LE FIABE E LA PAURA DI NON ESSERE AMATI
Le fiabe sono il luogo dove teniamo i mostri (ad es.: il rancore perché gli altri ci sembrano amati più di noi)
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Blog di Silvana De Mari
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L'ISLAM SOGNA DI CONQUISTARE L'EUROPA, A COMINCIARE DALLA SPAGNA (IN ARABO: ANDALUSIA)
Il Corano divide il mondo in due parti: quello della pace (musulmano), e quello della guerra (non musulmano)
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone
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IL MOVIMENTO PER LA VITA INVITA AL DIALOGO CON TUTTI... ECCETTO CON LA MARCIA PER LA VITA
Gian Luigi Gigli prende di mira gli organizzatori della marcia, a suo dire troppo ''integralisti'' (ma il vero motivo è che per lui la legge sull'aborto per ora non va toccata)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LA BEFANA DEI MIGRANTI DISCRIMINA GLI ITALIANI
Gli italiani sono sempre più disprezzati, sfruttati e resi sudditi dei poteri stranieri (con la complicità della nostra classe politica)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero
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IL DISCORSO NATALIZIO DEL PRESIDENTE TRUMP RIMETTE GESU' AL CENTRO DELLA FESTA
Quando in Europa sentiremo pronunciare un discorso come quello del presidente degli Stati Uniti? (VIDEO: Trump riconosce Gesù come il nostro Salvatore)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: CulturaCattolica
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I RADICALI COLGONO AL BALZO LA VOGLIA DI MORIRE DI MARINA RIPA DI MEANA... TRUCCANDO LA REALTÀ (COME SEMPRE)
Intanto chi non combatte la legge sull'eutanasia, ma chiede solo l'obiezione di coscienza, si sta arrendendo alla cultura della morte
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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LA NORMALIZZAZIONE GAY IN PRIMA SERATA NELLO SHOW DI GERRY SCOTTI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): sono gay e sono prete, un'intera famiglia cambia sesso, il pilota di Formula 1 Hamilton rimprovera il nipote vestito da principessa ma poi chiede scusa
Fonte: Osservatorio Gender
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LETTERE ALLA REDAZIONE: LA SCUOLA MI HA INDOTTRINATO... MA POI HO SCOPERTO LA VERITA'
Solo adesso, anche grazie a BastaBugie, ho capito che ci è stata negata la possibilità di pensare, perché siamo stati plagiati giorno dopo giorno, lezione dopo lezione
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie
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OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)
Maestro, dove abiti? Venite e vedrete
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
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LE FIABE E LA PAURA DI NON ESSERE AMATI
Le fiabe sono il luogo dove teniamo i mostri (ad es.: il rancore perché gli altri ci sembrano amati più di noi)
Autore: Silvana De Mari - Fonte: Blog di Silvana De Mari, 09/10/2017
Le fiabe nascono da sole, nessuno sa dove, corali e anonime; si evolvono a pezzi e a bocconi, viaggiano attraverso i secoli e attraverso i luoghi, subendo tutte le modifiche possibili, ma restando sempre uguali a se stesse. Le fiabe hanno protagonisti fantastici e magici e non devono superare lo spazio di un pomeriggio passato accanto al fuoco e, soprattutto, quello di una sera, perché il loro compito principale è riempire il "prima di andare a letto", così che il bambino possa scivolare nel sonno cullato dalla voce dell'adulto, senza che i mostri che vivono dentro al buio possano disturbarlo. I mostri sono la paura di non essere amato, il rancore per non essere amato, la gelosia perché altri sono o ci sembrano amati più di noi. Le fiabe sono il luogo dove teniamo i mostri. Come intuisce Kafka, le fiabe sono le scatole d'oro e d'argento dove teniamo i mostri. I mostri sono inconfessabili. Le emozioni negative non sempre sono permesse ai bambini, soprattutto a quelli che più avrebbero ragione di averne: quindi è opportuno nasconderle dentro una fiaba provarle per interposta persona, identificandosi con il personaggio principale.
L'ORFANO Nella onnipresente figura dell'orfano, personaggio chiave di tutta la narrativa per l'infanzia, c'è ovviamente la paura di diventarlo, ma, soprattutto, è nascosta l'eterna paura di non essere abbastanza amati. La matrigna da un lato è la rappresentazione di una realtà storica precisa, di un pericolo reale in altre epoche costantemente in agguato: quello di restare orfani di una madre uccisa dal parto, in balia di una matrigna che avrebbe diviso in maniera disuguale tra i figli di primo e secondo letto il poco cibo, le molte botte e le infinite ore di lavoro massacrante. Dall'altro lato la matrigna è, soprattutto, il fantasma universalmente fruibile di una mamma che ama poco o meno di quanto vorremmo. Dentro fratellastri e sorellastre c'è il timore costantemente presente, anche nei figli di famiglie realmente amorevoli, che i fratelli (sorelle) siano più amati di noi. Dentro la strega e l'orco ci sono madre e padre quando sono irati e urlanti: con i lineamenti stravolti, infinitamente più grandi del bambino su cui incombono, onnipotenti, terrificanti. Le fiabe, come ogni cosa si rivolga anche all'inconscio, non evitano la contraddizione. L'essere orfani oltre che il terrore è anche il sogno dell'infanzia. L'uccisione (possibilmente rituale, non a badilate) dei genitori è la fase necessario alla conquista dell'indipendenza. Difficile affrontare i draghi inseguiti da mamma che ci chiede se la maglia di lana ce la siamo cambiata. In un certo senso dentro il drago, eternamente a guardia di qualche cosa di prezioso dentro a caverne impenetrabili o castelli semidiroccati, c'è anche l'autorità genitoriale, che è necessario infrangere per diventare adulti e liberi.
LE FIABE Le fiabe, narrazione fantastica senza alcuna pretesa di verosimiglianza, sono, in assoluto, in quanto opera nata dal basso, lo specchio più fedele di un'epoca. Nelle fiabe è contenuta la persecuzione dei bambini. Nelle fiabe è da sempre uno dei protagonisti, insieme alla fame, alla paura, all'infanticidio, all'idea che i bimbi possano essere scacciati, allontanati, venduti, scambiati, abbandonati in un bosco buio dove un orco orrendo li mangerà per cena, a meno che una fila di sassolini che brillano sotto la luna li riporti a una casa dove nessuno li vuole. Nella fiaba osano comparire l'abuso sessuale, la pedofilia e l'incesto (Pelle d'Asino), la psicosi criminale e l'uxoricidio (Barbablù). Quando passavano la guerra, i lanzichenecchi, la siccità e le cavallette, quando non c'erano più raccolti, poteva succedere che i bambini venissero abbandonati nei boschi, uccisi (Biancaneve) massacrati di lavoro e discriminati rispetto ai fratelli (Cenerentola) oppure venduti in cambio di cibo (Raperonzolo) mentre sono ancora nel grembo della madre, come ancora oggi succede nell'orrenda pratica dell'utero in affitto, (niente e nessuno potrà mai costringermi ad usare altre parole se non queste, utero in affitto).
RAPERONZOLO Nella fiaba originale la regina incinta ha una voglia di raperonzoli, di proprietà di una strega che il marito va a rubare per lei. La strega lo scopre e il re per poter essere lasciato libero promette la vita che la regina porta nel grembo. Al re tutta la mia disistima. Un uomo perbene muore lui, di fame, di fatica, non vende il ventre della sua donna. Mio padre sarebbe morto lui, non li avrebbe mai consegnato. Compito degli uomini è morire per le loro donne e i loro figli. Leviamo l'oro e l'argento e quello che resta è una bimba venduta con la complicità dell'uomo che doveva proteggerla. I bambini sono stati venduti, per cibo, a coppie sterili, dove a volte c'era una necessità di un figlio per motivi ereditari, oppure a fabbriche di tappeti o mattoni, o alle miniere, bambini di quattro anni scendevano in miniera. La madre adottiva, la proprietaria di Raperonzolo, quella che la bimba l'ha comprata e pagata ne diventa la carceriera: il figlio acquistato, su apposite agenzie che pubblicizzano "bimbo in braccio", equivalente "di chiavi in mano", è stato acquistato e pagato e difficilmente gli sarà data la libertà di essere come vuole essere. I rapporti tra madre e figlio, o meglio tra proprietaria dell'utero e feto (non vorrei essere accusata di terrorismo psicologico), sono enormi, i rischi che una donna corre durante la gravidanza sono enormi, possono restare per sempre cicatrici di importanza, come le smagliature e i piedi più larghi, per il maggiore peso e la lassità di tessuti connettivi, o patologie gravi come diabete, insufficienza renale. Una donna può morire. Una donna soffre: il parto naturale è sofferenza, il parto cesareo è sofferenza, il post parto è sofferenza, una sofferenza felice e ben venuta quando ad essere partorito è il proprio bambino, concepito con l'uomo amato, una sofferenza atroce negli altri casi. L'affitto dell'utero è la nuova forma di sfruttamento del corpo, di schiavismo, di oppressione, di violazione della dignità. Gli acquirenti del bimbo dichiarano di amarlo, e che l'amore risolve tutto. L'uso insistente della parole amore, questa affettività vomitata in continuazione, sbandierata a ogni istante, è la stimmate dell'isterismo, il segno di un sentimentalismo vuoto: far nascere un bambino orfano di madre, dopo aver ridotto la sua gravidanza a un affitto di utero, non è un gesto d'amore. Il bambino impara a riconoscere la voce della madre al quinto mese della vita intrauterina, per tutta la vita fabbricherà ossitocina sentendo quella voce. Il legame madre figlio è un legame sacro. Chi lo interrompe commette un crimine.
Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo sottostante dal titolo "Arduin, l'orco che rifiutò il male" parla dei valori che trasudano dall'ultimo romanzo di Silvana De Mari, Arduin il rinnegato (Ares). E sono i valori dell'amicizia, della tenerezza, dell'attenzione per le piccole cose, dell'amore per la vita, per ogni vita e contengono un appello a restare umani e rifiutare il male e il conformismo. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 dicembre 2017: Una delle più grandi saghe Fantasy contemporanee giunge all'atto finale. Si tratta della Saga dell'Ultimo Elfo, di Silvana De Mari, che con l'omonimo capolavoro che apriva il ciclo narrativo seguito poi da L'Ultimo Orco, Gli Ultimi Incantesimi, L'Ultima Profezia del Mondo degli Uomini, Io mi chiamo Yorsh e infine L'Ultima Profezia del Mondo degli Uomini. Epilogo, conquistò l'amore di migliaia di lettori e il riconoscimento della critica internazionale, dalla Francia agli Stati Uniti. Una saga che si è segnalata per una scrittura avvincente, originale, arricchita da un senso dell'umorismo irresistibilmente graffiante, che strappa il sorriso anche nelle pagine più cupe. Già, perché il ciclo letterario nato dalla fervida immaginazione di Silvana De Mari, un medico che ha lavorato in ospedali dell'Etiopia, che si è dedicata come psicoterapeuta a donne abusate e violate, vinse lette, è un mondo dove si combatte una dura lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro il sopruso. Niente di nuovo sotto il sole, potrebbe dire qualcuno. In fondo la grande narrativa dell'Immaginario, dal Signore degli Anelli a Star Wars ci racconta proprio questo: questa titanica lotta fatta da pochi coraggiosi per fermare l'avanzata del Male, rappresentato da Sauron o dall'Imperatore Palpatine. Il genio di Silvana De Mari tuttavia in questi anni si è dispiegato nel descrivere nei suoi libri un mondo atroce, dove la malvagità trova espressione attraverso il suo volto più banale, più quotidiano, senza per questo che tutto questo fango morale, questa sozzura degli animi, possa intaccare o spegnere la fiamma della speranza. Potremmo dire che la De Mari ha fatto diventare Letteratura il celebre giudizio di Hannah Arendt sulla banalità del male. Molte delle figure malvagie delle opere della De Mari non sono i soliti villains della narrativa o del Cinema, ma sono semplicemente degli imbecilli, degli ottusi esecutori di ordini, della gente che ha abdicato al prezioso dono dell'intelligenza e della ragione. Da questo punto di vista, Arduin il rinnegato (Ares) rappresenta la quintessenza del pensiero di Silvana De Mari, e se da una parte esso è l'attesissimo prequel della Saga dell'Ultimo Elfo, che colloca il tassello definitivo della storia del Mondo degli Uomini, svelandoci gli antefatti accaduti trecento anni prima, e rivelandoci intrecci genealogici, scenari politici e soprattutto la vicenda personale del grande Sire Arduin, questo romanzo può benissimo essere letto a se stante. Ciò perché rappresenta un inizio, perché ci introduce in questo mondo immaginario abitato da Uomini, Orchi, Elfi e Nani. Un mondo che potrebbe benissimo essere il nostro, in un'altra Era, con altri protagonisti, ma dove si commettono gli stessi errori e le stesse atrocità presenti nel nostro. Dove è in corso una sorta di drammatico scontro di civiltà tra razze diverse e ostili, gli Uomini, gli Elfi, gli Orchi. E la storia è narrata proprio a partire dalla vicenda di un Orco, un piccolo orco bambino che viene venduto dal padre, bestialmente ottuso e crudele, ai militari che addestrano bambini per mandarli contro gli Elfi, sapendo che questi, con i loro valori umani elevatissimi, rimarranno sconvolti dal dover trovarsi di fronte dei bambini, e questo toglierà loro i poteri. Il piccolo Arduink dunque viene preparato insieme ai suoi compagni di sventura a questo destino, e viene istruito ad odiare, a mentire, a ingannare. Viene istruito a quanto c'è di peggio attraverso una "pedagogia" della sofferenza, inflitta senza senzo, senza scopo, se non per il divertimento degli aguzzini. Arduink, tuttavia, progressivamente impara a rifiutare questo ruolo. Si ribella alla cosiddetta "Orchitudine", apre gli occhi sulla crudeltà della catena di male che comincia dal militare che lo deve istruire e arriva fino all'Imperastore degli Orchi, e capisce che può scegliere, che deve scegliere il bene. Il libro ci racconta così l'ascesa di un grande guerriero, il bambino orco che si ribella, che diserta dall'armata orca, che si fa cercatore solitario, e poi incontra creature- orchi stessi, e poi uomini ed elfi- che gli indicano la via dell'onore, del rispetto, della compassione. Arduink sceglie di rinnegare gli usi e i costumi degli orchi, dai quali verrà bollato come traditore, e si mette al servizio degli Uomini. Tra i quali non è che manchino gli stupidi, i crudeli, gli ingannatori, ma c'è del buono in questo mondo, nei villaggi, come nelle corti dei castelli, e per questo vale la pena battersi. Dicevamo che questo avvincente e appassionante romanzo rappresenta la quintessenza della visione del mondo della sua autrice, quella già manifesta negli altri volumi della saga. In particolare, Silvane De Mari ci dice che il Male è ben presente nel mondo e nella storia; incombe su di noi, corrompe i nostri cuori, rovescia i troni, cancella le dinastie; si diverte in particolare ad infierire sui piccoli e sugli innocenti. Tuttavia il Male non ha l'ultima parola. Deve essere fermato. Bisogna combattere coraggiosamente contro di esso. Nessuna saga Fantasy contemporanea è così chiara e nitida. Ogni creatura - e non solo gli uomini o i nobili Elfi - ma perfino un orco può scegliere di rifiutare il male, la crudeltà, l'odio, e può scegliere il Bene. Il guerriero Arduink perde la K e diventa il cavaliere Arduin, che decide per il bene, ed è toccato nel suo cuore dall'amore per la principessa Giada, principessa degli uomini. I valori che trasudano da questo romanzo sono dunque quelli dell'amicizia, della tenerezza, dell'attenzione per le piccole cose, dell'amore per la vita, per ogni vita. Teoricamente questo dovrebbe fare di Silvana De Mari un'autrice ammirata per il suo intenso umanitarismo. Questo libro dovrebbe essere usato nei corsi contro il bullismo, perché ne descrive lucidamente gli spietati meccanismi. Potrebbe persino essere esaltato come un monito contro le discriminazioni sociali; quando Arduink si stabilisce tra gli uomini, gli tocca subire una sorta di razzismo, come pure tutti gli infelici mezzi orchi frutto degli stupri di donne umane avvenute nel corso dei raids degli orchi. Sappiamo purtroppo che difficilmente sarà così: Silvana De Mari è da tempo bersaglio di duri attacchi personali a causa delle sue idee politicamente "scorrette". In particolare le sue ferme prese di posizione sull'aborto, sull'eutanasia, sulle teorie del gender. Temi che affronta non da un punto di vista teorico, ma in base a tanti anni di esperienza sul campo. Tutto nasce dal suo itinerario tra una umanità sofferente, che ha toccato il suo animo sensibile, e che si trasfigura in racconto. La sua è la voce di una coscienza libera, ordinata, che vuole ricordare verità oggi forse troppo scomode. I libri di Silvana contengono una sorta di accorato appello: restiamo umani, rifiutiamo il male, rifiutiamo l'ottusità, l'imbecillità, rifiutiamo di zittire la nostra coscienza sotto la scura cappa del conformismo. Speriamo che non resti inascoltato.
Trailer ufficiale dell'ultimo libro di Silvana De Mari: Arduin il Rinnegato (durata: 3 minuti).
https://www.youtube.com/watch?v=iWuYFwd_aEA
Fonte: Blog di Silvana De Mari, 09/10/2017
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L'ISLAM SOGNA DI CONQUISTARE L'EUROPA, A COMINCIARE DALLA SPAGNA (IN ARABO: ANDALUSIA)
Il Corano divide il mondo in due parti: quello della pace (musulmano), e quello della guerra (non musulmano)
Autore: Vittorio Messori - Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2017 (n. 166)
Dopo la strage sulla Rambla barcellonese ci si è chiesti perché la Spagna sia un obiettivo privilegiato per il terrorismo islamico. Ebbene, rifacendosi alla storia, due sarebbero le ragioni. La prima è che gli spagnoli sono gli ultimi europei ad avere ancora due possedimenti - seppur ciascuno di pochi chilometri quadrati - sul territorio africano, per giunta islamico: sono le città di Ceuta e Melilla sulle coste del Marocco. Le città - entrambe sugli 80mila abitanti - sono di proprietà spagnola da secoli (furono basi per combattere, guarda caso, la pirateria saracena) e la loro popolazione è composta quasi interamente da spagnoli. Ma, come si sa, i fedeli del Corano dividono il mondo in due parti: quello della pace, musulmano, e quello della guerra. Che è poi tutto il pianeta non ancora passato sotto la sudditanza della mezzaluna. È intollerabile, per loro, l'esistenza di quei due "tumori degli infedeli" all'interno di un Paese che è "loro". Da qui la lunga, violenta polemica del Marocco, cui si oppone il rifiuto di cessione della Spagna, ricordando che popolazione, abitudini, lingua, religione di Ceuta e di Melilla sono da secoli spagnoli. Intanto, le due città sono in stato d'assedio, chiuse da una doppia recinzione di alte barriere di filo spinato non solo per evitare un improvviso blitz militare marocchino, ma anche per non concedere l'accesso a turbe di neri subsahariani che sperano di trovare in quel piccolo territorio formalmente europeo un trampolino per il passaggio al Vecchio Continente. È una situazione esplosiva, della quale non solo in Italia ma nell'intera Europa si parla poco: ed è un errore, perché qui, sulle coste africane, c'è un focolaio acceso che alimenta l'orgoglio omicida del terrorismo.
LA NOSTALGIA PER LA PERDITA DELLA SPAGNA Più conosciuta l'altra ragione che può spiegare l'accanimento dei terroristi. Resiste da secoli, in tutto il mondo musulmano, la nostalgia per la perdita di Al Andalus, come chiamavano la Spagna nella sua totalità. In particolare, il rimpianto è per la regione che non a caso è detta Andalusia, regione privilegiata per il suo clima, le sue acque, i suoi frutti, le sue città, le sue dinastie spesso famose non solo per le armi ma anche per la cultura. Ma non si tratta solo di nostalgia bensì, per i musulmani praticanti, c'è la necessità religiosa di ritornare in quei luoghi: per essi, infatti, ogni terra in cui sia stato praticato il culto islamico non può diventare proprietà degli infedeli. Non potendo (per ora, almeno) ritornare con le armi, i devoti sembrano volere prepararsi alla riconquista intensificando l'immigrazione, spesso clandestina, di seguaci del Corano e investendo in Andalusia grandi capitali per comprare terre, industrie, case. Intanto, le bombe esplodono qua e là per la Spagna per mostrare che l'Islam non ha dimenticato una terra che fu sua per sette secoli e che non dispera di riavere. Naturalmente, dopo ogni attentato si sprecano le parole di politici e dei media sulla resistenza, sulla volontà di difesa dei valori dell'Occidente. Lasciamo da parte il discorso dei "valori" che ci porterebbe a dire cose anche imbarazzanti, come chiedersi (con ogni rispetto per i 12 morti) se fossero davvero "valori" quelli di un giornale blasfemo, sconcio ancor più che volgare, cinicamente nichilista come Charlie Hebdo.
LA BANDIERA DELL'ANDALUSIA Ma centriamo il discorso sulla "difesa". Scoprendo che succedono cose strane, come quella della bandiera che l'Andalusia si è data, alla pari delle altre comunità autonome nelle quali, dopo la morte di Francisco Franco, è stata divisa la Spagna. La bandiera attuale fu disegnata, già nei primi decenni del secolo scorso, da Blas Infante, uno degli iniziatori di un "nazionalismo" andaluso che segnasse la differenza di questa terra dalle altre ispaniche. Secondo molti studiosi Blas (che pare avesse ascendenti "mori") in un soggiorno in Algeria si sarebbe convertito all'islam. Vero o no che sia, resta il fatto che il vessillo da lui elaborato è una esaltazione di Al Andalus musulmano. La bandiera, infatti, consta di tre strisce orizzontali di eguali dimensioni: la striscia più in alto e quella più in basso sono verdi, mentre quella centrale è bianca. Fu lo stesso Blas Infante a spiegare il significato dei colori da lui scelti: il verde (colore, tra l'altro, prevalente nell'Islam) era in onore del potente califfato degli Omeyas del X secolo. Il bianco, invece, ricordava l'impero Almohade del XII secolo, sotto il quale il verbo annunciato da Maometto raggiunse il maggiore splendore. Dunque, come la mettiamo? L'Andalusia ritornata cristiana da ormai cinque secoli, grazie a una riconquista lunghissima, vorrebbe contrastare il possibile ritorno violento de los Moros, agitando una bandiera che esalta le loro glorie maggiori e che esprime nostalgia per la sottomissione alla mezza luna?
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo sottostante dal titolo "Operazione Deconquista, il patto tra Islam e Sinistra" parla del braccio di ferro per espropriare alla Chiesa la cattedrale di Cordoba, cattolica da 700 anni, per ospitarvi un culto condiviso tra islamici e cristiani. E' l'operazione Deconquista, di cui si fanno portavoce la Sinistra spagnola e le comunità islamiche. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 novembre 2017: La chiamano già deconquista, un'operazione di presa di possesso di antichi luoghi islamici nel cuore dell'Europa. E' una delle vie che provano l'avanzata dell'islamizzazione del Vecchio Continente. Giovanni Paolo II vide un'invasione vera e propria, ma quanto sta accadendo in Spagna, dopo quello che abbiamo visto in Germania, dimostra che l'invasione non deve per forza usare scimitarre ed eserciti, ma più semplicemente l'utilizzo astuto e strumentale delle leggi. Ad esempio può occupare luoghi. Ne è una prova lampante quanto sta accadendo silenziosamente da mesi in Spagna dove uno dei simboli della cristianità è diventato l'oggetto del contendere in un braccio di ferro che vede opposta la Chiesa alla comunità islamica che si è trovata come alleate le forze politiche più laiciste del Paese. Siamo a Cordoba, città tra le più importanti dell'Andalusia ed è qui che la locale cattedrale rischia di diventare il primo avamposto di una conquista islamica di ritorno. Anzi, come è stata ribattezzata una deconquista, dato che è proprio grazie alla Reconquista che la cattedrale di Cordoba poté tornare ai cristiani nel 1236. Da quell'anno, dopo la riconquista della città da parte di Ferdinando III di Castilla la titolarità della splendida moschea-cattedrale di Cordoba è in mano alla Chiesa che aveva così riavuto il tempio strappato e trasformato in moschea dai mori. Un tempio patrimonio dell'umanità, dove gli elementi architettonici originari islamici si mescolano e si fondono con gli interventi successivi di epoca rinascimentale e barocca. E infatti la mescolanza tra i diversi stili è diventata la scusa per cambiarne la titolarità: non più di proprietà della Chiesa, ma in mano allo Stato in modo che la gestisca affidandola ora agli islamici ora ai cristiani. Una proposta folle, che adombra una coabitazione impossibile, che pure da queste parti per alcuni anni è stata tollerata prima che i mori definitivamente cacciassero i cristiani. A farsi portavoce di questa richiesta non è soltanto la giunta islamica locale, ma anche la Sinistra estrema di Podemos che chiede alla giunta regionale andalusa di convertire il tempio in un luogo dal culto misto e regolamentato dallo Stato. La presidente della giunta andalusa Susanne Diaz ha proposto una soluzione di compromesso affidando la titolarità all'ente pubblico, ma l'amministrazione alla Chiesa. Ma è anch'essa una soluzione inaccettabile per la Chiesa spagnola che si sta opponendo in ogni modo al progetto. Forte del fatto che in realtà l'architettura originaria, secondo recenti studi, non sarebbe propriamente islamica, ma bizantina. Quel che è certo è che anche la storia di Cordoba è la fotografia della repentina islamizzazione dell'Europa. L'operazione di espropriazione è stata condannata dal vescovo di Cordoba Demetrio Fernandez e con lui l'amministrazione comunale della città spagnola. Ma il patto d'acciaio tra le forze laiciste e la comunità musulmana è forte proprio perché alimentato dal comune anticattolicesimo. Con i numeri in crescita spaventosa per quanto riguarda la presenza musulmana in terra iberica. Secondo l'Ucide, Unione delle comunità islamiche di Spagna, alla fine del 2016 in Spagna vivevano 1.919.141 musulmani, pari al 4 per cento di tutta la popolazione. Di quei quasi due milioni di musulmani 515.482 risiedevano in Catalogna. Non va meglio con la crescita delle moschee: 1.264 luoghi di culto islamici (moschee e sale di preghiera) nel più recente censimento, 109 dei quali possono essere indicati come aderenti alla tendenza salafita, cioè l'interpretazione fondamentalista dell'islam. Galizia, dove i convertiti a Maometto sono già 5000, Catalogna e Andalusia le regioni nelle quali più accentuata è la crescita della popolazione musulmana. Intanto però ci si scandalizza per quel monito affidato da Giovanni Paolo II ad un sacerdote: «Vedo la Chiesa del terzo millennio afflitta da una piaga mortale, si chiama islamismo. Invaderanno l'Europa. Ho visto le orde provenire dall'Occidente all'Oriente: dal Marocco alla Libia, dall'Egitto fino ai paesi orientali». In quella visione il Santo pontefice indicava anche il rimedio: una fede salda e forte. Che si attiva anche nel difendere i tesori della Cristianità da un'offensiva mortale che sembra avere il sopravvento su tutto, anche sul buon senso e sulla storia.
Fonte: Il Timone, settembre-ottobre 2017 (n. 166)
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IL MOVIMENTO PER LA VITA INVITA AL DIALOGO CON TUTTI... ECCETTO CON LA MARCIA PER LA VITA
Gian Luigi Gigli prende di mira gli organizzatori della marcia, a suo dire troppo ''integralisti'' (ma il vero motivo è che per lui la legge sull'aborto per ora non va toccata)
Autore: Tommaso Scandroglio - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/01/2018
Appare quanto meno paradossale che il Presidente del Movimento per la Vita (MpV) inviti le proprie associazioni locali a non partecipare alla Marcia per la vita che si tiene annualmente a Roma nel mese di maggio. E' un po' come se il Papa invitasse i cattolici a non partecipare alla Messa di Pasqua. Ma andiamo con ordine. Il 19 dicembre scorso l'on. Gian Luigi Gigli, presidente del MpV invia una missiva ai membri del direttivo e ai presidenti delle Federazioni, dei Movimenti e dei Cav locali chiedendo di prendere le distanze dai firmatari di un documento indicato con il titolo "Non seguiremo i pastori che sbagliano", che in realtà si chiama "Promessa di fedeltà all'insegnamento autentico della Chiesa" diffuso con il titolo "Fedeli alla vera dottrina, non ai pastori che sbagliano", documento assai critico nei confronti di Papa Francesco. Tra i firmatari anche alcune sigle dell'associazionismo italiano che Gigli indica esplicitamente: Associazione Famiglia Domani, Fondazione Lepanto, Federvita Piemonte, Il Cammino dei Tre Sentieri, Ora et labora in difesa della vita, Famiglie Numerose Cattoliche, Voglio Vivere e SOS ragazzi. Secondo il Presidente del MpV "questo documento [...] divide i cattolici e macchia la causa della vita, contribuendo a indebolirla. Invito pertanto tutte le nostre associazioni a prendere le distanze dal testo e ad evitare ogni rapporto e ogni collaborazione con le organizzazioni firmatarie". Dato che, come ricorda espressamente Gigli, dietro all'organizzazione della Marcia per la vita ci sono anche persone che sono a capo di alcune associazione prima indicate è assai opportuno, seguendo una certa logica osmotica, tenersi alla larga pure dalla Marcia stessa: "Per il 2018 invito tutte le associazioni locali a non partecipare alla marcia per evitare qualunque confusione tra la nostra realtà e queste organizzazioni estremiste e malamente tradizionaliste". E dato che repetita iuvant "invito anche a non dare alcun sostegno o adesione alle iniziative di organizzazioni come ora et labora in difesa della vita, voglio vivere, SOS ragazzi che continuamente cercano di coinvolgerci nella loro attività caratterizzata da fanatismo e ideologia".
MONS GALANTINO HA DETTATO LA LETTERA? Un prodromo della lettera del 19 dicembre lo abbiamo in una nota del Mpv di qualche giorno prima dove diffidava i suoi membri dal partecipare ad una manifestazione contro la legge sulle Dat perché il Movimento non condivideva "lo stile con cui alcune delle organizzazioni indicate sono presenti sulla scena pubblica e, soprattutto, perché profondamente in disaccordo con gli attacchi che alcune di esse rivolgono quasi quotidianamente al Papa e ai Vescovi italiani". Ora qui non vogliamo entrare nel merito del giudizio sul documento "Fedeli alla vera dottrina" o sull'opportunità o meno di sottoscrivere tale dichiarazione. Non vogliamo nemmeno soffermarci sui retroscena, assai complessi, che legano le vicende storiche del MpV con altre realtà pro-life o culturali di matrice cattolica. Nemmeno vogliamo indagare sulla veridicità dello scenario, dipinto da molti, in cui Gigli ha tenuto in mano il lapis per scrivere questa lettera e Mons Galantino dettava il contenuto. Infine non desideriamo analizzare neppure il legame a filo doppio che lega, o strozza, il Mpv alla Conferenza episcopale. Ciò che invece ci preme mettere sotto alla lente di ingrandimento è la fatwa lanciata da Gigli ai suoi membri relativamente alla partecipazione alla Marcia per la vita. E' giustificata? Pare proprio di no. In prima battuta occorre ricordare che il MpV, al cui interno militano moltissimi pro-life doc che si spendono in modo generosissimo per la causa della vita, per statuto è una realtà associativa non solo apartitica (curioso però che gli ultimi due presidenti abbiano militato in partiti politici) ma anche aconfessionale, seppur - si specifica - lo stesso Mpv s'ispiri per il proprio operato alla sacralità della vita e al portato culturale del cristianesimo. Però se il Mpv è de iure, ma non de facto, aconfessionale perché inalberarsi tanto per uno scritto con contenuto squisitamente confessionale? Seconda riserva. La Marcia per la vita, per volontà dei suoi organizzatori, chiama a raccolta tutti coloro che hanno a cuore il tema della vita, senza distinzioni di credo religioso, di appartenenza politica, di orientamento culturale. Pure gli atei sono invitati a marciare. Quindi, volendo utilizzare una categoria concettuale un po' rozza e abbastanza erronea, ma che viene implicitamente usata dall'on. Gigli, la Marcia spalanca le braccia sia ai bergogliani che ai non bergogliani. Se i responsabili della Marcia sono i primi a non discriminare chi accoglie ciecamente ogni sillaba del Pontefice attuale, perché dovrebbe farlo il Presidente Gigli?
PONTI VERSO I LONTANI, MURI PER I VICINI Terza riserva. Una cifra del Magistero attuale e di quanti lo sostengono senza riserva è lo spirito di accoglienza. Niente muri, ma solo ponti da gettare verso i lontani: i non credenti, i credenti di altre religiosi, gli emarginati, i poveri, etc. Il dovere assoluto è diventato "dialogare con tutti". Eppure proprio nei confronti dei vicini - ossia cattolici che si battono per il medesimo scopo, cioè la tutela della vita - ecco innalzare il muro della discriminazione. Con quei cattolici vetero tradizionalisti, fanatici e malamente estremisti non si deve dialogare, ma vale solo lo sdegnoso silenzio, il veto di intrattenere rapporti di qualsiasi specie perché ecclesiasticamente sono dei paria. Strana contraddizione che si acuisce ancor di più se pensiamo a tutta la retorica profusa recentemente in merito al dovere di incensare il luteranesimo. Ma come, verrebbe da chiedere, ponti e autostrade a favore di chi nega valore al papato in sè e filo spinato per tenere lontano chi, come cattolico, muove delle critiche al Papa secondo quanto permesso dal Codice di diritto canonico (cann. 212, § 3; 218) e dai documenti del Concilio Vaticano II Lumen gentium (n. 37) e Gaudium et spes (n. 62)? Ma la storia insegna che per alcuni i veri nemici non sono mai i lontani, bensì i vicini. Quarta riserva. Perché la Marcia per la vita, secondo lo spirito di accoglienza su cui insiste così tanto Papa Francesco, invita tutti a partecipare? Perché sa che su certi temi solo uniti si vince. Il dramma dell'aborto è così grave, diffuso ed urgente che è folle perdersi in vani distinguo tra bergogliani e non bergogliani. Dividere le forze è controproducente. Per paradosso è lo stesso Gigli a ricordarcelo in più di un'occasione. Nell'inserto mensile di Avvenire "Noi genitori & figli" di ottobre Gigli scriveva: "Non è auspicabile che, nonostante le diverse sensibilità, i cattolici si dividano in 'cattolici della morale' e in 'cattolici del sociale'". In occasione di un convegno promosso dal Centro aiuto alla vita di Milano del novembre scorso il Presidente del Mpv dichiarava: "Occorre che restiamo uniti e sintonizzati sulla lunghezza d'onda indicata dal Presidente della CEI: promuovere e difendere a 360° il valore e la dignità della vita umana, di ogni vita e in ogni fase della sua esistenza, aiutando a 'rammendare' il tessuto dell'Italia e superando l'artificiosa dicotomia tra impegno per la giustizia sociale e proclamazione della verità antropologica. Ne va della credibilità della nostra proposta. [...] Chiediamoci se siamo immuni dal rischio dell'autoreferenzialità, se ci vogliamo bene o sparliamo gli uni degli altri, se siamo disposti a riconoscere e valorizzare al massimo la proposta dell'altro, rinunciando a dare valore assoluto solo alle nostre idee, al 'Vangelo' secondo noi stessi. [...] Occorre insieme sentire l'urgenza di annodare la rete tra di noi e con gli altri per rendere ascoltabile il nostro messaggio". Dunque marciare compatti insieme a tutti, ma non marciare a maggio a Roma in difesa della vita?
L'INTOLLERANZA DEI TOLLERANTI Una noticina all'indirizzo degli intoccabili di cui sopra. Dopo l'invio della lettera di Gigli, che oggettivamente ha carattere divisivo e non inclusivo, è bene che i destinatari della stessa non seguano l'errante nel suo errore e quindi si astengano dalla tentazione di lanciare anch'essi scomuniche all'indirizzo di Gigli e del Mpv. Bene difendere ragionevolmente e pacatamente le proprie posizioni, meno bene trascendere nell'attacco personale. Anche perché - e qui sta il nocciolo della questione - mentre i pro-life si accapigliano tra loro i bambini in Italia continuano a morire a centinaia di migliaia. E il Signore di questo mondo, il grande divisore, ne gode. Infine viene da chiedersi perché l'on. Gigli abbia scritto questa lettera. Una prima risposta, sicuramente accettabile, sta nel fatto che l'obbedienza incondizionata ad ogni gesto e parola del Papa professata da Gigli rende insopportabili coloro che invece criticano alcune sue posizioni. Ma forse c'è dell'altro. Nel convegno a Milano accennato più sopra, Gigli così si è espresso sulla legge 194: "Insieme alla società è mutata anche la rappresentanza politica, rispetto alla quale solo persone fuori dal contesto possono pensare di invocare battaglie per riaprire il dossier della 194, che nella sua iniquità è rimasta, paradossalmente, l'ultimo baluardo rispetto all'aborto libero da esercitare come diritto civile". Qui è espressa senza veli un difesa della 194 che seppur legge ingiusta è da apprezzare perché avrebbe posto dei paletti all'aborto libero. Un paio di rapide riflessioni. Solo chi pensa che mai una legge ingiusta potrà essere abrogata non riuscirà mai ad abrogarla, proprio perché non vuole abrogarla. Secondo: che il presidente del movimento pro-life più conosciuto in Italia difenda una legge abortista segna un punto di non ritorno perché chiude un cerchio: il credo abortista ha da sempre insegnato che occorre una legge per legittimare l'aborto e parimenti che occorre combattere solo le cause che provocano l'aborto. Tale insegnamento dal fronte abortista è stato fatto proprio dalle più alte sfere del mondo culturale cattolico che, al più, aggiungono l'impegno nel limare gli effetti perniciosi della legge, ma mai si deve porre la scure alla base dell'albero della 194. Terza riflessione: l'art. 4 della 194 permette l'aborto entro i 90 giorni sempre e comunque, ossia in qualsiasi condizione e per qualsiasi motivo. Gli artt. 6 e 7 lo legittimano dopo i 90 giorni anche in questo caso sempre e comunque con tenuissimi limiti che nella pratica sono sempre valicabili. Detto ciò come si fa a dire che la 194 è "l'ultimo baluardo rispetto all'aborto libero" se lo ha liberalizzato in toto? Come si fa poi ad ignorare l'evidenza data dal fatto che se una legge depenalizza una condotta questa si diffonde sempre più? La 194 ha incrementato il numero di aborti - come ebbe a sottolineare più volte lo stesso on. Gigli - non è strumento di deterrenza all'aborto. Terza riflessione, forse la più rilevante. La Marcia per la vita è indetta sia per lanciare un messaggio a favore della vita sia contro la 194. Non è che si vuole ostacolare la marcia perché si vuole difendere la 194?
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 08/01/2018
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LA BEFANA DEI MIGRANTI DISCRIMINA GLI ITALIANI
Gli italiani sono sempre più disprezzati, sfruttati e resi sudditi dei poteri stranieri (con la complicità della nostra classe politica)
Autore: Antonio Socci - Fonte: Libero, 07/01/2018
Ormai da tutte le parti arrivano sberle sugli italiani. Perfino all'incolpevole Befana hanno fatto discriminare i poveri italiani. E' accaduto ieri a Napoli dove il vescovo [...] Crescenzio Sepe, aderendo a un'iniziativa del MCL, ha consegnato regali a 500 bambini immigrati delle varie etnie presenti a Napoli per - appunto - la Befana dei migranti. E gli italiani? Esclusi. A Napoli non esistono famiglie italiane povere i cui fanciulli meritano quei regali? Strano, perché i dati Istat ci dicono il contrario: i nostri poveri assoluti in Italia, dal 2006 al 2016, sono passati da 2,3 milioni a 4,7 milioni. E i "poveri relativi" sono più di 8 milioni. Ma evidentemente loro - essendo italiani - non meritano attenzione. Quello napoletano è solo l'ultimo episodio di una tendenza alla penalizzazione o addirittura alla discriminazione degli italiani, che [...] ha raggiunto livelli tragicomici.
DISCRIMINATI E' dei giorni scorsi il caso sollevato dalla Lega di Salvini e da Giorgia Meloni sul Museo egizio di Torino che ha fatto una promozione mirata agli arabi, "ovvero paghi un biglietto e ne prendi due se hai la carta d'identità araba. I cittadini" ha scritto la Meloni "lo hanno scoperto dalla pubblicità apparsa su autobus e tram, rigorosamente in lingua araba e senza traduzione e che ritrae una donna velata e un uomo dietro di lei che sorride. Ricordiamo che l'Egizio di Torino prende sovvenzioni pubbliche, è finanziato coi soldi degli italiani e che tra i cinque membri del CdA ci sono un esponente designato dal Comune di Torino, uno dalla Regione Piemonte e il presidente nominato direttamente dal ministero dei beni culturali". Non è il singolo episodio in sé a preoccupare, è la tendenza. C'è stato per esempio il bonus fino a 500 euro per ogni immigrato stabilito dal governo per incentivare i comuni ad accogliere stranieri (con buona pace degli italiani bisognosi, malati o anziani a cui vengono tagliati servizi) e c'è stato pure il premio - come sgravio fiscale - sempre del governo per le cooperative che assumono profughi a tempo indeterminato, cosa che ha fatto dire a Matteo Salvini: "Questo è vero razzismo, se ne fregano dei disoccupati italiani". In effetti c'è un'altissima percentuale (35 per cento) di giovani disoccupati italiani. E c'è pure uno squilibrio anomalo fra occupati italiani e stranieri. Infatti secondo Eurostat 2016 il tasso di occupazione degli italiani in età lavorativa è del 57,2 per cento, mentre fra gli extracomunitari è del 57,8 per cento. Una proporzione inversa a quella di tutti gli altri paese europei: per esempio in Germania è del 76,5 per cento per i tedeschi e del 51,7 per gli extracomunitari. Sono solo gli italiani dunque a trovarsi penalizzati e discriminati, anche su questo fronte. Questa politica anti italiana è una costante, una precisa scelta ideologica.
UN GOVERNO CONTRO GLI ITALIANI Consideriamo il "reddito d'inclusione", cioè quel pannicello caldo con cui il governo ha pensato di mostrarsi preoccupato della crescita della povertà. In realtà ne usufruirà solo una piccola parte delle famiglie bisognose perché è stanziato solo 1 miliardo e 700 milioni di euro l'anno. Mentre lo stanziamento per le spese relative al soccorso e all'accoglienza dei migranti arriva a 4,6 miliardi di euro. Dunque tre volte di più. Un migrande irregolare costa allo Stato - cioè a tutti noi - 1050 euro al mese (1350 se minore) mentre al povero italiano toccano 190 euro mensili, al massimo per 18 mesi. Oltretutto non solo al povero italiano perché - attenzione - di quel miliardo e 700 milioni usufruiranno anche famiglie di immigrati. Un confronto altrettanto avvilente si può fare per i disabili, dal momento che il governo nel 2017 ha stanziato 450 milioni per il fondo per la non autosufficienza. Un decimo dello stanziamento pro migranti. O vogliamo confrontare l'ospitalità riservata agli stranieri, anche negli hotel dotati di tutti i confort, con la situazione deprimente delle popolazioni terremotate che tuttora - spesso sotto la neve - aspettano le famose "casette" o, peggio, hanno avuto "casette" che nel gelo dell'inverno hanno mille problemi e disagi? D'altronde questo è un paese che in una recente graduatoria, relativa al 2016, sulle popolazioni che non possono permettersi nemmeno un adeguato riscaldamento in casa, si trova al quinto posto fra una trentina di stati europei. Ci stanno facendo precipitare nel terzo mondo. Questo è un paese che - deprivato della sua moneta e quindi della sua sovranità economica e politica - è stato economicamente e socialmente distrutto e ridotto come se avesse perso una guerra. Un paese in cui gli stanziamenti per la Sanità sono stati letteralmente massacrati e si prevede che dal 2017 al 2020 tale spesa cali ancora scendendo sotto la soglia minima prevista dall'Organizzazione mondiale della sanità.
SUDDITI DELLA GRANDE GERMANIA (E DELLA FRANCIA) Siamo stati resi sudditi della "Grande Germania". Siamo un paese il cui interesse nazionale è stato messo sotto i piedi e la cui dignità internazionale è costantemente calpestata. Siamo arrivati al punto di inviare (accollandocene le spese) dei nostri soldati italiani in Niger a difendere gli interessi africani dei francesi i quali poi hanno fatto e stanno facendo di tutto per imporci i loro interessi in Italia, in Europa e in Libia. Abbiamo subito e continuiamo a subire le sanzioni alla Russia (che ci costano salatamente) a causa dell'Ucraina, salvo poi scoprire - come fa notare Luigi De Biase - che "nel 2017, da gennaio a novembre, l'import dell'Ucraina dalla Russia è salito del 38,6 per cento". E' mai possibile avere una classe dirigente così scioccamente subalterna agli interessi stranieri? Sembra che siano in guerra con l'Italia e gli italiani. Ecco perché poi una ricerca internazionale dell'Ipsos Mori - nel novembre 2017 - ha rilevato che un italiano su due (il 49 per cento) dichiara di sentirsi straniero in patria. Invece di regalare la cittadinanza facile agli stranieri con lo Ius soli, la riconoscano agli italiani che si sentono discriminate e trattati da sudditi coloniali. A questo proposito, la Meloni, giorni fa, ne ha tirata fuori un'altra: "Da PD 1 milione e mezzo di euro per finanziare 'progetti di cinema e teatro' sugli immigrati e sui 'nuovi italiani'. Si sono inventati la versione cinematografica dello ius soli, con i soldi pubblici. Non se ne può più". Quello che colpisce è soprattutto l'ostilità ideologica delle nostre élite, specie intellettuali, per il popolo italiano e per la nostra cultura nazionale. E' un fenomeno che va avanti da molto tempo (almeno da due o tre secoli). Ma oggi arriva al grottesco.
COLONIA ITALIA Emblematica è la decisione del 27 dicembre scorso con cui il Ministero dell'Università e della Ricerca - cioè proprio quello che sarebbe deputato alla trasmissione e allo studio della nostra cultura - ha diffuso il bando per il nuovo "Prin" (il finanziamento dei progetti universitari) e ha stabilito che le domande debbano essere compilate obbligatoriamente in lingua inglese. E' noto che il ministro Fedeli ha una sua personale lite in corso con la lingua italiana, ma questa è una precisa decisione politica del governo di sinistra, infatti la Fedeli ha replicato che era stata presa già nel 2014. Nessun altro paese europeo lo ha fatto. Anche in questo caso non è l'episodio in sé ad allarmare, ma l'ideologia che ci sta dietro: banalmente esterofila, fintamente cosmopolita, in realtà subalterna. E' l'ideologia di una classe politica che delegittima ogni forma di identità nazionale, mentre assesta gli ultimi colpi alla nostra sovranità nazionale. La nostra lingua è un vero e proprio gioiello del patrimonio culturale italiano, come Caravaggio o il Colosseo. Inoltre la lingua è un fondamentale vettore d'influenza culturale e politica nel mondo. Un governo che delegittima così la propria lingua nazionale è smaccatamente un governo anti-italiano. E' un establishment in guerra contro l'Italia.
Fonte: Libero, 07/01/2018
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IL DISCORSO NATALIZIO DEL PRESIDENTE TRUMP RIMETTE GESU' AL CENTRO DELLA FESTA
Quando in Europa sentiremo pronunciare un discorso come quello del presidente degli Stati Uniti? (VIDEO: Trump riconosce Gesù come il nostro Salvatore)
Autore: Gianfranco Amato - Fonte: CulturaCattolica, 26/12/2017
Donald Trump ha rifilato un altro sonoro ceffone sul volto laicista e cristianofobico del politically correct. È accaduto in occasione del suo primo splendido discorso natalizio. Dopo tre lustri di stucchevole melassa multiculturalista propinata dal clan democrat Obama-Clinton, finalmente alla Casa Bianca un presidente degli Stati Uniti è tornato a parlare di «Santo Natale». Archiviata definitivamente l'evanescente neutralità della parola "festa". Trump si è rivelato un vero leader cristiano capace di confessare pubblicamente il suo «tremendous honor to finally wish America and the world a very Merry Christmas». Un «immenso onore». Trump ha spiegato che «fin dagli albori della loro nazione, gli americani sanno che Natale è un tempo dedicato alla preghiera e al culto, per ringraziare, per esprimere buona volontà, per invocare la pace e per cercare di rinnovarsi». Lo stesso presidente non ha nascosto l'immensa gioia, sua e di sua moglie, «nell'inaugurare questo periodo davvero benedetto», pensando con emozione a tutti coloro i «cui cuori sono allietati dal miracolo del Natale».
LA NASCITA DI NOSTRO SIGNORE E SALVATORE GESÙ CRISTO Poi, ha avuto il coraggio di annunciare al mondo intero il vero senso di questa santa festa: «Per i cristiani il Natale è un periodo santo perché si celebra la nascita di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo». Ha pure aggiunto un dettaglio non irrilevante: «La storia del Natale inizia duemila anni fa con una madre, un padre, il loro figlio neonato, e il più straordinario di tutti i doni, il regalo dell'amore di Dio all'umanità intera». Una madre, un padre e un figlio. La Sacra Famiglia come unico e autentico paradigma di ogni vera famiglia. Ma Trump ha avuto anche l'audacia di riconoscere pubblicamente l'importanza del cristianesimo a livello planetario. E lo ha fatto con queste significative parole: «Qualunque convinzione o credo religioso si possa avere, tutti sanno che la nascita di Gesù Cristo e la storia di questa incredibile vita ha cambiato per sempre il corso della storia dell'umanità; non c'è praticamente nessun aspetto della nostra vita quotidiana che non sia connesso con questo avvenimento: l'arte, la musica, la cultura, la legge, e il rispetto dovuto alla dignità sacra di ogni singola persona in tutto il mondo». Davvero un grande! È riuscito persino a mostrarsi più coraggioso di tanti pavidi pastori religiosi, quando ha affermato: «Ogni anno e tutti gli anni a Natale noi riconosciamo che il vero spirito di questo tempo privilegiato non consiste in quello che abbiamo, ma in quello che siamo; ognuno di noi, infatti, è un figlio di Dio, e questa è la vera e unica fonte di gioia del Natale; questo è ciò che rende ogni Natale "felice"». Il presidente ha infine ricordato che la cerimonia che stava celebrando con il suo discorso aveva come scopo quello di rendere evidente il fatto che «siamo tutti chiamati a servire l'un l'altro, ad amarci l'un l'altro, e a riempire di pace non solo i nostri cuori ma tutta la Terra».
LA FAMIGLIA È IL FONDAMENTO DELLA SOCIETÀ Poi, verso la conclusione, Donald Trump ha superato se stesso quando nei ringraziamenti finali si è lasciato andare a questo importante riconoscimento di gratitudine: «Stasera voglio rivolgere un grazie speciale alle famiglie d'America». Questo perché, secondo il presidente, «a Natale ci appare ancora più evidente che la famiglia è il fondamento della società americana». Sì, Trump ha definito proprio così la famiglia, il «bedrock», ossia il fondamento, il caposaldo, il pilastro della società. Il «fundamentum urbis» di cui parlava Cicerone nella sua opera De Officiis (I, 53-54). Da questo importante riconoscimento, Trump trae spunto per la frase conclusiva del suo discorso natalizio: «E, quindi, questo Natale noi chiediamo che la benedizione di Dio discenda sulla nostra famiglia, sulla nostra nazione; e preghiamo perché il nostro Paese possa essere un luogo in cui ogni bimbo conosca una famiglia capace di accoglierlo con amore, perché il nostro Paese possa essere una comunità piena di speranza ed una nazione benedetta dalla fede». Amen. Il nostro Paese, invece, potrà avere una speranza di futuro il giorno in cui un premier o un presidente della repubblica italiana sarà capace di pronunciare un discorso come quello di Trump. Preghiamo perché non tardi a spuntare l'alba di quel giorno benedetto. Auguri.
Nota di BastaBugie: Trump nel discorso natalizio del Presidente riconosce Gesù come il nostro Salvatore. Il video è in inglese e dura 5 minuti e mezzo.
https://www.youtube.com/watch?v=DJblkdpjCik
DOSSIER "DONALD TRUMP" Il presidente nemico del politicamente corretto Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: CulturaCattolica, 26/12/2017
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I RADICALI COLGONO AL BALZO LA VOGLIA DI MORIRE DI MARINA RIPA DI MEANA... TRUCCANDO LA REALTÀ (COME SEMPRE)
Intanto chi non combatte la legge sull'eutanasia, ma chiede solo l'obiezione di coscienza, si sta arrendendo alla cultura della morte
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/01/2018
Dopo l'approvazione della legge cosiddetta sul fine vita, nel mondo cattolico si sono levate molte minacce di fare obiezione di coscienza ai punti in cui la legge apre all'eutanasia e sono emerse molte proteste perché la legge non ammette tale diritto all'obiezione di coscienza. Come illustrato dalla Nuova Bussola Quotidiana anche il Segretario di Stato Pietro Parolin ha detto che una carenza della legge è proprio la mancanza della tutela di questo diritto. Molte istituzioni sanitarie cattoliche hanno alzato la voce. Il Presidente del Forum nazionale che riunisce tutte le associazioni socio-sanitarie cattoliche Aldo Bova è stato chiaro: «Non lasceremo morire di sete e di fame nessuno». Il ministro della sanità Lorenzin ha detto che incontrerà i responsabili di queste associazioni. Sulla possibile soluzione politico-giuridica è in atto un confronto. Tutto ciò è noto, ma forse su alcune conseguenze della situazione non si è ancora riflettuto a dovere. I fatti ora ricordati rendono prima di tutto evidente che i parlamentari cattolici che hanno votato questa legge hanno sbagliato. Come pure hanno sbagliato le associazioni cattoliche, come l'Unione dei Giuristi Cattolici, che hanno consigliato i parlamentari di votare sì alla legge. Se infatti ora si minaccia di fare obiezione di coscienza e si protesta perché la legge non la permette, vuol dire che la legge era ed è da considerarsi ingiusta. Se la legge sulle DAT fosse giusta e votabile anche da un cattolico, non si capirebbe questa richiesta di poter fare obiezione di coscienza. In altri termini, l'affermazione del cardinale Segretario di Stato che lamenta la mancanza del riconoscimento del diritto all'obiezione di coscienza nel testo di legge contiene una condanna del testo stesso non solo su questo punto ma nella sua complessiva sostanza giuridica.
PERCHÉ GRIDARE 'AL LUPO' QUANDO IL LUPO È GIÀ ENTRATO NELL'OVILE? Questi fatti ci ricordano poi anche che molti di coloro che ora minacciano l'obiezione di coscienza e che protestano perché la legge non la prevede, non si erano però granché visti in fase di discussione della legge a dire che essa era ingiusta e che andava combattuta. Coerenza avrebbe voluto che avessero parlato chiaro anche prima e avessero mobilitato l'opinione pubblica, indirizzato adeguatamente la valutazione dei credenti e spinto i parlamentari ad un diverso voto. Perché gridare "al lupo!" quando il lupo è già entrato nell'ovile? I fatti di cui stiamo parlando ci dicono infine una terza cosa ancora più importante. La richiesta dell'obiezione di coscienza in presenza di una legge ingiusta è corretta e doverosa. Nulla c'è quindi da rimproverare a chi oggi la sostiene, a parte quanto appena visto. Non deve però passare l'idea che una legge sia buona se permette l'obiezione di coscienza. Se una legge è ingiusta e, per esempio, ammette l'uccisione di una persona innocente, non sarà resa giusta dal fatto di concedere al medico o operatore sanitario di rifiutarsi di collaborare. Chi chiede ora l'obiezione di coscienza senza aver in precedenza lottato contro la sua approvazione fa pensare che a lui non interessi tanto che la legge sia giusta o ingiusta quanto che preveda la possibilità di obiettare. Così ognuno potrà comportarsi in coscienza: chi è a favore non obietta, chi è contro fa obiezione e così tutti sono contenti.
VISIONE LIBERALE (QUINDI NON CATTOLICA) DELLA COSCIENZA In questo modo però si dimostra di fare riferimento ad un concetto di legge e di obiezione di coscienza alla legge che non sono quelli cattolici. La legge non è resa buona o cattiva dall'adesione o meno delle coscienze individuali. La legge è resa buona o cattiva dal fatto che rispetti o meno la legge morale naturale, ossia la struttura finalistica e normativa della realtà. Il diritto all'obiezione di coscienza, poi, non si fonda sul diritto ad avere una propria opinione e di attenersi ad essa per coerenza personale nel nostro agire concreto, ma sul dovere imprescindibile di non contraddire "la legge superiore degli Dei", come diceva Antigone, ossia un ordine oggettivo di verità che nessuna coscienza ha il diritto di contraddire. Si mostra piuttosto di fare riferimento alla visione liberale della coscienza, intesa non come l'adesione consapevole e prudenziale al vero e al bene, ma come l'espressione di una autodeterminazione individuale avente valore semplicemente per il fatto di essere voluta. La legge in questione si fonda sull'approvazione della coscienza dei parlamentari che l'hanno votata, cosa che non è garanzia di nulla, come se quei parlamentari avessero detto che a loro piace il gelato al pistacchio. Si fonda poi sull'approvazione delle coscienze dei cittadini e degli operatori sanitari che la accettano considerandola conforme alla loro opinione. Ed anche questo non assicura granché. Non vorrei si pensasse che si fonda anche su coloro che la accettano perché permette loro di fare obiezione di coscienza.
Nota di BastaBugie: Renzo Puccetti nell'articolo sottostante sul caso di eutanasia di Marina Ripa di Meana dal titolo "Sedazione ed eutanasia, facciamo chiarezza" spiega che la sedazione profonda rientra a pieno titolo tra le cure palliative, ma può essere usata anche con intenti eutanasici, se si dà un'overdose di oppiacei per accelerare la morte. E la legge sulle Dat dà un'ulteriore possibilità di usare la sedazione a scopo di eutanasia. Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'8 gennaio 2018: Marina Ripa di Meana, come ogni attore consumato, è morta sul palcoscenico. TV e riviste erano state le tavole su cui aveva vissuto, e sul video ha recitato la sua ultima interpretazione. Ad attirare l'attenzione non è però lei, la protagonista, parce sepulto, non è la spalla, né la fotografia dove s'inquadra una Marina seduta sul divano con un semplice occhialino nasale per l'ossigeno. Quello che veramente colpisce è la sceneggiatura di questa rappresentazione per la quale non si può che dare riconoscimento all'abilità dell'autore. A Maria Antonietta Farina Coscioni "ho manifestato l'idea del suicidio assistito in Svizzera", dice la Ripa di Meana. "Lei mi ha detto che potevo percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda". Capolavoro, autentico capolavoro, reso ancora più tale dalle parole che seguono: "Io che ho viaggiato con la mente e con il corpo per tutta la mia vita, non sapevo, non conoscevo questa via. Ora so che non devo andare in Svizzera. Vorrei dirlo a quanti pensano che per liberarsi per sempre dal male si sia costretti ad andare in Svizzera, come io credevo di dover fare. È con Maria Antonietta Farina Coscioni che voglio lanciare questo messaggio, questo mio ultimo tratto: per dire che anche a casa propria, o in un ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze". Perché queste parole sono veramente notevoli? Perché esse sono un vertice di anfibolia. In effetti le parole citate possono essere usate sia per descrivere il vertice dell'arte medica, la sedazione palliativa, quel continuare ad assistere il paziente quando ogni speranza di guarigione è affidata solo al miracolo, sia per indicare la sua totale corruzione, la sedazione eutanasica. Due cose tra loro apparentemente simili, ma in realtà totalmente contrarie l'una all'altra, che credo valga la pena delineare meglio. La sedazione profonda è un termine non scientifico; in ambito medico si parla di sedazione palliativa. Si tratta di una procedura attuata in presenza di sintomi incoercibili, cioè non dominabili attraverso altri strumenti. Ne sono esempi il dolore, o la dispnea. Viene eseguita in genere attraverso la somministrazione di benzodiazepine, abitualmente midazolam, che, contrariamente a ciò che è ricercato con l'eutanasia, non inducono la morte, ma la sedazione. Con la sedazione palliativa si dominano i sintomi, arrendendosi al fatto che la morte sopraggiunga a causa della malattia. Dunque non è un mezzo uccisivo, né viene instaurato con intenzione uccisiva. Con la sedazione palliativa i sostegni vitali, come l'idratazione e la nutrizione del paziente, vengono mantenuti nella misura in cui essi continuano ad essere proporzionati (quasi sempre lo sono, anche se non assolutamente sempre). La sedazione palliativa è una procedura irreversibile, nel senso che non si risveglia il paziente (se lo si facesse il paziente patirebbe nuovamente i sintomi incoercibili per cui la sedazione è stata attuata, cosa illogica, crudele e contraria alla missione medica). Se il paziente prima di sedarlo è cosciente, dovrebbe essere interpellato circa eventuali obblighi religiosi o umani che in coscienza desidera adempiere. La sedazione eutanasica è una cosa totalmente differente. Essa consiste in una sedazione che precede la morte indotta del paziente o direttamente dai farmaci sedativi, o attraverso l'interruzione di sostegni vitali. Se si utilizza farmaci oppiacei a dosi tanto elevate da sopprimere l'attività dei centri del respiro, quello che si induce non è altro che un'overdose da oppiacei e dunque il paziente muore così come purtroppo talora muoiono gli eroinomani. Se ciò è commesso intenzionalmente siamo in presenza di un'eutanasia. In questo caso la sedazione è solo un passaggio intermedio prima della morte per asfissia. Dal punto di vista legale un tale comportamento configura il reato di omicidio, o di omicidio del consenziente. Se si effettua una sedazione palliativa (in assenza di sintomi refrattari), perché subito dopo s'interrompe la nutrizione e l'idratazione come fu fatto per la povera Eluana, o la ventilazione, come è avvenuto per Piergiorgio Welby, siamo in presenza di un atto parimenti eutanasico, dove l'eutanasia non è data dalla sedazione di per sé, ma dall'interruzione dei sostegni vitali, l'idratazione e la ventilazione, e dove la sedazione palliativa ha lo scopo di dominare i sintomi che insorgono dall'azione eutanasica: i sintomi da disidratazione, o la percezione del soffocamento. Dunque in questi casi la sedazione è palliativa di un atto eutanasico, s'inserisce in una procedura eutanasica e dunque per questo è una sedazione eutanasica. Ma questa seconda modalità è invece resa possibile dalla legge sul fine vita che il presidente dei senatori PD ha definito "una legge di civiltà", attraverso la clausola del consenso informato. È la consapevolezza che questa modalità eutanasica è divenuta legale, dunque esigibile come un diritto, che ha strappato le lacrime di gioia di quella consumata protagonista del fronte eutanasico - oltre che contraccettivo, abortivo, fecondativo - sorprendentemente elevata, non so se e con quale livello di infallibilità magisteriale, tra i grandi d'Italia. Non possiamo giudicare a quale delle due forme di sedazione Marina Ripa di Meana si riferisse, quel che si può dire è che l'autentica sedazione palliativa risponde a tutti i criteri dell'atto medico, essa è un atto moralmente lecito che in talune circostanze diventa doveroso. Ed il fatto che i radicali siano abili a giocare con le parole, non deve indurre le persone a pensare che sia sporco ciò che è pulito, né pulito ciò che è sporco. I radicali sanno bene che una volta assuefatti a questa forma di eutanasia, sarà per loro molto semplice convincere che l'iniezione letale all'olandese o il cocktail di barbiturici svizzero attuino con molta più rapidità quella morte che è ormai divenuta prassi consolidata. Quella della scelta è l'amo per gli allocchi, è il passaggio intermedio per bollire la rana, è la tappa in vista della meta: eliminare i malati cronici, costosi e improduttivi, è il rientro dolce neomalthusiano e pannelliano volto a trasformare le case private e gli ospizi in liete gaskammern [camere a gas].
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/01/2018
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LA NORMALIZZAZIONE GAY IN PRIMA SERATA NELLO SHOW DI GERRY SCOTTI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): sono gay e sono prete, un'intera famiglia cambia sesso, il pilota di Formula 1 Hamilton rimprovera il nipote vestito da principessa ma poi chiede scusa
Fonte Osservatorio Gender, 06/01/2018
La normalizzazione LGBT va in onda in prima serata su Canale 5. Lo scorso 4 gennaio, protagonisti del popolare game show di Gerry Scotti The Wall, sono infatti stati Riccardo e Giuseppe, una coppia di uomini, uniti civilmente nel 2017 che, dopo aver rivelato la loro relazione, hanno ricevuto l'applauso di tutto lo studio, commentato così dal presentatore: "Ci fa piacere questo tributo che vi ha fatto il pubblico. Un grandissimo gesto di civiltà che ci fa piacere poter ospitare perché se no sembrava una discriminante, ma noi non ne abbiamo di nessun tipo. Ci fa molto piacere ospitarvi, siete belle ed eleganti". Alla fine la coppia non ha portato a casa nulla in termini di vincite, sbagliando le domande decisive del quiz, tuttavia con la loro presenza nella seguitissima fascia pre-serale e con il fragoroso tributo alla loro unione omosex ricevuto dallo studio si sono guadagnati la popolarità all'interno della comunità LGBT per aver posto un altro importante tassello al processo di normalizzazione delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).
SONO GAY E SONO PRETE Ne ha parlato pure il New York Times e sta diventando un affare ecclesiastico di portata mondiale. Padre Gregory Greiten, sacerdote nel Wisconsin, 52 anni, lo scorso 17 dicembre ha dichiarato davanti ai suoi parrocchiani: "Sono gay e sono un prete cattolico romano". Intervistato ha poi aggiunto: "I preti della chiesa cattolica romana e del mondo dovrebbero incoraggiare a rompere il muro del silenzio e dire la verità sulla propria identità sessuale. Mi impegnerò a non vivere la mia vita nell'ombra del segreto. Prometto di essere autenticamente me stesso. Abbraccerò la persona che Dio ha creato in me". L'arcivescovo di Milwaukee, Jerome Listecki, ha appoggiato la scelta del suo sacerdote seppur timidamente: "Noi supportiamo padre Greiten nel suo percorso e raccontiamo la sua storia per comprendere e vivere con lui il suo orientamento sessuale. Come insegna la Chiesa chi ha un'attrazione per persone dello stesso sesso deve essere trattato con comprensione e compassione. Come preti che hanno fatto una promessa al celibato, sappiamo che ogni settimana ci sono persone nei nostri banchi che lottano con la questione dell'omosessualità". Padre Gregory e il suo vescovo in definitiva lanciano questo messaggio: si può essere sacerdoti ed essere omosessuali. Contrariamente invece a quanto indica la Chiesa che non ammette al sacerdozio chi sperimenta questo tipo di attrazione sessuale. (Gender Watch News, 29-12-2017)
UN'INTERA FAMIGLIA CAMBIA SESSO Tutti e quattro i membri di una famiglia che vive in Arizona hanno deciso di cambiare sesso. La mamma è diventata Daniel Harrot, il "padre" di famiglia, mentre il vero padre di famiglia è diventato una donna, prendendo il nome di Shirley Austin. Il figlio Mason, di undici anni, vuole diventare una bambina e, viceversa, la sorellina Joshua, di tredici, desidera essere un maschietto. «Il transgenderismo - afferma la dottoressa Michelle Cretella, presidente dell'American College of Pediatricians - è un problema psicologico, non biologico» e dunque non serve cambiare il proprio aspetto per assecondare una psiche disordinata, anzi peggiora solo le cose. Il Dr. David Stevens, CEO della Christian Medical & Dental Associations, in merito poi ai disturbi legati all'identità sessuale presenti nei bambini e nei ragazzi ha dichiarato: «Se un genitore venisse da me con un bambino anoressico, non consiglierei una dieta per assecondare il desiderio del bambino di essere più magro». (Gender Watch News, 09-01-2018)
IL PILOTA DI FORMULA 1 HAMILTON RIMPROVERA IL NIPOTE VESTITO DA PRINCIPESSA, MA POI CHIEDE SCUSA Il quattro volte campione del mondo Lewis Hamilton posta un video dove il nipotino è vestito da principessa e lo rimprovera così: "Sono così triste, guardate mio nipote. Perché hai chiesto un abito da principessa per Natale?", dice Hamilton. "Perché mi piacciono", la risposta del bambino. "I maschi non indossano abiti da principessa", ribatte lo zio. Ovviamente scoppiano le polemiche e il campione sui circuito di F1, ma non campione di coraggio, corre subito ai ripari temendo di perdere la faccia e i contratti con gli sponsor: "Ieri ho preso in giro mio nipote e ho realizzato di aver usato parole inopportune. Non avevo intenzione di offendere nessuno. Adoro il fatto che mio nipote ami esprimersi come crede, come tutti dovremmo fare. Le mie scuse più profonde, perché non si può accettare che qualcuno, non importano le origini, sia emarginato o inquadrato in uno stereotipo. Avrà sempre il mio sostegno chi vive la sua vita esattamente come lo desidera e spero che questo mio scivolone venga dimenticato". Che dire? Hamilton non hai mai ingranato la retromarcia nelle gare in questo caso invece sì. E' evidente che gli avversari in pista sono assai meno temibili che gli avversari nella battaglia culturale. (Gender Watch News, 28-12-2017)
Fonte: Osservatorio Gender, 06/01/2018
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LETTERE ALLA REDAZIONE: LA SCUOLA MI HA INDOTTRINATO... MA POI HO SCOPERTO LA VERITA'
Solo adesso, anche grazie a BastaBugie, ho capito che ci è stata negata la possibilità di pensare, perché siamo stati plagiati giorno dopo giorno, lezione dopo lezione
Autore: Giano Colli - Fonte: Redazione di BastaBugie, 10/01/2018
Gentile redazione di BastaBugie, dubito che questa lunga mail sia letta e sia d'effettiva utilità per il vostro operato. Almeno posso dire di averci provato. Ho scoperto il vostro sito da qualche mese. Ho letto diversi vostri articoli, trovandomi d'accordo con quanto ivi esposto. Molti temi come l'aborto, la degenerazione del femminismo, la dittatura del relativismo in un mondo che non riesco più a comprendere e il futuro delle nuove generazioni in uno scenario privo di morale e certezze mi preoccupano, specie da futuro aspirante insegnante. È da queste da queste e da altre letture che, alla fine, ho sentito l'esigenza di scrivere, brevemente, alcuni aspetti della mia esperienza di studente liceale, posto dinanzi a tutto ciò. Ho studiato in un Liceo artistico statale dove, nell'ultimo triennio, ho avuto una particolare docente di storia e letteratura italiana. Sin dall'inizio si è presentata come un personaggio anticonformista: femminista, atea, di sinistra, libera di esporre il suo pensiero, sembrava, ai miei occhi e a quelli di altri studenti, un modello di riferimento, un esempio da seguire in tutti i suoi atteggiamenti. Una donna che c'invitava, sovente, nelle sue lezioni, a "cambiare il mondo". Le sue lezioni, in realtà, stravolgevano completamente la didattica tradizionale e in esse impose, costantemente, la sua ideologia materialista, anticlericale, filomassone ed ultrafemminista, inculcandocela a poco a poco. In breve, il suo corso di storia, in primo luogo, venne presentato come un lungo cammino dell'umanità verso un progresso costantemente bloccato dalla forza egemone della Chiesa cattolica. Sin dalla prima lezione, dove diede per vera la famosa leggenda medioevale sulla presunta paura legata all'anno 1000: a suo dire, la Chiesa avrebbe approfittato di tale terrore per estorcere ai timorosi fedeli le indulgenze. Da qui, ricatti e violenze dietro l'altro, tutte imputabili alla Chiesa. Si lamentò, inoltre, di una certa misoginia all'interno del cristianesimo, arrivando anche a polemizzare sul fatto che Dio, tradizionalmente, venga rappresentato come un uomo, e non come una donna. Le recenti immagini della Femen che, in Piazza S. Pietro, durante il Natale, in topless ha cercato di togliere la statua del Bambin Gesù al grido di "Dio è donna" mi hanno fatto ripensare proprio a quelle dichiarazioni. La demonizzazione della religione cristiana venne, poi, accompagnata da numerose lezioni in cui venivano elogiate figure femminili, sempre in nome di una certa visione femminista distorta, con la condanna, invece, di santi, filosofi, scrittori o altri uomini "colpevoli" di misoginia o frasi sessiste. Tra le figure storiche celebrate c'è la regina di Napoli Maria Carolina d'Asburgo, oggetto di molte sue lezioni. Ci fu presentata come una legislatrice importante, come la prima monarca ad aver stabilito, attraverso lo Statuto di S. Leucio, l'uguaglianza tra uomini e donne, celebrandone anche la sua appartenenza alla Massoneria. Quest'ultima esaltata come una società segreta in fondo benefica, importante per la realizzazione di riforme egualitarie. Non la realtà dei fatti, quindi, sulle trame eversive condotte da tempo. L'essere atei (o comunque anticlericali) e avere un qualche legame con la Massoneria sono sembrati quasi requisiti fondamentali per essere un personaggio storico degno di nota nelle sue lezioni, oltre che essere donna e femminista. In letteratura non è andata meglio. Si è trattato di un corso aperto all'insegna dei cosiddetti "studi di genere" e sulle scrittrici da rivalutare. E così ci ritrovammo a studiare anche autrici minori e minime, autrici di romanzetti rosa di fine Ottocento o note per il loro attivismo femminista. Nel suo programma non furono contemplati autori come Torquato Tasso e Vittorio Alfieri. Su Gabriele d'Annunzio ci fece appena un paio di lezioni, e per sua stessa ammissione non lo faceva studiare alle sue quinte, negli anni precedenti, poiché reputato maschilista. Tutto ciò fu alla base di un vero e proprio lavaggio del cervello di massa: tutti noi suoi studenti eravamo convinti dalle parole della professoressa e dalla sua buona fede, tutti eravamo pronti a dirci d'accordo su qualunque sua affermazione. L'odio verso la religione e il presunto maschilismo ancora imperante nella società erano parole d'ordine. Nemici erano personaggi come Papa Benedetto XVI, a suo dire, colpevole di essere retrogrado, nazista e filopedofilo. Il femminismo, invece, era l'unico credo, l'unico obbiettivo di una propaganda martellante. Nel giornalino scolastico stampato durante la settimana dello studente alcune sue allieve si lamentarono per la mancata dicitura "studentesse e studenti" nel nome della manifestazione. Alcuni studenti che mi avevano preceduto, fra l'altro, avevano lavorato in alcuni progetti, come la stesura di un particolare progetto consistente nella realizzazione di un libro. Dall'emancipazione alla differenza, due secoli di lotte, stampato nella scuola a proprie spese e poi distribuito gratuitamente nelle classi. Esso consiste, sostanzialmente, in una serie di brevi biografie di illustri personaggi femminili, scritte da vari studenti. Vi sono regine, come Vittoria d'Inghilterra o la zarina Caterina II, ma anche personaggi come Nilde Iotti (la compagna del leader del PCI Togliatti), Evita Perón (moglie del dittatore argentino Juan Domingo Perón) e le radicali Adele Faccio ed Emma Bonino (le fautrici dell'aborto in Italia). Ovviamente, tutte celebrate come emancipatrici e come modelli per cambiare il mondo. Così, io e chi ha studiato sotto di lei siamo usciti dal liceo: con l'idea che bisognava combattere tutto ciò che sapeva di religioso e di sessista. Fu col tempo che scoprii la realtà dei fatti, cioè che io ed altre persone come me sono state manipolate. La fine del liceo è stata come la fine di un incantesimo, dove il verbo femminista era l'unico punto di riferimento. Ammetto di essere stato ateo e anticlericale a causa delle sue spiegazioni. Poi, ho avuto un grande momento di sbandamento, di confusione nella mia vita, in cui mi sono interrogato sulle rigide certezze che mi erano state imposte. Attualmente, mentre sto facendo il terzo anno di università, grazie ad una mia amica, sto ritrovando la fede in Cristo e sto riuscendo ad intravedere la realtà dopo un lungo sonno dell'anima. Una realtà in cui il femminismo è un'ideologia totalitaria, responsabile di un mondo dove il sentire religioso è bandito, dove l'aborto è normale ed è persino un sacrosanto diritto delle donne, dove è prevalso una forma di materialismo che ha ucciso l'idea dello spirito e ha trasformato i feti, i semi di nuove vite, in ammassi cellulari a cui poter negare la vita stessa. Mi sono sentito, a questo punto, persino colpevole, per non aver riflettuto. In ogni aspetto della vita scolastica, la prima cosa da fare, per me, era verificare che una determinata cosa o una determinata azione coincidesse con quanto fosse giusto per la professoressa. Ora, dopo anni in cui finalmente sto ritrovando un vero senso all'esistenza, sto ritrovando una strada verso la vera luce della ragione, ho avuto bisogno di un confronto con me stesso, col mio passato, rendendomi conto degli errori in cui sono stato educato e in cui molti altri miei coetanei o altri ex studenti si trovano tuttora, poiché a me e a loro, di fatto, ci è stata negata la possibilità reale di pensare, perché plagiati giorno dopo giorno, lezione dopo lezione. Ho avuto il bisogno di scrivere brevemente tale mia esperienza nero su bianco, per meglio realizzare, con la ragione, il tutto e ho pensato, poi, di rivolgere queste parole alla vostra redazione, di cui mi aveva parlato la mia amica d'università. Ho pensato a voi per la giustezza del vostro scopo, teso verso la Verità, contro le bugie imposte al fiore di questa società, che dovrebbe esserne un vanto, ma che lo rende, invece, succube di una vera e propria dittatura. Riccardo
Caro Riccardo, grazie della tua bella testimonianza. La tua esperienza è purtroppo molto comune nella scuola di oggi. L'indottrinamento è ormai generalizzato e la menzogna viene insegnata come verità assoluta. Meno male che la verità è più forte della menzogna, in modo che chi vuole trovare la verità, prima o poi ci arriva, e una volta che si è arrivati nessuno può togliercela. Un po' come la luce contro le tenebre. Sembra che le tenebre vincano, ma appena un raggio di luce fa irruzione le tenebre svaniscono. Siamo contenti che tu apprezzi il nostro sito. Gli oltre cinquemila articoli pubblicati in questi dieci anni sono stati di valido aiuto a molti per la loro formazione e per il costante aggiornamento. Probabilmente l'avrai già visto, ma se così non fosse ti consigliamo di vedere il film "God's not dead". Probabilmente ti immedesimerai nel protagonista che ha incontrato un professore molto simile alla tua insegnante. La sua lotta in difesa della verità (nel suo caso l'esistenza di Dio) fa commuovere e spinge alla militanza. C'è bisogno di giovani come te e ti garantisco che non sei solo nella buona battaglia. Qui puoi trovare il trailer e tutte le informazioni sul film: http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=53 Un caro saluto anche alla tua amica che ti sta aiutando nella scoperta della fede. Ringraziala da parte nostra per averti consigliato il nostro sito.
DOSSIER "LETTERE ALLA REDAZIONE" Le risposte del direttore ai lettori Per vedere tutti gli articoli, clicca qui!
Fonte: Redazione di BastaBugie, 10/01/2018
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OMELIA II DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 1,35-42)
Maestro, dove abiti? Venite e vedrete
Fonte Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14 gennaio 2018)
Il tema centrale di questa seconda domenica del Tempo Ordinario è la vocazione. La vocazione è una chiamata particolare che Dio rivolge a qualche sua creatura, affinché essa sia tutta sua e si consacri a Lui nella vita sacerdotale o religiosa. Già nella prima lettura abbiamo ascoltato il racconto della vocazione di Samuele. Nella notte, Dio chiamò per tre volte il giovane Samuele e, per tutte e tre le volte, il giovane pensò che fosse stato il suo maestro Eli a chiamarlo. Alla fine Eli comprese che si trattava del Signore, e allora invitò il giovane a seguire questa chiamata di Dio. Così, quando per la quarta volta Samuele udì quella voce misteriosa che a lui si rivolgeva, così rispose: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta» (1Sam 3,10). In questo brano colpisce molto la prontezza e la disponibilità di Samuele, il quale, appena si accorse che Dio lo chiamava si rese subito disponibile a compiere la sua Volontà. Sul suo esempio anche noi dobbiamo essere pronti ad eseguire la Volontà di Dio, a chiedere con insistenza che il Signore ci indichi ciò che Lui vuole da noi. Ogni volta che recitiamo il Padre nostro, tra le varie richieste, diciamo anche «sia fatta la Tua Volontà». Affinché queste non siano parole superficiali, da parte nostra ci deve essere tutta la disponibilità a uniformare la nostra volontà alla Volontà Divina. Dobbiamo essere sempre pronti a rinunciare al nostro punto di vista appena ci accorgiamo che il Signore vuole qualcos'altro da noi. In questa uniformità alla Volontà di Dio consiste la vera santità. In questa prima lettura colpisce anche il fatto che fu Eli a far comprendere l'origine di questa chiamata. Così sarà anche per noi. È indispensabile la presenza di una guida spirituale che ci indichi con certezza ciò che il Signore vuole da noi. Su ciascuno di noi, Dio ha un progetto particolare e solo se riusciremo a realizzare questo piano troveremo la nostra felicità. Fino a che non riusciremo a compiere ciò, il nostro cuore sarà sempre insoddisfatto. Ma, per comprendere quella che è la nostra chiamata, c'è bisogno di una guida spirituale. Questo vale per tutti i cristiani e vale soprattutto per quella che è la grande scelta della vita. Da alcuni Dio vuole una vocazione particolare, una consacrazione nella vita religiosa o sacerdotale. Secondo san Giovanni Bosco, che fu il Santo dei giovani, Dio chiama un ragazzo su tre. Si capisce allora quanto numerose dovrebbero essere le vocazioni. Purtroppo si assiste un po' ovunque al calo delle vocazioni. Ciò dipende dal fatto che molti giovani chiamati dal Signore non ascoltano o non vogliono seguire questa speciale vocazione. Non la ascoltano perché distratti da mille cose, e non la comprendono perché non sono guidati da nessuno. È dunque importante pregare affinché molti giovani comprendano e rispondano come Samuele; ed è importante, per chi si pone questo interrogativo, trovare una buona guida spirituale che li possa aiutare. Nel brano del Vangelo abbiamo invece la chiamata dei primi Discepoli da parte di Gesù. Sono loro a seguire il Maestro alle parole di Giovanni il Battista: «Ecco l'Agnello di Dio» (Gv 1,36). Colpisce profondamente il disinteresse del Precursore, il quale non raduna attorno a sé dei discepoli se non per indirizzarli a Gesù. Egli non ricercò la propria gloria, ma unicamente quella di Dio. E così Andrea, che prima era discepolo di Giovanni, da quel momento iniziò a seguire Gesù e indusse suo fratello Pietro a fare altrettanto. Già in questo brano del Vangelo possiamo vedere il primato dell'apostolo Pietro, per il fatto che Simone, il fratello di Andrea, fu l'unico Apostolo a cui fu cambiato il nome: «Sarai chiamato Cefa – che significa Pietro» (Gv 1,42). Ai primi Discepoli che chiedevano qualcosa su di Lui, il Signore disse: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Così, a tutti quelli che, pur sentendo la chiamata di Dio, hanno paura di fare questo passo, Gesù dice: «Venite e vedrete» (Gv 1,39). Queste parole sono un invito a fidarsi di Lui, ad abbandonarsi giorno per giorno alla Divina Provvidenza, sicuri che Egli ci sosterrà ogni giorno della nostra vita. Colpisce un ultimo particolare. Trovato il Messia, Andrea coinvolge subito il fratello Simone. Trovato il Signore, Andrea sentì l'ardente desiderio di farlo conoscere anche agli altri. E quello fu il suo primo apostolato. Se veramente ameremo il Signore, sentiremo anche noi il desiderio di farlo conoscere a chi ci sta intorno e a tutti quelli che incontreremo. Questa è una chiamata che Dio rivolge a tutti. Infine, nella seconda lettura, l'apostolo san Paolo ci ricorda che noi apparteniamo a Dio e che, pertanto, dobbiamo stare lontani da ogni forma di impurità. «State lontani dall'impurità!» (1Cor 6,18), grida san Paolo, ricordandoci che il nostro corpo «è tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19). Spesso è proprio l'impurità che impedisce a tanti giovani di capire qual è la loro strada. Accecati dalla carne, essi non sentono la chiamata di Dio, il quale li invita a qualcosa di diverso e di immensamente superiore a qualsiasi gioia terrena. Se saremo puri di cuore comprenderemo sempre la Volontà di Dio.
Fonte: Il settimanale di Padre Pio, (omelia per il 14 gennaio 2018)
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