE LA SINDONE E' AUTENTICA
In un convegno internazionale studiosi di varie discipline confermano i dati dei vangeli e che la reliquia risale all'epoca di Cristo (VIDEO: Sindone)
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: Tempi
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STORIA DELLA CONCELEBRAZIONE E DEI SUOI EFFETTI NEGATIVI
San Tommaso ritiene superfluo che più sacerdoti facciano ciò che può fare uno solo
Autore: Cristiana de Magistris - Fonte: Corrispondenza Romana
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OMELIA XVIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 17,1-9)
Questi è il Figlio mio, l'amato
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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SAPEVATE CHE LA TEORIA DEL BIG BANG FU IDEATA DA GEORGES LEMAITRE, SCIENZIATO E PRETE CATTOLICO?
All'inizio gli scienziati la snobbarono, anzi Einstain disse che questa teoria ''puzzava di bibbia'' perché era in armonia con la creazione dal nulla di cui parla la Genesi (VIDEO: Lemaitre e il Big Bang)
Autore: Nicola Ferrante - Fonte: TG 2000, 20/06/2016
Tutti conosciamo la teoria del Big Bang, secondo cui l'universo ha avuto origine da un'immensa esplosione, avvenuta circa 13 miliardi di anni fa, dalla quale è nata la materia. Ma quasi nessuno (un caso?) conosce l'ideatore della teoria. L'ipotesi che la nascita dell'universo fu determinata da evento iniziale fu proposta per la prima volta nel 1927 dal fisico ed astronomo Georges Lemaitre, sacerdote belga di formazione gesuita, che mise assieme la Relatività di Einstein e l'espansione dell'universo osservata dall'americano Edwin Hubble, chiamandola ipotesi dell'atomo iniziale.
CHI È GEORGES LEMAÎTRE? Fu il primo a capire che lo spostamento verso il rosso della luce delle stelle era la prova dell'espansione dell'universo e a proporre la legge di Hubble, secondo la quale vi è una proporzionalità fra distanza delle galassie e loro velocità di recessione. Nel 1927, infatti, pubblicò la teoria del Big Bang, basata sulla relatività generale, che spiega entrambi i fenomeni. Lemaître fu sempre un sostenitore dell'espansione illimitata dell'universo e a questo scopo conservò nel suo modello la costante cosmologica, proposta da Einstein, ma abbandonata da lui e da quasi tutti gli altri fisici dopo la scoperta del Big Bang. L'espansione illimitata e l'uso della costante cosmologica furono generalmente accettati solo dopo che venne scoperta l'accelerazione dell'espansione dell'universo. Ciò però ebbe luogo solo nel 1998, oltre trenta anni dopo la morte di Lemaître. Sin dal 1933 il nome di Lemaître divenne famoso in tutto il mondo anche a livello giornalistico. Egli ricevette numerosi riconoscimenti in patria: il 17 marzo 1934 Lemaître ricevette da re Léopold III il premio Francqui, la principale onorificenza per gli scienziati in Belgio. La sua candidatura era stata proposta da Albert Einstein, Charles de la Vallée-Poussin e Alexandre de Hemptinne. [...]
LA TEORIA DEL BIG BANG CONTRADDICE IN QUALCHE MODO LA FEDE CATTOLICA? No, la teoria del Big Bang non contraddice la fede cattolica. Padre Georges Lemaître ricevette grandi riconoscimenti dalla Chiesa, fu nominato Presidente dell'Accademia Pontificia della Scienza nel 1936 (e vi restò fino alla sua morte) e Monsignore nel 1960. Questi riconoscimenti mostrano che la Chiesa non ritiene che la teoria del Big Bang contraddica la fede cattolica. Inoltre, mentre la teoria del Big Bang è ora ampiamente accettata, si dimentica spesso che per più di trent'anni ci fu una considerevole opposizione a questa teoria. A dire la verità, il Big Bang fu spesso maggiormente accolto da persone di spicco all'interno della Chiesa, tra le quali lo stesso Papa Pio XII, che da molti scienziati fuori della Chiesa, come l'astronomo Fred Hoyle, che invece l'avversavano strenuamente. Nell'ufficialmente atea Unione Sovietica del 1948, gli astronomi si trovavano d'accordo nel combattere la teoria di Lemaître, che essi criticavano come "reazionaria" e "di aiuto al clericalismo". La causa dell'opposizione di molti atei alla teoria del Big Bang era che questa teoria, pur non dando prove della dottrina della creazione, era percepita come intuitivamente in armonia con essa, poiché difendeva la creazione "dal nulla" che ha inizio con la luce (cfr. Gen 1,3). Come detto all'inizio, con il Big Bang tutto ha avuto inizio, e quindi prima di quel momento fatidico, non c'era nulla, nemmeno lo spazio vuoto e buio. Niente di niente, niente spazio e niente tempo. Ma se spazio e tempo viaggiano a braccetto, non ha nemmeno senso chiedere "cosa c'era prima" perché non esistendo il tempo non ci può essere nessun prima. Questo piccolissimo particolare porta ad una conseguenza, che alcuni troveranno banale, ma che è corretto ribadire, come espose nel V secolo Sant'Agostino nelle sue Confessioni. Se il Creatore del mondo esiste, Dio o qualunque nome vogliate dare al grande regista che lo ha architettato, è un essere che vive al di fuori del nostro tempo. Non può aver creato il mondo durante il tempo, ma deve averlo creato con il tempo. Energia, materia, spazio, tempo: tutto è stato creato assieme. E come era stato per l'atomo primordiale di Lemaitre, ancora una volta un ragionamento sulla nascita dell'universo, va a combaciare con i dogmi di alcune religioni, in particolare di quelle che nella loro fede comprendo l'atto della creazione. Sono certamente in prima linea l'Ebraismo e il Cristianesimo - che hanno in comune parti della Bibbia - e che vedono in Dio l'essere eterno creatore del mondo.
IL TEMPO È TUTT'UNO CON LO SPAZIO Una cosa comunque è certa: Sant'Agostino facendosi guidare dalla logica e dalla ragionevolezza aveva capito che il tempo è tutt'uno con lo spazio dell'universo, 15 secoli prima che Albert Einstein lo dimostrasse matematicamente! Più che altro, è triste il fatto che probabilmente meno di un cittadino su 1000 sa che quella teoria del Big Bang, quasi sempre spiegata - immotivatamente - da sedicenti professori con ironia e derisione al Creazionismo religioso, fu ideata proprio da un sacerdote di quella tanto odiata e disprezzata Chiesa di Roma. E così un'intera società civile continua ad essere ignara del fatto che a finanziare le ricerche scientifiche a Galilei fu proprio la Chiesa, come fece in innumerevoli occasioni nel corso della storia, da Leonardo da Vinci a Guglielmo Marconi; ignari che ad aprire l'Istituto di Scienze nell'università più antica del mondo, l'Alma Mater di Bologna, fu proprio un papa, Benedetto XIV, che vi fece aprire le cattedre di matematica superiore, meccanica, fisica, algebra, ottica, chimica e idrometria, e lo arricchì con doni di materiali scientifico della propria biblioteca personale; ignari che le teorie scientifiche moderne sono legate alla scuola francescana di Oxford, e a francescani come Ruggero Bacone; che Giovanni Buridano, francescano medievale, teorizzò la dottrina dell'impetus, anticipatrice del principio di inerzia, con cui si confutava l'insegnamento aristotelico sulle intelligenze motrici dei cieli, aprendo la strada all'astronomia moderna; ignari che Copernico era un sacerdote polacco, prete come lo era Gregor Mendel, il padre degli studi sulla genetica; ignari che ad inventare il sistema del link sul Web è stato lo scienziato e padre gesuita Roberto Busa.
COME IL CRISTIANESIMO HA LANCIATO LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA Ma a chiarire meglio il paradosso dello scontro fede-scienza è James Hannam, il celebre dottore di Storia e Filosofia della Scienza della prestigiosissima Università di Cambridge, nel suo libero intitolato "La genesi della scienza: come il cristianesimo medioevale ha lanciato la rivoluzione scientifica". Il libro è stato selezionato per l'altrettanto ambitissima assegnazione del Royal Society Science Book Prize. «Il cristianesimo ha effettivamente avuto un ruolo molto più positivo nella storia della scienza di quanto comunemente si creda. Infatti, molti degli esempi sul fatto che la religione ostacoli il progresso scientifico si sono rivelati falsi». Il docente di Cambridge spiega che, per esempio, «la Chiesa non ha mai insegnato che la Terra fosse piatta e, nel Medioevo, nessuno la pensava così, comunque. I Pontefici non hanno cercato di vietare nulla, né hanno scomunicato qualcuno per la cometa di Halley. Nessuno, sono lieto di dirlo, è stato mai bruciato sul rogo per le sue idee scientifiche. Eppure, tutte queste storie senza alcun fondamento sono ancora regolarmente tirate fuori come esempio di intransigenza clericale nei confronti del progresso scientifico, e dunque per diffondere ignoranza storica volta a delegittimare la Chiesa nella sua alta funzione storica e culturale, col solo e mal celato scopo di fomentare l'anticlericalismo".
LA CHIESA HA SEMPRE SOSTENUTO LO STUDIO DELLE SCIENZE L'enfatizzatissimo ed unico caso Galilei, «il quale - va detto - elaborò una teoria esatta ma portando al processo tutte dimostrazioni sbagliate, mette a malapena in ombra tutto il sostegno che la Chiesa ha dato alla ricerca scientifica nel corso dei secoli» [leggi: TUTTE LE BUGIE SU GALILEO, clicca qui, N.d.BB]. La Chiesa ha sostenuto lo studio delle scienze anche dal punto di vista finanziario, ad esempio. Fino alla Rivoluzione francese, infatti, «la Chiesa cattolica è stata lo sponsor principale della ricerca scientifica. La Chiesa ha anche insistito sul fatto che la scienza e la matematica avrebbero dovuto essere obbligatorie nei programmi universitari. Nel XVII secolo, l'ordine dei Gesuiti era diventata la principale organizzazione scientifica in Europa, con la pubblicazione di migliaia di documenti e la diffusione di nuove scoperte in tutto il mondo. Le cattedrali sono state progettate anche come osservatori astronomici per la determinazione sempre più precisa del calendario». Senza poi dimenticare che la sincera e devota fede di tutti i grandi scienziati della storia. Il sostegno alla ricerca scientifica è stato giustificato dal fatto che «i cristiani hanno sempre creduto che Dio ha creato l'universo e ordinato le leggi della natura. Studiare il mondo naturale significava ammirare l'opera di Dio. Questo era percepito come un "dovere religioso", ed ha ispirato lo studio della scienza quando c'erano pochi altri motivi per preoccuparsi di essa. È stata la fede che ha portato Copernico a respingere l'universo tolemaico, a spingere Keplero a scoprire la costituzione del sistema solare, e che convinse Maxwell dell'elettromagnetismo». Il Medioevo, l'epoca più dominata dalla fede cristiana, è stato un periodo di innovazione scientifica e progresso, di fioritura della letteratura, delle arti, della giurisprudenza. E in tutto questo, che piaccia o meno, la Chiesa Romana ha avuto un ruolo magistrale di guida. L'autore cita l'invenzione dell'orologio meccanico, dei bicchieri, della stampa e la contabilità. Nel campo della fisica, gli studiosi hanno trovato oggi le teorie medievali sul moto accelerato, la rotazione della terra e l'inerzia. Il ricercatore di Cambridge accusa il secolo illuminista e Voltaire della genesi della leggenda nera sull'opposizione del cristianesimo alla scienza, mito messo su a tavolino per puri scopi politici, per privare la Chiesa di ogni sorta di influenza politica. La maggior parte degli illuministi, iscritti a logge massoniche, si poneva lo scopo di distruggere la Chiesa politicamente, e per farlo, ideava o distorceva vicende storiche per mostrare l'Istituzione incompatibile col progresso. I filosofi francesi dunque, hanno attaccato la Chiesa per motivi politici, poi ci ha pensato l'inglese TH Huxley, il "mastino di Darwin", a prolungare questa falsità, per foraggiare la sua lotta di liberazione della scienza britannica da ogni sorta di influenza clericale. «Tuttavia, oggi, la scienza e la religione sono le due forze più potenti intellettuali del pianeta. Entrambi sono capaci di fare enormi bene, ma le loro possibilità di farlo sono molto maggiori se esse possono lavorare insieme», ha concluso lo storico della scienza. Come diceva Einstein: "la scienza senza la religione è zoppa; la religione senza la scienza è cieca".
Nota di BastaBugie: La teoria del Big Bang ideata e verificata da uno scienziato e prete cattolico: George Lemaitre
https://www.youtube.com/watch?v=q1MUSvVb41A
Fonte: TG 2000, 20/06/2016
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COSA STA SUCCEDENDO NELLA CHIESA
Perché la Tradizione cattolica non può dire nulla su temi sociali, economici, oltre che teologici e dottrinali?
Autore: Ettore Gotti Tedeschi - Fonte: Formiche, 23/07/2017
Ma che sta succedendo nella nostra Chiesa (ex?) cattolica, apostolica, romana? Osserviamo che vengono dissuasi con varie formule istituti religiosi di diritto pontificio, considerati tradizionalisti. Vengono redarguiti ed ignorati 4 Cardinali (considerati "conservatori") che hanno proposto Dubia (prima privatamente, molto più tardi pubblicamente) in materia di fede. Vengono rimossi eccellenti cardinali ("conservatori" e dissidenti) come Pell e Muller. Viene indirettamente "avvertito" persino il papa Emerito (considerato restauratore e conservatore) e persone a lui vicine. Si pubblicano articoli violenti ed intimidatori indirizzati al mondo cattolico tradizionalista. Si grida a voce alta, e con vari "apprezzamenti" propagandistici, che finalmente viene riconosciuta che la distorsione del cristianesimo è stata operata dal mondo cattolico conservatore e integralista, operando in tal modo una separazione manichea e giacobina. Tutt'un tratto si direbbe che tutti i problemi della Chiesa e quindi del mondo intero siano attribuibili ai cattolici conservatori ottusi, biechi reazionari.
LA CHIESA EVOLUTA DI KARL RAHNER Quali conflitti reali stanno accendendo questi scontri (per ora solo) dialettici? Perché la tradizione non può più coesistere con la modernità su temi sociali, economici, oltre che teologici e dottrinali? Che succede quindi? "È il mondo globale (gnostico), bellezza!". Nulla di misterioso, si direbbe che stia solo cambiando la Chiesa, che stia diventando la Chiesa "evoluzionista" di Karl Rahner, profeta teologo gesuita che ha seppellito la Chiesa conservatrice di san Tommaso d'Aquino. Sta nascendo una Chiesa che si vorrebbe fosse solo di San Pietro e non di San Paolo. Non di un San Paolo che possa e sappia correggere San Pietro, ma soprattutto non di un San Paolo che evangelizza il mondo intero, senza "rispetto umano" per le altri culture e fedi. Rispondere quindi "cosa" sta succedendo non è difficile in fondo, è difficile rispondere "perché" sta succedendo oggi e così rapidamente e arrogantemente e quali saranno le conseguenze prevedibili, in materia morale anzitutto e conseguentemente in materia sociale, economica, politica. E di questo vorrei proporre una riflessione al lettore, lasciando le riflessioni in materia teologica ad altri studiosi che conoscono le radici filosofiche (Kant, Hegel, Heidegger) della teologia di Karl Rahner. Vediamo perciò alcune conseguenze pratiche di questa guerra scatenata contro i conservatori-tradizionalisti, anticipando che in realtà si tratta solo di uno scontro tra chi ha fede e chi non ha fede. Ma che significherà in economia, ambiente, società, per esempio?
1) ECONOMIA La crisi economica in corso ha creato distorsioni, povertà, ingiustizie. Ma invece di ricercare le vere cause morali della crisi, come farebbe il cosiddetto biasimato catto-conservatore, il catto-progressista sta dimostrando di limitarsi a evidenziare le conseguenze morali della crisi. Si attribuiscono le responsabilità ad un capitalismo avido, egoista e indifferente al prossimo, ma si ignora che avidità, egoismo ed indifferenza sono vizi dell'uomo, conseguenza di mancanza di forza morale. Si dichiara che l'origine di tutti i mali è la inequità (cattiva ripartizione delle ricchezze), dimenticando che questa è originata dal peccato, fingendo di ignorare che la miseria materiale è generata da quella morale, non viceversa. Si dichiara che questa economia uccide, quando l'economia non può uccidere nessuno essendo solo uno strumento, è semmai l'uomo che la usa male, quando perde il senso della vita e delle sue azioni. Affermare che la miseria materiale crea quella morale è marxismo puro e conosciamo gli effetti nefasti di questa dottrina.
2) AMBIENTE Si parla, nei circoli catto-progressisti del problema ambientale quale priorità assoluta e si spiega che è provocato dall'egoismo ed avidità dell'uomo, lasciando intendere che pertanto l'uomo è realmente "cancro della natura" ed è bene che venga ridimensionato. Ma si evita accuratamente di approfondire cosa ha provocato negli ultimi decenni questo problema ambientale dovuto alla irresponsabilità dell'essere umano (se ci fosse accordo fra scienziati nel riconoscere detto problema). Infatti il neo problema ambientale negli ultimi decenni è dovuto proprio alle conseguenze delle dottrine neomalthusiano-ambientaliste diffuse ed accettate qualche decennio fa che han provocato eccessi consumistici, per compensare in occidente il crollo nascite e sostenere il PIL, e delocalizzazione produttive in paesi a bassi costi di produzione e con molta minor "sensibilità" all'inquinamento. Affermare che l'ambientalismo è il problema chiave dell'umanità presuppone scelte di decrescita economica, ulteriore decrescita conseguente di popolazione e alcune conseguenze sulle migrazioni per frenare le nascite nei paesi poveri. Pensare che l'ambientalismo possa diventare la religione universale che accomuni tutti i popoli della terra non è più una utopia, è diventato un incubo.
3) SOCIETÀ /MIGRAZIONI La forte enfasi umanitaria data al fenomeno immigrazione, in ambienti "progressisti " della Chiesa, senza cercare anche in questo caso di approfondire le cause e la realtà del fenomeno, ma solo considerando, in modo miope peraltro, alcuni effetti morali, sembrerebbe esser pericolosa per tutti, per i migranti, per la loro terra, per le loro famiglie abbandonate, per i poveri nei paesi obbligati ad accogliere, per la credibilità stessa della Chiesa che li paragona alla Famiglia di Nazareth alla ricerca di una accoglienza. Anche per le migrazioni vi sono cause morali di avidità, egoismo, indifferenza che potrebbe ben spiegare le ragioni delle migrazioni ed esser risolte.Si pensi solo alla fornitura di armi per le guerre in corso (non più risolte sul nascere), si pensi al nostro protezionismo (con dazi elevatissimi) sulle importazioni di prodotti agricoli, unica forma di sostentamento di paesi africani, che han creato maggior miseria. Per non parlare della confusa e contraddittoria ipocrisia con cui si spiega la opportunità di immigrazioni per colmare il gap di popolazione e risolvere problemi economici. Si dimentica anche che le migrazioni son considerate, in sede Onu, da decenni, una strategia per realizzare quel sincretismo religioso necessario alla omogeneizzazione culturale e morale nel mondo globale. Avete, in compenso, più sentito parlare di difesa della vita e difesa della famiglia?
CHI NE SOFFRIRÀ? I tre temi sopra esposti, che sono chiave per la nostra civiltà, sono supportati e persino proposti da una parte della Chiesa che nel contempo diffida l'altra parte, a contestare. Le due parti sono definite furbescamente progressisti e conservatori, dove i progressisti sono i buoni che vogliono il bene dell'umanità mentre i conservatori sono i cattivi che ostacolano i buoni per difendere il loro potere. In realtà il problema interno alla Chiesa è un altro (ma non spetta a me descriverlo), mentre i problemi esterni che interessano tutti noi sono quelli sopra proposti. Si sta artatamente circuendo l'opinione pubblica confondendo cause morali ed effetti morali. Ma attenzione, se l'autorità morale è divisa e non insegna più con chiarezza cosa è bene e cosa è male, chi ne soffrirà di più? Ne soffrirà solo il cattolico baciapile, conservatore e tradizionalista? O ne soffrirà per primo il laico illuminista "alla Voltaire", che pur avendo in odio la religione ed il sacro, aveva capito che era meglio che il cameriere, il medico e la moglie fossero religiosi al fine di non esser derubato, avvelenato e cornificato? Ebbene, qualcuno vorrebbe che l'origine dei problemi di oggi stia nell'esistenza di cristiani conservatori e tradizionalisti che si oppongono al bene proposto dai progressisti-modernisti che hanno meglio capito cosa è necessario moralmente per soddisfare le esigenze del mondo moderno. Prego il lettore di fare queste riflessione finale: un tempo non si voleva che la Chiesa si occupasse di problemi economici (ricordo che Indro Montanelli scrisse che quando i santi si occupano di economia fanno solo pasticci), oggi si vorrebbe che la Chiesa si occupasse solo di problemi economici (verso i poveri, gli immigrati, ecc.) ma non più morali. Vale la pena rifletterci o no?
Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo sottostante dal titolo "Nuova politica? Sì, ma qual è l'obiettivo?" parla del presidente della Cei che ha chiesto una nuova rappresentanza del mondo cattolico in politica. Giusto. Ma per fare cosa? I principi non negoziabili non sono più considerati da nessuno, tanto che a parlarne si rischia grosso. La convergenza la si vuole fare non sui contenuti, ma sulla partecipazione e la presenza perché si rifiutano le verità che dividono. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 4 agosto 2017: Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente dei vescovi italiani, è tornato sul tema dei cattolici in politica in una intervista a Repubblica del 30 luglio scorso. Egli, tra l’altro, ha detto: “Oggi tra molti cattolici si percepisce un bisogno, che a volte è un’aspettativa, di una nuova rappresentanza del mondo cattolico”. La constatazione è condivisibile, il prosieguo della riflessione sul tema è auspicabile, quello che non è chiaro è il contenuto di questa eventuale nuova rappresentanza. Nuova rappresentanza per fare cosa? Nuova presenza per fare cosa? Nuova generazione di cattolici in politica per fare cosa? E’ questo che manca oggi e non è chiaro come i vescovi italiani intendano risolvere il problema, anziché complicarlo. L’unità nella fede è data dalla comune confessione delle stesse verità di fede. Così l’unità possibile in politica è data dalla comune confessione di alcune verità concernenti la politica. Oggi questa comune confessione non c’è, mentre aumenta anche il pluralismo per quanto riguarda la comune confessione delle verità di fede. Se per decenni si è proclamato il pluralismo filosofico, teologico e dottrinale, perché mai ci dovremmo ritrovare in mano la convergenza su alcune verità concernenti la politica? Oggi questa convergenza non c’è, e con riguardo non solo a cose marginali ma sostanziali. A meno che i cattolici convergenti in politica non nascano come i funghi, non è chiaro come i vescovi italiani vogliano ricostruire la loro convergenza. Con una maggiore collaborazione tra vescovi? Ma per fare cosa? Con una maggiore valorizzazione dei laici? Ma per fare cosa? Con una Settimana sociale o un nuovo convegno ecclesiale? Ma per fare cosa? La Chiesa italiana è bloccata sui contenuti. I principi non negoziabili non sono più considerati da nessuno dei punti di convergenza degni di questo nome. Oggi a parlarne si rischia grosso. Perfino sui temi chiari della biopolitica si parlano lingue diverse. A proposito di Charlie Gard sono apparse evidenti a tutti le reticenze, i ritardi, i distinguo, la revisione di precedenti atteggiamenti, i dubbi e le domande. Sembrava che l’unico risultato ottenuto dal piccolo Charlie fosse di averci fatto riflettere. Del resto, se si propongono come contenuti il lavoro e i migranti – come il cardinale Bassetti propone - si vede subito che non sono temi aggreganti; per loro natura: offrono molte soluzioni tutte legittime. Si rinuncia a fondare la convergenza dei cattolici su alcuni “non possumus” e la si pretende di costruire sulle questioni che, come diceva Aristotele, possono stare anche altrimenti, ossia contingenti. Il cardinale Bassetti ha fatto appello alla Dottrina sociale della Chiesa. Ma quale dottrina sociale della Chiesa? Tutti i deputati cattolici che hanno votato la legge Cirinnà dicono di averlo fatto ispirandosi alla Dottrina sociale della Chiesa e qualcuno di loro ha anche citato la Evangelium vitae di Giovanni Paolo II e nessun vescovo - o quasi - li ha smentiti. Molti teologi che parlano di Dottrina sociale della Chiesa sposano visioni teologiche che non permettono ad essa nessuna forma di esistenza. Una statistica ha rivelato che la maggior parte degli appartenenti a congregazioni religiose vota per il PD che certamente non può dire di ispirarsi alla Dottrina sociale della Chiesa. Moltissimi cattolici laici - ma anche preti e vescovi - sono per il riconoscimento delle coppie omosessuali, per l’adozione di minori da parte loro e per l’eutanasia: non si creda che il caso Biella sia isolato. Che senso ha, in questo contesto, richiamarsi alla Dottrina sociale della Chiesa? E’ uno sterile e ingannevole nominalismo. La convergenza la si vuole fare non sui contenuti, ma sulla partecipazione e la presenza. Ma partecipazione e presenza, se a servizio di contenuti sbagliati, meglio che non ci sia. Meglio che i cattolici non si impegnino in politica se, impegnandosi, fanno approvare leggi come la Cirinnà senza che i vescovi dicano niente in merito. Solo la verità unisce. La convergenza in politica non sarà mai data dall’esserci, ma dai contenuti di questo esserci. E questi contenuti, in Italia, oggi sono lasciati volutamente incerti, quando non se ne indichino di secondari e inadatti, lasciando da parte quelli veramente importanti. Non è possibile, d’altro canto, fondare la convergenza sui temi amati dal mondo, evitando, per non compromettere il dialogo, i temi veramente scabrosi ma veri dal punto di vista cattolico. Se la CEI lancia la campagna “parrocchie ecosostenibili” ma non dice più una parola veramente significativa sull’aborto di Stato, otterrà consensi ed applausi dal mondo e i teologi ne apprezzeranno la capacità di leggere i segni dei tempi, ma non creerà una vera unità dei cattolici. Si può essere in tanti, ma senza volto non si è nessuno. Bisogna osservare che la tendenza a passare sopra ai contenuti è piuttosto diffusa nella chiesa di oggi. Stiamo diventano una Chiesa atematica, come per Karl Rahner Dio era atematico. No a verità che dividono, ricerca di un con-venire indipendente dai contenuti ma sufficiente in se stesso, grandi assemblee ma di persone che la pensano in modo uguale solo sulla bellezza di trovarsi insieme in assemblea, superficiale confidenza nello Spirto, come se quello Santo potesse ispirarci cose diverse dai contenuti dogmatici della nostra fede, tendere ponti smussando la dottrina, aprire le parrocchie ad atei, abortisti, buddisti. Prima ci si incontra e poi si decide perché ci si è incontrati. I contenuti vengono ormai sempre dopo e su questo qualcosa che viene dopo si vorrebbe costruire una convergenza politica prima? Dobbiamo dire che è impossibile. I vescovi ricomincino a fare chiarezza sui contenuti. Il resto verrà.
Fonte: Formiche, 23/07/2017
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TORINO, OBBLIGATORIA A SCUOLA LA DIETA VEGANA
E intanto in parlamento si discute di imporre la mensa scolastica, anche contro il volere dei genitori, perché è solo lo Stato che decide, vaccina, educa e nutre i figli... non la famiglia
Autore: Stefano Magni - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/07/2017
Ai bambini e ai ragazzi delle scuole di Torino, da settembre, verrà imposta una dieta al 100% vegetale almeno una volta al mese nelle mense scolastiche. Un giorno al mese, il secondo venerdì. Non sarà per motivi religiosi, non è il venerdì di magro, che non si rispetta più neppure nelle scuole paritarie cattoliche. Sarà il veganesimo, nuova religione animalista, a ispirare la mossa del sindaco Chiara Appendino. Il secondo venerdì di ogni mese sulle tavole delle scuole primarie torinesi verranno banditi non solo la carne, ma anche uova, burro, latticini e pesce. Al loro posto, penne al pomodoro, lenticchie in umido, insalata di carote, pane e ananas in inverno, mentre in estate verranno serviti riso e piselli, fagioli in insalata, insalata mista con carote e peperoni e mix di frutta di stagione. Unica eccezione: la possibilità di grattugiare un po' di parmigiano. D'altra parte, i genitori torinesi ne erano consapevoli, quando votavano a maggioranza per la candidata del Movimento Cinque Stelle. In campagna elettorale, Chiara Appendino aveva giurato: "Promuoverò la dieta vegana come atto fondamentale per salvaguardare l'ambiente, la salute e gli animali."
MA ALMENO MANGIARE VEGANO PIACE? Almeno, piace questa dieta vegana? I precedenti non danno adito a dubbi. I bambini tendono a buttare via la verdura, in massa. A Milano nel 2013, nel pieno dell'era Pisapia, si tentò la sperimentazione il 1 ottobre: un menu vegano, firmato dallo chef Pietro Leeman, per i bambini di materne, elementari e medie. Risultato? Portate rimandate indietro quasi al completo da quasi tutti i piccoli avventori involontari delle mense. A Firenze venne tentato un esperimento di menù per le scuole quasi vegano, con molte più verdure che carni, basati sulla tradizione locale. Risultato? Ribellione dei genitori, che si vedevano tornare i figli a digiuno. A Bologna venne tentato l'esperimento vegano l'anno scorso. La Asl stessa espresse perplessità: "Condurre una dieta vegana non è una scelta salutistica, ma etica. Per un bambino in fase di crescita è una decisione molto complessa, senza le dovute precauzioni può esporlo a forti carenze nutrizionali", dichiarava in un'intervista rilasciata all'Huffington Post, Emilia Guberti, direttore del Servizio di Igiene Alimenti e Nutrizione dell'Azienda USL di Bologna. E aggiungeva, per essere ancor più esplicita: "Io personalmente non la raccomanderei. Condurre una dieta vegana per un bambino in fase di crescita è molto complesso, perché richiede un lavoro di bilanciamento molto accurato che può comportare mancanze nutrizionali. La dieta vegana a scuola è una delle possibilità proposte, ma resta il fatto che la dieta più salutare è quella standard, prevista dalle linee guida nazionali e regionali, che segue la piramide alimentare di tipo mediterraneo e in cui sono presenti tutte le componenti, comprese quelle di origine animale".
LA GUERRA DEL PANINO La dieta vegana imposta nelle scuole torinesi è una notizia che assume tinte ancor più opprimenti se la si legge assieme all'emendamento al disegno di legge 2037 sulla ristorazione collettiva, proposto proprio questa settimana. Questo emendamento dovrebbe porre fine alla "guerra del panino", ingaggiata dai genitori degli scolari che preferiscono portarsi il pasto da casa, piuttosto che usufruire necessariamente di quello offerto dalla mensa scolastica. Un anno fa, proprio la Corte d'Appello di Torino aveva dato ragione alle associazioni dei genitori: la mensa scolastica è un'opportunità, non un obbligo, non si può impedire ai genitori di dare la "schiscetta" al figlio. Ma secondo la nuova proposta di legge, "i servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche". Quindi per educare i figli ad essere uguali a tutti gli altri, i genitori devono obbligatoriamente pagare i servizi offerti dalla mensa della scuola, devono accettare che mangino tutti nello stesso luogo, tutti agli stessi tavoli e tutti gli stessi piatti. Tutti uguali. E tutti vegani, nel caso di Torino. Per il bene dei figli, anche contro il parere dei genitori. Perché è solo lo Stato che decide, vaccina, educa e nutre i figli. Non la famiglia.
Nota di BastaBugie: a proposito dello Stato che decide al posto della famiglia Paolo Gulisano nell'articolo sottostante dal titolo "Lo Stato vaccina per il bene del popolo" mette in guardia dalle menzogne di televisioni e giornali sul tema dei vaccini. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 luglio 2017: Si avvia alla conclusione l'iter parlamentare riguardante il Decreto Lorenzin sulle vaccinazioni, un tema che ha acceso gli animi e che ha visto una certa radicalizzazione dello scontro politico con una ricaduta conseguente sull'opinione pubblica, portata ormai purtroppo a schierarsi manicheisticamente da una parte o dall'altra, senza preoccuparsi troppo di usare il proprio cervello. Per rendersene conto basta leggere i commenti lasciati da molti lettori sui social network o sui forum dei siti per rendersi conto di quale polverone sia stato sollevato in merito alle vaccinazioni. Questo giornale ha sempre espresso una linea ben precisa: non si tratta di mettere in discussione i benefici venuti da questo tipo di pratica medica, ma di valutare con attenzione l'uso che delle vaccinazioni si sta facendo, e di vigilare anche su certe pratiche vaccinali che sottendono determinate visioni ideologiche, come la vaccinazione contro il Papilloma Virus che potrebbe fornire la falsa sicurezza di essere immuni da malattie a trasmissione sessuali invitando implicitamente a comportamenti sempre più trasgressivi. E non da ultimo, la vaccinazione dovrebbe essere sempre proposta e mai imposta, rispettando la responsabilità genitoriale alla quale lo Stato non si deve sostituire. La pratica vaccinale è senz'altro utile, anche se non va eccessivamente enfatizzata. E' vero che la vaccinazione ha sconfitto (in 200 anni) il vaiolo, ma è risultata scarsamente efficace contro tante altre malattie, come la Tubercolosi, e nessun vaccino è mai stato trovato contro temibili malattie infettive come l'Epatite C o l'HIV. Abbiamo letto dichiarazioni roboanti sulle vaccinazioni caratterizzate da un fideismo assoluto. Se la Chiesa Cattolica esprimesse con tanta sicurezza granitica le proprie certezze di Fede (cosa che purtroppo fa sempre meno in tempi di relativismo dilagante) verrebbe accusata certamente di integralismo. Abbiamo assistito ad uno scontro tra opposti estremismi, tra i No Vax da una parte e dall'altra gli ipervaccinalisti, con qualche medico esponente di questo fronte che è arrivato addirittura ad esultare come un ultrà per la radiazione dall'Ordine dei Medici di due professionisti anziani critici verso le vaccinazioni. Uno spettacolo davvero indecente. In questo clima si è arrivati alla discussione di questa legge, di cui è bene ricordare l'iter. Tutto comincia lo scorso inverno, quando si scatena un allarmismo mediatico riguardante una presunta epidemia di casi di Meningite. Nonostante gli esperti dell'Istituto Superiore di Sanità rassicurino che non c'è alcuna epidemia, la paura si diffonde a macchia d'olio rilanciata da vari social network ed è subito corsa ai vaccini antimeningite, da quello contro il Meningococco B, un ceppo rarissimo, e quindi il quadrivalente ACWY, tre ceppi dei quali esistono quasi esclusivamente fuori dall'Europa. La fobia per le meningiti ha spianato poi la strada alla Lorenzin per lanciare altri allarmi, in particolare rispetto alla diminuzione delle coperture vaccinali di altri vaccini, in particolare il trivalente Morbillo Parotite Rosolia. In realtà i dati epidemiologici non danno affatto il quadro di un Paese colpito da epidemie, con numeri vaccinali in caduta libera. In realtà le nostre coperture sono analoghe o addirittura superiori a quelle degli altri Paesi europei. Nonostante queste evidenze, si è deciso - da parte dell'attuale Governo - di aumentare il numero delle vaccinazioni obbligatorie, portandolo da quattro a dieci. Ricordiamo che l'ultima vaccinazione obbligatoria - quella contro l'Epatite B - era stata introdotta nel lontano 1991. Da allora erano state proposte, ma mai imposte, altre vaccinazioni raccomandate. Il sistema vaccinale-Italia ha sempre funzionato benissimo. Una Regione, il Veneto, qualche anno fa aveva deciso di abolire per i suoi cittadini l'obbligo, adeguando così il Veneto a tutti i più civili Paesi del mondo. Una scelta ripagata dai risultati: le coperture vaccinali in Veneto sono rimaste altissime, e non risulta che a Venezia o a Verona sia scoppiata alcuna epidemia. Non è un caso che il Presidente Luca Zaia stia difendendo con tutte le sue forze la propria scelta, opponendosi al Decreto Lorenzin. Una scelta assolutamente condivisibile. Alle quattro "obbligatorie" storiche ora si sono aggiunte l'Haermophilus influenzae, la Varicella, la Pertosse, e naturalmente il trivalente Morbillo, Parotite, Rosolia. Chissà perché le vaccinazioni contro le Meningiti, da cui tutta la questione è cominciata, sono restate invece facoltative. Un interrogativo sul quale si attendono delucidazioni. Anche se stemperate, restano anche le sanzioni: multe e divieto di accogliere nelle scuole - sia statali che paritarie - i bambini non vaccinati. Queste misure coercitive sono quelle che fanno più discutere. Nessun Paese in Europa ricorre a questi mezzi per indurre i cittadini a vaccinare i propri figli. Perché imporre anziché proporre? La risposta della coalizione governativa vaccinista è decisamente preoccupante: perché lo Stato ha la preminenza sulla famiglia, perché l'immunizzazione deve essere di massa, collettiva, per il bene del popolo. Un bene, ovviamente, deciso dallo Stato. C'è da preoccuparsi, perché si comincia con le vaccinazioni e poi non si sa quali limiti possa incontrare un tale disegno.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/07/2017
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LE RAGAZZE (CRISTIANE) VITTIME DI BOKO HARAM LIBERATE, MA POI COSTRETTE A TORNARE DA CHI LE AVEVA RAPITE E VIOLENTATE
Ma anche a Mosul la situazione è drammatica perché l'Isis è stato sconfitto, ma la società islamica che lo ha creato esiste ancora tale e quale
Fonte Tempi, 1° agosto 2017
Sono state rapite, torturate e violentate, vendute o costrette a sposare i loro aguzzini. Una volta liberate, il ritorno alla società non è stato però così facile come ci si sarebbe potuto aspettare. Il peso delle discriminazioni le ha costrette a una paradossale marcia indietro, a tornare nella foresta, nei campi nel nord-est della Nigeria. Questo il destino per molte delle studentesse rapite dal gruppo terroristico Boko Haram, uno dei più feroci del continente africano, che da anni imperversa nella regione nigeriana del Borno. Queste ragazze - come documentato da diversi rapporti delle Nazioni Unite, nonché dalla stampa internazionale - spesso hanno avuto figli dai loro rapitori e fanno una fatica enorme a reinserirsi nelle comunità di origine nonostante i numerosi programmi di assistenza forniti dal governo nigeriano e dalle organizzazioni internazionali. Il percorso è molto delicato: dopo la liberazione le ragazze vivono circa dieci mesi in campi militari e passano attraverso un faticoso processo di "rieducazione". Poi, il ritorno nei villaggi di provenienza e nelle famiglie di origine. Così è avvenuto per le ottanta studentesse di Chibok liberate a maggio. Così è avvenuto per tante altre donne, più o meno giovani, che si sono trovate sulla strada della ferocia jihadista. Il grande scoglio, avvenuta la "rieducazione", riguarda il rapporto con i contesti di origine. Molte di queste ragazze, specialmente quelle che hanno avuto figli dai jihadisti, sono considerate impure, "donne del contagio", e collocate al gradino più basso della scala sociale, senza alcun diritto. Sono accompagnate per tutta la vita dallo stigma sociale essere state a contatto con il gruppo terroristico. Per questo molte ragazze tornano volontariamente nella foresta di Sambisa, nella Nigeria nordorientale, dove si nascondono sacche di resistenza del gruppo terroristico Boko Haram. Un esempio è la storia di Aisha Yerima, una donna di 25 anni, rapita dai terroristi nel 2013 e liberata tre anni dopo. Aisha è stata detenuta per circa otto mesi e ha completato il programma governativo di de-radicalizzazione curato dalla psicologa Fatima Akilu, direttrice esecutiva della Fondazione Neem e principale ispiratrice di tale programma. «Ora vedo che tutte le cose che Boko Haram ci ha detto sono state bugie» diceva alla Bbc nel 2016 alla fine della sua detenzione. «Ora quando sento del gruppo alla radio, mi viene da ridere» sosteneva. Tuttavia, a maggio 2017, meno di cinque mesi dopo essere stata rilasciata, la donna è fuggita dalla sua casa natale di Maiduguri nel nordest della Nigeria per tornare nella foresta con i terroristi che l'avevano rapita. «La de-radicalizzazione è solo una parte del processo di recupero di queste persone che deve comportate anche il pieno reintegro nella società» spiega la dottoressa Akilu. «Il sostegno offerto durante il programma non le segue una volta rilasciate e questo le porta a dover lottare contro la propria comunità ed è proprio questa lotta che spesso le spinge a tornare nella foresta».
Nota di BastaBugie: nell'articolo sottostante dal titolo "Difficile dire che l'Isis è stato sconfitto a Mosul: la società che lo ha creato esiste ancora" rilanciamo l'intervista di "Aid to the Church in Need" ad Amel Nona, ex vescovo della città cacciato dai jihadisti, che fatica a intravedere un futuro roseo per i cristiani in Iraq. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su Tempi il 2 agosto 2017: Amel Nona ricorda ancora quella notte d'estate del 2014 quando tutti i cristiani di Mosul sono stati costretti a scappare, cacciati dallo Stato islamico che stava per fare della seconda città più importante dell'Iraq la sua roccaforte nel paese. «Quando mi è giunta la notizia della liberazione di Mosul da parte dell'esercito iracheno sono tornato con la mente a quella terribile notte e alla mia gente», racconta il vescovo della città cacciato dalla sua diocesi in una intervista a Aid to the Church in Need. «Ero spaventato per loro, soprattutto per le giovani ragazze nel nostro orfanotrofio in città. Ho fatto di tutto per aiutarle a fuggire sane e salve. Grazie a Dio, siamo riusciti a far uscire tutti». Nonostante Mosul sia ormai libera, l'attuale vescovo caldeo dell'Australia e della Nuova Zelanda, fatica a intravedere un futuro roseo per i cristiani in Iraq. «È difficile sostenere che l'Isis ormai è stato sconfitto a Mosul e dintorni. L'Isis infatti è un modo di pensare e agire, nato in una società islamica che ritiene di avere il diritto di fare ciò che vuole e pensa che il suo credo sia l'unico e che dovrebbe essere imposto a tutte le altre persone. Anche se Mosul è stata liberata militarmente, c'è ancora un'altra battaglia da combattere: quella per cambiare e sconfiggere la culla che genera questo modo di pensare e agire». È per questo che i cristiani faranno fatica a tornare alle loro case, nei villaggi liberati: «È difficile che i cristiani cacciati dall'Isis tornino a vivere una vita normale quando sanno benissimo che la società responsabile della nascita dell'Isis esiste ancora, proprio come tre anni fa», continua monsignor Nona. Nonostante questo, la Chiesa cattolica caldea si sta impegnando per ricostruire case e fiducia nei villaggi della Piana di Ninive e anche «noi in Australia stiamo cercando di aiutare». Ci sono ancora circa 90 mila cristiani che vivono in campi profughi a Erbil e che attendono di ritornare alle loro case di Mosul e della Piana di Ninive, dove 13 mila case hanno bisogno di essere ricostruite. Di queste, secondo gli ultimi dati, 423 sono state sistemate e 1.228 famiglie hanno già fatto ritorno nei villaggi di origine. In uno di questi, Bartella, liberato nel 2016, 200 famiglie ogni giorno fanno la spola da Erbil per cominciare a ricostruire. Ma c'è molto da fare, visto che acqua ed elettricità ancora non funzionano e la sicurezza non è garantita dal governo. Molti cristiani però sono pronti a tutto pur di tornare. «Ho costruito la mia casa con le mie mani. Ho bevuto l'acqua del Tigri e ho lavorato qui come agricoltore per tutta la vita. Come potrei non desiderare di tornare?», spiega ad Acn Nohe Ishaq Sliman, uno degli uomini intenti nella ricostruzione di Bartella. «Questa è la mia città, voglio tornare a vivere qui». In molte città si ricomincia dalle cose basilari: ad Alqosh, ad esempio, è stata eretta una gigantesca croce sulla strada che porta al villaggio. «È davvero difficile dire quale sarà il futuro dei cristiani in Iraq», conclude monsignor Nona. «Ma come cristiano spero che il futuro sia luminoso nonostante i tanti fattori negativi che ancora predominano nell'area».
Fonte: Tempi, 1° agosto 2017
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EMMA BONINO PARLA DAL PULPITO DI UNA CHIESA, MENTRE GLI ANTIABORTISTI SONO CACCIATI FUORI
La leader radicale ha parlato della necessità di accogliere gli immigrati per colmare il calo demografico ''dimenticando'' di essere la paladina dell'aborto libero che ha ucciso 6 milioni di italiani
Autore: Giuseppe Tetto - Fonte: Intelligo News, 27 luglio 2017
In pochi tra i cattolici più impegnati si sarebbero aspettati di trovare Emma Bonino, simbolo vivente dei Radicali italiani e fervente anticlericale, a "predicare" sul pulpito dell'altare. È successo ieri nella chiesa di San Defendente a San Rocco di Cossato, nel Biellese. Occasione, la presentazione della campagna "Ero straniero - l'umanità che fa bene". Un'iniziativa a cui peraltro hanno aderito moltissime sigle e organizzazioni cattoliche, a partire dalla Caritas e a cui ha dato la propria benedizione anche il Pontefice. Dato il curriculum della Bonino, in primis le battaglie a favore dell'aborto degli anni '70, la sua presenza non poteva non scatenare malumori da parte di molti credenti. Nei giorni precedenti all'evento molti tra questi, infatti, hanno esortato il parroco don Mario Marchiori a cancellare l'incontro con mail, telefonate e lettere. Nel blog di Marco Tosatti, Stilum Curiae, ad esempio, oltre alle critiche è comparso anche in risposta, l'invito, da parte dell'associazione Ora et Labora in difesa della vita a contestare civilmente l'evento con un sit-in nei pressi della Curia di Biella, con lo slogan: "La prima accoglienza avviene nel grembo". Nonostante le proteste, la Bonino si è seduta sull'altare ad "evangelizzare", ma non senza creare attriti e frizioni fra il pubblico seduto fra i banchi. Alberto Cerutti, imprenditore e impegnato da sempre in organizzazioni pro-life, recentemente candidato sindaco a Borgo Manero per il Popolo della Famiglia, ha subìto sulla sua pelle, un'esperienza che da fedele militane, non avrebbe mai pensato di vivere. Dopo avere reagito con affermazioni-domande è stato portato di peso fuori dalla chiesa dai Carabinieri, reo di aver interrotto la Bonino. Intelligonews, lo ha sentito per approfondire la questione. Che domanda ha fatto per subire un trattamento del genere? Mentre la Bonino era intenta a spiegare come l'Italia stia vivendo un periodo in cui il calo demografico è del 27%, ho semplicemente detto ad alta voce che era stata lei con le sue scelte abortistiche, ad essere tra i responsabili del calo demografico. Da qui sono stato preso è accompagnato fuori dalla chiesa. Una reazione un po' esagerata per una semplice domanda. Come si sente da cattolico? Diciamo che l'incontro fin da prima di cominciare aveva suscitato l'indignazione di tanti cristiani. Tanto che ci sono stati sit-in per bloccare il convegno. Ma senza successo. La cosa grave è che l'incontro che doveva trattare temi di accoglienza e immigrazione si è trasformato nella propaganda esplicita della recente proposta di legge di iniziativa popolare dei Radicali italiani, per perorare la causa di un'immigrazione sempre più pesante. Sono davvero indignato. Un giudizio sui cattolici morbidi nei confronti dell'iniziativa? Ciò che è successo non è una guerra tra cattolici, ma uno scontro tra credenti e laicisti. Questo deve far riflettere.
Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo sottostante dal titolo "In chiesa predica la responsabile di 10mila aborti" racconta il clamoroso fatto che in chiesa a Biella è stata ospite la Bonino: vietato l'ingresso ai pro life e coperti tabernacolo e crocifisso. Arrivata anche la polizia per chiedere i documenti a chi prega fuori sul sagrato. In chiesa la leader radicale si contraddice sostenendo la "necessità di regolarizzare gli immigrati" a causa "del calo demografico" da lei promosso con la battaglia a favore dell'aborto. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 28 luglio 2017: Dopo aver accuratamente nascosto il crocifisso e il tabernacolo della chiesa di San Defendente a Ronco di Cossato (Biella) e dopo aver impedito l'ingresso ad alcuni membri del movimento pro life, lo scorso mercoledì il parroco, don Mario Marchiori, ha dato la parola all'attivista radicale Emma Bonino sul tema dell'accoglienza. Insomma, la responsabile, mai pentita, di 10mila aborti praticati con le pompe di bicicletta, che si fece mettere incinta per uccidere suo figlio e dimostrare che non era un dramma, ha pontificato dal pulpito invitando a "non ragionare di pancia ma ad usare la ragione e il cuore" per accogliere gli immigrati. Paradosso dei paradossi, il responsabile della Caritas locale, don Giovanni Perini, è intervenuto in appoggio a Bonino per dire che "non abbiamo nessun diritto di rendere la vita difficile agli altri". Bollando chiunque sia preoccupato dell'immigrazione massiccia che alimenta il traffico umano, la delinquenza e lo sfruttamento, oltre che il radicalismo islamico e dimenticando che se Bonino non ha reso la vita difficile a 6 milioni di bambini italiani è solo perché prima ha contribuito ad ucciderli. Chiedendo firme per l'abolizione della Bossi-Fini, da sostituire con una norma aperturista e blanda, la vecchia leader radicale, con fare garbato e mai scomposto, ha sottolineato che "ho accettato di venire a parlare qui perché vengo da una famiglia cattolica praticante, ma che mi ha insegnato il rispetto per l'opinione altrui". Forse bisognava chiederle come mai allora si è battuta tanto per togliere il diritto all'obiezione di coscienza, invece ha continuato indisturbata: "Sono un'europeista entusiasta, di più un'attivista dell'Europa in questo mondo confuso da Trump e Putin... possiamo fare mille critiche all'Europa, ma solo se amiamo il progetto europeo, non possiamo pensare che ogni Stato vada da sé". Perché? Verrebbe da chiedersi, dato che la tradizione delle nazioni europee è di un'unità nelle radici cristiane dentro una profonda diversità a cui non si possono applicare politiche identiche senza fare danni? Ma ovviamente non c'è stato spazio per incalzare Bonino che, al contrario, ha proseguito: "La critica che faccio all'Europa, se mai, è di un processo di integrazione bloccato" e quindi di una politica di accoglienza "lasciata alle decisioni di ogni Stato membro". In poche parole ci vorrebbe più verticismo e decisioni calate dall'alto da burocrati non eletti. Poi, dopo aver spiegato che i migranti sono necessari perché "fanno il lavoro che gli italiani non vogliono fare" (dimenticando che si tratta di lavori sottopagati, dunque accessibili solo a chi non ha famiglia e ha un alloggio pagato), ha spiegato che il mondo è sovrappopolato per colpa "della povertà dell'Africa, dove fanno i figli perché sono poveri" (povertà che secondo i radicali va combattuta sterilizzando donne e fornendo loro contraccettivi), mentre l'Italia è "in calo demografico". A quel punto dal pubblico sono intervenuti Alberto Cerutti, vicepresidente dell'associazione "Difendere la vita con Maria", Giorgio Celsi, presidente dell'associazione "Ora et labora in difesa della vita" e Leandro Aletti un ginecologo che per difendere la vita non ha temuto di subire processi né di perdere il lavoro pur avendo una famiglia numerosa da mantenere. Cerutti è stato allontanato dalla Chiesa, mentre Aletti e Celsi sono stati sommersi dai fischi (fra i presenti, ad applaudire alla Bonino c'erano diversi radicali, fra cui il noto ginecologo torinese Silvio Viale, paladino della legalizzazione della Ru486, la pillola abortiva che uccide bambini mettendo a rischio anche la vita delle madri). "Ho provato a dirle - spiega Aletti - che lei stessa era fra i responsabili del calo demografico e che era assurdo sentir parlare di accoglienza da una che non accoglie i nostri figli". Ma tra fischi e urla che coprivano la voce del medico Bonino, senza scomporsi, ha risposto: "Sono polemiche di gioventù, discussioni che pensavo antiche, non mi spaventano. Non mi sentivo e non mi sento di condannare nessuno all'aborto clandestino". A quel punto tutta la chiesa ha applaudito. "Io rimango convinta della libertà individuale, nessuno deve dirvi cosa fare, ognuno scelga per sé: "io non lo farei" non può diventare "tu non lo puoi fare" (boato di applausi). E non importa se si tratta di uccidere. Poi, continuando come se nulla fosse, ma svelando la grande ipocrisia, ha parlato così della regolarizzazione dei clandestini: "Non abbiamo scelta, a meno che non vogliamo affogarli tutti nel Mediterraneo, ma ci eravamo detti mai più. Sui cimiteri anche liquidi non si costruisce niente". Tutto questo in una chiesa in cui il parroco, che aveva già invitato a parlare Beppino Englaro per ben due volte, continua a diffondere confusione senza il minimo intervento del vescovo. Perciò, ha continuato Aletti, la seconda cosa che le ho detto è che, "Oriana Fallaci diceva esattamente l'opposto, parlando del pericolo dell'islamizzazione. E a quelli della Caritas e a don Mario, che provava ad allontanarmi dalla Chiesa, ho rivolto le parole profetiche di Paolo VI: "Un pensiero maggioritario non cattolico prevarrà nella Chiesa ma resterà sempre un'etnia sui generis che è una minoranza e lì sarà il pensiero cattolico". E' quello che vediamo oggi, per cui essere cattolici ora vuol dire stare in quell'etnia che è una minoranza". Nella Chiesa ma non solo, dato che la polizia non è entrata in chiesa (cosa che può avvenire solo su richiesta del parroco per eventi straordinari) e ha chiesto i documenti a quanti pregavano sul sagrato. Ma alcuni delle forze dell'ordine, conclude Aletti, "mi hanno detto: abbiamo sentito tutto, avete ragione". Giovanni Ceroni, presidente del Mpv di Biella ha spiegato: "In questi casi l'ultima arma è la preghiera di riparazione e adorazione a Dio...Nelle nostre preghiere ricordiamo la Bonino e tanti presenti accecati dalle ideologie, ma in particolare quel prete che impiega tante energie e dà tanto scandalo ai fedeli: che possa convertirsi a Gesù seguendo la Vera Santa Chiesa".
Fonte: Intelligo News, 27 luglio 2017
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AVVENIRE, PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA E VESCOVI INGLESI SI ADEGUANO ALL'EUTANASIA: GIUSTO FAR MORIRE CHARLIE!
Su Rai Uno il professor Francesco D'Agostino, già presidente del Comitato Nazionale di Bioetica e presidente dei Giuristi Cattolici, si uniforma alla cultura della morte nascondendosi dietro un presunto accanimento terapeutico (che per Charlie non c'è stato)
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30-07-2017
«Charlie è stato ucciso da un male inesorabile». Così ieri sbalordiva i suoi lettori il direttore di Avvenire Marco Tarquinio. Sbalordimento non solo per l'evidenza negata di una morte procurata, ma anche per l'altrettanto evidente contraddizione con la linea tenuta nei due mesi precedenti, da quando il caso Charlie è stato seguito con sistematicità dal quotidiano della CEI. In effetti da un po' di giorni erano cessati i commenti duri su medici e giudici inglesi; l'editorialista in questo più acuminata - Assuntina Morresi - che all'inizio aveva denunciato con forza la volontà di morte di medici e giudici, è scomparsa dalle pagine del quotidiano dei vescovi dal 13 luglio. E quando, dopo l'udienza in cui anche i genitori di Charlie si sono arresi alla possibilità di terapie, Tarquinio ha rilasciato un'intervista al Corriere della Sera sostenendo che ora era giusto "lasciare andare" Charlie, era apparso chiaro che fosse in atto una manovra di riallineamento.
LA MANOVRA DI RIALLINEAMENTO Ieri la conferma nel modo più spudorato. Ora possiamo aspettarci che sul tema Avvenire arrivi a cedere la tribuna al professor Francesco D'Agostino senza ovviamente spiegare come sia successa questa inversione a U [vedi articolo alla fine di questo, N.d.BB]. Di sicuro possiamo dire che il neo-presidente della Conferenza Episcopale Italiana, cardinale Gualtiero Bassetti, non ha alcun ascendente sul "suo" giornale visto che Avvenire ha maturato la svolta proprio nei giorni in cui egli si esprimeva al contrario, ovvero con un giudizio molto chiaro contro l'eutanasia praticata su Charlie. Ma Bassetti è uno dei pochissimi vescovi che resta fedele a quanto il Magistero ha sempre indicato sul tema della vita e della morte. Il caso Charlie ha fatto emergere la realtà di una Chiesa che, silenziosamente, si è spostata su tutt'altra linea. E infatti, dopo la morte di Charlie, in tanti - che per mesi erano stati in silenzio o quasi - sono improvvisamente diventati loquaci. Perfino il cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster e presidente della Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles, di cui si erano perse le tracce, ha voluto far sapere al mondo il suo pensiero. Dopo le scontate "sincere e profonde condoglianze" ai genitori di Charlie, ecco il colpo: il ringraziamento al personale dell'ospedale londinese «che si è occupato di Charlie durante questi lunghi mesi della sua breve vita». Che se ne sia occupato soprattutto tenendolo in ostaggio in attesa del semaforo verde per farlo morire, questo evidentemente è un dettaglio secondario per il cardinale Nichols. Il quale, non volendo lasciare spazio ad equivoci ha anche lodato tutto il personale dell'ospedale, «la grande professionalità e le risorse offerte a ogni piccolo paziente e ai familiari». Insomma, tanta comprensione per i genitori, però meno male che adesso è finita come doveva e speriamo che la smettano, così che i medici potranno tornare ad eliminare tutti i Charlie di questo mondo coperti da quel silenzio chiesto anche dal professor Francesco D'Agostino nell'intervento su Rai Uno di cui riferiamo a parte.
PONTIFICIA ACCADEMIA PER LA VITA E loquace è improvvisamente diventato anche monsignor Vincenzo Paglia che, essendo il presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a giochi fatti non può fare a meno di dire la sua. Dopo un primo comunicato sul cui significato si stanno ancora interrogando gli esegeti (è prerogativa di monsignor Paglia fare affermazioni che possono essere lette in qualsiasi modo), ieri sera è intervenuto con una breve dichiarazione al Tg1 delle 20. «Charlie aveva bisogno di tutto meno che di un clima di conflitto e lacerazione», ha esordito. E chi sarà mai il colpevole di questo clima? In fondo se i genitori avessero accettato da subito la realtà di una malattia inguaribile, tutto questo conflitto non si sarebbe acceso. I medici del GOSH, che sono così professionali e prodighi in risorse per i piccoli malati e i loro familiari - come dice Nichols - non meritavano certo questo trattamento. Infatti quello di cui c'è veramente bisogno, prosegue Paglia, è «un'alleanza terapeutica tra medici, familiari e amici» perché «tutti insieme, ognuno secondo le proprie responsabilità, individuino la via migliore per il malato». Il contenuto di questa alleanza evidentemente non importa: vita, morte, l'importante è che si decida insieme. E insiste ancora nel finale: «Dobbiamo promuovere nel nostro paese un'alleanza tra tutti». A parte quello che appare uno spot a favore della legge sul bio-testamento in discussione in Parlamento, le parole di Paglia indicano con chiarezza la metamorfosi in atto. Da evitare assolutamente non è la scelta per la morte, che malati e disabili vengano fatti fuori dallo stato e dagli esperti; no, da evitare è il clima di conflitto; dobbiamo cercare una soluzione comune, qualsiasi essa sia, senza volere imporre la "nostra" verità. Non so se è chiaro il messaggio; aspettiamoci a giorni qualche intervento autorevole che ci dica che su Eluana Englaro la Chiesa italiana ha sbagliato a mobilitarsi allora, creando quel brutto clima di conflitto e lacerazione. In fondo che volete che sia il sacrificio di una vita, peraltro improduttiva, davanti alla possibilità di mantenere una concordia sociale? «Mai più un'altra Eluana», dicevamo allora. E sarà così, ma non nel senso che intendevamo.
Nota di BastaBugie: Renzo Puccetti nell'articolo sottostante dal titolo "D'Agostino choc: Charlie doveva morire" controbatte alle incredibili dichiarazioni a Rai Uno del professor Francesco D'Agostino, già presidente del Comitato Nazionale di Bioetica e presidente dei Giuristi Cattolici. In base alla sua definizione di accanimento terapeutico e di eutanasia bisognerebbe sospendere qualsiasi supporto vitale ed eliminare una parte consistente della popolazione. Una garanzia per la Pontificia Accademia per la Vita, di cui è stato nominato membro ordinario. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 30 luglio 2017: Per la gravità delle affermazioni e per la caratura del personaggio non possono passare inosservate le considerazioni del professor Francesco d'Agostino, già presidente del Comitato Nazionale per la Bioetica, espresse nella trasmissione Uno Mattina (Rai Uno) il 26 luglio sul caso del piccolo Charlie. Dato il prestigio che avvolge la persona del presidente dei Giuristi Cattolici, tenterò di svolgere alcune considerazioni sforzandomi di rispettare l'etichetta accademica. Richiesto dal giornalista Tiberio Timperi se per Charlie "c'è il rischio di accanimento terapeutico", il professor D'Agostino ha risposto che tale rischio è per lui "plateale", aggiungendo poi che "sicuramente Charlie da molti mesi è sottoposto ad accanimento terapeutico". Passi per me, che sono un semplice medico di campagna che si diletta di bioetica, passi per alcuni miei amici che mi precedono nell'insegnamento della bioetica nelle stesse prestigiose istituzioni universitarie a cui afferisce il professor d'Agostino, voglio giungere a dire passi per il neurochirurgo e psichiatra Massimo Gandolfini, direttore di dipartimento all'Ospedale Poliambulanza di Brescia che sulla Verità di ieri ha parlato di "eutanasia di Stato", passi per Assuntina Morresi, collega di D'Agostino al Comitato Nazionale di Bioetica, per l'avvocato Simone Pillon, membro dei giuristi cattolici di Perugia, tutte persone che nel caso di Charlie di accanimento terapeutico non hanno visto neanche l'ombra; ma possibile che persino quel monumento vivente della bioetica in Italia e nel mondo, autore del manuale di riferimento per generazioni di bioeticisti, il professore e cardinale Elio Sgreccia non si sia accorto che Charlie era oggetto di una vera e propria tortura, anzi lo abbia escluso decisamente? Ma non intendo invocare il solo argomento ex auctoritate per rigettare la tesi di D'Agostino. Egli infatti formula la propria convinzione su una definizione di accanimento terapeutico che contempla "interventi medici futili, inutili, privi di prospettive, altamente tecnologici, altamente invasivi, e in molti casi tali da dare forti sofferenze al malato". Esaminiamoli singolarmente in modo sintetico. La ventilazione per Charlie era tutt'altro che futile, essa gli assicurava la vita, tant'è che per porvi termine si è utilizzato la sua interruzione. La ventilazione era priva di prospettive soltanto se per prospettiva si assume il miglioramento delle condizioni cliniche e non la sopravvivenza. Tuttavia sono innumerevoli gli interventi medici che assicurano non altra prospettiva che la sopravvivenza, a partire da quella nutrizione e idratazione che è artificiale tanto quanto lo è la ventilazione. Per coerenza allora il professor D'Agostino dovrebbe annoverare tra gli accanimenti terapeutici tutte le situazioni in cui non vi sono prospettive come nei malati di Alzheimer, di cancro, i pazienti in stato vegetativo, per fare solo qualche esempio. Che l'accanimento dipenda dal grado di tecnologia impiegato è una tesi che apprendo oggi quale stravagante novità. Vi sono interventi che esprimono un altissimo livello di tecnologia robotica o protesica rimanendo totalmente proporzionati: pace-maker, defibrillatori, pompe d'insulina, impianto cocleare, mentre fare un massaggio cardiaco ad un paziente con cancro in fase terminale, intervento pur privo di tecnologia, costituirebbe davvero un accanimento. D'altra parte non vi è molta differenza tecnologica tra una pompa per la Nutrizione e Idratazione e la stomia gastrica con la tecnologia impiegata per un ventilatore ed una tracheostomia. Ha ragione D'Agostino quando tira in ballo che l'accanimento si configura tale quando il trattamento induce sofferenza. Qui si deve però essere chiari. I trattamenti medici richiedono spesso la sopportazione di dolori o disagi da parte del paziente, si verificano effetti collaterali ed eventi avversi. Per limitarli i medici instaurano altri trattamenti in associazione. Ecco che il dentista fa l'iniezione prima di mettere mano al trapano e poi prescrive gli antinfiammatori, o il chirurgo si fa aiutare dall'anestesista e poi prosegue con antalgici nel periodo post-chirurgico. Ciò avviene anche nei trattamenti cronici. Ciò che per D'Agostino costituisce la prova dell'accanimento su Charlie - "la ventilazione artificiale a cui è sottoposto Charlie, è un intervento pesantissimo, e infatti il piccolo è sotto sedazione da molti mesi", ha detto il giurista - fa parte del normale approccio di chi è sottoposto a ventilazione invasiva, a meno di non volere sostenere che i pazienti ventilati cronicamente siano tutti sottoposti ad accanimento terapeutico. Peraltro gli stessi medici del GOSH hanno dovuto ammettere che non vi erano prove che il bambino avesse dolore. Ho già ricordato sulla NBQ il caso dei bambini nati con atrofia muscolo-spinale tipo 1. A causa di una degenerazione neuronale, nel 95% dei casi non superano i 18 mesi di vita, la mortalità è del 100% a 2 anni, hanno necessità di ventilazione che viene routinariamente instaurata in modalità invasiva o non invasiva, ma nessun medico si sognerebbe mai di considerarla un accanimento terapeutico. Vuole forse il professor D'Agostino accusare i pediatri di tutto il mondo che hanno in cura questi bambini di mancare al dovere professionale d'interrompere un trattamento che a tutti gli effetti soddisfa i criteri da lui elencati per definire l'accanimento terapeutico? Prego, si accomodi pure. Gli suggerisco di cominciare dalla presidente dell'ospedale Bambin Gesù Mariella Enoc che ha dichiarato: "Non so perché l'ospedale inglese abbia deciso di sospendere le cure al bimbo, so che qua da noi questo non sarebbe avvenuto". Il professor D'Agostino ha detto che l'accanimento terapeutico su Charlie "lo si può capire fino in fondo soltanto se si studia da vicino la terribile patologia di Charlie e tutti gli interventi che hanno fatto su di lui, partendo dalla ventilazione e partendo dal fatto che il piccolo Charlie non ha alcuna funzione organica attiva". Ora non vorrei essere irrispettoso, ma un umano che non ha alcuna funzione organica attiva si chiama cadavere ed è piuttosto difficile fare morire un cadavere, stante la sua condizione di già morto. D'Agostino, che parrebbe parlasse perché ha studiato da vicino la condizione di Charlie, dice che al bambino inglese "non gli funzionano i reni, non gli funziona l'intestino". Strano però che queste informazioni non siano state riportate in alcun rapporto medico. Non risulta che Charlie fosse sottoposto a dialisi renale, né risulta alcuna immagine dove la cute del bambino abbia manifestato la tipica colorazione che si riscontra nell'uremia legata all'accumulo di urocromi. Inoltre se l'apparato digerente non avesse funzionato si sarebbe manifestato malassorbimento e ileo paralitico, sarebbe stato inutile nutrire e idratare Charlie per via enterale e la morte sarebbe sopraggiunta senza dovere aspettare di dovere intervenire con la rimozione della ventilazione. D'Agostino poi aggiunge l'argomento della dipendenza dalle macchine. Sarebbe tale condizione a rendere la situazione di Charlie un accanimento terapeutico perché, sempre secondo il giurista, "nella definizione dell'accanimento terapeutico rientra proprio il caso in cui la vita sia supportata, non nell'attesa di una guarigione o di un miglioramento fisiologico, ma semplicemente perché ci sono delle macchine che impediscono all'organismo di arrivare alla propria fine naturale". Su questo lascio che la risposta a D'Agostino giunga da Mario Melazzini, direttore dell'Agenzia Italiana del Farmaco e malato di Sclerosi Laterale Amiotrofica, il quale, commentando il caso di Charlie, ha dichiarato sull'Avvenire: "Per me essere nutrito con una pompa nella notte, essere ventilato, è la vita […], la Vita è una questione di sguardi e di speranza, anche per chi è legato a delle macchine. Guardiamo prima di tutto, e ascoltiamo, la persona, non fermiamoci alla 'macchina' e non consideriamo una maledizione la vita quotidiana che essa consente". Forse che un paziente dializzato, un grave bradicardico, un grave broncopneumopatico non sono tenuti in vita da una macchina? Sconcertante. Così com'è sconcertante la definizione di eutanasia offerta dal professore: "Dare la morte ad un soggetto che ha possibilità di vita, sia pure tragiche, ma che non è in punto di morte e che potrebbe ancora esercitare il tempo che gli rimane da vivere in modo sensato e dignitoso". Forse che dare un'iniezione letale ad un paziente che ha un'aspettativa di vita di tre giorni, dunque in punto di morte, non sarebbe parimenti un'eutanasia? Quanto prima della morte attesa deve essere attuata la condotta uccisiva perché per il professor D'Agostino si tratti di eutanasia? Non è questione di tempi, né di condizione, ma, come recita la dottrina cattolica e la scienza medica, di mezzi e intenzioni. Non posso affermare di sapere se la posizione del professor D'Agostino rispecchi il suo sincero convincimento, oppure sia una tattica volta ad arginare le richieste di eutanasia commissiva, concedendo un'eutanasia omissiva nella forma mascherata di astensione da trattamenti proporzionati, facendoli passare per accanimento terapeutico. Se così fosse, si tratterebbe dell'ennesimo tentativo illusorio, puerile, maldestro e complice che non ha mai arginato alcuna progressione del fronte laicista contro la vita, il matrimonio e la famiglia. Il professor D'Agostino è stato incluso tra i membri ordinari della Pontificia Accademia per la Vita (PAV). Temo che le sue idee sul fine vita rappresenteranno un contributo fortemente innovativo nei documenti della PAV, un contributo che si andrà a sommare a quello del professor Biggar, della professoressa Le Blanc, di Steinberg e di altri ancora.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 30-07-2017
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NUOVI STUDI CONFERMANO CHE LA SINDONE E' AUTENTICA
In un convegno internazionale studiosi di varie discipline confermano i dati dei vangeli e che la reliquia risale all'epoca di Cristo (VIDEO: Sindone)
Autore: Emanuela Marinelli - Fonte: Tempi, 1° agosto 2017
I risultati di un'importante ricerca sono stati pubblicati recentemente sulla rivista PlosOne. L'indagine è stata condotta dal dipartimento di Ingegneria industriale di Padova, dove insegna Giulio Fanti, in collaborazione con Elvio Carlino, dell'Istituto officina dei materiali del Cnr di Trieste, e Liberato De Caro e Cinzia Giannini, dell'Istituto di cristallografia del Cnr di Bari. Questo gruppo di scienziati, che si avvale degli strumenti di microscopia più avanzati, ha trovato su una fibra della Sindone tracce di nanoparticelle biologiche di creatinina, una sostanza chimica prodotta dal metabolismo muscolare, legate a nanoparticelle di ossido di ferro. Il tipo, la dimensione e la distribuzione delle nanoparticelle di ossido di ferro rivela che non possono essere coloranti per la pittura, ma sono piccole particelle di ferridrite della ferritina, una proteina che costituisce la riserva di ferro dell'organismo nei tessuti. Il legame costante della ferritina con la creatinina si verifica nell'organismo umano in caso di grave politrauma. Questa ricerca conferma, quindi, che l'Uomo della Sindone è stato vittima di pesanti torture prima di una morte cruenta.
CONGRESSO SCIENTIFICO DI PASCO (STATI UNITI) Anche il recente congresso scientifico svoltosi a Pasco (Stati Uniti) dal 19 al 22 luglio ha portato nuovi risultati che avvalorano l'autenticità della Sindone, il lenzuolo conservato a Torino che la tradizione attribuisce alla sepoltura di Cristo. Gli studiosi presenti provenivano da diversi paesi e il contributo di quelli italiani è stato notevole, sia nel settore storico che in quello scientifico. Notevoli sono stati anche i contributi degli altri congressisti, provenienti da Spagna, Francia, Stati Uniti, Messico e Australia. Gli abstract di tutti gli interventi si trovano qui. Alcuni interventi sono disponibili su YouTube. La storia antica della Sindone si identifica con quella dell'Immagine di Edessa, che fu chiamata Mandylion dai Bizantini. Alfonso Caccese, Emanuela Marinelli, Laura Provera e don Domenico Repice hanno studiato l'Imago Pietatis, ovvero il Cristo a mezzo busto che sorge da una tomba a pozzo con il capo reclinato sulla sua spalla destra e le braccia incrociate davanti. Varie testimonianze scritte e iconografiche confermano l'ipotesi che questo tipo iconografico si ispiri alla Sindone, esposta in verticale a Costantinopoli con un meccanismo simile a quello del trono della Magnaura, con cui l'imperatore poteva essere sollevato in alto per impressionare i presenti. La Sindone era a Costantinopoli nel 1204. Alessandro Piana ha portato nuovi elementi a conferma della presenza della reliquia ad Atene nel 1205, dopo il saccheggio perpetrato dai Crociati nella capitale bizantina. In quell'anno era diventato Signore di Atene Othon de la Roche, che tornò in Francia dopo il 1225, con ogni probabilità recando con sé la Sindone. Dopo la sua morte, nel 1234, la Sindone restò proprietà della sua famiglia fino ad arrivare a Jeanne de Vergy, sua discendente alla quinta generazione, che insieme al marito Geoffroy de Charny la espose a Lirey a metà del XIV secolo. L'indagine genetica condotta su campioni sindonici si conferma molto promettente. Gianni Barcaccia ha rilevato la cospicua presenza di Dna di origine indiana e mediorientale. In particolare è interessante l'aplogruppo H33, molto raro, perché si trova principalmente presso i Drusi, una minoranza etnica presente in Israele, Giordania, Libano e Siria. La possibile origine indiana della Sindone può essere confermata dal nome stesso, che può derivare da Sindia o Sindien, termini usati per indicare un tessuto proveniente dall'India.
STORIA AFFASCINANTE È noto dagli studi di Ada Grossi che il pomeriggio dello Yom Kippur il Sommo Sacerdote si vestiva di pregiato lino indiano. Maria Luisa Rigato ritiene che per la sepoltura di Gesù fu usato uno dei preziosi lini disponibili nel Tempio di Gerusalemme. Il volto di Cristo ispirato alla Sindone è presente su numerose monete bizantine. Giulio Fanti ha dimostrato come numerosi dettagli, derivati dall'osservazione della reliquia, caratterizzino le monete bizantine a partire dal 692, anno in cui l'imperatore Giustiniano II per la prima volta fece rappresentare il volto di Cristo su tali monete. Con il tempo questa somiglianza si affievolì, ma si rinforzò di nuovo in concomitanza con l'arrivo della Sindone a Costantinopoli nel 944. Al congresso, Fanti ha anche presentato i risultati sperimentali di uno studio, condotto con Gianmaria Concheri e Sergio Rodella, su una statua appositamente realizzata, che dimostra come l'Uomo della Sindone fosse avvolto in modo stretto dalla Sindone; il lenzuolo non era semplicemente appoggiato sul cadavere come ipotizzato da alcuni in passato. Inoltre Fanti ha portato i risultati della datazione della Sindone condotta presso l'Università di Padova con un metodo meccanico e due metodi chimici (FT-IR e Raman). In base a questi esami, la Sindone risale all'epoca di Cristo. Da altri suoi studi sulle caratteristiche dell'immagine sindonica, risulta che deve essere stata formata da una radiazione direzionale ma complessa, come può essere una scarica elettrica che ha prodotto un effetto corona.
MACCHIE DI SANGUE, MONETE, SCRITTE, FIORI Il colore delle macchie di sangue, che si è mantenuto nei secoli più rosso di quanto ci si aspetterebbe, è stato discusso da Paolo Di Lazzaro che presentava un lavoro condotto in collaborazione con Antonio Di Lascio, Paola Iacomussi, Mauro Missori e Daniele Murra. Lo scopo del lavoro era quello di verificare le varie ipotesi formulate in passato. La più valida è risultata quella di Carlo Goldoni: la radiazione ultravioletta può cambiare la struttura della bilirubina; ciò rafforza il colore rosso delle macchie di sangue durante un lungo periodo. L'irradiazione con una lampada UV di macchie di sangue ricche di bilirubina ha generato una colorazione rosso-giallastra permanente a distanza di quattro anni. Di Lazzaro ha anche messo in guardia dalle illusioni ottiche create dalle elaborazioni di rafforzamento dell'immagine, che hanno portato alcuni a vedere tracce di monete, scritte, fiori e un'immagine del volto sul retro della Sindone, che in realtà non esistono. Infine ha fatto alcune puntualizzazioni in merito agli esperimenti condotti con il laser a eccimeri presso l'Enea di Frascati, che sono stati talvolta fraintesi da alcuni giornalisti e anche da altri scienziati: con una radiazione VUV (ultravioletto da vuoto) è stata ottenuta una colorazione simile a quella dell'immagine sindonica; questo non significa che l'immagine sindonica è stata generata da un flash di luce VUV, ma che non è impossibile che una radiazione VUV possa aver avuto un ruolo nella formazione dell'immagine. A una intensa radiazione come causa della formazione dell'immagine, durante un processo di annichilazione materia-antimateria al momento della Resurrezione, Giuseppe Baldacchini ha affiancato, nella sua ipotesi, un flusso di neutroni che ha falsato il risultato della datazione radiocarbonica del 1988, collocando l'origine della Sindone nel Medioevo. Per quanto riguarda le cause della morte di Gesù, Pietro Pescetelli si è basato sulla sua esperienza di cardiologo per formulare l'ipotesi, ben fondata, che il grido finale sulla croce e l'uscita di sangue e siero dal fianco trafitto siano spiegabili con un infarto cui consegue la rottura del cuore e l'allagamento del pericardio. Tutti i lavori presentati al congresso hanno fornito nuove motivazioni storiche e scientifiche a conferma dell'autenticità della venerata reliquia. Nota di BastaBugie: nel video sottostante Emanuela Marinelli, autrice dell'articolo, presenta tutti gli studi sulla Sindone incluse le ultime scoperte
https://www.youtube.com/watch?v=-6GMHOgY5YI
Fonte: Tempi, 1° agosto 2017
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STORIA DELLA CONCELEBRAZIONE E DEI SUOI EFFETTI NEGATIVI
San Tommaso ritiene superfluo che più sacerdoti facciano ciò che può fare uno solo
Autore: Cristiana de Magistris - Fonte: Corrispondenza Romana, 28/06/2017
Fino al Concilio Vaticano II la concelebrazione non è stata una questione particolarmente disputata. La tradizione e la prassi della Chiesa erano ben consolidate e non v'era motivo di sollevar questioni. La diatriba è iniziata col modernismo ed è culminata nell'ultima assise conciliare, a partire dalla quale la concelebrazione è divenuta una consuetudine "selvaggia", che ha oscurato pesantemente e spesso ostacolato la celebrazione individuale. Nel 1981 il padre carmelitano Joseph de Sainte-Marie dedicò al "problema" della concelebrazione - ché tale era divenuto dopo il Vaticano II - un ampio e documentato volume, il quale a tutt'oggi sembra essere lo studio più esauriente sul tema (L'Eucharistie, salut du monde, Dominique Martin Morin, Paris 1982). Il punto centrale del problema della concelebrazione è stabilire se nella concelebrazione si ha un solo sacrificio, ossia una sola Messa, o tante Messe quante sono i concelebranti. È a tale questione che il padre Joseph dedica gran parte dei suoi sforzi, poiché è dalla risposta a tale domanda che dipende conseguenzialmente l'opportunità della concelebrazione per il bene comune della Chiesa, o il suo contrario. In fin dei conti, la ragione ultima della disputa è sapere qual è il modo di celebrare il santo Sacrificio della Messa che dà a Dio maggior gloria e procura la più grande ricchezza di grazia redentrice per la Chiesa.
L'ANTICA E LA MODERNA CONCELEBRAZIONE Una prima osservazione riguarda la distinzione capitale tra l'antica concelebrazione "cerimoniale" e quella "sacramentale". Il padre Joseph de Sainte-Marie la spiega bene, ricordandone le origini storiche. La concelebrazione delle origini è esclusivamente "cerimoniale": il vescovo, o il Papa, celebra e i sacerdoti stanno intorno. Con l'Ordo Romanus III (ultimi anni dell'VIII secolo) appare per la prima volta, a Roma, la concelebrazione "sacramentale": essa si svolge in quattro occasioni durante l'anno (Pasqua, Pentecoste, festa di S. Pietro, Natività). I preti-cardinali della città di Roma si riuniscono intorno al Papa per concelebrare. Nel IX secolo, in seguito all'Ordo Romanus IV, vi sono dei documenti che parlano di Messa crismale del Giovedì Santo concelebrata in alcune città della Francia (es. Lione) e di alcune altre feste liturgiche come l'Epifania e l'Ascensione. Con la fine del XII secolo scompare la concelebrazione a Roma. Nel XVI secolo riappare inizialmente in forma sporadica poi più generalizzata per le Messe di ordinazione, specialmente sacerdotali ed episcopali. Nel XVIII secolo in Oriente inizia ad essere adottata la concelebrazione "sacramentale" per l'influenza che arriva dall'Occidente, ma è prevista solo nei giorni di festa per dar maggior risalto alla liturgia. In Oriente si era sempre avuta la concelebrazione "cerimoniale" dove permane ancora esclusivamente nella maggior parte delle chiese (riti Caldei, Armeni, Etiopici, Greci ortodossi, Siriaci).
DOPO LA SECONDA GUERRA MONDIALE Il tema della concelebrazione riapparve dopo la Seconda guerra mondiale, lanciato dal movimento liturgico: il principio teologico soggiacente era la soppressione della distinzione tra sacerdozio del prete e quello dei fedeli che "concelebrano" insieme. Papa Pio XII denunciò tali errori nell'enciclica Mediator Dei (20-11-1947). Nel 1954 Pio XII ribadì che solo il sacerdote ha il potere di offrire il sacrificio della Messa e condannò il principio secondo cui una Messa alla quale partecipano 100 sacerdoti sia uguale a 100 Messe. Il 22 settembre 1956 nel Congresso Internazionale di Liturgia, Pio XII chiarì il suo pensiero spiegando che «nel caso d'una concelebrazione nel senso vero e proprio della parola, Cristo invece di agire per il tramite di un solo ministro, agisce per mezzo di più». Nel discorso del Papa è chiara la necessaria differenza tra concelebrazione "sacramentale" e concelebrazione "cerimoniale". Negli anni del Concilio avvenne il passaggio dalla concelebrazione cerimoniale a quella sacramentale, "lanciata" da teologi e liturgisti progressisti, ma rigorosi, come padre Karl Rahner, mons. A.G. Martimort, Dom Bette, consapevoli del fatto che la concelebrazione sacramentale comportava un unico atto liturgico e dunque un'unica Messa. Questa linea influenzò il Concilio, in cui si discusse molto sull'argomento. Il 25 gennaio 1964, Paolo VI, con il Motu Proprio Sacram Liturgiam istituì una commissione con il compito di attuare le prescrizioni presenti nella Sacrosanctum Concilium. Paolo VI concelebrò in San Pietro il 14 settembre dello stesso anno all'apertura della III sessione del Concilio. Da allora la concelebrazione sacramentale dilagò nella Chiesa, in modo preoccupante.
SAN TOMMASO: SUPERFLUO CHE PIÙ SACERDOTI FACCIANO CIÒ CHE PUÒ FARE UNO SOLO L'unicità del Sacrificio nel caso della concelebrazione è ritenuto dal padre de Sainte-Marie un dato certo e non suscettibile di dibattito. Già san Tommaso aveva posto la questione: «Se più sacerdoti possano consacrare una medesima ostia», a cui aveva dato la seguente spiegazione: «Se ciascun sacerdote agisse per virtù propria, gli altri celebranti sarebbero superflui, bastandone uno solo. Ma poiché il sacerdote non consacra che in persona di Cristo, e i molti non sono che «una cosa sola in Cristo», poco importa che questo sacramento venga consacrato da uno o da molti, purché si rispetti il rito della Chiesa» (Summa Theologica, III, q.82, a.2, ad. 2 m). In sostanza san Tommaso ritiene superfluo che più sacerdoti facciano ciò che può fare uno solo. Di conseguenza per la concelebrazione di una Messa importa poco o importa nulla il numero dei celebranti. E il solo modo di moltiplicare il numero dei sacrifici eucaristici (per la gloria di Dio e la salvezza delle anime) non è quella di moltiplicare i ministri della concelebrazione, che produce l'effetto contrario, ma di moltiplicare le celebrazioni liturgiche del rito sacramentale della Messa. Il teologo domenicano Roger Thomas Calmel fornisce un calzante esempio per spiegare l'unicità del sacrificio nel caso della concelebrazione: «Se per fucilare un traditore si riunisce un plotone di 12 soldati, ci saranno certamente dodici atti "uccisivi", ma l'uccisione è una sola. Immaginate che ci siano tanti traditori. Ebbene, la patria sarà molto più efficacemente soccorsa se ciascuno dei soldati mette a morte un traditore, piuttosto che si raggruppassero 12 soldati per uccidere un solo traditore. Parimenti la Chiesa di Dio sarà ben più aiutata (e soprattutto Dio sarà ben più glorificato) se, per esempio, 40 preti dicono ciascuno una Messa, piuttosto che se 40 preti si riuniscono per fare insieme una consacrazione unica, una sola Messa. (...) La gloria resa a Dio, l'intercessione propiziatoria per le anime è certamente minore quando c'è un solo sacrificio sacramentale (concelebrazione) che quando ci sono 40 sacrifici sacramentali. Dico "sacramentali" per distinguerli dal sacrificio cruento che è unico».
QUANTE SONO LE MESSE: UNA, OPPURE QUANTI SONO I SACERDOTI CONCELEBRANTI? Più tardi, nel 1991, in una lettera al card. Pietro Palazzini, padre Enrico Zoffoli, autore del testo La Messa unico tesoro e la sua concelebrazione, si chiede: quante sono realmente le Messe: una, oppure quanti sono i sacerdoti concelebranti? «Non esito a rispondere - scrive - che tutti celebrano una sola Messa, se veramente con-celebrano. Infatti: se nella Messa individuale uno è il ministro offerente, in quella concelebrata sono molti; tali però solo fisicamente, non MORALMENTE; distinzione che, a mio parere, è sufficiente a risolvere la controversia. In realtà: unico è l'altare..., unica la materia da consacrare..., unica la consacrazione..., unico il tempo della pronunzia delle parole della medesima...; unico il sacerdozio ministeriale messo in evidenza dalla concelebrazione... Tutti, dunque, rappresentano e si comportano come se fossero (formassero) UN SOLO MINISTRO con l'intenzione di compiere una sola azione liturgica: Multi sunt unum in Christo...» (S. Th., III, q.82, a.2, 3um). L'importante è che «omnium intentio debet ferri ad idem instans consecrationis» (iv., c.). «Il quesito - scrive il teologo passionista -, antecedentemente ad ogni mia affermazione e spiegazione, è stato più volte proposto a numerosi e scelti gruppi di fedeli, che all'unanimità e senza alcuna esitazione si sono pronunciati sostenendo che "la Messa" concelebrata è una, non molte Messe celebrate quanti sono i sacerdoti». Da parte di taluni si vorrebbe far passare Pio XII come un apripista della concelebrazione. In realtà, sotto il pontificato di Pio XII, la concelebrazione non ebbe diritto di cittadinanza se non - com'era già tradizione della Chiesa - in occasione delle ordinazioni episcopali e sacerdotali. L'unica novità è contenuta nell'Episcopalis Consecrationis con cui si apre la "concelebrazione episcopale" (ossia l'imposizione delle mani sul nuovo Vescovo) ai Vescovi assistenti, secondo precise indicazioni. Con l'affermazione che nella concelebrazione v'è una "consacrazione simultanea" (Allocuzione in occasione della chiusura del Congresso nazionale di Liturgia pastorale - Assisi 1956) sembra abbastanza chiaro che si tratti di un unico Sacrificio, come sostenuto anche dal cardinal Journet, il quale afferma che nella concelebrazione ci sono molti consacranti, «plures ex aequo consecrantes», ma una sola azione consacratoria, «una consecratio» (Le sacrifice de la Messe, in Nova et Vetera, 46 (1971), p. 248). Va pure notato che gl'interventi magisteriali più autorevoli in materia liturgica (la Costituzione apostolica Episcopalis Consecrationis e l'Enciclica Mediator Dei) non trattano della concelebrazione eucaristica in senso stretto. Di essa Pio XII trattò solo nell'allocuzione del 22 settembre 1956 in cui affermò che «nel caso di una concelebrazione nel senso proprio della parola, Cristo invece di agire per il tramite di un solo ministro, agisce per mezzo di più».
LA DIFFUSIONE DELLA CONCELEBRAZIONE Il primo esperimento di concelebrazione venne effettuato il 19 giugno 1964 nella chiesa di Sant'Anselmo con la concelebrazione di 20 sacerdoti. Da allora la concelebrazione si è diffusa in modo esponenziale e selvaggio. Ma - a chiarire le intenzioni dei novatores - occorre leggere il cap. XI "Concelebrazione" del volume di mons. Annibale Bugnini, La riforma liturgica (1948-1975) (C.L.V.- Edizioni Liturgiche, Roma 1997, pp. 133-144 e passi), in cui l'autore, segretario della Commissione Liturgica preparatoria, spiega come si arrivò al «primo rito completamente nuovo della riforma» (p. 133), quello della concelebrazione e della comunione sotto le due specie, entrato in vigore il 15 aprile 1965. Bugnini conferma come «in questa forma di celebrazione, più sacerdoti, in virtù dello stesso sacerdozio e nella persona del Sommo Sacerdote, agiscono insieme, con una sola volontà e una sola voce, e celebrano l'unico sacrificio con un unico atto sacramentale e insieme vi partecipano» (p. 138). Al di là della diatriba teologico-liturgica, bisogna tener presenti i risvolti pastorali della concelebrazione. Certamente la concelebrazione non aiuta né sacerdoti né fedeli nella vita spirituale, e quindi nella salus animarum che è - fino a prova contraria - la suprema lex. Nella concelebrazione i sacerdoti sono immersi in mille distrazioni e certamente sono molto meno partecipi del mistero che se celebrassero da soli. I fedeli vedono diminuire le Messe in modo vertiginoso, poiché i preti spesso preferiscono la veloce e meno impegnativa concelebrazione. Se poi la concelebrazione viene, gradualmente imposta, allora per i fedeli sarà sempre più difficile trovare Messe a diversi orari, visto che per ogni concelebrazione c'è una diminuzione di Messe (e di grazie) inversamente proporzionale al numero dei concelebranti. Dunque, meno Messe per quel popolo di Dio, quel gregge, che nell'attuale Pontificato sembra essere il grande privilegiato di tutte le scelte pastorali. Ma in tema di concelebrazione è, in realtà, il grande penalizzato. A meno che non si voglia leggere l'attuale disposizione come un capzioso e lento invito ad abbandonare progressivamente la Santa Messa.
Fonte: Corrispondenza Romana, 28/06/2017
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OMELIA XVIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 17,1-9)
Questi è il Figlio mio, l'amato
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 agosto 2017)
Il Vangelo di questa domenica ci invita a riflettere sull'episodio della Trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, un episodio avvenuto - narra l'Evangelista - sei giorni dopo il primo annuncio fatto da Gesù sulla sua prossima Passione. In quella circostanza, Gesù si manifesta chiaramente come il Messia sofferente, come Colui che è venuto al mondo a morire per gli uomini, a morire per la salvezza dell'umanità. Quella rivelazione non rispondeva alle comuni attese degli ebrei di un Messia glorioso, quindi di quelle degli Apostoli. In questi ultimi produsse sgomento e scoraggiamento. Allo scopo di incoraggiarli, il Maestro divino portò sul monte Tabor Pietro, Giacomo e Giovanni e lì si trasfigurò davanti a loro: «Il suo volto brillò come il sole - racconta il Vangelo - e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17,2). Il Signore mostrò ai tre Apostoli lo splendore della sua divinità. Dovette essere un'esperienza così beatificante da indurre Pietro, a nome degli altri, ad esprimere il desiderio di voler rimanere per sempre sul monte a contemplare Dio. Gesù abbandona la pianura, la città, e sale sul monte Tabor per rimanervi nella solitudine, in preghiera. Il monte nella Sacra Scrittura (come il monte Sinai, il monte Carmelo) è il luogo della presenza straordinaria di Dio. La salita al monte Tabor ci rivela la necessità della penitenza, il distacco dalle cose materiali per poter pregare: incontrare e conoscere Dio. Dobbiamo purtroppo rilevare la difficoltà a pregare da parte di tanti uomini. Questo accade soprattutto perché risulta difficile staccare il cuore da tanti interessi materiali, da tante passioni terrene, da tante occupazioni volute da noi. Ed allora diventa difficile anche entrare in chiesa, trovare un po' di tempo per la preghiera. Pensiamo a quanti perdono la Santa Messa domenicale per gli avvenimenti sportivi (partita di calcio, ad esempio). Per una passione si vendono l'anima al diavolo! Qualsiasi sacrificio per il calcio! Non riescono a staccarsi. Il cuore è attaccato agli interessi materiali. Ma anche se si trova il tempo per andare alla Messa, molto spesso, purtroppo, si riduce solo ad una presenza fisica, come quella dei banchi e dei muri. Questo per togliersi lo scrupolo di non aver perso la Messa. Ma la mente, il cuore dove stanno, dove vagano? Ecco il monte Tabor: bisogna staccarsi dal piano, arrampicarsi, fare lo sforzo del distacco per potersi incontrare con Dio e avere i veri frutti della preghiera: l'incontro e la manifestazione di Dio, la conoscenza sempre più profonda di Dio. Fratelli e sorelle, una volta che siamo riusciti a salire e a rimanere sul monte, una volta che ci mettiamo a pregare, una volta che gustiamo la preghiera, può succedere anche a noi ciò che è accaduto per l'Apostolo Pietro: Signore restiamo sempre qui! È bello stare con te! Non vogliamo più lasciarti! Padre Pellegrino Funicelli, che fu anche assistente personale di Padre Pio, ha raccontato di averlo a lungo "spiato" di giorno e di notte, un po' dappertutto, sino alla sua morte: «Ebbene, non l'ho mai sorpreso ad oziare: non soltanto pregava sempre, ma quando credeva di essere solo pregava con una concentrazione tale che sembrava in contatto diretto con la Divinità. In pubblico, invece, per non distinguersi, si uniformava allo stile e al ritmo della comunità». E quanto ritenesse vitale la preghiera anche per i suoi figli spirituali lo documenta una testimonianza della signorina Clementina Belloni: «In una confessione, Padre Pio mi accusò di aver rubato. Sorpresa, negai. Il Padre continuò: "Hai rubato il tempo a nostro Signore". E infatti il giorno precedente avevo mancato al dovere della preghiera». Con padre Giacomo Piccirillo, che indugiava a fotografarlo da diverse angolazioni, sbottò: «Stai con questo "ma strillo" [riferendosi alla macchina fotografica, nda] in mano da più di un'ora e non hai detto neanche un'Ave Maria!». A conclusione di questa nostra riflessione domandiamoci: che cosa abbiamo fatto in questi ultimi anni per aumentare la nostra preghiera? Possiamo dire, ad esempio, che rispetto a due anni fa stiamo pregando di più o meglio? Abbiamo fatto qualche sforzo, sacrificio proprio per facilitare il movimento del nostro spirito nell'innalzarsi verso Dio (Santa Messa quotidiana, un Rosario in più, ecc.)? Proponiamoci dunque di pregare di più e meglio, ossia di pregare con sacrificio, pregare rinunciando a tutte le occasioni di distrazione (non riempire la mente unicamente di fatti di cronaca o di notizie sportive o altro che non ci eleva e che ci degrada addirittura, evitare chiacchiere inutili, perdite di tempo, ecc.). Solo così la nostra preghiera sarà più efficace e ci attirerà grazia sovrabbondante dal Signore.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 6 agosto 2017)
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