BastaBugie n�571 del 08 agosto 2018

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1 QUELLO CHE NON CI HANNO DETTO SUL LANCIO DI UOVA CONTRO L'ATLETA NERA
Ecco un elenco di episodi di violenza compiuti da stranieri contro italiani accaduti in questi due giorni e totalmente ignorati dai media
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 PAPA FRANCESCO CAMBIA IL CATECHISMO SULLA PENA DI MORTE
Il Catechismo verrà modificato dando ragione a Marco Pannella... quindi si sbagliavano San Tommaso d'Aquino, San Giovanni Paolo II, San Pio X, ecc.?
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 IL FALLIMENTO DELL'INTEGRAZIONE EUROPEA
Occorre puntare sull'Opzione Benedetto, perché la vita cristiana non vada perduta, ma riprenda vigore e possa articolarsi in rapporti selettivi in un mondo post-cristiano
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi
4 I VESCOVI IRLANDESI: ''NESSUN ABORTO NEGLI OSPEDALI CATTOLICI''
Un referendum ha abrogato la protezione che la Costituzione dava al nascituro e così il governo, guidato da un gay, impone l'aborto anche negli ospedali cattolici (togliendo i fondi pubblici a chi non si adegua)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Il Timone
5 BILANCIO DEI GAY PRIDE IN EMILIA-ROMAGNA: LA LOBBY GAY E' QUANTITATIVAMENTE IRRILEVANTE
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): pensione di reversibilità alle coppie gay anche senza unione civile, il ministro Fontana difende il divieto al riconoscimento di figli per le coppie gay, Don Giuliano ''sposa'' il compagno Paolo
Autore: David Botti - Fonte: Osservatorio Gender
6 PASTEUR: GRANDE SCIENZIATO, SINCERO CREDENTE
E' il fondatore della microbiologia, ha introdotto la pastorizzazione del latte, ha permesso lo sviluppo dei vaccini, ha dimostrato con esperimenti l'impossibilità che la vita nasca dalla non vita (abiogenesi)
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona
7 IL PATERNALISMO DI STATO
Parente stretto dello statalismo, il paternalismo non è confinato alla politica, ma invade i media plasmando la società con la forma mentis tipica dei totalitarismi
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Osservatorio Van Thuân
8 OMELIA XIX DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,41-51)
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Fonte: Il settimanale di Padre Pio
9 OMELIA SOLENNITA' ASSUNZIONE - ANNO B (Lc 1,39-56)
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - QUELLO CHE NON CI HANNO DETTO SUL LANCIO DI UOVA CONTRO L'ATLETA NERA
Ecco un elenco di episodi di violenza compiuti da stranieri contro italiani accaduti in questi due giorni e totalmente ignorati dai media
Autore: Riccardo Cascioli - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

Potremmo anche cavarcela con una risata, in fondo era solo una questione di tempo. Il tempo di trovare i tre deficienti responsabili del lancio notturno di uova a Moncalieri - che hanno colpito, tra le altre, l'atleta azzurra di lancio del disco Daisy Osakue - e avere conferma di quanto era già chiaro fin dal principio: il razzismo non c'entra nulla, era «una goliardata». A rendere ancora più ridicolo il circo di giornalisti e politici impegnati a lanciare l'emergenza razzismo ignorando la realtà, sta la scoperta che uno dei tre deficienti è figlio di un consigliere comunale del Pd. Peggio di così... neanche un cugino alla lontana di uno che una volta aveva messo un like alla pagina Facebook di Salvini a cui potersi appigliare. Niente: Sky, Repubblica, Rai, Avvenire, Mentana, Boldrini, Renzi e tanti altri ancora sprofondano nel ridicolo senza neanche la possibilità di un salvagente.

INVECE C'È POCO DA RIDERE
Potrebbe bastare così, una risata e via a occuparci di cose più serie. Il problema è che a pensarci anche questa è una cosa dannatamente seria. Perché tutti dovrebbero aver paura di un sistema mediatico e politico capace di scatenare una guerra contro uomini e istituzioni distorcendo e pompando una notizia di cronaca che si possa prestare allo scopo. Fin dal primo momento la pista del razzismo era improbabile, sono bastate poche ore per scoprire che diverse erano già state le vittime dei lanciatori di uova, tutte dalla pelle bianca. Eppure a fianco della pura cronaca abbiamo ascoltato e letto servizi che grondavano indignazione, rabbia e odio soprattutto contro il ministro dell'Interno Salvini e contro tutti quelli che chiedono di fermare la tratta degli schiavi nel Mediterraneo.
Nel nome di Daisy abbiamo letto pagine terribili nei confronti soprattutto di Salvini, ritenuto il mandante morale degli aggressori di Daisy e di tutti i presunti atti di razzismo in Italia. È stata offerta un'immagine del nostro Paese tanto inquietante quanto falsa, un'Italia percorsa da nord a sud da bande di razzisti, alimentate dal governo, intente a pestare, punire, torturare i poveri immigrati. Che qualche episodio di razzismo ci sia e ci possa essere purtroppo è nell'ordine delle cose, così come ci sono ladri e assassini. In ogni caso si tratta di episodi di gran lunga inferiori agli episodi di razzismo che sempre più spesso avvengono tra gruppi di immigrati, con aggressioni e scontri nelle nostre città anche in pieno giorno.

IL DELIRIO ANTI-RAZZISTA
Non si deve giustificare nessuna violenza, nessuna discriminazione ma il delirio "anti-razzista" a cui abbiamo assistito in questi giorni è ben peggiore del lancio di uova. E fa impressione che di questo coro barbaro faccia parte - anzi, abbia un ruolo di tutto rilievo - il direttore di Repubblica Mario Calabresi che pure, di accuse false finite in tragedia dovrebbe essere purtroppo esperto. Ed è scandaloso che a lanciare le pietre più pesanti contro Salvini e contro gli italiani xenofobi e razzisti sia stato Avvenire, soprattutto il suo direttore Marco Tarquinio. In questo caso, viene da chiedersi se la crociata anti-razzista non serva anche a distogliere dalle imbarazzanti vicende dei vescovi gay, su cui anche diverse gestioni di Avvenire dovrebbero essere chiamate a dare spiegazioni.
Ora, comunque, possiamo scommettere che nessuno di loro - giornalisti e politici - chiederà scusa (pronto e ben lieto di essere smentito dai fatti), né che l'Ordine dei giornalisti coglierà l'occasione di dare un senso alla propria esistenza sanzionando chi ha così gravemente violato la deontologia professionale. E gli allarmi sul razzismo continueranno pompando altri casi di cronaca e rischiando seriamente di provocare quelle reazioni che, a parole, si vorrebbe scongiurare (ma che forse in realtà ci si augura per confermare la propria ideologia).
C'è un secondo aspetto che rende quanto accaduto molto grave. Ed è il fondato sospetto che se non fosse stata colpita Daisy, la banda dei goliardi avrebbe continuato a lungo le sue bravate a base di uova. In due mesi, è emerso ieri, sono stati ben sette i raid compiuti ma solo dopo l'attacco all'atleta di origini nigeriane c'è stata la mobilitazione delle forze dell'ordine, tale che in tre giorni sono stati presi i responsabili. Insomma, sembra ormai che in Italia un atto delinquenziale diventi crimine da perseguire solo se le vittime sono stranieri, preferibilmente neri. È questo il vero razzismo, così come quello di coloro che si accorgono delle vittorie italiane nello sport solo quando le atlete impegnate sono nere. È questo che gli italiani fanno sempre più fatica a sopportare, poi non si lamentino se la Lega fa il pieno di voti.

Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Ignorate dai media le violenze compiute dagli stranieri" si elencano alcuni episodi dove immigrati hanno aggredito italiani nei soli due giorni in cui invece non si è parlato d'altro che della vicenda delle uova a Daisy.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Corrispondenza Romana il 4 agosto 2018:
Mentre in Italia i media dedicano telegiornali ed intere trasmissioni alla vicenda dell'atleta italiana Daisy Osakue, peraltro ormai dichiaratamente priva di qualsiasi connotazione razzistica, la stampa tace totalmente ben altri episodi - questi, purtroppo, reali -, senza fine, come dimostra quanto avvenuto anche soltanto nelle ultime 48 ore.
E' stato arrestato dalla Polizia ferroviaria e dai Carabinieri, dopo due settimane di caccia, il 31enne nigeriano, clandestino, che lo scorso 20 luglio ha cercato di violentare una 25enne presso la stazione di Milano Porta Garibaldi. La giovane riuscì a sfuggirgli, utilizzando lo spray urticante. L'accusa nei confronti dell'immigrato è quella di violenza sessuale.
Una 13enne a Battipaglia è riuscita a sfuggire ad un 40enne nigeriano, in Italia con regolare permesso di soggiorno, grazie al cugino di 12 anni, aggredito dal delinquente, poi arrestato dalla Polizia, come riferito dal ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Per il coraggioso 12enne si sono rese necessarie le cure del locale ospedale.
Arrestato a Roma, alla fermata del metrò "Valle Aurelia", dalla Polizia un 47enne rumeno, reo di aver aggredito prima una pattuglia dell'esercito e poi gli agenti intervenuti sul posto. Le accuse nei suoi confronti sono quelle di lesioni, resistenza e minacce a pubblico ufficiale, nonché danneggiamento aggravato.
Impennata anche nel numero dei borseggi, specie nelle stazioni della metropolitana: nei giorni scorsi, sempre a Roma, sono state arrestate dai Carabinieri 10 borseggiatrici, tutte nomadi. Presso la sola stazione Cavour sono state fermate una 33enne, una 26enne ed una 18enne, stanziate presso la baraccopoli di Castel Romano, poiché avevano appena derubato di oltre 400 euro in contanti una 45enne spagnola.
A Vicenza un 81enne è stato aggredito da un 45enne rom, offesosi per aver ricevuto 4 euro di elemosina, una cifra giudicata misera ed inadeguata dal questuante. Per questo il suo benefattore è stato aggredito, insultato e minacciato di morte. Allertata la Polizia, il malvivente se l'è presa anche con gli agenti, colpiti da calci e pugni. Il rom, alla fine, è stato denunciato per resistenza, violenza ed oltraggio a pubblico ufficiale, eppure è stato subito rilasciato.
A Polcenigo un 30enne rumeno ha prima costretto un 14enne ad inginocchiarsi, poi lo ha pestato senza motivo con calci e pugni, infine ha distrutto la bicicletta di un amico del ragazzo. Raggiunto dai Carabinieri, grazie ad alcune testimonianze raccolte sul posto, l'aggressore dovrà ora rispondere di lesioni personali e danneggiamento.
Sono tutti episodi, purtroppo ignorati dalla grande stampa e per i quali mai vengono promosse marce o iniziative pubbliche, ma che segnano il nostro tessuto sociale in modo anche quantitativamente molto più significativo di altri, viceversa strombazzati dalla Sinistra terzomondista.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

2 - PAPA FRANCESCO CAMBIA IL CATECHISMO SULLA PENA DI MORTE
Il Catechismo verrà modificato dando ragione a Marco Pannella... quindi si sbagliavano San Tommaso d'Aquino, San Giovanni Paolo II, San Pio X, ecc.?
Autore: Stefano Fontana - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

Ieri abbiamo appreso che il Papa ha deciso di cambiare il Catechismo della Chiesa cattolica approvato da Giovanni Paolo II nel 1992 nel punto che tratta della pena di morte. Il motivo principale a sostegno del cambiamento è che la persona, anche se compie delitti disumani mantiene la sua altissima dignità e quindi la pena di morte è da considerarsi inammissibile in quanto appunto lesiva di questa dignità. Rimangono confermati alcuni motivi precedentemente indicati dal magistero in attenuazione del principio. Per esempio il fatto che oggi ci sono forme di riparazione e di deterrenza tali che la pensa di morte è diventata superflua. Argomento, come si vede, legato alla evoluzione storica e quindi non direttamente dottrinale. Viene confermato anche il motivo secondo il quale la sensibilità dell'uomo di oggi è cambiata e la pena di morte viene vista in modo diverso dal passato. Anche questo è un aspetto non dottrinale, dato che la Chiesa è chiamata a proclamare la verità e non quanto suona bene alle orecchie delle varie generazioni.
Papa Francesco non si è però limitato a questi argomenti, come già fatto dai suoi predecessori, ma ha enunciato il motivo dottrinale di fondo: quello della dignità intangibile di ogni persona e dell'idea che la morte inflitta dalla legittima autorità politica dopo una condanna per crimini atroci a tutela del bene comune sia da considerarsi una inaccettabile mancanza di rispetto per la dignità della persona umana.

DAVVERO PANNELLA HA RAGIONE E SAN TOMMASO D'AQUINO TORTO?
Prima e anche senza entrare nel merito, la notizia ha fatto rimbalzare diversi sentimenti. Infatti, la prima cosa che un fedele si chiede quando l'autorità ecclesiastica cambia qualcosa di importante nella dottrina della fede e della morale è: ma allora prima la Chiesa aveva sbagliato? Non è una novità, intendiamoci. Ma sempre la domanda nasce pronta e difficile da evitare. Viene in mente quanto segnalava il cardinale Ratzinger a proposito della riforma liturgica e delle modalità con le quali era stata posta in atto, vietando quella precedente: una istituzione che oggi dice che quanto diceva ieri è sbagliato perde di credibilità.
Dopo che la Dignitatis humanae ha proclamato il diritto alla libertà religiosa, quanti si saranno chiesti: ma prima i Papi non avevano tenuto conto dei diritti della persona umana? Allo stesso modo, oggi che il Papa rivede una dottrina da sempre insegnata dalla Chiesa, non mancheranno di certo coloro che si chiederanno perché mai la Chiesa abbia sbagliato così a lungo, sia arrivata così tardi e non abbia mai visto che la pena di morte va contro la dignità della persona.
C'è poi un altro aspetto che sorprende il povero semplice fedele. La Chiesa questa dottrina sulla pena di morte, l'ha sempre insegnata da secoli. Su questo tema si sono cimentati i più grandi teologi e giuristi, tutti d'accordo sul punto. San Tommaso d'Aquino, dalla cui dottrina alcuni pontefici avevano intimato di non discostarsi minimamente, aveva le idee chiare sulla pena di morte.
Fa pensare questo scarto tra un pensiero tradizionale che ha attraversato i tempi e il cambiamento attuale, come fa pensare che "Nessuno tocchi Caino" e il pensiero di Marco Pannella sul punto in questione abbiano anticipato la Chiesa cattolica. Va bene che lo Spirito spira dove vuole e che esso spira anche fuori della Chiesa anagraficamente intesa, ma il semplice fedele non comprende bene perché per la Chiesa di oggi San Tommaso abbia torto e Marco Pannella ragione: cosa è andato storto?

UNA NUOVA POSIZIONE DOTTRINALE
Come sappiamo, l'insegnamento della Chiesa non può contraddirsi. I simboli della fede sono più di uno, il simbolo apostolico è diverso da quello niceno-costantinopolitano. Però non si contraddicono. Quando è entrato in vigore il Catechismo di Giovanni Paolo II, il nuovo testo non contraddiceva in nessun punto il Catechismo Maggiore di San Pio X, il quale continuava a rimanere in vigore e il fedele che avesse continuato a farsi regolare la vita cristiana da quel catechismo sarebbe stato perfettamente in regola. Il catechismo nuovo non abolisce quello precedente. Ma adesso, il fedele che volesse farsi regolare la vita cristiana dal Catechismo di Giovanni Paolo II o da quello di Pio X sarebbe fuori regola. Infatti, il Catechismo di Papa Sarto, alla domanda "Vi sono casi nei quali è lecito uccidere il prossimo?", risponde così: "È lecito uccidere il prossimo quando si combatte in una guerra giusta, quando si eseguisce per ordine dell'autorità suprema la condanna di morte in pena di qualche delitto, e finalmente quando trattasi di necessaria e legittima difesa della vita contro un ingiusto aggressore". Pio X ammetteva la pena di morte, ora il nuovo Catechismo la vieta: ma la fede cattolica può sopportare due catechismi in contrasto tra loro?
Quando il magistero attua variazioni della dottrina, tenendo conto di queste banali e nello steso tempo profonde domande del semplice fedele, deve anche assolvere un compito a ciò conseguente. Deve spiegare i motivi teologici della nuova posizione dottrinale e deve anche spiegare perché essa non è in contrasto con la tradizione. Per far questo deve dar prova di avere tenuto conto di tutti gli elementi del quadro e spiegare che tutti questi elementi vengono salvaguardati dalla nuova posizione dottrinale e in più anche approfonditi ed elevati. Inoltre - e questa è la questione più delicata - deve assicurarsi ed assicurare di essersi attenuto alla medesima logica interna al ragionamento teologico della tradizione e non aver assunto altre categorie logiche, filosofiche e teologiche. Parere di un povero semplice fedele.

Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Dignità, ma senza riparazione. Ogni pena allora è ingiusta" riflette sulla decisione del Papa che cambia la pena di morte nel Catechismo e che quindi diventa un'azione intrinsecamente malvagia, un assoluto morale mentre prima era lecita solo come extrema ratio e assolveva alle funzioni riparatrici della giustizia: retributiva, rieducativa e dissuasiva. Così, rifacendosi al concetto di dignità personale, non si vede perché non contestare anche gli altri tipi di pena detentiva. Anche l'ergastolo, la carcerazione temporanea. Se togliere la vita ad un reo offende la sua dignità, perché così non dovrebbe essere anche quando gli togliamo la libertà? Dubbi legittimi e inquietanti.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 3 agosto 2018:
Il Santo Padre l'11 maggio scorso ha approvato una nuova redazione del n. 2267 del Catechismo della Chiesa Cattolica dedicato alla pena di morte. Nella nuova versione si legge che "la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che 'la pena di morte è inammissibile perché attenta all'inviolabilità e dignità della persona', e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo". I motivi per cui la pena di morte sarebbe sempre illecita vengono indicati dal nuovo numero nel fatto che la sanzione capitale non è adeguata alla dignità della persona umana e nelle attuali circostanze storiche: infatti oggigiorno rispetto al passato "sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi".
Infine il nuovo numero fa riferimento ad "una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato". Il riferimento, ha spiegato ieri la Congregazione per la Dottrina della Fede, è ad un maggior peso da assegnare alla funzione rieducativa della pena - che per Francesco è intesa esclusivamente come reinserimento nella società civile del reo - rispetto a quella retributiva (che invece dovrebbe essere la principale, cfr. M. Ronco, Il problema della pena, Giappichelli, 1996) e alla funzione di deterrenza. In sintesi la pena di morte è illecita moralmente perché contraria alla dignità della persona, inutile oggigiorno ed esclude la possibilità di ravvedimento del reo.
Ieri la Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato una lettera indirizzata a tutti i vescovi del mondo che intende esplicitare ancor di più il senso di questa inversione di rotta dottrinale. Su un primo fronte si afferma che c'è stato uno sviluppo dottrinale in merito alla relazione tra dignità della persona e pena di morte, sviluppo già portato avanti da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI: "la nuova formulazione del n. 2267 del Catechismo esprime un autentico sviluppo della dottrina, che non è in contraddizione con gli insegnamenti anteriori del Magistero". In realtà così non è, tanto che si è deciso di abrogare il vecchio n.2267. Entrambi questi pontefici, come i loro predecessori, avevano tenuto fermo la liceità della pena di morte, ma altresì avevano sottolineato un aspetto connaturato alla medesima liceità della pena di morte: questa deve essere l'extrema ratio. Se esiste uno strumento che difenda la collettività dall'aggressività del reo senza ricorrere alla pena di morte è necessario usare tale strumento, altrimenti è illecito mettere a morte il reo. E' il principio di proporzione alla base di ogni azione buona: i mezzi per soddisfare un fine buono devono essere adeguati al fine («un atto che parte da una buona intenzione può diventare illecito, se è sproporzionato al fine» Tommaso D'Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 64, a. 7 c.). La lettera della Congregazione prosegue proprio sottolineando questo principio di proporzione, affermando che oggi esistono "sistemi di detenzione più efficaci che assicurano la doverosa difesa dei cittadini".
Poi la Congregazione, per sostenere che la pena di morte è sempre "inammissibile", richiama l'insegnamento dell'Evangelium vitae di Giovanni Paolo II. Ma in esso, all'opposto, si può leggere che "la misura e la qualità della pena devono essere attentamente valutate e decise, e non devono giungere alla misura estrema della soppressione del reo se non in casi di assoluta necessità, quando cioè la difesa della società non fosse possibile altrimenti" (56). Quindi in principio la pena di morte è lecita, posto che sia l'extrema ratio. Il principio veniva riproposto proprio da quel n. 2267 del Catechismo che Papa Francesco per l'appunto ha deciso di cambiare: "L'insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell'identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l'unica via praticabile per difendere efficacemente dall'aggressore ingiusto la vita di esseri umani".
In sintesi la critica di fondo che si può muovere a questo cambio dottrinale è la seguente: si dichiara in modo esplicito che la pena di morte è illecita sempre e comunque. Quando invece, fino a ieri, la pena di morte veniva qualificata dalla Chiesa come sanzione giusta posto che vi fossero dei requisiti, tra questi anche il rispetto del principio di proporzione (pena di morte come extrema ratio). Il nuovo numero del Catechismo e la lettera della Congregazione per la dottrina della fede incardinano l'illeceità della pena di morte sia su motivi di opportunità (esistono altri strumenti per contenere l'aggressività del reo), sia sul seguente principio etico: la pena di morte è sempre una sanzione non adeguata alla dignità del reo.
Ma questa è la motivazione alla base degli assoluti morali, cioè delle azioni intrinsecamente malvagie. In tal modo - e veniamo all'aspetto più grave di tutta questa faccenda - la pena di morte, che fino a ieri era condotta considerata lecita dalla Chiesa, oggi si aggiunge al novero dei divieti negativi assoluti insieme ad assassinio, stupro, pedofilia, furto, menzogna, etc. Ma come avevamo già spiegato qualche mese or sono [leggi: LA PENA DI MORTE NON E' CONTRARIA AL VANGELO di Tommaso Scandroglio, clicca qui, N.d.BB], la pena di morte è invece adeguata alla dignità del reo sia perché ripara alla ingiustizia commessa (funzione retributiva) - e il reo ha tutto l'interesse di compiere un'opera di giustizia, anzi ne ha diritto - sia perché dall'incarcerazione all'esecuzione la pena deve avere il tempo di esercitare una funzione pedagogica: il reo ha così l'occasione di recuperare quella quota di umanità di cui lui stesso si è spogliato con l'azione criminosa.
Se si contestano queste due funzioni della sanzione nella pena di morte, rifacendosi al concetto di dignità personale, non si vede perché non contestarli anche per gli altri tipi di pena. In altre parole, se la pena di morte è contraria alla dignità della persona, ciò si potrebbe e si dovrebbe predicare anche per tutte le altre pene detentive. Anche l'ergastolo dovrebbe essere abolito e così pure la carcerazione temporanea. Se togliere la vita ad un reo offende la sua dignità, perché così non dovrebbe essere anche quando gli togliamo la libertà? E dunque qualsiasi pena, anche non di carattere detentivo, apparirebbe ingiusta.
Infine affermare che in principio la pena di morte è moralmente illecita porterà di certo a sostenere che anche la legittima difesa e la guerra difensiva sono eticamente censurabili. Infatti il fondamento della pena di morte si trova sia nel principio delle funzioni della pena (retributiva, rieducativa, dissuasiva), sia nel principio della difesa di sé e degli altri.


DOSSIER "PENA DI MORTE"
Non è contraria al Vangelo

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Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

3 - IL FALLIMENTO DELL'INTEGRAZIONE EUROPEA
Occorre puntare sull'Opzione Benedetto, perché la vita cristiana non vada perduta, ma riprenda vigore e possa articolarsi in rapporti selettivi in un mondo post-cristiano
Autore: Rodolfo Casadei - Fonte: Tempi, 10 luglio 2018

Dicevamo nel precedente post [clicca qui, N.d.BB] che è inutile piangere sul latte versato del fallimento del progetto di integrazione europea o, peggio ancora, attardarsi nella retorica anti-populista e lasciar credere al popolo che se rinuncerà a votare per i sovranisti e sceglierà di nuovo le élite consolidate tutto tornerà al suo posto e l'Europa proseguirà il suo cammino verso le sorti magnifiche e progressive. Quando il dentifricio è uscito dal tubetto, dentro non ci torna più, per quanti sforzi si cerchino di fare. Può essere utile invece cercare di capire cosa ha prodotto il maldestro, per non ripetere l'errore.
A me pare che due siano le cause principali, una più politica e l'altra legata al modello di civiltà che è andato sviluppandosi in Occidente. Quella politica riguarda la scelta di non intervenire sulla struttura interna degli stati nazionali all'indomani della Seconda Guerra mondiale, ma di limitarsi a chiedere e ottenere l'adesione dei governi centrali ai progetti di unificazione progressiva che sono stati man mano presentati, dal Trattato di Roma a quello di Maastricht. Si è cercato di smontare il nazionalismo dall'alto, quando invece lo si sarebbe dovuto smontare dal basso. Si sarebbe dovuto ridare fiato alle identità locali, alle comunità territoriali, alle autonomie urbane e rurali, smantellate e omogeneizzate dallo stato nazionale giacobino post-rivoluzionario. Si sarebbe dovuto procedere all'incontrario di quella grande operazione politica e antropologica che fu la nazionalizzazione delle masse, e che culminò nella Prima Guerra mondiale. Si sarebbero dovuti riplasmare gli stati europei sul modello della confederazione elvetica, dove l'identificazione del cittadino non è schiacciata sullo stato centrale, ma si articola nei livelli locale, regionale e confederale. Quel modello permette al cittadino di partecipare direttamente e in modo competente alla vita della polis, perché si basa sulla partecipazione del cittadino all'allocazione delle tasse che paga.

TRATTATI COME BAMBINI CHE NON POSSONO CAPIRE
«Il cittadino medio svizzero», scriveva il politologo tedesco Gerd Habermann, «è più politicamente competente del deputato medio del Bundestag». Oggi siamo alluvionati da demagogia, disaffezione verso la politica, manipolazioni dell'opinione pubblica, mentalità assistenzialista, buonismi e pose virtuose irrealistiche perché tutte le risorse e tutte le decisioni sono centralizzate a Bruxelles e a Roma. Il cittadino è stato trattato sin dall'inizio come un bambino che non può capire le cose e che deve adeguarsi a chi ne sa più di lui, cioè mamma stato (sovranazionale) e papà mercato. Non c'è da meravigliarsi se, avendo i due genitori portato avanti un modello di sviluppo economicamente, politicamente e culturalmente demenziale, che ha distrutto le basi antropologiche della prosperità, oggi i cittadini-bambini strillano, mandano i genitori fuori dalla stanza e coltivano la fantasia di sostituirli con altri. Ed ecco che questi altri arrivano effettivamente...
Dicendo questo sono già entrato nell'esame della seconda causa del fallimento del progetto Europa, quella legata al modello di civiltà. Un modello centrato sull'espansione illimitata dell'economia e dei diritti individuali, sull'emancipazione dall'identità storica e dalla tradizione religiosa a favore di un edonismo appena temperato dall'empatia per il piacere/potere altrui. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: l'Europa è un continente invecchiato e indebitato, dove pochi nascono e tanti si suicidano, vogliono morire o inghiottire pastiglie per sopportare la vita, che si vergogna della sua storia e delle sue radici e vive in un vuoto antropologico che ricorda quello degli «uomini vuoti» di Thomas S. Eliot. Finché ha elargito apparenti diritti a tutti, il modello ha funzionato. La gente ha creduto veramente che divorzio, aborto, contraccezione, eutanasia, procreazione artificiale, pluralismo istituzionalizzato delle forme di famiglia fossero conquiste di libertà, e lo crede ancora con maggioranze crescenti. Solo minoranze di intellettuali e di comunità cristiane non omologate alla cultura dominante hanno intuito che si trattava di trasformazioni indotte del costume volte a stimolare i consumi per massimizzare i profitti del capitale, a contenere la spesa pubblica, a coltivare un'umanità interamente dipendente dalle logiche dello stato e del mercato.

LA QUESTIONE IMMIGRAZIONE
Poi è arrivata la questione immigrazione: prima circoscritta, legata per lo più all'eredità delle potenze coloniali europee o alle esigenze della ricostruzione industriale della Germania distrutta e spopolata dalla guerra; poi di massa e disordinata, come sta accadendo negli ultimi anni. Questo sta facendo saltare il banco, e non tanto per una reazione identitaria, per il rifiuto della logica della sostituzione di popolazione, o più banalmente per diffusi sentimenti di xenofobia. Ma perché la soluzione immigrazione di massa che le élite presentano come toccasana dei problemi dell'invecchiamento e dell'indebitamento dell'Europa rappresenta agli occhi delle masse la rivelazione decisiva che la promessa egualitaria è un inganno e che per le élite gli esseri umani sono solo fattori di produzione. Quello che nella mente di Tito Boeri, presidente dell'Inps, e dei partiti di centrosinistra è un ragionamento pragmatico che non ammette repliche, e che cioè un ingresso sostenuto di migranti nei paesi europei è la condizione necessaria per mantenere in ordine i conti pensionistici e previdenziali, agli occhi della maggioranza assoluta degli italiani è un compendio di danno, insulto e offesa alla loro intelligenza. Nella loro testa un traduttore simultaneo interpreta così le parole di Boeri: «Se volete sperare di incassare un giorno le vostre miserabili pensioni, o che non vi vengano troppo decurtate se le ricevete già, dovete accettare un'immissione di forza lavoro mal pagata che spingerà verso il basso le retribuzioni vostre e dei vostri figli e che contribuirà a rendere ancora più invivibili le periferie degradate o in via di degradazione dove voi vivete, e dove continuerete a vivere perché non avrete mai i mezzi per trasferirvi a Porta Nuova o a City Life dove viviamo noi, e i vostri figli non avranno mai le opportunità dei nostri. Non avete scelta, perché siete troppo indebitati, potete solo accettare di continuare un gioco dove la forbice fra noi e voi si allarga. Ma consolatevi: starete sempre meglio della maggior parte degli stranieri che, con sconfinato spirito solidaristico, stiamo importando per poterli sfruttare per far funzionare il sistema».

LA REAZIONE IDENTITARIA
Resto freddo sia davanti ai miei interlocutori che esprimono sollievo o addirittura esultano di fronte alla reazione identitaria di popoli e governi che avrebbero deciso di porre un freno all'immigrazione di massa per difendere la realtà spirituale della civiltà europea contro il ricatto economicistico, sia di fronte a quelli che esprimono indignazione per l'apparente egoismo e razzismo di un numero crescente di loro concittadini che non capiscono i vantaggi di tutti i tipi, non solo contabilistici, che verrebbero dall'apertura delle frontiere a chiunque intenda varcarle. Insisto: le ragioni principali della ribellione delle masse contro l'immigrazione non sono quelle nobili della difesa delle tradizioni e dell'identità o quelle ignobili della xenofobia e dell'avarizia. Quelle semmai sono le espressioni sovrastrutturali di un senso di tradimento strutturale: ci avevano promesso l'uguaglianza nella prosperità, e invece ci confinano nelle periferie abbandonate e nei centri storici degradati insieme a milioni di poveri disgraziati con cui faremo fatica a capirci, mentre "loro" (le élite) continuano a fare festa coi dividendi della globalizzazione. A loro i dividendi, a noi i costi sociali e umani.
Il valore politico e filosofico centrale della modernità è l'uguaglianza - e noi siamo tutti moderni, come ha scritto Alain Finkielkraut, anche noi che critichiamo radicalmente la modernità siamo pervasi, contro la nostra stessa volontà, dei suoi valori - ed è proprio l'uguaglianza che le élite hanno tradito, con i pensionamenti spostati a 67-70 anni, il lavoro precarizzato, il concorso alle spese sanitarie sempre più oneroso. Non mi illudo che la parte nobile di valori che pure è inclusa nel sovranismo abbia la meglio sull'istinto democratico egualitarista che è la forza profonda che trascina la ribellione attuale e il successo nelle urne delle formazioni politiche cosiddette populiste, cosiddette di destra e di sinistra. Da questo mio scetticismo derivo alcune conclusioni che riguardano il ruolo dei cattolici. Che a mio parere sbagliano quando fanno propria la retorica solidarista ed europeista dei partiti di sinistra e di centrosinistra, ma sbagliano anche quando sposano l'impostazione sovranista, di cui l'anti-immigrazionismo è parte. Perché il sovranismo è l'anticamera del nazionalismo, che cristiano non è mai. Si può essere anti-immigrazionisti senza essere sovranisti.

L'EUROPEISMO E L'IMMIGRAZIONISMO VOGLIONO DISTRUGGERE IL CRISTIANESIMO
A cosa mirano l'europeismo e l'immigrazionismo oggi è palese: oltre che a compensare i costi sociali e antropologici dell'edonismo di massa, mirano a cancellare l'eredità e l'identità storica europee e a espellere la fede religiosa dallo spazio pubblico, soprattutto quella cristiana. Le religioni non cristiane vengono parzialmente tutelate per indebolire le Chiese cristiane e per potere meglio sfruttare gli immigrati mettendoli a loro agio. I paesi che hanno tratto i maggiori vantaggi materiali dall'integrazione europea così come è stata condotta sono quelli dove la presenza cristiana è crollata verticalmente in pochi anni: Spagna, Belgio, Olanda, Irlanda. Ho potuto toccarlo con mano nei miei reportage. Ricordo che il presidente dell'Istat olandese, un ex senatore socialista ancora giovane, si vantò nel corso dell'intervista con me dell'alto grado di civiltà dell'Olanda contemporanea, documentabile nel fatto che era il paese dell'Europa occidentale dove la percentuale di persone che credevano in Dio era più bassa. Ma non bisogna credere che il sovranismo, per lo meno nell'Europa occidentale, sia un'alternativa in tutto e per tutto attraente: il rischio molto reale è che la nazione e lo stato prendano a poco a poco il posto di Dio, che si trasformino in idoli che il cristiano venera e per i quali compie sacrifici, senza avere coscienza della deriva in cui è incorso. Esperienze del XX secolo non permettono di abbassare la guardia contro questo pericolo, che pure ad alcuni sembra remoto ma non lo è.

RECUPERARE LA TRADIZIONE MONASTICA E LE AUTONOMIE LOCALI
Per dare un contributo originale in questo momento critico i cristiani dovrebbero ricollegarsi alla loro duplice eredità, che è quella della tradizione monastica e delle autonomie locali. Realtà che implicano luoghi dove il rapporto con Dio dentro a comunità reali alimenta la custodia del territorio, il senso di appartenenza e relazioni con le altre persone improntate a criteri non strettamente utilitaristici e funzionalistici. Luoghi dove sperimentare modelli economici innovativi, centrati su realtà di lavoro comunitario e il più possibile sottratti alla logica dell'indebitamento sui mercati finanziari, e dove vivere in un contesto culturale meno condizionato dal consumismo, dalle logiche comunicative dei social che frammentano il soggetto e le sue relazioni, dalla secolarizzazione che impone di tenere la fede religiosa fuori dallo spazio pubblico. Serve un «limitato ritiro dal mondo», come scrive Rod Dreher nel suo L'Opzione Benedetto, perché la vita cristiana non vada perduta, assimilata dal globalismo o dai risorgenti nazionalismi, ma riprenda vigore e possa articolarsi in rapporti e integrazioni selettive col mondo post-cristiano.
Oggi più che mai suona vero quello che Alasdair McIntyre scrisse nel 1981: «Un punto di svolta decisivo in quella storia più antica si ebbe quando uomini e donne di buona volontà si distolsero dal compito di puntellare l'imperium romano e smisero di identificare la continuazione della civiltà e della comunità morale con la conservazione di tale imperium. Il compito che invece si prefissero (spesso senza rendersi conto pienamente di ciò che stavano facendo) fu la costruzione di nuove forme di comunità entro cui la vita morale potesse essere sostenuta, in modo che sia la civiltà sia la morale avessero la possibilità di sopravvivere all'epoca incipiente di barbarie e oscurità».

Nota di BastaBugie: dell'Opzione Benedetto se ne parlerà meglio nelle prossime edizioni di BastaBugie. Nel frattempo, se questo articolo è stato di tuo gradimento, puoi leggere quello precedente dello stesso autore, cliccando nel link qui sotto

ANCHE MERKEL E MACRON SONO SOVRANISTI... E DELLA PEGGIOR SPECIE
Si nascondono dietro dichiarazioni di europeismo, umanitarismo e anti-populismo, stracciandosi le vesti e accusando i Salvini e gli Orban di essere vomitevoli
di Rodolfo Casadei
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5265

Fonte: Tempi, 10 luglio 2018

4 - I VESCOVI IRLANDESI: ''NESSUN ABORTO NEGLI OSPEDALI CATTOLICI''
Un referendum ha abrogato la protezione che la Costituzione dava al nascituro e così il governo, guidato da un gay, impone l'aborto anche negli ospedali cattolici (togliendo i fondi pubblici a chi non si adegua)
Autore: Ermes Dovico - Fonte: Il Timone, 3 agosto 2018

Gli ospedali cattolici continueranno a difendere la vita e dunque a non praticare aborti. È il messaggio lanciato dai vescovi irlandesi in un documento pubblicato a giugno, il Code of ethical standards for healthcare (Codice di standard etici per l'assistenza sanitaria, per ora reperibile solo nelle librerie Veritas), che a quanto pare è rimasto inosservato fino a un articolo del Times del 25 luglio, la cui redattrice è stata apertamente elogiata su Twitter dal ministro irlandese della Salute, l'abortista Simon Harris (una contraddizione in termini, visto il suo ruolo istituzionale).
Il Codice della Conferenza episcopale irlandese, che ha inviato una copia del documento al governo, afferma che non è lecito partecipare all'aborto né indirizzare una donna a un medico disposto a ucciderle il bambino nel grembo: «Nessuna struttura sanitaria o professionista dovrebbe fornire o indirizzare un paziente verso un aborto, cioè a qualsiasi procedura, trattamento o farmaco il cui scopo principale o unico effetto immediato è quello di terminare la vita di un feto o di un embrione prima o dopo l'impianto. Tali procedure, trattamenti e farmaci sono moralmente sbagliati perché implicano la diretta e deliberata uccisione o un assalto diretto letale a una vita umana innocente nelle prime fasi dello sviluppo».
Il Codice non fa riferimento esplicito al referendum irlandese dello scorso 25 maggio, che ha abrogato l'Ottavo Emendamento della Costituzione eliminando così le protezioni costituzionali al diritto alla vita del nascituro, ma secondo la ricostruzione del Times, oltre a ribadire l'immoralità della contraccezione e affermare che ogni aiuto «moralmente appropriato» alla fecondazione è lecito solo per una coppia sposata (ciò si verifica solo quando, spiega la Donum Vitae, «il mezzo tecnico risulti non sostitutivo dell'atto coniugale, ma si configuri come una facilitazione e un aiuto affinché esso raggiunga il suo scopo naturale»; parte II, B.6), affronta la questione dell'eventuale conflitto tra la legge statale e i diritti «fondamentali e inalienabili» dell'essere umano: una legge che va contro il «bene comune» non richiede obbedienza. Anzi, come ha confermato magistralmente san Giovanni Paolo II nell'Evangelium vitae, alle leggi ingiuste è necessario resistere, obbedendo al Creatore come fecero le levatrici che «temettero Dio» (Es 1, 15-21) e disobbedirono all'ordine malvagio del faraone.

L'ATTACCO DI HARRIS E VARADKAR ALL'OBIEZIONE DI COSCIENZA
Dopo l'articolo del Times, come accennato, il ministro Harris ha scritto un tweet per dire che gli ospedali che ricevono fondi pubblici devono fornire i servizi di salute previsti dalle leggi, sottintendendo lo stesso aborto. «L'obiezione di coscienza è per gli individui, non per le istituzioni», è il parere di Harris, che evidentemente dimentica che le istituzioni - come gli ospedali - sono pur sempre fatte di persone e gli atti che vengono compiuti al loro interno hanno una qualificazione morale, nel bene o nel male. Ora, fino a prova contraria gli ospedali sono nati per salvare e prendersi cura di vite umane, non certo per la loro soppressione, che diverrebbe facilissima nel caso venisse approvata la proposta di legge predisposta dal governo irlandese prima ancora del referendum. Harris intende obbligare gli obiettori di coscienza a indirizzare le donne incinte verso un dottore disposto a praticare l'aborto, il che equivale a collaborare al male. È come se un medico si rifiutasse di prescrivere un cocktail mortale di farmaci a un aspirante suicida e poi gli dicesse: «Aspetta che ti do il numero di un collega disponibile».
Il fatto è inquietante anche perché sulla stessa linea di Harris c'è il primo ministro Leo Varadkar, dichiaratamente gay, che nei giorni scorsi ha commentato: «Gli organi religiosi sono ovviamente autorizzati a elaborare le proprie linee guida etiche ma quelle che dovrebbero essere seguite negli ospedali finanziati con fondi pubblici sono quelle del Medical Council [l'ente regolatore della professione medica in Irlanda, ndr] e ciò è quanto mi aspetterei che accadesse». Ma se gli ospedali cattolici rinunciassero ai fondi pubblici, come sarebbe giusto nel caso fosse l'unica possibilità per evitare di applicare una legge iniqua, chi ci guadagnerebbe? I malati bisognosi di cure? No, di certo. Ha detto ancora Varadkar: «La mia idea è che dovremmo separare la Chiesa e lo Stato; che la Chiesa non dovrebbe più essere al centro della vita pubblica, ma non dovrebbe nemmeno esserne esclusa». Quanta grazia... viene da dire.

SCUOLE E OSPEDALI CATTOLICI NEL MIRINO DEL PREMIER IRLANDESE
Pur parlando furbescamente con la logica del «ma anche», dalle parole di Varadkar si capisce che vuole arrivare al controllo statale di scuole e ospedali cattolici, almeno di quelli che ricevono finanziamenti statali, con tanti saluti per la libertà: «Molti dei nostri ospedali sono di proprietà pubblica e finanziati con fondi pubblici, ma molti sono finanziati con fondi pubblici ma non sono di proprietà pubblica». Infine, per esplicitare meglio: «Abbiamo bisogno di lavorare a un processo e a un sistema in un paio d'anni riguardo sia alla salute che all'educazione per far sì che l'approccio sia più appropriato per un paese moderno». Non è difficile capire l'antifona di Varadkar secondo cui la dottrina e morale cattolica non sarebbero adeguate per la «modernità». Beh, rispondiamo limitandoci a 3-4 esempi su innumerevoli.

A PROPOSITO DI CHIESA, EDUCAZIONE E OSPEDALI
Per il campo dell'educazione rimandiamo Varadkar a verificare la quantità e qualità di innovazioni portate da san Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), mentre per gli ospedali ricordiamo che sorsero nel Medioevo come strutture aperte a tutti, specialmente ai bisognosi che non potevano permettersi di pagare le cure, grazie alla pietà della Chiesa sgorgata dall'annuncio di Cristo. Varadkar, Harris, il Times, la politica e la stampa 'liberal' scopriranno che in Francia, fin dal VII secolo, l'ospedale venne chiamato Hôtel-Dieu ("ostello di Dio") e l'omonimo nosocomio di Parigi, fondato da san Landerico, è il più antico del mondo a essere ancora in funzione.
 Se poi si parla di «modernità», bisognerebbe ricordare a Varadkar e compagni che l'ospedale moderno, con la sua organizzazione in reparti, nasce grazie a san Giovanni di Dio (1495-1550), fondatore dei Fatebenefratelli, patrono universale con san Camillo de Lellis (1550-1614) di ospedali, infermieri e malati. Loro, i pazienti li amavano e li amavano perfino di più se erano fragili e indifesi, vedendo in essi il volto stesso di Cristo. Il quale ha detto: «Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40). E chi è più piccolo e indifeso del nascituro?

Nota di BastaBugie: per approfondire il referendum irlandese che ha cancellato dalla costituzione irlandese la difesa del concepito, clicca nel link qui sotto

AIN IRLANDA IL REFERENDUM SPALANCA LE PORTE ALL'ABORTO
di Stefano Fontana
https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5190

Fonte: Il Timone, 3 agosto 2018

5 - BILANCIO DEI GAY PRIDE IN EMILIA-ROMAGNA: LA LOBBY GAY E' QUANTITATIVAMENTE IRRILEVANTE
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): pensione di reversibilità alle coppie gay anche senza unione civile, il ministro Fontana difende il divieto al riconoscimento di figli per le coppie gay, Don Giuliano ''sposa'' il compagno Paolo
Autore: David Botti - Fonte: Osservatorio Gender, 23 luglio 2018

A Imola 150 partecipanti - «insieme alla "vecchia guardia" di Rifondazione comunista e Potere al Popolo» - su oltre 60.000 abitanti. A Bologna 527 donatori abitanti (ma quest'anno non si specifica di che città sono) su oltre 430.000.
I sostenitori di Rimini si vedranno dopo il 28/7, ma - oltre alla consueta "migrazione" da altre città - occorrerà tener conto dell'attrattiva costituita dalle numerose strutture ricettive e di divertimento (cioè orge gay) del periodo estivo.
Questi sono i primi dati da sottoporre ai partiti e ai vescovi quando si parla di gay pride: non c'è pertanto alcuna «significativa porzione del popolo di Dio», come ha di recente detto un vescovo.

LO SCOPO NON È TUTELARE DIRITTI
Il secondo tema da evidenziare è quello della «rivendicazione di legittimi diritti delle persone omosessuali», come ha sostenuto un altro vescovo.
Un gay pride NON ha lo scopo di tutelare i diritti (che peraltro hanno già, e sono meglio difesi di quelli della famiglia), ma di imporre la propria visione del mondo alla società.
Solo così si spiegano i contenuti violenti del volantino diffuso a Imola, dove si sostiene che «Lega, Forza Nuova [...] non devono avere spazio perché con i loro discorsi razzisti e maschilisti legittimano violenza psicologica, pestaggi che spesso portano all'omicidio e al femminicidio».
Questi contenuti non sono casuali, ma sono frutto di un Progetto politico pubblico, aggiornato ogni anno e dai toni violentissimi, nel quale si può leggere ad esempio che «le lotte devono riuscire [...] a ottenere un autentico e potente cambiamento dell'esistente» poiché «rivendicano il desiderio come dimensione non accessoria e motore di trasformazione sociale».

IL VERO SCOPO DI OGNI GAY PRIDE
Dunque, credere alla favola della "tutela di diritti" significa in concreto «promuovere un'idea di genitorialità che non sia soltanto riconducibile a un modello egemonico ma che raccolga la sfida di decostruirlo». Pertanto, occorre capire la prospettiva del movimento, per la quale «l'autodeterminazione è il cuore delle nostre lotte» (cfr. "Progetto politico", cit.).
Sembra invece che le autorità sociali (vescovi e partiti) non abbiano studiato la natura e lo scopo dei gay pride, favorendone con ciò l'azione (nella legislazione, nella scuola e in vari altri ambiti della vita di tutti) intesa a «cambiare le strutture di potere», come si ricava dalla "Piattaforma rivendicativa" allegata al Documento Politico 2018.

LE POSIZIONI DEI PARTITI
Su queste pagine erano state fornite indicazioni sul come si contrasta un gay pride: vediamo come è andata e dove sono state applicate.
A Bologna nessuno dei 55 Comuni ha dato il patrocinio e l'opposizione dei partiti è culminata con la scherzosa donazione al Sindaco (Partito Democratico), da parte di Forza Nuova, di una guêpière e scarpe con tacco a spillo.
A Imola Lega e Forza Italia hanno condannato sia l'iniziativa che i toni violenti con cui è stata proposta. La nuova amministrazione 5stelle, invece, ha quasi appoggiato il pride.
A Rimini, invece, è stata una debacle: il patrocinio al pride è arrivato dalla Regione e da tutti i capoluoghi della Romagna a guida PD o 5 Stelle: Rimini (con gli importanti comuni di Cesenatico e Cervia), Ravenna e forse Cesena. [...]

LA RISPOSTA ECCLESIALE
A Imola la presenza di un vescovo dalle idee chiare ha evitato ogni confusione ai cattolici: probabilmente è per la stessa ragione che quest'anno non si è svolto alcun gay pride a Reggio Emilia.
A Bologna si è svolta una partecipata "adorazione riparatrice", mentre la Curia ha successivamente preso una posizione di "lieve condanna" relativa a fatti conseguenti.
Il vescovo di Rimini, all'oscuro dello scopo dei gay pride, ha tenuto una posizione definita dalla stampa come cerchiobottista, lasciando spazio alla "chiesa di Lefebvre" (Comitato Beata Scopelli) e facendo così sembrare irrilevanti i cattolici.

L'AIUTO DEI PARTITI AI CATTOLICI
Non è un caso se il gay pride ha trovato opposizione in Emilia, mentre in Romagna ha raccolto consensi: i risultati delle elezioni del 4 marzo 2018 mostrano una correlazione tra la presenza di cattolici fedeli ai valori non negoziabili e i partiti del centro-destra.
Occorre dunque ricostruire una presenza autenticamente cattolica intransigente sui "valori non negoziabili", che sfruttando la libertà d'azione del laicato riesca a orientare il consenso e così incidere sulla vita civile.
La prossima battaglia è nell'Assemblea legislativa regionale, dove i 5 Stelle hanno chiesto e ottenuto di patrocinare ogni futuro gay pride.

Nota di BastaBugie: ecco altre notizie dal gaio mondo gay (sempre meno gaio).

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ ALLE COPPIE GAY ANCHE SENZA UNIONE CIVILE
Il professor Zanola e l'architetto Borsato hanno convissuto fino alla morte di quest'ultimo avvenuta nel 2015. Dunque non hanno fatto in tempo a stringere una unione civile perché la legge è del 2016. Il primo ha chiesto, grazie al supporto dell'immancabile Rete Lenford (un pool di avvocati dediti alla causa gay), la pensione di reversibilità, attualmente concessa solo alle coppie unite civilmente.
Il tribunale d'appello di Milano ha dato ragione a Zanola. «La solidarietà familiare nella coppia omosessuale stabile non può che essere rivolta a favore del partner al quale non è stato consentito unirsi in matrimonio». La Corte ha ricordato che nel nostro ordinamento la pensione al superstite «attua il permanere della solidarietà familiare oltre l'evento morte del lavoratore, solidarietà familiare che all'interno della coppia omosessuale stabile non può che essere rivolta a favore del partner al quale non è stato consentito unirsi in matrimonio».  
In buona sostanza il giudice sta dicendo: il legislatore doveva muoversi prima ad approvare la legge sulle unioni civili. Per troppo tempo le coppie omosessuali non sono state tutelate nei loro interessi. Io giudice ho quindi provveduto a sanare almeno in parte questa ingiustizia. Ancora un volta il giudice assume il ruolo di legislatore.
Si prevedono quindi a valanga altre richieste simili: basterà provare la convivenza, magari non realmente avvenuta, anche con un amico e il gioco sarà fatto.
(Gender Watch News, 3 agosto 2018)

IL MINISTRO FONTANA DIFENDE IL DIVIETO AL RICONOSCIMENTO DI FIGLI PER LE COPPIE GAY
Il ministro della Famiglia e della disabilità Lorenzo Fontana intervistato da La Verità torna a parlare del riconoscimento dei figli avuti con la pratica dell'utero in affitto all'estero: «Non si possono riconoscere i figli di coppie dello stesso sesso nati all'estero grazie a pratiche vietate in Italia come la maternità surrogata. Va fatto rispettare il divieto, evitando che il ricorso a queste pratiche all'estero si traduca in un aggiramento del divieto in Italia».
Infatti il problema legale non è tanto connesso alla pratica dell'utero in affitto, pratica vietata da noi in Italia ma non perseguibile al di fuori dei confini italiani, bensì dal fatto che dichiarare che il tal minore, avuto con la maternità surrogata, è figlio di due uomini o di due donne significa dichiarare il falso secondo il nostro ordinamento giuridico.
(Gender Watch News, 1° agosto 2018)

DON GIULIANO ''SPOSA'' IL COMPAGNO PAOLO
Giuliano Costalunga bussò alla porta del seminario di Verona, ma venne respinto, forse perché i responsabili intuirono che il candidato era omosessuale. Non così accadde per la diocesi di Rieti. Dopo vent'anni di sacerdozio ecco che qualche giorno fa si è "sposato" con il compagno Paolo sull'isola Gran Canaria.
Il vescovo di Verona Mons. Zenti ha negato che Don Giuliano sia stato ridotto allo stato laicale, invece il legale del don sostiene che l'8 febbraio scorso sarebbe stata consegnata la richiesta per la riduzione allo stato laicale. Forse hanno ragione entrambi: richiesta inviata ma su cui la curia non si è ancora espressa. Don Giuliano, pur vivendo una relazione omosessuale, ha dichiarato che "continuerò a celebrare messa nell'intimo raccoglimento della mia casa", atto ovviamente gravissimo. Zenti ha comunque annunciato un'azione d'ufficio e si è impegnato a visitare la parrocchia di don Giuliano, scossa dall'evento, per dare una parola di conforto. Pare che in quell'occasione incontrerà anche lo stesso Don Giuliano.
La vicenda di Don Giuliano, impensabile solo fino a qualche anno fa, è uno dei molti segnali che ci fanno capire che l'omoeresia ormai sta dilagando in casa cattolica.
(Gender Watch News, 5 luglio 2018)

Fonte: Osservatorio Gender, 23 luglio 2018

6 - PASTEUR: GRANDE SCIENZIATO, SINCERO CREDENTE
E' il fondatore della microbiologia, ha introdotto la pastorizzazione del latte, ha permesso lo sviluppo dei vaccini, ha dimostrato con esperimenti l'impossibilità che la vita nasca dalla non vita (abiogenesi)
Autore: Francesco Agnoli - Fonte: Libertà e Persona, 9 luglio 2018

Louis Pasteur (1822-1895) è stato il padre della microbiologia (branca della biologia che studia i microorganismi, batteri e virus), e come tale è uno degli scienziati che con le sue scoperte ha giovato maggiormente al benessere dell'umanità.
Pasteur esordisce come chimico, fondando la nuova scienza della stereochimica. Proprio attraverso questi studi, si convince dell'incommensurabilità tra materia bruta, inorganica e materia vivente e asserisce che la vita è un vero "mistero".
Un'idea questa che resiste tutt'oggi, se è vero come è vero che il padre della biochimica, Erwin Chargaff, vi ha dedicato un intero libro, intitolato "Mistero impenetrabile", mentre il genetista Francis Collins, dopo aver concluso la mappatura del genoma umano, ha sostenuto che "nessuno scienziato serio oserebbe oggi affermare di avere a portata di mano una spiegazione naturalistica dell'origine della vita".
Nel 1855 Pasteur comincia a studiare la fermentazione lattica, quella alcolica, quella acetica, le malattie dei vini e della birra. E' qui che "manifesta la sua genialità" e "mette in evidenza come in ogni genere di fermentazione siano implicati microrganismi di specie diverse; quindi dimostra che, elevando la temperatura del liquido nel quale è in corso una fermentazione, si arresta il processo, presumibilmente per la morte dei microrganismi responsabili" (Guido Cimino, in Storia delle scienze, Roma, 1984). Nasce così la pastorizzazione.
Ma i microrganismi nascono spontaneamente o sono generati da loro simili? Il tema è scientifico, ma anche filosofico.

LA GENERAZIONE SPONTANEA
Vi si erano cimentati, in passato, Francesco Redi e don Lazzaro Spallanzani, il "Galilei della biologia". Entrambi avevano combattuto, senza darle il colpo mortale, l'idea greca della generazione spontanea (o abiogenesi), presente già in Talete, Anassimandro, Democrito e Aristotele...
Per i Greci la generazione spontanea era un dogma: per i panteisti, che non credevano come ebrei e cristiani, alla creazione dal nulla, tutta la materia era animata, in modo più o meno percettibile, così da non esservi una vera differenza sostanziale tra materia animata e materia inanimata; per i materialisti come Democrito "gli uomini erano stati originariamente generati dall'acqua e dal fango", attraverso l'aggregarsi di atomi; per Lucrezio "la terra umida di pioggia, per il solo contributo del calore solare, era in grado di generare una grande quantità di piante e di animali". Lucrezio "era convinto che gli atomi che formavano l'uomo o qualsiasi altro essere vivente, scomponendosi dopo la morte dell'individuo, potevano, in seguito e in condizioni favorevoli, unirsi ancora e formare un nuovo individuo, e tutto questo in maniera casuale" (Antonio Cadeddu, prefazione a Louis Pasteur, Scritti di microbiologia, Teknos, Roma, 1994).
Quando Pasteur si accinge a dare la definitiva dimostrazione sperimentale della impossibilità che la vita nasca dalla non vita, la abiogenesi è diventata, soprattutto dal Settecento, uno degli argomenti della filosofia materialista, "che vedeva nella generazione spontanea una sorta di atto di libertà della natura nei confronti di un qualunque potere sovrannaturale" (Pietro Dri, Pasteur, dal microscopio alle legion d'onore, Le Scienze, Roma, 2013) e riduceva l'alterità tra materia organica e inorganica ad una differenza di grado e non di qualità.
Il 7 aprile 1864, in una serata presso la Sorbona, Pasteur, che è un convinto cattolico, illustra l'impossibilità delle generazioni spontanee e si lascia andare ad un commento nel quale traspare la sua posizione di credente in un Dio creatore: "Quale vittoria, oh signori, per il materialismo se potesse proclamarsi fondato sul fatto certo che la materia autorganizzantesi produce per se stessa la vita; una materia che possiede già in se stessa tutte le forze conosciute! ... Ah se noi potessimo aggiungerle quest'altra forza che si chiama vita, e una vita variabile nelle sue manifestazioni a seconda delle condizioni dei nostri esperimenti, che cosa più naturale in questo caso che deificare la materia? A che scopo ricorrere all'idea di una creazione primordiale, davanti al cui mistero occorre ben inchinarsi? A che pro l'idea di un Dio creatore?".
Ma la generazione spontanea, anche di "esseri microscopici", conclude Pasteur, è solo "una chimera".

I VACCINI
Negli stessi anni Pasteur si cimenta nello studio della malattia contagiosa che uccide i bachi da seta e poi in quello delle malattie infettive degli animali: nel 1877 affronta il carbonchio, che uccide il bestiame, individua ed isola il microorganismo responsabile e "dimostra in modo definitivo la teoria del contagio, dando così l'avvio a un nuovo corso della patologia moderna". Poi individua nuovi agenti patogeni (lo streptococco, lo staffilococco, il pneumococco...) ed affronta il colera dei polli. Nel 1881 sperimenta con successo su 25 montoni un vaccino contro il carbonchio, e così, come ricorda il citato Cimino, "dà inizio all'era della vaccinazione preventiva nei confronti delle malattie infettive".
Pasteur si colloca dunque sulla scia di E. Jenner che nel 1796 "era riuscito ad immunizzare l'uomo dal vaiolo con materiale prelevato da bovini infetti". Quello di Jenner, però, "questo era stato un risultato occasionale, ottenuto empiricamente; solo alla luce di una 'teoria del contagio', invece, poteva venire l'idea, che genialmente ebbe Pasteur, di rendere artificialmente i microrganismi meno patogeni, tali da procurare uno stato immunitario. In particolare, l'idea del vaccino gli era venuta allorché aveva notato che alcuni polli, infettati con germi del colera 'attenuati' (perché conservati a lungo in coltura), contraevano la malattia in forma leggera e, guariti, non erano più soggetti al contagio". Proprio partendo dal "principio dell'immunizzazione tramite 'coltura attenuata', ovvero tramite vaccino, Pasteur riesce a sconfiggere, nel 1885 una terribile malattia, la rabbia".
Le scoperte di Pasteur toccano ogni campo, anche la chirurgia: dimostrando il legame tra microbi e malattie umane, si certifica la necessità un'adeguata asepsi. Pasteur invita i chirurghi ad utilizzare solo strumenti e medicazioni sterilizzati, a lavarsi bene le mani, a disinfettare, riducendo così enormemente la mortalità generata dai chirurghi che con strumenti e mani infetti divenivano seminatori di microbi e di morte.

IL DIBATTITO
Ma gli innegabili successi non significano che non vi siano, anche tra ottimi medici e scienziati, degli oppositori, tra cui nientemeno che il grande Robert Koch. Il dibattito diventa incandescente quando Pasteur passa dagli animali agli uomini: l'opinione pubblica si divide, per alcuni è un "assassino". Un tale Joseph Smith, morso da un gatto rabido, viene vaccinato e muore. La polemica monta, ma Pasteur dimostra che il decesso del paziente, pur essendo post hoc, non è propter hoc: il paziente è defunto non a causa del vaccino, ma perché era un alcolizzato, e "la rabbia trova terreno fertile negli etilisti, rendendo inefficace il vaccino".

PASTEUR FILOSOFO
Un ultimo accenno, al Pasteur filosofo. Il 27 aprile 1882 viene accolto nella Accademia delle Scienze da Ernest Renan, ex sacerdote, negatore della divinità di Cristo e dei miracoli. Nel discorso di saluto Pasteur deve fare l'elogio funebre di Emile Littré, medico e seguace del positivismo di August Comte. Pasteur non esita a dire la sua: Comte e Littrè, figli dell'illusione scientista, ponevano ogni fiducia nella limitata scienza umana, e invitavano a non preoccuparsi "né dell'origine né della fine delle cose, né di Dio né dell'anima, né di teologia, né di metafisica".
"Quanto a me", argomenta Pasteur, "mi chiedo in nome di quale nuova scoperta, filosofica o scientifica, si possano estirpare dall'animo umano queste grandi preoccupazioni. Mi sembrano di essenza eterna, perché il mistero che avvolge l'Universo e di cui esse sono emanazione è esso stesso eterno per natura".
In verità, conclude Pasteur, il positivismo "non tiene conto della più importante delle nozioni positive, quella dell'infinito. Al di là di questa volta stellata che cosa c'è? Nuovi cieli stellati. Sia pure! E al di là ancora? Lo spirito umano, spinto da una forza irresistibile, non smetterà mai di chiedersi: che cosa c'è al di là? Vuole esso fermarsi, sia nel tempo, sia nello spazio? Poiché il punto dove esso si ferma è solo una grandezza finita, soltanto più grande di tutte quelle che l'hanno preceduta, non appena egli comincia ad esaminarlo ritorna la domanda implacabile senza che egli possa far tacere il grido della sua curiosità... Colui che proclama l'esistenza dell'infinito, e nessuno può sfuggirvi, accumula in questa affermazione più sovrannaturale di quanto non ce ne sia in tutti i miracoli, perché la nozione dell'infinito ha la doppia caratteristica di imporsi e di essere insieme incomprensibile... Io vedo ovunque l'inevitabile espressione della nozione dell'infinito nel mondo. Attraverso essa, il soprannaturale è in fondo a tutti i cuori".
Per questo, conclude, Comte e Littrè avevano torto: "la metafisica non fa che tradurre dentro di noi la nozione dominatrice dell'infinito" e la scienza stessa, in quanto desiderio di capire, non è che "l'effetto dello stimolo del sapere che il mistero dell'universo infonde nella nostra anima".

PASTEUR E PASCAL
Quanto alla ragione, proprio come Pascal ne aveva indicati i limiti, alla luce della ragione stessa (vedi Pensieri 147, 156 e 159) - ricordando che "tutte le scienze sono infinite nell'estensione delle loro ricerche", che la peculiare natura dell'uomo "ci impedisce di sapere con certezza e di ignorare in modo assoluto", e che è impossibile che "una parte", l'uomo, conosca "il tutto" (Pensieri, 43) -, anche Pasteur dichiara: "ancora più incompatibile con la ragione umana è il credere alla potenza della ragione sui problemi dell'origine e della fine delle cose... Credetemi, di fronte a questi grandi problemi, eterni soggetti di meditazioni solitarie degli uomini, non vi sono che due stati dello spirito: quello fornito dalla fede, la credenza a una soluzione data da una rivelazione divina, e quello del tormento dell'anima tesa alla ricerca di soluzioni impossibili e che questo tormento esprime con un silenzio assoluto (non con le false certezze dei "sistemi nichilisti" del positivismo, ndr) o, ciò che è lo stesso, con la confessione dell'impotenza di nulla comprendere e di nulla conoscere di questi misteri" (L. Pasteur, Opere, Utet).
Infine, sempre con Pascal, anche Pasteur affianca alla ragione, così definita, il cuore: gli "insegnamenti della sua fede (del credente, ndr) sono in armonia con gli slanci del cuore, mentre la credenza del materialista impone alla natura umana ripugnanze invincibili. Che forse il buon senso, il senso intimo di ciascuno non reclama la responsabilità individuale? Al capezzale dell'essere amato colpito dalla morte non sentite in voi qualche cosa che vi grida che l'anima è immortale? E' un insultare il cuore dell'uomo dire con il materialismo: la morte è il nulla!". [...]

Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 1 minuto) si ricorda l'esperimento scientifico di Pasteur che dimostrò come infondata la tesi, allora dominante, della generazione spontanea della vita, sostenuta dai materialisti atei che così negavano la necessità di un Creatore. Se vuoi vedere il video completo (durata 1 ora) da cui è tratto il seguente frammento, clicca qui!


https://www.youtube.com/watch?v=tYbW8eUdzzg

Fonte: Libertà e Persona, 9 luglio 2018

7 - IL PATERNALISMO DI STATO
Parente stretto dello statalismo, il paternalismo non è confinato alla politica, ma invade i media plasmando la società con la forma mentis tipica dei totalitarismi
Autore: Silvio Brachetta - Fonte: Osservatorio Van Thuân, 1° agosto 2018

Uno dei molti ostacoli alla sussidiarietà, o semplicemente allo spirito d'iniziativa, è il paternalismo di Stato, che potrebbe essere il parente stretto dello statalismo. Il fenomeno del paternalismo, però, non è confinato alla politica, ma invade la quasi totalità dei media e dell'informazione, perché si tratta di una forma mentis tipica dei totalitarismi.
Lo si vede a cominciare dal piccolo. È frequentissimo, ad esempio, accedere ad una qualche piattaforma 'social' sul web per essere accolto benevolmente da una frase tipo questa: «Caro utente, sei importante per noi così come lo sono i ricordi che condividi qui. Abbiamo pensato che ti avrebbe fatto piacere rivivere questo post di 3 anni fa». Passo passo, quotidianamente, l'utente viene condotto per mano, come un bambino, e rieducato ad accettare un evanescente Grande Fratello che pensa e decide al posto suo cosa dire e fare in pubblico. In questo senso il paternalismo è sempre accompagnato dall'infantilismo. Sono atteggiamenti diffusi anche nel commercio, nella pubblicità.
Il vocabolo "paternalismo" - dall'inglese "paternal" ("paterno") - spunta nella pubblicistica a partire dal secolo XVIII per indicare l'atteggiamento dei sovrani assolutisti, che avocavano a sé ogni compito amministrativo e politico. Il paternalismo mondiale contemporaneo è più ideologico. In Cina il presidente Xi Jinping ha dato avvio ad una massiccia campagna d'indottrinamento di massa al «social-comunismo con caratteristiche cinesi». Chiusura delle chiese, campagna di denigrazione delle religioni, stazioni e luoghi pubblici tappezzati dalle citazioni di Xi Jinping, estensione della presidenza a vita, culto della personalità, manipolazione dei libri di testo scolastici: alla nuova rivoluzione culturale i cinesi sono assuefatti al punto da non farci più nemmeno caso.

LO SLOGAN PATERNALISTA HA SOSTITUITO LA FORMAZIONE PATERNA
In Italia non ci sono le citazioni maoiste sui tazebao, ma spopola ancora tra l'altro - dal 1971 - la Pubblicità Progresso. Basta dare un'occhiata al sito web e si scoprono vari richiami paternalistici. Nell'ultimo lustro, dal 2012 al 2017, la PP ha proposto: "Donazione organi e tessuti" (educazione all'altruismo), "Punto su di te – Prima fase della campagna a favore della parità di genere, incentrata sulle discriminazioni di genere" (educazione al femminismo), "Punto su di te - Seconda fase", "Ci Riesco - Sostenibilità, Sobrietà, Solidarietà" (educazione all'ecologismo), "Ci Riesco Squad - combattere i comportamenti scorretti" (educazione al galateo).
La forma letteraria preferita, per il successo delle campagne PP, è lo slogan – così come per i bambini, si usa il ritornello o la filastrocca: "Basta poco per far crescere il tuo futuro, un gesto dopo l'altro", "Essere una donna è ancora un mestiere complicato. Diamogli il giusto valore", "La prima forma di discriminazione consiste nel negare che esista". Non c'è uno spazio per la formazione, ma solo per l'informazione, per trasmettere cioè un messaggio pubblicitario premasticato, in modo martellante, affinché sia impresso nella memoria e crei una persuasione. Tutto il resto che viene trasmesso dalle Tv generaliste o dalle radio ha il medesimo schema. Talk show, tavole rotonde, pubblicità commerciale: slogan brevi, ripetuti per essere memorizzati, possibilmente gridati, per sottolineare l'enfasi di questo o quel comunicatore. È superfluo osservare che anche il mondo della politica usa gli stessi mezzi: frasi studiate a tavolino dai vertici e ripetute a pappagallo dai portavoce.

C'È UNA RELAZIONE ANALOGICA TRA STATO E FAMIGLIA NATURALE
Lo Stato (o la Nazione), tuttavia, è in una certa misura Padre. Questo ha una sua evidenza nella nostra civiltà: la Roma antica conferiva il titolo onorifico di Pater Patriae; la nazione è detta anche "patria", in quanto "terra patria" (il termine è presente nella Costituzione italiana negli artt. 52 e 59); di solito il cognome passa dal padre ai figli; c'è una patria potestà. Il Padre è presente a tal punto che, per riformare la società, il Sessantotto ha dovuto spodestarlo.
L'insospettabile Diego Fusaro, filosofo marxiano, sostiene che lo stesso social-comunismo non aveva rigettato la figura del Padre, come invece vorrebbero fare adesso i moderni liberals. Non vi era forse nella Cuba di Guevara - scrive il filosofo - «un comunismo a base apertamente patriottica»? Il programma «patria o muerte» non «era forse la via privilegiata dell'anti-imperialismo made in Usa»? Per non parlare della distinzione di Antonio Gramsci «tra nazione e nazionalismo, patria e patriottismo»: egli «valorizza la nazione senza essere nazionalista» e non crede affatto che «per evitare il maschilismo e il paternalismo bisogna sbarazzarsi della figura del maschio, del padre e, più in generale, della famiglia, e così via».
Se dunque il nazionalismo è una degenerazione della Nazione, così pure il paternalismo o il patriottismo sono la degenerazione del Padre. Non è possibile poi eliminare l'analogia tra i singoli componenti della famiglia e quelli dello Stato o della società, poiché famiglia umana non può che fondarsi sulla famiglia naturale. In questo senso è immediato comprendere espressioni simili a "sovrano-padre", "cittadini-figli", "re e regina-padre e madre". La Nazione, a questo proposito, è così chiamata dal latino "natus", participio passato di "nasci" ("nascere"). La Nazione è quindi la «generazione di uomini nati in una medesima regione», laddove il nascere presuppone un padre e una madre. È pure immediato comprendere che il significato etimologico di "economia" è contenuto nella parola greca "oikos", cioè "casa", la dimora della famiglia.

DIO È PADRE, MA NON PADRONE
Tanto più quei cittadini dello stato che sono anche cristiani dovrebbero intuire con più facilità quali siano le fondamenta della creazione e, dunque, della vita sociale medesima, sotto la signoria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. In particolare, dal punto di vista della Dottrina sociale delle Chiesa, «Cristo svela all'autorità umana, sempre tentata dal dominio, il suo significato autentico e compiuto di servizio», nel senso che «Dio è Padre unico e Cristo unico maestro per tutti gli uomini, che sono fratelli»: in questo senso, «la sovranità appartiene a Dio».
Il Signore, tuttavia, «non ha voluto riservare solo a sé l'esercizio di tutti i poteri. Egli assegna ad ogni creatura le funzioni che essa è in grado di esercitare, secondo le capacità proprie della sua natura» e «questo modo di governare deve essere imitato nella vita sociale». È dunque secondo il disegno del Padre che i governanti debbano «comportarsi come ministri della provvidenza divina».
Molto prima, Leone XIII aveva scritto che «l'esercizio del potere deve essere giusto, non da padrone, ma quasi paterno, poiché il potere di Dio sugli uomini è sommamente giusto e permeato di paterna benevolenza». E i cittadini, «una volta persuasi che l'autorità di chi governa proviene da Dio, si convinceranno che è giusto e doveroso seguire i dettami dei Principi e tributare loro ossequio e fiducia con quella sorta di devozione che i figli devono ai genitori», secondo il detto di San Paolo: «Ogni anima sia soggetta alle sublimi potestà» (Rm 13,1). Al contrario, Leone XIII reagisce al paternalismo di Stato con il suddetto principio della sussidiarietà: non è giusto «che il cittadino e la famiglia siano assorbiti dallo Stato», per cui l'azione paterna dello Stato si deve limitare nel garantire alla famiglia e al cittadino «tanta indipendenza di operare quanta se ne può, salvo il bene comune e gli altrui diritti» (Rerum Novarum n. 28).
Dopo tutto non è difficile comprendere questi principi, se si tiene a mente la dinamica della famiglia, in cui il padre e la madre sono tenuti ad esercitare una potestà sui figli, senza però arrestarne le legittime e libere aspirazioni o iniziative - o, cristianamente, vocazioni. Dio è infatti Padre, ma non padrone.

Fonte: Osservatorio Van Thuân, 1° agosto 2018

8 - OMELIA XIX DOMENICA T. ORD. - ANNO B (Gv 6,41-51)
Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La prima lettura di questa domenica narra la vicenda del profeta Elia. In un momento molto difficile per il popolo d'Israele, durante il quale molti erano caduti nell'idolatria, Elia rimase fedele all'unico vero Dio. Sul monte Carmelo egli aveva sfidato i profeti pagani, dimostrando l'insensatezza del loro culto, e da allora egli fu costretto a scappare per mettere in salvo la sua vita. La regina Gezabele, che era pagana e aveva trascinato nel paganesimo anche il re d'Israele suo marito, lo voleva uccidere. Per questo motivo, Elia si inoltrò nel deserto e fu preso da un grande scoraggiamento. Desiderava morire e chiese al Signore di prendere la sua vita. Ma ecco che un angelo lo destò e gli disse: «Alzati, mangia, perché è troppo lungo per te il cammino» (1Re 19,7). L'angelo diede ad Elia del pane da mangiare, cotto su pietre roventi, e un orcio d'acqua per bere. Elia mangiò e bevve e, ritrovate le forze, camminò «per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb» (1Re 19,8).
Questo episodio dell'Antico Testamento può essere applicato alla nostra vita. Come il profeta Elia, anche noi, se vogliamo rimanere fedeli al Signore, a volte avremo molto da patire. Pensiamo ai tanti martiri che durante i duemila anni di cristianesimo hanno illuminato la Chiesa con i loro esempi. Anche per noi il cammino da percorrere sarà «troppo lungo» e ci mancheranno le forze. Se ci impegneremo a rimanere fedeli al Signore, ci renderemo conto che da soli, con le nostre sole forze, non ce la potremo fare.
Tuttavia, anche noi abbiamo un pane che ci dona la forza di continuare sulla strada del Vangelo, fedelmente, ogni giorno della nostra vita. Questo pane è l'Eucaristia, che noi riceviamo dalle mani del sacerdote. L'Eucaristia ci consentirà di continuare il nostro cammino fino «al monte di Dio», ovvero il Paradiso. Senza questo pane celeste tutto diverrà più difficile, anzi impossibile, e noi saremo costretti a interrompere il cammino intrapreso con tanto entusiasmo.
Di questo «pane» parla anche il Vangelo di oggi. Gesù, proseguendo il discorso di Cafarnao, discorso che abbiamo ascoltato la scorsa domenica, afferma chiaramente: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo» (Gv 6,51).
L'Eucaristia è il dono più grande che possiamo ricevere, perché è Gesù stesso, vivo e vero, presente in ogni Ostia consacrata. È certamente un mistero di fede, tanto che, per riconoscere Gesù presente nell'Ostia Santa, è necessaria una grazia particolare. Gesù lo dice chiaramente con queste parole: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato» (Gv 6,44). Per chi sa riconoscere questa presenza ineffabile, presenza silenziosa ma reale, nessuna difficoltà sarà insuperabile, nessuna prova riuscirà a farlo indietreggiare. Ricordiamoci di tanti martiri, i quali, durante la loro prigionia e in attesa del loro supplizio, di nascosto si facevano portare la Comunione. Solo così essi poterono trovare la forza di andare lieti incontro alla morte. Alcuni di loro che erano sacerdoti riuscirono anche a celebrare la Messa nei momenti in cui non erano osservati, e riuscirono a distribuire la Comunione a tutti quelli che bramavano questo Pane celeste. Si racconta che san Massimiliano Maria Kolbe riuscì in diverse occasioni a celebrare di nascosto la Messa nel campo di concentramento di Auschwitz. Non erano certamente delle solenni Liturgie, ma vi era l'essenziale, vi era Gesù.
Si racconta che san Francesco d'Assisi riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, se il tempo lo permetteva. Egli si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Così scriveva in una sua lettera: «L'umanità trepidi, l'universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull'altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo Figlio di Dio vivo». Anche malato, egli cercava di ascoltare la Messa; e, se proprio non vi riusciva, si faceva leggere le letture della Celebrazione, attento a non perderne neppure una sillaba.
Fedele all'insegnamento della Chiesa, san Francesco scriveva inoltre che bisogna ricevere degnamente l'Eucaristia, confessandosi prima dal sacerdote, se si è consapevoli di aver commesso anche solo un peccato mortale. Ripetendo le parole di san Paolo, egli diceva che chi riceve indegnamente il Corpo e il Sangue di Cristo «mangia e beve la sua condanna».
Se crescerà in noi l'amore per l'Eucaristia, di conseguenza crescerà anche l'amore per il prossimo. Di questa carità parla san Paolo nella seconda lettura di oggi. Egli così scrive agli Efesini: «Camminate nella carità, nel modo in cui anche Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore» (Ef 5,2). Come Gesù si è sacrificato per noi, fino a donarsi completamente a noi nell'Eucaristia, così anche noi dobbiamo amarci scambievolmente, fino al sacrificio.
L'Eucaristia ci dà il grande insegnamento della carità. Se avremo carità verso il prossimo, dimostreremo l'autenticità del nostro amore al Signore.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
http://www.ilgiornodelsignore.it/abbonamento.php?dest=0

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

9 - OMELIA SOLENNITA' ASSUNZIONE - ANNO B (Lc 1,39-56)
A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?
Fonte Il settimanale di Padre Pio

Nella vita di san Bernardino Realino si narra di un'esperienza mistica molto bella. In un momento molto difficile della sua vita, quando tutto sembrava irrimediabilmente perduto, ed egli era immerso in una sofferenza desolante, all'improvviso gli apparve la Vergine Santissima. Ella gli sorrideva e tendeva verso di lui le mani come per accoglierlo, poi lo sollevò dalla sedia dove egli si trovava preso dai suoi tristi pensieri, e gli indicò il Cielo, dicendogli: «Ecco la tua patria!». La visione poi scomparve. La Vergine Maria era sparita al suo sguardo, ma nel cuore gli era rimasto un grande desiderio di consacrarsi a Dio e di compiere opere sante.
In questo piccolo episodio troviamo racchiuso il senso di questa odierna festività: contemplando la Vergine Immacolata assunta alla gloria del Cielo in anima e corpo noi veniamo sollevati dalla meschinità dei nostri pensieri, dalla tristezza delle nostre miserie, per guardare a quella che sarà la nostra sorte futura. Se anche noi incontreremo il sorriso di Maria e ci lasceremo da Lei sollevare, troveremo la forza per andare avanti generosamente nel nostro cammino, e per fare grandi cose per la gloria di Dio.
L'odierna festività ci insegna che la vita diventa molto bella, pur tra le sofferenze di ogni giorno, se terremo i nostri cuori costantemente rivolti al Cielo, dove è la nostra patria. Da un antico autore, la Vergine Santissima è stata definita come la potente calamita dei cuori. Dio si serve proprio di Lei per attirare a sé il cuore dei suoi figli. Egli, il Creatore del cielo e della terra, ha voluto rendere Maria incomparabilmente bella e buona, affinché i nostri occhi e i nostri cuori non possano mai staccarsi da Lei. Quando la preghiamo con fede e con amore, noi la contempliamo con gli occhi del nostro spirito e veniamo sollevati potentemente verso il Signore.
Quando si sale una montagna, sotto di noi tutto diventa più piccolo. Allo stesso modo, quando noi ci innalziamo con la preghiera, i problemi della nostra vita, che prima ci sembravano insormontabili, li vedremo più semplici di quanto sembrava, e ci sentiremo allora animati da una grande fiducia.
Ecco il primo messaggio che possiamo trarre da questa bella solennità dell'Assunzione: pregare sempre il Santo Rosario, con fiducia e amore. Così riusciremo a risolvere i più grandi problemi della nostra vita e, soprattutto, riusciremo ad eliminare il più grande intralcio che paralizza le nostre anime: il peccato.
Vi è un altro messaggio che dobbiamo cogliere quest'oggi. La Madonna è stata Assunta in Cielo in anima e corpo perché Ella è l'Immacolata, la Madre di Dio e la Sempre Vergine. Per essere piena e profonda, la Verginità della "Tutta Santa" non doveva conoscere il disfacimento del sepolcro. Il giglio candidissimo della purezza di Maria non ha mai cessato di esalare il suo profumo ed anche ora, in Paradiso, è la gioia degl'Angeli e dei Santi.
Ecco allora che l'Assunzione di Maria al Cielo ci insegna l'altissima dignità che ha il nostro corpo: anch'esso è chiamato alla gloria del Paradiso. Il nostro corpo risorgerà solamente alla fine dei tempi, quando ci sarà il Giudizio universale, e si unirà all'anima per condividerne la sorte eterna: se l'anima è dannata, il corpo seguirà quella condanna; se l'anima è beata, esso risorgerà glorioso.
Impariamo fin da adesso a rispettare il nostro corpo e a non degradarlo con il peccato. L'uomo d'oggi esalta il corpo e i piaceri della carne. In realtà egli rende il proprio corpo schiavo delle passioni che lo abbruttiscono sempre di più. Contemplando l'Immacolata Assunta in Cielo, noi possiamo vedere la grande dignità dell'uomo e della donna. Se vogliamo raggiungere la gloria che già da ora risplende in Maria, dobbiamo amare e praticare la bella virtù della purezza.
Questa virtù forse è "fuori moda" ma rimane l'unica via per giungere alla comunione eterna con Dio. Quando a san Domenico Savio, giovane discepolo di Don Bosco, dicevano che non occorreva essere così mortificati negli occhi e che poteva anche vedere i divertimenti delle giostre, egli rispondeva che voleva mantenere puri gli occhi per poter vedere Gesù e Maria in Paradiso.
Un tempo si arrossiva anche per la più piccola immodestia, ora l'indecenza imperversa e a molti sembra quasi una cosa normalissima. Si è perso il senso del pudore e i mezzi di comunicazione (televisione, stampa, internet) propongono molto spesso "immondizia a basso costo". Per recuperare il senso cristiano della vita, guardiamo con gli occhi del cuore la gloria della "Tutta Santa" Assunta in cielo. Chiediamo a Lei un grande amore alla virtù della purezza e la grazia di rimanere fedeli in mezzo alle tante insidie dell'odierna società.

Nota di BastaBugie: consigliamo ai parroci il foglietto per la Messa ad uso dei fedeli per seguire le letture "Il Giorno del Signore". Oltre alle letture, ci sono solo commenti dei Padri della Chiesa. Non contiene altre informazioni che possono distrarre dalla celebrazione. Inoltre le letture sono sempre integrali (anche per la Veglia Pasquale!). Il colore adeguato al tempo liturgico e le preghiere dei fedeli ben fatte rendono questo essenziale foglietto veramente il migliore. Per ulteriori informazioni e per riceverlo in parrocchia, visitare il sito
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Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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