LE 12 REGOLE DEL BUON POLEMISTA
Come affrontare un dibattito televisivo... ma anche più semplicemente il collega ateo o l'amico a favore del gender (se ad ascoltare ci sono anche altre persone)
Autore: Cesare Cavalleri - Fonte: Avvenire
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LA DISCRIMINAZIONE CONTRO GLI ITALIANI, CITTADINI DI SERIE B IN PATRIA
Il reddito d'inclusione? Quasi nulla rispetto a quanto lo Stato spende per ogni immigrato: 1.050 euro mensili, 12.600 euro l'anno
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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I (NIPOTI DEI) PARTIGIANI ALZANO LA VOCE E IL PARROCO ANNULLA IL CONCERTO DI POVIA
I giacobini fanno così, impongono i loro slogan con le buone o con le cattive (VIDEO: Povia contrattacca)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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DIECI RAGIONI PER ASSUMERE UNO SCOUT
Dinamico e audace, è abituato a risolvere problemi, lavorare in gruppo, ubbidire o comandare a seconda delle esigenze, rispetta la parola data, sa porsi obiettivi
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia
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GRAZIE AD ANDREA ORLANDO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, MUSULMANI E GAY CI IMPORRANNO COSA POSSIAMO DIRE O NON DIRE
Il ministro ha dato vita ad un tavolo di lavoro con 51 ong con il compito di vigilare l'informazione in internet: indovinate quali sono queste organizzazioni!
Autore: Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender
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E' MORTO IL CARD. CARLO CAFFARRA
l'Ultimo dialogo che ho avuto qualche settimana fa con l'arcivescovo di Bologna
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
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LA PARADOSSALE STORIA DELLA BIMBA CRISTIANA AFFIDATA A UNA FAMIGLIA MUSULMANA... E INTANTO IN INGHILTERRA OPERANO 85 TRIBUNALI ISLAMICI
In tutta Europa il timore di essere bollati come islamofobi o razzisti impedisce il rispetto della legalità e copre i responsabili della violenza contro le donne
Autore: Matteo Borghi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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TRUMP NOMINA UN GAY COME AMBASCIATORE USA IN GERMANIA
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Letame su Dante e la Chiesa, Soldi UE per attivismo LGBT, La Bbc insegna ai bimbi che possono scegliere il sesso
Fonte: Gender Watch News
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OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 18,15-20)
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LE 12 REGOLE DEL BUON POLEMISTA
Come affrontare un dibattito televisivo... ma anche più semplicemente il collega ateo o l'amico a favore del gender (se ad ascoltare ci sono anche altre persone)
Autore: Cesare Cavalleri - Fonte: Avvenire, 21/11/2007
In questi tempi di polemiche, elettorali e non, in cui si notano gravi cadute di stile, argomentazioni arruffate, battute spuntate e divagazioni fuori luogo, non è forse inutile ricordare le dodici regole del buon polemista, a suo tempo elaborate dal professore australiano Owen Harries, che fu ambasciatore del suo paese presso l'Unesco. Le sintetizzo qui, perchè possono servire anche nelle discussioni private che tutti, più o meno, sosteniamo in questo periodo, davanti ad un pubblico più o meno vasto.
1) NON PRETENDERE DI CONVERTIRE L'AVVERSARIO Questa, infatti, è una possibilità talmente remota, che è meglio non metterla in conto. Senza dimenticare, peraltro, che per le strane simbiosi che spesso sorgono nelle discussioni, può succedere che anche i più esperti possono restare affascinati dagli avversari.
2) ATTENERSI ALL'ORDINE DEL GIORNO Chi definisce gli argomenti e stabilisce le priorità, è già sulla buona strada. Riportare l'avversario sul terreno specifico della discussione, è sempre una mossa vincente.
3) RIVOLGERSI IN PRIMO LUOGO A CHI È GIÀ CONVINTO Rivolgersi a chi è già convinto, lungi dall'essere un'attività superflua, è qualcosa di vitale. Rafforzare nell'impegno, corroborare chi è già dalla propria parte, è essenziale. Inoltre non c'è niente di peggio che vedere la propria posizione mal rappresentata da chi sta discutendo.
4) BUON SENSO, PACATEZZA E MISURA Non dimenticare mai i neutrali: quasi invariabilmente, sono l'immensa maggioranza. Sembra ovvio, ma spesso una polemica si riduce a un confronto specialistico tra avversari, controproducente per i neutrali e gli indecisi, che si lasciano più facilmente convincere dal buon senso, dalla pacatezza, dalla misura.
5) ARGOMENTAZIONI VALIDE PER TUTTI Tenere presente che, almeno potenzialmente, ci si rivolge ad un pubblico composito. Ciò comporta una certa genericità delle argomentazioni, che però è l'unico modo per raggiungere un pubblico eterogeneo.
6) RIPETERE MOLTE VOLTE LE STESSE COSE Quando si ha un buon argomento, non stancarsi di ribadirlo. C'è sempre qualcuno che ascolta per la prima volta, ed è sempre bene ricondurre le discussioni ai punti fondamentali.
7) NON AGGIUNGERE ARGOMENTAZIONI NON NECESSARIE O PARTICOLARI SECONDARI Usare sempre il rasoio di Occam "Non sunt multiplicanda entia sine necessitate", cioè non aggiungere argomentazioni non strettamente necessarie, sprecando il tempo a discutere di particolari secondari.
8) MASSIMA CAUTELA CON GLI ESEMPI E LE ANALOGIE STORICHE E' sempre opportuno fare degli esempi, ma l'aneddoto storico può concentrare (e distrarre) l'attenzione, col rischio di convogliare la discussione sull'interpretazione dell'aneddoto anziché sull'argomentazione principale.
9) CITARE LE FONTI DELL'AVVERSARIO Se si fa una citazione autorevole, ricorrere preferibilmente a fonti che non coincidono con la propria posizione ideologica. Anche nelle opere di Marx si può trovare una frase favorevole al libero mercato.
10) CONCENTRARSI SUGLI ARGOMENTI, NON SULLE INTENZIONI DELL'AVVERSARIO Non invischiarsi in discussioni sulle intenzioni dell'avversario, anziché sui suoi argomenti. Le intenzioni sono importanti soggettivamente, ma non incidono sulla solidità degli argomenti. Anche se sostenuti in malafede, bisogna controbattere gli argomenti: la malafede, semmai, verrà smascherata in un secondo momento.
11) NON USARE SUBITO TUTTI GLI ARGOMENTI Imitare l'iceberg, cioè non mettere sul tappeto tutti in una volta i propri argomenti. E' saggio tenere in serbo qualche buona ragione, da far valere al momento opportuno.
12) CONOSCERE BENE L'AVVERSARIO Lo sosteneva già John Stuart Mill che chi conosce soltanto la propria posizione, in realtà non la conosce bene. E' fondamentale capire esattamente la posizione dell'avversario qual essa veramente è, non in una versione superficiale o barzellettistica. Questo è il motivo, per esempio, per cui i più efficaci anticomunisti sono coloro che conoscono il comunismo dall'interno, per averne fatto parte o per averlo fiancheggiato. La vecchia tattica di accettare le premesse dell'avversario, per poi rivoltargliele contro, è sempre efficace e divertente.
CONCLUSIONE Questa dozzina di regolette può migliorare l'abilità dell'aspirante polemista. Ma prima di applicare questi o altri accorgimenti, è bene accertarsi se la propria posizione è effettivamente difendibile dal punto di vista intellettuale, morale, ed eventualmente politico. Essere dalla parte del bene e della verità non garantisce il successo, ma, a parità di circostanze, certamente aiuta.
Fonte: Avvenire, 21/11/2007
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LA DISCRIMINAZIONE CONTRO GLI ITALIANI, CITTADINI DI SERIE B IN PATRIA
Il reddito d'inclusione? Quasi nulla rispetto a quanto lo Stato spende per ogni immigrato: 1.050 euro mensili, 12.600 euro l'anno
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 01/09/2017
Non ci vuole molto a capire lo scopo del "reddito d'inclusione" appena varato dal governo Gentiloni. Gli italiani sono ormai "scafati", infatti sui social circola questo semplice promemoria: ad aprile 2014 viene approvato il Bonus degli 80 euro e - guarda caso - a maggio c'erano le elezioni europee; a novembre 2016 arriva il Bonus Giovani di 500 euro e - per una strana coincidenza - il 4 dicembre successivo c'era il referendum costituzionale di Renzi; oggi si vara il "reddito d'inclusione" che inizierà a gennaio 2018 e - curiosamente - a febbraio 2018 ci saranno le elezioni. Insomma è campagna elettorale. Il Pd continua con la politica delle mance pre-elettorali, fatta però con i soldi dei cittadini. Paga sempre Pantalone. Il lancio del "reddito d'inclusione" dovrebbe servire anche ad attutire l'indignazione degli italiani per l'annunciata legge sullo "Ius soli", un'altra "sòla" voluta per mettere il cappello sui voti degli stranieri diventati cittadini italiani.
UNA LETTRICE Questa almeno è la "percezione" degli italiani. Me lo ha fatto capire una lettrice, una brava signora che tira avanti con fatica dovendo mantenere la famiglia. Mi scrive: "Sarebbe interessante far notare ai nostri contatori di bufale… che il reddito di inclusione, se venisse equiparato al costo giornaliero di un immigrato, dovrebbe essere di 1050 euro mensili. Sono 12.600 euro l'anno. A me farebbero comodo. Che dice? Italiani cittadini di serie B". La signora, che pure è una donna educata e anche colta, non sa trattenere l'indignazione: "il reddito di inclusione è una grandissima presa per il culo degli italiani… giusto le briciole per far passare lo ius sola ed evitare la guerra civile. Ma siamo già in piena guerra civile. Non se ne accorge nessuno?". In effetti - se ci si riflette - il ragionamento della signora è sensato. Proviamo a mettere in fila alcune cifre partendo da quelle complessive: per il "reddito di inclusione", di cui in realtà usufruirà solo un terzo delle famiglie che hanno un reddito inferiore alla soglia di povertà, è stanziato quest'anno 1 miliardo e 700 milioni di euro. Mentre - secondo il Documento Programmatico di bilancio presentato nell'aprile scorso - il governo ritiene che nel 2017 le spese per il soccorso e l'accoglienza dei migranti possono salire fino 4,6 miliardi di euro, che sarebbe un miliardo in più rispetto a quanto si è speso nel 2016 (da "Il Sole 24 ore", 17 aprile 2017). Dunque - se la matematica non è un'opinione - il governo spende, per gli stranieri che accoglie e mantiene, quasi tre volte più di quanto spende per le famiglie italiane più povere. E i soldi che lo Stato spende per i migranti vengono anche dalle tasse pagate dagli italiani più indigenti. Il calcolo personale fatto dalla mia lettrice è plausibile: il costo del migrante è di 35 euro al giorno per un adulto, 45 euro per i minorenni che effettivamente fanno 1050 euro mensili per un adulto e 1350 per un minore (è il costo del mantenimento del migrante, non uno stipendio di 35 euro, anche se c'è compreso il cosiddetto "pocket money" per le sue spese quotidiane). Mentre al povero italiano vanno 190 euro mensili, al massimo per 18 mesi. La differenza tra 1050 euro mensili e 190 euro mensili è alquanto vistosa ed è difficile che la gente non se ne accorga. E' chiaro che se c'è una discriminazione è contro gli italiani. Va pure detto che in realtà i costi complessivi dell'emigrazione, per l'Italia, non sono neanche quantificabili completamente, perché si dovrebbero considerare molti altri aspetti, ma resta il fatto che le spese per i migranti dello Stato italiano sono molto alte, assai di più di quanto spenda per il cosiddetto "reddito di inclusione" dei nostri indigenti.
CITTADINI DI SERIE B IN CASA LORO Dunque gli italiani sono davvero cittadini di serie B in casa loro. Le menti illuminate della Sinistra dicono che è aberrante mettere in contrapposizione i poveri (cioè gli italiani poveri con i poveri migranti) e aggiungono - assurdamente - che così si fomenta il razzismo. Ma la concorrenza è nei fatti perché la coperta è sempre quella: se la si tira da una parte si scopre quell'altra. Lo fa capire efficacemente Milena Gabanelli che non è certo una leghista: "Le anime belle parlano di frontiere aperte, ignorando che la frontiera aperta significa fine del sistema del welfare. E' questo che vogliamo?". La Sinistra si rifiuta sempre di fare i conti con la realtà. Preferisce vivere nel mondo dell'ideologia, che fa rima con ipocrisia e con demagogia. In quel mondo si fa beneficienza con i soldi degli altri e per sentirsi buoni e illuminati si predica accoglienza, ma si spediscono i migranti nella "disperata periferia romana" del Tiburtino III e non a Capalbio o al quartiere Prati (trattando poi da xenofoba o razzista la "plebe" dei quartieri popolari che deve convivere con situazioni pesantissime). Va anche detto che l'assistenzialismo del "reddito d'inclusione" (peraltro esiguo) non risolve la povertà. Lo Stato deve affrontarla anzitutto facilitando chi crea lavoro e ricchezza. Si devono fare scelte di politica economica che sostengano il nostro sistema produttivo cosicché si abbia la possibilità di mantenersi col proprio lavoro, che è anche la cosa che ciascuno dignitosamente chiede (e che, peraltro, sta scritta nell'articolo 1 della Costituzione). Ma più del crollo del reddito degli italiani, il Pd si preoccupa del crollo dei suoi voti.
Fonte: Libero, 01/09/2017
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I (NIPOTI DEI) PARTIGIANI ALZANO LA VOCE E IL PARROCO ANNULLA IL CONCERTO DI POVIA
I giacobini fanno così, impongono i loro slogan con le buone o con le cattive (VIDEO: Povia contrattacca)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01/09/2017
Il cantautore Povia si sarebbe dovuto esibire il 23 settembre a Trezzano sul Naviglio, in quel di Milano, nell'ambito dell'«Autunno trezzanese». Era stato invitato dalla parrocchia in una serata dal titolo «Giovani, voglia di futuro!», che come slogan fa molto yéyé ma, come quasi tutti gli slogan, non vuol dire niente. Però l'Anpi, l'associazione dei nipoti dei partigiani (anche se quella «enne» sta per «nazionale» e non, come sarebbe corretto, per «nipoti», dal momento che la storia dei partigiani ha doppiato la boa dei settant'anni), ha detto stop. Infatti, sepolti i fascisti e i nazisti storici, oggi l'Associazione col fazzoletto rosso si erge a vigilanza (democratica, s'intende) del politicamente corretto, cioè ai «valori» della sinistra, che sarebbero –cito- «la solidarietà, l'accoglienza, l'unità del nostro Paese e delle stesse problematiche relative alle vaccinazioni». L'unità del nostro Paese? Non sapevo che Povia fosse un secessionista dichiarato, boh. L'Anpi scende in campo anche a favore della vaccinazioni: che spreco di partigiani. Per voce del suo presidente aveva perciò intimato di rimandare a casa Giuseppe Povia, cantautore, stigmatizzato unilateralmente come «ospite non gradito» (ai «partigiani», s'intende). Il suddetto Povia Giuseppe, «oltre ad essere legato ad una formazione dichiaratamente neofascista, il cantautore rappresenta una figura profondamente divisiva su molteplici temi». Non posso sapere tutto, perciò i lettori mi perdonino se non so qual sia la «formazione dichiaratamente neofascista» a cui Povia sarebbe «legato». Per quanto riguarda la divisività, per forza: basta non essere d'accordo coi «valori» difesi dall'Anpi. Eh, i giacobini fanno così: impongono i loro slogan con le buone o con le cattive, e chi non è d'accordo viene emarginato (se non peggio, se insiste). Cioè, come nel caso di Povia, non lavora. Diceva Lenin che l'aforisma di san Paolo, «chi non lavora non mangia», da allora in avanti sarebbe diventato «chi non obbedisce non mangia». I fazzoletti non a caso rossi forse non conoscono i detti di Lenin, e di certo neanche quelli di san Paolo. Ma il sistema lo conoscono, anche perché ha sempre funzionato. Vedi ad esempio il parroco di Trezzano, che pur non conoscendo le frasi di Lenin, ha subito calato le braghe al diktat dell'Anpi: niente Povia, e scusate tanto se mi sono permesso. E dire che la parrocchia di intitola a San Lorenzo Martire, il quale preferì morire sulla graticola pur di non obbedire al diktat imperiale. D'ora in poi suggeriamo un'altra intitolazione: sant'Abbondio prete. Il 23 settembre la «voglia di futuro» dei giovani parrocchiardi sarà meglio interpretata, che so, da Gianni Morandi o Antonello Venditti. I quali artisti hanno il vantaggio di non essere «divisivi». E' vero, hanno settant'anni, ma che vuoi che sia rispetto al quieto vivere? Postilla per Giuseppe Povia: tranquillo, per dieci spettatori del genere che perdi ne guadagni cento d'altra stoffa.
Nota di BastaBugie: l'Anpi chiede la cancellazione di un concerto di Povia. Nel seguente video il cantante risponde per le rime
https://www.youtube.com/watch?v=R0NzjjD88RY
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01/09/2017
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DIECI RAGIONI PER ASSUMERE UNO SCOUT
Dinamico e audace, è abituato a risolvere problemi, lavorare in gruppo, ubbidire o comandare a seconda delle esigenze, rispetta la parola data, sa porsi obiettivi
Autore: Roberta Sciamplicotti - Fonte: Aleteia, 16 settembre 2016
Il successo del metodo scout è più che verificato. Da quando il suo fondatore, il militare britannico Robert Baden-Powell, volle applicare i valori cristiani - lui era cristiano - attraverso una metodologia formativa per i giovani, questa proposta non ha fatto che crescere. Ora la rivista Forbes, una delle pubblicazioni più prestigiose su impresa ed economia, ha pubblicato ad opera di Ana Sáenz de Miera, direttrice in Spagna e Portogallo dell'associazione Ashoka, un articolo in cui spiega perché è consigliabile assumere una persona che è stata scout. In Spagna e Catalogna, le Guide e Scout d'Europa sviluppano quest'opera con lo stesso zelo del fondatore del movimento, seguendo le regole scout a favore della formazione trasversale della persona - fisica, mentale e spirituale. Ecco le 10 caratteristiche che secondo Forbes rendono uno scout un valore aggiunto per l'impresa e la società in cui vive.
1) SA LAVORARE IN ÉQUIPE Può avere anche 15 anni di esperienza di lavoro in équipe, sempre con il rispetto dell'altro come valore trasversale. Sa montare una tenda o organizzare un campo estivo per 200 bambini in modo volontario. La formazione negli scout è per natura cooperativa e per progetti.
2) È CREATIVO Trova da molti anni soluzioni creative a situazioni avverse. Ha dovuto improvvisare tetti di fronte a tempeste improvvise, inventarsi un gioco di vichinghi che motivi 100 bambini per 15 giorni o organizzare una campagna di raccolta fondi per coprire le spese di un campo di lavoro in Siria.
3) RISPETTA LA SUA SCALA DI VALORI E LA SUA PAROLA È abituato a programmare e a svolgere attività basate sui valori scout, che hanno un contesto ben definito (qualcosa come il "codice etico" a cui ci riferiamo nel mondo professionale). Questo suscita in lui la necessità di credere ai progetti di cui fa parte e di allinearli ai suoi interessi e alle sue passioni. La verità, la nobiltà, la giustizia, la solidarietà e il rispetto per la parola data sono valori inamovibili.
4) SA GUIDARE ED ESSERE GUIDATO Fin da quando ha 6 anni prende decisioni e lavora a vari progetti contemporaneamente. In alcuni di questi guida, in altri è guidato dai suoi compagni. Quando guida lo fa con consenso e fiducia, mettendosi nei panni degi altri ed essendo coerente nelle sue decisioni. Quando viene guidato lavora in équipe con rispetto, promuovendo il consenso e la coesione.
5) È EMPATICO Come in un'azienda, in un gruppo scout convivono bambini e bambine di tutti i tipi, di età, capacità e interessi diversi. L'empatia gioca un ruolo essenziale per la convivenza e l'aiuto reciproco. Uno scout ha imparato che non tutti devono portare lo stesso peso nello zaino, ma che questo si distribuisce in base alle capacità di ciascuno, o che l'escursione migliore non è quella che arriva più in alto, ma quella che è alla portata di tutto il gruppo.
6) VALORIZZA LO SFORZO Fin da piccoli, le attività della vita scout, molto legate alla natura, devono essere indirizzate perché si impari a superarsi anche quando si crede di non avere più le forze neanche per compiere un altro passo, a sorridere davanti alle difficoltà e a sforzarsi per raggiungere tutto quello che ci si propone.
7) SA PORSI DEGLI OBIETTIVI E VALUTARLI Fin dai 6 anni, lo scout fa pratica nel proporsi degli obiettivi, sia personali che di équipe, per poi valutarsi e ricevere la valutazione altrui. Il feedback costruttivo è quindi una pratica che uno scout domina alla perfezione quando inizia la sua vita lavorativa.
8) È GENEROSO "Dare" e "condividere" sono i verbi più presenti nella vita scout. L'acqua che resta in una borraccia non è del suo proprietario, ma di chi ne ha più bisogno, e un educatore può arrivare a investire 1.000 ore all'anno come volontario, dedicate a educare i bambini ad essere persone migliori.
9) LOTTA CONTRO L'INGIUSTIZIA Con il motto "Lascia il mondo migliore di come lo hai trovato", la pedagogia scout si basa sul fatto che i bambini siano capaci di comprendere e mettere in pratica il proprio potenziale per migliorare l'ambiente che li circonda, affrontando con coraggio le sfide che si presentano e non guardando dall'altra parte di fronte alle ingiustizie, ma agendo per cambiare la situazione.
10) È UNA PERSONA "CON RISORSE" Ha una profonda esperienza nel dinamizzare riunioni, inventarsi un gioco per risolvere un conflitto, parlare in pubblico o localizzare l'impresa più economica per l'affitto dei pullmini. È dinamico e audace, ed è abituato a risolvere problemi di diverse forme e dimensioni.
CONCLUSIONE Non sono forse capacità che tutti cerchiamo nelle persone che inseriamo nella nostra équipe di lavoro? - Se sei stato scout ed educatore scout, inseriscilo nel tuo CV e dillo nelle interviste di lavoro - Se cerchi talento, non perdere di vista i vantaggi competitivi di uno scout - Se sei madre o padre e vuoi educare i tuoi figli con capacità tanto essenziali, iscrivi tuo figlio agli scout, anche se questo comporta alzarsi all'alba il sabato. L'affidabilità di questi principi è proporzionale al numero di anni come scout, e aumenta in modo significativo se si è stati educatori scout.
Fonte: Aleteia, 16 settembre 2016
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GRAZIE AD ANDREA ORLANDO, MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, MUSULMANI E GAY CI IMPORRANNO COSA POSSIAMO DIRE O NON DIRE
Il ministro ha dato vita ad un tavolo di lavoro con 51 ong con il compito di vigilare l'informazione in internet: indovinate quali sono queste organizzazioni!
Autore: Rodolfo de Mattei - Fonte: Osservatorio Gender, 26 agosto 2017
Nell'odierna era della comunicazione l'informazione è una merce preziosa, rivestendo un ruolo delicato e fondamentale ai fini della costruzione e della conquista del necessario consenso politico. A tale riguardo, uno degli obiettivi primari delle lobbies e dei principali attori impegnati nell'arena politica è quello di facilitare e "addomesticare" tale processo, promuovendo un discorso "politicamente corretto", ossia ideologicamente "sterilizzato", il più possibile allineato a quelli che sono i particolari obiettivi dell'azione politica. In tale scenario, tuttavia, se lo spazio "reale" è saldamente in mano ai cani da guardia del "politically correct", sempre pronti ad azzannare ed aggredire chiunque si azzardi a dissentire o ad avanzare dubbi riguardo la bontà e veridicità del programma o della proposta politica di turno, non è cosi per lo spazio "virtuale" dove le infinite maglie della rete rendono molto più difficile mettere la museruola alle tante contro voci provenienti dalla vasta galassia di siti internet, social network, forum e community varie. A cercare di risolvere tale sempre più "scomodo" impasse, come riportato dal quotidiano "La Verità" in un articolo del 25 agosto, ci ha pensato niente di meno che il nostro ministro della Giustizia Andrea Orlando, il quale ha fatto sapere di avere dato vita ad un tavolo di lavoro con 51 organizzazioni non governative con il compito di monitorare e vigilare l'informazione in rete.
CONDANNARE I CONTENUTI D'ODIO... CIOÈ? Alla base dell'iniziativa vi è il Codice di condotta europeo sull'illecito incitamento all'odio online, presentato dalla "Commissione Europea" lo scorso 31 maggio sulla base di un accordo stipulato su impulso di Italia e Germania, con i principali provider del web, Facebook, Microsoft, Twitter e Youtube, al fine di "esaminare le segnalazioni riguardanti forme illegali di incitamento all'odio nei servizi da loro offerti, in modo da poter rimuovere tali contenuti o disabilitarne l'accesso". Sempre all'interno dell'accordo, rende noto il ministro in una lettera pubblicata sul sito "Byoblu", "è previsto che le aziende informatiche si adoperino per rafforzare i partenariati con organizzazioni della società civile, per incoraggiare la segnalazione dei contenuti d'odio e per fornire formazione sulle migliori pratiche per lottare contro la retorica d'odio". Ma è soprattutto a livello nazionale che il progetto promosso dal ministro Orlando fa discutere, nonché indignare, per il fatto di avere costituito un tavolo di lavoro a "senso unico" che mette preventivamente alla porta tutti coloro non in linea con il dogma del "politicamente corretto" contemporaneo: "A livello nazionale, spiega infatti Orlando, abbiamo avviato un tavolo di lavoro con le organizzazioni non governative per una strategia contro i discorsi d'odio online. Lo scopo che ci prefiggiamo con questo tavolo è quella di stimolare la nascita di un soggetto, non pubblico e non statale che, in alleanza con le piattaforme, possa costruire efficaci contronarrative rispetto alla propaganda d'odio. Questo il lavoro che si sta facendo per fare in modo che, accanto alle istituzioni e a integrazione della giustizia, ci sia un protagonismo e un ruolo attivo dei soggetti sociali che, alleandosi fra di loro, possono efficacemente far fronte comune contro la retorica dell'odio sul web e agire anche sui provider stessi per un'azione rapida in ogni situazione in cui il linguaggio della rete e dei social network possa costituire una reale minaccia o sia lesivo della dignità di un soggetto".
MUSULMANI E GAY CI IMPORRANNO COSA POSSIAMO DIRE O NON DIRE La lista delle Ong che avranno il ruolo di controllare e denunciare eventuali comportamenti sospetti è lunghissima e comprende soggetti impegnati in prima linea su tutti i principali "fronti caldi" del momento: dall'islam e l'immigrazione, fino a rom, gay e gender. Tra le sigle convocate al tavolo di lavoro vi sono infatti Amnesty international, l'Unione forense per la tutela dei diritti umani, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite, la Comunità Sant' Egidio, l'Associazione 21 luglio, l'Unione delle comunità islamiche italiane, la Confederazione islamica italiana, la Comunità religiosa islamica italiana, il Centro islamico culturale d' Italia, Arcigay, Arcilesbica, Rete Lenford, circolo Mario Mieli, associazione Gaynet, circolo Pink di Verona, tutte organizzazioni accomunate dal fatto di essere fortemente sbilanciate a favore della loro specifica "causa politica". Quanto sia dura e spietata l'odierna legge del "politicamente corretto" lo ha sperimentato direttamente sulla propria pelle l'ingegnere Google James Damore silurato, pochi giorni fa, per aver osato sollevare alcuni dubbi riguardo le attuali politiche interne dell'azienda di Mountain View in materia di "gender gap". L'imperdonabile colpa di Damore è stata quella di aver messo in circolazione, seppur in via riservata, un documento di dieci pagine nel quale invitava l'azienda a non ignorare, nelle politiche di inclusione e gestione del personale, il determinate fattore biologico. Secondo l'ormai ex dipendente Google, è infatti proprio nella naturale predisposizione biologica che va ricercata la spiegazione della presenza inferiore di donne rispetto agli uomini nell'industria tecnologica. A difenderlo, Damore ha chiamato l'avvocata indiana Harmeet Dhillon che ha così espresso le ragioni del suo assistito: "Sono nata in India, sono una donna, certo credo che la diversità sia un valore per le aziende ma non mi piace la diversità in nome del politicamente corretto, in cui finisci per punire persone che non hanno colpe. Anche gli uomini bianchi hanno i loro diritti" [leggi: I PREGIUDIZI E LA CENSURA IDEOLOGICA DI GOOGLE, clicca qui, N.d.BB].
CARATTERI DISTINTIVI Due sembrano dunque essere i caratteri distintivi della nuova religione laica del "politicamente corretto": relativismo e totalitarismo. Per quanto riguarda il primo aspetto, il credo "politically correct" è infatti intrinsecamente relativista in quanto esso è guidato ed "illuminato" non dalla ragione, rettamente intesa, ovvero dall' "intelligenza del reale", ma dalla contingente e sempre mutevole "ragion politica". In tale prospettiva, il suo obiettivo non è quello di raggiungere la verità, quanto quello di promuovere il discorso di turno dominante. In secondo luogo, il pensiero unico "politicamente corretto" è fortemente totalitario poiché, paradossalmente, in nome del principio di non discriminazione finisce con l'imporre con la forza il suo intollerante diktat in materia di diversità ed inclusione. Il Codice di condotta della Commissione europea in materia di haters online e il relativo tavolo di lavoro delle 51 Ong individuate dal ministro Orlando, ne rappresentano, in tal senso, un mirabile ed emblematico esempio nel tentativo di estendere il controllo dell'informazione dal mondo reale al sempre più popolato e "fastidioso" mondo virtuale.
Fonte: Osservatorio Gender, 26 agosto 2017
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E' MORTO IL CARD. CARLO CAFFARRA
l'Ultimo dialogo che ho avuto qualche settimana fa con l'arcivescovo di Bologna
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/09/2017
Prima di conoscerlo l'ho citato tante volte, il cardinal Carlo Caffarra. Ripetevo quello che raccontava lui, di quando il Papa, Giovanni Paolo II, che lo teneva come suo più fidato consigliere sui temi della famiglia e dell'antropologia, lo interrogò e gli chiese quante volte al giorno leggesse il racconto della Genesi, il passaggio in cui si dice che Dio crea l'uomo a sua immagine, maschio e femmina. Diceva il Papa che proprio lì si nascondeva il segreto dell'uomo. Mi faceva un sacco ridere che il Papa interrogasse Caffarra, e che lui dovesse ammettere che non è che proprio lo stesse a leggere dalla mattina alla sera, quel passo. La cosa me lo faceva sentire più vicino. Poi ho avuto il privilegio di incontrarlo, e ho scoperto che, nonostante una cultura sterminata e una sapienza praticamente omnicomprensiva, vicino lo era davvero, uno di quegli uomini pieni di umanità e dotati di sofisticati strumenti radar, quelli che permettono a qualcuno di farti i raggi a vista (di solito ce li hanno alcune suore molto mistiche, alcune mamme, raramente gli uomini, e solo quelli che pregano molto). Infine qualche giorno fa ho avuto il privilegio di trascorrere un'ora con lui, e sebbene mi sia dimenticata i tre quarti delle cose che avrei voluto chiedergli sul tema maschio femmina, la domanda più importante sono riuscita a fargliela. Qual è il disegno che sta dietro questa offensiva planetaria contro i principi del maschile e del femminile? Era a questo che si riferiva suor Lucia di Fatima quando gli diceva che la battaglia finale sarebbe stata sulla famiglia? E, perché si sappia subito, non abbiamo parlato di dubia (solo, sul tema il Cardinale mi ha ricordato che negli stati monarchici l'opposizione si chiama "leale opposizione a sua maestà").
IL RIFIUTO DI ESSERE FIGLI DEL PADRE Il fatto che venga messa in discussione con tanta insistenza e pervicacia la creazione dell'uomo maschio e femmina, creatura che riceve un'identità donata, vuole sovvertire i fondamenti stessi della creazione. È un rifiuto di essere figli del Padre: è come se Satana tentasse una nuova creazione, nella quale l'uomo è sempre più simile a un animale. Siamo animali quando non abbiamo più il senso religioso, cioè non ci facciamo la domanda su Dio e sulla morte, siamo animali quando rifiutiamo la somiglianza con Dio. Quando gli ho chiesto perché l'omoeresia abbia tanti appoggi anche dentro la Chiesa - lo ha detto Benedetto XVI - il caro padre mi ha invitata a non avere paura, perché Dio ama combattere con un piccolo esercito. Mi ha citato due episodi della Bibbia che, confesso, non saprei citare a mia volta, perché, tutta intenta come ero ad ascoltare, ho dimenticato di tirare fuori il quaderno degli appunti che porto sempre con me. Inoltre, ha detto, Dio le cose importanti le fa nel segreto, e nel silenzio, infatti anche al concepimento di Gesù non fu presente neppure l'angelo, che "si partì da lei".
LA MANCATA OPPOSIZIONE ALLE UNIONI CIVILI Va bene, che parte del mondo usi la leva omosessualista per rifiutare dio mi è molto chiaro, e non mi scandalizza (anche se non deve essere permessa la propaganda sui bambini). Ma quello che mi chiedo, e qui la riflessione diventa la mia, è perché parte della Chiesa, che non dovrebbe aderire alla lobby omosessualista, si affretti a seguirne i diktat. Gli episodi sono infiniti. Il più macroscopico da noi è stata la mancata opposizione da gran parte delle gerarchie ecclesiastiche alle unioni civili tra persone dello stesso sesso. Ma la fila è lunghissima. Amici che hanno figli in scuole cattoliche inglesi mi raccontano di presidi che fanno discorsi ai ragazzi, invitandoli a esplorare il proprio orientamento sessuale, e a non esitare a esprimere dubbi sulla corrispondenza tra il loro sesso biologico e il loro orientamento. Sempre in scuole cattoliche dai bagni scompaiono i simboli maschio e femmina, compare il cartello gender free. Spiegano i presidi "cattolici" - le virgolette sono d'obbligo - che hanno ricevuto direttive precise dalla conferenza episcopale inglese: tutti vanno accolti, nessuno va discriminato. Ribadisco la mia proposta di tassare la parola accoglienza. Accoglienza vuol dire volere il vero bene di una persona, non assecondare le sue ferite, se ci sono. Tanto meno provocarle (dire a dei dodicenni che possono decidere se essere maschio e femmina può creare un problema di confusione in un'età tanto delicata, quando è normale non essere né carne né pesce, e magari finisce che la ragazzina piena di ammirazione per la compagna più elegante e carina di tutte si convince di esserne innamorata). Accoglienza vuol dire amare nella verità, non obbedire alle bugie di mondi interiori sballati, né alle bugie del maligno.
ALBERTO MELLONI E IL SUO DELIRANTE ARTICOLO SU REPUBBLICA Se è per questo ci sono anche teologi o storici di cui avevo sentito dire che si professassero cattolici, come Alberto Melloni, che in un delirante pezzo su Repubblica a proposito della bambina cristiana affidata a una coppia di musulmani, non solo depreca "il ghetto delle culture" (e qui ci sarebbe da aprire un altro lungo capitolo) ma parla di "orientamenti sessuali che hanno tutti bisogno di essere accolti". Punto primo: non esistono tutti gli orientamenti sessuali, per chi accoglie l'antropologia cattolica (se invece si è melloniani o appartenenti a qualche altra fede di nuova fondazione, uno la può pensare come vuole). Si può essere o maschio o femmina. Punto secondo: in questo caso l'orientamento sessuale non c'entrava niente, ma proprio niente. Perché tirarlo fuori a sproposito? Perché questa fretta, la stessa per esempio dai colleghi di Avvenire che si chiedono se lo scout che si civilunisce con un maschio è in linea con la proposta cristiana sulla famiglia, di adeguarsi a un'antropologia che non ha nessun fondamento nella Verità annunciata da Cristo e dalla sua tanto infedele sposa, la Chiesa?
C'È UN PROGETTO, DIETRO? Questa lobby omosessualista ha esteso così tanto e così sfacciatamente la sua longa manus? O c'è semplicemente il solito complesso di inferiorità della Chiesa che per sembrare moderna, per paura di essere considerata ottusa e oscurantista arriva come sempre a saldi finiti, e pur di essere alla moda rinuncia alla Verità? Rinuncia a dire che l'omosessualità non è il vero bene della persona? Nel 1997 il cardinal Ratzinger scriveva "La Chiesa non può non preoccuparsi di tutto questo e pertanto mantiene ferma la sua posizione al riguardo - la pratica dell'omosessualità sta minacciando seriamente la vita e il benessere di un gran numero di persone - posizione che non può essere modificata sotto la pressione della legislazione civile o della moda del momento". Il rapporto col mondo, alla fine, è il problema di fondo anche nella questione famiglia (gender, indissolubilità, e tutte le questioni connesse). Il mondo ha bisogno di Cristo per essere salvato, sennò la croce a cosa sarebbe servita? Non è certo il benessere delle persone il criterio ultimo, come sembrano suggerire tutti i cattolici che si affrettano a stare simpatici al mondo, perché loro no, non costruiscono muri. Se non fosse necessaria la croce Cristo sarebbe uno a cui effettivamente è andata un po' male. Se non ci fosse questa necessità anche per noi la morte sarebbe un'enorme contraddizione, e la fine di tutto. La sofferenza sarebbe una sfiga, e a questo punto allora meglio evitarla con tutte le forze. Allora va bene uccidere i bambini malati, logico ammazzarsi in Svizzera quando le cose si mettono male. Invece il cristianesimo è la storia di Dio che si è fatto uomo ed è venuto a offrirci la salvezza per mezzo della croce. La croce è necessaria perché l'uomo ha bisogno di redenzione. Nessuna visione pacificatrice che prescinda dalla salvezza di Cristo, dal mistero della sofferenza e della morte, dal mistero oscuro del peccato, quello originale e quello che compiamo con la nostra iniziativa, quello che è presente dentro e fuori di noi, è cristiana. I cristiani possono vantarsi solo della croce. Non sarà certo la nostra bellezza a convincere nessuno, perché noi non siamo affatto belli, solo Cristo è bello, e i santi, quelli che lo lasciano agire in loro, ne possono acchiappare qualche molecola di bellezza.
DOSSIER "SIC TRANSIT GLORIA MUNDI" Personaggi morti dal 2009 al 2019 Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Blog di Costanza Miriano, 01/09/2017
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LA PARADOSSALE STORIA DELLA BIMBA CRISTIANA AFFIDATA A UNA FAMIGLIA MUSULMANA... E INTANTO IN INGHILTERRA OPERANO 85 TRIBUNALI ISLAMICI
In tutta Europa il timore di essere bollati come islamofobi o razzisti impedisce il rispetto della legalità e copre i responsabili della violenza contro le donne
Autore: Matteo Borghi - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/08/2017
Da culla del diritto e della libertà individuale a tempio del politically correct. Del caso della bambina cristiana affidata a una famiglia islamica integralista si è già detto [vedi nota alla fine dell'articolo, N.d.BB]. Sebbene non sappiamo di preciso quali siano state le ragioni che hanno spinto gli assistenti sociali inglesi a questa scelta ma il timore che si sia trattato di una forma di ossequio alla "religione" del politicamente corretto è piuttosto fondato. Anche perché, tempo fa, sempre i servizi sociali inglesi sono stati protagonisti di un fatto ancor più grave, certamente ricollegabile a questo principio.
DITTATURA GAY Come riporta il Daily Mail, nel 2007 "una coppia omosessuale è stata lasciata libera di abusare sessualmente ragazzi vuolnerabili sotto la loro custodia dal momento che gli assistenti sociali temevano di essere accusati di discriminazione". Nonostante le ripetute segnalazioni da parte dei genitori cui era stato tolto l'affido, nessuno ha mosso un dito e Craig Faunch e Ian Wathey, la prima coppia gay affidataria del Wakefield (West Yorkshire), ha ottenuto l'affido di ben 18 bambini in appena 15 mesi. Un numero impressionante così come il numero degli abusi: almeno quattro quelli accertati, su minori di età compresa fra gli 8 e i 14 anni. Secondo la charity Kidscapes gli assistenti sociali avrebbero permesso al politically correct di sorpassare il "common sense". Frasi che trovano perfetta corrispondenza con le dichiarazioni di un pentito membro della commissione che si era occupata delle adozioni: "Continuavo a pensare: sono omofobo? Ho pregiudizi? [...] invece di pormi questa semplice domanda: "Stanno davvero abusando dei bambini?". Secondo la commissione d'inchiesta, infatti, i servizi sociali avrebbero fatto di Faunch e Wathey una "coppia trofeo".
DITTATURA MUSULMANA La stessa sottomissione al politically correct si nota nella questione delle corti islamiche che applicano la Sharia. Un articolo sul Daily Mail riporta numerose inquietanti storie di donne, come quella di una ragazza ventenne il cui marito viaggia spesso in Tunisia dove ha diverse altre mogli e che - rivoltasi al ministro del culto Suhaib Hasan - non ha ottenuto altro che una grassa risata. Oppure quella di una donna trentenne il cui marito è fuggito in Bangladesh per sposare un'altra donna, sottraendole 38mila sterline. La reazione del tribunale religioso? Un elogio della poligamia. E sono solo due dei moltissimi casi citati nero su bianco in un rapporto di 200 pagine (dal titolo Choosing Sharia, scegliere la Sharia) della studiosa olandese Machteld Zee che nel 2013 ha avuto accesso per tre giorni a due delle 85 corti islamiche del Regno Unito, generalmente adiacenti alle rispettive moschee. Uno di questi giudici, Sheikh Haitham Al Haddad, ha dichiarato pubblicamente che "non si può mettere in discussione un uomo che picchia la moglie, perché è una cosa che riguarda il loro rapporto di coppia". Lo stesso giudice, in un articolo su un blog radicale, di Osama Bin Laden ha scritto: "È morto come un musulmano e come stabilisce la nostra fede entrerà in paradiso come tutti gli islamici, al contrario degli infedeli". Per queste dichiarazioni pubbliche nessuna azione giudiziaria è stata presa nei suoi confronti e i tribunali della Sharia continuano ad operare come strumento parallelo ai tribunali civili riconosciuti dalla legge. Ciò accade nonostante le proteste di numerose sigle per i diritti umani e femminili e l'interessamento diretto dell'allora Ministro dell'Interno, oggi Primo Ministro, Theresa May che aveva promesso la revisione dei tribunali islamici per assicurarsi che rispettassero i "valori britannici". L'unico risultato è stata un'indagine della Camera dei Comuni, condotta nel novembre 2016, che non ha però portato ad alcun cambiamento concreto. Troppo grande, forse anche per i parlamentari, la paura di essere giudicati islamofobi dai teologi del politicamente corretto.
Nota di BastaBugie: Riccardo Cascioli nell'articolo sottostante dal titolo "Immigrazione e islam, l'Europa si è già arresa e parte della Chiesa è già pronta alla sottomissione" rivela che il timore di essere bollati come islamofobi o razzisti impedisce il rispetto della legalità e copre i responsabili delle violenze sessuali, In Italia come in Inghilterra e in Germania. Ma c'è anche un processo culturale di islamizzazione - con la attiva complicità di cattolici - che passa attraverso l'accettazione di concetti e luoghi comuni che demonizzano la civiltà occidentale e vagheggiano un islam 'ideale' come soluzione. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 31 agosto 2017: A Londra ci voleva un giudice musulmano, Khatun Sapnara, per rovesciare la decisione del municipio che aveva affidato una bambina cristiana di 5 anni in sequenza a due famiglie musulmane radicali. Ora la bambina è stata affidata ai nonni ma resta lo sconcerto per decisioni che sono espressione di una resa culturale a una identità forte quale quella costituita dalla presenza islamica. Non si tratta di un episodio isolato ma l'ultimo di una lunga sequenza. Basti pensare che appena due settimane fa, sempre in Inghilterra, si è dovuta dimettere e anche scusare pubblicamente il ministro "ombra" per le uguaglianze, la laburista Sarah Champion, per aver scritto un articolo in cui esplicitava il problema posto da alcuni gruppi nazionali (pachistani in testa) in fatto di violenze sessuali contro le ragazze bianche. L'articolo, che citava dati ufficiali, partiva dal gravissimo caso di Rotherham - peraltro la circoscrizione di cui la Champion è rappresentante - dove per anni ragazze bianche sono state abusate da gruppi di giovani pachistani senza poter denunciare il fatto per evitare accuse di razzismo. La Champion si dilungava poi sul recente caso di Newcastle dove 700 donne hanno subito aggressioni a sfondo sessuale da 18 giovani nati in Gran Bretagna ma di origine pachistana, indiana, bengalese, iraniana, turca. Stiamo parlando di centinaia di giovani donne molestate e violentate, e parliamo soltanto di due casi venuti alla ribalta, ma per l'opinione pubblica britannica lo scandalo è indicare la provenienza culturale degli aguzzini. In piccolo è ciò che sta accadendo in questi giorni in Italia a proposito dello stupro della ragazza polacca a Rimini da parte di quattro maghrebini. È vero che purtroppo a commettere le violenze sessuali sono anche italiani, ma è irresponsabile non considerare il fatto che c'è un contesto sociale e culturale che rende la massiccia presenza di uomini giovani provenienti dai paesi africani un vero e proprio pericolo. E i fatti lo dimostrano: oltre all'Inghilterra basti pensare a quanto accaduto a Colonia e altre città tedesche nel Capodanno 2016, o ai numeri di violenze sessuali in rapido aumento nei paesi nord-europei. Il rischio di essere accusati di islamofobia o razzismo fa sì che tutti i crimini del genere passino sotto silenzio. Anche le gravi violenze domestiche all'interno delle stesse famiglie islamiche, come denuncia l'Associazione delle donne marocchine in Italia (Acmid): «Si trovano spesso giudici che concedono attenuanti o addirittura assolvono perché parlano di fattore culturale», ci ha detto Souad Sbai, presidente dell'Acmid. C'è un generale clima di impunità che rende certe presenze ancora più aggressive. Basti pensare alla vicenda degli sgomberi a Roma; oppure a quanto accaduto l'altro giorno a Parma, dove il conducente di un autobus di linea è stato selvaggiamente picchiato da un gruppo di giovani neri che non volevano spostarsi dalla piazzola di transito del bus. «Tanto a noi non fanno niente», urlava uno di loro, una frase sentita mille altre volte. Ovvio che poi nella popolazione a un certo punto possa scattare la reazione. Ma non ci sono soltanto i fatti di cronaca. Stiamo assistendo a una islamizzazione strisciante, che ormai abbraccia anche il mondo cattolico, a causa di un malinteso dialogo che assume per buona e indiscutibile la visione parziale che viene da voci islamiche, che peraltro sono spesso emanazione o vicine alla Fratellanza musulmana. È così che, ad esempio, sono sempre più emarginate le testimonianze di quei cattolici del Medio Oriente che raccontano la persecuzione che subiscono e avvertono del pericolo mortale della penetrazione islamica attraverso l'immigrazione e non solo. Non è per alzare muri, ma il dialogo, oltre alla coscienza della propria identità, implica una reale conoscenza dell'altro. Non ci si può fabbricare una immagine ideale dell'altro, il risveglio sarà traumatico. Eppure ci sono concetti che stanno passando, anche nel mondo cattolico, che sono molto discutibili e che spianano la strada non alla conoscenza dell'islam, ma a una lenta islamizzazione. Bisognerebbe almeno avere il coraggio di paragonare questi concetti con la realtà. Eccone alcuni: 1) I TERRORISTI NON C'ENTRANO CON IL VERO ISLAM Ovviamente non tutti i musulmani sono potenziali terroristi, anzi i terroristi propriamente detti sono pochi rispetto alla popolazione islamica. Eppure sappiamo benissimo che il terrorismo prospera grazie a un molto più diffuso estremismo che ne è il brodo di coltura. Abbiamo più volte presentato i risultati di accurati sondaggi che rivelano come nei paesi islamici ci sia una stragrande maggioranza della popolazione che simpatizzi per l'Isis, così come tra i musulmani in Europa è molto ampia l'omertà a difesa degli elementi più radicalizzati. Del resto l'estremismo islamico si è diffuso in Europa grazie ai pesanti finanziamenti delle ricche monarchie del Golfo. E come non riconoscere che i metodi di governo dello Stato Islamico non sono così diversi da quelli degli altri regimi islamici che vi confinano, pur se li combattono? 2) IL CORANO HA GRANDE CONSIDERAZIONE PER I CRISTIANI Recentemente abbiamo ascoltato al Meeting di Rimini il professore Mohammad Sammak, libanese fortemente impegnato nel dialogo islamo-cristiano, offrire una visione del cristianesimo nel Corano assolutamente idilliaca. I musulmani hanno grande devozione per Gesù e Maria, per la Bibbia, grande rispetto per la Chiesa e per tutti i cristiani a cominciare dai sacerdoti. Sammak, di cui non discutiamo la buona fede nel dialogo, ha tenuto a precisare che questa è l'unica vera realtà del Corano: «Il mio non è un punto di vista, ma ciò che dice il Corano», ha affermato con forza. Peccato che ci sono tanti altri dotti islamici che potrebbero dire cose molto diverse, l'islam non ha una autorità unica da tutti riconosciuta. E se ciò che dice Sammak fosse vero, come mai non c'è un solo Stato islamico - neanche in Asia - dove i cristiani sono trattati come cittadini alla pari dei musulmani? E come mai nelle attuali persecuzioni contro i cristiani sono proprio i paesi islamici a primeggiare? In un vero dialogo si può porre questa domanda senza passare per islamofobi (concetto peraltro inventato proprio dai Fratelli musulmani per tappare la bocca e facilitare l'islamizzazione dei paesi occidentali)? 3) I TERRORISTI NON SONO RELIGIOSI, MA DISPERATI PER IL VUOTO DELLA SOCIETA' In questi tempi si leggono tante interpretazioni sociologiche del terrorismo islamista in Europa. È vero che molti terroristi sono stranieri di seconda o terza generazione, è anche vero che la radicalizzazione riguarda soprattutto giovani che vivono conflitti di identità, stranieri nel paese di origine dei genitori e stranieri nei paesi in cui vivono. Ecco quindi che l'islam non c'entrerebbe nulla, è solo la disperazione, il vuoto in cui vivono che favorisce l'estremismo religioso, magari di persone che non sono neanche cresciute in moschea. Tutto vero, per carità. Però ci si dovrebbe anche fare una domanda: siccome la condizione di stranieri di seconda, terza generazione con tutto quel che ne segue è comune a tante etnie, come mai a farsi esplodere, ad andare a combattere la guerra santa in Siria, a lanciare furgoni contro la folla non sono anche cinesi, filippini e così via? 4) L'ISLAMISMO E' IL FRUTTO DELLA VIOLENZA DEI PAESI OCCIDENTALI Su questo concetto concordano sia alcuni esponenti musulmani molto vicini al mondo cattolico, come il professor Wael Farouq, docente di lingua e letteratura araba all'Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, sia diversi intellettuali cattolici di stampo terzomondista. Basterebbe leggere l'editoriale apparso su Avvenire il 29 agosto a firma Francesco Gesualdi, saggista allievo di don Lorenzo Milani, in cui si attribuisce l'attuale situazione di immigrazione - con tutto quel che ne segue - al conto che la storia ci presenterebbe: «Questa situazione l'abbiamo creata noi attraverso 500 anni di invasioni, massacri, ruberie». Quindi non lamentiamoci, espiamo le nostre colpe. È una tesi tanto falsa quanto diffusa in certi ambienti. Questa tesi si salda però con quella di intellettuali islamici come Farouq, che in una intervista al TgCom24 del 12 gennaio 2015 diceva testualmente: «Il problema è l'islam come ideologia: l'islamismo. Un'ideologia politica. Un grande problema. Alla fonte del quale non c'è il Corano ma il tipo di modernità imposto con la forza dal colonialismo sui paesi arabi. E la stessa modernità è stata poi usata dalle dittature nei paesi arabi. Questo tipo di modernità usa la violenza che possiamo trovare in alcuni testi sacri dell'islam». Insomma, la colpa del terrorismo è del colonialismo, come la si mette è sempre tutta colpa nostra. Coneguenza: aiutiamo il vero islam ad emergere e tutti staremo meglio visto che la nostra civiltà cristiana ha solo prodotto ruberie, violenze e soprusi. Per questo in un editoriale del 7 gennaio 2017 su Avvenire, Farouq chiede agli immigrati di non integrarsi, ma di interagire perché «siete l'identità del nuovo mondo», «siete il raggio di speranza di società sfibrate dalla corruzione dello spirito, prima ancora che dalla corruzione economica e politica». Che un intellettuale islamico parli così è anche normale ma il dialogo implicherebbe che da parte cattolica si confrontassero certe affermazioni con la storia, che si ragionasse sulle implicazioni di queste fantomatiche «identità del nuovo mondo» che dovrebbero sostituire la nostra civiltà. Invece silenzio o adesione entusiastica a queste tesi, come se la cattolicità - sopraffatta dai sensi di colpa - non avesse più nulla da dire al mondo. Ed è così che pian piano ci sottomettiamo.
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 31/08/2017
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TRUMP NOMINA UN GAY COME AMBASCIATORE USA IN GERMANIA
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Letame su Dante e la Chiesa, Soldi UE per attivismo LGBT, La Bbc insegna ai bimbi che possono scegliere il sesso
Fonte Gender Watch News, 05/09/2017
Si chiama Richard Grenell (nella foto) ed è stato il portavoce Usa all'Onu dal 2001 al 2008. Ora è stato nominato ambasciatore in Germania. Ha fatto coming out nel 1999 con una lettera indirizzata ai propri genitori: «Vi scrivo per dirvi che sono gay e cristiano». Come dire che uno è ambientalista e a favore dello sterminio delle balene. E' di fede pentecostale ed ogni settimana, insieme al suo compagno, si reca al culto domenicale. Ha dato il proprio appoggio al riconoscimento del "matrimonio" omosessuale. In questa decisione dell'amministrazione Trump sono evidenti le controspinte gayfriendly presenti nel gruppo di lavoro del presidente e, forse, un debito di riconoscenza per quelle lobby gay che avevano appoggiato Trump in campagna elettorale.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
LETAME SU DANTE E LA CHIESA "Divina" è un testo teatrale dell'omosessuale Alessandro Fullin che oggi verrà presentato sul palco del Gay Village. Di cosa si tratta? Lasciamo la penna al Corriere: si tratta di una "Commedia, ambientata nel 2009 con un Papa Ratzinger rivoluzionario capace di annunciare al mondo che il Purgatorio non esiste. Saputa la notizia Dante si precipita di nuovo nell'Oltretomba per sbrogliare la questione e riscrivere il poema. Ma dove mettere ora gli invidiosi? Gli iracondi? Gli accidiosi? Fullin-Alighieri spedisce Paolo Malatesta nella stessa bolgia degli Abba, Farinata degli Uberti con Liz Taylor, e scopre che dopo sette secoli l'amore per Beatrice si è appannato". Quale commento dare? Lasciamolo dire sempre al Corriere che di certo non è giornale conservatore e bacchettone: questo è uno spettacolo volto a "dissacrare sia il sommo poeta che i dogmi cattolici, poi l'amore angelico e i peccatori di ogni epoca". Siamo alle solite: la zona scarico letame sulla Chiesa è infinita, per le critiche all'omosessualità c'è invece divieto d'accesso. (Gender Watch News, 21/07/2017)
SOLDI UE PER ATTIVISMO LGBT Riportiamo parte di un comunicato stampa dell'Arcigay: "Si è tenuto lo scorso weekend (22 e 23 Luglio) a Bologna l'evento finale del progetto Get Equal Empowerment for LGBT Activism, finanziato per circa 51mila euro dal programma Erasmus+, che ha permesso dal giugno 2016 ad oggi la realizzazione di 33 trasferte in altri Paesi europei di 22 volontari ed attivisti di Arcigay. Il progetto, che mirava ad avviare un processo di formazione ed empowerment dei/lle volontari/e, ha fatto tappa in Austria, Olanda, Danimarca, Portogallo". In buona sostanza l'Unione europea ha finanziato la crescita delle lobby LGBT affinché i loro attivisti siano più preparati e facciano rete tra loro. E poi parlano di discriminazione…. (Gender Watch News, 26/07/2017)
LA BBC INSEGNA AI BIMBI CHE POSSONO SCEGLIERE IL SESSO "Ormai è sdoganato anche questo", mi racconta un Italiano che vive in America (Massachusetts) da sei anni con la famiglia in riferimento all'incremento dei bambini spinti a credere di appartenere al sesso opposto a quello di nascita. E poi mi spiega di un conoscente separato dalla moglie il cui figlio giocava con le bambole. "Ad un certo punto il padre gli ha detto: "Bene, significa che sei una bambina". E così ha iniziato a riferirsi a lui come fosse una femmina". Il piccolo, ormai cresciuto, ora sostiene che "a 18 anni farò l'operazione chirurgica". Eppure, ha continuato l'italiano, "anche il mio terzo figlio giocava con le bambole. E allora?". E allora sono sempre di più le persone indottrinate dall'ideologia gender. A confermare la crescita di un fenomeno fra i più abominevoli agli occhi di Dio, perché oltre a sovvertire la Sua creazione lede l'innocenza spingendo i piccoli a pensare a questioni relative alla sessualità (cosa molto gradita agli sponsor della pedofilia), sono i numeri del mondo anglofono. Basti pensare che nella prima parte di quest'anno in Gran Bretagna ben 87 bambini si sono rivolti alle cliniche che tratterebbero i disturbi legati alla propria identità, mentre 4 anni fa (agli albori dello sdoganamento di questa ideologia) erano meno di 20. Chris McGovern, ex consigliere del ministero dell'Educazione, commentando l'impennata, ha spiegato che "si tratta di un'industria in cui la gente fa carriera incoraggiando i bambini a mettere in discussione il proprio sesso in età in cui dovrebbero essere lasciati liberi di essere e vivere da semplici bambini". Si sa infatti che questo non è un problema dei piccoli se non quando lo diventa per gli adulti, che orami parlano ai bambini dell'identità sessuale come di una libera scelta. I casi di confusione patologica dei bimbi sono sempre stati minimi, circoscrivibili e normalmente curabili, diversamente da oggi in cui l'ideologia li plagia fino a creare ferite profonde, incrementando così i numeri come sta accadendo nei paesi anglofoni: "Quando gli insegnanti sollevano la questione (la menzogna dell'identità sessuale libera, ndr) i bambini possono confondersi, rimanerci male o restare traumatizzati", ha continuato McGoven. Anche la femminista inglese Joanna Williams ha denunciato il sistema vigente in cui "si incoraggiano anche i bambini più piccoli persino a mettere in discussione il loro essere veramente maschi o femmine". Ma che ogni tabù sia caduto e che non si cerchi nemmeno più di nascondere quello che realmente si insegna durante i corsi all'affettività o contro il bullismo, lo chiarisce bene la scelta della Bbc di mandare in onda un programma intitolato "Non più bambini e bambine: possono i nostri bambini essere liberi dal gender?" in cui si fanno esperimenti nelle classi elementari inglesi. Eppure la violenza è svelata immediatamente, quando i 23 alunni di 7 anni rispondendo al test iniziale dimostrano che prima dell'indottrinamento dei produttori la loro percezione della differenza sessuale era molto alta. Una bimba risponde, ad esempio, che "i bambini sono migliori a comandare", mentre un'altra sostiene che le "femmine sono più brave nel farsi belle". Ovvio? No, secondo i conduttori del programma è uno scandalo da debellare. Perciò, sebbene quelli descritti dai bambini siano dati di fatto banali ed evidenti, oggi bisogna difenderli con le unghie da un martellamento che vuole ingannare i piccoli, rendendoli manipolabili. Se servisse anche mettendoli contro le loro stesse famiglie. Basti pensare alla donna americana ricorsa in appello all'inizio di agosto, dopo che una scuola del Minnesota, senza il suo consenso, aveva avviato il processo per il cambiamento di sesso richiesto dal figlio minorenne. La motivazione del giudice e della scuola contro il diritto dei genitori all'educazione (da sempre garantito per proteggere i piccoli dallo Stato, supponendo che il genitore sia colui che ha più probabilmente come unico interesse il bene disinteressato del figlio) è che questo diritto non può spingersi oltre il diritto alla salute del figlio. Ma la madre, in appello, ha fatto di nuovo leva sul suo diritto all'educazione. Ancora peggio quanto avvenuto a fine luglio in un asilo dell'istituto paritario Rocklin Academy Gateway in California. Qui un insegnante, all'insaputa dei genitori, ha celebrato di fronte alla classe la scelta della famiglia di un bambino di 5 anni di considerarlo una donna. Di fronte a tutti lo ha fatto uscire dal bagno vestito da bambina e chiamandolo con un nome femminile. Grazie alle proteste delle famiglie è emerso che i piccoli sono tornati a casa letteralmente terrorizzati. Jonathan Keller, membro del California Family Council, ha dichiarato: "Molte bambine sono tornate a casa dai genitori in lacrime chiedendo, "mamma, papà, diventerò un maschio?", mentre un bambino che prima ad ora non aveva mai menzionato questioni di questo tipo ha domandato di imitare il compagno celebrato dall'insegnante e di andare a scuola vestito da femmina. Ma, nonostante alcune proteste, il 21 agosto la scuola ha preso le parti dell'insegnante citando le leggi dello Stato contro la discriminazione. Purtroppo c'è poco da stupirsi. Infatti, una volta che viene considerato vero il fatto che si nasce con un sesso ma che si può e si deve poter appartenere ad un altro, pena l'infelicità della persona, non è possibile scandalizzarsi se poi lo Stato si oppone ad un genitore o se una scuola prende le parti dell'insegnante che dice ai piccoli che il sesso è flessibile. Ciò significa che difendere il diritto di educazione dei genitori non basta più. Bisogna partire da ciò che sostiene tale diritto, sottolineando cosa è giusto o sbagliato per ogni uomo: se seguire la legge naturale o se distruggerla e riconoscere l'esistenza di un bene e di un male oggettivi, da perseguire il primo e da ostacolare il secondo. Tirarsi indietro da questo giudizio per non "alzare i muri" è connivenza con un male che getta in una confusione infernale gli innocenti, il peggiore che si possa commettere: "Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare" (Matteo 18,6). (Benedetta Frigerio, La Nuova Bussola Quotidiana, 24-08-2017)
Fonte: Gender Watch News, 05/09/2017
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OMELIA XXIII DOMENICA T. ORD. - ANNO A (Mt 18,15-20)
Se ti ascolterà avrai guadagnato il tuo fratello
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 settembre 2017)
Il tema centrale delle letture di questa domenica è la carità fraterna. San Paolo, nella seconda lettura, dice chiaramente: «Non siate debitori di nulla a nessuno, se non dell'amore vicendevole; perché chi ama l'altro ha adempiuto la Legge» (Rm 13,8). Egli insegna che i Comandamenti di Dio, come non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare, e qualsiasi altro comandamento, «si ricapitola in questa parola: amerai il tuo prossimo come te stesso» (Rm 13,9). Da ciò si capisce che ogni peccato, ogni trasgressione ai Comandamenti di Dio, è una mancanza di carità. Questo vale anche per i Comandamenti della purezza, ovvero il sesto e nono, in quanto, se si ama veramente il prossimo, si desidera vivamente il suo bene spirituale e lo si rispetta anche nel più piccolo pensiero. Per questo motivo, sant'Agostino affermava: «Ama e fa' quello che vuoi», nel senso che per chi ama veramente Dio e il prossimo diventa una esigenza osservare i Comandamenti di Dio, per lui non potrebbe essere diversamente; al contrario, quando prevale l'egoismo, allora la nostra volontà si oppone a quella di Dio e noi desideriamo ciò che Dio proibisce. San Paolo conclude questa breve lettura affermando che «pienezza della Legge infatti è la carità» (Rm 13,10). Quando si parla di carità si parla sempre di una comunione di persone. Dio stesso è una Comunione di Persone: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre, e l'Amore reciproco tra il Padre e il Figlio è lo Spirito Santo. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, e, insieme, le tre divine Persone sono l'unico vero Dio. Le creature umane, create a sua immagine e somiglianza, devono riflettere questa Comunione divina d'amore. Per tale motivo, la prima cosa che Dio chiede alle sue creature è l'amore reciproco. Gesù, nel brano del Vangelo di oggi, afferma con autorità: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Dove regna la carità, la vita in comune si trasforma in un Paradiso anticipato, e Gesù rimane tra di noi; ma, dove trionfa l'egoismo, l'esistenza umana preannuncia l'eterna perdizione. Faremo rimanere Gesù in mezzo a noi se ci ameremo scambievolmente come Lui ci ha amati e se ognuno di noi cercherà non tanto di stare bene, ma di far stare bene il prossimo. Le letture di oggi ci indicano alcune forme di carità fraterna, ai giorni d'oggi poco praticate. La prima è quella della "correzione fraterna", la seconda riguarda la "preghiera". La correzione fraterna è forse la carità più difficile da praticare. Nella prima lettura, Dio diceva al profeta Ezechiele che se egli non avesse richiamato il peccatore, questi sarebbe morto nei suoi peccati, ma il profeta avrebbe dovuto rendere conto della sua morte; se invece egli lo avesse messo in guardia, egli non sarebbe stato responsabile della sua perdizione. Così, nel brano del Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù dice che guadagneremo un fratello se riusciremo a convertirlo dalla sua condotta perversa (cf Mt 18,15). Queste parole devono farci riflettere seriamente. Quante volte noi, per non avere fastidi, non diciamo niente ai nostri fratelli che sbagliano e vivono lontani da Dio! Tuttavia, questo silenzio è pieno di responsabilità. Dobbiamo parlare, e la nostra parola sarà accolta solo se sarà unita all'umiltà e alla carità. Diversamente le nostre parole allontaneranno ancora di più le anime da Dio. Dove le parole non arrivano, giunge la preghiera. Ecco la seconda forma di carità indicataci dal Vangelo di oggi. L'efficacia della preghiera, e soprattutto della preghiera in comune, è messa in luce da queste parole di Gesù: «In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d'accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà» (Mt 18,19). Raccontava un sacerdote, che poi divenne vescovo di Praga e cardinale, mons. Giuseppe Beran, che quando egli doveva richiamare qualche fratello che sbagliava, lo faceva con parole umili e piene di carità. Lo richiamava alcune volte; poi, quando si accorgeva che le sue parole cadevano nel vuoto, egli non diceva più nulla e si limitava a pregare e ad offrire sacrifici. Gli effetti desiderati non si facevano di molto attendere: alla fine egli riusciva sempre ad ottenere la sospirata conversione. Imitiamo anche noi un esempio così bello e ci accorgeremo che la preghiera da sola otterrà molto di più di tutte le più belle parole.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 10 settembre 2017)
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