BastaBugie n�579 del 03 ottobre 2018

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1 LA GIORNALISTA RAI MARINA NALESSO CONDUCE IL TG CON IL ROSARIO AL COLLO... APRITI CIELO!
La premiata ditta Atei & Giacobini strepita per il delitto di lesa laicità... mentre noi cantiamo ''Marina, Marina, Marina, ti voglio al più presto sposar'' (VIDEO: intervista a Marina Nalesso)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
2 NEGRO: LA PAROLA TABU' DI CHI COMANDA IL PENSIERO
E intanto le notizie di stupro commesse in Italia da immigrati passano sotto silenzio e i clandestini stupratori non vengono né incarcerati, né espulsi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
3 SE IL ''BISPENSIERO'' DI ORWELL PRENDE IL SOPRAVVENTO LA REALTA' SARA' DIMENTICATA
La dittatura LGBT impone il termine ''buco anteriore'', anziché vulva e vagina, per non discriminare i gay che si accontentano del ''buco posteriore''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
4 ASIA ARGENTO: DA ACCUSATRICE AD ACCUSATA
L'attrice che ha denunciato il produttore Weinstein per molestie, paladina del movimento femminista MeToo, si scopre essere molestatrice di un diciassettenne
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
5 LA SINISTRA INVENTA IL PERICOLO RAZZISMO... CHE NON C'E'
L'immigrato è la nuova immagine del proletario, per questo è diventato sacro e intoccabile (perciò ogni fatto di cronaca è un pretesto per alimentare questo mito)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
6 LE IDEOLOGIE POLITICHE NON SONO ALTRO CHE MODERNE ERESIE
Le ideologie non potrebbero affermarsi su popoli di tradizione cristiana se, come le eresie, non avessero brandelli di verità cristiana (esempio: lobby gay)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
7 NUOVA SERIE TV SU PADRE BROWN CON BACI TRA DONNE, PROPAGANDA DELL'EUTANASIA, ECC.
Il prete detective affronta il tutto con un moralismo rassegnato che non appartiene alla lucida razionalità dell'originale uscito dalla penna di Chesterton (molto meglio la serie tv degli anni '70 con Renato Rascel)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
8 TUTTE LE AMBIGUITA' DI BEPPE SALA, IL SINISTRO SINDACO DI MILANO
Stop ai diesel, moschee per tutti, tavolate multietniche e lezioni al leghista Salvini (... ma intanto i rom rubano in casa al sindaco di Milano)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
9 STORIA DELLE GUERRE DI RELIGIONE
Il nuovo libro di Alberto Leoni, grande conoscitore di storia militare, comincia dalla crociata contro gli albigesi fino ai totalitarismi moderni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
10 OMELIA XXVII DOMENICA T.O. - ANNO B (Mc 10,2-16)
Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto
Fonte: Il settimanale di Padre Pio

1 - LA GIORNALISTA RAI MARINA NALESSO CONDUCE IL TG CON IL ROSARIO AL COLLO... APRITI CIELO!
La premiata ditta Atei & Giacobini strepita per il delitto di lesa laicità... mentre noi cantiamo ''Marina, Marina, Marina, ti voglio al più presto sposar'' (VIDEO: intervista a Marina Nalesso)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/08/2018

Vien voglia di cantare la fortunatissima canzoncina di Rocco Granata: «Marina, Marina, Marina, ti voglio al più presto sposar'...». Sì, perché Marina Nalesso, giornalista del Tg1, si permette nell'edizione pomeridiana di andare in video a dire le notizie indossando, su un tailleur grigio tortora, non una collana qualsiasi ma un pregiato rosario da cui pende un piccolo crocifisso. Figuratevi quelli dell'Unione Atei etc. Col loro strepito hanno ottenuto di far convergere l'attenzione pubblica su quel crocifisso. Neanche al papa era mai riuscito.
Eh, ragazzi, la pubblicità è l'anima del commercio. Parlatene, parlatene, qualcosa resterà. La vicenda del crocifisso della Nalesso dovrebbe, nella mente dei suoi accusatori, diventare il nuovo caso politicamente corretto nazionale. Come in Inghilterra, come in Svezia, dove una hostess e un'infermiera sono finite in tribunale per il loro crocifisso al collo. Ma l'Italia è quel Paese conosciuto bene dagli italiani, tranne dai gruppetti giacobini, che da due secoli, sotto etichette ogni volta diverse, si sforzano di «fare gli italiani». Infatti, grazie a Dio non siamo inglesi né svedesi e qui non gliene frega niente a nessuno di quel che la Nalesso porta al collo. Non resterà ai giacobini che la via giudiziaria: la denuncino per lesa laicità, poi si adoperino perché la causa venga giudicata da un magistrato di idee consonanti. Ci sta che la (esigua) minoranza ancora una volta imponga il suo capriccio alla maggioranza silenziosa.
Ma non è detto: in questo Paese anche i comunisti sono catto- e spendono cifre per la Prima Comunione dei loro pargoli. Non stupisce, invece, il silenzio di tomba (è il caso di dirlo) del clero e dei suoi incliti rappresentanti mediatici. «Famiglia cristiana», in effetti, ha altro di cui occuparsi, il culto di San Migrante martire. «Civiltà cattolica»? Il direttore Spadaro si è già espresso: il crocifisso non è un Big Jim (sic) da ostentare. Roma locuta est (chissà poi perché «Big Jim», boh). Tutte e due le pubblicazioni di punta del catto- italiano, il settimanale e il mensile, hanno dato addosso a Salvini, ministro dell'interno, colpevole per l'una di chiudere i porti a San Migrante, per l'altra di volere riportare il crocifisso sui muri degli edifici pubblici.
Ora, se una quidam de populo se lo mette al collo in via privata, dov'è il problema? Solo al (ristretto) club degli Atei & Agnostici etc. può venire l'orticaria. Non sanno che la Rai è da sempre lottizzata col manuale Cencelli? E poi, perché si ostinano a guardare il Tg solo al pomeriggio? Per giunta, se si va a vedere le foto, il crocifisso sul petto della Nalesso è veramente minuscolo. Viene in mente la vecchia barzelletta: una zitella chiama i vigili perché dalla sua finestra si vede l'inquilino di fronte che fa ginnastica nudo; i vigili vengono, vedono, e constatano che del reo si scorge solo il mezzo busto. Lo fanno presente alla denunciante, e quella risponde: «Sì, ma se salite sull'armadio lo vedete intero!».
Forza, dunque, Marina: non ti curar di lor ma guarda e passa. Sappi che se ti fossi messa il chador quei «laici» avrebbero difeso a spada tratta il tuo diritto a manifestare il tuo credo religioso. Ma sì, bene fanno «Famiglia cristiana» e «Civiltà cattolica» a tacere. Infatti, non spetta a loro il giudizio. Ma all'esorcista.

Nota di BastaBugie: Marina Nalesso "Gesù ha bussato alla porta del mio cuore" Intervista alla giornalista del tg1 Marina Nalesso (durata: 17 minuti)


https://www.youtube.com/watch?v=JCfQooT3r9s

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 20/08/2018

2 - NEGRO: LA PAROLA TABU' DI CHI COMANDA IL PENSIERO
E intanto le notizie di stupro commesse in Italia da immigrati passano sotto silenzio e i clandestini stupratori non vengono né incarcerati, né espulsi
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/07/2018

L'avesse fatto oggi, Celentano, il film Yuppi Du, non l'avrebbe passata liscia. C'è, infatti, una scena in cui lui, al bancone del bar, è affiancato da un coloured di stazza imponente. Lui ordina al cameriere un Negroni e quello un bianchetto. Risate. Ma il film è del 1975 e tanta acqua è passata sotto i ponti. L'impero sovietico non era ancora crollato e il Pci era ancora di obbedienza moscovita. Oggi si è riciclato in partito radicale di massa e riceve gli input dalla sinistra liberal americana.
Da questa ha importato tutto, perfino la ridicolaggine tutta yankee di chiamare i negri «neri». Negli Usa prima della Guerra di Secessione i negroes erano gli schiavi, e ancora ai tempi di Kennedy negli elenchi telefonici gli afroamericani avevano un asterisco accanto al nome.

GLI ALTISSIMI NEGRI
Noi italiani non abbiamo mai avuto né schiavismo né razzismo, potevamo perciò permetterci canzoni popolarissime come Faccetta nera e I watussi, «gli altissimi negri» di Edoardo Vianello. Il quale ha ottant'anni e ancora la canta, facendo ballare interi villaggi turistici. Il termine «negro» è spagnolo e deriva dal latino «nigrum», che vuol dire «nero». In Italia si usa(va) la parola «negro» per indicare una persona di origini africane, anche lontane; «nero» era solo il colore.
Quando i Marcellos Ferial cantavano Sei diventata nera tutti capivano che parlavano di una donna abbronzata; avessero cantato Sei diventata negra tutti avrebbero capito ben altro. Poi, con la rivoluzione sessantottarda, che da noi assunse spiccati connotati marxisti, i «neri» divennero gli estremisti di destra, a ricordo della camicie nere d'epoca fascista. Perciò chiamare «neri» i negri genera solo confusione, quantunque politicamente corretta. Ora, è tipico del politicamente corretto pensare per astrazioni.
I politicamente corretti amano l'Umanità ma non il vicino di casa, sono buonisti ma non buoni, sono per le frontiere aperte tranne la porta di casa propria.

IL DENTISTA DI MESTRE
Così è successo che un dentista di Mestre si è ritrovato pieno di buone intenzioni fino a quando il problema non l'ha toccato personalmente: la moglie era stata aggredita da un immigrato che di colpo è diventato «negro», e il dentista è diventato leghista. Ha appeso nel suo studio un cartello in cui si racconta ai pazienti uno dei tanti episodi di cui è costellata ormai la nostra quotidianità. Gli hanno fatto presente che il colore della pelle dell'aggressore è solo un caso, perché anche altre etnie, tra cui l'italica, delinquono. Lui ha così risposto ai critici: «Non mi do ragione di questa gioiosa sottomissione a un'immigrazione senza filtro, un'illegalità diffusa, una microcriminalità dilagante, non la accetto. Le leggi sono permissive, la magistratura buonista, gli avvocati ci marciano. A me bastano i miei criminali, la mafia, la Mala del Brenta, dobbiamo importarne altri?».
Il presidente dell'ordine dei medici ha però replicato: «Esprimo solidarietà al collega per quanto accaduto alla moglie, turbata e ferita, ma come medici per giuramento accogliamo le persone indipendentemente dal colore, dalla razza e dalla professione. L'attività delinquenziale è da condannare in senso lato, a prescindere dalla pelle. Il termine 'negro' può essere inteso come dispregiativo».
Politicamente corretto allo stato puro. Insomma, un negro ti sbatte in terra, ti ruba il telefono e la bicicletta (come è accaduto alla signora di cui sopra), ma se gli dai del «negro» passi i guai, mentre lui, dato il reato di lieve entità (v. decreto svuotacarceri) se ne va a piede libero a ri-delinquere nella strada accanto. E poi si meravigliano della valanga di voti leghisti. E poi chi l'ha stabilito che l'uso della parola «negro» è «dispregiativo»? Perché devono essere sempre i radical-chic a comandare sul linguaggio? Chi comanda sulle parole comanda sul pensiero e chi comanda sul pensiero comanda su tutto. Ma i cosiddetti moderati, ahimè, non l'hanno mai capito.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "Gli immigrati stupratori protetti dal silenzio giacobino" si chiede perché le notizie di stupro commesse da immigrati passino praticamente sotto silenzio, in fondo alle notizie di cronaca. La risposta è semplice: per lo stesso motivo per cui gli immigrati stupratori non vengono né incarcerati né espulsi dal paese. Perché così vuole l'utopia giacobina che ancora annebbia le menti della classe dirigente.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 agosto 2018:
A Moncalieri, nel parco delle Vallere, una donna non giovanissima (44 anni) e madre di famiglia il 22 agosto faceva jogging quando è stata aggredita da Abdul F., 28 anni, ghanese, irregolare e pregiudicato. L'uomo l'aveva sbattuta per terra e mezzo spogliata quando aveva dovuto desistere per via dell'intervento di un cittadino allertato dalle urla disperate della vittima. Il cittadino, un anziano, aveva spinto via l'aggressore, il quale si era allontanato in tutta tranquillità e poi, bontà sua, non aveva opposto resistenza all'arresto.
Questa vicenda merita una riflessione. Innanzitutto la notizia è stata riportata, senza firma, sulle pagine locali (io l'ho letta sull'inserto ligure-piemontese del Giornale), segno che non fa più «notizia», sennò sarebbe stata messa tra le pagine nazionali e firmata. Il tentato stupro a opera di africani, insomma, ormai fa parte del panorama, ci siamo già abituati, non è cosa di gran momento. Il ghanese in questione si chiama Abdul, perciò è musulmano o di cultura islamica. Ebbene, i sostenitori dei ponti-ma-non-muri lo sanno che immettere di colpo centomila giovani maschi terzomondiali in una società in cui le donne godono di libertà sessuale è a dir poco folle? Altra cosa: l'aggressore è indicato solo con l'iniziale, il che vuol dire che la sua privacy prevale. Bel colpo. Per giunta, non solo è irregolare ma anche pregiudicato. Che ci faceva a piede libero? E' lo svuota-carceri, bellezza. E lo sa bene anche lui (ghanese sì, fesso no), tant'è che si è fatto arrestare senza storie (si allontanava tranquillamente...): sa che lo rilasceranno ancora una volta. Rimpatriarlo? Si opporrebbero i preti. Condannarlo al risarcimento? Non ha soldi. Costringerlo ai lavori socialmente utili? No, sarebbe lavoro forzato e il buonismo catto-giacobino non consente. D'altra parte il si-guarda-ma-non-si-tocca vigente da noi per uno così è poco comprensibile, è come immettere un bambino in un negozio di giocattoli, è come far annusare una bistecca appena cotta a un affamato.
Una soluzione alternativa l'ha proposta la presidente della commissione pari opportunità del comune di Genova: dotare le donne di spray anti-aggressione. L'opposizione di sinistra ha subito bollato: «Il peperoncino solo sulla pasta all'arrabbiata». Bisogna piuttosto «educare gli uomini», perché «difendersi è arrendersi all'ineluttabilità della violenza». Insomma, il solito armamentario di cortei, scarpe e magliette rosse, manifestazioni e slogan. Contro lo stupro etnico, l'educazione sentimentale. Già fallita in Germania, Svezia, Danimarca, Olanda. Ma i giacobini non sentono ragioni. Abituati, fin dai tempi di Robespierre, ad avvolgersi in nuvole di parole, a pensare per astrattezze filosofiche, a rinchiudersi in gabbie di concetti prefabbricati, non si arrendono neanche all'evidenza e mettono la realtà sul Letto di Procuste (per chi non conosce la mitologia greca, Procuste era un gigante che stendeva i viandanti in un letto: se erano troppo corti li stirava, se troppo lunghi li accorciava; finché non fu sconfitto da Ercole). «Se i fatti non ci danno ragione, peggio per i fatti», così diceva il filosofo marxista Anatolij V. Lunačarskij (1875-1933), massima fatta propria e ribadita dall'altrettanto filosofo e marxista Ernst Bloch. Se ne era accorto anche il capo vandeano Charette, che combatteva i bleus giacobini. Sia i vandeani che i giacobini lottavano per la patria. Ma i primi la patria l'avevano sotto ai piedi, era la terra dei padri, con le sue usanze e tradizioni e religione. I secondi l'avevano «nella testa», cioè era un concetto artificiale e del tutto astratto, creato dai philosophes nelle «società di pensiero», infatti ne scrivevano la parola in maiuscolo, Patria. E ghigliottinavano chi non era d'accordo.
In un Paese catto-comunista come l'Italia il risultato è il voto plebiscitario alla Lega. Cui il catto-comunista risponde, ottusamente, con insulti ideologici: populismo, fascismo, razzismo. Mandando in prima fila il solito clero. Il popolo non è d'accordo con noi? Tanto peggio per il popolo, il Popolo siamo noi, gli altri sono «massa fanatizzata».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 16/07/2018

3 - SE IL ''BISPENSIERO'' DI ORWELL PRENDE IL SOPRAVVENTO LA REALTA' SARA' DIMENTICATA
La dittatura LGBT impone il termine ''buco anteriore'', anziché vulva e vagina, per non discriminare i gay che si accontentano del ''buco posteriore''
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2018

Noi kattolici attardati preconciliari conoscevamo il foro interno e quello esterno, ora invece la prestigiosa Healthline Media ci informa che esiste anche il foro anteriore e quello posteriore. Per la precisione, si parla di «buco» (front hole e back hole) e chi parla non è uno qualsiasi, ma «uno dei principali network al mondo di informazioni sanitarie», un «colosso del marketing medico-sanitario - con sede a San Francisco, California - con un immenso potere di lobbying», come spiegato il 23 agosto da Aleteia.org.
La sede di San Francisco è quasi ovvia, visto che si tratta della capitale morale (absit iniuria verbis) dell'ideologia "gay". Il colosso suddetto ha pubblicato un lungo documento dal titolo "Lgbtqia Safe Sex Guide". Cioè, "Guida al Sesso Sicuro per gli Lgbtqia", dove q sta per queer, i per intersex e a per asessuate. Insomma, ci sono tutti. Il buco di davanti, per chi ce l'ha, è preferibile ai termini vulva e vagina, perché discriminanti. E siccome Healthline Media è fin troppo autorevole nel suo campo, c'è da aspettarsi che le sue sentenze facciano scuola.

NON SI PUÒ DIRE CHE IL PENE SIA MASCHILE E LA VAGINA FEMMINILE
Nel suo documento, però, si notano passaggi come questo: «Nell'attuale contesto storico, grazie ad una dilagante omofobia e transfobia, si è consolidata la prassi per la quale la maggior parte dei programmi di educazione sessuale non riconosce neppure l'esistenza di Lgbtqia e di individui non binari». Certo, il loro, di quelli della Healthline cioè, è un osservatorio privilegiato e se dicono «dilagante omofobia e transfobia» sanno di cosa parlano, siamo noi quelli che non si sono accorti che l'omofobia e la transfobia stanno dilagando. E siamo pure imprecisi: «L'idea che un pene sia esclusivamente una parte del corpo maschile e una vulva sia esclusivamente una parte del corpo femminile è imprecisa». La tesi sostenuta dal documento californiano è semplice quanto inquietante: «Le comunità Lgbtqia e, in generale, le persone "non binarie" subiscono tassi più elevati di Hiv e Ist (infezioni sessualmente trasmissibili) a causa di una educazione sessuale ed assistenza sanitaria volutamente "inadeguata". I motivi? Pregiudizi, omofobia e transfobia diffusi e mancanza di rappresentanza politico-culturale».
Insomma, i «non binari» si ammalano di più di Aids perché non hanno un partito? E chi impedisce loro di farsene uno? Bisogna avvertirli però, che la scienza politica insegna a diffidare dei «partiti di scopo» (absit - ancora - iniuria verbis): pigliano pochissimi voti. Inquietante, poi, è connettere la più alta incidenza delle malattie sessualmente trasmissibili all'omofobia e alla transfobia. Ma transeat e torniamo a bomba; anzi a buco.

IL BISPENSIERO DI ORWELL
È tipico del pensiero politicamente corretto il credere che cambiando i nomi alle cose cambi la realtà delle stesse. Senza ricorrere al «bispensiero» di Orwell, ho chiesto lumi a un chirurgo plastico sul fatto del front hole. Mi ha spiegato che, in termini di cambiamento di sesso, è un fatto puramente ed esclusivamente estetico. La ricostruzione di un «buco frontale» in un maschio che si sente femmina serve a poco perché è cosa artificiale. Non si prova niente, anzi può darsi che l'eventuale penetrazione provochi dolore. Perciò si è costretti a ricorrere al vecchio Lato B. O all'altro buco frontale.
C'è da chiedersi, al di là di tutto, perché questa rinnovata ossessione per il sesso. Sembra che per i Lgbt(qia) non ci sia altro al mondo. In effetti, come qualcuno ha notato, l'unica rivoluzione che il Sessantotto sia riuscito a fare è quella sessuale. Che, a quanto pare, è da considerarsi incompiuta finché non dilaghi in tutte le sue forme. Attenzione, però: la fantasia umana non ha limiti...

Nota di BastaBugie: cos'è il bispensiero di Orwell citato da Rino Cammilleri nel presente articolo? Per saperlo riportiamo di seguito la voce tratta da Wikipedia (testo integrale secondo quanto pubblicato al 26/09/2018).
Bispensiero, o bipensiero (in inglese doublethink), è un termine in neolingua coniato da George Orwell per il suo libro di fantascienza distopica 1984, utilizzato dal Partito del Grande Fratello (il Socialismo Inglese, o Socing) per indicare il meccanismo psicologico che consente di credere che tutto possa farsi e disfarsi: la volontà e la capacità di sostenere un'idea e il suo opposto, in modo da non trovarsi mai al di fuori dell'ortodossia, dimenticando nel medesimo istante, aspetto questo fondamentale, il cambio di opinione e perfino l'atto stesso del dimenticare. Chi adopera il bipensiero è quindi consciamente convinto della veridicità (o falsità) di qualcosa, pur essendo inconsciamente consapevole della sua falsità (o veridicità). Il bipensiero è ipoteticamente essenziale nelle società totalitarie che, per definizione, richiedono un'adesione costante di fronte a mutevoli linee politiche.
Per comprendere a fondo il concetto di bispensiero nel contesto e nell'accezione specifica dell'opus magnum orwelliana, un ottimo esempio è rappresentato dalle dinamiche che stanno alla base della guerra perenne tra gli stati. L'Oceania, all'inizio del racconto, è in guerra contro l'Eurasia ed alleata con l'Estasia: così è scritto su tutti i libri di storia, i giornali, i manifesti propagandistici affissi ai muri e dichiarato da tutti i dispacci diramati attraverso i teleschermi, mediante i quali vengono confermate continue conquiste sul fronte eurasiano. Ogni mese, alcuni prigionieri eurasiani vengono giustiziati in piazza. Tutti sanno e ricordano perfettamente che la situazione è questa e che lo è sempre stata.
Se il nemico era quello, e il nemico rappresentava il male assoluto, non si poteva mai essere stati alleati con esso. Eppure Winston Smith, il protagonista, ricordava che appena quattro anni prima la situazione era l'esatto opposto: il suo Paese era stato in guerra con l'Estasia e alleato con l'Eurasia; e ciò che lo spaventava enormemente era che lui sembrava essere l'unico a ricordare quella nozione. Quella, così come tante altre.
Tutti gli altri cittadini erano completamente, ciecamente fiduciosi nei dettami del Partito, il quale letteralmente si impossessava del passato al punto da dichiarare che un dato avvenimento non era mai successo: e se tutti i documenti circolanti avessero riportato la medesima storia che il Partito imponeva, allora "la menzogna diventava verità e passava alla storia". Uno slogan del partito recitava "Chi controlla il passato controlla il futuro: chi controlla il presente controlla il passato", e sintetizzava perfettamente il tremendo gioco di costrizione mnemonica e di ipocrisia che veniva richiesto: questa tecnica veniva chiamata "controllo della realtà", in neolingua, appunto, bispensiero. Dalle parole di Orwell, quantomai eloquenti: "Dimenticare tutto quello che era necessario dimenticare, e quindi richiamarlo alla memoria nel momento in cui sarebbe stato necessario, e quindi dimenticarlo da capo: e soprattutto applicare lo stesso processo al processo stesso. Questa era l'ultima raffinatezza: assumere coscientemente l'incoscienza, e quindi da capo, divenire inconscio dell'azione ipnotica or ora compiuta. Anche per capire il significato della parola "bispensiero" bisognava mettere, appunto, in opera il medesimo."
E quello degli schieramenti in guerra non era un caso isolato: Winston ricorda perfettamente ad esempio che quando era piccolo gli aeroplani esistevano già, ma il Partito, sorto dopo la sua prima infanzia, proclamava fossero una sua invenzione; lui lo ricordava perfettamente, tuttavia non c'era alcuna prova. E il suo lavoro consisteva proprio nel "rettificare" gli "errori" pubblicati su vecchi articoli, interviste, comunicati che venivano poi, dopo la "correzione", sistematicamente ristampati e collocati nelle collezioni al loro posto, mentre le copie originali andavano distrutte. Questo procedimento era applicato a qualunque tipo di materiale stampato o documentato che potesse avere un significato politico o ideologico, aggiornando così il passato giorno per giorno, minuto per minuto, rendendolo conforme alla linea del governo e alle contingenze.
E naturalmente, per coerenza al bispensiero, chi viene eliminato non è mai stato eliminato o ucciso, non è "morto" o "scomparso": semplicemente non è mai esistito. Ogni traccia, ogni documento, ogni sua azione passata che potesse provare la sua esistenza era sistematicamente distrutto e con questi il ricordo dalla mente di tutti che, applicando il Bipensiero, dimenticavano perfino di aver dovuto dimenticare, come computer dai quali si cancellino dei file e, oltre a questi, tutte le tracce dell'operazione stessa di cancellazione (log, impronte digitali sulla tastiera, e così via). Il procedimento che porta al bispensiero deve essere quindi sia conscio, per poter essere portato a termine con precisione, che contemporaneamente inconscio, per disgiungersi da "un vago senso di colpa e di menzogna", usando "un inganno cosciente e nello stesso tempo mantenendo una fermezza di proposito che s'allinea con una totale onestà".
Di nuovo dalle parole dello stesso autore si ottengono delle delucidazioni essenziali. Il bipensiero, mediante una menzogna che arriva sempre prima della verità, elimina ogni scoglio al funzionamento della morale imposta.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 29/08/2018

4 - ASIA ARGENTO: DA ACCUSATRICE AD ACCUSATA
L'attrice che ha denunciato il produttore Weinstein per molestie, paladina del movimento femminista MeToo, si scopre essere molestatrice di un diciassettenne
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/08/2018

Quando ero ragazzo e molto prima della conversione al kattolicesimo, se una tardona si offriva di farmi da nave-scuola, accettavo con gaudio e poi ne raccontavo i dettagli agli amici con preghiera di non divulgare (preghiera sempre disattesa). Eh, altri tempi.
Oggi, un diciassettenne nelle stesse condizioni dice, in lacrime, che la vicenda «lo ha segnato profondamente» e, se attore o rocker, «ha influito negativamente sulla sua carriera». Ohibò. Stiamo parlando di Jimmy Bennet, attore e rockettaro, che dice di essere stato «aggredito sessualmente» da Asia Argento cinque anni fa in una stanza d'albergo californiana. Lei di anni ne aveva trentasette, venti più di lui. Può darsi che il toy boy abbia fatto gola all'attrice e regista, può darsi di no. Sta di fatto che, date le performances piuttosto libere di lei (ricordate lo spot in cui, in guepière, baciava in bocca un cagnone?), tutti hanno subito creduto a lui, anche perché pare che lei abbia accettato di risarcirlo con 380mila dollari e chiudere il contenzioso.

LA PALADINA DEL MOVIMENTO FEMMINISTA METOO
Ciò che più attizza la fregola della stampa è che si tratta della più accanita accusatrice del produttore Harvey Wenstein, molestatore seriale e di lungo corso di attrici. La sua furia moralizzatrice ne ha fatto la paladina del movimento femminista #MeToo, che fece sfilare tutte vestite di nero le attrici e le registe alla cerimonia degli Oscar. La rivelazione sul caso Argento-Bennet si deve al New York Times, che ha pubblicato le carte degli avvocati (chi gliele ha date? boh), e pure un selfie datato 9 maggio 2013 che ritrae la violentatrice il violentato a letto. Certo, una violenza sessuale con tanto di autoscatto sorridenti non si era mai visto, ma che volete farci? Ingannevole è il cuore più di ogni cosa - era il titolo del film che i due stavano girando (lui faceva la parte del figlio di lei) e mai titolo fu più azzeccato. Il New York Times svela pure che la transazione pecuniaria è avvenuta in due tranches, tanto è informato nel dettaglio. In effetti, c'è una sorta di gioia maligna che ci invade quando un moralizzatore viene colto con le mani nella marmellata, e il gaudio è tanto più grande quanto più quello è stato accanito. Chi la fa l'aspetti, giustizia è fatta («E ora vediamo se ci rompi ancora il c... con il #MeToo!», ha titolato finemente Dagospia).

MISERIE UMANE E DOMANDE SENZA RISPOSTA
Ma si tratta di miserie umane, umanissime, e tutti faremmo bene a occuparci della trave nel nostro occhio. C'è anche da dire che chi si batte per avere una vita sotto ai riflettori non deve stupirsi se poi non può più permettersi di nascondere la polvere sotto il tappeto. Se sei un anonimo puoi permetterti le dita nel naso, se sei un Vip sei condannato ad attraversare sempre e solo col verde. In fondo, ma sì, alla Argento non è andata poi così male: le sono state addebitate molestie di soli cinque anni fa, mica come i preti americani, i cui molestati si risvegliano di solito dopo almeno trent'anni. Basteranno $ 380mila per compensare il trauma subìto dal giovane Bennet? E in che senso quell'amplesso forzato (con tanto di selfie? mah) ha influito negativamente sulla sua carriera?
Altro quesito: come mai la Argento non ha dato mandato ai suoi avvocati di andare a vedere le carte dell'accusa ma ha preferito transare? Forse perché lui all'epoca era, sia pur di poco, minorenne? Eh, quello hollywoodiano deve essere davvero un bell'ambientino, nel quale, strano-ma-vero, tutti fanno carte false pur di entrare. La Argento, diciamolo, è stata un po' ingenua. Le piaceva fisicamente il ragazzotto? Perché, allora, non introdurre nella sceneggiatura del film una bella scena di sesso col medesimo? Troppa gente intorno, dite? E' vero, si gira sotto gli occhi della troupe. Tuttavia, chi ama la privacy non si fa i selfie mentre consuma. E' vero, anche, che nel film i due erano madre e figlio, ma, se ben girato, l'incesto può garantire l'Oscar. Ricordate La caduta degli dei (1969) di Visconti?

Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "Asia non è ipocrita, ma coerente con il suo pensiero" racconta che il legame che unì la Argento e l'attore Jimmy Bennet è cominciato quando lui aveva 8 anni: il contenuto della pellicola girata insieme, le messe pagane, il bacio a un cane e, nello stesso tempo, il suo dirsi paladina «delle donne, della pace e della verità», in realtà non sono ipocrisia. Crederlo allontana dalla radice del male che l'attrice e tanti altri abbracciano.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 agosto 2018:
Non ci importa molto della coerenza. Lo scandalo che ha travolto Asia Argento non è tanto legato al suo "predicar bene e razzolar male". Che se fosse sincero ci farebbe soffrire, ma non ci scandalizzerebbe, perché chi pur indicando il bene e sapendo qual è non è mai caduto nell'errore? Ma non è questo il caso, appunto.
Per capire chi fosse la Argento non avevamo nemmeno bisogno di questa ultima rivelazione del New York Times, il tempio del mondo liberal che ha colpito una delle sue icone migliori (un regolamento di conti?), da cui emerge che l'attrice nel 2013 avrebbe comprato con 380 mila dollari il silenzio di Jimmy Bennet (attore e cantante oggi 22enne), per una "relazione" con lei quando lui aveva 17 anni. Non ne avevamo bisogno perché anche quando l'anno scorso è diventata la paladina del movimento #MeToo, accusando di molestie Harvey Weisten dopo aver ceduto vent'anni prima alla sue richieste per assicurarsi la carriera, oltre che debole nella denuncia (Argento aveva volontariamente preferito la carriera alla sua dignità, accompagnandosi con Weinstein anche dopo il loro primo incontro) ci sembrava molto faziosa nelle intenzioni. Come pensare infatti che la lotta dell'attrice fosse per la dignità della donna e contro gli abusi, quando lei stessa è stata per anni l'incarnazione del pansessualismo e del libertinismo, arrivando persino ad accettare di girare scene in cui, in veste di spogliarellista, si comportava come un animale arrivando ad avere effusioni sessuali con un cane?
È chiaro, come è stato denunciato da alcuni intellettuali, che il movimento #MeToo è il frutto di una lotta intestina al mondo liberal necessario a far passare la teocrazia femminista, per cui l'uomo sarebbe sempre un orso cattivo che deve pagare i suoi errori, mentre alla donna, povera e debole, deve essere concesso tutto. Insomma, la Argento ha sempre pensato che ci fossero due pesi e due misure. Perciò, come si legge dalle carte pubblicate, l'attrice sarebbe entrata nella stanza di albergo di Bennet e dopo avergli offerto alcolici lo avrebbe spinto sul letto.
La Argento ieri ha negato ogni cosa, ma le carte legali restano. Certo, non si sa se il ragazzo fosse consenziente o meno e se si sia o no approfittato della situazione per ricevere denaro. Fatto sta che gli avvocati dell'attrice hanno ritenuto di dare al ragazzo quanto richiesto per farlo tacere. Una bella prepotenza per essere una che parla di rispetto, mentre come una camionista alza diti medi aggredendo verbalmente qualsiasi persona non digerisca, mentre nello stesso tempo a New York predicava insieme a Laura Boldrini la necessità femminista di difendere le donne indifese contro «il patriarcato» perché «siamo dalla parte delle donne, della pace, della verità».
Questa confusione, questa ambiguità per cui si danno messaggi opposti non è però ipocrisia. La Argento cavalca la doppiezza in tutti i suoi film, compreso quello girato con Bennet nel 2004 "Ingannevole è il cuore più di ogni cosa" (basti vedere la foto sopra della locandina). I due infatti si erano conosciuti ben dieci anni prima dell'abuso, quando lui aveva otto anni. L'attrice aveva dichiarato che per girare il film aveva dovuto lavorare a lungo con il piccolo affinché avesse «una totale fiducia in me», come sottolineato dalla difesa del ragazzo spiegando quanta fede lui avesse nell'attrice, tanto che i rapporti fra i due devono essere durati anni se si trovavano ancora insieme nel 2013.
Colpisce anche la trama della pellicola che li ha uniti. Un film nato dall'amicizia fra uno scrittore, che si dichiarava di "identità fluida", J.T. LeRoy, e Asia Argento. Il copione era basato sull'autobiografia dell'infanzia di LeRoy (interpretato dal piccolo Bennet), abusato dalla madre, una prostituta violenta che lo vestiva da bimba provocante in modo che i suoi clienti abusassero anche di lui, come lui stesso richiedeva. Ovviamente la colpa di tutto ciò erano i nonni "fanatici cristiani" che a furia di reprimere la sessualità avevano ottenuto l'effetto opposto.
Il messaggio del film è però quello di un bambino che, pur avendo subìto di tutto, aveva poi superato il trauma accettando quella realtà e anzi assecondandola, così da condurre una vita più o meno stabile nella sua identità fluida. Peccato che anni più tardi si scoprì che J.T. LeRoy, amico di molti vip e spesso ospite delle feste hollywoodiane, ritratto persino mentre si bacia con la Argento ad un party, era in realtà una donna che si era inventata gran parte della storia. In ogni caso il messaggio passò.
Ma che l'origine di questa ambiguità non sia appunto l'ipocrisia, bensì il male accolto e propagandato lo dice l'ultima performance dell'attrice al "Festival del film di Torino", dove presentatosi come una strega ha inscenato una messa pagana. «Credo in una dea che può risorgere i morti», urlavano sguaiate con la Argento altre streghe. «Signora Gesù, signora Gesù», bestemmiavano evocando lo spirito. «Le donne sono le salvatrici del mondo, alleluia, alleluia...Ti dirò perché la signora Gesù è venuta e perché verrà ancora» e, ancora più forte e minacciosa, la Argento puntando il dito sulla platea come una pazza inveiva: «Ti dirò perché tu devi essere pronto, così che nell'ultimo giorno sarai nella gloria della dea!». Al termine le "sacerdotesse" segnavano con una croce nera la fronte del pubblico in fila per prendere una specie di comunione pagana.
Per questo la Argento, da vera femminista, non ha mai accusato il pansessualismo e il libertinismo predicati dal movimento sessantottino dell' "utero è mio e lo gestisco io", che è la radice degli abusi maschili, femminili o pedofili, ma solo il maschio in quanto tale. Perciò no, l'attrice non è ipocrita e sarebbe censurare la vera causa del male definirla così. Anzi, il suo razzolare è perfettamente coerente con ciò che predica, ma che è così ingannevole che invece che dare potere alle donne lo ha tolto a tutte quante. E ora lo sta togliendo anche a lei.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/08/2018

5 - LA SINISTRA INVENTA IL PERICOLO RAZZISMO... CHE NON C'E'
L'immigrato è la nuova immagine del proletario, per questo è diventato sacro e intoccabile (perciò ogni fatto di cronaca è un pretesto per alimentare questo mito)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01/08/2018

L'emigrato è sacro e guai a chi lo tocca. Sei poi è africano, è ancora più sacro. Il presidente Mattarella, per esempio, in visita di stato in Armenia, al deporre una corona di fiori sul sacrario del genocidio insieme al presidente armeno, non imita quest'ultimo, che si fa il segno della croce, dunque nemmeno il memoriale del genocidio è per lui sacro. Però alza la voce contro l'Italia-farwest se un cretino spara ad aria compressa su una bambina nomade. Una ragazza di origine nigeriana si becca un uovo in un occhio ed ecco tutti i giornali e i tiggì fare la conta, tutte le volte che danno la notizia, di quanti neri nell'ultimo mese si sono fatti la bua per colpa dei bianchi. Sicuramente il Tg2 metterà, se continua così, il numeretto in alto a destra dello schermo, così come per i «femminicidi». Cioè, ogni volta che ci sarà un caso, ci ricorderà tutti i precedenti, in modo che gli italiani non si scordino il sacro dovere di santificare il migrante.

USA: DISCRIMINAZIONI AL CONTRARIO
L'americanata del «razzismo» ha prodotto negli Usa discriminazioni al contrario, alle quali l'odiato (non a caso) Trump sta cercando di porre rimedio. Ora, la sinistra nostrana cerca di americanizzarci anche in questo, noi che non abbiamo avuto né capanne dello zio Tom né guerre di secessione. Le sinistre, eredi del giacobinismo, sono maestre nella guerra degli slogan: i loro avi l'hanno inventata ed è il motivo per cui cercano indefesse di introdurre i loro temi ideologici nelle scuole. Le quali, dal Sessantotto in poi, sono diventate il luogo privilegiato del conformismo politicamente corretto, complice lo scarso livello critico della classe insegnante. Berlusconi, dal canto suo, fin dal 1994 commise lo stesso errore della Dc, trascurando la cultura, le arti e la scuola in un gramscismo al contrario. Perì di propaganda e demonizzazione, malgrado i voti che aveva.
Due-tre anni fa, d'estate, ero a cena in un ristorante all'aperto, a Pisa, con una coppia di amici e il loro figlio di dieci anni. La città era da sempre un feudo rosso, perciò gli ambulanti africani erano intoccabili. Cenare fuori era un tormento, ti si avventavano addosso come le cavallette, uno dietro l'altro, senza fine. Ero impegnato in una animata discussione quando arrivò il primo, insistente nel voler vendermi le sue cianfrusaglie. Gli dissi che non mi interessava, dovetti ripeterlo cinque volte, alzando vieppiù la voce. Alla fine, spazientito, mi levai in piedi e lo mandai a quel paese a male parole. Ebbene, il bambino mi diede del «razzista», e a nulla servì spiegargli che avrei agito così anche con un ambulante italiano se fastidioso e importuno. Eh, i corsi di antirazzismo glieli avevano fatti a scuola, perciò il decenne si comportava come i cani di Pavlov. Così, la sinistra e i suoi utili idioti non devono fare altro che ribattere i loro slogan fino allo sfinimento, ansiosi come sono che un movimento razzista, dai e dai, prima o poi nasca davvero.

LA SINISTRA SA COMANDARE PUR ESSENDO MINORANZA
Né si tratta di un fenomeno solo italiano: sui giornali esteri la Lega è qualificata di «partito xenofobo», e lo stesso fanno i giornalisti italiani con tutte le destre europee; basta solo che chiedano una qualche disciplina dell'«accoglienza» e l'etichetta è già pronta. Naturalmente, come tutti sanno, per far nascere un fenomeno basta evocarlo con sufficiente reiterazione. L'iperprotezione dell'immigrato creerà fatalmente un movimento di rigetto, e allora, se prenderà i voti delle maggioranze esasperate, gli si darà del «populista» (da qual pulpito viene poi, la predica: se c'era un partito populista in Italia era il loro papà, il Pci) e lo si demonizzerà in tutti i modi. Se prenderà altre vie, meglio: la sinistra ha un bisogno disperato di un «proletariato» da cavalcare, e se non c'è lo crea. Come da copione, quando la sinistra perde alle urne fa ricorso alla piazza: il segretario del Pd, Martina, ha appena annunciato una grande «mobilitazione» antirazzista per settembre. Pensate che dopo le ultime elezioni, le sinistre si stiano estinguendo? Errore: come si fa a comandare pur essendo una risicata minoranza glielo ha insegnato Marx, ed è una lezione che non hanno mai dimenticato. Anche perché non sanno fare altro.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 01/08/2018

6 - LE IDEOLOGIE POLITICHE NON SONO ALTRO CHE MODERNE ERESIE
Le ideologie non potrebbero affermarsi su popoli di tradizione cristiana se, come le eresie, non avessero brandelli di verità cristiana (esempio: lobby gay)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

Il grande pensatore spagnolo Juan Donoso Cortés diceva che le ideologie politiche non sono altro che eresie secolarizzate. E anche il filosofo Augusto Del Noce parlò di nazismo e comunismo come di «gnosticismo di massa». Ora, le ideologie-eresie non potrebbero affermarsi su popoli di tradizione cristiana se, come tutte le eresie, non contenessero brandelli di verità cristiana. Lo straordinario successo, per esempio, del comunismo non ci sarebbe stato senza la particolare insistenza sull'eguaglianza e la giustizia sociale.
Proprio per questo, ogni volta che una nuova ideologia si è affacciata all'orizzonte, ecco gruppetti di cristiani salutarla con giubilo e candidarsi al ruolo di mosca cocchiera. Già al tempo del giacobinismo, padre di tutte le ideologie che seguirono, c'erano preti e anche vescovi entusiasti reggicoda dei sanculotti. Poi, quando la rivoluzione si spostò in Italia, ecco i cattolici liberali e i frati seguaci di Garibaldi. In tempi più recenti, i «cristiani per il socialismo», che provocavano l'irrisione amara di Padre Pio. Negli Usa, oggi, abbiamo i christians pro-choice, filoabortisti, e, dappertutto, i cristiani Lgbt, che da noi sono «cattolici».

LA LOBBY GAY NELLA CHIESA
Con tanto di preti schierati dalla loro parte e vescovi che dicono chiaro che la Chiesa dovrebbe mutare la sua dottrina tradizionale al riguardo. Ora, in base alle ultime risultanze (di cui La Nuova Bussola Quotidiana non ha mancato di riferire), scandali pedofili, pederasti e omosessuali stanno scuotendo anche i vertici di Chiesa. Nel 2012 il professore polacco Dariusz Oko dell'università di Cracovia non esitò a puntare il dito contro quella che lui definiva una vera e propria «lobby gay» nella Chiesa, Cioè, scrive il nostro Lorenzo Bertocchi, «una rete di prelati, anche ad altissimi livelli e anche a Roma, che si coprivano l'un l'altro».
Riguardo il recentissimo scandalo concernente il cardinale americano McCarrick, Oko ha dichiarato a LifeSiteNews che si tratta solo della «punta dell'iceberg» e che «secondo stime attendibili si può valutare che circa il 30-40% dei sacerdoti e il 40-50% dei vescovi negli Stati Uniti abbiano inclinazioni omosessuali». Numeri impressionanti. Che sarebbero impressionanti anche se il fenomeno riguardasse solo il 20, o anche il 10%. Naturalmente, non si può pensare che il caso sia solo americano, perciò è lecito porsi la domanda: come mai questo fenomeno è così rilevante tra il clero cattolico?

L'AMORE-ODIO DEI GAY VERSO LA CHIESA
Sappiamo che non è l'unico, certo, ma è quello che dovrebbe avere maggiori anticorpi. Dunque, vediamo di avanzare una (parziale) spiegazione. Si sarà notato, nei variopinti cortei dei Gay Pride, come non manchino mai travestimenti che irridono ai simboli cattolici, con mitrie, aureole e veli da suora. Ciò farebbe pensare a un'ideologia atea, ma è qualcosa di più. E' amore-odio. Molti omosessuali sono, infatti, religiosissimi, anche se su un piano meramente emotivo. La presenza di qualche personalità effeminata nel clero e tra i seminaristi è, per lo scrivente, un ricordo dell'oratorio degli anni Cinquanta.
E, tra i preti che insegnavano religione alle medie, ce n'era sempre almeno uno che interrogava alla cattedra accarezzando un po' troppo. Sembrava un gesto d'affetto e benevolenza, paterno. Ma era un fatto, ricordo bene, che gli altri insegnanti non lo facevano. Poi, al liceo, mi resi conto che la cosa funzionava così: un parroco riceveva la confessione di un suo fedele omosessuale e, a quel punto, gli consigliava il seminario. In base a questo ragionamento: le donne non ti piacciono, quindi il matrimonio è escluso; sei molto religioso, perciò fatti prete, almeno il voto di castità ti terrà lontano dalle tentazioni.
Buone intenzioni, dunque, che a volte sortivano, però, l'effetto opposto, perché era come introdurre una volpe nel pollaio sperando che si adattasse al becchime. Ogni flop, poi, veniva affrontato in camera caritatis con preti appositi che si occupavano dei casi «difficili». Ma venne l'edonismo di massa e i media a caccia di scandali, e non si poté più nascondere niente sotto il tappeto. Da qui la novità: sdoganiamo il tutto, visto che è così diffuso. Lo stesso ragionamento degli antiproibizionisti: i drogati sono troppi, legalizziamo la droga. Cominciando da quella «leggera».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 03/08/2018

7 - NUOVA SERIE TV SU PADRE BROWN CON BACI TRA DONNE, PROPAGANDA DELL'EUTANASIA, ECC.
Il prete detective affronta il tutto con un moralismo rassegnato che non appartiene alla lucida razionalità dell'originale uscito dalla penna di Chesterton (molto meglio la serie tv degli anni '70 con Renato Rascel)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/06/2018

E' partita la sesta stagione dei telefilm su Padre Brown e mi sono disposto a guardarla come le precedenti. Gli attori sono gli stessi delle varie stagioni: Mark Williams, che fa il protagonista, e i comprimari fissi Mrs Bridgette McCarty (Sorcha Cusacks), l'autista Sid Carter (Alex Price), il sergente Goodfellow (John Burton) e Penelope (Emer Kenny) che ha preso il posto di lady Felicia Montague (Nancy Carrol), partita per il Sudafrica nella quarta stagione.
Nella nuova serie Penelope appare ingrassata, quantunque l'espressività dell'attrice sia inalterata. Pazienza: era la più carina. I telefilm sono nel complesso gradevoli, anche se manca quel quid che solo Chesterton sapeva dare. Infatti, la serie è solo ispirata al personaggio creato da Gilbert K. Chesterton. Il risultato è che un prete cattolico diventa detective, con storie che tengono presente che, appunto, si tratta di un prete cattolico nell'Inghilterra anglicana dei primi anni Cinquanta. Naturalmente, gli autori non hanno il genio letterario di Chesterton né, figurarsi, la sua preparazione teologica.

MEGLIO DI SHERLOCK HOLMES
Non a caso di Chesterton è in atto addirittura il processo di beatificazione per il suo acume cristiano e la sua capacità di renderlo accessibile a tutti. In un tempo in cui furoreggiava lo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle, Chesterton volle intenzionalmente contrapporgli un detective che fosse l'opposto. Come Holmes usava il razionalismo ottocentesco ateo e positivista, così padre Brown risolveva gli enigmi tramite la razionalità scolastica di san Tommaso d'Aquino.
Conan Doyle, quantunque battezzato cattolico, era spiritista (la via "scientifica" per l'aldilà). Chesterton, convertito da adulto al cattolicesimo, dei convertiti aveva la foga, la chiarezza di idee e la passione dottrinale.
Naturalmente, niente di tutto questo si trova nei telefilm trasmessi in Italia dal canale televisivo Paramount. Sono dei gialli dal tono leggero, quasi da soap opera, e non hanno particolari pretese. Però, l'episodio L'angelo della misericordia fa sobbalzare sulla sedia i fans di Chesterton. Si tratta di una anziana signora che - lo si scopre alla fine - si dedica all'eutanasia attiva di malati consenzienti. Quando viene scoperta, da padre Brown, si lancia nelle solite giustificazioni che si sentono da parte dei sostenitori del «diritto» alla dolce morte. L'unica obiezione del prete-detective è che solo Dio può stabilire quando si deve morire.
Se i movimenti per la vita odierni usassero questo tipo di argomentazione non avrebbero alcuna speranza di successo. Il diritto naturale, infatti, è razionale e oggettivo, ed esula dal semplice fideismo. Chesterton avrebbe avuto ben altri argomenti sul tema. Solo che detto tema ai suoi tempi era fuori discussione, sennò lui ci avrebbe lasciato le sue consuete folgorazioni, tanto era bravo a cogliere l'ovvio, anzi il talmente ovvio da essere sotto gli occhi di tutti e, perciò, quasi invisibile.

ASSURDO E FUORI CONTESTO
Di più: il tema era fuori discussione anche negli anni Cinquanta, epoca in cui sono ambientati i telefilm e, in Inghilterra, un «angelo della misericordia» del genere avrebbe suscitato orrore e sarebbe finito impiccato senza complimenti. Ma non è questa l'unica perla della puntata. Tenetevi forte. La principale indiziata, ex novizia di convento, alla fine della storia dichiara di volere, adesso, dedicarsi al grande amore della sua vita. «Il convento?», chiede un'ingenua Penelope. No, risponde quella, e fa un nome. Subito arriva una macchina e ne scende una donna.
Le due si abbracciano con trasporto e con la stessa macchina se ne vanno. Insomma, due lesbiche. L'unica reazione di padre Brown è un'alzata di sopracciglio, gli altri comprimari, dal canto loro, tacciono. La conclusione è politicamente corretta e denuncia l'esaurimento delle idee degli autori. Ma anche cronologicamente errata. L'Inghilterra degli early Fifties era ancora puritana ed erede di una mentalità vittoriana che solo l'avvento del beat dieci dopo avrebbe incrinato (i più anziani tra noi ricordano che, al loro apparire, i Beatles con quelle pettinature venivano definiti dalla stampa «scimmie»). Chesterton, poi, si rivolta nella tomba al vedere come viene trattato il suo cattolicissimo e ortodossissimo personaggio.

Nota di BastaBugie: molto meglio della serie tv dei nostri giorni è senz'altro lo sceneggiato televisivo prodotto dalla RAI nel 1970 e interpretato da Renato Rascel. Nel link sottostante si può approfondire la figura di Padre Brown e vedere (gratis) tutti gli episodi dello sceneggiato del 1970.

IL PRETE INVESTIGATORE INVENTATO DALLO SCRITTORE CATTOLICO INGLESE CHESTERTON
Lo scopo non è consegnare il colpevole alla giustizia terrena, ma fargli affrontare quella divina: al contrario di Sherlock Holmes, non cattura criminali, ma anime
http://www.filmgarantiti.it/it/edizioni.php?id=47

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 23/06/2018

8 - TUTTE LE AMBIGUITA' DI BEPPE SALA, IL SINISTRO SINDACO DI MILANO
Stop ai diesel, moschee per tutti, tavolate multietniche e lezioni al leghista Salvini (... ma intanto i rom rubano in casa al sindaco di Milano)
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/06/2018

A gennaio Milano chiuderà ai diesel Euro 1, 2 e 3. Nell'ottobre seguente toccherà anche ai 4. Le famiglie a basso reddito che dovranno cambiare l'auto e comprane una a benzina? Fatti loro. Le case automobilistiche già si fregano le mani. Lasciare l'auto nel box? Perché, le famiglie di cui sopra possono permettersi un box? Lasciarla per strada? Ticket & gratta-e-sosta diventerebbero una (pesante) tassa di possesso (leggi: patrimoniale) da aggiungere a quelle di bollo & assicurazione.
Sì, ma il cittadino, così, è incoraggiato a prendere il mezzo pubblico, si obietta, e non inquina. Infatti, il sindaco ha già in tasca l'aumento del biglietto da un euro e mezzo a due. Andata più ritorno (perché chi va, di solito torna) fanno 4 euro, quasi ottomila delle vecchie lire. Gli immigrati, poi, difficilmente pagano il biglietto e va già bene se non aggrediscono gli eventuali controllori, come spesso accade sui treni locali e molto spesso sulle linee urbane 90 e 91, specialmente col calar del buio. E dove mettiamo gli scioperi dei mezzi pubblici, che così potrebbero giugulare più di prima?

IL PROBLEMA DELLE MOSCHEE
E poi c'è, aperto, il problema delle moschee: Milano ha sui settantamila musulmani e il sindaco Beppe Sala dice che, Costituzione alla mano, hanno diritto di avere un luogo in cui pregare. Peccato che, di questi tempi, la moschea non sia come un tranquillo tempio buddista. Se l'imam ci predica in arabo, chi controlla che cosa dice? E poi, fare l'imam non è esattamente come fare il prete, che deve frequentare il seminario e laurearsi in teologia. Chiunque potrebbe improvvisarsi imam e magari predicare, in arabo, il jihad.
Questioni, insomma, che coinvolgono anche il ministero degli interni. Che adesso è Matteo Salvini, leghista. Il sindaco di Milano, Beppe Sala, il 19 giugno u.s. ne ha parlato in diretta su Facebook ai giornalisti dell'associazione Cronisti in Comune, conversando circa il taglio simbolico del traguardo dei primi due anni della sua permanenza a Palazzo Marino. A proposito di Salvini e moschee, così ha detto: «Mi differenzio molto da un certo tipo di destra, anche da Salvini che agita il rosario o mostra il Vangelo e assume atteggiamenti che sono lontanissimi dai dettami del Vangelo».
Che Sala fosse esperto di Vangelo e della sua applicazione non lo sapevamo, evidentemente ne sa quanto basta per dare lezioni al ministro. Affaritaliani.it riporta il seguito: «Quello che c'è nella Costituzione e nel Vangelo lo rispetto. Evito di cercare il consenso usando strumenti che poi ti mettono in contraddizione». Qualunque cosa ciò voglia dire. Ma subito ribadisce: «A me del consenso interessa niente quando c'è il rispetto delle regole, su questo sono zero ambiguo». A noi pare che, al contrario, sia proprio ambiguo. A meno che non intenda riferirsi, come sopra ricordato, all'articolo della Costituzione che garantisce la libertà di culto e del suo esercizio. Il fatto è, però, che l'islam non è una religione come le altre, tutto qui. In ogni caso, questo impiparsi del consenso in uno che occupa un posto elettivo fa riflettere. Senza scomodare il celebre sonetto romano «Io so' io e voi nun zete un c...», la cosa suona come: ormai m'avete votato e mo' so' fatti vostri.

MA IL SINDACO INSISTE... SENTITE QUESTA
A proposito della enorme tavolata multietnica in programma per il 23 giugno p.v., spiega che iniziative del genere «nascono anche dalla mia volontà, non le scarico solo sull'assessore Majorino» che ne è promotore insieme al comitato «Insieme senza muri». Dice il sindaco che «noi abbiamo il 20 per cento di immigrati, e la città funziona». Funziona, in effetti, anche San Vittore, visto che gli stranieri costituiscono oltre la metà della popolazione carceraria italiana pur essendo, gli stranieri, una minoranza. Il bello è che «anche Sala è consapevole che se "si facesse un sondaggio il giorno dopo il consenso diminuirebbe"».
E allora forza con la Costituzione (quale?) e il Vangelo secondo Ravasi, e chissenefrega se i milanesi non sono molto d'accordo. «Non so se sono un politico anomalo ma continuerò così, questa continua ricerca del consenso, questa voglia di fare battaglie facili non mi appartiene. Non voglio dire che vista l'aria che tira mi sento ancora più in dovere di difendere certi valori.. ma un po' sì obiettivamente». I valori, altrettanto obiettivamente, sono quelli del suo partito, trombato clamorosamente alle elezioni. Infatti, il sindaco ha da poco iscritto all'anagrafe il figlio di due mamme, sebbene la legge lo vieti. E pure la Costituzione e il Vangelo.

Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Rino Cammilleri, nell'articolo seguente dal titolo "Alcuni furti sono più furti degli altri" spiega che se rubano al sindaco di Milano, a un ministro o a un conduttore televisivo, i ladri sono presto acciuffati, ma se rubano a un semplice cittadino la polizia non indaga neppure.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 08/06/2018:
All'inizio di giugno il sindaco di Milano, Sala, di ritorno da un weekend in Liguria ha trovato la casa saccheggiata. Niente di tragico, solo un orologio Rolex, una catenina d'oro e una ventiquattr'ore Armani. Intervenuta celermente la Digos, le impronte digitali hanno subito risolto il caso: tre ladre rom, evidentemente recidive sennò non sarebbero state schedate.
Arrestate, il giudice ne ha subito rilasciate due, una perché mamma di un quasi neonato, l'altra perché sedicente tredicenne. Di quest'ultima, priva di documenti, non si può appurare l'età esatta, perciò, come vogliono i princìpi della giurisprudenza, in dubio pro reo. Eh, il latino era icastico, l'italiano no, dunque dovremo tradurre impiegando molte parole: in caso di dubbio si proceda nel modo più favorevole al reo. La presunta minore, come vuole la legge, verrà riaffidata alla famiglia. Cioè, ai presumibili mandanti, data l'etnia. Ma la legge è legge, e vale anche per il sindaco della capitale morale d'Italia.
Vale pure per lui anche il decreto «svuotacarceri», che rimetterà a piede libero anche la terza ladra. La refurtiva, restituita, non era di gran pondo, ma quando c'è di mezzo una personalità istituzionale si muove la Scientifica: in casa del derubato potrebbero esserci dei documenti importanti o un finto furto potrebbe venire inscenato per ben altri motivi.
L'anno scorso era toccato a un magistrato, sempre milanese: furto di quadri; colpevole individuata, anche qui, grazie alle impronte digitali. Quando Alfano era ministro degli interni gli rubarono la bici sul lungomare di Agrigento. Niente documenti, qui, niente messinscena, niente spionaggio. Ma era il ministro, amigos. Elogi da parte dello stesso alle forze dell'ordine per l'immediata ispezione delle telecamere e la subitanea restituzione del maltolto. Non era una personalità istituzionale il giornalista televisivo Santoro, quando gli rubarono la macchina fotografica dall'auto. Rilevate le impronte. Eh, conduttore di programmi «d'inchiesta» avrebbe potuto imbastire una puntata sull'«inefficienza» delle forze dell'ordine italiane.
Io non ero un vip istituzionale né televisivo, e lo sapevo, perciò quando mi rubarono l'auto non feci in tempo a trattenere mia moglie dal suggerire, all'atto della denuncia, l'esame delle impronte. Infatti, praticamente le risero in faccia: signora mia, a Milano rubano non meno di quaranta macchine al giorno, se dovessimo far venire la Scientifica ogni volta... Così, dovetti pure rifondere all'Asl la carrozzina di mia suocera invalida, che stava nel portabagagli. E indebitarmi per un'altra auto. Usata, mentre quella sparita era nuova. Me ne andai sibilando tra i denti: già, ma se non pago le tasse vi precipitate di notte e con le teste di cuoio, così che giustizia sia fatta, pronta e implacabile. Tra i denti, però: anche il vilipendio è punito subito e duramente se proferito da un cittadino comune (e non immigrato).
Il segnale lanciato ai ladri, comunque, è chiaro: non rubate ai Vip, ché vi trovano e vi pigliano subito, rubate solo al cittadino comune, per il quale non indagano nemmeno. Da qui la lotta spietata, a coltello, denti e gomiti, senza esclusione di colpi per emergere dalla confusa e magmatica massa dei comuni mortali, disposti a qualsiasi cosa pur di entrare tra i Vip, perfino a chiudersi nella casa del Grande Fratello.

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 21/06/2018

9 - STORIA DELLE GUERRE DI RELIGIONE
Il nuovo libro di Alberto Leoni, grande conoscitore di storia militare, comincia dalla crociata contro gli albigesi fino ai totalitarismi moderni
Autore: Rino Cammilleri - Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/07/2018

Il 22 luglio 1209 la città provenzale di Bezieres venne presa d'assalto dai crociati e la sua popolazione passata fil di spada in uno dei più orrendi massacri del tempo. In città c'erano circa duecento catari su ventimila abitanti. Passò alla storia la famosa frase proferita in quell'occasione dal legato papale, Arnaud Amaury: «Uccideteli tutti: Dio riconoscerà i suoi». L'apologetica cattolica ha provveduto, correttamente, ad accertare come questa frase, in realtà, non sia mai stata pronunciata. Ma Amaury, nel suo rapporto a Innocenzo III, confermò trionfante la strage indiscriminata. Altri tempi, si dirà.

STORIA DELLE GUERRE DI RELIGIONE
Tuttavia, nel XX secolo abbiamo visto anche di peggio, e molto. Alberto Leoni, grande conoscitore di storia militare, comincia proprio dalla crociata contro gli albigesi la sua Storia delle guerre di religione. Dai catari ai totalitarismi (Ares, pp. 368, €. 18). La Chiesa, con le altre religioni, usò sempre l'arma dell'evangelizzazione, ma con le eresie non esitò a usare la forza quando ogni altro mezzo era fallito. In effetti, per la salvezza dell'anima, un pagano non può fare il danno di un eretico: la moneta falsa è pericolosa, un'altra valuta no. Prima dei catari il meccanismo ereticale funzionava così: c'era un eresiarca e i suoi seguaci; condannato lui, l'eresia in breve spariva.
Non così con i catari, di cui non si conoscevano i fondatori e i capi, ma si diffondevano nelle regioni più ricche e colte della cristianità. La Chiesa per loro inventò l'Inquisizione, madre del processo moderno (al di là delle leggende nere). Poi, quando gli eretici passarono alle vie di fatto uccidendo il legato Pietro di Castelnau, bandì la crociata, della quale approfittarono i nobili del Nord della Francia per avventarsi sul prospero Meridione. Il sistema della neutralizzazione dell'eresiarca non funzionò più nel caso di Jan Hus, che fu giustiziato dal Concilio di Costanza nel 1415 dopo un processo corretto ma, va detto, iniquo.
E Leoni non fa, nel suo libro, dell'apologetica a buon mercato, ma mette le carte in tavola così come stanno, non risparmiando ammirazione per gli hussiti, nelle guerre che seguirono, e il loro formidabile condottiero, Jan Zizka. Stessa ammirazione la si trova, nel libro, per Gil de Albornoz, lo spagnolo che, nel secolo precedente, aveva riconquistato metro per metro lo Stato della Chiesa con un piccolo esercito di mercenari.

STORIA DEI PAPI
Poiché la storia delle guerre di religione non può prescindere da quella dei papi, ecco alternarsi figure di grandi statisti ma mediocri pastori a grandissimi pastori ma nani politici. Leoni, per esempio, non esita a puntare il dito contro Clemente VII, la cui spregiudicata politica delle alleanze gli si ritorse contro provocando, nel 1527, il disgraziato Sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi. Il libro di Leoni è interessante anche per l'analisi dei fatti, senza la quale non si capirebbe perché gli utraquisti combattevano e uccidevano per potersi comunicare sotto le due specie.
O perché Lutero ebbe successo dove altri eresiarchi prima di lui avevano fallito. Dalla morte di Hus l'Europa non ebbe più pace, e solo dopo la disastrosa Guerra dei Trent'Anni si poté entrare in un'età di sostanziale indifferentismo religioso. Ma non era che una tregua, perché in breve dalle guerre di religione si passò a quelle contro la religione. Ed ecco la fraternité giacobina prodursi nel genocidio della Vandea, il primo della storia. Ecco gli Insorgenti italiani (ma anche spagnoli e altoatesini) combattere i senza-Dio francesi e napoleonici in nome della religione cattolica.
Ecco i «cristeros» messicani impugnare le armi contro il governo ateista negli Anni Venti del XX secolo. I giacobini avevano inventato la persecuzione religiosa contro il loro stesso popolo, subito imitati dai nazisti e poi dai comunisti di tutto il mondo (questi ultimi non hanno ancora finito). Tra parentesi: le guerre di religione europee dei secoli XV, XVI e XVII coinvolsero tutti, perfino la Svezia, ma non toccarono la Spagna e l'Italia: qui c'era l'Inquisizione. Chiusa parentesi.
Leoni constata che la Chiesa perse quasi tutte le guerre convenzionali, ma vinse quasi tutte quelle asimmetriche: libri, preghiere e lavoro da persona a persona anziché spade e cannoni. Può essere spunto per ripensare il cristianesimo di oggi, vivente in un mondo ripaganizzato. In fondo, i cristiani dei primi secoli seppero convertire l'impero romano con la loro «bellezza disarmata».

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana, 09/07/2018

10 - OMELIA XXVII DOMENICA T.O. - ANNO B (Mc 10,2-16)
Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto
Fonte Il settimanale di Padre Pio

La prima lettura di questa domenica e il Santo Vangelo ci fanno comprendere la santità del matrimonio, così come è uscito dal Cuore di Dio. Prima di tutto, la prima lettura ci fa comprendere che il matrimonio non è una istituzione umana suscettibile di cambiamenti dettati dal volere dell’uomo, ma è di fondazione divina. Il matrimonio è stato istituito da Dio con la creazione della prima coppia, di Adamo ed Eva. Il testo della Genesi dice espressamente: «Non è bene che l’uomo sia solo: voglio fargli un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2,18). Inoltre dice: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24). Queste parole significano che lo sposo e la sposa sono una sola cosa, sono un’unità inscindibile; esse significano inoltre che gli sposi sono tra di loro complementari: uno completa l’altra, e viceversa.
Il Vangelo prosegue l’insegnamento della prima lettura. Rispondendo alle insidiose domande dei farisei, i quali cercavano di coglierlo in fallo, Gesù rispose che ai tempi di Mosè Dio permise il ripudio della moglie a causa della durezza del loro cuore, ma che all’inizio della creazione non era così. Quindi Gesù cita il brano della Genesi che abbiamo letto prima e conclude in questo modo: «Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,9). Sono parole molto chiare che ribadiscono che nessuna istituzione umana può sciogliere un matrimonio. A questo proposito spesso si fa molta confusione dicendo che la Sacra Rota di fatto scioglie i matrimoni. Ciò non è esatto. Né la Sacra Rota e nemmeno il Papa possono sciogliere un matrimonio. La Sacra Rota, in seguito a una accurata indagine, sulla base di testimonianze giurate, dichiara se quel matrimonio esiste o se, agli occhi di Dio, non c’è mai stato; e, in questo secondo caso non lo annulla, ma lo dichiara nullo, ovvero mai esistito. Infatti, se mancano dei requisiti che gli sposi devono avere quando si presentano davanti all’altare, quel matrimonio non esiste. Solo la morte scioglie un matrimonio validamente celebrato e, in questo caso, uno si può risposare.
La famiglia è la cellula della società: se essa è malata, anche la società sarà in crisi. Ai giorni d’oggi la famiglia voluta da Dio, quella autentica, è minacciata dal divorzio e da altre forme di convivenza che si allontanano anni luce dal volere del Creatore. Per comprendere il matrimonio dobbiamo guardare alla vita di quei cristiani che si sono santificati per mezzo del vincolo coniugale. Tra questi Santi cristiani ci furono i beati Luigi Beltrame Quattrocchi e Maria Corsini, marito e moglie, lui siciliano e lei toscana, vissuti a Roma.
Non è certo possibile riassumere in poche parole la loro straordinaria vicenda umana e spirituale. La loro esistenza di sposi fu un cammino di santità, un andare insieme verso Dio. Si amarono di vero cuore, mettendo Gesù al primo posto nella loro vita. Il loro segreto fu la preghiera. Ogni mattina si recavano a Messa insieme alla Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Maria Corsini ricordava che, usciti di chiesa, lo sposo le dava il “buon-giorno”, come se la giornata soltanto allora avesse il ragionevole inizio. Verso sera recitavano insieme il Santo Rosario, erano assidui all’adorazione eucaristica e la loro famiglia era consacrata al Sacro Cuore di Gesù solennemente intronizzato al posto d’onore nella sala da pranzo.
Nel 1917 divennero terziari francescani e nel corso della loro vita non mancarono mai di accompagnare gli ammalati, secondo le loro possibilità, a Loreto e a Lourdes col treno dell’UNITALSI, lui come barelliere, lei come infermiera. Il loro esempio, la loro profonda vita di fede, la pratica quotidiana della preghiera in famiglia, ebbero di certo i propri effetti sui figli, che si sentirono tutti e quattro chiamati dal Signore alla vita consacrata. E ciò non senza ragione, perché «la famiglia che è aperta ai valori spirituali, che serve i fratelli nella gioia, che adempie con generosa fedeltà i suoi compiti ed è consapevole della sua quotidiana partecipazione al mistero della Croce gloriosa di Cristo, diventa il primo e il miglior seminario della vocazione alla vita di consacrazione al Regno di Dio», come giustamente ha sostenuto il papa Giovanni Paolo II.
Nel progetto di Dio il matrimonio è vocazione alla santità e offre tutti i mezzi per raggiungerla. E il segreto per vivere bene questa vocazione è dato dalla preghiera e dal saper affrontare gli inevitabili sacrifici della vita, per amore di Dio e per amore della famiglia.

Fonte: Il settimanale di Padre Pio

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