BastaBugie n�560 del 23 maggio 2018

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1 IL DISASTRO DELLA LEGGE BASAGLIA CHE CHIUSE I MANICOMI
Quarant'anni fa (nel 1978) in Italia si sono scontrate 3 ideologie, una peggio dell'altra: la psichiatria positivista, l'antipsichiatria di stampo comunista (di Basaglia & co.) e il potere dei Radicali
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 L'IDEOLOGIA GAY VUOLE IL DOMINIO TOTALITARIO SULLA MENTE DEGLI ALTRI
Ecco la mia intervista al card. Gerhard Muller, prefetto emerito della Congregazione della Dottrina della Fede
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano
3 LA CLAMOROSA CONVERSIONE DEL CHITARRISTA DI VASCO ROSSI
Nando Bonini racconta come Gesù ha trasformato la sua vita spericolata (VIDEO: Nando Bonini)
Autore: Federico Cenci e Concita De Simone - Fonte: Agenzia Stampa Italia e Roma Sette
4 ALFIE E LA DITTATURA DELLE PAROLE VUOTE
Il ''potere delle parole'' è l'abilità di sapersi esprimere in modo da imporre la propria ideologia come vera, mentre la verità non è un'opinione, bensì l'oggettività della realtà
Autore: Serafino Lanzetta - Fonte: Corrispondenza Romana
5 LE TRE STRATEGIE DELLA CHIESA PER DIFENDERSI DALLA GUERRA ALLA FAMIGLIA
La distruzione della famiglia è oggi l'obiettivo anche dello Stato: occorre difendersi con forza e decisione
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Osservatorio Cardinale Van Thuân
6 NELL'ACCOGLIENTE SVEZIA L'85% DEGLI STUPRI (SPESSO DI GRUPPO) SONO COMMESSI DA IMMIGRATI
Ma il Governo corre ai ripari: vieta alla polizia e ai giornalisti di dire la provenienza e la religione degli stupratori e, come soluzione, diffonde un video multi-lingue per l'educazione sessuale degli immigrati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 OMOFOBIA, LA PAROLA-TALISMANO CHE HA INFETTATO ANCHE GLI UOMINI DI CHIESA
È in atto una massiccia operazione di lavaggio del cervello e per quelli che non vorranno sottoporvisi li colpirà una nuova inquisizione feroce e spietata
Autore: Julio Loredo - Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà
8 L'ABORTO E' LA PRIMA CAUSA DI FEMMINICIDIO NEL MONDO... MA NON SI DEVE DIRE
La senatrice del Pd Monica Cirinnà invoca (di nuovo) la censura per un altro manifesto, dopo quello di ProVita fatto rimuovere dalla giunta Raggi
Autore: Pietro Piccinini - Fonte: Tempi
9 OMELIA SANTISSIMA TRINITA' - ANNO B (Mt 28,16-20)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - IL DISASTRO DELLA LEGGE BASAGLIA CHE CHIUSE I MANICOMI
Quarant'anni fa (nel 1978) in Italia si sono scontrate 3 ideologie, una peggio dell'altra: la psichiatria positivista, l'antipsichiatria di stampo comunista (di Basaglia & co.) e il potere dei Radicali
Autore: Roberto Marchesini - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-05-2018

Tra i tanti anniversari che ricorrono quest'anno c'è anche quello della legge 180 del 13 maggio 1978, nota anche come «legge Basaglia». Questa legge ha, di fatto, chiuso i manicomi in Italia e ha reso il nostro paese il primo a prendere un simile provvedimento. La portata di questo atto legislativo va oltre quello (di per sé dirompente) che prescrive; di fatto la «legge Basaglia» è un campo di battaglia ideologico.
Le parti in campo di questo scontro sono almeno tre.

1) PSICHIATRIA POSITIVISTA
La prima è quella della psichiatria positivista, allora imperante. Siamo in pieno darwinismo sociale: eliminata ogni norma morale e religiosa (che fino ad allora avevano tutelato i più deboli), vige la legge del più forte. Per permettere il miglioramento (l'evoluzione) della società bisogna - perlomeno - isolare gli inferiori: poveri, alcolizzati, malati mentali, disabili... Quando è possibile, bisogna fare in modo che non si riproducano, diffondendo le loro «tare». I manicomi sorgono così come luoghi di reclusione per i «matti», con lo scopo di impedire che «infettino» la società. Ovviamente sono da richiudere tutti coloro che rischiano di indebolire la comunità; così finiscono in manicomio reduci, spiantati, ragazze-madri, dissidenti politici...
Certo, c'è qualche manicomio dove vengono sperimentate cure «innovative»: assenza di contenzione fisica, la possibilità di uscire all'aria aperta, in alcuni casi di lavorare... In genere, però, i manicomi non sono altro che dimenticatoi, nei quali vengono reclusi tutti coloro che provocano vergogna in attesa che muoiano. Le condizioni sono, in molti casi, terribili; i maltrattamenti all'ordine del giorno.

2) ANTI-PSICHIATRIA
La seconda ideologia è la cosiddetta «anti-psichiatria». Vale la pena di evidenziare come il lemma «antipsichiatria» sia piuttosto fuorviante, al punto che i massimi esponenti del movimento non si riconobbero mai in questo termine. Il nocciolo di questo movimento di pensiero non è, infatti, la contestazione della psichiatria di per sé; quanto piuttosto l'uso che il potere (borghese) avrebbe fatto della psichiatria come strumento di coercizione.
La società ha creato il manicomio come propria antitesi; la dialettica hegeliana prevede ora che la società e il manicomio si fondano in una sintesi, un momento evolutivo superiore. Non è un caso se, ad eccezione di Panizza (1853-1921) che possiamo considerare a tutti gli effetti il primo «anti-psichiatra», tutti gli altri esponenti di questa corrente (Sasz, Cooper, Laing, Jervis...) erano comunisti.
Lo fu - a modo suo - anche Franco Basaglia (1924-1980), fondatore nel 1973 del movimento Psichiatria Democratica. La tessera di «intellettuale organico» gliela diede nientepopòdimenoche Giovanni Berlinguer (1924-2015), fratello di Enrico (1922-1984) che, nel 1969, organizzò per il tramite dell'Istituto Gramsci il convegno intitolato Psicologia, psichiatria e rapporti di potere. Giovanni Berlinguer, che partecipò al convegno tra i relatori, fa proprie le istanze del movimento antipsichiatrico: «[...] le istituzioni repressive, ed anche quelle che dichiarano di avere scopi terapeutici, in realtà selezionano, fissano e aggravano i comportamenti devianti, sono cioè fabbriche di malati» (Giovanni Berlinguer, Psichiatria e potere. Le malattie mentali e la manipolazione dell'uomo. I rapporti fra contestazione psichiatrica e movimento operaio, Editori riuniti, Roma 1969, p. 48).
L'abolizione del manicomio non ha lo scopo - sia chiaro - di migliorare le condizioni di vita (pessime, come abbiamo visto) del malato mentale, quanto piuttosto di scardinare un ordine (ingiusto, ma pur sempre un ordine) creatosi con l'istituzione dei manicomi: «Questa la storia recente (in parte attuale) di una società organizzata sulla netta divisione fra chi ha (chi possiede in senso reale, concreto) e chi non ha: da cui deriva la mistificata suddivisione fra il buono e il cattivo, il sano e il malato, il rispettabile e il non rispettabile. Le posizioni sono - in questa dimensione - ancora chiare e precise: l'autorità paterna è oppressiva e arbitratria; la scuola si fonda sul ricatto e sulla minaccia; il datore di lavoro sfrutta il lavoratore; il manicomio distrugge il malato mentale» (Franco Basaglia (a cura di), L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, Einaudi, Torino, 1968, pp. 115-116).
La legge Basaglia fu il frutto di questo lavoro. Sintesi dei progetti di legge del PCI, del PSI e del PdUP, ebbe un relatore democristiano, Bruno Orsini (1929-vivente).
Per spiegare il perché di questa confluenza politica sulla legge 180 (e la rapidità della sua approvazione) introduciamo il terzo filone ideologico rappresentato dal Partito Radicale.

3) IL PARTITO RADICALE
Per accelerare l'abolizione del manicomio, il Partito Radicale propose un referendum abrogativo dell'allora legge vigente (Referendum per l'abrogazione di alcuni articoli della Legge 14 febbraio 1904, n. 36 - Disposizioni sui manicomi e sugli alienati): un eventuale successo del referendum avrebbe lasciato il paese senza alcuna normativa sul tema. Qua e là, ancor oggi, si legge e si ascolta, da parte dei radicali, un lamento nei confronti della 180 (all'approvazione della quale essi hanno dato la spinta definitiva). Questo atteggiamento merita un piccolo approfondimento. I radicali non rimpiangono certo i manicomi; vogliono l'abrogazione dell'unico strumento contenitivo previsto dalla «legge Basaglia», il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Per loro, la 180, è ancora troppo repressiva.
Il risultato fu l'abolizione del manicomio senza alcuna alternativa territoriale: servizi, assistenza, piccole comunità o appartamenti protetti... Secondo gli estensori della legge l'istituzione di questa rete assistenziale sarebbe stato compito di aziende sanitarie e regioni; che, non essendo state incaricate ufficialmente di tale onere, nella maggior parte dei casi non fecero nulla.
La (mancata) gestione dei pazienti da parte delle strutture territoriali ha contribuito allo scontro ideologico: da una parte chi, ricordando le pietose condizioni nelle quali questi esseri umani erano condannati a vivere senza alcuna colpa, si schiera dalla parte della 180 come un passo di civiltà; dall'altra chi, riconoscendo la sostanza ideologica della legge, la demonizza senza riserve. Tra i due litiganti, come al solito, i radicali godono.
Anche se le posizioni dicotomiche aiutano lo schieramento aprioristico, giova ricordare che si tratta di due posizioni che sono solo apparentemente in antitesi. La Rivoluzione è come l'idra di Lerna: ha più teste, ma esse appartengono ad un solo corpo; allearsi con una delle teste per sconfiggerne un'altra è una tattica suicida.

Nota di BastaBugie: per approfondire cosa sia l'antipsichiatria e quali danni ha fatto e sta facendo si può andare a leggere l'articolo da noi pubblicato il 19 febbraio 2010 cliccando sul seguente link.

LA CHIUSURA DEI MANICOMI E I DANNI DELL'IDEOLOGIA DELL'ANTI-PSICHIATRIA
Il movimento antipsichiatrico ha ispirato la legge Basaglia che ha abolito i manicomi mettendo i malati mentali in mezzo alla strada, gettando nella disperazione loro e i loro famigliari
di Ermanno Pavesi
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=410

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 07-05-2018

2 - L'IDEOLOGIA GAY VUOLE IL DOMINIO TOTALITARIO SULLA MENTE DEGLI ALTRI
Ecco la mia intervista al card. Gerhard Muller, prefetto emerito della Congregazione della Dottrina della Fede
Autore: Costanza Miriano - Fonte: Blog di Costanza Miriano, 17 maggio 2018

Forse se non avete ancora aperto i giornali potete non saperlo, ma a breve ve lo diranno in tutte le salse, oggi è l'IDAHOT, acronimo delle parole inglesi che servono per dire che è la giornata internazionale contro l'omofobia e tutta quella miriade di sigle per indicare la stessa cosa. Il fuffaday. Già, perché l'omofobia non esiste - non esiste nessuna fobia, nessuna patologia. Esistono invece posizioni culturali che possono legittimamente non essere condivise, ma che hanno un ampio fondamento scientifico e una lunga storia e serie motivazioni, di chi ritiene che l'attrazione verso lo stesso sesso non sia una variante della sessualità umana. Ma siccome nessuno può imporre a nessun altro cosa pensare, l'argomento dovrebbe essere chiuso qui, senza bisogno di giornate mondiali.
Però anche l'IDAHOT a qualcosa serve: è un'ottima occasione per parlare di un libro che esce fra una settimana esatta (ma è già disponibile in ebook), un grande libro di Daniel C. Mattson che si chiama Perché non mi definisco gay, Come mi sono riappropriato della mia realtà sessuale e ho trovato la pace, edito in Italia da Cantagalli con la prefazione del Cardinal Robert Sarah. [...]

UNA STORIA APPASSIONANTE E INTIMA
E' innanzitutto una storia, appassionante e intima, di un uomo che ha il coraggio di mettersi davvero a nudo, senza risparmiare particolari, e di questo gli siamo davvero grati. E' un grande servizio a chi vive storie simili alla sua, e intuisco il sacrificio che deve essere costato. E' la storia di un bambino che si sente inferiore agli altri, a disagio, ma che non è sfiorato dall'idea di essere omosessuale, o di avere rapporti con degli uomini:
"La ragione più grande per cui rifiuto di definirmi gay è semplice: penso che non sia oggettivamente vero. Focalizzarsi sui sentimenti porta le persone lontano dalla loro realtà di figli di Dio nati maschi e femmine. Dobbiamo imparare a distinguere la nostra identità dalla nostra attrazione sessuale, dal nostro comportamento. Non è quello che "sentiamo" che deve regolare la nostra vita, altrimenti passeremmo col semaforo rosso solo perché, appunto, ce lo "sentiamo". Esiste una oggettiva verità che ci protegge, fatta per il nostro bene".
Vedere come questa storia si evolve è intrigante come un romanzo, e senza rovinare il gusto di leggere posso dire che il contesto culturale e le forti pressioni hanno avuto un grande peso nella storia di Daniel, e in come le ferite della sua storia personale lo hanno portato a scegliere alcune condotte per "ripararsi". Proprio per questo segue una sezione del libro di acuta, informatissima e intelligente analisi degli strumenti della propaganda omosessualista, che si gioca innanzitutto sulla scelta delle parole - gay e omofobia sono fra queste. Infine c'è la proposta di fede, attraverso la quale si intuisce come in ogni cammino, anche quelli apparentemente davvero pesanti da percorrere, c'è la possibilità di un'intimità privilegiata con Dio.

IL RICATTO: "SE NON MI ACCETTI COME SONO, NON MI VUOI BENE"
Il grande ricatto emotivo delle persone che vivono problemi con la propria sessualità è: se non mi accetti come sono, non mi vuoi bene. Quindi sei omofobo. Il fatto che tutti dobbiamo essere accettati come siamo, però, è una delle grandi balle della contemporaneità, di questa grande palude in cui sembra che l'inconscio debba necessariamente e sempre avere libero sfogo. Per millenni l'uomo ha invece avuto in qualche modo la consapevolezza di dover fare un grande lavoro su di sé, di doversi migliorare: prima dell'anno zero questo si traduceva con l'imperativo dell'eroismo, dell'onore, del superare le colonne di Ercole. Dopo l'anno zero, grazie alla redenzione e alla verità che Cristo è venuto a portare all'uomo tutto ciò si è tradotto con "rinnega te stesso" se vuoi veramente "la gioia piena". Amare quindi non significa mai dire "tieniti i tuoi problemi" facendo pat pat sulla spalla. Questo non è amore. Amare è accompagnare, ma nel cammino verso la verità di ciascuno, non nel nulla. Amare una persona che prova attrazione verso lo stesso sesso non significa avallare le sue convinzioni, ma stare vicini nell'amicizia e annunciargli - se ce lo chiede - la verità.
Abbiamo chiesto al Cardinal Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito per la congregazione della dottrina della fede, la massima autorità quanto alla dottrina della Chiesa, qualche parola netta. Il cardinale presenterà il libro di Mattson a Roma il 25, e ci ha ricevuti a casa, fra un viaggio e l'altro.

INTERVISTA A SUA EMINENZA CARD. GERHARD LUDWIG MÜLLER
Vostra Eminenza, partiamo dall'attualità: domani è la giornata mondiale contro l'omofobia. Sappiamo che la parola è stata inventata in America nel 1971, ma sappiamo anche che le persone che provano attrazione verso lo stesso sesso a volte davvero vivono nella sofferenza. Noi cristiani, chiamati ad amare tutti, come dobbiamo comportarci su questo tema?
L'omofobia, semplicemente non esiste, è chiaramente un'invenzione, uno strumento del dominio totalitario sulla mente degli altri. Al movimento omosessualista mancano gli argomenti scientifici, per questo hanno costruito un'ideologia che vuole dominare, cercando di costruire una sua realtà. E' lo schema marxista, secondo cui non è la realtà a costruire il pensiero, ma il pensiero che costruisce la realtà. Quindi, chi non accetta questa realtà deve essere considerato malato. Come se, tra l'altro, si potesse agire sulla malattia con la polizia o con i tribunali. D'altra parte in Unione Sovietica i cristiani venivano chiusi nei manicomi: sono i mezzi dei regimi totalitari come il nazionalsocialismo e il comunismo. Oggi in Nord Corea la stessa sorte tocca a chi non accetta il pensiero dominante.
Ci sono alcuni vescovi che hanno appoggiato veglie o altre iniziative "cattoliche" contro l'omofobia. Alcuni ne conosco personalmente e sono per quello che posso capire molto aderenti alla dottrina. Perché secondo lei accettano di stare a questo gioco, perché già accettare la parola omofobia significa accogliere una certa visione ideologica?
Alcuni vescovi oggi non hanno il coraggio di dire la verità e si lasciano intimidire: non capiscono che l'omofobia è un inganno che serve a minacciare la gente. Ma noi cristiani non dobbiamo avere paura delle minacce: nei primi secoli i seguaci di Cristo venivano gettati in carcere, o fatti dilaniare dalle belve. Oggi si dilania la gente con lo psicoterrorismo, approfittando dell'ignoranza. Però da un vescovo, un sacerdote possiamo aspettarci che sia in grado di non andare dietro a queste ideologie. Noi siamo quelli che cercano, con la grazia di Dio, di amare tutte le persone, comprese quelle che provano attrazione verso lo stesso sesso, ma deve essere chiaro che amare non è obbedire alla propaganda genderista.
Il libro di Mattson dedica un ampio capitolo proprio a smontare le parole della propaganda, a cominciare dal titolo: perché non mi definisco gay. Lei sarà presente alla presentazione del volume a Roma, con l'autore. Cosa ne pensa?
Mattson è un uomo che basa le sue parole sulla sua propria esperienza, e questo vale più di tutte le ideologie. La sua storia mostra anzi come queste ideologie siano forti ed esercitano una oppressione nei confronti di tutti coloro che hanno problemi con la propria sessualità. Si possono avere problemi per diverse cause, ma la realtà è che si è solo o uomo o donna. Esistono due sessi, questa è la realtà. Il resto sono interpretazioni. Papa Francesco viene molto frequentemente citato nella sua intervista rilasciata in aereo, quel famoso "chi sono io per giudicare...?". Ma il Papa ha detto la stessa cosa che è nel Catechismo: ogni persona merita rispetto perché è a immagine di Dio, e noi non possiamo usare le persone per nessuno scopo. Ma nello stesso momento Francesco ha parlato di lobby gay. Ed è vero, purtroppo. Noi abbiamo avuto alla Congregazione per la dottrina della fede un collaboratore, si può dire pubblicamente perché lui stesso ha fatto con grande rumore outing, dicendo "io sono gay", ma non ha mai chiesto nessun aiuto né accompagnamento. Mattson invece al contrario afferma "io non voglio definirmi gay" perché sa innanzitutto che gay è una falsa espressione che esprime disprezzo, e poi perché nonostante questo problema di attrazione verso lo stesso sesso, non è l'attrazione che definisce una persona. Una persona è sempre molto più di questo. Noi siamo creature che grazie alla redenzione abbiamo la vocazione alla vita eterna. E chi vive questa attrazione deve vivere in castità, cosa a cui sono chiamati tutti i cristiani che non vivano in un valido e vero matrimonio.
Perché questo tema occupa i primi posti delle agende politiche dell'Occidente? Sembra che sia la priorità di tutti i governi?
I nostri politici in Europa devono occuparsi di tante persone che sono senza lavoro, della denatalità, delle famiglie, di tanti problemi seri, e invece si preoccupano di trasformare le nostre democrazie in sistemi totalitari. Le ideologie in sé sono violente. Come può un Parlamento stabilire cosa è vero e cosa no? Come può affermare che due più due fa cinque?
Uno dei tanti passaggi interessanti del libro mette in correlazione la diffusione in massa della contraccezione e l'affermarsi della ideologia genderista. Ne approfitto per farle una domanda su un tema che mi sta molto a cuore. Lei sa meglio di me come nella Chiesa ci siano forze avverse alla Humanae Vitae, che ne chiedono una revisione. Che ne pensa? Come spiega questo fenomeno?
Lo spiego con la mondanizzazione della Chiesa: per alcuni dei pastori la Chiesa è solo materiale per fare politica, per piacere. Per loro il rispetto delle masse vale più del rispetto della Parola di Dio. Sono contro la creazione. Io paragono chi vuol rivedere HV per compiacere le masse con chi ha fatto i compromessi durante i regimi totalitari. Invece i testimoni hanno la responsabilità della verità rivelata. L'Humanae Vitae è stata profetica, tutti i pericoli che prevedeva si sono realizzati e sono entrati nella vita moderna: il nichilismo, il materialismo. Manca il senso superiore dell'esistenza umana e quindi dietro le facciate c'è il vuoto. Invece il vero piacere è ogni parola che viene dalla bocca di Dio, e se noi smettiamo di annunciare dove è il vero piacere, dove è la vera gioia, saremo responsabili dell'infelicità di tanta gente. Se i pastori non vigilano, vincono i lupi. Con i lupi non si possono fare compromessi, magari per salvare qualche pecora. Con l'illusione di non perdere qualcuno, si perde tutto il gregge. Non è questa la logica di Gesù. Lui per non perdere nessuna pecora ha sacrificato se stesso, non le pecore.
I pastori che aprono alla contraccezione di solito lo fanno ribadendo che è, sì, un male, ma che in casi estremi...
Questa è solo una tecnica per aprire la strada: si fa un ragionamento solo emotivo, basato su situazioni estreme. Anche in situazioni estreme un buon pastore trova una soluzione unica e particolare per preservare l'intrinseca unità tra procreazione e sessualità. Invece il trucco di teologi e vescovi che attaccano la dottrina è di emozionalizzare... Per esempio cominciano a dire che c'è un padre di quattro figli, che ha perso il lavoro, e la moglie è malata... e allora si fa una discussione sull'onda dell'emotività e del caso singolo. Ma questo non è un modo serio di affrontare le questioni.

Fonte: Blog di Costanza Miriano, 17 maggio 2018

3 - LA CLAMOROSA CONVERSIONE DEL CHITARRISTA DI VASCO ROSSI
Nando Bonini racconta come Gesù ha trasformato la sua vita spericolata (VIDEO: Nando Bonini)
Autore: Federico Cenci e Concita De Simone - Fonte: Agenzia Stampa Italia e Roma Sette

"Liberi liberi siamo noi", cantava Vasco Rossi. Per poi chiedersi, "ma liberi da che cosa, chissà cos'è?". A questa domanda che scruta l'intimità più profonda, una risposta l'ha data Nando Bonini. Con Vasco Rossi, lui, chitarrista assai affermato in Italia e nel mondo, ha condiviso la realizzazione di canzoni e tournée per più di dieci anni. Fino al 1995, quando una proposta di lavoro all'inizio accolta con sarcasmo lo induce presto a cambiare radicalmente prospettive.
Nando Bonini abbandona la sua "vita spericolata" per "lasciarsi trasformare da Dio". Scende dal palco per intraprendere un percorso di conversione cristiana ancora in atto. Oggi Nando Bonini è membro dell'Ordine francescano secolare; continua a suonare e a produrre musica. Ma lo fa per annunciare il Vangelo.
Abbiamo ascoltato dalla sua viva voce la testimonianza diretta di un uomo coraggioso; un'ex rockstar capace di sfidare il dileggio di molti, di privarsi degli encomi dei fans e della vanagloria del successo. Tutto questo, per raggiungere la meta più alta.
Nando Bonini, quando nasce la tua passione per la musica?
La mia passione per la musica nasce a 6 anni, vedendo in tv un gruppo inglese, attratto dalla forma di una chitarra elettrica che possedeva il chitarrista. Più che passione all'inizio fu un gioco, un divertimento quotidiano che insieme ad altri tre miei coetanei si faceva dopo avere adempiuto agli impegni scolastici. Ci si riuniva a casa di uno o dell'altro e si passava il pomeriggio cercando di ricavare suoni e rieseguire canzoni. Così facendo all'età di 7 anni formavamo il nostro primo gruppo.
Ci chiamavamo I BOA, ma come disse una volta Corrado, il famoso presentatore televisivo che ci stava premiando per avere vinto un concorso musicale, "più che dei boa, me sembrate dei vermicelli". A 8 anni ci chiamavano alle feste scolastiche per suonare. Insomma, cominciava ad essere passione per la musica, visto anche che portava dei buoni risultati. Quindi l'impegno aumentava e il desiderio di far diventare un mestiere quel gioco iniziale cominciava nell'adolescenza a predominare, fino poi a realizzarsi completamente dai 18 anni in poi.
Nel 1991 inizia la tua collaborazione con Vasco Rossi. Puoi raccontarci cosa conservi di quella esperienza?
Posso dire che è stata una bellissima esperienza professionale, è una delle produzioni più ambite in Italia per chi fa il nostro mestiere. Ci sono arrivato dopo aver partecipato a dischi di altri artisti italiani degli anni '80, per poi approdare a Bologna e lavorare per la band che si era appena staccata da Vasco; si chiama Steve Rogers Band, che però aveva lo stesso suo produttore.
Finita una tournée con la Steve Rogers Band, mi venne proposto di fare parte della band di Vasco e da lì si cominciò la produzione de "Gli spari sopra" (disco e tour), quello fu l'inizio per me della collaborazione con Vasco, per arrivare poi alla fine nel 2005 con il disco "Buoni o cattivi". Di questa esperienza ricordo da parte di tutti una grande professionalità. Poi è stata anche motivo di revisione della mia vita ad un certo punto, quando Dio mi ha fatto capire che dovevo cambiare, dovevo staccarmi per il mio bene dal successo e dalla vanagloria che mi avevano incatenato.
C'è un episodio, in particolare, che ti ha cambiato la vita. Di cosa si tratta?
Nel 1996, per la precisione. Accadde che durante uno dei tanti concerti negli stadi, in un backstage, notai il comportamento infimo di alcune persone nei confronti di altre, e vedendo loro ho rivisto me stesso. Ho rivisto Nando che non considerava le persone come persone, ma solo come mezzi per adempiere ai propri vanagloriosi progetti sbagliati. Un pensiero velocissimo mi arrivò nella mente: "Nando, mi fai schifo".
Da quel momento Dio, a mia insaputa, mi stava già cambiando facendomi riflettere sulla mia vita, su cosa volevo farne della mia esistenza: salvarla o buttarla via.
Quella fu la mia ultima tournée e gli ultimi 3 mesi cercavo di non farmi fregare dalle tante tentazioni che mi avrebbero ancora indotto a buttare via la bellezza vera della vita. Grazie a Dio e a mia moglie Marina, piano piano terminai quel tour quasi salvo. La vera prova arrivò nel '97, quando un serio problema familiare mi fece aprire gli occhi sulla realtà quotidiana, che non era quella del girare il mondo allegramente, avere tutto quello che vuoi e non prendersi nessuna responsabilità perché tanto c'è chi la prende al posto tuo mentre tu te la spassi. Un problema familiare che grazie a Dio mi abbassò l'ego, finalmente.
Mi ritrovai in ginocchio sotto una pioggia battente nel giardino di casa a gridare interiormente aiuto a Dio, a quel Dio a cui avevo sempre volutamente girato le spalle; e che ora però era la mia sola speranza. Dio vuole bene anche a me e questo grido d'aiuto è stato la mia salvezza. Un piccolo miracolo di Dio e il problema si risolse, un grande miracolo di Dio è stato quello da quel giorno di farmi vivere per Lui, seguendoLo il più possibile per quanto Lui me ne dia la capacità e per quanto io sia capace di impegnarmi a farlo.
Nando Bonini, com'è cambiata la tua vita dall'inizio di questo percorso di conversione?
È cambiata e sta cambiando in continuazione perché ogni momento del cammino di conversione è apprendimento, è rinnovamento, è fatica ma è anche tanta gioia di scoprire come con la fede tante cose si affrontano in modo completamente nuovo. Davvero è come tornare a volte bambini e gioire per le cose che la vita ti offre. Il cambiamento sta nel fatto di dare i veri valori alla tua esistenza e quindi scegliere il percorso sicuro per il fine che ci si prospetta: vivere eternamente nella gioia con Dio. A questo punto dopo avere seguito altre strade, se Dio mi ha fatto tornare sulla sua via che promette solo gioia eterna, sarei davvero folle a persistere su sentieri sbagliati. Dio mi ha promesso una bella vita, io ci credo e la voglio vivere pienamente sin quando sarà il momento.
E Vasco Rossi? Come ha accolto il tuo cambiamento? Siete ancora in contatto?
Non sono più in contatto con nessuno, ma non ci sono motivi particolari, anche altre amicizie di sempre con il tempo si sono perse.
A molti può sembrare paradossale che una rockstar, abituata agli agi del mondo patinato, possa trovare la vera libertà cambiando radicalmente vita per seguire Dio. Cosa ne pensi?
Ripeto quanto detto prima, è questione di dare valore e valori alla propria esistenza. La "bella vita", magari "spericolata", sembra bella ma per esperienza dico; porta solo a superficialità ed annientamento del valore primario dell'esistenza, l'Amore. Amore che vuol dire volere bene a te stesso ma anche agli altri; volere bene alle creature di Dio e quindi volere bene a Dio.
La libertà è non essere schiavi del proprio io, che vuole predominare su tutto e tutti. Dio ci lascia liberi di decidere, certo. Ma dobbiamo capire che liberi non vuol dire "faccio quello che voglio" (e mi distruggo). Si è "liberi di farci del bene".
Il mondo dello spettacolo è davvero permeato di alcol e droga? Sei d'accordo che dietro gli eccessi delle "generazioni di sconvolti" si cela una viscerale disperazione?
Ti posso dire per esperienza che i vizi che quotidianamente ci possono rendere schiavi nella vita ordinaria di ciascuno, nel mondo dello spettacolo trovano maggior terreno di crescita, anzi diciamo che spesso il mondo dello show business propone modelli da seguire attraverso artisti, canzoni, trasmissioni, video, film, libri che in modo subdolo ingannano la mente ed il cuore facendoti credere che più trasgredisci e sei sulla bocca di tutti e più hai potere e successo. Dipende da te, se hai la testa sulle spalle o meno. Io non l'ho avuta. Ma il successo prima o poi si paga molto caro. Per alcuni a prezzo della vita. Per altri a prezzo della integrità mentale e della salute fisica e morale. [...]
All'epoca, come hanno fatto a convincerti a fare il musical su San Francesco? E poi, cosa è accaduto?
Il musical su San Francesco è stato l'inizio, per me in modo inconsapevole, di un cammino che ora continua e prosegue fino a quando Dio vorrà. Il Signore ha usato il mio peggior difetto in quel periodo, la vanagloria, per farmi avvicinare alla fede. La storia è lunga e non posso raccontarla tutta, ma in breve accettai l'incarico perché mi mancava nel curriculum la direzione artistica di un musical, che significa la gestione di tante persone, le musiche, le scenografie, ecc. Insomma, un lavoro dove mi vedevo a capo di tutto. In realtà, poi, per realizzarlo mi sono dovuto documentare su San Francesco; ho comprato le Fonti Francescane, poi nelle Fonti ci sono citazioni dal Vangelo ed il Vangelo in casa da me non c'era più da quando ero ragazzino. Insomma, per fare bene quel lavoro dovevo prepararmi, ne andava della mia reputazione di musicista affermato. Le informazioni che prendevo, però, non erano semplici notizie, ma la Parola di Dio. E Dio, quando parla, ti parla al cuore, permette che, piano piano, quelle parole lette rimangano dentro e facciano riflettere.
Quando e perché sei diventato terziario francescano?
Esattamente era il 13 maggio 2001. Con mia moglie Marina abbiamo fatto la professione nell'Ordine Francescano Secolare con la promessa di impegnarci a vivere il Vangelo alla maniera di San Francesco, che non è né più né meno alla maniera di Gesù Cristo, cercando di applicare alla nostra vita il Vangelo pur essendo persone sposate e con una vita, un lavoro, un'esistenza normale come tutti gli altri, semplicemente cercando di mettere più attenzione cristiana nelle cose di tutti i giorni che ci restano da vivere.
Oggi che ormai la notizia si è sparsa, il fatto di essere un credente praticante ti ha creato problemi o è stata un'opportunità?
Non ho praticamente mai parlato di fede con i miei vecchi colleghi; ora semplicemente sanno e rispettano il mio percorso di conversione. Problemi solo con me stesso, perché essendosi sparsa la voce, tutti pensano che io sia diventato una brava persona e questo mi pesa quando mi ritrovo con la mia coscienza a commettere errori che deludono le aspettative di chi mi vede in questo modo. Opportunità tante, ma la più bella è quella di rivedere la mia vita completamente rinnovata. Sto rivedendo tutto con gli occhi della fede e scopro quante cose cambiano di significato o prendono un significato. È come essere un po' bambini, guardare il mondo e scoprirlo con stupore. È bello!

Nota di BastaBugie: nel seguente video (20 min.) il chitarrista Nando Bonini si racconta nella trasmissione "A sua immagine" su Rai Uno.


https://rumble.com/v516blm-la-conversione-a-cristo-del-chitarrista-di-vasco-rossi.html

PROSSIMI CONCERTI DI NANDO BONINI
http://www.nandobonini.it/www.nandobonini.it/Date_Concerti_e_musicals.html

Fonte: Agenzia Stampa Italia e Roma Sette

4 - ALFIE E LA DITTATURA DELLE PAROLE VUOTE
Il ''potere delle parole'' è l'abilità di sapersi esprimere in modo da imporre la propria ideologia come vera, mentre la verità non è un'opinione, bensì l'oggettività della realtà
Autore: Serafino Lanzetta - Fonte: Corrispondenza Romana, 2 maggio 2018

In un mondo in cui le persone vogliono disfarsi di Dio, con la conseguenza di un significativo oblio della ragione umana, la verità è stata usurpata dal potere. Questo non è necessariamente politico o economico, ma - così sembra - è il potere delle parole. È l'abilità di saper esprimersi in modo da inviare un messaggio che crei la verità e faccia sì che altri lo credano vero.
Oltre a questa capacità di far accettare come verità ciò che uno dice, sembra che non ci sia un altro modo per convincere qualcuno che la verità invece esiste per se stessa. Si tratta certamente di un modo soggettivo di dire la verità o piuttosto di convincere le persone ad accettare la mia verità.
Oggi facciamo i conti con questo potere di manovrare le parole in una direzione che sia nel miglior interesse di colui che parla e che così tenta di affermare la sua verità. Ci sono tanti esempi di questo tipo, cioè di parole che sembrano grandi discorsi, ma che di fatto nascondono un pre-concetto o perfino un'ideologia. In realtà, o la verità esiste per se stessa o non esiste affatto. Nessuno la può creare, ma può solo scoprirla come frutto di una ricerca seria e diligente.

"TOLLERANZA"
Per avere un'idea di ciò che stiamo dicendo, si pensi particolarmente alla parola "tolleranza". Essa significa un atteggiamento permissivo verso coloro i quali hanno delle opinioni diverse dalle nostre. Le opinioni, soprattutto oggi, sono variegate in relazione al proprio credo religioso, allo sport, alla filosofia di vita, ecc. Ordinariamente siamo molto tolleranti.
La tolleranza sembra una carta d'identità per la vita sociale. Se uno è intollerante è considerato un nemico della comunità. Stranamente, però, il più delle volte, la tolleranza ha il potere di significare un permissivismo - quasi spontaneo - verso il relativismo (l'idea che non c'è la verità e che ognuno può tenersi la sua) più che l'essere rispettosi anche nei confronti di coloro che invece lo rigettano e pensano che la verità esiste per se stessa come un dato e non come un'imposizione.
Perché, per esempio, c'è così poca tolleranza nei riguardi di chi sostiene che la vita inizia dal concepimento e che un bambino deve essere sempre rispettato, garantendogli il diritto naturale di vivere? D'altra parte, però, la tolleranza è intesa normalmente come l'essere rispettosi delle persone "pro-choice", cioè di coloro che invece non riconoscono che un bambino appena concepito è quella persona che loro stessi erano e che ora non potrebbero reclamare alcun diritto se fossero stati soppressi anche loro con l'aborto.
Perché una tale discriminazione nell'essere tolleranti? Ciò significa che la tolleranza è una parola dal doppio significato? Assolutamente no. Ciò significa solo che le parole possono essere piegate al significato che la maggioranza gradisce, sebbene non sia necessariamente la verità. La verità, infatti, non è un'opinione. Ciò che viene imposto mediante il potere delle parole non è la verità di cui abbiamo bisogno, piuttosto il potere di un'ideologia veicolata dal "savoir-fare" di parole significative.

IL POTERE DELLE PAROLE VUOTE
Abbiamo appreso altro circa questo potere delle parole vuote con la drammatica vicenda del piccolo Alfie Evans, il quale è stato letteralmente condannato a morte quantunque fosse vivo e capace di respirare. Il giudice Hayden che ha trattato il suo caso ha detto durante l'udienza conclusiva di martedì 24 aprile 2018: questo «rappresenta... il capitolo conclusivo nel caso di questo bimbo straordinario».
Che significava: nessuna possibilità di poterlo trasferire in Italia per ulteriori trattamenti medici, né di avere ancora il supporto di elementi vitali, nonostante il fatto che sia sopravvissuto allo spegnimento del ventilatore cominciando a respirare da solo. Bisognava applicare il "protocollo" (un altro gioco di parole per descrivere eufemisticamente la morte). Si veda la perfidia di queste parole: «capitolo conclusivo» (cioè morte e nient'altro) di un «bimbo straordinario» (per la sua forza di vivere e di resistere alla morte).
Lo stesso giudice Hayden sperava che il bimbo potesse essere restituito ai genitori, i quali potessero spendere un po' di tempo con lui prima della sua fine, piuttosto che investire altro tempo in una battaglia giuridica. Era sicuro della sua morte. «Il cervello non può rigenerare se stesso e praticamente non c'è niente che sia rimasto del suo cervello», aveva aggiunto il giudice nella medesima circostanza. In nessun modo si poteva far sì che Alfie rimanesse in vita. Doveva morire, ma gioiosamente perché era un bimbo straordinario!

IN VERITÀ, LA VITA NON DIPENDE DAL CERVELLO
La vita è molto più del cervello e la dignità di Alfie, come quella di ogni altro essere umano, appartiene alla persona come tale e non dipende dalla funzionalità di componenti del nostro corpo. Come ciliegina sulla torta, poi, c'è stata un'altra espressione che colpisce per la sua ipocrisia: «migliori interessi».
Ripetutamente si è detto che secondo l'ospedale pediatrico Alder Hey il trattamento continuo «non era nel miglior interesse di Alfie». Perfino quando Alfie resisteva alla morte e continuava a vivere respirando autonomamente per un lungo tempo, era ancora nel suo miglior interesse morire. Quando, in realtà, la morte è nel miglior interesse di un uomo? In questo caso, però, poiché si è trattato di promuovere l'eutanasia di Stato - la cosiddetta "dolce morte", ma ben peggiore poiché ora decisa da un giudice e non dalla persona stessa o dai genitori - la morte è nel miglior interesse (dell'ideologia di turno).
Si può facilmente vedere il vuoto di queste parole che promuovono una battaglia reale dell'ideologia contro la realtà. L'ideologia ora sembra che abbia vinto poiché Alfie non è riuscito a respirare più a lungo ed è morto. Ma non è così. Con la morte di un piccolo angelo, è stato pienamente rivelato il vuoto maligno di una società opulenta che scarta i deboli credendo così di essere forte. Chi uccide i deboli, perché apparentemente tali, condanna se stesso al vuoto e al fallimento di una debolezza non redenta e forse non più redimibile.
Speriamo che questa ideologia della forza apparente, con la morte di un piccolo guerriero, possa essere seppellita nella tomba della propria arroganza. Dobbiamo però aprire gli occhi e accorgerci di essere in guerra. Tutti siamo Alfie e quei milioni di bambini uccisi non in un tribunale, ma nel grembo delle loro madri, in nome del pietismo e di parole false. Non possiamo rimanere zitti di fronte a tale mostruosità culturale. Quando la ragione non funziona più e Dio è lontano dal nostro umano orizzonte, la nostra conoscenza produce mostri di assurdità. Assurdità mortali, se rimaniamo ancora ad occhi chiusi lontani dalla realtà della verità. La verità non è un'opinione, non un cinguettio sui social, ma l'oggettività della realtà.

Nota di BastaBugie: quando ancora il piccolo Alfie stava lottando per la vita, mons. Luigi Negri, Arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, nell'articolo sottostante dal titolo "Alfie, uno scontro fra antropologie" spiegava con grande chiarezza che in questi casi drammatici si confrontano due antropologie nel mondo: quella dell'uomo padrone di se stesso e quella dell'uomo aperto al Mistero.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 25 aprile 2018:
Il nostro pensiero va con profondo affetto ad Alfie, per la straordinaria battaglia che sta compiendo per mantenere intatta la propria vita. Ma anche alle migliaia e migliaia di persone che in Inghilterra e molti altri paesi del mondo, inclusa l'Italia, hanno dato luogo a manifestazioni che segnassero visibilmente la vicinanza del popolo a questo piccolo figlio del popolo che deve morire perché la sua immagine di vita non corrisponde all'immagine di vita dominante.
Questa grande battaglia il popolo ha saputo farla. Quali che siano i risultati, perché la crudeltà e l'irrazionalità non possono essere vinte neanche dalle manifestazioni. Qualunque sia la conclusione, si tratta di una grande vicenda di popolo quella che si è compiuta sotto i nostri occhi e alla quale tutti abbiamo potuto partecipare con maggiore o minore determinazione.
Ma questa grande esperienza di popolo individua anche gli orrendi colpevoli di questa vicenda. Questa eugenetica che sostanzialmente non ha nulla da invidiare all'eugenetica nazista, sembra costituirne una sua prosecuzione, incredibile dati i tempi in cui viviamo.
È stata stabilita la morte di un bambino, assolutamente normale nelle sue reazioni che, a tantissime ore dalla sospensione della ventilazione vive, respira, reagisce con le proprie forze.
Coloro che intendono sacrificare la vita di Alfie alla loro concezione malata di eugenetica si assumono una responsabilità tremenda. E compaiono nell'orizzonte delle nostre coscienze immagini che pensavamo non si sarebbero più presentate. Quegli orrendi sperimentatori sulla carne viva del popolo tedesco e non solo, ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento.
Credo che siano stati soltanto gli apripista di questo cammino che è arrivato con la vicenda di Alfie alle sue terribili conseguenze. Ciò non toglie che ancora in qualche modo speriamo in un epilogo diverso e siamo grati all'intensa attività che è stata condotta su questa vicenda in questi tempi dalla Santa Sede.
Ormai la questione è aperta, la questione che San Giovanni Paolo II vide ed insegnò con grande chiarezza. Si confrontano due antropologie nel mondo. Da una parte una assolutamente strapotente: l'antropologia dell'uomo padrone di se stesso e che cerca di esercitare il suo dominio sulla realtà. Dall'altra l'antropologia di un uomo aperto al mistero, che cerca nel cammino verso il Mistero di realizzare pienamente la propria umanità. Cultura della vita, cultura della morte. Certamente la cultura della vita è gravemente minoritaria in questo momento in quasi tutto il mondo. Ma occorre che chi se ne sente responsabile protagonista continui il suo cammino, la sua battaglia.
Il problema della vita e della morte non è un problema statistico, il problema della vita e della morte è un confronto di antropologie; occorre dare tutta la forza e la consistenza all'antropologia della verità perché posssa trionfare contro il male, che sembra invincibile ma che certamente non lo è.
Il piccolo Alfie raccoglie oggi tutta la grandezza ideale dei nostri popoli e giudica tutta la meschinità e la depravazione di tante, troppe istituzioni o troppe strutture scientifiche. E qui un pensiero va anche al triste spettacolo della Chiesa inglese a cui non avremmo mai pensato di assistere: silenzio e sostegno aperto al comportamento dei medici dell'Alder Hey Hospital. Non posso non vedere questo come un grave tradimento contro la verità e la libertà del popolo.
Credo che la battaglia sia all'inizio e che occorra pregare la Madonna perché aiuti coloro che difendono l'intangibilità della vita e il suo destino di bene a non ritirarsi.


DOSSIER "L'EUTANASIA DI ALFIE EVANS"
Cultura della vita contro cultura della morte

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Fonte: Corrispondenza Romana, 2 maggio 2018

5 - LE TRE STRATEGIE DELLA CHIESA PER DIFENDERSI DALLA GUERRA ALLA FAMIGLIA
La distruzione della famiglia è oggi l'obiettivo anche dello Stato: occorre difendersi con forza e decisione
Autore: Stefano Fontana - Fonte: Osservatorio Cardinale Van Thuân, 16/05/2017

Attorno alla famiglia è in atto una guerra. Prima, però, di guardare negli occhi questa guerra, consideriamo brevemente l'importanza della famiglia per la Dottrina sociale della Chiesa. Da questo esame risulterà ancor meglio che si tratti di una vera e propria guerra.

FAMIGLIA E ORIGINE DELLA SOCIETÀ
La famiglia è una società naturale, la prima società cui l'uomo è naturalmente inserito dalla nascita. Tutte le altre società vengono dopo. La famiglia ha una sua indiscutibile originarietà, a patto che si intenda rispettare l'ordine naturale delle cose. La famiglia non è un "corpo intermedio" tra l'individuo e lo Stato. Questo vorrebbe dire che si dia un individuo non in famiglia, ma ciò non accade. I corpi intermedi sono prodotti dalla libera associazione dei cittadini, ma la famiglia non viene scelta. All'origine della società non ci sono individui isolati, ma individui-già-in-relazione, individui-in-famiglia. Se si dessero individui isolati, allora la società non sarebbe naturale ma artificiale. Allora varrebbe lo schema del contrattualismo: individui isolati e asociali si mettono d'accordo per dar vita al patto sociale. In questo caso, la società nascerebbe dalla volontà degli individui isolati che l'hanno costituita e, quindi, risponderebbe ad un ordine solo convenzionale, che potrebbe essere cambiato domani. Lo società, in questo caso, non risponderebbe a nessun disegno naturale e non esprimerebbe nessun ordine oggettivo. La sua organizzazione potrebbe essere cambiata secondo la volontà degli individui che l'hanno artificialmente costituita. Compresa la famiglia, che potrebbe cambiare di stato e diventare anche tra due uomini o tra due donne. Questo accade se all'origine ci sono individui isolati e non la famiglia.

SOCIETÀ E SOCIALITÀ
La famiglia è all'orine della società perché rende possibile la società ed è l'archetipo della socialità. Essa rende possibile la società in quanto permette la procreazione in modo naturale. Essa esprime una socialità primordiale in quanto è un'unione complementare secondo un ordine tra un uomo e una donna. Anche l'unione tra due uomini o tra due donne è una unione, ma non complementare e non secondo un ordine. Non è complementare perché due uomini (o due donne) si sommano e non si completano. Non è secondo un ordine perché non la natura lo prevede, ma solo il desiderio. Senza famiglia non c'è società (la società si estinguerebbe) e non c'è socialità. Le forme di socialità come accoglienza e solidarietà che si vivono in società sono tutte più deboli di quella familiare e quindi da essa derivano. Non è possibile avere socialità nella società, nella politica, nella sanità, nel lavoro, nella scuola... se non c'è la famiglia a produrre in modo naturale e originario la socialità. Per questo la sapienza popolare dice che la famiglia è la cellula della società.

LA SOCIETÀ E IL SUO ORDINE NATURALE
La famiglia è la società originaria e primordiale, la società naturale. Se si parte dagli individui isolati e magari asessuati (nel senso che per la teoria gender il sesso si dovrebbe decidere anche in seguito in quanto non naturale ma culturale) la società perde il contatto con un suo ordine naturale, che dalla famiglia si trasfonda su tutta la vita sociale. Ciò significa che la famiglia è il baluardo anche della legge morale naturale, ossia dell'dea che le relazioni sociali tra cittadini non siano convenzionali ma esprimano un ordine che diventa prescrittivo per i modi di agire, che esprime cioè una morale sociale. La Dottrina sociale della Chiesa parla di diritto naturale su cui dice di fondarsi. Tale diritto naturale si conosce e si esperimenta soprattutto in famiglia e poi nella società intera. La Dottrina sociale della Chiesa dice che i principi che essa enuncia sono anche di diritto naturale e infatti si vede che la destinazione universale dei beni, la solidarietà, la sussidiarietà, il bene comune si conoscono e si esperimentano prima di tutto in famiglia. Senza la famiglia la società dimentica di essere soggetta ad un ordine naturale e quindi si lancia verso tutte le sperimentazioni (e tutte le aberrazioni) basta che siano volute dalla maggioranza che poi, tra l'altro, nelle democrazie moderne è sempre una minoranza.

LA CRISI DELLA FAMIGLIA E LA CHIESA "MUTA"
Sparendo l'orizzonte della legge morale naturale e del diritto naturale la Chiesa perde ogni diritto di fare un discorso rivolto a tutti per il bene della società. La crisi della famiglia rende la Chiesa muta, ossia in grado solo di parlare ai propri fedeli ma non più a tutti gli uomini. Trasforma la Chiesa in una setta. Ciò rende improponibile anche l'intera Dottrina sociale della Chiesa e rompe il rapporto tra Dio creatore e Dio salvatore. Se la famiglia non è naturale e originaria non esprime un disegno sulla natura, disegno che può essere colto con la ragione e anche con la fede, colto cioè da tutti. Questo è il fondamento del dialogo tra credenti e non credenti e del fatto che la Chiesa, quando parla della famiglia e della società, ritiene di dire semplicemente delle verità. Fede e ragione sono collegate dalla verità delle cose, dall'ordine naturale che, se vengono negati in famiglia vengono negati in tutti gli altri campi. Alla Chiesa non verrà riconosciuta nessuna competenza pubblica e, pian piano, anche gli uomini di Chiesa si convinceranno che devono solo accompagnare e non indirizzare.

LA DISSOCIAZIONE TRA NATURA E SOPRANNATURA
Nella famiglia si incontra la ragione (la famiglia è cellula della società) e la fede (la famiglia è Chiesa domestica). La famiglia è di ordine naturale elevata all'ordine soprannaturale dal sacramento del matrimonio istituito da Gesù come indissolubile. L'amore tra i coniugi diventa figura dell'amore di Cristo per la Chiesa. Nella famiglia natura e grazia si incontrano. Tutte le espressioni della fede cristiana hanno un significato familiare: Padre, Figlio, Madre, fratelli e sorelle... La sessualità umana viene purificata. La trasmissione della fede avviene prima di tutto in famiglia perché è lì che si dà il collegamento tra le generazioni. Si può allora dire che non solo la società ha bisogno della famiglia ma che anche la Chiesa ha bisogno della famiglia. Se le famiglie non educano più alla fede i seminari si svuotano.
Questo vuol anche dire che se si colpisce la famiglia si colpisce a morte la natura, ma anche la soprannatura. La fede cristiana ha bisogno della natura, senza della quale non ci sarebbe né corruzione né redenzione. Un tempo le ideologie anticristiane colpivano direttamente la religione cristiana e la fede. Oggi preferiscono colpire i suoi presupposti naturali. Non passano così per anticattolici, ottengono l'appoggio di tanti cattolici che collaborano con loro perché non ne vedono l'obiettivo antireligioso, e ottengono meglio il risultato di demolire la religione cattolica, ormai indirettamente più che direttamente. Nella IV Glossa a Fuerbach, Marx diceva che bisognava colpire la famiglia reale se si voleva eliminare la Sacra Famiglia. Ogni volta che oggi si colpisce la famiglia (la vita, la procreazione, il significato vero della sessualità eccetera) in realtà si intende colpire la fede cristiana e specialmente la fede cattolica. Si combatte contro la natura ma la guerra è contro Dio.
Nella attuale guerra della famiglia sono impegnate forze non solo umane ed è questo che la rende una vera e propria guerra.

UN PROGETTO ISTITUZIONALIZZATO
La guerra della famiglia ha oggi superato la soglia della moderazione ed ha assunto caratteristiche assolutamente radicali e drammatiche. Oggi è una guerra istituzionalizzata, nel senso che portata avanti con metodo e sistematicità dalle pubbliche istituzioni. Ciò ha permesso un salto inedito di qualità in senso negativo. La scuola insegna il transumanesimo del gender, i comuni affidano ad associazioni LGBT l'educazione dei bambini e dei giovani, nascono reti tra la pubblica amministrazione che con la scusa di correggere il bullismo discriminano la normalità a vantaggio della anormalità, l'ordine degli psicologi sanziona il professionista che si oppone, l'ordine dei giornalisti fa i corsi di aggiornamento sul gender passandolo per lotta alla discriminazione, la legge Cirinnà obbliga le giunte a fare politiche anche a favore delle famiglie che tali non sono, ai sindaci non è concessa l'obiezione di coscienza, la legge sulle DAT pure non riconosce in modo esplicito l'obiezione di coscienza del medico, i giudici smantellano le leggi fondate su un qualche residuo di diritto naturale, l'Unione europea preme e quasi impone agli Stati membri legislazioni contro la famiglia, l'educazione sessuale è sottratta alla famiglia e assunta dalla scuola che la appalta ad associazioni di parte e che insegnano solo ad usare il preservativo anche nei rapporti omosessuali, gli insegnanti che pongono eccezioni vengono emarginati e colpiti, nessuno si azzarda a parlare e tutti escono dall'aula quando entrano gli attivisti LGBT, anche se loro dovere sarebbe rimanere in aula, alle scuole parentali si pongono sempre nuovi impedimenti e in qualche nazione europea sono anche vietate. Le istituzioni ormai macinano questo progetto globale antifamiliare al loro interno, mediante l'inerzia dei funzionari. Oggi possiamo dire che lo Stato è contro la famiglia.
La guerra è diventata istituzionale perché i comportamenti innaturali anti-famiglia da eccezioni sono diventati diritti e quindi lo Stato li deve promuovere. E' ormai diventato non negoziabile fare il contrario dei principi non negoziabili. Ciò ha prodotto il salto negativo di qualità mobilitando le istituzioni contro la famiglia.

LE TRE STRATEGIE DELLA CHIESA
Di fronte alla guerra della famiglia la Chiesa e il mondo cattolico in genere sta procedendo secondo tre strategie. Vediamole e poi facciamo una scelta.
La prima è di non considerare la guerra della famiglia una guerra. Il mondo va accompagnato, bisogna valorizzare gli elementi positivi che ci sono un tutte le cose e farli crescere verso una maggiore positività. Non servono condanne, non si deve mai dire di no, le manifestazioni di piazza sono inutili prove muscolari. Quando la fede pretende di entrare nel merito delle leggi si trasforma in ideologia e pretende di "manipolare" il mondo. La Chiesa che interviene è una Chiesa che pretende di avere una verità da imporre al mondo, mentre essa deve camminare insieme al mondo verso la verità, dato che Dio si rivela non solo nella Chiesa ma anche nel mondo e i due si muovono su un piano di pariteticità. La rivelazione di Dio non consiste in una dottrina, ma in una esperienza, ed avviene nella nostra esperienza storica, non dall'esterno. Espressioni come natura e ordine naturale esprimono una concezione metafisica e non storica della fede, che è invece incontro e cammino, apertura e tolleranza, integrazione e solidarietà con tutti, costruzione di ponti e non erezione di muri. In base a questa visione le Sentinelle in Piedi vengono osteggiate, le manifestazioni di massa non vengono sostenute e anzi vengono impedite, le scuole parentali non vengono incentivate anzi vengono boicottate. La Dottrina sociale della Chiesa perde il suo status di "corpus dottrinale" e viene intesa come un insieme di buone pratiche orizzontali di accompagnamento delle situazioni di vita.
La seconda strategia consiste, al contrario, nella presenza con la consapevolezza che è in atto una guerra per la famiglia. L'intervento per delle leggi buone e contro le leggi cattive merita ancora l'impegno corale dei cattolici, la gerarchia ecclesiastica deve ancora dare indicazioni di morale pubblica su temi tanto importanti come la vita e la famiglia, i laici singoli e organizzati devono combattere in prima linea contro il male che avanza. La natura umana va salvaguardata e protetta perché è il Creato, sui principi della legge morale naturale si deve dialogare con tutti, la grazia non elimina la natura ma la perfezione e su questo si fonda il rapporto tra la fede e la ragione. Questa seconda strategia è quindi della presenza, dell'uso organico e diffuso della Dottrina sociale della Chiesa intesa come un "corpus dottrinale" che orienta una pastorale sociale organica e una azione sociale e politica dei laici avente una propria identità
La terza strategia consiste nel creare delle scialuppe di salvataggio o delle Arche di Noè. Preso atto che lo Stato rende obbligatorio fare il male, occorre uscire dal sistema, creare delle oasi in cui sia possibile ancora fare il bene. Come dopo il diluvio, per mandato divino, Noè costruì l'Arca così oggi bisogna costruire piccole comunità, scuole parentali, associazioni familiari, opere sociali ed economiche che siano veramente libere. Da questo punto di vista anche le scuole paritarie, per fare un esempio nel campo educativo, non sono sufficienti perché dentro il sistema istituzionale. Se il medico, l'insegnante, i genitori, la farmacista, l'infermiera, il sindaco ... cattolici sono obbligati a fare il male, bisogna creare della zone di libertà nella verità nell'attesa che il sistema crolli sotto le sue macerie. Perché un sistema costruito sul male non può durare a lungo. Bisogna mettere in salvo il seme per quando il diluvio sarà passato.
A conclusione di questa relazione, vorrei esprimere la mia idea a proposito della strategia. La prima strategia non è una soluzione ma è la connivenza con il male nella scusa che la guerra della famiglia e della natura umana non esiste. E' una strategia di consegna allo spirito del mondo con la scusa di discernere i segni dei tempi. E' la volontà di amare il mondo ma indifferenti alla sua verità o falsità. La seconda strategia va quindi mantenuta ma contemporaneamente bisogna anche preparare delle scialuppe di salvataggio e delle Arché di Noè perché la guerra della famiglia si sta facendo acuta, pianificata e istituzionalizzata.

Fonte: Osservatorio Cardinale Van Thuân, 16/05/2017

6 - NELL'ACCOGLIENTE SVEZIA L'85% DEGLI STUPRI (SPESSO DI GRUPPO) SONO COMMESSI DA IMMIGRATI
Ma il Governo corre ai ripari: vieta alla polizia e ai giornalisti di dire la provenienza e la religione degli stupratori e, come soluzione, diffonde un video multi-lingue per l'educazione sessuale degli immigrati
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-05-2018

La Svezia, da sempre patria del sesso libero, ha un problema. No, questa volta non si tratta delle molestie, perpetrate da un francese ai danni di una ventina di donne altolocate, che hanno indotto l'Accademia svedese a non assegnare quest'anno il premio Nobel per la Letteratura. No, è qualcosa di più terra-terra: gli stupri per strada.
L'85% degli abusi, in particolare la violenza sessuale di gruppo, da quelle parti sono perpetrati da immigrati. Le statistiche ufficiali non riportano la nazionalità dei responsabili, per non suscitare rigetti xenofobi. Ma quelle ufficiose sì. Anche perché si tratta di un segreto di pulcinella. Svezia e Danimarca sono in testa a tale odiosa classifica e non si fa fatica a immaginare il meccanismo che porta a questo.

LA SOLUZIONE?
Sui barconi dall'Africa vengono soprattutto giovani maschi, dell'età in cui il testosterone è a mille. Catapultati dall'oggi al domani nei paradisi della libertà sessuale, non resistono. Evidentemente, le svedesi e le danesi a loro non si concedono facilmente, da qui i raptus. Naturalmente, i terzomondiali si sposano solo con donne della loro stessa etnia, donne «serie», mica con le disinibite europee, buone solo per una sveltina.
Ora, come si cerca, in Svezia, di ovviare al problema? Spendendo mezzo milione di euro per una serie di undici video animati che spiegano agli immigrati come si fa sesso. Ci sarebbe da offendersi, perché gli immigrati vengono trattati da poveri beoti, dimenticando che i televisori con parabola e i cinema ce li hanno anche a casa loro. L'Associazione svedese per l'educazione sessuale è un'organizzazione filantropica e opera di concerto con la ministra degli Affari sociali, che ha illustrato l'iniziativa in tivù. I video mostrano praticamente tutte le posizioni erotiche, anche quelle da performare con handicappati in carrozzina. Roba da kamasutra. L'audio è in molte lingue, dall'arabo al persiano, dal somalo all'urdu e al curdo. I migranti, che in Svezia rappresentano nientemeno che il 26% della popolazione, più di un quarto, gradiranno e faranno tesoro? O quei video serviranno solo a titillare ulteriormente le loro brame? Già qualcosa del genere era stato tentato in Germania, dove a illustrare agli immigrati il modo corretto di fare sesso in Europa era un sito internet.

NESSUN RISULTATO
Ma le (brutte) statistiche non si sono mosse di una virgola. E' il peccato originale dell'educazione sessuale: si ritiene che basti spiegare il meccanismo perché le cose vadano a posto da sé. Peccato che l'essere umano non sia una macchina. Le regole di comportamento non le ha rispettate nemmeno il fotografo francese che ha inceppato il premio Nobel, ed era uno di cultura europea, anzi di cultura alta viste le sue frequentazioni. Lo stesso si può dire per Harvey Weinstein, abituato al jet set di Los Angeles.
Per quanto riguarda i giovani immigrati, hai voglia di dir loro «si guarda e non si tocca»: gli ormoni sono più forti. E poi, a confermarli nell'idea che «le svedesi sono facili» ci sono gli episodi in cui operatrici dell'accoglienza di mezza età hanno intrattenuto relazioni sessuali con giovanotti immigrati, usandoli come gigolò. L'ultimo caso ha addirittura prodotto un'inchiesta, con tre di queste donne che hanno dovuto rassegnare le dimissioni. Già, perché i gigolò erano tutti minori. Anche se, va detto, quasi tutti quelli che sembrano minori non lo sono: dichiarano un'età inferiore per lucrare i vantaggi che l'accoglienza offre ai minorenni.
In Svezia se ne sono accorti di recente, ma come si fa a sapere esattamente quanti anni ha un migrante? Così, ventenni che sembrano diciassettenni vengono immessi nel bengodi sessuale. E volete che stiano buoni ad accontentarsi dei video?

Nota di BastaBugie: Lorenza Formicola nell'articolo sottostante dal titolo "L'ultima dell'Onu: accusa la Svezia di razzismo" racconta dell'Onu che è da poco andata in Svezia ed ha redatto un rapporto e bacchettato (per razzismo) il Paese dell'accoglienza. Il rapporto della polizia svedese di quest'anno, al contrario, fotografa una realtà in cui lo Stato sta perdendo il controllo di intere aree, finite nelle mani di criminali e radicali islamici.
Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 maggio 2018:
L'Onu è da poco andata in Svezia, ha redatto un rapporto e bacchettato il Paese simbolo per eccellenza dell'accoglienza e della generosità statale nei confronti degli immigrati. Per le Nazioni Unite gli svedesi sarebbero, infatti, colpevoli di eccessivo razzismo e discriminazione ai danni dei nuovi arrivati a cui il Paese ha aperto le porte ormai oltre quindici anni fa. Musulmani e rumeni sarebbero le vittime per eccellenza in una spirale di crimini d'odio razzisti che si è imposta in Svezia.
Il rapporto disegna scenari da incubo per le donne musulmane ora residenti in Svezia e per gli islamici in generale, ormai non più al sicuro nemmeno nelle moschee, perché vittime di una visione della realtà troppo "stereotipata". L'Onu, allora, ha invitato i giornalisti che usano scrivere di immigrazione, ad essere meno duri, per evitare di risultare, poi, colpevoli di anche "reati d'odio online". Il rapporto a firma Onu chiede, inoltre, che gli immigrati non siano più discriminati in termini di occupazione. Le Nazioni Unite hanno infatti criticato il Paese per la bassa assunzione di rumeni e per il fatto che i campi rom non sono in buone condizioni. Il che "non è accettabile", dicono. Alla Svezia, quindi, è stato concesso un anno di tempo dalla pubblicazione del rapporto per cambiare radicalmente il clima nazionale.
Eppure solo lo scorso anno la polizia svedese rendeva pubblico un altro rapporto destinato a denunciare l'esistenza di ben sessantuno 'no-go-zone'. Aree senza legge abitate da "immigrati non occidentali, principalmente musulmani" - si legge - e nelle quali sono stati individuati ben 5000 criminali. Ventitré, in particolare, delle sessantuno risultano più pericolose: sono i bambini, di soli 10 anni, ad essere coinvolti in gravi crimini. Un nuovo rapporto pubblicato, invece, proprio in questi giorni dal Consiglio nazionale svedese per la prevenzione della criminalità (BRÅ) - che fa capo al Ministero della Giustizia - e riguardante i primi mesi del 2018, ha mostrato il pericolo di queste aree in cui è ormai vietato rivolgersi alla polizia e muoversi liberamente: i residenti temono ripercussioni dei criminali locali, e non solo contro loro stessi, ma anche contro le proprie famiglie. Secondo il BRÅ, oltre ad un vero e proprio "sistema giuridico parallelo", è "l'omertà" ad essere "norma consolidata" per chi abita quelle zone off limits. Una vera e propria mafia islamica. Il rapporto, d'altronde, rivela che è a questi 'criminali' che ormai i residenti si rivolgono, invece che alle autorità, quando hanno bisogno di qualcosa. Per quanto riguarda, poi, ogni tipo di questione riguardo divorzi, custodia dei minori e problemi familiari, è direttamente la moschea locale ad occuparsene. 
Di recente, un tribunale svedese si è pronunciato secondo principi allineati alla legge della sharia, quando la corte - che aveva come imputati due musulmani - ha giudicato come "comune" che una donna, violentemente abusata da suo marito, mentisse sugli abusi. E la giuria le ha anche rimproverato di aver coinvolto la polizia, invece di risolvere il problema consultando la famiglia del marito. Sempre recentemente la stampa ha raccontato la storia di una dodicenne musulmana, residente in Svezia, portata con la forza in Iraq e costretta a sposare suo cugino di 22 anni, che, secondo quanto riferito l'avrebbe anche precedentemente violentata. Dopo essere tornata in Svezia, ha dato alla luce due gemelli, ma la famiglia ha deciso che la soluzione migliore fosse, a quel punto, il divorzio e che i bambini crescessero con il padre in Iraq.
Dal 2005, quando è stato pubblicato il primo dei sopracitati rapporti del BRÅ, ci si è sempre rifiutati di rilasciare l'identità etnica dei 'criminali'. Solo recentemente si inizia a fare loro riferimento definendoli 'immigrati' e, per di più 'islamici'.
A febbraio, Peter Springare, ufficiale della polizia svedese, affermava che gli "stupri di gruppo sono un nuovo fenomeno culturale in Svezia, una conseguenza degli ultimi 10-15 anni di politica di immigrazione". Ma per queste considerazioni Springare è stato segnalato alla polizia e sottoposto ad un'indagine interna. "Troppo razzismo in quelle parole", è stato il commento di Anne Ramberg, segretario generale della Swedish Law Society. Del resto se è considerato "discutibile" in Occidente parlare delle conseguenze reali della immigrazione, in Svezia è da un pezzo considerato un vero e proprio crimine.
Intanto al governo svedese stupri e violenza non sembrano preoccupare troppo. Infatti, ai  9.000 minori non accompagnati e principalmente di sesso maschile - circa 7000 dei quali, secondo quanto riferito, risultano avere più di 18 anni e quindi niente affatto minori -, che hanno visto le domande di asilo respinte, è stato proposto il permesso di soggiorno temporaneo in Svezia, a patto che vadano a scuola. Sia la polizia che i tribunali migranti svedesi hanno fortemente criticato il governo, soprattutto perché la proposta è in netto contrasto con la legge svedese che richiede la possibilità d'identificare chi intende fermarsi nel Paese. E se questo requisito sarà sostituito con un fantomatico desiderio di istruzione, le autorità non sapranno mai più chi vive nel Paese. 
Sempre nelle ultime settimane la moschea della città di Bishop Modeus ha chiesto il permesso di trasmettere le sue chiamate alla preghiera in filodiffusione per le strade cittadine, per tre minuti, due volte al giorno, il venerdì. Del resto ci sono già due moschee in Svezia che lo fanno, una a Botkyrka - dove il permesso è stato concesso nel 2013 -, e una a Karlskrona. Il leader musulmano locale, imam Ismail Abu Helal, ha giustificato la pretesa dichiarando che l'invito alla preghiera consentirebbe ai musulmani d'integrarsi meglio nella società svedese. Il tipo di 'integrazione' che piace ai musulmani svedesi prevede, inoltre, l'invito a non partecipare alle feste religiose dei 'miscredenti' - i cristiani; parlare di ebrei come dei "nemici di Allah" e incoraggiare le donne a non vestirsi all'"occidentale", ma a "vestirsi decentemente fin dall'infanzia".
Ora resta solo da capire chi tra l'Onu o il BRÅ abbia prodotto il rapporto più fedele alla realtà. E comunque non è tutto. La Svezia, il paese europeo preso da tutti a modello per la sua generosa politica d'integrazione nei confronti dei richiedenti asilo, sta lanciando il suo disperato grido d'allarme anche in termini economici. Quel welfare sostenibile tanto celebrato e famoso per i generosissimi benefit ai nuovi arrivati, sta infatti oggi presentando il suo salatissimo conto. Quelli di Bloomberg segnalano che il Paese spera di aumentare la propria forza lavoro con, almeno, 207.000 persone. Eppure occorrerebbe un numero di gran lunga superiore per non mandare in bancarotta il suo "favoloso stato sociale". Il deficit di lavoratori potrebbe aggravare i servizi e aumentare, di tanto, i costi del lavoro. E le tasse.
L'invecchiamento della popolazione e la crescente integrazione degli stranieri stanno accumulando pressione sul suo stato sociale. Gli stranieri residenti, infatti, non hanno alcuna voglia di lavorare, anche perché, nel frattempo, è lo Stato che provvede.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 18-05-2018

7 - OMOFOBIA, LA PAROLA-TALISMANO CHE HA INFETTATO ANCHE GLI UOMINI DI CHIESA
È in atto una massiccia operazione di lavaggio del cervello e per quelli che non vorranno sottoporvisi li colpirà una nuova inquisizione feroce e spietata
Autore: Julio Loredo - Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà, maggio 2018

È in atto una massiccia operazione di lavaggio del cervello. E per quelli che non vorranno sottoporvisi, è in agguato una Nuova Inquisizione, feroce e spietata.
Nel libro «Trasbordo ideologico inavvertito», il pensatore cattolico Plinio Corrêa de Oliveira descrive la tattica della guerra psicologica rivoluzionaria che consiste nell'utilizzare "parole-talismano" per cambiare subdolamente la mentalità delle persone: "Lo stratagemma che chiamiamo parola-talismano è uno dei mezzi più efficaci per attuare il trasbordo ideologico inavvertito. Questo consiste, essenzialmente, nell'impiegare, con una tecnica subdola, vocaboli più o meno elastici, per agire in modo surrettizio sulla mente di individui, gruppi o grandi collettività".
La parola-talismano è un termine coniato ad arte nei laboratori della guerra psicologica rivoluzionaria:
- che suscita una costellazione di simpatie e di fobie;
- dotata di grande efficacia propagandistica;
- della cui elasticità si abusa con obiettivi di propaganda;
- suscettibile di essere fortemente radicalizzata;
- che opera in tal modo il trasbordo ideologico inavvertito.

LA PAROLA-TALISMANO "OMOFOBIA"
L'ultima arrivata nell'arsenale delle parole-talismano è "omofobia". Che cosa si intende per "fobia"?
Il DSM-V («Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders») annovera la fobia tra i comportamenti ossessivo-compulsivi, e la definisce così: "Marcata paura o ansia rispetto a un oggetto o situazione specifica. Tali oggetti o situazioni vengono attivamente evitati, o sopportati con intensa paura o ansia, sproporzionate al pericolo reale. La paura, l'ansia o l'evitare sono persistenti, di solito della durata di 6 mesi o più, e causano disagio clinicamente significativo o menomazione nell'area sociale, lavorativa o in altre aree importanti della vita".
"Omofobia" sarebbe, dunque, un comportamento ossessivo-compulsivo, provocato da una paura o ansia patologica persistente, tale da causare disagio clinicamente significativo, nei confronti di una persona con tendenze omosessuali.
La caratteristica essenziale di tale paura o ansia, come di ogni comportamento ossessivo-compulsivo, sarebbe il suo carattere irrazionale. Si tratterebbe di una patologia, che non è, però, menzionata nel pur esaustivo elenco dei disordini mentali segnalati nel DSM-V.
Di questo termine - privo di fondamento scientifico - la propaganda rivoluzionaria ne ha fatto un'arma di guerra psicologica, manipolandolo, distorcendolo, allargandolo fino a identificarlo con qualsiasi non accettazione del comportamento omosessuale, anche se fondato su motivi perfettamente razionali e, quindi, non patologici.
Chi, dunque, usa il termine "omofobia, dal punto di vista scientifico sta dicendo una madornale stupidaggine.
Così come un cattolico non dovrebbe, assolutamente, impiegare il termine "gay" - un'altra parola-talismano coniata ad arte per presentare il peccato di sodomia sotto una luce simpatica - non dovrebbe nemmeno usare la parola "omofobia", al meno di voler fare il gioco dell'offensiva psicologica rivoluzionaria.

LA NUOVA INQUISIZIONE
La paura del ridicolo, tuttavia, non frena la potente macchina della propaganda LGBT. Vediamo, dunque, il vocabolo utilizzato sempre più spesso, con significati sempre più ampi e sempre più carichi di odio. Si tratta di neutralizzare qualsiasi reazione all'agenda omosessualista. Con le buone o con le cattive. Anzi, con le cattive.
Nel suo senso più ampio, quello che la propaganda LGBT sta imponendo nel dibattito pubblico per schiacciare chi gli si opponga, "omofobo" sarebbe chiunque difende la famiglia naturale e tradizionale, rigettando quindi i comportamenti contro natura. "Omofobo" sarebbe, per esempio, chi afferma che i sessi sono due, maschio e femmina, ognuno con un ruolo specifico. I peggiori "omofobi" sarebbero i cattolici che difendono la dottrina morale della Chiesa in tema di famiglia e di sessualità, insegnata, per esempio, nel «Catechismo della Chiesa Cattolica».
Contro di loro si sta abbattendo una vera e propria dittatura LGBT, con una ferocia e un animus delendi da fare impallidire il totalitarismo nazista. Aveva ragione la Madonna quando, a Fatima nel 1917, disse: "La Chiesa sarà perseguitata, i buoni saranno martirizzati".

QUANDO IL PASTORE SI SCHIERA CON IL LUPO
La persecuzione non è nuova nella storia della Chiesa: da Nerone a Diocleziano, dai giacobini ai comunisti, molti malvagi hanno cercato di annientare la Sposa di Cristo. La dittatura LGBT è appena l'ultima arrivata. Ciò che costituisce, invece, una novità, diremmo apocalittica, è il fatto che, lungi dal proteggere le proprie pecore, un crescente numero di pastori si sta schierando con i lupi.
Come non pensare al brano evangelico: "Quale padre, se il figlio gli chiede un pane, gli darà una pietra? O se chiede un pesce, una serpe? O un uovo, gli darà uno scorpione?" (Luca 11,11-12). Purtroppo, sempre più padri stanno dando ai figli pietre, serpi e scorpioni...
In questi ultimi giorni, mentre noti prelati, come il cardinale Müller e il cardinale Eijk, denunciano coraggiosamente la persecuzione LGBT, incoraggiando i cattolici a mantenersi fedeli alla dottrina tradizionale della Chiesa, un crescente numero di vescovi si è, invece, schierato con i persecutori, perfino inveendo contro i cattolici che vogliono mantenersi fedeli.

IL CASO DI LUGANO
Il primo caso, cronologicamente, è quello della diocesi di Lugano, che comprende tutto il Canton Ticino.
Il Comune aveva negato all'associazione Helvetia Christiana l'autorizzazione per pregare il Santo Rosario in una piazza, per la rigenerazione spirituale e morale della Svizzera, alla presenza di una statua della Madonna di Fatima. Il Rosario aveva anche carattere riparatorio per il "Pride" omosessuale, in programma poco dopo nella stessa città.
Ha esultato, ovviamente, la lobby LGBT che, per bocca del consigliere municipale Lorenzo Quadri, ha attaccato pesantemente Helvetia Christiana tacciandola di "setta omofobica", "fanatica", "organizzazione estremista e settaria", "peggio degli islamici" e via dicendo. "Il Municipio ha fatto bene a negare l'autorizzazione", concludeva Quadri.
Militanti LGBT hanno perfino imbrattato la facciata di un noto quotidiano "reo" di aver riportato, insieme alle accuse, anche le parole del direttore di Helvetia Christiana. "Gli omofobi non hanno diritto alla difesa", recitava un volantino lasciato sul posto.
Stavano così le cose quando il vescovo di Lugano, mons. Valerio Lazzeri, ha deciso di scendere in campo... ma in difesa del Comune! Affermando "io non mi mobilito contro il Gay Pride", il presule ha giustificato il diniego di autorizzare il Santo Rosario in piazza: "Non si deve usare la preghiera per finalità politiche". Ha avuto perfino parole poco lusinghiere nei confronti dei cattolici ticinesi che volevano riaffermare la propria Fede: "ipocriti", "falsi", ecc.

PALERMO, REGGIO EMILIA, CREMONA, BERGAMO...
A Reggio Emilia, il vescovo mons. Massimo Camisasca, finora ritenuto un moderato, ha presieduto la veglia di preghiera contro l'omofobia nella parrocchia Regina Pacis, preludio al Pride. La notizia è stata commentata, in tono ovviamente festoso, dal portale GayNews.
A Palermo, l'arcivescovo Corrado Lorefice ha composto la preghiera che ha aperto la Veglia ecumenica per il superamento dell'omofobia. Per decisione della Curia, questa preghiera dev'essere recitata in tutte le chiese dell'arcidiocesi.
Il prossimo 22 giugno, mons. Antonio Napolioni, vescovo di Cremona, concluderà invece la veglia anti-omofobia in programma nella città.
Si sta, dunque, passando dalla semplice tolleranza all'attiva partecipazione delle autorità ecclesiastiche in atti organizzati o sostenuti dalla lobby omosessualiste.
Il caso più increscioso, però, è quello di Bergamo.
Una coalizione di sigle cattoliche aveva organizzato un atto religioso nella chiesa dei Frati Cappuccini. L'atto sarebbe consistito in una Santa Messa e un'Adorazione Eucaristica in riparazione del "Pride" omosessuale. Tutto era confermato quando c'è stato un colpo di scena. Si è venuti a sapere che la Curia si era accordata con la lobby LGBT per permettere alla manifestazione omosessualista di svolgersi senza intoppi e, anzi, col sostegno più che implicito delle autorità religiose. A questo punto, i Frati Cappuccini hanno comunicato che questa veglia non si poteva più fare: la loro chiesa non era più disponibile per l'atto religioso.
In altre parole: veglie di preghiere in favore degli omosessuali SI, veglia di preghiera in favore del Magistero della Chiesa NO.
Il peggio, però, doveva ancora arrivare.
Forse vedendo i cattolici fedeli abbandonati alla loro sorte, il Codacons ha presentato una denuncia alla Magistratura locale contro gli organizzatori dell'Adorazione eucaristica, chiamandola di "vergognosa iniziativa". Parlando di "illecito civile, amministrativo e penale", il Codacons ha chiesto inoltre di "disporre le adeguate sanzioni della Polizia Postale" per "inibire la diffusione sul web e su tutte le piattaforme, ivi compreso Facebook, della Messa di riparazione". Adducendo il Codice Penale, il Codacons chiede "da sei mesi a cinque anni di reclusione" per gli organizzatori dell'Adorazione eucaristica.
Si, cari lettori, avete capito bene: la Nuova Inquisizione LGBT non solo chiede che l'atto religioso sia censurato su tutte le piattaforme, ma addirittura esige il carcere da sei mesi a cinque anni per i cattolici fedeli. Qualsiasi similitudine col nazismo non è mera coincidenza.

ALIOS EGO VIDI VENTOS
La persecuzione è servita. L'animus delendi dei persecutori è manifesto. Qual è l'animo dei cattolici fedeli?
È quello della Chiesa di sempre. "Alios ego vidi ventos, alias prospexi animo procellas - Ho visto altri venti, ho affrontato altre tempeste" potrebbe dire la Chiesa, fiera e tranquilla in mezzo alle tormente che attraversa attualmente. La Chiesa ha già lottato in altre terre, con avversari provenienti da altre stirpi, e certo affronterà ancora, fino alla fine dei tempi, problemi e nemici ben diversi dalla lobby LGBT.

Fonte: Tradizione Famiglia Proprietà, maggio 2018

8 - L'ABORTO E' LA PRIMA CAUSA DI FEMMINICIDIO NEL MONDO... MA NON SI DEVE DIRE
La senatrice del Pd Monica Cirinnà invoca (di nuovo) la censura per un altro manifesto, dopo quello di ProVita fatto rimuovere dalla giunta Raggi
Autore: Pietro Piccinini - Fonte: Tempi, 15 maggio 2018

Dispiace dover tornare a occuparci della libertà di espressione, che purtroppo per Monica Cirinnà comprende anche la libertà di dire tutto il peggio possibile dell'aborto e perfino della legge 194 che lo ha legalizzato in Italia. Evidentemente, però, il caso del manifesto di ProVita fatto rimuovere a Roma un mese fa dalla giunta Raggi tra le grida di esultanza di molti sedicenti paladini di vari "diritti", non è servito da monito contro la censura del dissenso verso il mainstream. Se mai ha avuto l'effetto contrario. Infatti ieri la Cirinnà e altri personaggi e gruppi a lei ideologicamente affini non si sono fatti problema a chiedere la rimozione di una nuova campagna contro l'aborto, questa volta firmata dagli attivisti pro-life di CitizenGo, che in vista del quarantennale della 194 (22 maggio) e della prossima "Marcia per la vita" in programma nella capitale (19 maggio) hanno osato ricordare sui loro manifesti che «l'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo».
Non meritano più di una menzione per pigrizia mentale o per ottundimento intellettivo i giornali che titolano unanimi al «manifesto choc» e definiscono i promotori della campagna «estremisti prolife», così come gli hater di Twitter (come qualificarli altrimenti?) che hanno "cinguettato" a CitizenGo carinerie tipo questa: «Ma andate a farvi ricoverare! Le vostre madri avrebbero dovuto abortirvi per avere un mondo migliore! L'Italia ha una legge che consente l'aborto, la dovete rispettare! Finché un nascituro non parla è solo un pezzo di carne, una propaggine di un corpo. Sì a controllo nascite!».
Scemenze e banalità a parte, quello su cui qui bisogna purtroppo soffermarsi un attimo è la sicumera con cui una senatrice del Pd invoca - di nuovo - l'oscuramento di un pensiero diverso dal suo. Una censura tira l'altra, evidentemente. E così, dopo il caso di ProVita, sembra già quasi "normale" chiedere, come ha fatto la Cirinnà nel suo comunicato, l'«immediato intervento delle istituzioni, a partire dall'Autorità delle Comunicazioni, per rimuovere subito i manifesti» di CitizenGo.

FALSE INFORMAZIONI?
Ma ad aggravare la pretesa è l'argomentazione utilizzata per giustificare l'auspicato intervento dell'Agcom: quei manifesti vanno strappati, secondo la Cirinnà, perché diffondono «false informazioni». Accusa che, per inciso, regala non poche suggestioni inquietanti a riguardo del reale obiettivo della guerra alle cosiddette fake news annunciata dal partito di Renzi e mai portata a termine (per fortuna, a questo punto). Comunque, quali sarebbero le presunte «false informazioni» propalate dai manifesti di CitizenGo? Eccole, nelle parole di Monica Cirinnà: «Tale campagna si basa su assunti completamente infondati. Le interruzioni di gravidanza in Italia sono tra le più basse in Europa e in costante calo da dieci anni. Accostare, poi, un diritto delle donne a una violenza come il femminicidio è quanto di più disgustoso possa essere fatto. È necessario che, su temi così delicati e dolorosi, nessuno spazio venga concesso alla mistificazione».
Se è permesso un consiglio non richiesto, meglio farebbe la Cirinnà a trovare il coraggio di chiamare le cose con il loro nome: lasci perdere la scusa della «mistificazione», l'unico fine che potrebbe credibilmente giustificare la rimozione di quei manifesti è un desiderio di censura arbitraria. La senatrice dia retta: dica la verità, spieghi piuttosto che su certi temi, per una certa sinistra, è ora di vietare ogni pensiero fuori dalle righe, punto. Avrà magari una qualche eco vagamente sovietica, ma sarà sempre meno pericoloso che armeggiare con un tema sdrucciolevole come quello delle «false informazioni».
Volendo proprio misurarsi sulle «mistificazioni», infatti, l'argomentazione della Cirinnà sarebbe di per sé un piccolo manuale di fake news. Per esempio, che cosa c'entra con il messaggio «choc» di CitizenGo il fatto che «le interruzioni di gravidanza in Italia sono tra le più basse in Europa e in costante calo da dieci anni»? Dicesi "tentativo di sviare l'attenzione", un autentico classico tra gli specialisti delle «false informazioni». È vero o non è vero che nel mondo (Cina, India, eccetera) mancano all'appello un sacco di donne a causa dell'aborto selettivo che serve proprio a fare fuori le femmine in quanto femmine? O quando si parla di femminicidio si intende solo l'uccisione di femmine dotate di parola?

LE FAKE NEWS DI MONICA CIRINNÀ
E ancora: per quanto la Cirinnà possa avere gusti distanti da quelli di chi osa accostare pubblicamente l'aborto al femminicidio, in quale legge l'ha trovato scritto, la senatrice, che l'aborto in Italia è «un diritto delle donne»?
Dicesi "bugia", altra raffinata tecnica che va per la maggiore tra i bufalari del pianeta. Dal punto di vista normativo (la pratica purtroppo è tutto un altro discorso, in barba alla legge), perfino un giudice laicissimo e di curriculum europeo come Vladimiro Zagrebelsky è intervenuto in difesa della libertà di dissentire quanto si vuole sull'aborto, anche perché in Italia «non esiste un diritto rimesso alla sola scelta della donna».
Che pensare poi dell'appello della Cirinnà a «tutto l'arco parlamentare, ad iniziare dalle forze che intendono costituire il prossimo governo e da tutte le donne presenti in parlamento e nelle istituzioni», affinché «vogliano difendere una legge dello stato che garantisce libertà delle donne, indipendentemente dalla propria morale»?
Dicesi "ipocrisia". C'è forse bisogno di ripescare per l'ennesima volta gli spottoni della madrina politica delle unioni civili a favore dell'utero in affitto, pratica notoriamente vietata da una legge dello stato che si dovrebbe difendere «indipendentemente dalla propria morale»?
Insomma, ammesso e non concesso che la diffusione di «false informazioni» rappresenti un motivo sufficiente per invocare un «immediato intervento delle istituzioni» e la censura da parte dell'Agcom, probabilmente la prima persona da imbavagliare sarebbe Monica Cirinnà.

Nota di BastaBugie: qui sotto trovi il testo integrale del messaggio di Filippo Savarese di CitizenGO Italia relativo al manifesto di cui si parla nell'articolo precedente.

Abbiamo deciso di fare causa al Comune di Roma.
Aiutami a mettere in moto una grande reazione per la Libertà di opinione ed espressione!
Sono passate due settimane dalla censura del Comune di Roma contro i nostri manifesti regolarmente affissi in Città.
Lo slogan che avevamo scelto - "L'aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo", facendo riferimento agli aborti selettivi in Asia - ha mandato in cortocircuito per giorni giornali, partiti, collettivi di sinistra, Lobby LGBT, gruppi ultrafemministi... tutti!
Per giorni tutti hanno parlato della nostra "scandalosa" campagna a favore della Vita Umana. Fino alla censura del Comune, che ha ordinato all'agenzia di rimuovere subito tutti i 50 cartelloni. E così è stato. Ci hanno imbavagliati come nelle dittature.
Io stesso mi sono addirittura meritato una dedica (diciamo così...) su un muro vicino casa... Eutanasia per Savarese... ma non mi spavento di certo.
Vado avanti con grande serenità.
Stavolta dobbiamo andare fino in fondo.
Ci siamo chiesti se bastasse una denuncia alla stampa e sui social network. Basta solo fare un po' di rumore? Protestare come al solito?
Ci siamo presi qualche giorno per riflettere con cura. E crediamo che la violazione dei nostri diritti - cioè dei tuoi - stavolta sia stata troppo grave.
Attaccano CitizenGO per attaccare te. Censurano noi per censurare te. Non ce l'hanno con noi... ce l'hanno con te. Perché pensi controcorrente.
Non credere che questa vicenda riguardi solo chi vive a Roma. Non fare quest'errore madornale! Questo è un caso gravissimo per tutta Italia. Se non reagiremo a Roma, nella Capitale, tutte le altre amministrazioni seguiranno l'esempio senza paura di alcuna nostra reazione. Ovunque.
Dobbiamo alzare la testa, in tutta Italia. Dobbiamo reagire. Dobbiamo farlo per noi ma soprattutto per chi verrà dopo di noi: i nostri figli e i nostri nipoti.
È per loro che ti chiedo... una gentile donazione di 15, 30, 50 Euro (o qualsiasi altra cifra ti sia possibile) per portare il Comune di Roma in Tribunale e difendere la tua Libertà di opinione ed espressione in tutta Italia.
Infondo a questa mail trovi i dati per Bonifico Bancario e Bollettino Postale.
Da soli non siamo in grado di sostenere i costi di un processo così importante. Senza il tuo aiuto, andremmo allo sbaraglio.
Ma se tu ci aiuti - e tutti gli amici che ricevono le nostre mail ci aiutano oggi stesso - allora andremo fino in fondo. Fino alla fine.
Non possiamo permettere che passi il principio per cui un Comune - qualsiasi Comune - può decidere chi è libero di esprimersi e chi no in Città. Quali sono le campagne "lecite" e quali no. Non possiamo!
E invece andrà proprio così... se non faremo niente per invertire la rotta. Anzi, andrà sempre peggio.
Oggi non ci lasciamo affiggere manifesti. Già lo hai visto, no? Domani non ci faranno più manifestare. Poi leggeranno le nostre mail private. Finché, prima o poi, ci processeranno per le nostre semplici intenzioni.
È già successo nella Storia! Non sarebbe mica una novità. È così che fanno i totalitarismi. E oggi viviamo in un nuovo totalitarismo. La Dittatura del Politicamente Corretto. Una dittatura antidemocratica e illiberale. Che ci ha duramente puniti a Roma per aver osato dire cose contro il Pensiero Unico.
CitizenGO vuole iniziare a mettere i bastoni tra le ruote di questa macchina infernale. Mi aiuti?
 
Per favore, aiutaci oggi con una donazione di 15, 30, 50 Euro (o qualsiasi cifra ti sia possibile) per reagire subito alla censura del Comune di Roma e almeno provare a difendere i nostri Diritti Fondamentali e la nostra Libertà!
Infondo a questa mail trovi i dati per Bonifico Bancario e Bollettino Postale
Abbiamo davanti una sfida enorme. Fare causa al Comune di Roma significa mettersi contro uffici legali altamente specializzati che faranno di tutto per confermare la censura politica che abbiamo ricevuto.
Ma noi non vediamo l'ora di poter affermare le nostre Libertà costituzionali davanti ai Giudici. Certo: solo se (anche) tu ci aiuterai ad arrivarci...
Mi rimetto, senza insistere ulteriormente, al tuo buon cuore e (ovviamente) alle tue possibilità.
Mi rimetto però anche al tuo amor proprio. Perché qui non si tratta più solo del nostro lavoro o delle nostre campagne.
CitizenGO è diventato un baluardo di Democrazia e Libertà.
La nostra Democrazia. La tua Libertà.
Coraggio allora. Andiamo con entusiasmo verso questa nuova sfida. Sarà difficile vincere. Ma ormai ho capito che insieme possiamo.
Naturalmente, riceverai tutti gli aggiornamenti sul caso!
Un caro saluto, e sempre grazie di tutto.
Filippo Savarese e tutta la squadra di CitizenGO Italia

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Fonte: Tempi, 15 maggio 2018

9 - OMELIA SANTISSIMA TRINITA' - ANNO B (Mt 28,16-20)
Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Quando san Patrizio evangelizzò l'Irlanda, volendo spiegare il Mistero della Santissima Trinità, si servì di un piccolo esempio: prese fra le mani un trifoglio e disse che, come quelle tre foglie formavano un'unica piantina, così le tre Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, formano un unico Dio. L'esempio riuscì allo scopo: la folla che ascoltava abbracciò la fede cristiana e da allora, anche in tempi recenti, il giorno di san Patrizio, gli Irlandesi attaccano al vestito un mazzolino di trifoglio, in memoria della loro conversione e in onore del Santo che li ha evangelizzati.
Il Mistero della Trinità, celebrato in questa prima domenica dopo Pentecoste, è il primo Mistero della fede cristiana, il più importante e il meno accessibile all'intelligenza umana. Vi si possono solo cogliere dei pallidi riflessi nella creazione, la quale, essendo opera di Dio, reca in se stessa l'impronta del suo Creatore. Per questo motivo, l'intelligenza umana non può arrivare a comprendere questo Mistero, ma capisce che tale Mistero, pur superando l'umana comprensione, non è contro la ragione; comprende inoltre che le similitudini che troviamo nell'opera della creazione confermano il nostro atto di fede.
La ragione umana non sarebbe mai riuscita a conoscere che Dio è in tre Persone uguali e distinte. Questa verità la sappiamo solo perché Gesù ce l'ha rivelata. La frase della Scrittura che maggiormente ci fa comprendere questo Mistero è l'affermazione di san Giovanni evangelista: «Dio è amore» (1Gv 4,8). In questa piccola frase è racchiuso tutto il Mistero di Dio uno e trino. Dio è trino, in tre Persone, proprio perché è Amore. Quando parliamo di amore, si parla sempre di una comunione di persone: la persona che ama, la persona amata e l'amore reciproco. Il Padre ama il Figlio, il Figlio ama il Padre e l'amore reciproco tra il Padre e il Figlio è lo Spirito Santo. C'è amore solo dove c'è comunione. Ma, pur essendo in tre Persone, vi è un unico Dio, poiché l'amore unisce e, in Dio, l'amore è così perfetto che di tre Persone c'è un solo Dio. Il Padre è Dio, il Figlio è Dio, lo Spirito Santo è Dio, e insieme non formano tre divinità, ma l'unico Dio.
Il Mistero della Santissima Trinità si riflette in modo particolare nell'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Tra le creature visibili, l'uomo e la donna sono le più perfette, quelle che maggiormente rivelano il mistero di questa comunione divina. Inoltre, quanto più uno ama, quanto più uno è santo, tanto più conosce Dio e lo fa conoscere al mondo.
La famiglia umana è chiamata alla santità, proprio perché è chiamata a riflettere il mistero di Dio. Più persone, unite dall'amore, formano un'unica famiglia e devono aiutarsi vicendevolmente ad amare e a servire il loro Creatore. Sganciata ed emancipata da Dio, la famiglia perde molto del suo valore e viene meno alla sua vocazione. Il beato Carlo, ultimo imperatore d'Austria, il giorno del suo fidanzamento, disse alla sua promessa sposa che da quel momento in poi si dovevano aiutare reciprocamente ad andare in Paradiso. E, alcuni anni dopo, affermò che avrebbe preferito che il Signore prendesse con sé i suoi figli, piuttosto che essi commettessero un solo peccato mortale.
Dio è amore infinito e tale amore liberamente si vuole riversare sulle creature, innanzitutto sull'uomo, il quale per il peccato si era separato dal suo Creatore. Per questo motivo, il Vangelo di oggi riporta il mandato di Gesù agli Apostoli di ammaestrare tutte le genti e di battezzarle nel nome della Santissima Trinità: «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19). Il Battesimo ci rende figli di Dio e templi della Santissima Trinità. Lungo i secoli, la Chiesa ha obbedito a questo comando del Signore e si è sempre impegnata nell'opera missionaria, affinché tutti i popoli conoscano l'unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte.
L'opera missionaria non consiste solo nell'andare incontro alle sofferenze e ai disagi umani, ma si propone innanzitutto di insegnare le verità che sono via al Cielo, prima di tutto il Mistero della Santissima Trinità, e di battezzare tutte le genti. Che siamo figli di Dio lo attesta san Paolo nella seconda lettura di oggi: «Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà! Padre!» (Rm 8,15).
Consapevoli di questa altissima dignità, sforziamoci ogni giorno di vivere come veri cristiani, fedeli all'insegnamento del Vangelo, custodendo la presenza di Dio in noi come il bene più prezioso, più prezioso della nostra stessa vita.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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